Atti degli Apostoli cap5

                                      Cap.5
Un uomo di nome Anania con Saffira sua moglie vendette un possedimento 2 e mise da parte dal prezzo, essendo a conoscenza anche la moglie e avendo portata una certa parte pose presso i piedi degli apostoli. 3 Disse allora Pietro: Anania, perché Satana riempì il tuo cuore, per ingannare tu lo Spirito santo e per trattenere dal prezzo del campo? 4 Non ti rimaneva il rimanente ed il venduto era in tuo potere? Cosa è accaduto che hai posto nel tuo cuore quest’azione? Non hai ingannato gli uomini ma Dio. 5 Ascoltando poi Anania queste parole essendo caduto spirò. E ci fu grande timore su tutti quelli che ascoltavano. 6 Alzatisi poi i giovani lo avvolsero e avendolo portato fuori lo seppellirono. 7 Ci fu poi un intervallo di circa tre ore e sua moglie non sapendo l’accaduto entrò. 8 Rispose poi a lei Pietro. Dimmi, se a tanto vendeste il campo? Ella allora disse: Sì, a tanto. 9 Allora Pietro a lei: Cosa è accaduto che ci si accordi fra voi per tentare lo Spirito del Signore? Ecco sulla porta i piedi di quelli che hanno seppellito tuo marito  porteranno via anche te. 10 cadde poi immediatamente ai suoi piedi e spirò. Essendo poi entrati i giovani la trovarono morta e avendola portata via la seppellirono presso suo marito. 11 E ci fu grande timore sull’intera chiesa e su tutti quelli che ascoltavano queste cose. 12 Per mezzo poi delle mani degli apostoli avvenivano molti segni e prodigi tra il popolo ed erano tutti concordemente nel portico di Salomone, 13 nessuno poi dei restanti osava unirsi a loro, ma il popolo li magnificava; 14 di più poi si aggiungevano credenti al Signore, una moltitudine di uomini come anche di donne, 15 tanto da portare anche nelle piazze gli infermi e porre su lettucci e lettighe, affinchè giungendo Pietro almeno l’ombra ombreggiasse qualcuno di loro. 16 Giungeva insieme anche la folla delle città vicino a Gerusalemme, portando infermi e tormentati da spiriti impuri, i quali venivano tutti sanati. 17 Essendosi poi alzato il sommo sacerdote e tutti quelli con lui, quella che era la setta dei sadducei, furono riempiti di gelosia 18 e gettarono le mani sugli apostoli e li posero nel carcere pubblico. 19 Un angelo del Signore di notte avendo aperte le porte della prigione avendoli condotti fuori disse: 20 Andate e stando dite nel tempio al popolo tutte le parole di questa vita. 21 Avendo poi ascoltato entrarono nel tempio e insegnavano. Essendo sopraggiunto il sommo sacerdote e quelli con lui convocarono il sinedrio e tutta l’assemblea degli anziani dei figli d’Israele e li mandarono al carcere per farli condurre. 22 Ma i servitori sopraggiunti non li trovarono nella prigione; essendo tornati indietro poi annunciarono 23 dicendo: trovammo il carcere chiuso con ogni sicurezza e le guardie poste alle porte, apertolo poi dentro nessuno trovammo. 24 Come udirono queste parole il capitano del tempio e i sommi sacerdoti dubitavano di loro cosa mai fosse questo. 25 Sopraggiunto poi un tale annunciò a loro: Ecco gli uomini che poneste in prigione sono nel tempio stanti ed ammaestranti il popolo. 26 Allora essendo uscito il capitano con i servitori li condusse non con violenza, infatti temevano il popolo che non fossero lapidati. 27 Avendoli poi condotto li posero nel sinedrio. E interrogò loro il sommo sacerdote 28 dicendo: Non ordinammo a voi un ordine di non insegnare in questo nome, ed ecco avete riempito Gerusalemme del vostro del vostro insegnamento e volete condurre su noi il sangue di questo uomo. 29 Rispondendo allora Pietro e gli apostoli dissero: Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che a uomini. 30 Il Dio dei padri nostri ha risuscitato Gesù che voi uccideste avendolo appeso al legno; 31 questi Dio innalzò alla sua destra principe e salvatore per dare la conversione a Israele e la remissione dei peccati. 32 E noi siamo testimoni di queste parole e lo Spirito santo che Dio ha dato agli obbedienti a lui. 33 Essi allora avendo udito erano pieni di sdegno e volevano ucciderli. 34 Essendosi poi alzato un tale nel sinedrio, un fariseo di nome Gamaliele, maestro della legge onorato da tutto il popolo, ordinò di fare uscire fuori per un po’ gli uomini 35 disse a loro: Uomini Israeliti, badate a voi stessi riguardo a questi uomini cosa state per fare. 36 Infatti prima di questi giorni di levò Teuda dicendo di essere qualcuno egli stesso, a cui andò dietro un numero di circa quattrocento uomini; questi fu ucciso e tutti quanti credevano a lui furono dispersi e divennero nulla. 37 Dopo questo si levò Giuda il Galileo nei giorni del censimento e allontanò il popolo dietro di sé; anche quello morì e tutti quanti credevano a lui furono dispersi. 38 E per le cose di ora vi dico: state lontani da questi uomini e lasciateli; poiché qualora sia dagli uomini questa volontà o quest’opera sarà annientata, 39 se invece è da Dio, non potrete distruggerli, perché non siate trovati anche combattenti contro Dio. Allora diedero retta a lui 40 e avendo chiamati gli apostoli avendoli battuti ordinarono di non parlare nel nome di Gesù e li licenziarono. 41 Essi dunque se ne andavano rallegrandosi dal cospetto del sinedrio, perché erano stati ritenuti degni di essere oltraggiati per il nome. 42 Ogni giorno nel tempio e a casa non cessavano insegnando la buona notizia di Cristo Gesù.

