Atti degli Apostoli cap7

                                        Cap. 7
Disse poi il sommo sacerdote: Queste cose così hai? Egli allora disse: Uomini fratelli e padri, ascoltate. Il Dio della gloria apparve al nostro padre Abramo essente in Mesopotamia prima di abitare egli in Carran 3 e disse a lui: esci dalla tu terra  e dalla tua parentela, e va’ alla terra che a te mostrerò. 4 Allora essendo uscito dalla terra dei Caldei dimorò in Carran. E di là dopo che era morto suo padre  Dio lo trasferì in questa terra in cui ora voi abitate, 5 e non diede a lui eredità in essa né passo di piede e promise di dare  essa in possesso e alla sua discendenza dopo di lui, non avendo lui un figlio. 6 Parlò poi così Dio: Sarà il suo seme straniero in terra straniera e renderanno schiavo lui e lo maltratteranno per anni quattrocento; 7 e il popolo a cui saranno schiavi giudicherò io, - Dio disse- e dopo queste cose usciranno e adoreranno me in questo luogo. 8 E diede a lui il patto della circoncisione; e così generò Isacco e lo circoncise il giorno ottavo e Isacco Giacobbe  e Giacobbe i dodici patriarchi . 9 E i patriarchi essendo gelosi di Giuseppe lo vendettero in  Egitto. Ed era Dio con lui 10 e trasse fuori lui da tutte le sue  tribolazioni e diede a lui grazia e sapienza dinanzi al faraone re di Egitto e lo costituì capo  sull’Egitto e sulla sua casa intera. 11 Giunse poi la fame sull’intero Egitto e Canan e una grande tribolazione , e non trovavano cibo i padri nostri. 12 Avendo ora udito Giacobbe che c’erano alimenti in Egitto mandò i nostri padri una prima volta. 13 E la seconda fu riconosciuto Giuseppe dai suoi  fratelli e conosciuta divenne al faraone la stirpe di Giuseppe. 14 Avendo mandato allora Giuseppe fece chiamare Giacobbe suo padre e tutta la parentela di anime settantacinque. 15 E scese Giacobbe in Egitto e morì lui e i padri nostri, 16 e trasportarono in Sichem e posero nel sepolcro che comperò Abramo a prezzo d’argento dai figli di Emmor in Sichem. 17 Quando poi si avvicinava il tempo della promessa della quale pronunciò Dio ad Abramo crebbe il popolo e si moltiplicò in Egitto 18 fino al tempo in cui sorse un altro re sull’Egitto che non conosceva Giuseppe. 19 Costui ingannando la nostra stirpe maltrattò i nostri padri per far sì che i neonati di essi esposti non sopravvivessero. 20 In quel tempo fu generato Mosè ed  era gradito a Dio; questo fu nutrito per tre mesi nella casa del padre; 21 essendo poi lui stato esposto lo raccolse la figlia di faraone e lo nutrì per sé come figlio. 22 E fu educato Mosè in tutta la sapienza degli Egiziani, era poi potente nelle sue parole e opere. 23 Quando poi si compiva per lui il tempo di quarant’anni, salì al suo cuore di visitare  di visitare i suoi fratelli i suoi fratelli i figli di Israele. 24 E vedendo uno maltrattato lo difese e fece vendetta all’oppresso percuotendo l’Egiziano. 25 Pensava poi che avrebbero capito i suoi fratelli che Dio per mano di lui dava a loro salvezza; essi invece non capirono. 26 Il giorno seguente apparve a loro che litigavano  e cercava di riconciliarli alla pace dicendo: Uomini, siete fratelli: perché maltrattate gli uni gli altri? 27 Ma l’oltraggiante il vicino lo allontanò avendo detto:  Chi ti ha posto capo e giudice su di noi? 28 Vuoi forse uccidere me nel modo in cui uccidesti ieri l’Egiziano? 29 Fuggì allora Mosè a questa parola  e divenne pellegrino in terra di Madian , dove generò due figli. 30 Ed essendosi compiuti quaranta anni apparve a lui in fiamma di fuoco di rovo. 31 Ora Mosè avendo visto si meravigliò della visione , avvicinandosi poi  lui per osservare ci fu una voce del Signore: 32 Io sono il Dio dei padri tuoi, il Dio di Abramo e di Isacco e Giacobbe. Tremante allora divenuto Mosè non osava osservare . 33 Disse poi il Signore: Sciogli il calzare dei tuoi piedi, infatti il luogo sul quale stai è terra santa. 34 Guardando vidi l’afflizione del mio popolo in Egitto e il loro gemito udii, e scesi per trarre  fuori loro; e ora va’ manderò te in Egitto. 35 Questo Mosè che rinnegarono dicendo: Chi te costituì capo e giudice? Questo Dio mandò sia capo che redentore per mano dell’angelo quello apparso a lui nel roveto. 36 Egli condusse fuori loro facendo meraviglie e segni in terra d’Egitto e nel Mare Rosso e nel deserto per quaranta anni. 37 Egli è il Mosè che disse ai figli d’Israele: Un profeta per voi susciterà Dio tra i vostri fratelli, uno come me. 38 Egli è colui che è stato nell’assemblea nel deserto con l’angelo che parlava a lui sul monte Sinai  e con i nostri padri, che ricevette parole viventida dare a noi, 39 al quale i nostri padri non vollero diventare ubbidienti, ma lo allontanarono e si volsero nei loro cuori all’Egitto., 40 dicendo ad Aronne: Fa’ a noi dèi che cammineranno avanti a noi, infatti questo Mosè, che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo cosa sia avvenuto a lui.
41 E fecero un vitello in quei giorni e offrirono un sacrificio all’idolo e si rallegravano per le opere delle loro mani. 42 Si ritirò allora Dio e li abbandonò ad adorare l’esercito del cielo come è scritto nel libro dei profeti: Forse vittime e sacrifici avete offerto a me per quaranta anni nel deserto, casa d’Israele?
43 E avete preso la tenda di Moloc e la stella del vostro Dio Refan, i simulacri che avete fatto per adorarli e vi trasferirò oltre Babilonia. 44 La  tenda della testimonianza era in possesso ai padri nostri nel deserto come ordinò colui che parlava A Mosè di farla secondo il modello che avete visto; 45 che anche introdussero avendola ricevuta in eredità i padri nostri con Goisuè nel possesso dei popoli, che Dio respinse davanti ai nostri padri fino ai giorni di Davide, 46 che trovò grazia davanti a Dio e chiese di trovare una tenda alla casa di Giacobbe. 47 Salomone poi edificò a lui una casa. 48 Ma non l’Altissimo in manufatti dimora, come dice il profeta: 49 Il cielo  per me è trono, la terra poi sgabello dei miei piedi; quale casa costruirete  a me dice il Signore, o quale il luogo del mio riposo? 50 Non la mia mano ha fatto tutte queste cose? 51 Duri di cervice e incirconcisi nei cuori e negli orecchi, voi sempre resistete allo Spirito Santo, come i vostri padri anche voi. 52 Quale dei profeti non perseguitarono i padri vostri? E uccisero quelli che avevano preannunciato la venuta del giusto, di cui ora voi foste consegnanti ed uccisori, 53 voi che riceveste la Legge per disposizione di angeli e non la custodiste. 54 Allora udendo queste cose erano pieni di sdegno nei suoi loro cuori e digrignavano i denti contro di lui. 55 Ma essendo pieno di Spirito Santo guardando fissamente verso il cielo vide la gloria di Dio e Gesù stante alla destra di Dio. 56 E disse: Ecco vedo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo stante a destra di Dio. 57 Allora gridando con voce grande chiusero le loro orecchie e si scagliarono insieme su lui 58 e avendolo gettato fuori della città lo lapidavano. E i testimoni deposero le loro vesti presso i piedi di un giovane chiamato Saulo, 59 e lapidavano Stefano che pregava e diceva: Signore Gesù, accogli il mio spirito. 60 Piegate poi le ginocchia gridò con grande voce: Signore, non imputare a loro questo peccato. E questo avendo detto morì.

