Il libro di preghiera della Bibbia

Il libro di preghiera della Bibbia
Dietrich Bonhoeffer
                                                                      Queriniana
Frammenti con note di Cristoforo
“Signore insegnaci a pregare”. Così i discepoli dicevano a Gesù, riconoscendo in tal modo di non saper pregare con le proprie forze.
Niente è più significativo ed indicativo di un cuore aperto al Signore della preghiera.
Non si può amare una persona e non sentire il desiderio di rivolgergli la propria parola e di ascoltare la sua. Non c’è sintonia e comunione vera fra i due quando la parola che è detta non ritrova se stessa nella parola che è ascoltata e viceversa. I momenti di silenzio rappresentano  momenti di crisi che vanno rimossi al più presto, prima che rendano la lingua incapace di parlare e l’orecchio incapace di ascoltare. Quando tutto fila liscio, la parola scorre veloce e pronta, quasi per moto proprio, e ci si può anche illudere che dire la parola ed ascoltare la parola, non solo sia immensamente bello, ma anche incredibilmente facile. Ma non è così. Ben presto tutto si complica e la parola non esce più in maniera spontanea ed immediata, ma per ritrovare se stessa deve cercare e scoprire il proprio fondamento divino.
Senza Gesù non c’è nessun vero dialogo: non tra creatura e creatura, ancor meno tra creatura e Creatore.  Tutto è illusione ed inganno.
Può essere che il cuore umano che si sente tradito e non compreso dalle creature si rifugi in un dialogo esclusivo col Creatore, pensando che in questo modo tutto sia più semplice e più vero.
Perché di persone che rivolgono in Alto la loro preghiera in determinate occasioni e per le più svariate ragioni ce ne sono tante. Lo spirito di preghiera non è esclusivo della fede in Cristo, ma accompagna l’umanità dai suoi albori. Possiamo dire che è qualcosa di strutturale all’uomo, perché l’uomo è fatto per dire la parola e per ascoltare la parola.
Ma una domanda innanzitutto? Una preghiera vale l’altra? Qualsiasi parlare ad un qualsiasi dio può definirsi preghiera a Dio? La preghiera è quantificabile nel tempo e per un tempo o deve ritrovare una dimensione diversa? 
E’ nota la polemica di Gesù con i farisei che facevano lunghe orazioni. Gesù non li rimprovera per la mancanza di preghiera, ma per una preghiera sbagliata. Un prolungamento nel tempo della propria preghiera non conferisce ad essa maggior efficacia, al contrario può rappresentare un impedimento ed un intralcio nel cammino verso la conversione.
La domanda che gli apostoli pongono a Gesù, “Signore insegnaci a pregare”, non manifesta affatto l’assenza in loro di qualsiasi forma e volontà di preghiera.  Vi è qualcosa di più e di diverso. Alla sequela di Gesù hanno finalmente compreso che si può pregare anche in maniera infondata ed ingannevole. Quando non si sa e non si comprende, a chi rivolgersi se non all’unico vero maestro?
Essi avevano necessità di imparare. Imparare a pregare: l’espressione ci suona contradditoria. Infatti ci sembra che il cuore o sarà così traboccante da iniziare da solo a pregare, o non imparerà mai. Ma è un pericoloso errore, oggi in effetti molto diffuso nella cristianità, quello di ritenere che il cuore sia naturalmente portato a pregare. Scambiamo la preghiera con i desideri, le speranze, i sospiri i lamenti, la gioia; tutte cose queste che il cuore sa esprimere per conto suo. Ma così scambiamo la terra con il cielo, l’uomo con Dio. Pregare non significa semplicemente dare sfogo al proprio cuore, ma significa procedere nel cammino verso Dio e parlare con lui, sia che il nostro cuore sia traboccante oppure vuoto. Ma per trovare questa strada non bastano le risorse umane ed è necessario Gesù Cristo.
I discepoli vogliono pregare, ma non sanno farlo. Può diventare un grande tormento il voler parlare con Dio senza sapere come, l’esser costretti al mutismo davanti a lui, il rendersi conto che l’eco di ogni nostra invocazione resta confinato all’interno del nostro io, che il cuore e la bocca parlano una lingua stravolta, cui Dio non vuole prestare ascolto.