 

 

 

Un uomo di nome Anania con Saffira sua moglie vendette un possedimento 2 e mise da parte dal prezzo, essendo a conoscenza anche la moglie e avendo portata una certa parte pose presso i piedi degli apostoli.
La richiesta di dare  al Signore tutto quanto si possiede non può essere elusa né esaudita a metà.
E’ detto di Anania e Saffira che vendettero un possedimento, non è scritto che fosse l’unico di loro proprietà. Peggio ancora trattengono per sé in accordo una parte del prezzo. Piccola o grande che sia questa parte ritenuta è già un tradimento di quella donazione totale che Dio chiede ai suoi figli.
Se il Signore è l’unico bene prezioso in confronto al quale tutto il resto è nulla, non si vede quale importanza si possa dare a questo resto. Anche un piccolo attaccamento che è conservato nel cuore,  può essere un ostacolo che deve essere rimosso ad ogni costo, pena l’esclusione dall’amore di Dio e dalla comunione con la sua chiesa. Non basta dare: bisogna dare tutto.
3 Disse allora Pietro: Anania, perché Satana riempì il tuo cuore, per ingannare tu lo Spirito santo e per trattenere dal prezzo del campo? 4 Non ti rimaneva il rimanente ed il venduto era in tuo potere? Cosa è accaduto che hai posto nel tuo cuore quest’azione? Non hai ingannato gli uomini ma Dio.
Chi crede di ingannare lo Spirito santo,inganna se stesso, perché lo Spirito scruta le profondità dei cuori e ne vede la sincerità e la purezza. Nella chiesa c’è sempre chi vuol convincere se stesso di santità e cerca il consenso degli altri, ma non vuole e non cerca il confronto con lo Spirito Santo.
Innanzitutto una questione preliminare. Per Anania c’era sempre in ogni caso un rimanente, cioè qualcosa che non aveva voluto assolutamente toccare. Ed allora se non c’è intenzione e volontà di dare tutto, che senso ha dare una parte e trattenere il resto? Tanto vale non dare nulla e non illudere se stessi di essere entrati nell’amore del Signore.
Si può in questo modo ingannare gli uomini, ma non Dio.
E non si può dire che il caso di Anania nella chiesa sia poi così insolito ed infrequente. Ci sono persone che ci tengono a fare vedere che hanno dato un bel po’ alla chiesa e si sono spogliati di parte dei loro beni. Possono convincere gli uomini, non convincono Dio, il quale vuole tutto o niente.
5 Ascoltando poi Anania queste parole essendo caduto spirò.
Una coscienza che non è disposta a perdere tutto per Cristo, può creare a se stessa qualche alibi, ma non regge il confronto con la parola di Dio. Caduta dal piedistallo della propria giustizia, non si fa semplicemente male, entra nella dannazione eterna. Non c’è possibilità di remissione dei propri peccati se non per colui che supplica il Signore, nell’umile confessione della propria miseria. Guai a colui che ha fissato da se stesso il prezzo del proprio riscatto; questo ci è dato gratuitamente da Gesù e  non si può in alcun modo comprare.
E ci fu grande timore su tutti quelli che ascoltavano.
Un grande timore di Dio invade il cuore di coloro che ascoltano allorchè vedono la possibilità per il Signore di scrutare nel profondo ogni angolo nascosto e di dare ad ognuno il contraccambio.
6 Alzatisi poi i giovani lo avvolsero e avendolo portato fuori lo seppellirono.
E spetta innanzitutto a coloro che sono giovani nella fede e all’inizio di un cammino prendere atto che ogni cattiva radice deve essere subito e prontamente estirpata. Chi sta seduto e dorme sugli allori subisce una scossa salutare per cui è chiamato ad alzarsi. Ogni falsità deve essere legata, avvolta in un solo fascio,  gettata fuori e sepolta per sempre.
7 Ci fu poi un intervallo di circa tre ore e sua moglie non sapendo l’accaduto entrò.
Non c’è falsità nascosta che prima o poi non venga alla luce.
8 Rispose poi a lei Pietro. Dimmi, se a tanto vendeste il campo? Ella allora disse: Sì, a tanto.
La sincerità è una bella cosa. Ma vi è anche una sincerità che non accusa se stessa, ma manifesta apertamente le proprie azioni e scelte nella convinzione di essere approvata e lodata.
9 Allora Pietro a lei: Cosa è accaduto che ci si accordi fra voi per tentare lo Spirito del Signore? Ecco sulla porta i piedi di quelli che hanno seppellito tuo marito  porteranno via anche te. 10 cadde poi immediatamente ai suoi piedi e spirò.
Nessun accordo, consenso, progetto umano riguardo al bene che si deve fare ha valore quando è fatto con l’esclusione di Dio. Nella falsità del loro amore a Dio gli uomini, anche quelli che sono entrati nella chiesa, si danno da se stessi regole e misure, ma non chiedono luce al cielo e non invocano lo Spirito Santo, l’unico che intende la volontà del Padre.
Essendo poi entrati i giovani la trovarono morta e avendola portata via la seppellirono presso suo marito.
Sono gli stessi giovani di prima. Dopo aver visto la morte in atto, ora la scoprono come dato di fatto. Non cambia nulla. Chi è conosciuto nel suo morire e chi è conosciuto già morto, entrambi devono essere portati via dalla chiesa e sepolti nell’unico luogo di perdizione.
11 E ci fu grande timore sull’intera chiesa e su tutti quelli che ascoltavano queste cose.
E’ detto per la seconda volta: è una storia che si ripete.