 

 

 


                                         Atti 7
Disse poi il sommo sacerdote: Queste cose così hai?
Non c’è annuncio di Cristo Salvatore che possa sfuggire al confronto con coloro che sono in autorità presso gli uomini, a cominciare da quelli che rappresentano il potere religioso.
Un annuncio che chiama al pentimento e al ravvedimento trova nei capi religiosi un atteggiamento di netto rifiuto. Non importa innanzitutto quello che Stefano dice, ma il modo in cui dice.
L’invito alla conversione appare un’accusa, ciò che è dettato dall’amore è avvertito come dettato dall’odio e suscita odio.
Così il cuore ribelle risponde a colui che annuncia la salvezza che viene dal cielo.
Egli allora disse: Uomini fratelli e padri, ascoltate.
Alla durezza del cuore impenitente risponde la mitezza del discepolo che annuncia in carità e verità.
Non c’è uomo che non si possa dire fratello e padre. Fratello nei confronti dei suoi contemporanei padre per le generazioni future. Ciò che interessa ed è importante per un fratello lo è per tutti i fratelli, ciò che vale per un padre ha valore per tutti coloro che vogliono essere padri.
Stefano annuncia una salvezza che è per tutto il popolo, una salvezza che coinvolge le generazioni di ieri, di oggi, di domani. Parla come un fratello ad altri fratelli, come un padre per altri padri. Nessuno può tirarsi fuori e sentirsi escluso o esonerato dall’ascolto. La Parola annunciata interessa  la totalità del popolo di Dio in tutti i suoi membri. Non si giustifica se non in quanto chiama in causa  Israele sin dall’inizio e si pone in una continuità decisiva e conclusiva della sua storia. Una storia che è di salvezza, una salvezza operata dall’unico vero Dio, il Dio che si è manifestato non  tutti gli uomini ma a un popolo eletto.
Il Dio della gloria apparve al nostro padre Abramo essente in Mesopotamia prima di abitare egli in Carran 3 e disse a lui: esci dalla tu terra  e dalla tua parentela, e va’ alla terra che a te mostrerò.
La storia della salvezza comincia con un intervento di Dio. È sua iniziativa, non un costrutto della creatura. L’uomo è trovato inerte, incapace a ben operare, ma tuttavia disposto ad accogliere e a far propria l’opera del Signore. Non l’umanità tutta, ma un solo uomo. E questo solo uomo è posto come punto iniziale di riferimento sia per il Creatore sia per le creature della terra.
In Abramo e solo in Abramo è stata trovata una fede accetta a Dio, a Lui solo il Signore si è rivolto. Non ci può essere per Israele un’altra fede all’infuori di quella che ha trovato in Abramo il suo suggello divino, un substrato e un fondamento terreno  gradito ed eletto da Dio.
Rifletta Israele prima di giudicare e di condannare le parole di Stefano.
Il suo discorso non si comprende e non si giustifica se non all’interno dell’economia della salvezza. Non è altro dalla Parola di cui Israele è depositario.
Tutto parte e viene da Dio, non un  Dio qualsiasi, ma quello della gloria che è apparso al padre Abramo, quando ancora viveva fuori e lontano dalla terra promessa. Non è ancora il Dio che ha parlato, ma il Dio che si è manifestato in visione.
Nella visione è prevalente l’iniziativa di chi si fa vedere, sono dati i presupposti per un dialogo e per un ascolto.
Si attende una libera adesione dell’uomo e la sua obbedienza. 


