Vangelo di Giovanni cap21

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Commento al Vangelo di Giovanni

Cap. 21, 1-14

1 Dopo queste cose Gesù manifestò di nuovo se stesso ai discepoli sul mare di Tiberiade. Si manifestò allora così.
2 Erano insieme Simon Pietro e Tommaso detto Didimo e Natanaele  da Cana di Galilea e i figli di Zebedeo e altri due dei suoi discepoli.
3 Dice a loro Simon Pietro: Vado a pescare. Gli dicono: Veniamo anche noi con te. Uscirono e salirono sulla barca, ed in quella notte non presero nulla.
4 Essendo poi già mattino presto stette Gesù sulla riva, tuttavia i discepoli non conobbero che era Gesù.
5 Dice allora a loro Gesù: Figlioli, non avete qualche companatico? Gli risposero: No!
6 Egli allora disse a loro: Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete. La gettarono dunque, e non erano più capaci di tirarla per la moltitudine dei pesci.
7  Allora quel discepolo che Gesù amava dice a Pietro: Il Signore è! Allora Simon Pietro avendo udito che il Signore è si cinse la sopravveste, era infatti nudo, e si gettò nel mare, 8 ma gli altri discepoli vennero con la barca, infatti non erano lontano da terra, ma circa duecento cubiti, trainando la rete dei pesci.
9 Quando allora scesero a terra vedono braci giacenti e pesce giacente sopra e pane.
10 Dice a loro Gesù: Portate dai pesci che avete preso ora. 11 Salì allora Simon Pietro e trascinò la rete a terra piena di centocinquantatre pesci grossi; e tanti essendo non si lacerò la rete.
12 Dice a loro Gesù: Venite, pranzate: Però nessuno dei discepoli osava domandargli: Tu chi sei? Sapendo che è il Signore.
13 Viene Gesù e prende il pane e lo dà a loro e similmente il pesce.
14 Questa era già la terza volta che si manifestò Gesù ai discepoli resuscitato dai morti.
15 Quando dunque ebbero pranzato, dice Gesù a Simon
Pietro: Simone di Giovanni mi ami più di questi? Dice a lui: Sì Signore, tu sai che ti amo. Dice a lui: Pascola i miei agnelli.
16 Gli dice di nuovo una seconda volta: Simone di Giovanni, mi ami? Dice a lui: Sì, Signore, tu sai che ti amo. Dice a lui: Sii pastore delle mie pecore.
17 Dice a lui la terza volta: Simone di Giovanni, mi vuoi bene? Si rattristò Pietro perché gli disse la terza volta: Mi vuoi bene ? E gli dice: Signore tu sai tutte le cose, tu conosci che ti voglio bene. Gli dice Gesù: Pascola le mie pecore.
18 In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane, cingevi te stesso e camminavi dove volevi; ma quando invecchierai, tenderai le tue mani, ed un altro ti cingerà e porterà dove non vuoi.
19 Ora questa cosa disse indicando con quale morte avrebbe glorificato Dio. Ed avendo detto questa cosa gli dice: Segui me.
20 Essendosi voltato Pietro scorge il discepolo che Gesù amava che stava seguendo, che anche si era inclinato nel banchetto sul suo petto e aveva detto: Signore, chi è quello che ti consegna?
21 Avendo dunque visto questi, Pietro dice a Gesù: Signore, ma questi cosa?
22 Gli dice Gesù: Se voglio che egli rimanga finchè io venga, cosa importa a te? Tu me segui.
23 Uscì allora questa parola tra i fratelli che quel discepolo non muore; non gli disse però Gesù che non muore, ma: Se voglio che lui rimanga finchè io venga, cosa importa a te? 24 Questi è il discepolo che testimonia circa queste cose e che ha scritto queste cose, e sappiamo che la sua testimonianza è vera. 25 Ci sono poi anche molte altre cose che fece Gesù, che se fossero scritte una per una, penso che neppure lo stesso mondo conterrebbe i libri scritti.

 


1 Dopo queste cose Gesù manifestò di nuovo se stesso ai discepoli sul mare di Tiberiade. Si manifestò allora così. 2 Erano insieme Simon Pietro e Tommaso detto Didimo e Natanaele  da Cana di Galilea e i figli di Zebedeo e altri due dei suoi discepoli.