12 Per mezzo poi delle mani degli apostoli avvenivano molti segni e prodigi tra il popolo ed erano tutti concordemente nel portico di Salomone, 13 nessuno poi dei restanti osava unirsi a loro, ma il popolo li magnificava;
I segni e i prodigi operati per mano degli apostoli da un lato uniscono, dall’altro dividono: uniscono tutti coloro che accolgono il Cristo, tengono divisi tutti coloro che non accolgono l’annuncio della vita nuova. Sulla terra non è dato nessun vero segno di unità concorde se non nella chiesa.
Tutti coloro che non osano unirsi ad essa, se ne stanno ad una certa distanza, come massa dispersa senza volto e senza nome, che non sa decidersi per il grande passo. E non è detto che questa massa sia indifferente di fronte alla testimonianza della fede in Cristo. Il popolo, cioè i molti, esalta la comunità che si è formata intorno agli apostoli.
14 di più poi si aggiungevano credenti al Signore, una moltitudine di uomini come anche di donne, 15 tanto da portare anche nelle piazze gli infermi e porre su lettucci e lettighe, affinchè giungendo Pietro almeno l’ombra ombreggiasse qualcuno di loro.
Fra il popolo che magnifica c’è sempre qualcuno che passa dalla parte di quelli che credono, uomini e donne anche in numero consistente. Non solo vanno agli apostoli, ma portano con sé anche quelli che non sono in grado di camminare, mettendoli su lettucci e lettighe, perché se non possono toccare, siano almeno toccati dai ministri della chiesa: basta l’ombra del solo Pietro per dare  conforto e consolazione.
16 Giungeva insieme anche la folla delle città vicino a Gerusalemme, portando infermi e tormentati da spiriti impuri, i quali venivano tutti sanati.
La folla accorre anche dai villaggi vicini a Gerusalemme: insieme a quelli che hanno le gambe buone arrivano portati di peso gli infermi. Chi sono questi tormentati da spiriti impuri? Spirito impuro è lo spirito del maligno che tormenta, cioè  ricopre della sua stessa angoscia coloro che sono suoi schiavi. Non c’è liberazione da ogni malessere spirituale se non in Cristo. Non ogni malessere psichico è di origine spirituale. A volte la depressione è una vera e propria patologia. Ma c’è anche la depressione che ha la sua origine nella lontananza dal Signore e da cui Cristo vuole sanarci, perché è venuto a portare pace nei nostri cuori.
17 Essendosi poi alzato il sommo sacerdote e tutti quelli con lui, quella che era la setta dei sadducei, furono riempiti di gelosia 18 e gettarono le mani sugli apostoli e li posero nel carcere pubblico.
Che si alzi una persona qualunque per intervenire di forza, non fa notizia e non è di nessun interesse, ma quando si alzano presi dall’ira coloro che contano a questo mondo, veramente incutono timore. Possiamo soltanto aspettarci del male per i malcapitati sui quali mettono le mani.
Il Figlio di Dio si alza soltanto per amore e per venire in soccorso ai miseri, i figli degli uomini si alzano per dare libero sfogo alla malvagità del loro cuore, accecati dall’ira, incapaci di un retto giudizio e di un giusto discernimento.
19 Un angelo del Signore di notte avendo aperte le porte della prigione avendoli condotti fuori disse:
Non c’è prigione che possa trattenere coloro che sono mandati da Dio ad annunciare il Vangelo della salvezza. Se l’uomo impedisce e lega, Dio apre qualsiasi prigione che tenga chiusa la sua Parola, perché tutti sappiano ed intendano. Se l’uomo dorme sonni tranquilli nella notte del suo peccato, il Signore non perde tempo e non aspetta tempo. Quando ancora le tenebre avvolgono la terra, l’angelo di Dio spiana la strada ai passi degli apostoli. Li conduce fuori da ogni potere umano, perché si manifesti in loro soltanto la potenza del Signore.
20 Andate e stando dite nel tempio al popolo tutte le parole di questa vita.
Agli apostoli è comandato di andare, ma non come alla ventura e come gli uomini che non hanno stabile dimora, ma come coloro che saldi nella fede annunciano nella chiesa tutte le parole della nuova vita.
21 Avendo poi ascoltato entrarono nel tempio e insegnavano.
Prima si ascolta, poi si obbedisce e si entra nella chiesa di Dio e soltanto alla fine si insegna. Perché nessun apostolo deve insegnare cose proprie ma soltanto quello che è frutto dell’ascolto e dell’obbedienza alla Parola che viene dal cielo.

Essendo sopraggiunto il sommo sacerdote e quelli con lui convocarono il sinedrio e tutta l’assemblea degli anziani dei figli d’Israele e li mandarono al carcere per farli condurre.
Chi ha ricevuto autorità dal cielo per la terra, deve vedersela con chi ha ricevuto autorità dalla terra per il cielo. Nessuno che è in autorità presso gli uomini accetta volentieri di essere scavalcato e soppiantato da chi è mandato da Dio. Non solo non si ascolta la Parola che viene dal cielo, ma si perseguita, si mette in prigione e si sottopone a processo coloro che ne sono messaggeri.

22 Ma i servitori sopraggiunti non li trovarono nella prigione;
Coloro che servono umilmente i ministri di Dio eletti dall’uomo, allorchè sono tirati in mezzo alla contesa che è aperta dalla rivelazione, vedono con i propri occhi come stanno realmente le cose. Gli apostoli messi in prigione, non sono trovati nella  prigione.
Siamo di fronte ad una liberazione dalle catene che va verificata e compresa, ma è un dato di fatto che non si può mettere in discussione.

essendo tornati indietro poi annunciarono
Se prima la pensavano in un certo modo, ora si ricredono riguardo alle loro convinzioni e diventano messaggeri seppure inconsapevoli di una  liberazione già avvenuta.