4 Allora essendo uscito dalla terra dei Caldei dimorò in Carran.
L’uscire, l’andar fuori è l’atto della conversione, il suo segno visibile e tangibile, quello che dice che l’adesione alla chiamata del Signore. Non si riduce ad un semplice moto dell’anima, ad una suggestione della psiche ma trova il suo compimento in una obbedienza che investe la totalità della nostra esistenza nella totalità delle sue dimensioni.
Abramo esce dalla terra dei Caldei, ovvero dal mondo in cui viveva, dalla sua cultura dalla sua mentalità per andare verso una terra nuova benedetta e visitata dal Signore.
Non per una semplice gita turistica ma per prendere qui stabile dimora. Dimorò in Carran. Pose la sua dimora nella terra indicata , preparata voluta per lui dal Signore.
Certamente non poteva uscire dal mondo, ma mise il suo mondo in mani diverse perché fosse rivisitato dal Signore e fatto nuovo. Non seguendo le vie malsicure ed incerte del proprio io ma facendosi obbediente al Signore.
E di là dopo che era morto suo padre  Dio lo trasferì in questa terra in cui ora voi abitate,
La terra di Canaan è la terra che porta a quella promessa, non è l’ ultima e la definitiva ma segna il punto ed il momento del passaggio dalla terra fatta propria dall’uomo peccatore a quella donata da Dio all’uomo convertito a vita nuova.
Quando Dio chiama bisogna rompere con la vita vecchia anche se non sappiamo dove il Signore ci vuole portare e si deve stare in attesa del suo intervento. Non è certo dove Dio ci porterà, deve essere certa e sicura da parte nostra la rottura con il solito andazzo e l’uscita dalla realtà in cui  ci troviamo.
Spetta ad Abramo uscire dai Caldei e prendere dimora in un’altra terra.
Spetta a Dio trasferirlo in Canaan, nella terra promessa.
E questo dopo che è morto suo padre, ovvero sono rotti e finiti i legami con tutto ciò che viene dalla carne e dal sangue se pur ci appaiono  buoni e santi.
L’attaccamento alla famiglia è un impedimento per l’opera del Signore. Se pur il Signore non interviene drasticamente per richiamare ad un rapporto unico ed esclusivo con Lui, attende l’esito finale di ciò che è nato dalla carne e dal sangue, prima di prendere l’uomo come di peso per portarlo nella terra benedetta dal cielo.
5 e non diede a lui eredità in essa né passo di piede e promise di dare  essa in possesso e alla sua discendenza dopo di lui, non avendo lui un figlio.
L’eredità della terra promessa non è data  ad Abramo, neppure in minima parte, ma alla sua discendenza.
Abramo vive nella terra preparata per a Lui dal Signore, ma non può rivendicarne il possesso. È  riservato ad un altro. Alla sua discendenza ovvero a Colui che secondo la carne è nato dal seme di Lui. Non al figlio suo Isacco, e neppure a quelli che verranno dal suo sangue, ma a Colui che disceso dal cielo ha fatto propria la discendenza di Abramo.
6 Parlò poi così Dio: Sarà il suo seme straniero in terra straniera e renderanno schiavo lui e lo maltratteranno per anni quattrocento;
Prima della venuta di Colui che è erede delle promesse del Padre, il seme di Abramo vivrà straniero in terra straniera.
Non potrà sperare e farsi illusioni riguardo ad un rapporto di pacifica convivenza con il mondo. Sarà fatto schiavo e maltrattato per molti anni.


7 e il popolo a cui saranno schiavi giudicherò io, - Dio disse-
Ci liberi il Signore dalla tentazione di giudicare coloro che ci maltrattano e perseguitano.
A un altro spetta il giudizio e ben altro è il suo giudizio.

 

e dopo queste cose usciranno e adoreranno me in questo luogo.
Soltanto dopo aver rigettato il mondo ed essere stato rigettato dal mondo Israele potrà intraprendere sotto la guida di Dio un cammino che è purificazione del cuore ed approdo ad una adorazione benedetta dal Signore e a Lui accetta.