Brusca ripresa di un discorso ormai già chiuso: siamo evidentemente di fronte ad una aggiunta posteriore, non necessariamente dello stesso Giovanni. La chiesa considera questo capitolo ugualmente ispirato da Dio e parte integrante del Vangelo. In quanto alle ragioni di un’aggiunta nulla ci è dato sapere.
Evidentemente si vuol dire qualcosa di più, ad edificazione della chiesa, per fugare dubbi ed incertezze, relativamente alle problematiche che investono la comunità nascente.
E’ lecito pensare che non a caso il discorso è accentrato sulle figure di Gesù e di Pietro. Quasi a sottolineare un rapporto di per sé unico ed esclusivo non solo fra loro due, ma anche di noi tutti con ognuno dei due.
L’atteggiamento degli esegeti, se pur di professione diversa, è prudente. Si ammette da tutti, anche da parte dei cattolici, che si è di fronte ad un’aggiunta tardiva, forse dello stesso Giovanni, forse di un redattore; si evitano nel contempo polemiche infruttuose sulla divina ispirazione del capitolo in questione. La tradizione della chiesa, per quel che ci è dato sapere, fin dai tempi di Tertulliano lo considera parte integrante del Vangelo di Giovanni. Se vi è qualche diversità non è tanto nell’accettare o meno questi versetti come ispirati, quanto in una  diversa lettura del primato di Pietro.
3 Dice a loro Simon Pietro: Vado a pescare. Gli dicono: Veniamo anche noi con te. Uscirono e salirono sulla barca, ed in quella notte non presero nulla.
Ancora una volta Pietro si dimostra il più zelante fra gli apostoli. Benché ci sia “molta fiacca” tra i dodici, Pietro sembra ben interpretare il suo ruolo di capo e di guida. Non comanda e non pretende alcunché dagli altri, ma adempie il proprio dovere, in maniera energica e risoluta. Non di nascosto ed all’insaputa della chiesa, ma palesando apertamente il proprio intento e la propria volontà.
Gli altri lo seguono, vedendo nella sua iniziativa un segno della volontà di Dio. Non c’è coercizione da parte dell’uomo, ma ognuno si mette spontaneamente al proprio posto: Pietro davanti, gli altri dietro, in armonia di cuori e di intenti. Per la prima volta dopo la morte e resurrezione di Gesù gli apostoli ritornano a pescare. C’è chi vede in questo un ritorno alla vita di un tempo ed una mancanza di fede dovuta allo scoraggiamento ed alla rassegnazione, c’è chi vede, in immagine, l’inizio di un’altra pesca e di un modo nuovo di essere pescatori.
Quel che è sicuro è che non prendono nulla. E non poteva essere diversamente. Chi ritorna alla vita di un tempo trova che tutto è cambiato e che le cose non possono più andare come prima. Se poi vediamo in ciò l’inizio di una nuova vita, gli esordi non si presentano facili.
Non basta avere visto Gesù risorto, c’è bisogno di una conferma e di una crescita nel Suo amore e nella Sua grazia.
Nonostante tanto impegno e tanta buona volontà, i frutti del lavoro non si vedono. La barca rimane vuota di pesci… e Gesù?
4 Essendo poi già mattino presto stette Gesù sulla riva,
Il Signore sta sulla riva, fuori dal mare, che è il nostro peccato, non come uno che è disinteressato al nostro destino, ma come uno che vuol entrare in esso.
Se l’inizio della fede ti sembra senza Cristo, lo sarà per poco. Gesù non è lontano dai discepoli, piuttosto li sta aspettando al momento giusto e nel posto giusto. Senza invasione o prepotenza alcuna si fa vedere ai suoi fin dal primo mattino, ed attende un cenno ed un invito.
tuttavia i discepoli non conobbero che era Gesù.
Annotazione importante: ci dice che la fede della chiesa non dà frutto se non quando è matura e non è matura se non quando sa riconoscere Cristo risorto. Gesù che si dà ora a vedere non è più quello di prima. C’è di mezzo un mistero di resurrezione nel quale gli apostoli non sono ancora entrati pienamente.
5 Dice allora a loro Gesù: Figlioli, non avete qualche companatico? Gli risposero: No! 6 Egli allora disse a loro: Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete.
Chi si appresta ad annunciare la parola che è luce deve innanzitutto prendere luce dalla medesima parola. Chi deve dare un cibo diverso dal pane quotidiano, deve innanzitutto riconoscere di esserne privo Nessuno dà quello che non possiede.