23 dicendo: trovammo il carcere chiuso con ogni sicurezza e le guardie poste alle porte, apertolo poi dentro nessuno trovammo.
In apparenza tutto come prima. Il carcere creato dall’uomo per l’uomo è ancora chiuso con ogni sicurezza, e vi sono pure le guardie. Ma allorchè ci è dato di aprirlo anche un attimo per vedere dentro, ecco nessuno è trovato. Intendi in immagine. Un salvatore è venuto per coloro che vivevano schiavi del Maligno. Il Diavolo ormai può solo fare la guardia ad un carcere svuotato dal Cristo.
24 Come udirono queste parole il capitano del tempio e i sommi sacerdoti dubitavano di loro cosa mai fosse questo.
Non tutti quelli che odono l’annuncio della liberazione, ascoltano per convertirsi. Molti mettono in dubbio prima la sincerità di chi è messaggero, poi l’annuncio stesso.
25 Sopraggiunto poi un tale annunciò a loro: Ecco gli uomini che poneste in prigione sono nel tempio stanti ed ammaestranti il popolo.
Se ci può essere qualcosa di non chiaro nel primitivo annuncio, il Signore fa opera di rinforzo e
dà conferma attraverso altri testimoni. Ogni annuncio ha un inizio e un epilogo. Dove sono finiti coloro che erano stati messi in prigione? Liberati dal potere degli uomini, che sono strumento nelle mani del Satana, hanno preso stabile dimora nella casa di Dio e fanno da maestri al popolo.
26 Allora essendo uscito il capitano con i servitori li condusse non con violenza, infatti temevano il popolo che non fossero lapidati.
Chi è schiavo del Satana, può anche essere fermo nelle proprie convinzioni e perseverare nella durezza del cuore, ma deve prendere atto della novità ed  uscire allo scoperto insieme con tutti quelli che lo seguono, per affrontare chi soppianta il loro magistero.
E non importa se si agisce in maniera falsa e subdola, senza interesse alcuno per la verità. Ogni mezzo è buono pur di ottenere lo scopo. L’unica precauzione che s’impone è quella di non provocare l’ira del popolo.
Chi non teme la punizione che viene dal cielo, teme quella che viene dalla terra, a volte anche in maniera eccessiva ed infondata.
Timore di Dio e timore dell’uomo non possono stare insieme ed andare a braccetto. Dove c’è timore di Dio, sparisce il timore dell’uomo, dove c’è timore dell’uomo, si spegne soffocato ogni timore di Dio.
27 Avendoli poi condotto li posero nel sinedrio.
Quando si conduce, invece di lasciarsi condurre, dove va a finire la storia? In un tribunale umano, dove si giudica la Parola, invece di lasciarsi giudicare dalla Parola, dove si interroga invece di ascoltare.
E interrogò loro il sommo sacerdote 28 dicendo:
Se un uomo qualsiasi non può sentirsi autorizzato a mettere sotto processo la Parola che viene dal cielo, gli altri uomini gli danno man forte e gli conferiscono sommo potere. Un potere fatto sommo dall’uomo può anche giudicare quello che viene dal cielo e a parlare in nome di Dio, come Dio, nella forma del comandamento
Non ordinammo a voi un ordine di non insegnare in questo nome,
A chi appartiene la Parola che è comandamento se non al solo Dio?
E quale presunzione quando non solo si ordina, ma si ordina un ordine? Come Dio, più di Dio.
ed ecco avete riempito Gerusalemme del vostro  insegnamento e volete condurre su noi il sangue di questo uomo.
Che l’insegnamento degli apostoli non sia autorizzato è fuori discussione. Ma guai a chi mette in discussione l’autorità dei sommi sacerdoti. Peggio ancora se viene imputato a loro come colpa il sangue versato da un uomo.
29 Rispondendo allora Pietro e gli apostoli dissero:
Non solo a Pietro, ma agli apostoli tutti Dio ha conferito autorità dal cielo per smascherare ogni falsa autorità di questa terra.
In Cristo e per Cristo è superata ogni naturale timidezza di chi è piccolo agli occhi del mondo.
Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che a uomini.
Nessun uomo per quanto riguarda le cose del cielo può esprimersi nella forma del comandamento e neppure pretendere per se stesso quell’ubbidienza che è riservata solo a Dio.
Perché di Dio è la luce, la giustizia e la verità.
L’uomo è portatore di tenebre, di ingiustizia e di menzogna.
Non è una semplice ipotesi o opinione: è la storia stessa che manifesta tutto questo.
30 Il Dio dei padri nostri ha risuscitato Gesù che voi uccideste avendolo appeso al legno;
Dio opera per dare la vita, l’uomo opera per mettere a morte l’autore di ogni vita.
Il rifiuto di Cristo non è più semplicemente una realtà nascosta nel profondo dei cuori. Ora si è resa visibile anche agli occhi della carne. Israele ha appeso al legno quel Gesù, Salvatore del suo popolo mandato sulla terra dal Dio di Abramo.
Buon per noi se Dio lo ha resuscitato, nonostante noi e contro di noi.
31 questi Dio innalzò alla sua destra principe e salvatore per dare la conversione a Israele e la remissione dei peccati.
Proprio questo Cristo e non altri, Dio ha innalzato alla sua destra come principe e salvatore di tutta l’umanità, per concedere a Israele la possibilità della conversione e del perdono dei peccati.
32 E noi siamo testimoni di queste parole e lo Spirito santo che Dio ha dato agli obbedienti a lui.
E queste parole non sono infondate, ma trovano la loro giustificazione e legittimazione storica nella testimonianza degli apostoli che sono stati con Gesù. E ancor di più nel cuore di ogni uomo che è obbediente a Dio è trovata la testimonianza unica ed esclusiva dello Spirito Santo.
Unica, perché unicamente di natura celeste, esclusiva, perché mette a tacere ogni altra voce.