8 E diede a lui il patto della circoncisione; e così generò Isacco e lo circoncise il giorno ottavo e Isacco Giacobbe  e Giacobbe i dodici patriarchi .
La salvezza voluta ed operata da Dio non può essere portata a compimento senza il libero consenso dell’uomo.
Il Signore promette perché qualcuno accoglie la promessa. E non può essere revocata la promessa da parte di Dio né la sua adesione da parte dell’uomo ma è sigillata con il segno indelebile della circoncisione. In essa e per essa Dio si lega all’uomo e l’uomo a Dio.
La circoncisione ha valore per tutto il tempo della promessa. Allorchè la promessa è adempiuta cade ciò che è suo segno e prefigurazione.
Non sono figli di Dio quelli nati dalla carne e dal sangue, ma quelli nati dalla promessa e per la promessa fatta ad Abramo.
Per il patto della circoncisione e nel suo segno Abramo generò Isacco, Isacco Giacobbe e Giacobbe i dodici patriarchi.
9 E i patriarchi essendo gelosi di Giuseppe lo vendettero in  Egitto.
Non c’è storia della promessa in cui non si inserisca la debolezza, l’incertezza, il tradimento dell’uomo. Alla fine risalta ed è esaltato da Dio chi è fedele ed in virtù della propria fedeltà porta la salvezza agli altri. Più si va avanti più si fa chiara la figura del Cristo, adempimento di ogni promessa dal cielo.
Ed era Dio con lui 10
Non con tutti indistintamente, ma con Colui che è fatto simile al Cristo, di lui immagine e sua figura.  
e trasse fuori lui da tutte le sue  tribolazioni e diede a lui grazia e sapienza dinanzi al faraone re di Egitto e lo costituì capo  sull’Egitto e sulla sua casa intera.
Nel prediletto opera la potenza di Dio che libera da  ogni affanno e tribolazione, ricolma di ogni grazia e sapienza, scavalca ogni privilegio e prerogativa dei principi di questo mondo, è messo a capo di ogni creatura e di ogni nome in esse eccellente.
11 Giunse poi la fame sull’intero Egitto e Canaan e una grande tribolazione , e non trovavano cibo i padri nostri.
Nel momento della fame e della tribolazione che colpisce l’umanità tutta, non esclusi i figli della promessa, si rende sempre più chiara ed evidente la potenza salvifica di Colui che è  mandato dal cielo per salvare il suo popolo.
12 Avendo ora udito Giacobbe che c’erano alimenti in Egitto mandò i nostri padri una prima volta. 13 E la seconda fu riconosciuto Giuseppe dai suoi  fratelli e conosciuta divenne al faraone la stirpe di Giuseppe.
Il fratello respinto e tradito dai fratelli, fatto oggetto di violenza e di tradimento diventa strumento di salvezza. Non riconosciuto la prima volta, si renderà manifesto a tutti in un secondo tempo. Anche le genti di cui faraone è immagine conosceranno il suo amore per Israele.
14 Avendo mandato allora Giuseppe fece chiamare Giacobbe suo padre e tutta la parentela di anime settantacinque. 15 E scese Giacobbe in Egitto e morì lui e i padri nostri, 16 e trasportarono in Sichem e posero nel sepolcro che comperò Abramo a prezzo d’argento dai figli di Emmor in Sichem.
Giuseppe porta al compimento il suo mandato divino, allorchè attira a sé presso di sé tutta la comunità degli eletti, nessuno escluso. La discendenza di Giacobbe conosce un lungo periodo di esilio ma rimane col cuore nella terra della divina promessa. Qui è portato il corpo del defunto Giacobbe, nel sepolcro acquistato da Abramo.

17 Quando poi si avvicinava il tempo della promessa della quale pronunciò Dio ad Abramo crebbe il popolo e si moltiplicò in Egitto
La storia di Israele va nell’unica direzione che è avvento della promessa pronunciata da Dio ad Abramo.
Cresce il popolo di Dio, non solo di numero, ma anche nell’aspettativa dell’opera del Signore. Non in sé e per sé, in una terra propria e in una salvezza esclusiva, ma nel mondo e per la salvezza del mondo.

18 fino al tempo in cui sorse un altro re sull’Egitto che non conosceva Giuseppe.
Il rapporto col mondo e con coloro che sono principi di questo mondo, se all’inizio non conosce drammatico conflitto e scontro frontale si fa sempre più difficile e problematico.
Una salvezza promessa ad Israele in maniera non esclusiva, si fa sempre più esclusiva per l’ostilità e il rifiuto da parte di coloro che sono mondo e non si riconoscono in coloro che sono stati eletti da Dio.
9 Costui ingannando la nostra stirpe maltrattò i nostri padri per far sì che i neonati di essi esposti non sopravvivessero.
Una promessa fatta ai pochi che all’inizio vuol essere condivisa da tutti ed opera per il bene di tutti, conosce l’inganno  del Maligno. Il principe di questo mondo spinge con violenza i suoi figli contro i figli della promessa di Dio, per annientarli e per distruggere l’opera del Signore. Ma nessuna macchinazione del Diavolo può fermare l’opera di Dio, neppure la violenza estrema che cerca la soppressione e l’eliminazione fisica.

20 In quel tempo fu generato Mosè ed  era gradito a Dio; questo fu nutrito per tre mesi nella casa del padre; 21 essendo poi lui stato esposto lo raccolse la figlia di faraone e lo nutrì per sé come figlio.
L’opera di sterminio e di annientamento del popolo eletto messa in atto dal Diavolo trova un ostacolo insormontabile nella stessa volontà di Dio. Chi è gradito a Dio fin dalla sua generazione è posto fuori e sopra l’opera devastatrice ed assassina del Satana.
Benchè esposto ad un destino di morte, sfugge alla morte con un atto di riconciliazione che abbraccia gli stessi figli delle tenebre.
È infranto in virtù della figlia di faraone il muro di separazione eretto dal Satana che divide i figli della promessa dal resto dell’umanità. La promessa fatta ad Israele continua ad essere promessa per tutti gli uomini che accolgono il Figlio di Dio mandato dal cielo.

