Istruzione sui salmi da Ilario di Poitiers

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Ilario da Poitiers
Commento ai Salmi – Città Nuova Editrice
Frammenti
Istruzione sui salmi
Sappiamo bene che molti hanno opinioni differenti sul libro dei Salmi, dagli scritti stessi che ci hanno lasciato. Difatti alcuni tra gli Ebrei vogliono che essi siano divisi in cinque libri, in modo che fino al salmo quarantesimo formerebbero il libro primo, dal quarantesimo al settantunesimo il libro secondo, fino all’ottantesimo il libro terzo, fino al centocinquesimo il libro quarto, e il motivo sarebbe che tutti questi salmi recano nella conclusione l’espressione: Sia fatto, sia fatto; infine il libro quinto si concluderebbe con il salmo centocinquantesimo. Altri poi hanno pensato che essi dovrebbero portare il titolo ”Salmi di Davide”, e con ciò vogliono intendere che tutti i salmi siano stati composti da Davide. Ma noi, seguendo l’autorità degli Apostoli, li chiamiamo e scriviamo “libro dei Salmi”. Ricordiamo che negli Atti degli apostoli si dice: “E’ scritto infatti nel libro dei Salmi: “La sua dimora diventi deserta, e il suo incarico lo prenda un altro”. Perciò non bisogna parlare né di cinque libri secondo alcuni ebrei, né dei Salmi di Davide, secondo l’ingenuità di molti; li si conosca piuttosto come “libro dei Salmi”, secondo l’autorità degli apostoli.
Molti sono gli scrittori di questi salmi. Ad alcuni infatti si premette come autore Davide, ad altri Salomone, ad altri Asaf, ad altri Iduthun, ad altri i figli di Core, a qualcuno Mosè. Sarebbe certamente assurdo chiamarli “Salmi di Davide”, dal momento che nei titoli stessi sono menzionati i loro autori. Si parli più esattamente di “libro dei Salmi”, in quanto furono raccolte in un solo volume profezie differenti, di epoche e autori diversi. È sembrato poi ad alcuni che nelle intestazioni di qualche salmo siano premessi i nomi di Geremia, Aggeo, Zaccaria, mentre nei libri autentici dei Settanta traduttori nulla di ciò si trova riportato. Così pure in moltissimi codici latini e greci si presentano semplicemente i titoli dei salmi, senza alcun riferimento a questi nomi. Per quei salmi che si trovano senza i nomi degli autori nelle diverse intestazioni, c’è la seguente tradizione degli antichi: a partire da quel salmo nel cui titolo è posto il nome dell’ autore, bisogna attribuire a lui tutti i salmi che seguono senza alcuna indicazione di autore, fino a quel salmo in cui si fa il nome di un autore diverso. Così, se nell’intestazione di un salmo si trova salmo di Davide, quelli che seguono senza titolo si riterranno di Davide, finchè non comparirà nell’intestazione il nome di un altro autore; da questo e fino al salmo in cui si fa il nome di un altro profeta, tutti i salmi intermedi, privi di titolo, si devono attribuire a colui che nel titolo del salmo precedente si è incominciato a riportare come autore…
Non c’è dubbio che le cose dette nei salmi sono da intendersi secondo l’annuncio evangelico, in modo che, con la voce di qualunque persona lo spirito profetico abbia parlato, tutto sia riferito in ogni caso alla conoscenza della venuta del Signore nostro Gesù Cristo – incarnazione, passione e regno- e alla gloria e potenza della nostra resurrezione. Tutte le profezie sono chiuse e sigillate per l’intelligenza e la sapienza del mondo… tutte le parole sono intessute di significati allegorici e metaforici, per mezzo dei quali si rende manifesto ogni mistero che riguarda il Figlio unigenito di Dio, presente in un corpo: la nascita, la passione, la morte, la risurrezione, il regno eterno e il giudizio che egli condividerà con quanti saranno stati glorificati insieme con lui, perché avranno creduto in Lui… Nessuno fornirà la chiave di questa comprensione, se non colui nel quale tali cose sono state profetizzate e compiute…
“E vidi nella mano destra di colui che era seduto sul trono un libro scritto all’interno e all’esterno, sigillato con sette sigilli; e vidi un altro angelo forte, che proclamava a gran voce: chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli? Nessuno, né in cielo, né in terra, né sottoterra, poté aprire il libro e leggerlo. E io piangevo perché non si era trovato nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo. Uno dei vegliardi mi disse: Non piangere. Ecco ha vinto il leone della tribù di Giuda, il germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli” ( Ap. 5, 1-5 )…
La stessa cosa ha attestato il Signore dopo la resurrezione, dicendo: “Poiché è necessario che si compiano in me tutte le cose scritte nella legge di Mosè, nei Profeti, nei Salmi” ( Lc. 24,44 )
Da queste realtà quindi ogni libro profetico rimane chiuso e sigillato; ma se si crederà a quanto si è realizzato per mezzo di lui, saranno aperte e svelate tutte le verità ivi chiuse e sigillate…
La profezia è stata fatta con quello strumento chiamato in greco “salterio”, in ebraico “nabla”, che è il più diritto di tutti gli strumenti musicali, non ha nulla di irregolare e ricurvo, e non è mosso dal basso per emettere il suono di un accordo musicale. È invece uno strumento diritto, senza piegatura o curvatura, disposto nella forma del corpo del Signore; strumento toccato dall’alto e messo in movimento per cantare una dottrina superiore e celeste, non echeggiante di un soffio basso e terreno, come gli altri strumenti della terra…