33 Essi allora avendo udito erano pieni di sdegno e volevano ucciderli.
Non basta aver ucciso l’autore della vita. Non c’è pentimento per quanto fatto, ma resta ogni pienezza di sdegno per dare ancora la morte.
34 Essendosi poi alzato un tale nel sinedrio, un fariseo di nome Gamaliele, maestro della legge onorato da tutto il popolo, ordinò di fare uscire fuori per un po’ gli uomini 35 disse a loro:
In mezzo alla turba dei malvagi può anche essere trovato l’uomo che non si è indurito nel male, ma lascia aperta la porta al ravvedimento ed alla conversione e non si lascia prendere dall’ira e dalla follia omicida. Il problema di Cristo non si può risolvere semplicemente nel rapporto tra uomo ed uomo, tra chi è con lui e chi contro di lui. Bisogna cercare di vederlo e di inquadrarlo alla luce delle Scritture e di quello spirito che viene dal cielo, la cui opera nessuno può ostacolare e contraddire.
Uomini Israeliti, badate a voi stessi riguardo a questi uomini cosa state per fare. 36 Infatti prima di questi giorni di levò Teuda dicendo di essere qualcuno egli stesso, a cui andò dietro un numero di circa quattrocento uomini; questi fu ucciso e tutti quanti credevano a lui furono dispersi e divennero nulla. 37 Dopo questo si levò Giuda il Galileo nei giorni del censimento e allontanò il popolo dietro di sé; anche quello morì e tutti quanti credevano a lui furono dispersi. 38 E per le cose di ora vi dico: state lontani da questi uomini e lasciateli; poiché qualora sia dagli uomini questa volontà o quest’opera sarà annientata, 39 se invece è da Dio, non potrete distruggerli, perché non siate trovati anche combattenti contro Dio.
Vano è opporsi all’opera di Dio e combattere contro coloro che la portano avanti.
Tutto ciò che non viene da Dio cadrà da solo: è meglio lasciare che sia il tempo a manifestare e a vagliare quanto vale l’opera di ognuno.
E’ fuori discussione che non si può combattere contro la volontà di Dio.
Allora diedero retta a lui
E come dargli torto davanti a tutto il popolo in un’argomentazione così semplice e chiara?
Quale sacerdote di Dio oserebbe mai affermare in pubblico che si deve contrastare l’opera del Signore?
40 e avendo chiamati gli apostoli avendoli battuti ordinarono di non parlare nel nome di Gesù e li licenziarono.
Date le circostanze, impossibile mettere a morte gli apostoli, ma alla fine bisogna pur prendersi la soddisfazione di dar loro un buona dose di botte; per far capire che la musica non è cambiata e che non si è placata l’ ira contro di loro. Al contrario è ribadito l’ordine di non parlare nel nome di Gesù e di andare alla svelta fuori dai piedi.
41 Essi dunque se ne andavano rallegrandosi dal cospetto del sinedrio, perché erano stati ritenuti degni di essere oltraggiati per il nome.
Se coloro che sono in autorità non vogliono saperne di chi annuncia la Buona Novella, questi ultimi volentieri si allontaneranno dal loro cospetto ed usciranno dalla loro vita, contenti di essere stati oltraggiati per il nome di Gesù. Chi non sa portare con gioia il rifiuto da parte del mondo e soprattutto di quelli che contano a questo mondo, non può essere messaggero di una nuova vita.
42 Ogni giorno nel tempio e a casa non cessavano insegnando la buona notizia di Cristo Gesù.
Chi sono i veri apostoli di Cristo? quelli che ovunque e sempre  insegnano senza sosta la buona notizia di Gesù Cristo.

Da e con don Divo Barsotti,  riflessioni  ( da Meditazione sugli Atti degli apostoli – edizioni san Paolo )
Col peccato di Anania e Saffira la Comunità fa il primo incontro col male, che fino allora era fuori della Chiesa. La comunità dei salvati era convinta di essere il sacramento della presenza di Dio. Lo Spirito Santo si era effuso nei discepoli e aveva fatto della Comunità la sposa senza macchia e senza ruga; i credenti non vivevano che per lodare Dio, non vivevano che per l’amore, uniti fra loro come un solo cuore, come un’anima sola: e in questa comunità entra ora il peccato. Essa, che viveva nel mondo per essere sacramento della salvezza, per continuare il mistero di Cristo nell’assumere la pena del peccato degli uomini, essa medesima fa ora l’esperienza del peccato.
Dall’episodio di Anania e Saffira la Chiesa ora risulta una Comunità santa, ma fatta di peccatori. La pagina degli Atti sembra voler rendere testimonianza dello sgomento, anzi dell’orrore dei primi discepoli che fanno esperienza di questa presenza del male. Quanto più alta è la responsabilità che l’uomo riceve da Dio, quanto più grande la sua missione nel mondo, tanto più si impone la sua identificazione col Cristo. Un peccato, anche minimo, diviene di una gravità eccezionale. Chi dovrebbe rivelare Dio lo nasconde; non solo, ma ritarda la funzione rivelatrice del Cristo, che continua attraverso la Chiesa, ma rischia di divenire egli stesso occasione perché Dio sia negato. Nessuna contraddizione più grave: il peccato nella Chiesa sembra negare la santità stessa di Dio. E questo entrare del peccato nella Comunità santa provoca immediatamente la morte, per dare ai cristiani il senso della gravità di un peccato che contaminava la Sposa immacolata dell’Agnello. Tale il peccato di Anania e Saffira. Non obiettiamo che in fondo la loro era una semplice bugia: avevano mentito allo Spirito Santo e così si oscurava la presenza del Risorto, si paralizzava la potenza dello Spirito che agiva negli apostoli e in tutti i discepoli.