22 E fu educato Mosè in tutta la sapienza degli Egiziani, era poi potente nelle sue parole e opere.
Mosè mantiene viva nel mondo la figura del Cristo che deve venire. Eletto da Dio ed eletto dagli uomini, porta con sé ogni sapienza ed ogni potenza in parole e opere.

23 Quando poi si compiva per lui il tempo di quarant’anni, salì al suo cuore di visitare i figli di Israele.
Viene  il tempo opportuno quando il Figlio di Dio visita finalmente il proprio popolo per valutare e considerare quale condizione.
24 E vedendo uno maltrattato lo difese e fece vendetta all’oppresso percuotendo l’Egiziano.
Non c’è ingiustizia patita dagli eletti che non sia vista dal Salvatore.
È lui il difensore di Israele ,è Lui che fa il giudizio sui suoi nemici e su quelli che l’opprimono e lo percuotono.
25 Pensava poi che avrebbero capito i suoi fratelli che Dio per mano di lui dava a loro salvezza; essi invece non capirono.
Un intervento così premuroso e amoroso  attendeva un diversa accoglienza da parte di Israele. Gli Ebrei non compresero l’operare di un amore che porta a salvezza.
26 Il giorno seguente apparve a loro che litigavano  e cercava di riconciliarli alla pace dicendo: Uomini, siete fratelli: perché maltrattate gli uni gli altri?
Vittime della mancanza d’amore dei figli delle tenebre, essi stessi lasciarono spazio all’opera del Maligno. Non fu trovata in loro intelligenza di Colui che è amore e si comportarono alla pari dei loro oppressori. Oppressi, opprimevano  e non cercavano la pace che viene dal cielo per riconciliare tutti i cuori con Dio ed ognuno col proprio fratello.
27 Ma l’oltraggiante il vicino lo allontanò avendo detto:  Chi ti ha posto capo e giudice su di noi? 28 Vuoi forse uccidere me nel modo in cui uccidesti ieri l’Egiziano?
Quando il cuore è duro nessun intervento dettato dall’amore è accolto e viene allontanato chi è suo messaggero e suo ministro.
Non si accetta colui che è giudice giusto e santo di ogni uomo. Un giudizio che è dato per la vita viene respinto come dato per la morte. Chi subisce ingiustizia la compie a sua volta e non accetta intervento e richiamo alcuno che vengano da chi è posto in alto.
29 Fuggì allora Mosè a questa parola  e divenne pellegrino in terra di Madian , dove generò due figli.
Si allontana il Salvatore respinto da Israele e diventa pellegrino in un’altra terra, dove genera dei figli, non dal popolo eletto, ma da una donna straniera.
30 Ed essendosi compiuti quaranta anni apparve a lui nel deserto del monte Sinai un angelo in fiamma di fuoco di rovo.
Se il popolo eletto ha dimenticato il suo Signore, il Signore non si è dimenticato d’Israele. Appare a Mosè sul monte Sinai, in un luogo deserto dall’uomo e posto in alto vicino al cielo, non in una semplice luce, ma in una luce di fuoco ardente, come quello vivo che brucia un rovo.
31 Ora Mosè avendo visto si meravigliò della visione , avvicinandosi poi  lui per osservare ci fu una voce del Signore:
Non c’è visione che viene dal cielo che non susciti stupore e meraviglia. Ma non bisogna prendere la cosa alla leggera, bisogna avvicinarsi per osservare meglio e comprendere. Una visione senza parola oltre a suscitare lo stupore nulla dice di per sé. Quando viene da Dio e porta verso Dio è accompagnata dalla Sua parola. Non è una voce dell’uomo quella che parla, è la voce di Dio. Questo il carattere distintivo di ogni visione che è data dal cielo.

32 Io sono il Dio dei padri tuoi, il Dio di Abramo e di Isacco e Giacobbe.
La Parola di Dio chiede il silenzio e l’ascolto dell’uomo. Non è una Parola qualsiasi ma una Parola diversa, una Parola già udita ed ascoltata sulla terra da coloro che hanno creduto nel Cristo Figlio di Dio. Non c’è altro Dio che parli all’uomo se non quello che si è manifestato ad Abramo e alla sua discendenza.
Questi dobbiamo ascoltare, a questi dobbiamo obbedire.
Tremante allora divenuto Mosè non osava osservare.
Quando Dio parla in visione l’uomo si fa tremante e timoroso.
Riesce a portare la Parola che viene dal cielo, non la sua visione.
Non è ancora tempo di vedere la Parola: l’uomo non è all’altezza di una simile visione, ma finalmente è dato udire la  voce di Dio non semplicemente nell’interiorità del proprio io, ma nell’esteriorità di ogni io. Da realtà soggettiva, la voce di Dio si fa realtà oggettiva, resa manifesta a un uomo per la salvezza di un intero popolo.

