cap1

  • Stampa

                           
                                         Cap. 1
Paolo, chiamato inviato di Cristo Gesù per volontà di Dio, e Sostene il fratello, 2 alla assemblea di Dio che è in Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati santi, con tutti gli invocanti il nome del Signore nostro Gesù Cristo in ogni luogo, di loro e di noi; 3 grazia a voi e pace da Dio nostro padre e Signore Gesù Cristo. 4 Rendo grazie al mio Dio sempre per voi, per la grazia di Dio data a voi in Cristo Gesù, 5 poiché in ogni cosa foste arricchiti in lui, in ogni parola e in ogni scienza, 6 come la testimonianza di Cristo fu salda in voi, 7 così che non mancate in nessun carisma aspettanti intensamente la rivelazione del Signore nostro Gesù Cristo; 8 che anche renderà saldi voi fino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. 9 Fedele è Dio, a causa del quale foste chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, il Signore nostro. 10 Esorto poi voi, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, affinchè la stessa cosa diciate tutti e non ci siano fra voi divisioni, siate invece tendenti alla perfezione, nello stesso pensiero e nello stesso parere. 11 Fu fatto sapere infatti a me riguardo a voi,  fratelli miei, da quelli di Cloe che contese ci sono fra voi. 12 Dico poi questo perchè ciascuno di voi dice: io però sono di Paolo; io di Apollo; io invece di Cefa; io invece di Cristo. 13 E’ stato diviso il Cristo? Non Paolo è stato crocifisso per voi, o in nome di Paolo siete stati battezzati? 14 Rendo grazie a Dio che nessuno di voi ho battezzato se non Crispo e Gaio, 15 affinchè qualcuno non dica che in mio nome siete stati battezzati. 16 Ho battezzato ma anche la casa di Stefana, del resto non so se qualcun altro ho battezzato. 17 Infatti non ha inviato me Cristo a battezzare, ma ad annunciare la buona notizia, non con sapienza di parola, perché non sia svuotata la croce di Cristo. 18 Infatti la parola della croce per i rovinanti se stessi è stoltezza, ma per i salvati, per noi, è potenza di Dio. 19 E’ scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei saggi e l’intelligenza degli intelligenti toglierò. 20 Dov’è il sapiente? Dov’è lo scriba, dov’è il dottore sottile dell’epoca questa? Non ha reso stolta Dio la sapienza del mondo? 21 Dal momento che infatti nella sapienza di Dio il mondo non ha conosciuto Dio per mezzo della sapienza, piacque a Dio per mezzo della stoltezza della predicazione di salvare i credenti; 22 poiché e i Giudei segni chiedono e i Greci la sapienza cercano, 23 noi invece annunciamo Cristo crocifisso, per i Giudei difatti inciampo, per i gentili poi stoltezza, 24 per coloro invece per i chiamati, Giudei sia anche Greci, Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio; 25 perché la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini. 26 Guardate infatti la vostra chiamata, fratelli, poiché non molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. 27 Ma le cose stolte del mondo ha scelto Dio, per confondere i sapienti, e le cose deboli del mondo ha scelto Dio, per confondere le forti, 23 e le cose ignobili del mondo e le disprezzate ha scelto Dio, le non essenti cose, per le essenti distruggere, 29 perché non si glori ogni carne davanti a Dio. 30 Da lui ora voi siete in Cristo Gesù, che è diventato sapienza per noi da Dio, giustizia e anche santificazione e redenzione, perché come è scritto: Chi si gloria, nel Signore si glori.