Non bisogna ignorare che presso gli Ebrei i salmi erano in numero indistinto ed erano riportati per iscritto senza indicazione di ordine. Non erano allora contrassegnati come primo, secondo, terzo, cinquantesimo, o centesimo, ma erano mescolati senza alcuna distinzione, né di ordine né di numero. Esdra infatti, come riferiscono le tradizioni antiche, trovandoli disordinati e dispersi in una varietà di autori e di epoche li raccolse e trascrisse in un unico volume. Ma i Settanta anziani, addetti nella Sinagoga, alla custodia della Legge e alla dottrina, secondo la tradizione di Mosè, dopo aver ricevuto l’incarico dal re Tolomeo di tradurre il testo dell’intera Legge dall’ebraico in greco, penetrando i significati dei salmi con una scienza spirituale e celeste, assegnarono ad essi un ordine e un numero; servendosi dei singoli numeri perfetti a seconda della loro proprietà ed eccellenza, fissarono l’ordine di quelli perfetti e significativi…
Il motivo per cui la legge dell’Antico Testamento è divisa in ventidue libri è che tale numero corrisponde alle lettere dell’alfabeto. Secondo le tradizioni degli antichi, essi si calcolano in questo modo: Mosè comprende cinque libri, Giosuè il sesto, i Giudici e Rut il settimo, il primo e il secondo dei Regni formano il nono, i due dei Paralipomeni costituiscono il decimo, i discorsi dei giorni di Esdra l’undicesimo, il libro dei Salmi il dodicesimo; i Proverbi di Salomone, l’Ecclesiaste, il Cantico dei Cantici formano il tredicesimo, il quattordicesimo, e il quindicesimo, l’insieme dei dodici Profeti il sedicesimo; vengono poi Isaia, Geremia, unito con le Lamentazioni e la Lettera; Daniele, Ezechiele, Giobbe ed Ester completano a loro volta il numero dei ventidue. Ad alcuni è sembrato opportuno, aggiungendo Tobia e Giuditta, contare ventiquattro libri secondo il numero delle lettere dell’alfabeto greco, accogliendo anche i suggerimenti della lingua romana che sta in mezzo tra Ebrei e Greci; difatti soprattutto in queste tre lingue vengono annunciati il mistero della volontà di Dio e l’attesa del regno beato. Di qui il fatto che Pilato ordinò di scrivere in queste tre lingue che il Signore Gesù Cristo è il re dei Giudei. Sebbene molti popoli barbari siano pervenuti alla conoscenza di Dio seguendo la predicazione degli apostoli e la fede delle Chiese che oggi colà permangono, l’insegnamento del Vangelo tuttavia si fermò in modo speciale nell’Impero romano, sotto il quale sono compresi Ebrei e Greci… oltre ai salmi che sono contrassegnati dai nomi degli autori o dalle indicazioni relative a cause ed epoche, ce ne sono altri il cui titolo è “per la fine”; altri ancora che recano soltanto “salmo del cantico o cantico del salmo”. Devono pur esserci dei motivi diversi per intestazioni diverse… fine è ciò di cui tutte le altre cose sono causa; esso poi non funge da causa a nient’altro. Tutto infatti è per il fine, e al di là di esso non c’è altro. Si tende verso il fine, e con esso si arriva al termine. Così il fine è la perfezione delle cose antecedenti e, senza protendersi verso qualcos’altro, è in sé piena realizzazione di se stesso. Perciò i salmi che portano l’iscrizione “per la fine” dovranno essere intesi come originati dalla speranza e dagli insegnamenti perfetti ed assoluti dei beni eterni. Verso i loro contenuti si proietta il cammino della nostra fede, e in essi, senza possibilità di maturazione ulteriore, trova riposo come nel suo fine, quello della beatitudine desiderata e raggiunta…
Nelle arti musicali la varietà delle funzioni e dei generi è la seguente: si ha il salmo quando, cessando la voce, si ode soltanto il tocco dell’organo che suona; il cantico quando il coro dei cantori, in piena libertà e senza essere vincolato all’accordo con l’organo, esulta nell’inno della sola voce armoniosa. Si ha poi il cantico del salmo quando si ode la voce del coro che canta seguendo ed emulando l’organo che ha già iniziato a suonare , e imita i ritmi del salterio con le modulazioni della voce. Si ha invece il salmo del cantico  quando l’abilità dell’organo che suona  si mette in armonia con le voci dell’inno che già si innalza, e il salterio si accorda con pari dolcezza alle loro modulazioni che lo precedono. A questi quattro generi di arte musicale sono state adattate le intestazioni corrispondenti ai singoli salmi. Dai significati dei salmi e dalla varietà della teoria musicale emerge il motivo di ciascuna intestazione…
Questa quadruplice varietà dell’arte musicale è adattata alla diversa natura dei salmi: il salmo consiste nella menzione delle opere compiute mediante i movimenti dello strumento che è il corpo; nel cantico invece si trova la scienza dell’insegnamento tramite la conoscenza della sapienza. Si ha poi il cantico del salmo quando al merito previo delle opere è offerta la conoscenza della sapienza; si ha invece il salmo del cantico, quando, per mezzo della conoscenza già raggiunta della sapienza, si iniziano e si compiono le opere della fede. Attraverso queste proprietà delle intestazioni si dovrà ricercare l’intelligenza dei salmi, perché nei titoli propri di ciascun genere di profezia si adatta un corrispondente genere di confronto musicale. Occorrerà poi intendere che quei salmi che si trovano senza un titolo di qualche significato, come il primo, il secondo e molti altri, sono stati cantati, secondo l’insegnamento dello Spirito Santo, per la conoscenza spirituale della sapienza in generale, in modo che ciascuno potesse cercare in essi una forma di intelligenza spirituale, seguendo la sincerità della propria fede…
Occorre sapere che il “diapsalma”, interposto in moltissimi salmi, indica che sta iniziando un mutamento o di persona o di senso, sotto la forma di un mutamento del ritmo musicale. Così quando interverrà un diapsalma, bisognerà intendere che o si dice qualcosa di diverso, o è un altro a parlare, oppure si canta con un’altra modulazione musicale.