33 Disse poi il Signore: Sciogli il calzare dei tuoi piedi, infatti il luogo sul quale stai è terra santa.
La parola che si manifesta come voce di Dio ha carattere imperativo, non dice semplicemente, comanda, perché si pone come guida e luce dell’uomo. Non si può camminare in una terra santa con calzari costruiti dalla mano dell’uomo. Bisogna andare e prima ancora presentarsi e stare davanti a Dio, nella nudità del proprio essere creato, senza nulla nascondere e proteggere.
34 Guardando vidi l’afflizione del mio popolo in Egitto e il loro gemito udii, e scesi per trarre  fuori loro;
Lo sguardo amoroso di Dio che scruta ed accompagna la primitiva creazione si fa vivo a Mosè ribadendo a viva voce un amore provvidenziale per i suoi figli che mai è venuto meno.
Nessun intervento di Dio riguardo all’uomo è giustificato dallo stesso Dio se non quello che è risposta ad una supplica e a una invocazione di aiuto. Quando l’uomo non ce la fa più a portare il peso del suo peccato ed innalza al cielo la sua supplica, Dio scende sulla terra ed entra nel suo mondo per tirarlo fuori.
e ora va’ manderò te in Egitto.
Non lo fa innanzitutto mandando il proprio figlio, ma uomini che operano ad immagine del Figlio suo, da Lui agiti, da Lui colmati di grazia per la salvezza del popolo suo.

35 Questo Mosè che rinnegarono dicendo: Chi te costituì capo e giudice? Questo Dio mandò sia capo che redentore per mano dell’angelo quello apparso a lui nel roveto.
È prefigurato in Mosè il rinnegamento di Cristo da parte del suo popolo ed è ribadita la redenzione operata dallo stesso Cristo.
Lui è stato costituito da Dio capo del corpo dei redenti che è la sua Chiesa, lui è sommo giudice di ogni uomo. Non c’è salvezza dal potere del Maligno se non in Lui e per Lui.

36 Egli condusse fuori loro facendo meraviglie e segni in terra d’Egitto e nel Mare Rosso e nel deserto per quaranta anni.
È Gesù che ha condotto fuori dal carcere coloro che erano prigionieri del Satana. Ha operato per loro meraviglie e segni potenti in mezzo agli uomini. Li ha guidati attraverso il Mare Rosso, figura delle potenze invincibili del Male. Li ha portati a salvezza facendo loro percorrere per il tempo di una intera generazione le vie di un deserto dove nulla si può cercare e trovare all’infuori del Dio Salvatore.
37 Egli è il Mosè che disse ai figli d’Israele: Un profeta per voi susciterà Dio tra i vostri fratelli, uno come me.
La storia della salvezza di Israele parte da Cristo e riconduce all’unico Cristo. Cristo ha operato e parlato in Mosè.
38 Egli è colui che è stato nell’assemblea nel deserto con l’angelo che parlava a lui sul monte Sinai  e con i nostri padri, che ricevette parole viventi da dare a noi, 39 al quale i nostri padri non vollero diventare ubbidienti, ma lo allontanarono e si volsero nei loro cuori all’Egitto, 40 dicendo ad Aronne: Fa’ a noi dèi che cammineranno avanti a noi, infatti questo Mosè, che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo cosa sia avvenuto a lui.
Tutto quello che è avvenuto e accaduto in Mosè e per Mosè è accaduto anche in Cristo ed in virtù del Cristo.
È Cristo che vede il Padre faccia a faccia, che parla con Lui, che ha ricevuto parole di vita da donare a noi. A Cristo è dovuta l’obbedienza del popolo eletto.
41 E fecero un vitello in quei giorni e offrirono un sacrificio all’idolo e si rallegravano per le opere delle loro mani. 42 Si ritirò allora Dio e li abbandonò ad adorare l’esercito del cielo come è scritto nel libro dei profeti: Forse vittime e sacrifici avete offerto a me per quaranta anni nel deserto, casa d’Israele?
Non accada oggi ad Israele quello che accadde ai suoi padri.
Di inseguire gli dei delle genti dopo aver conosciuto il Salvatore mandato dal cielo. Di sperimentare l’abbandono ed il ripudio da parte di Dio, di offrire a Dio sacrifici vani e non graditi.
43 E avete preso la tenda di Moloc e la stella del vostro Dio Refan, i simulacri che avete fatto per adorarli e vi trasferirò oltre Babilonia. 44 La  tenda della testimonianza era in possesso ai padri nostri nel deserto come ordinò colui che parlava a Mosè di farla secondo il modello che avete visto; 45 che anche introdussero avendola ricevuta in eredità i padri nostri con Giosuè nel possesso dei popoli, che Dio respinse davanti ai nostri padri fino ai giorni di Davide,