Il cibo di vita eterna è a noi donato allorché  ascoltiamo la parola di Dio e facciamo la Sua volontà. Non si pesca per propria iniziativa e dove siamo spinti dalle tenebre della notte, ma nel punto preciso che ci è indicato dal Signore: un punto che può essere trovato soltanto dalla fede che obbedisce e non da quella che disquisisce. Perché a destra e non a sinistra? Non giova sapere, importa ubbidire… anche quando si deve cambiare rotta e fare in altro modo.
La gettarono dunque, e non erano più capaci di tirarla per la moltitudine dei pesci.
E’ questa l’obbedienza della fede: quando si fa la volontà di Dio e si ascolta la Sua voce, anche se non è ben chiaro che sia proprio Lui a dire e a comandare.
Chi cerca e vuole veramente la volontà di Dio non è mai uno sprovveduto ed un credulone che crede ad una qualsiasi parola. Può comprendere o meno, vedere o non vedere, ma quando sente la voce che “vale”, non si tira indietro, risucchiato dai propri dubbi e dalle proprie incertezze: ubbidisce prontamente. E il suo cuore non resta deluso. I frutti si vedono e come!
7  Allora quel discepolo che Gesù amava dice a Pietro: Il Signore è!
Se i frutti della fede sono donati e da noi raccolti, può rimanere nascosto ai nostri occhi l’artefice della vita e la fonte dell’amore?
Particolare curioso. Prima ancora di rivolgersi a Gesù, Giovanni si rivolge a Pietro.
Quando si fa la grande scoperta si ha quasi paura di accostarsi da soli direttamente a Cristo, senza prima passare dalla Sua chiesa, per comunicare la propria gioia, per confermare  e per essere confermati in essa.
Ancora una volta Giovanni si dimostra più pronto e più maturo nella fede.
Pietro non vuole essere da meno: scavalcato da un giovane,  prende in mano la situazione e, dopo aver coperto in qualche modo la propria nudità, si getta nel mare incontro al Signore.
Allora Simon Pietro avendo udito che il Signore è si cinse la sopravveste, era infatti nudo, e si gettò nel mare, 8 ma gli altri discepoli vennero con la barca, infatti non erano lontano da terra, ma circa duecento cubiti, trainando la rete dei pesci.
Un pastore che abbandona la propria chiesa ed il proprio gregge in questo modo può apparire un temerario ed una persona inaffidabile. In realtà la chiesa sta vivendo un momento felice e la trovata di Pietro non crea turbamento alcuno. La terra d’approdo è vicina e sulla barca sono rimasti  gli altri discepoli intenti a trainare la rete piena di pesci. Più prudenti e posati di Pietro gli apostoli vanno verso il Signore tutti insieme, portando con sé il nuovo pescato.
9 Quando allora scesero a terra vedono braci giacenti e pesce giacente sopra e pane. 10 Dice a loro Gesù: Portate dai pesci che avete preso ora.
Dopo aver preparato il cibo per i discepoli, Gesù vuol mangiare insieme con loro, condividendo non semplicemente quello che è suo, ma anche quello che è patrimonio della chiesa tutta, quei pesci che gli apostoli non avrebbero mai preso senza la grazia del Signore e che, pur tuttavia, hanno portato a terra con la propria fatica. Qualcosa a Cristo dobbiamo pur dare anche noi, ed in ciò che è Suo dobbiamo metterci  del nostro.
11 Salì allora Simon Pietro e trascinò la rete a terra piena di centocinquantatre pesci grossi; e tanti essendo non si lacerò la rete.
Pietro che è arrivato per primo vicino a Gesù, coglie al volo il comando del Signore e fa prontamente la Sua volontà. E gli altri? Neppure fanno in tempo a dare una mano. Pietro fa tutto da solo. Chi è pronto a servire Dio rende un servizio anche  ai fratelli. Così quelli che sono messi a capo devono essere i primi!
12 Dice a loro Gesù: Venite, pranzate: Però nessuno dei discepoli osava domandargli: Tu chi sei? Sapendo che è il Signore. 13 Viene Gesù e prende il pane e lo dà a loro e similmente il pesce. 14 Questa era già la terza volta che si manifestò Gesù ai discepoli resuscitato dai morti.
Quando si è invitati a tavola dal Signore, e si siede vicino a Lui e si attinge da un’unica mensa dalle Sue mani… non c’è poi bisogno di fare tante domande.