Bisogna garantire un discernimento accurato e ponderato nella esposizione di ciascun salmo, per arrivare a conoscere con quale chiave aprire la comprensione propria di ciascun salmo, per arrivare a conoscere con quale chiave aprire la comprensione propria di ciascuno di essi. Difatti l’intero libro dei Salmi è simile a una bella e grande città, con molte e svariate case, le cui porte si chiudono con chiavi appropriate e diverse tra di loro. Queste, se ammucchiate e confuse, presentano grandissima difficoltà a chi vuole aprire ciascuna casa, ignorando la chiave corrispondente. La persona esperta sceglie subito la chiave ben nota in quella massa varia e confusa; l’inesperto, invece, si affanna molto a trovare la chiave adatta e corrispondente per aprire le singole porte, perché la forma e la configurazione delle chiavi non permettono di adattare le chiavi appropriate a serrature diverse. Perciò, noi che abbiamo l’intenzione di trovare la chiave per comprendere ogni salmo secondo la misericordia del Signore, apriamo subito l’accesso a questo primo salmo con la sua chiave giusta.

Nota aggiunta
Dalla lettera a Marcella di Girolamo
Alcuni hanno pensato che diapsalma indichi una variazione di metro, altri una pausa per prendere fiato, altri ancora l’inizio di un nuovo argomento. Vi sono pure alcuni che lo credono una interpunzione nel ritmo, e poiché in quel tempo i Salmi venivano cantati con accompagnamento di strumenti, lo pensano una variante di tonalità musicale. Nessuna di queste interpretazioni mi sembra buona. Aquila infatti, che spiega sempre scrupolosamente le parole ebraiche, ha tradotto sela, cioè diapsalma ( che si scrive con samech, tamed, he), con sempre.
Effettivamente troviamo scritto diapsalma anche alla fine dei Salmi, come succede nel Salmo 3. “Hai spezzato i denti ai malvagi; dal Signore viene la salvezza e la tua benedizione è sul tuo popolo, sela, cioè sempre. Così nel Salmo 23: “Chi è questo Re glorioso? Il Signore degli eserciti, è lui il Re della gloria, sempre.
Al contrario, in salmi anche di molti versetti non si trova affatto, come nei salmi, 36, 77 e 118. il salmo 9 invece è indicato canto di diapsalma. Ora se diapsalma – come alcuni pensano – indica una pausa, è ovvio che non può esistere un canto del silenzio.
Dopo quanto ho detto, possiamo notare che questo vocabolo congiunge le considerazioni superiori alle inferiori, o certamente vuole indicarci che quanto è stato detto è eterno, come ad esempio nel Salmo 3: “Molti dicono della mia anima che non c’è più scampo per lei nel suo Dio, sempre; e ancora: “ Con la mia voce mi sono rivolto al Signore e lui mi ha esaudito dal suo monte santo, sempre; e nel salmo 4: “ Perché amate la vanità e cercate di mentire sempre?”; e in un altro passo: “Di quanto dite in cuor vostro, dovete poi pentirvene sui vostri giacigli, sempre.
Devi sapere, peraltro, che gli Ebrei alla fine dei libri aggiungono usualmente una di queste tre parole con le quali concludono: o amen, o sela, o salom – che significa pace ( tant’è vero che Salomone significa pacifico). Proprio come noi usiamo interporre al termine di qualche scritto “fine” o “buona fortuna” o formule simili, per distinguerli da un diverso argomento che deve seguire; così gli Ebrei: o confermano lo scritto precedente dicendo amen, oppure rammentano che quanto è stato scritto è per sempre, usando sela, o ancora si compiacciono di aver terminato, notando alla fine pace.