Il peccato di Anania e Saffira, come dice espressamente Pietro, non è quello di aver trattenuto parte della somma, ma di aver mentito agli apostoli, allo Spirito Santo. La funzione dei Dodici nella Comunità è posta in evidenza tale da escludere la possibilità di minimizzare la loro autorità.
Lo sgomento dei discepoli non derivava solo dal fatto che essi ora sanno che, redenti dal sangue del Cristo e santificati dallo Spirito Santo possono ancora peccare, ma dal fatto che nella Comunità può entrare ancora la morte… l’uomo cammina ancora nel crepuscolo della fede: il suo cammino conosce ancora il pericolo, conosce l’ansietà. Dio vive nel cuore dell’uomo e tuttavia questa presenza non toglie l’uomo dalla sua debolezza, non libera l’uomo dalle sue imperfezioni, non salva l’uomo dalla morte.
Il Cristo è risorto e sono venuti gli ultimi tempi, ma la gloria del Cristo si nasconde sotto il segno della debolezza e della povertà.
Sta di fatto che gli Atti non parlano più di questa messa in comune dei beni da parte di tutti i fratelli. Non nega l’autore la bellezza di questa iniziativa, ma sembra insegnare che non tutto quello che è bello, è possibile. Non si può pretendere di anticipare nei rapporti umani , sul piano sociale, quella comunione perfetta che soltanto domani, nella manifestazione ultima della Gloria del Cristo, sarò pienamente reale…
Con la Pentecoste il cristianesimo ha carattere pubblico. Ora non si impone più, come nella vita di Gesù, l’obbligo del segreto; i miracoli hanno un carattere pubblico.
La vita della Comunità si svolge sotto gli occhi di una moltitudine sempre più ammirata e conquistata dalla fede. Dilaga la fama dei miracoli al di fuori di Gerusalemme e anche dalle città vicine accorrono gli apostoli.
È proprio il carattere di pubblicità quello che sottolinea l’autore degli Atti. Il miracolo è in ordine a questo. Non viene compiuto prima di tutto in un atto di pietà, come risposta al bisogno dei malati.
Basta l’ombra di Pietro mentre passa, a operarli. Il potere dei miracoli vuole confermare prima di tutto il messaggio di salvezza che gli apostoli sono tenuti ad annunciare, vuole dare un’autorità divina alla predicazione dinanzi agli uomini ai quali deve indirizzarsi la loro parola.
Come poteva il sinedrio sopportare che le cose andassero avanti così? Era Dio che separava la Comunità dal giudaismo, la presentava al mondo investita dei suoi poteri, contro la volontà del sinedrio che aveva già proibito agli apostoli di parlare nel nome di Gesù. Certo, il sinedrio, se voleva intraprendere una lotta contro di loro, doveva essere sempre più consapevole che la sua lotta diveniva una lotta contro Dio stesso.
La logica di Gamaliele non avrà ragione contro l’ostinazione di una volontà che sempre più si chiude alla verità.
Il sinedrio lotterà dunque con Dio e crescerà il suo furore via via che si manifesterà più grande la sua impotenza in questa lotta impari dell’uomo peccatore con Dio…
È importante notare con l’autore ispirato, che è soprattutto il partito dei sadducei che infierisce contro i dodici. Si assiste a un crescendo di opposizione che provoca una sempre più chiara e ferma risposta.
Ora gli apostoli dal sinedrio sono posti in guardina, ma Dio stesso prende le loro difese, li libera e ingiunge loro di insegnare nel tempio… liberati dal carcere, gli apostoli non dovranno nascondersi o fuggire; al contrario si esporranno anche più apertamente predicando nel tempio.
Sembra che Dio voglia provocare l’ira del sommo sacerdote. In realtà la miracolosa liberazione avrebbe dovuto far riflettere. Ma come i prodigi che compiva Mosè dinanzi al faraone non facevano che indurire sempre più il suo cuore, così l’intervento di Dio, invece di ammansire il sommo sacerdote, i sadducei, non faceva che irritarli di più. La sorpresa iniziale non li fa più cauti; la loro passione li acceca; pur non potendo negare i fatti, non sanno riconoscere in quanto è avvenuto il dito di Dio…
Gli apostoli appena liberati, tornano al tempio a predicare: non conta il sinedrio, non conta il pericolo di una condanna, non conta la morte: per loro non sembra esistere che il Cristo risorto. Davvero la loro vita è come il gioco dei fanciulli nella fornace. Proprio nel momento più grave del pericolo, in cui sembra che tutto minacci rovina, si sentono portati da Dio. Dopo essere stati ripresi e condotti nuovamente dinanzi al sinedrio, saranno battuti, flagellati e ritorneranno contenti di essere stati ritenuti degni di aver patito oltraggio per il Signore. L’onda che doveva sommergerli, li solleva. Così cresce Dio nel cuore dell’uomo: Egli fa superare gli ostacoli senza che se ne avverta il pericolo. Così cresce il regno di Dio e la manifestazione del male. Ma quanto più il male cresce tanto più da se stesso si distrugge; il suo furore non è che la prova della sua impotenza, l’annuncio della sua fine…
Ora davanti al Sinedrio non sono soltanto Pietro e Giovanni, ma sembra, tutto il collegio dei dodici; ma non si fa il loro nome.
La loro grandezza non è nell’affermazione di se stessi, ma nel loro scomparire: essi sono soltanto la loro missione. Gli Atti, dopo il primo capitolo, non fanno più il loro nome. Sui Dodici fu edificata la chiesa; essi ne sono le fondamenta nascoste. Il loro crescere fu un inserimento progressivo nel Cristo, e il Cristo è invisibile; è realmente presente ma non è di questo mondo. Inserirsi in Lui volle dire per loro entrare nell’invisibile, affondare nel silenzio, nell’ombra che è segno della presenza dello Spirito.