E’ questa l’amicizia e la conoscenza a cui tutti siamo chiamati;  la reale presenza di Gesù nell’assemblea dei santi, da lui riunita,  garantisce della sua divina realtà.
Il “Dio tra noi” non è affatto un sogno o una pretesa infondata, ma esperienza viva e certa per tutti coloro che vogliono essere nel novero dei suoi santi.
15 Quando dunque ebbero pranzato, dice Gesù a Simon Pietro:
Il momento è solenne: se non è uno qualsiasi Colui che parla, non lo è neppure colui al quale e per il quale si parla. E’ detto a Pietro perché anche gli altri ascoltino e comprendano.
Simone di Giovanni mi ami più di questi? Dice a lui: Sì Signore, tu sai che ti amo. Dice a lui: Pascola i miei agnelli.
Nessun potere è conferito ad un altro riguardo a ciò che gli appartiene in proprio. Il gregge, che è la chiesa, è affidato dal pastore celeste a quello terreno semplicemente perché sia custodito nel Signore e per il Signore. E non si può custodire nell’Altro se non amando conforme allo Spirito dell’Altro, di un amore diverso, non semplicemente per la sua qualità, ma anche per la sua quantità.
Su cosa è fondato dunque il primato di Pietro? Sulla pretesa di un amore che  vuole e deve essere più grande di quello delle pecore che gli sono affidate. Se non è così e le cose vanno diversamente è  incrinato il rapporto tra il pastore e le pecore. Pietro continuerà ad essere il capo della chiesa, ma con grave danno per sé e per gli altri.
Nell’autorità costituita in amore non è innanzi tutto definito il potere sull’altro, quanto la misura dell’amore in virtù della quale si è costituiti sull’altro.
Dove arriva il potere di Pietro sulle pecore? Non è detto. E’ detto dove deve arrivare il suo amore. Ma se poi questo amore viene meno o più semplicemente non è all’altezza, che cosa ne è di Pietro? Anche questo non è detto. Riguardo a ciò che non è detto e non è scritto si inserisce una libera responsabilità dell’operare e del giudicare del pastore riguardo alle pecore e delle pecore riguardo al pastore. Pastore e pecore  in quanto soggetto ed oggetto dell’unico amore, sono ugualmente sotto il giudizio di Dio. I facili anatemi, oltre ad essere poco edificanti, non risolvono il problema del rapporto tra il pastore e le pecore. Bisogna attingere altrove ed andare oltre gli schemi della Legge. C’è chi risolve il problema esaltando un primato assoluto ed esclusivo del vescovo di Roma ed un’obbedienza incondizionata. Ma c’è pure chi riconduce ogni potere del fratello sul fratello ad una dimensione più realistica e relativa a tempi, persone, eventi. Che la chiesa debba avere un solo capo in terra come in cielo, è desiderio di tutti: che questo debba necessariamente avvenire in ogni caso e a qualsiasi costo, non da tutti è dato per scontato.
Quel che è detto a Pietro è detto anche per colui che prenderà il suo posto? E’ verosimile e può essere creduto. Ma in quanto al suo successore, modi, criteri, luoghi, tempi di elezione: niente di tutto questo.
Il problema è ancora più complesso se consideriamo il fatto che la primitiva comunità è ancora un piccolo gregge ed in quanto tale direttamente gestibile da un solo pastore. Ma quando la chiesa cresce di numero e si allarga a dismisura? Quale autorità e quale organizzazione? Nessuna risposta diretta nel Vangelo, se non quella che la chiesa o le varie chiese hanno dato nel tempo.
Un problema che è venuto sempre più complicandosi nel tempo, non sempre ha un’importanza pari alla sua stessa complessità.
Tutto è più semplice e rasserenante se noi recuperiamo il valore dell’unico vero primato sulla chiesa, che è quello di Cristo. E’ Lui il sommo pontefice autore e mediatore di ogni grazia. In qualsiasi caso o situazione di emergenza tutto può e deve essere a Lui riportato e rivolto.
Nessun uomo è chiamato a prendere il posto di Cristo: più semplicemente tutti siamo chiamati a svolgere un servizio in Lui e per Lui, chi in un modo, chi in un altro, ad edificazione di tutta la Chiesa. Pascere le pecore non significa innanzi tutto rivendicare a sé il primato di un giudizio, ma quello di un servizio per l’altro, in funzione dell’Altro.
