Articoli

Padre nostro

Gerolamo Savonarola
Commento al Padre nostro
adattamento alla lingua corrente di Cristoforo
Pater noster
Io chiamo Padre, te, o Dio mio, che solo sei beato e potente, Re dei re e Signore dei signori. Tu che solo hai l’immortalità e abiti una luce inaccessibile, che nessuno uomo vide mai, né con le sue forze può vedere. Tu che hai creato ogni cosa, visibile e invisibile, non perché tu ne avessi bisogno, ma solo per comunicare la tua bontà, poiché tu sei in te stesso e da te solo beato, e le cose di fuori non possono né accrescere né diminuire la tua perfetta beatitudine. Tu Padre, puoi tutto, poiché  tutto hai fatto dal nulla, e nel nulla tutto ritornerebbe, se la mano tua non lo sostenesse. Tu sei così sapiente che al tuo occhio nulla è nascosto, ma tutte le cose sono nude e aperte dinanzi a te. Tu sei buono e per la grandezza e la sovrabbondanza della tua bontà, esci in qualche modo fuori di te, quantunque in te stesso pieno e perfetto, e  dovunque ti diffondi, e largamente ti distendi alla provvidenza di tutte le cose, tutto in tutto l’universo e tutto in ciascuna parte, senza confonderti con esso. Tu sei Dio grande che vinci ogni nostro sapere e non vi è Dio fuori di te; Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo. Tre persone, ma non tre sostanze, non tre Signori, non tre Iddii, ma un Signore, un Dio, una sola sostanza, una sola maestà. Che cosa sono dunque io, o Signore Iddio, io che dal nulla sono stato creato e che pure ti invoco col nome di Padre? Polvere e cenere, che non posso far bianco uno dei miei capelli che, sebbene vivo, sono come morto, perché  chiuso nelle tenebre dell’ignoranza e pieno di peccati, i quali si moltiplicano più dei capelli del mio capo. Che cosa sono io, o Signore Iddio, io vermiciattolo e fango, dinanzi a te che fai cose grandi e mirabili e inscrutabili senza numero? Che cosa sono io? Come ho il coraggio di chiamarti padre e di dirmi tuo figlio? Tanto ardire non avrei certo se tu non lo comandassi. O amatore degli uomini! Quanto grande è la tua benignità da voler essere chiamato padre degli uomini peccatori! Quanto buono sei tu, il Padre  “che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti!”. Tu ci ha amato tanto da darci il tuo Figlio unigenito, “affinché chi crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna”. Perdonami, o Signore Dio, se oso chiamarti Padre, poiché non faccio questo per mia presunzione ma per tua somma bontà. Certo a te veniamo con grande fiducia, poiché tu ci comandi che, venendo a te e pregandoti, all’inizio della nostra preghiera ti chiamiamo Padre. E qual è quel figlio che non sia amato dal padre? E che cosa non otterrà il figlio dal padre? Considerando dunque la tua ineffabile misericordia, io confido di ottenere da te qualunque cosa desidero, non solo per la mia salvezza, ma anche per quella dei miei prossimi, poiché tu comandi che diciamo non “Padre mio”, ma “Padre nostro”, affinché io chieda con fiducia non solo per me, ma anche per i miei fratelli. Vengo dunque sicuro a te, non per me solo, ma anche per i miei cari, e per gli amici e per i nemici, sperando di ottenere dalla tua pietà, non piccoli, ma grandi, anzi grandissimi favori.