Anche Mosè fu nascosto dalla nube quando parlò faccia a faccia con Lui…
Alla conclusione di questo secondo processo già fra il sinedrio e la comunità la rottura si è compiuta. Non importa se per ora l’intervento di Gamaliele sospende la condanna a morte. Ben presto anche la morte verrà, e non solo quella di Stefano, ma anche quella dell’apostolo Giacomo…
In questo quinto capitolo è proprio il fariseismo che apre una porta alla comunità cristiana. L’intervento di Gamaliele sembra che voglia insegnare la possibilità di un certo consenso, di una certa coesistenza, anche se non senza riserve, alla comunità cristiana, da parte di uno dei capi della nazione.
Di fatto questo consenso permise la convivenza della Chiesa giudaico-cristiana in Gerusalemme e nei dintorni, anche dopo la distruzione della Santa Città…
Il giudaismo riconosce ancora in Giacomo il capo della Chiesa di Gerusalemme, uno dei suoi, lo venera e lo ammira. Giacomo viene gettato giù dal pinnacolo del Tempio e ucciso a colpi di bastone; viene ucciso proprio all’ombra del Tempio sacro al giudaismo.
Se gli Atti degli Apostoli ci daranno anche in seguito, un quadro della vita spirituale del cristianesimo primitivo, mai ce lo daranno così puro, così bello, così alto, come ce l’hanno dato questi primi cinque capitoli. I sentimenti che distinguevano quelli che credevano in Cristo, erano una grande semplicità di cuore e la gioia. Vivevano concordi e perseveranti nell’obbedienza all’insegnamento degli apostoli e nella frazione del pane. È questa atmosfera di pace, e di gioia che regna nella primitiva comunità.
Mai più la Chiesa conoscerà una primavera così bella e serena. In questa visione si chiude la prima parte degli Atti; si chiude, non sotto il segno dell’odio, ma sotto il segno di una comunione di amore che non è più nemmeno tra i membri soltanto della comunità, ma si apre in un dialogo anche col giudaismo più nobile e religioso.

Alcune considerazioni di Cristoforo.
Abbiamo detto e ripetuto che un’esperienza di vita comunitaria quale ci è presentata negli Atti degli Apostoli non avrà seguito nella Chiesa. Un tentativo in tal senso è stato portato avanti nei secoli soltanto dalle comunità di tipo monastico.
Molto difficile mettere insieme tante persone, soprattutto se sposate. Esperienze di tal genere sembrano sopravvivere soltanto in comunità con impostazione rigidamente settaria, dove l’intera struttura organizzativa fa riferimento all’autorità assoluta di un capo o di un leader. Gli abusi più gravi per quel che riguardano il voto di obbedienza sono riscontrabili proprio presso queste comunità, dove i beni sono messi in comune, ma poi alla fine si scopre che tutto appartiene ad un’ unica persona. La comunione dei beni mette in gravi difficoltà le persone sposate; soprattutto complica il rapporto coi figli. Perché non si può imporre ad un figlio lo spirito dei genitori e fargli subire la perdita di quei patrimoni di cui sarebbe stato legittimo erede. Scelte di tal fatta portano a rotture violente e a gravi risentimenti nell’ambito degli affetti famigliari. La povertà materiale è condizione di crescita spirituale soltanto allorchè scelta e accolta con libero consenso. Non si può pretendere in quelle famiglie il cui vincolo è innanzitutto affettivo, non sorretto, confortato, illuminato da una  comune fede responsabile e consapevole.
I risvolti negativi nel rapporto genitore – figlio non sono dovuti semplicemente ad una scelta di povertà e di rinuncia dei beni materiali non condivise. Ancora più viene compromesso e resta incrinato  il rapporto del padre con gli altri membri della famiglia a ragione di una sua obbedienza al capo carismatico della comunità. Con o senza voto, certi capi di comunità di fatto pretendono assoluta obbedienza e giustificano qualsiasi loro ingerenza nei problemi delle singole famiglie, a titolo di direzione spirituale, di sottomissione degli uni agli altri, sottomissione che guarda caso è sempre a senso unico. La figura paterna ne esce gravemente sminuita agli occhi dei figli. Così pure, se è vero che l’uomo è a capo della donna, molto discutibili sono le ingerenze di terze persone nei rapporti fra marito e moglie. I rapporti famigliari perdono qualsiasi legittimazione sia in rapporto al vincolo di natura sia in rapporto alla Legge di Dio.
Il nostro discorso non ha nulla di teorico e di pregiudiziale, ma è semplicemente quanto da noi appurato e constatato da vicino nel corso di una vita che ci ha portato a contatto con comunità diverse, che hanno tentato un superamento dell’esperienza di tipo parrocchiale.
Alcune considerazioni ora riguardo alle comunità monastiche.
Molto diffuse nel passato, sembrano oggi perdere molta della loro importanza e vitalità. I monasteri sono per lo più deserti e abbandonati. E questo certamente è segno di un decadimento e di un venire meno della fede in Cristo. Sarebbe però sbagliato un’esaltazione della vita monastica senza metterne in evidenza limiti, ambiguità e contraddizioni.
Se all’origini tutto sembrava  semplice, facile e chiaro, col tempo la realtà monastica si è venuta complicando sempre di più, fino al completo svuotamento dello spirito iniziale.
Basta considerare anche uno solo degli ordini che più ha avuto successo ed adesioni nel tempo: quello francescano.
Cosa ne è stato e cosa ne è dell’amore e dell’esaltazione della povertà quali sono trovati nel fondatore San Francesco?
Il poverello d’Assisi in vita ha visto il fallimento dell’Ordine, così come da lui pensato, ed è morto in rottura con i molti confratelli.