Un’autorità più intenta a giudicare che a servire si sconfessa da se stessa. Al primo posto vi è il bene del singolo, non la pretesa della propria verità. Delle ragioni dell’uomo Dio non sa cosa farsene: innanzitutto vi sono le ragioni di un amore che si costituisce ed è costituito in autorità solo perché più grande.
Con quali criteri si debbano scegliere i successori di Pietro, sarà sempre opinione dell’uomo. Ma con quali criterio Cristo abbia scelto il proprio successore, questo è scritto chiaramente.
Vi è una  progressione ed una diversificazione del discorso che spiega come si deve intendere un’ autorità  che si proponga e sia proposto in amore.
Simone di Giovanni mi ami più di questi?
E’ chiesto non semplicemente l’amore per i fratelli, ma un amore più grande di quello dei fratelli.
Una richiesta che è semplicemente formulata, vuole la risposta, non degli altri, ma della coscienza del singolo.
Sì Signore, tu sai che ti amo.
La risposta può e deve essere data soltanto da colui che è chiamato, ma davanti a tutta l’assemblea dei fratelli riuniti intorno alla mensa del Cristo.
Dice a lui: Pascola i miei agnelli.
Non si è costituiti pastori delle pecore, se non in quanto portatori di un amore più grande di quello dei propri simili. Se Pietro è riconosciuto pecora matura, gli altri discepoli al suo confronto sono  agnelli: hanno bisogno di un aiuto e di un sostegno nella crescita.
Prima condizione dunque confermata per l’esercizio di un’autorità: un amore vero  (agapào) e più grande, in confronto a chi appare più piccolo ( agnelli).
E se le cose stessero diversamente?
16 Gli dice di nuovo una seconda volta: Simone di Giovanni, mi ami? Dice a lui: Sì, Signore, tu sai che ti amo. Dice a lui: Sii pastore delle mie pecore.
Questa volta non vi è la richiesta di un amore più grande di…, ma  richiesta di un amore che si ponga alla pari, di fronte a chi è riconosciuto pari ( pecore e non più agnelli ).
E anche questo è confermato ed approvato… ma non è ancora tutto.
17 Dice a lui la terza volta: Simone di Giovanni, mi vuoi bene?
Non si usa più il verbo agapào, che indica l’amore pieno di Dio, ma filèo, che indica un amore meno grande, anche se pur vero. In italiano la differenza è resa dal “ mi vuoi bene?”, rispetto al “mi ami?”. Nessun confronto, questa volta, tra un amore più grande ed un amore più piccolo, tra l’amore di Pietro e quello degli altri discepoli: l’autorità è comunque accreditata, purchè confessi l’amore per Cristo.
Si rattristò Pietro perché gli disse la terza volta: Mi vuoi bene ?
Non semplicemente dunque perché Gesù gli pone la medesima domanda per tre volte, ma perché ad ogni richiesta sembra giocare al ribasso. Come dire: se non sai dare il più io, accetto anche il meno. Non per questo cessi di essere pastore. Ma quale gioia in un simile rapporto? Si deve recuperare umilmente quello vero.
E gli dice: Signore tu sai tutte le cose, tu conosci che ti voglio bene. Gli dice Gesù: Pascola le mie pecore.
Anche se Pietro non arriva a più di tanto, quando c’è l’umile confessione del proprio cuore e la tristezza per le proprie mancanze, allora veramente niente e nessuno può mettere in discussione l’autorità che è costituita. Ci può essere qualche tristezza, e non solo da parte di Pietro, ma tutti saremo recuperati dalla infinita misericordia di Cristo.
Un monito dunque per chi è a capo, perché lo sia con l’amore del Signore, ma anche un monito per tutte le pecore, perché non pretendano un amore più grande di quello che è dato.
Un vera e propria investitura di Pietro da parte di Cristo davanti a tutta la chiesa: nessun criterio è dato e fissato se non quello dell’amore. Chi è pastore eserciti il proprio ufficio cercando ogni pienezza , chi è sottomesso non pretenda nulla di più di ciò che è  approvato da Dio. Siamo tenuti ad obbedire al capo della Chiesa, purchè non si manifesti apertamente nemico di Cristo.
I giudizi frettolosi e le rotture aperte e definitive non appartengono alla logica dell’amore.