 

 

 

“Paolo, chiamato inviato di Cristo Gesù per volontà di Dio, e Sostene il fratello,” 
Non c’è uomo, rinato in Cristo che non porti due nomi, uno datogli dalla terra in quanto creato dalla terra, uno datogli dal cielo in quanto creato per il cielo. Nel nome datoci dal cielo è la nostra vocazione, e nell’obbedienza a questa vocazione è il fine della nostra vita. Iddio conosce e chiama i suoi figli per nome: non il nome che ci conviene come peccatori, ma il nome che ci conviene in quanto chiamati a vita nuova in Cristo e per Cristo. Il  nome, che indica la realtà più profonda del nostro essere, non ci qualifica semplicemente per quel che siamo, ma per quel che siamo chiamati ad essere, in virtù di un eterno progetto d’amore e di redenzione che Dio vuol compiere e rendere in noi attuale. Se gli uomini ci chiamano per quel che siamo, Dio ci chiama per quel che dobbiamo essere, non conformi ad una nostra volontà, ma conformi alla sua volontà. Non ci può essere alcun discorso riguardo alla fede in Cristo senza questa necessaria premessa: altro è il nome con cui siamo chiamati sulla terra, altro è il nome con cui siamo chiamati in cielo. L’uomo vecchio deve essere rifatto in Cristo e non si può rinascere in Cristo se non facendo la Sua volontà e non la nostra.
“Paolo chiamato, apostolo ( inviato ) di Gesù Cristo, non in virtù dell’uomo,  ma per volontà di Dio”.
Non ci può essere esordio più provocante ed irritante per coloro che non credono. Non a questi a cui Paolo si associa, ma, al fratello Sostene.
E non scrive a chiunque, ma “2 alla assemblea di Dio che è in Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati santi,”
Non c’è e non  potrebbe esserci in Paolo la preoccupazione per un annuncio rivolto a tutti indiscriminatamente. Se la salvezza è offerta all’intera umanità, l’annuncio di Cristo Salvatore è soltanto per coloro che hanno volontà di ascolto. Paolo non scrive al singolo né ai singoli, se non in quanto trovati e fattisi trovare nell’assemblea di Dio. La Chiesa è assemblea  convocata da Dio, luogo privilegiato per l’ascolto. Chi cerca la verità,  cerca anche la comunione con tutti coloro che hanno lo stesso sentire e la stessa volontà riguardo a Dio. La chiesa è cattolica, cioè universale, ma trova espressione concreta nelle varie comunità locali. A queste Paolo si rivolge per riportare tutti ed ognuno a quella unità e concordia nel sentire e nel pensare che  è sigillo distintivo della nostra appartenenza all’unico Dio. Assemblea di Dio che è in Corinto, non in quanto Chiesa di Corinto, ma semplicemente comunità che si riunisce e si ritrova in Corinto.
Sbagliano coloro che si rifanno all’annuncio di Paolo per giustificare una diversità ed una necessaria divisione tra le varie comunità locali. Non è possibile essere compresenti a tutti con l’annuncio della Parola,  (allora molto meno di adesso ), nondimeno si deve riportare tutti i credenti ad un’unica fede nell’unico Salvatore.
“con tutti gli invocanti il nome del Signore nostro Gesù Cristo in ogni luogo, di loro e di noi;”
Paolo rettifica e chiarisce subito il senso e l’importanza di un saluto. Ciò che ha valore per la comunità di Corinto ha valore per tutti coloro che invocano in ogni luogo il nome di Cristo Salvatore. Il saluto ai pochi è parte di un annuncio che è per tutti, e solo nell’annuncio fatto a tutti Paolo si rivolge a quelli di Corinto.
“Ai santificati in Cristo Gesù, chiamati santi”. La santificazione è già data ed operata in virtù di Cristo. L’annuncio del Vangelo è potenza di risurrezione semplicemente in quanto porta a conoscenza del singolo  ciò che non è semplicemente fatto in virtù di una nostra scelta, ma  dato in virtù di ciò che è già stato operato dal Cristo. In Lui noi tutti siamo già stati santificati, cioè fatti santi. Chiamati santi, non in terra, ma in cielo, dove la salvezza non conosce i tempi dell’operare umano, ma solo i tempi dell’operare di Dio, che in Cristo e per Cristo ha già salvato l’umanità. Non basta essere chiamati santi. Se un nome ci è stato dato, dobbiamo farlo nostro in virtù di una nostra libera scelta.
“3 grazia a voi e pace da Dio nostro padre e Signore Gesù Cristo.”