Israele ha già conosciuto i frutti nefasti del rinnegamento del Signore. È  caduto nell’idolatria degli dei delle genti e ancor più altri idoli ha creato di propria mano. Ha attirato su di sé l’ira di Dio ed ha conosciuto l’umiliazione della deportazione in un paese lontano oltre Babilonia.
E tutto questo nonostante i numerosi doni e i segni di predilezione divina. Ai padri fu dato in possesso la tenda della testimonianza, costruita conforme alla volontà divina manifestata a Mosè. Diventata eredità del popolo santo l’Arca fu introdotta nella terra strappata ai popoli dalla mano potente di Dio fino al tempo di Davide.
46 che trovò grazia davanti a Dio e chiese alla casa di Giacobbe di trovare una tenda. 47 Salomone poi edificò a lui una casa. 48 Ma l’Altissimo non dimora in manufatti, come dice il profeta:
Con Davide nacque e si affermò il proposito di costruire un tabernacolo per il Signore. Salomone gli edificò poi una casa:omaggio a Dio molto grande e molto bello ma  Israele dimenticò che l’Altissimo non dimora in manufatti, come dice il profeta:
49 Il cielo  per me è trono, la terra poi sgabello dei miei piedi; quale casa costruirete  a me dice il Signore, o quale il luogo del mio riposo? 50 Non ha fatto tutte queste cose la mia mano?
Nessuno spazio né in cielo né in terra può contenere Dio, ma tutto è a Lui sottomesso, perché tutto da Lui è stato creato.
Quale la conclusione di una storia così grande e così bella che ha visto tanti segni dal cielo e continui e ripetuti interventi della mano del Signore?
51 Duri di cervice e incirconcisi nei cuori e negli orecchi, voi sempre resistete allo Spirito Santo, come i vostri padri anche voi.
Israele si è dimostrato duro di testa, incapace di comprendere le opere del Signore, e peggio ancora il suo cuore non è stato trovato puro né le sue orecchie aperte e sgombre per l’ascolto. C’è nel popolo eletto una resistenza allo Spirito Santo che perdura nel tempo ed è trovata anche dopo la venuta del Salvatore.
52 Quale dei profeti non perseguitarono i padri vostri? E uccisero quelli che avevano preannunciato la venuta del giusto, di cui ora voi foste consegnanti ed uccisori, 53 voi che riceveste la Legge per disposizione di angeli e non la custodiste.
Quale profeta non  perseguitarono i vostri padri? Peggio ancora hanno ucciso quelli che hanno preannunciato la venuta dell’unico giusto, quel Cristo che  avete consegnato e ucciso.
Proprio voi che avete ricevuto per disposizione di angeli  la Legge  e non l’avete custodita nei vostri cuori.

54 Allora udendo queste cose erano pieni di sdegno nei  loro cuori e digrignavano i denti contro di lui.
Un richiamo molto forte al pentimento e al ravvedimento sortisce l’effetto opposto: suscita una reazione di sdegno. Il cuore è ormai fatto duro e i nemici di Cristo digrignano i denti contro chi è suo apostolo per sbranarlo.
55 Ma essendo pieno di Spirito Santo guardando fissamente verso il cielo vide la gloria di Dio e Gesù stante alla destra di Dio.
Se da una parte stanno cuori pieni di sdegno, dall’altra c’è un uomo pieno di Spirito Santo, gli uni guardano alla terra e digrignano i denti contro, l’altro ha lo sguardo fisso verso il cielo e dà lode al Signore.
Chi è cieco non vede oltre la miopia degli occhi terreni, chi ha posto la sua fede in Cristo Gesù vede la gloria di Dio e Gesù che sta alla Sua destra.
56 E disse: Ecco vedo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo stante a destra di Dio.
Non può tenere nascoste le meraviglie del Padre chi vede i cieli aperti e Gesù che sta in eterno alla destra di Dio.
57 Allora gridando con voce grande chiusero le loro orecchie e si scagliarono insieme su lui
Al grido di gioia di Stefano fa seguito il grido di sdegno degli increduli che chiudono le loro orecchie per non sentire e si scagliano tutti insieme come belve su una preda indifesa.
58 e avendolo gettato fuori della città lo lapidavano.
Come Cristo così anche il suo discepolo. Non è degno di morire nella città santa chi ha parlato contro la fede di Israele.
Chi è presuntuoso di giustizia non solo non accoglie chi chiama a pentimento, ma si fa suo accusatore e carnefice, in maniera repentina e sommaria.
Non c’è neppure bisogno di istruire un processo, si passa subito all’esecuzione.
E i testimoni deposero le loro vesti
Chi sono questi testimoni e di che cosa sono testimoni non è detto e neppure quale necessità di deporre le vesti.
Testimoni di un processo giusto o semplicemente di una condanna ingiusta? Depongono le vesti materiali, per denudare il loro corpo o quelle spirituali per mettere a nudo un cuore pieno di malvagità?
presso i piedi di un giovane chiamato Saulo,
Particolare curioso che nulla può dire e tutto vuol dire. Perché sarà proprio questo Saulo, che raccoglierà e vedrà con i propri occhi tutta la malvagità di questi cuori, messisi a nudo per uccidere Cristo.
59 e lapidavano Stefano che pregava e diceva: Signore Gesù, accogli il mio spirito.
Stupisce l’uso dell’imperfetto al posto del passato. Sta a significare un’azione non compiuta una volta per sempre ma il persistere in una volontà omicida. Chi rigetta Cristo permane nell’odio verso di Lui, chi lo ha accolto permane nello Spirito di preghiera, invocando lo Spirito del Signore.
60 Piegate poi le ginocchia gridò con grande voce: Signore, non imputare a loro questo peccato. E questo avendo detto morì.
Una invocazione di perdono dal cielo per i propri carnefici allorchè esce da un  cuore sincero non  può esprimersi se non a grande voce. Il sacrificio di ogni santo fa proprio l’unico vero sacrificio che è quello del Cristo per il perdono e la remissione di ogni peccato.