Se il discorso si sposta nel tempo, l’abbandono di sorella povertà è stato progressivamente sempre più grande. Pochi francescani sono ora proprietari di strutture immense di grande valore non solo artistico, ma anche materiale.
Non andremo oltre col discorso se non per concludere che esperienze comunitarie ad imitazione di quella che vediamo negli Atti degli Apostoli, sono tramontate e superate definitivamente per quel che riguarda la forma, non per quel che riguarda la sostanza.
Perché se Dio è amore e l’amore è comunione dei cuori, può bensì cambiare la forma della vita comunitaria, non la sua sostanza e la sua importanza.
In molte persone di Chiesa sta nascendo e si sta affermando la convinzione che la vita comunitaria, lungi dall’essere estinta per sempre, possa oggi assumere forme diverse, più adeguate ai nostri tempi.
Il discorso interessa tutti i cristiani a cominciare da coloro che hanno liberamente scelto di non sposarsi per amore all’unico sposo che è Cristo.
Non sta a noi parlare di esperienze che possiamo considerare soltanto in modo superficiale non avendo conoscenza diretta di alcun tipo che vada oltre ciò che può definirsi ancora legato al contesto parrocchiale.
Ciò che possiamo semplicemente rilevare, perché attestato dai molti, è la difficoltà legata a tali esperienze, fattore di crescita spirituale, ma anche di scoraggiamento e di abbandono. In qualsiasi caso non si deve dare ad esse quell’importanza assoluta, che  esse non hanno. L’amore fraterno può essere vissuto in qualsiasi realtà ed in qualsiasi condizione umana.
Anche se non si è legati strettamente in vita comunitaria ad un gruppo di fratelli e sorelle, la via dell’amore a Cristo è sempre aperta a tutti. Molti invocano una impossibile ed improbabile scelta di vita in una famiglia religiosa come la panacea di tutti i propri mali, non tenendo nella dovuta considerazione quella volontà di Dio che ci fa innanzitutto accettare e benedire la condizione di croce che  è già data. La vita comunitaria non può essere il risultato di una fuga da una situazione di sofferenza e di solitudine.
Si entra in una comunità nella consapevolezza di entrare in una realtà di croce liberamente voluta ed accresciuta. Le motivazioni di ordine psicologico porteranno ben presto al fallimento o quel che è ancora peggio ad una falsificazione e a una mistificazione dell’amore fraterno.
Dobbiamo camminare con i piedi per terra, valutando attentamente e considerando più positivamente quella realtà in cui ci troviamo. Prima ancora di ciò che non abbiamo c’è una realtà già in atto, che è benedetta in tutto dal Signore, eccetto naturalmente il peccato.
Chi è sposato deve valutare le proprie croci come occasione di santificazione  e di purificazione del cuore. Null’altro dobbiamo desiderare per il Signore, se non quello che il Signore ha voluto per noi. La santità è fatta innanzitutto di pazienza e la pazienza comincia dalla realtà quotidiana e con le persone che già sono intorno a noi.
Più difficile considerare la condizione di chi non è sposato e cerca un compagno o una compagna o una famiglia religiosa, per spezzare un sentimento di solitudine e per appagare il desiderio di un amore più visibile e palpabile.
Se il cristiano è colui che vive per Cristo, il Cristo deve in ogni caso appagare il suo cuore: di nessun altro e di nient’altro c’è bisogno all’infuori del Signore e del suo amore. In Cristo e per Cristo sovrabbondiamo di ogni bene e di ogni grazia, e di nulla ci sentiamo bisognosi e mancanti se non di una più piena adesione al mistero della sua morte e resurrezione. Nella nostra croce portiamo a compimento come Paolo quel che manca ai patimenti di Cristo.
Soltanto in uno spirito consapevole che tutto è già stato dato, altro dobbiamo cercare, perché ciò che è ridondante nel nostro cuore si riversi sul corpo dell’intera Chiesa.
Non dobbiamo disprezzare l’apparente povertà della nostra vita e rincorrere l’impossibile che non ci è richiesto e neppure dato.
La solitudine o il senso di fallimento di un’esistenza vanno portati con la fede in Cristo, che vede e provvede ad ogni nostra necessità.
Ciò che si esperimenta e si conosce nel contesto parrocchiale può sembrarci poca cosa, ma chi semplicemente fugge da una situazione di ambiguità e contraddizione cadrà in un’altra ancora peggiore.
Cosa dire di più a coloro che si trovano come inchiodati ad una realtà di vita comunitaria che all’apparenza non dà nulla di positivo e di edificante?
Innanzitutto, niente si deve pretendere dagli altri, ma tutto deve essere preteso da noi. Le persone si amano così come sono  trovate e non per quello che sono desiderate.
Ci basti il Signore e i doni già dati. La Chiesa, benché  povera nei suoi ministri, ci dona il necessario per la vita: la preghiera comunitaria, i Sacramenti, la Parola di Dio.
Niente e nessuno ci impedisce di percorrere un tratto anche lungo di strada in un cammino di solitudine e di isolamento rispetto ad altri. Ciò che non abbiamo imparato nella nostra parrocchia possiamo impararlo e conoscerlo altrove, senza rotture ingiustificate, odi e rancori.
C’è un tempo per stare con gli altri e c’è un tempo per stare da soli.
Nel silenzio della solitudine non ci è impedita una preghiera più viva e sentita ed una meditazione della Parola più seria ed approfondita.
Il Signore, oggi più che mai, offre ai molti la possibilità di maggiore crescita, in virtù di maggiore conoscenza.
Non cerchiamo l’impossibile, ma usiamo al meglio i doni che il Signore ci ha dato, entrando in una comunione di cuori più vera e più sentita con tutti coloro che desiderano una comunicazione di vita nel Signore e per il Signore!

 

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