18 In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane, cingevi te stesso e camminavi dove volevi; ma quando invecchierai, tenderai le tue mani, ed un altro ti cingerà e porterà dove non vuoi. 19 Ora questa cosa disse indicando con quale morte avrebbe glorificato Dio.
Chi è destinato ad un compito così importante merita particolare attenzione da parte di Gesù ed una parola in più, perché non sia tentato di confondere l’autorità che è data dal cielo con qualsiasi autorità che viene dalla terra. I capi di questo mondo sono consumati dalla brama di grandezza, ed aspirano a passare di gloria in gloria: chi è messo a capo del gregge di Cristo segue un cammino inverso di umiliazione e di obbedienza.
Il futuro di Pietro non potrà ricalcare semplicemente il passato, ma dovrà segnare una crescita nel suo essere in Cristo ed in funzione di Cristo.
Quando si è giovani nella fede si è pieni di buone iniziative e di slanci generosi, ma non sempre c’è capacità e volontà di ascolto. Quando la fede diventa matura e deve provvedere anche per il bene dei fratelli, deve crescere di obbedienza in obbedienza, fino al sacrificio estremo della propria vita.
Se a Pietro è richiesto l’amore, giova sapere qual è l’amore vero. Non quello indifferenziato che tanto si affatica senza sapere per chi e per che cosa, ma quello che è fondato in Cristo e che null’altro cerca e vuole se non fare la volontà del Signore.
Non qualsiasi morte è gradita agli occhi di Dio, ma quella guidata ed agita dalla vera obbedienza a Cristo, dove non c’è più spazio per la nostra volontà, ma tutto è detto e tutto è fatto conforme a ciò che è stabilito e gradito  in cielo.
Nel momento dell’investitura del pastore nessuna parola per il gregge, nessuna esortazione o peggio ancora comando per una sottomissione piena ed incondizionata. Le pecore seguono il loro pastore soltanto perché trovano in lui un amico fidato ed una sicura guida verso i pascoli che danno la vita. Nessuna obbedienza è assoluta ed incondizionata se non nella misura in cui porta frutto. Se a Pietro è fatto obbligo di pascere, nessun obbligo è dato alle pecore, se non quello di cercare Colui che è vita eterna. Il dono dato e veicolato da Dio attraverso l’uomo, non lega e non vincola  di necessità assoluta all’uomo, ma solo a Dio. Può esserci e deve esserci un rapporto di stima e di amore fra pecore e pastore, ma nessun pastore piccolo o grande che sia può prendere il posto dell’unico Signore.
Se le pecore devono temere l’ira di Dio quando non tengono in considerazione i loro pastori, quanto più i pastori quando portano le pecore verso pascoli di morte!
Il gregge affidato per essere condotto al pascolo, non perde con ciò il suo naturale padrone, semplicemente trova un aiuto, un sostegno per andare al  Signore in modo più pieno e sicuro. Quando le cose vanno male e i rapporti non sono facili, a qualsiasi pecora è riconosciuto il diritto di un confronto diretto col Padre, che è nei cieli. C’è bisogno di un mediatore? Ci è già stato dato in  Gesù.  Un mediatore che fa la funzione di un altro mediatore, è semplicemente fuori luogo. Non ci è concesso di abusare della libertà che abbiamo in Cristo? Nessun abuso è consentito neppure a chi guida in questo mondo la comunità degli eletti.
Ed avendo detto questa cosa gli dice: Segui me.
Non è  la semplice reiterazione di un comando fatto altre volte e non solo a Pietro.
Questa volta l’espressione ha un significato diverso. “Segui me”, non semplicemente nel senso di vieni dietro a me, ma ancor più nel senso di “ fai come me”. E’ Cristo l’unico vero pastore della chiesa, e chi svolge un servizio in nome suo deve guardare all’unico vero modello che ci è stato dato dal cielo. Ci è detto da Cristo risorto, quando la sua obbedienza fino alla morte è già un fatto verificabile e verificato e non più semplicemente una promessa o un puro proposito.
20 Essendosi voltato Pietro scorge il discepolo che Gesù amava che stava seguendo, che anche si era inclinato nel banchetto sul suo petto e aveva detto: Signore, chi è quello che ti consegna?
Chi è intento a seguire Gesù, trova subito qualcuno che ha il medesimo intento, soprattutto se è messo a capo. Come ogni vero pastore, Pietro ha un occhio rivolto al padrone del gregge, ed un altro al gregge affidato. E come ognuno a cui è chiesto di amare “in primis”, subito vede tra il gregge chi “in primis” è amato dal Cristo.