In questa penosa situazione ricorriamo ad uomini che possono aiutarci, che sappiano qualcosa della preghiera. Se uno che sa pregare ci coinvolgesse, ci consentisse di partecipare alla sua preghiera, ne avremmo un aiuto! Certamente qui possono aiutarci molto quei cristiani che hanno già percorso molta strada, ma solo per mezzo di Colui che deve aiutare anche loro ed al quale essi ci indirizzeranno, se sono autentici maestri di preghiera, cioè per mezzo di Gesù Cristo. Se Egli ci coinvolge nella sua preghiera, se ci consente di pregare con lui, se ci fa percorrere in sua compagnia il cammino verso Dio e ci insegna a pregare, allora saremo liberati dal tormento dell’impossibilità di pregare. Ed è questo che Gesù Cristo vuole. Vuol pregare con noi; noi partecipiamo alla sua preghiera e perciò possiamo avere la certezza e la gioia che Dio ci presterà ascolto. E’ corretta la nostra preghiera se tutta la nostra volontà, tutto il nostro cuore fa tutt’uno con la preghiera di Cristo. Solo in Gesù Cristo possiamo pregare, e con Lui saremo esauditi anche noi. Dunque è necessario che impariamo a pregare. Il bambino impara a parlare in quanto il padre gli parla. Impara la lingua del padre. Allo stesso modo impariamo a parlare con Dio, in quanto Dio ci ha parlato e ci parla. Sulla base del linguaggio del Padre celeste i figli imparano a parlare con lui. Nel ripetere le parole stesse di Dio, noi iniziamo a pregarlo. Non dobbiamo parlare a Dio, né egli vuol ascoltare da noi il linguaggio alterato e corrotto del nostro cuore, ma il linguaggio chiaro e puro che Dio ha rivolto a noi in Gesù Cristo.
Il linguaggio di Dio in Gesù Cristo lo incontriamo nella Sacra Scrittura…
Ora nella sacra Scrittura c’è un libro che si distingue da tutti gli altri per il fatto di contenere solo preghiere. E’ il libro dei Salmi. A un primo sguardo è molto sorprendente trovare nella Bibbia un libro di preghiera. Infatti la Sacra Scrittura è Parola di Dio a noi, mentre le preghiere sono parole umane. Come mai entrano nella Bibbia? Non lasciamoci trarre in inganno: la Bibbia è parola di Dio anche nei salmi. Ma allora le preghiere a Dio sono Parola di Dio? E’ qualcosa che ci sembra difficilmente comprensibile. Se ci pensiamo, l’unica cosa che possiamo capire è che solo da Gesù si può imparare a pregare nel modo giusto, che in lui siamo in presenza della Parola del Figlio di Dio,vivente in mezzo agli uomini, che si rivolge al Padre, che vive nell’eternità.
Gesù Cristo ha portato al cospetto di Dio ogni miseria, ogni gioia, ogni gratitudine ed ogni speranza degli uomini. Sulle sue labbra la parola umana diventa Parola di Dio, e nel nostro partecipare alla sua preghiera la parola di Dio si fa a sua volta parola umana. Così tutte le preghiere della Bibbia sono preghiere in cui noi partecipiamo alla preghiera di Gesù Cristo, in cui egli ci coinvolge, portandoci al cospetto di Dio; altrimenti non sono le preghiere giuste, perché possiamo pregare solo in e con Gesù Cristo.
Se la preghiera ha valore ed è efficace solo in Cristo e per Cristo allora quale importanza possiamo attribuire all’immediatezza ed alla sincerità del chiedere, quale peso alle necessità ed ai bisogni che avvertiamo così forti e prepotenti nel nostro cuore?
Nella preghiera non dobbiamo piegare Dio alla nostra volontà, ma dare il libero assenso alla Sua.
Anche nella preghiera dunque deve esprimersi la nostra volontà continua di conversione al Signore ed al suo eterno progetto d’amore. Perché “sia fatta la tua  volontà” e non la nostra, così come  ci insegna Gesù stesso nel Padre nostro. La preghiera è dunque molto di più del  semplice impegno del dire a Dio. È atto e volontà di conversione perennemente rinnovata e rinnovantesi nella rinuncia a chiedere ciò che noi riteniamo buono per lasciare parlare in noi e per noi Colui che  è unicamente buono.
L’autenticità della preghiera non ha nulla a che vedere con la sua dimensione emotiva. Certo ogni preghiera ha un suo stato d’animo, ma questo non è l’essenza della preghiera, suo fondamento o presupposto, semplicemente fa da corona o corollario al nostro abbandono nelle mani di Dio.
Si prega male, non quando si procede a stento e con fatica, ma quando non si chiede ciò che è conforme alla volontà del Signore. “Lo Spirito stesso viene incontro alla nostra debolezza, perché noi non sappiamo cosa chiedere”, ma quale parola lo Spirito può mettere sulla nostra bocca se non l’eterno Logos, da Lui stesso generato in concorso col Padre?