Qui es in caelis
Oh Signore Dio onnipotente, io so che tu sei dappertutto. Tu vi sei col tuo essere, perché ogni cosa hai creato senza intermediario, e su ogni cosa vegli, conservandola perché non ricada nel nulla. Tu sei dappertutto con la tua presenza, perché tutto vedi e nulla vi è che possa sfuggire all’occhio tuo onniveggente; “perché le tenebre per te non sono oscure, e la notte è chiara come il giorno; quali le tenebre tale la luce”. Tu sei ovunque con la tua potenza che pervade tutte le cose, le quali operano perché tu operi in esse e potentemente le governi. Non faccio dunque fatica a cercarti: basta che ti cerchi nel mio cuore. “E dove andrò tanto lontano da uscire fuori di te? E dove sono tanto nascosto da fuggire la tua faccia? Se io salissi fino al cielo, ivi tu sei; se discendessi nell’abisso, sei pure presente. Se potessi mettere le ali e volare oltre l’oceano, la tua mano mi accompagna, la tua destra mi sostiene”. Come dunque, o Signore, ti ho detto: “che sei nei cieli”?. Forse che non sei anche in terra? Ma tu sei nei cieli ben altrimenti che in terra. Nei cieli vi sono gli angeli e i santi che sono i cieli dei cieli, e tu sei in essi con effusione così piena e ineffabile che al paragone quasi non sembri essere nelle altre cose, le quali rispetto alle beate gerarchie sono quasi nulla. E sono anche  cieli le anime dei giusti, pellegrini ancora su questa terra, ma dalla terra tanto elevati, puri, semplici, il cui pensiero rivolto al cielo ne riflette il raggio luminoso che li trasfigura. E tu sei in essi per la tua grazia, tesoro celeste e tanto prezioso che chi senza di esso fosse ricco di tutto ciò che vi è nell’universo, sarebbe pure povero, miserabile, spregevolissimo. In questi cieli dunque tu sei con l’ineffabile tua bontà e con paterno affetto. E tu, o Padre nostro, ci insegni a dire: “che sei nei cieli”, affinché impariamo a levare al cielo la nostra mente moderando gli affetti terreni e pensiamo che nulla in terra dobbiamo desiderare, mentre ripetiamo che tu sei nei cieli, non in terra. Poiché il cielo è il tuo seggio e la terra non è altro che lo sgabello dei tuoi piedi. Abbiamo dunque fiducia di chiederti non poco, ma molto; poiché sei Padre grande e sopra tutti ricchissimo, possessore di tesori celesti, che occhio mai non vide né orecchio udì né cuore umano saprebbe sognare e tali tesori hai preparato per quelli che ti amano.
Santificetur nomen tuum
Sia santificato il tuo nome! Sia conosciuto, sia amato, sia lodato, sia esaltato, sia celebrato, sia predicato in tutto il mondo, e quanto è grande il tuo nome, tanta sia la lode! Poiché tu solo sei, tu solo potente, tu solo sapiente, tu solo buono e misericordioso e benedetto nei secoli dei secoli. Nessuna creatura al tuo cospetto è degna di lode, nessuna è buona, nessuna è santa; perché a paragone di te tutto il mondo è nulla, e anche le stelle dinanzi a te non sono chiare. Poiché tu sei luce, e in te non vi ha alcuna tenebra; ma è tenebra invece ogni altra luce al tuo cospetto. Tu sei bontà e dinanzi a te ogni altra bontà è solo parvenza. La tua maestà è così grande che ad essa si sottomettono le forze che reggono l’universo, né vi è cosa che possa resisterle. Ti preghiamo dunque, Padre buono, Padre santo, che  il tuo nome sia santificato, sia conosciuto quanto è adorabile e Santo. Che il nome della tua maestà, della tua sapienza, della tua bontà, della tua giustizia e misericordia, da tutti in tutto il mondo si tema e si ami; che nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio, in cielo, in terra, negli abissi, e ogni lingua confessi che tu sei Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo: che un solo Dio sei tu, vero invisibile, immutabile, incomprensibile, e che il Signore Gesù è nella gloria di Dio Padre. Ma perché, o Signore Iddio, noi lodiamo gli uomini e ricordiamo il nome famoso di molti? Perché lodano gli uomini la polvere e la cenere? Perché rendiamo agli uomini onori quasi divini e li chiamiamo grandi, o santi e beati? E che cosa hanno fatto di grande ai tuoi occhi? Non sei forse tu quello che in loro hai operato ogni bene? Perché lodiamo la sega e il martello e non piuttosto l’artefice? Sii dunque lodato tu solo e solo il tuo nome sia santificato in tutta la terra, perché tu solo sei mirabile nelle tue opere e mirabile nei tuoi santi. Sia santificato dunque il tuo nome in tutta la terra! E la terra, valle di lacrime, diventerà giardino di consolazione; perché causa di tutti i mali è l’ignoranza del tuo nome. E qual uomo mai, se davvero conoscesse la tua maestà, non ti temerebbe? Se conoscesse la tua sapienza non ti riverirebbe? Se conoscesse la tua bontà non ti amerebbe? È mai possibile che alcuno, credendo di fede viva che il tuo Figlio fu per noi crocifisso, non voglia poi prendere la sua croce e seguirlo? Diffondi dunque, diffondi, o Padre santo, la conoscenza e l’amore del tuo nome per tutti i paesi dove sono uomini, gli uomini che periscono senza di te. Fa’ che a te ritornino e ti amino e risplenda in essi, e per essi in tutto il mondo, la tua gloria.