Sia attuale, efficace, operante in tutti voi la grazia donata da Dio che è nostro Padre e dal Figlio suo, nostro Signore Gesù Cristo. Non è vera grazia portata dal cielo, se non quella che ci fa entrare in una pace diversa, non fondata sulle vane speranze dell’uomo, ma nell’obbedienza alla volontà di Dio.
Dal tempo dell’uomo, siamo subito proiettati nel tempo di Dio, dove la grazia non ha misura e la pace dura per sempre.
“4 Rendo grazie al mio Dio sempre per voi,”
Quale la risposta prima all’opera di salvezza del Cristo? Il rendimento di grazie a Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo. Non a un Dio qualunque, invenzione dell’uomo, ma all’unico Dio storicamente trovato da coloro che cercano la Verità. Paolo vuol essere chiaro a costo di apparire presuntuoso. Non ad un qualsiasi Dio  rende grazie, ma al suo, cioè a Colui che si è fatto conoscere nella sua vita, come l’unico, il diverso, l’esclusivo: il Dio già rivelatosi in Antico ad Israele ed ora manifestatosi come Salvatore in Cristo Gesù.
È un ringraziamento senza soluzione di continuità, “ sempre per voi” perché non soggetto a pentimento o ravvedimento alcuno. Non lo si può mettere in discussione neppure in parte. Non c’è in Paolo alcun dialogo con la varie religioni, ma semplicemente la proclamazione, alta, solenne, indiscutibile del nome di Gesù Cristo, unico Salvatore.
L’Apostolo non è un personaggio molto conciliante: lo richiede la serietà del discorso e l’annuncio di una salvezza che viene dal solo Figlio di Dio.
Tutto il resto è vaniloquio ed inganno: non interessa a Paolo e neppure vuole che altri cristiani siano rivolti ad altro.
“per la grazia di Dio data a voi in Cristo Gesù,”
Non c’è vera e fondata grazia se non quella che viene dal cielo ed è data in Cristo Gesù.
“5 poiché in ogni cosa foste arricchiti in lui, in ogni parola e in ogni scienza,”
I doni che ci vengono dal Salvatore nostro sono in una misura sovrabbondante: non c’è bisogno di altro e soprattutto non ci si deve rivolgere ad altri. Dono è tutto ciò che è dato e fa parte della  vita: potremmo fare un lungo elenco di doni ricevuti dal cielo. Interessa innanzitutto ciò che è dato in più ed oltre quello che fonda l’uomo nella sua immediatezza naturale. Quello che abbiamo perso in Adamo in parola e scienza, ci è ora restituito in misura maggiore in Cristo. Non si può parlare propriamente di sapienza, senza esplicito riferimento alla parola e alla conoscenza.
Parola e conoscenza manifestano non semplicemente il nostro essere, ma anche ciò che vogliamo e possiamo essere, in virtù di un cammino di crescita spirituale che è dato solo dalla fede in Cristo.
Ma bisogna avere le idee chiare al riguardo e non lasciarsi ingannare dal Satana, che vuol  riportare le tenebre là dove Gesù ha portato la luce.
“6 come la testimonianza di Cristo fu salda in voi,”
Dobbiamo restare saldamente attaccati alla testimonianza che ci viene dal Cristo, per alcuni in maniera diretta ( gli apostoli ), per i più per interposta persona. Bisogna essere perseveranti in una fede che non è richiamo continuo ad un nostro progetto di bene o a una volontà che procede in maniera autonoma, ma adesione piena in cuore, mente e forze, a ciò che abbiamo ascoltato e visto riguardo al Verbo della vita.
“7 così che non mancate in nessun carisma”
In Cristo non manchiamo di nessun dono di grazia. La comunità che è Chiesa porta in sé e con sé la totalità dei doni di Dio. È pienamente autonoma e autosufficiente in tutto ciò che è necessario per avere la vita eterna. Paolo non specifica quali doni: vuol semplicemente premettere che la Chiesa che è in Corinto non deve attingere diversamente ed altrove i doni di salvezza, se non mettendo in luce e valorizzando nella giusta maniera ciò che è già dato.
Un discorso certamente settario, non rispetto alla Chiesa universale, ma rispetto ad ogni altra e diversa fonte di parola e di conoscenza.