21 Avendo dunque visto questi, Pietro dice a Gesù: Signore, ma questi cosa?
Nessuna meraviglia che la preoccupazione prima di Pietro sia proprio per il discepolo prediletto dal maestro.
22 Gli dice Gesù: Se voglio che egli rimanga finchè io venga, cosa importa a te?
Altro è occuparsi delle pecore di Dio, altro essere per loro preoccupato, ed indagare e voler sapere oltre ciò che è richiesto dal mandato. La sorte del singolo e la sua vocazione nella chiesa rimangono sempre un mistero che nessun pastore può sondare pienamente. E neppure gli è chiesto.
cosa importa a te? Non in questo modo  Pietro deve amare  le pecore, neppure quella che è prediletta dal Signore. Nel rapporto tra il singolo e Dio non si può entrare se non fino ad un certo punto: vi è un limite che non si può valicare ed uno spazio che solo il Padre conosce.
Tu me segui.
Invece di pensare innanzitutto alla sequela altrui, Pietro pensi alla propria. In essa e per essa troverà la luce e l’amore vero per i fratelli.
23 Uscì allora questa parola tra i fratelli che quel discepolo non muore; non gli disse però Gesù che non muore, ma: Se voglio che lui rimanga finchè io venga, cosa importa a te?
Passo di difficile interpretazione. Se è chiaro che i fratelli di fede hanno frainteso le parole di Gesù, non è tuttavia spiegato come si debbano intendere le parole dette a Pietro, riguardo a Giovanni.
Di quale venuta si parla? Ed ancora: in che senso Giovanni deve rimanere?
Possiamo ipotizzare che Gesù giochi su di un malinteso diffuso nella primitiva chiesa, riguardo alla morte di Giovanni, per riportare l’impegno e l’interesse di Pietro su ciò che è di vitale importanza per la sua sequela. Non è detto che Pietro debba indagare su tutto e su tutti. Ci potranno essere,  tra i chiamati, pettegolezzi, dicerie, interpretazioni sbagliate, riguardo alle quali Pietro non deve preoccuparsi più di tanto: l’errore ed il malinteso fanno parte della vita della chiesa, come di qualsiasi altra comunità. Se ce la prendiamo per tutto e tutti diventano oggetto di investigazione, non è più finita:  perderemo la pace che abbiamo in Cristo. Meglio avere lo sguardo fisso ed il cuore volto al perfezionatore della nostra salvezza… e non preoccuparsi più di tanto di ciò che appare oscuro! Nello zelo per la verità e nella ricerca della sapienza celeste si può insinuare una morbosa presunzione di tutto capire, che non è conforme alla volontà di Dio. Meglio rimettere le zone d’ombra e di buio nelle mani del Signore e non avere la pretesa di comprendere ogni parola e di risolvere ogni problema, in nome di un’autorità conferita dal cielo.
24 Questi è il discepolo che testimonia circa queste cose e che ha scritto queste cose, e sappiamo che la sua testimonianza è vera.
Non l’ultimo arrivato dunque nella chiesa, ma una persona nota e molto chiacchierata in bene. Giovanni vuol confortare e confermare chi legge circa l’autenticità di una testimonianza.
La fede in Cristo è confermata non solo dai molti segni che Gesù ha operato nel tempo della sua venuta, ma anche da una parola accreditata fin dai primordi da tutta la chiesa.
Si può dubitare di una testimonianza qualsiasi: ciò che è scritto in questo libro è detto “in verità” dal discepolo prediletto da Gesù.
25 Ci sono poi anche molte altre cose che fece Gesù, che se fossero scritte una per una, penso che neppure lo stesso mondo conterrebbe i libri scritti.
La parola scritta in cui dobbiamo credere è finita e limitata, come finito e limitato è ogni uomo. Ma non c’è altra via verso l’infinito che è Dio e verso la Sua eternità. In essa e soltanto in essa troverai racchiusi tesori celesti di valore inestimabile ed alla fine l’unico Bene, che è Gesù Cristo, Figlio di Dio.
Comprendano quelli che vogliono togliere: perdono una ricchezza inestimabile.
Comprendano pure quelli che vogliono aggiungere: ce n’è già abbastanza per avere la pienezza della vita.