Adveniat regnum tuum
Venga il tuo regno! Mostra a noi la tua faccia, e così venga a noi  il tuo regno! Poiché chi vede la tua faccia possiede ogni cosa; e questa appunto è la vita eterna, conoscere te solo Dio vero e quello che tu hai mandato Gesù Cristo. Che cosa non ha chi ha colui che ha ogni cosa? Che cosa non possiede chi possiede colui che possiede ogni cosa? Che cosa non vede chi vede colui che vede ogni cosa? Chi è ammesso alla tua vista, o Signore Iddio, regna con te e possiede il tuo regno nei secoli e oltre ancora. Venga dunque a noi il tuo regno! E venga presto! Perché siamo esuli in questa valle di miseria, circondati dai dolori della morte e atterriti dai pericoli dell’inferno; su questa terra di maledizione dove non ci riesce di evitare i peccati, dove soffriamo di continuo infinite molestie, dove nessuno mai può essere felice, ricco o povero che sia, dotto o ignorante. Dappertutto è affanno e afflizione di spirito. Onde vediamo chiaro, o Padre, che tu non hai posto in questa valle la nostra eredità, che la nostra patria è un’altra, cioè il regno tuo, il quale non è di questo mondo. Noi dunque, pellegrini quaggiù come tutti i nostri padri, preghiamo te, Padre celeste, di volerci presto concedere il regno che ci hai preparato dal principio del mondo. Affretta, o Signore, il giorno in cui, tratti fuori da questo secolo malvagio, regneremo con te e con i tuoi santi nei secoli eterni.
Fiat voluntas tua sicut in caelo et in terra
Sia fatta, o Signore, la tua volontà in terra, come è fatta in cielo! Poiché ben comprendiamo che nessuno può possedere il tuo regno se non colui che è retto, secondo quanto sta scritto: “La luce è sorta fra le tenebre per gli uomini retti”; e nessuno può fare la tua volontà se non per il dono della tua grazia, perché nessuno viene a te se non è attratto dalla tua forza divina. Dunque, o Signore, la tua volontà sia fatta dalla tua stessa misericordiosa onnipotenza, perché solo nella tua grazia noi possiamo fare in terra la tua volontà, come in cielo la fanno i beati nella tua gloria. Pensa a noi tuoi figli, o Padre nostro, e fa’ tu in noi quello che è bello al tuo sguardo, perché se i tuoi fedeli ti servono degnamente, ciò è tutto effetto dei tuoi doni. Purifica i nostri cuori, o luce beatissima! Fa’ che scacciamo perfettamente l’amor proprio e rinneghiamo le nostre voglie, di modo che in noi si compia la tua volontà e la nostra perisca; così propriamente che nulla rimanga in noi di nostro, ma la tua volontà sia di noi padrona in tutto. Purifica le nostre intenzioni, e fa che non amiamo più nessuna cosa terrena, che freniamo e teniamo in servitù la nostra carne, che rifiutiamo la gloria del mondo, che conosciamo chiaro come sei tu che ogni cosa operi in noi e noi non siamo nulla, nulla possiamo, nulla sappiamo, degni solo di disprezzo e confusione. Fa, o Signore e Padre, che ti amiamo perfettamente con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutto lo spirito, con tutte le forze e il prossimo come noi stessi. Con questo amore osserveremo davvero i tuoi comandamenti e faremo la tua volontà perché in questo doppio precetto si contiene quanto la legge e i profeti hanno proclamato.