Chi si pone nell’ottica di dover arrivare a tutti ad ogni costo, inglobando nel discorso cristiano mentalità, culture, e soprattutto religioni e rivelazioni diverse, va in una direzione opposta rispetto a quella scelta da Paolo.
Vi è una sola verità ed ha nome di Cristo: vi è un’unica Rivelazione ed è quella storicamente caduta in Israele.
“aspettanti intensamente la rivelazione del Signore nostro Gesù Cristo;”
Se da un lato vi è una Rivelazione già compiuta e già data, dall’altro vi è l’uomo che deve farla propria attraverso una fede che procede da conoscenza a conoscenza. La rivelazione non ha valore ed importanza se non per l’uomo che la cerca e la desidera con tutto il cuore, facendo di essa l’unica, vera , grande aspettativa della propria vita.
La predicazione apostolica è efficace soltanto per chi ha orecchi di ascolto. A questi Paolo si rivolge, non a tutti gli abitanti di Corinto, ma a quelli in Corinto che si sono già appropriati dell’opera di Cristo, in virtù di un desiderio intenso e di una volontà tenace che non vuol arrivare alla  fine della vita senza aver prima raggiunto il suo fine.
“8 che anche renderà saldi voi fino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo.”
La Rivelazione non solo fa entrare in una novità di vita, ma segna l’inizio di un cammino di crescita spirituale in cui l’uomo diventa sempre più saldamente fondato nella sua fede in Cristo. Irreprensibile nel giorno del Signore Gesù Cristo, cioè trovato senza la macchia di quel peccato contro lo Spirito Santo che non può essere perdonato, neppure in extremis.
“9 Fedele è Dio, a causa del quale foste chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, il Signore nostro.”
Chi garantisce per noi una fede salda ed irreprensibile nel giorno del giudizio? Non l’uomo qualunque, ma l’uomo che porta il nome di Gesù Cristo. Se noi siamo infedeli, fedele è Dio. Colui che ha intrapreso in noi la sua opera di salvezza la porterà a compimento. È Dio che ci ha chiamati alla comunione del Figlio suo e non verrà meno all’adempimento pieno della promessa già fatta in Antico. Attenti dunque, chi è in comunione col Cristo deve vivere la stessa ed unica comunione con tutti coloro che si dicono di Cristo.
 “10 Esorto poi voi, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, affinchè la stessa cosa diciate tutti e non ci siano fra voi divisioni,”
Chi vuol valorizzare e giustificare a tutti i costi qualsiasi diversità trovata nella Chiesa sarebbe da Paolo  stroncato in maniera pronta e decisa.
Non c’è vera comunione in Cristo se non c’è un medesimo modo di pensare e di sentire le cose di Dio. Uno solo è lo Spirito che è detto Santo,  uno solo è l’amore che viene dal cielo, uno solo il linguaggio di Cristo crocifisso.
La divisioni sono sempre un grande male e manifestano una comunione sbagliata, fondata sul malinteso e sull’inganno reciproco.
Certamente tutto può sembrare più facile, più vero, più appagante quando poco si parla, poco si conosce, poco si vuol approfondire. Ma allorchè si cerca una maturità ed una perfezione, l’inganno e l’errore saltano fuori e si danno una voce. Paolo non  sta esortando ad un pacifismo a tutti i costi, giustificato dalla supremazia dell’amore. Non ci può essere  vera comunione di cuori se non in un amore che ha fatto propria quella Verità che ha nome di Cristo.
E non è di Cristo, in verità, se non colui che tende  a quella perfezione che è da Lui donata e che è sigillo di autentica appartenenza.
“siate invece tendenti alla perfezione,”
Se non può essere trovata nella creatura la perfezione che è nel Creatore, ad essa perfezione dobbiamo tuttavia tendere, aspirare ed agognare con la totalità del nostro essere.
Non c’è spazio per una filosofia del “vogliamoci tutti bene” che ignora, o semplicemente minimizza la nostra vocazione ad essere in Cristo perfetti, come è perfetto il Padre nostro che è nei cieli.
“nello stesso pensiero e nello stesso parere.”