Allorchè ci rivolgiamo al Padre nostro che è nei cieli, diamo alla parola il giusto indirizzo; l’abbandono all’azione dello Spirito Santo è garanzia di un  vero recapito; l’invocazione in Cristo e per Cristo ci dà la certezza di essere esauditi. Bisogna pregare il Padre, attraverso lo Spirito Santo, con la Parola.
Se partiamo da questo presupposto, se vogliamo leggere e pregare le preghiere della Bibbia, ed in particolare i salmi, non dobbiamo cominciare col chiederci che riferimento essi abbiano a noi, ma che riferimento abbiano a Gesù Cristo… Non ha  nessuna importanza che i salmi esprimano proprio il sentimento presente nel nostro cuore. Forse è addirittura necessario pregare opponendoci al nostro cuore, se vogliamo pregare bene. L’importante non è ciò che risponde al nostro volere, ma ciò che Dio vuole sia detto nella nostra invocazione…
Se dunque la Bibbia contiene anche un libro di preghiera, questo ci insegna che la Parola di Dio non è solo quella che Dio ci dice, ma anche quella che egli vuol udire da noi, in quanto Parola del Figlio che Egli ama. E’ grazia di grande rilievo il fatto che Dio ci dica come poter parlare e comunicare con Lui. Questo ci è consentito in quanto preghiamo nel nome di Gesù Cristo…
Alla richiesta dei discepoli Gesù ha corrisposto insegnando il Padre nostro. In esso è contenuta ogni preghiera. Ciò che rientra nelle richieste del Padre nostro è corretto, ciò che non vi rientra non è preghiera. Ogni preghiera della Sacra Scrittura è ricapitolata nel Padre nostro, nella sua infinita capacità di comprenderle tutte. Le altre preghiere dunque non vengono rese superflue dal Padre nostro, ma ne esplicitano l’inesauribile ricchezza, così come il Padre nostro ne costituisce il culmine e l’unità.
Dice Lutero circa il salterio: “ Il salterio si richiama al Padre nostro e il Padre nostro al salterio, in modo tale che si può benissimo interpretare l’uno in base all’altro e stabilire felicemente la reciproca concordanza”. E’ la preghiera della comunità di Gesù Cristo, rientra nel Padre nostro.
Nel salterio la preghiera di ognuno diventa la preghiera di tutti.
Non c’è vera comunione dei cuori se non quando si invoca Dio Padre con l’unica Parola che esce dalla bocca del Figlio. Quando si dicono parole diverse, non c’è possibilità di intesa e neppure si cresce in unità. Quando ci si rivolge a Dio Padre con l’Unica parola, diventiamo un cuor solo ed un’anima sola. E’ la caparra e l’anticipazione dell’eterna comunione di tutti i fratelli in virtù del primogenito dei fratelli: Cristo Gesù, Figlio di Dio.
Fin dai suoi primordi la chiesa prega con i salmi, perché riconosce in essi la potenza e la grazia che ci sono date attraverso la Parola.
Il rosario con le sue 150 Ave Maria, non può essere l’alternativa alla recitazione dei 150 Salmi. E’ un prodotto della chiesa che nasce in un tempo in cui i cristiani non hanno più l’originaria familiarità con la Bibbia. La recita del rosario può stare soltanto insieme ed accanto alla proclamazione dei salmi. Finchè ci sarà chiesa i salmi saranno la sua preghiera per eccellenza, non per volontà dell’uomo, ma per volontà di Dio.
I salmi vengono  attribuiti dalla tradizione ebraica al re Davide. Nel salmo 72,20 si parla di tutti i salmi precedenti come di “preghiere di Davide”.
Sono preghiere destinate alla recitazione individuale, ma sono anche inni per la proclamazione corale. I salmi erano cantati per lo più a cori alterni, con accompagnamento musicale.
“Vi si adattava in modo specifico anche la forma del versetto, per cui le due parti che lo compongono sono così strettamente collegate tra di loro, che esprimono in parole diverse più o meno lo stesso pensiero. E’ il cosiddetto parallelismo degli emistichi, forma non casuale, ma avente lo scopo di non fare interrompere la preghiera ed inoltre di favorire la dimensione collettiva di questa”… Nella chiesa antica non era inconsueto sapere a memoria tutto Davide. .. Un padre della Chiesa, Girolamo, racconta che ai suoi tempi si sentivano cantare i salmi nei campi e nei giardini. Il salterio riempiva la vita della giovane cristianità. Ma più importante di tutto ciò è il fatto che Gesù è morto sulla croce con le parole dei salmi. Una comunità cristiana perde un tesoro incomparabile se non ricorre al salterio, mentre scopre in sé una forza insospettata, quando lo ritrova”.

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