Panem nostrum quotidianum da nobis hodie
Dacci oggi il nostro pane, o Signore, perché noi non siamo sufficienti da noi soli a nulla, neppure a formare il più lieve pensiero; ed è necessario che tu, padre buono, prepari ai piccoli figlioletti il cibo quotidiano per l’anima e per il corpo. Se tu vuoi dunque (e ce ne dai così viva brama) che entri in noi la tua grazia e la tua carità, che entrata vada crescendo, che cresciuta si conservi e ci possieda interamente; dacci oggi il pane della tua parola e dei tuoi sacramenti. Apri gli occhi dell’anima nostra, onde possiamo intendere le cose scritte dai tuoi santi profeti ed Evangelisti; perché tu solo hai la chiave delle Scritture, e tu “chiudi e nessuno apre”. Avvalora in noi la devozione, cosicché ci accostiamo con umiltà e fervore al mirabile sacramento del prezioso corpo e sangue del tuo Figlio unigenito e Signor nostro Gesù Cristo, e in lui cresciamo nello Spirito, e nel vigore di quel cibo, camminando di virtù in virtù, possiamo arrivare al regno dei cieli. Preparaci dunque, o Padre ineffabilmente buono, tali cibi; e prepara anche la nostra bocca a riceverli, risanando in noi il gusto, il palato e la lingua; che cibi tanto eccellenti non ci sembrino leggeri ed insipidi. Preparaceli ogni giorno, che non ci accada di languire nel lungo cammino; perché siamo troppo fragili; e se ogni giorno non ne mangiassimo, tosto ci coglierebbe la morte. Dacci dunque il pane soprasostanziale; ma dacci pure, finché siamo pellegrini in questa vita, il pane corporale e le altre cose necessarie. Non ti domandiamo ricchezze, non onori, non regni temporali; ma solo quanto è indispensabile alla vita presente, per poterti servire, o Signore Iddio, con animo più tranquillo. Poiché come la prosperità delle ricchezze potrebbe levare in superbia il nostro cuore, così la troppa ristrettezza ci renderebbe ansiosi del domani. Dunque, o Signore, “non ci mandare ricchezze, ma nemmeno l’estrema povertà: dacci soltanto ciò che è necessario alla vita”. E daccelo per mezzo del nostro lavoro quotidiano; perché non lo prendiamo già da te restando nell’ozio. Sappiamo, come sta scritto per tua ispirazione, che la donna forte “non mangiò oziosa il pane” ed ha pur detto il tuo apostolo: “chi non lavora non mangi” e ancora il salmista cantava: “mangiando del lavoro delle tue mani sei felice e avrai bene “.
Et dimitte nobis debita nostra
“E rimetti a noi i nostri debiti” poiché siamo debitori verso di te, e per molti titoli. E chi potrebbe enumerare i peccati che abbiamo fatto? E chi potrebbe sopportare quelli che commettiamo ogni giorno? In verità anche quando ci crediamo giusti, la nostra giustizia è immondezza. È in noi colpevole il pensiero, poiché non si può contare quanto quotidianamente accolga di cattivo e di vano. È colpevole la parola, perché anche gli uomini perfetti a stento frenano la lingua. È colpevole l’opera, oh quanto spesso! E al contrario come raramente facciamo qualcosa di buono! Se sapessimo sottilmente scrutare, vedremmo bene, o Signore, che col nostro fare, anziché edificatori, siamo piuttosto distruttori delle opere tue, e le negligenze poi, le omissioni nostre sono innumerevoli come i granelli dell’arena del mare. Con quale faccia dunque, o Signore, oseremo venire al tuo cospetto, se non ci avessi tu stesso data fiducia per la morte del tuo carissimo unico Figlio “il quale ci amò e ci purificò da i nostri peccati lavandoci nel suo sangue?”. Oh quanto è grande la tua bontà! Veramente eccede e sovra eccede la smisurata mole di tutti i nostri peccati; poiché tu “vuoi la misericordia e non il sacrificio”; o, se sacrificio vuoi, non è quello del sangue, ma “il sacrificio dello spirito afflitto per la colpa: né tu disprezzi un cuore contrito ed umiliato”. E buon per noi che sia così! Che “se tu volessi giudicare secondo le nostre iniquità, o Signore, chi potrebbe sostenersi dinanzi a te?”. Ma abbiamo fiducia, “perché presso di te vi è il propiziatore”, cioè il Signore nostro Gesù Cristo tuo Figlio, il quale è “il propiziatore per i nostri peccati”. Rivolgi dunque il tuo sguardo, o Dio nostro protettore, e “mira nella faccia del tuo Cristo”, e per lui rimetti i nostri debiti. Rimettili “come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. O Signore, che noi li rimettiamo davvero e sinceramente! È giusto che se tu, Padre, perdoni i peccati che noi abbiamo commesso contro di te, noi pure perdoniamo quelli che i nostri prossimi hanno fatto contro di noi, e che sono tanto meno gravi. Perdona dunque a noi, come noi perdoniamo a loro. E noi perdoniamo così di cuore, che non solo non vogliamo ai nostri nemici rendere male per male, ma, quando occorra, siamo pronti a far loro del bene. Così tu, Padre, perdona a noi! Non far vendetta dei nostri peccati, ma cancellali misericordiosamente, e concedici tutti quei beni che ci possono essere di giovamento ora e nel futuro; cosicché  si avveri il detto del tuo profeta che “in cambio delle nostre colpe abbiamo ricevuto dalla mano del Signore beni raddoppiati”.