Da e con don Divo Barsotti,  riflessioni  ( da Meditazione sugli Atti degli apostoli – edizioni san Paolo )
 “L’ordinarsi di tutta la Sacra Scrittura, della storia dell’Antico Testamento a nostro Signore, è il criterio che ci suggerisce il discorso di Stefano. Egli sa che i capi del sinedrio conoscono la storia d’Israele, ed è proprio perché la conoscono, che egli la ripete e la racconta ordinandola direttamente all’avvenimento ultimo: il Giusto che è stato condannato e ucciso da loro. Le ultime parole del discorso di Stefano ci illuminano. Appare così chiaro ora cosa volesse dire tutta la storia di Israele; è un cammino che non trova mèta e riposo finché non giunge al Giusto in cui le promesse di Dio veramente si compiono.
A lui Dio darà in retaggio la terra che aveva promesso ad Abramo o piuttosto alla sua discendenza. Di Lui fa figura Giuseppe venduto dai propri fratelli, ma costituito poi capo della nazione. Ma soprattutto Lui annunciò il grande Mosè per cui mezzo, Dio offrì la salvezza al suo popolo e fu Mosè stesso che predisse: Dio vi farà sorgere un profeta tra i vostri fratelli, al pari di me ( Atti 7,37, cf. Deut. 18,15 )…
Il discorso è soltanto di accusa verso coloro per cui si ripete la storia d’Israele e continuano a rifiutare l’inviato di Dio, non accolgono i suoi messaggeri e opprimono il Giusto.
In ultima analisi è solo di Gesù che egli parla, e lo avvertono bene i capi del sinedrio.
La storia di Abramo, la storia di Giuseppe, la storia di Mosè ora si illumina tutta nella luce degli avvenimenti ultimi. Le antiche figure divengono via via più trasparenti da Abramo a Giuseppe, a Mosè. Si può dire perfino, per la figura di Mosè, che non solo egli trasparisca in modo evidente il Cristo, ma sia la storia del Cristo ad avere prestato alcuni suoi connotati alla storia di colui cui Stefano dà addirittura quel titolo di salvatore, che il giudaismo non aveva mai osato di applicare all’antico suo condottiero … Il contenuto dell’Antico Testamento è l’annuncio del Cristo venturo, quasi l’Antico Testamento non avesse neppure un suo contenuto proprio; il senso di quella storia è la verità che si è compiuta sotto i loro occhi. Per questo Stefano, dopo aver fortemente insistito sulla protervia del popolo, che respinge Mosè, lo rinnega, non gli obbedisce, ma lo rigetta, per cui Dio stesso volta la faccia e abbandona il popolo all’idolatria., riassume in breve tutta la storia posteriore di Israele e sembra quasi vedere nella costruzione del tempio la continuazione della disobbedienza di Israele nel deserto. Sorvola il dono della terra, il regno di Davide. Il culto del tempio, più fortemente che negli antichi profeti, che in Amos, che tuttavia viene citato, sembra espressione solo di infedeltà.
L’adempimento delle promesse nel Cristo è anche la conferma dell’indurimento d’Israele nei riguardi di Dio …
Vi è solo una continuità fra il popolo e il giudaismo: Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori…
La visione del disegno di Dio termina nel discorso di Stefano con il ripudio di Israele come popolo di Dio.
Ripudiata la nazione, ripudiato il tempio, che cosa rimane? Stefano non parla della resurrezione di Cristo. Sembra non rimanere che la Comunità di coloro che hanno creduto. Il Nuovo tempio non manufatto sembra non dover essere più che la Comunità stessa che ha ricevuto lo Spirito.
I giudei duri di cervice, incirconcisi di cuore continuano a resistere alla Spirito Santo;mentre al contrario, Stefano nel suo discorso profetico vuol provare l’inabitazione di Dio nel cuore dei credenti.
La Comunità è il tempio di Dio. È questo il tempio non fatto dalla mano dell’uomo, ma dalla forza dello Spirito Santo.
Non ripudiando nulla dei valori dell’ebraismo, Stefano vuole che esso riconosca come la Storia sacra d’Israele abbia il suo senso in quanto termina nell’avvenimento ultimo, il Cristo. E Stefano sostituisce già al tempio di Gerusalemme la Comunità dei credenti.
La figura di Stefano
Ogni santo nel confronto con gli altri santi ha una sua originalità inconfondibile, ma ciascuno di essi non è che il segno di una presenza unica che è il Cristo: non esiste che Cristo, non vive che Lui, Lui solo la vita, Lui solo la salvezza, Lui il fondamento dell’essere.
Stefano è veramente l’immagine di Gesù: per lui si ripete lo stesso processo, in lui vive la stessa testimonianza.
Queste pagine degli Atti sembrano in verità ricalcare il processo di Cristo, dall’inizio alla fine.
Questa l’unica differenza di fondo, fra questa pagina degli Atti e la narrazione della passione di Gesù: la passione di Stefano è già tutta illuminata dalla luce della resurrezione. La morte non è più separata dalla resurrezione, la passione e la gloria del Cristo si fanno presenti in un solo avvenimento. Stefano vive insieme la passione e la gloria.
Nella sua passione Gesù è come un verme, non ha aspetto d’uomo, e grida: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Gesù non vede il Padre, almeno l narrazione della sua morte non dice nulla al riguardo; anzi, sembra che gli evangelisti vogliano sottolineare come nella sua umanità Egli abbia vissuto l’esperienza di una estrema derelizione…
Ma Stefano proprio nella misura in cui viene oltraggiato e offeso, lapidato e ucciso, proprio nel medesimo tempo è investito dalla gloria del Cristo. Egli vive la gloria di una sua comunione con Dio: Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio ( 7,56 )…
La differenza fra il martire e  Gesù è tutta a beneficio del martire, perché egli vede il paradiso già prima di morire: nella misura in cui egli è nel Cristo e vive la sua morte, partecipa anche alla sua resurrezione, vive la vita eterna.
 

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