Et ne nos inducas in tentationem
E non ci indurre in tentazione, o Dio, poiché se cadiamo in peccato a nulla ci vale l’aver fatto per l’innanzi qualunque opera buona: l’aver posseduto il dono stesso della tua grazia divina sarebbe vanto inutile, se la violenza della tentazione riuscisse a spogliarcene, perché sta scritto: “colui che persevererà sino alla fine, questi sarà salvo”; e dunque chi sino alla fine non persevererà, questi non si potrà salvare. E per bocca del profeta Ezechiele tu hai detto: “Se il giusto si allontanerà dalla sua giustizia, e commetterà iniquità secondo tutte le abominazioni che suole commettere l’empio, forse che egli vivrà?”. No. “Tutte le sue giustizie, che gli avrà operato, non saranno più ricordate: egli morirà nel misfatto che avrà commesso e nel peccato che avrà fatto”. O spavento! Il mondo è pieno di trappole e noi camminiamo nelle tenebre, e abbiamo nemici che non dormono né di giorno né di notte. Ti supplichiamo dunque, o Padre, compi l’opera che hai cominciato, così che “la tua misericordia ci accompagni lungo i giorni del nostro vivere quaggiù, affinché abitiamo poi nella tua casa, o Signore, per tutta la lunghezza dei giorni eterni”. Non volgere da noi la tua faccia, e non fare a noi secondo il merito dei nostri peccati. Aiutaci, o Dio, salvezza nostra, e continua l’opera di grazia che hai cominciato in noi, onde per mezzo della perseverante pazienza salviamo l’anima nostra. Ora tu, o Signore, che alla nostra domanda ci rimetti i nostri debiti, rimettili in modo da non più indurci in tentazione, in tale tentazione cioè a cui non abbiamo forza di resistere. Non permettere che la tentazione ci assalga con così grande violenza, che la nostra debolezza ceda, e l’anima incontri la morte.
Sed libera nos a malo
“Liberaci dal male”! Sappiamo, o Signore, che molte cose ci è necessario soffrire per amore tuo, e che è ambita fortuna per la gloria del tuo nome essere crocifissi con il tuo Cristo. E tuttavia ti preghiamo di liberarci da tutti questi mali che ci assediano, e da queste tribolazioni, che senza posa consumano il nostro vigore. Te ne preghiamo, perché sommamente temiamo che la nostra coscienza ne riporti ferita di peccato. Liberaci, o Signore, da questo male, troppo spaventoso per chi apprezza all’infinito la tua grazia. Chi potrà mai persistere fermo nella tua carità, tra le onde violente della tribolazione, se tu non la rafforzi? Forse non sei tu, e tu solo, colui che hai dato ai martiri fra i tormenti la vittoria? E non è forse questo il loro canto trionfale? “Se non era con noi il Signore, lo dica ora Israele, se non era il Signore con noi… quando contro di noi si accese il furore dei nemici, il torrente ci avrebbe travolti nelle sue acque rovinose”. E chiudono il loro inno così: “Il nostro aiuto è nel nome del Signore, che ha fatto il cielo e la terra”. Dunque, o Signore e Padre, “liberaci dal male”, cioè dalle tribolazione e dalle tristezze presenti. Non già che le rifiutiamo, ma non vogliamo che ci trascinino alla colpa e alla perdizione. Vogliamo, sì, con la nostra croce seguire il Signore Gesù “provato in tutti i modi a somiglianza nostra, ma senza peccato”. Egli che “nella via della vita terrena bevve al torrente delle tribolazioni, e da queste alzò rinvigorito il capo”.

 

 

Informazioni aggiuntive