Il discorso di Paolo va preso molto sul serio. Se noi siamo  larghi di manica nel giustificare ogni pensiero e peggio ancora nell’accettare ogni parere riguardo a Cristo, l’Apostolo non è proprio d’accordo.
In Cristo non siamo semplicemente un cuore solo, ma anche un’anima sola, cioè aventi tutti lo stesso pensare e lo stesso opinare.
Se non è così, viviamo nell’inganno e nella falsità. Non può reggere una Chiesa in cui nell’uno non si vedono e non si trovano i molti e nei molti l’uno solo.
“11 Fu fatto sapere infatti a me riguardo a voi, di me fratelli, da quelli di Cloe che contese ci sono fra voi.”
Le contese nella Chiesa non si possono passare sotto silenzio e tanto meno devono essere ignorate da chi è posto come sentinella. Ci sono contese che sono portate dal peccato d’origine, che tuttavia non infrangono l’unità in Cristo. Benché tendiamo alla perfezione, il peccato riaffiora continuamente in noi, anche nei rapporti con i fratelli di fede. Ma è una malvagità perdonata dal Cristo, che va a Lui confessata perché si prenda cura di noi tutti. Non è questo il peccato di cui parla Paolo, quel peccato che si manifesta in maniera sporadica, nonostante la nostra vita sia già avviata verso la salvezza. Paolo parla di un peccato non semplicemente occasionale ed accidentale, ma fondamentale in quanto intacca il fondamento della nostra fede in Cristo Gesù. Vi è diversità di doni e una diversità di peccati, ma vi è una sola fede in Cristo Salvatore. Una sola è la fede che salva che unico è il Cristo. La nostra conversione a Cristo è adesione  e sequela del Figlio di Dio: non a un’idea ma a una persona.  Si può dare lo stesso nome ad ideali diversi, per una malintesa comunione di cuori e di pensieri.
Non si può fare a metà o a pezzi la fede in un Dio personale senza con ciò vanificare la sua realtà sostanziale. Cristo è uno ed indiviso per tutti coloro che credono nel suo nome.
“12 Dico poi questo perchè ciascuno di voi dice: io però sono di Paolo; io di Apollo; io invece di Cefa; io invece di Cristo. 13 è stato diviso il Cristo?”
Primo grande problema che deve affrontare una Chiesa nascente e non solo quella? Il Cristo è conosciuto, avvertito, sentito e vissuto dai credenti non come è realmente, ma conforme all’annuncio che ne è stato fatto , in maniera distinta e diversa, in relazione a questo o quel  messaggero.
Il discorso è molto serio e chiama in causa non semplicemente chi è evangelizzato, ma ancora prima chi evangelizza.
L’apostolo deve annunciare Cristo secondo verità, come il Figlio di Dio, l’eterno unigenito.  I suoi attributi, i suoi titoli, la sua opera non sono invenzione del singolo, ma manifestazione di Dio stesso nella storia dell’uomo. L’annuncio del Vangelo, in quanto parola rivelata in un tempo, fa tutt’uno con la Parola rivelata in altri tempi. Abbraccia l’arco di tempo dell’intera Rivelazione. È la sua naturale conclusione ed il necessario epilogo.
Va supportata non dalla parola personale, ma dalla citazione e proclamazione della Parola già data in Israele, in una sorta di continuità omogenea, in cui i molti di un popolo si riconoscono nell’Uno che si manifesta e l’Uno che si manifesta crea una sola comunione di cuori e di menti.
Perché non ci intendiamo nella Chiesa e perché nascono e si affermano le sette? Perché si esce dall’ambito proprio della Rivelazione. E si esce fuori quando l’annuncio smarrisce la sua centralità, non semplicemente riguardo alla persona di Dio, ma riguardo alla sua opera.
“Non Paolo è stato crocifisso per voi, o in nome di Paolo siete stati battezzati?”
La nostra fede in Cristo è innanzitutto fede in un Dio crocifisso. Uno solo è il Dio che si è fatto crocifiggere per la nostra salvezza e non esiste Verità ed  Amore eterno all’infuori di un discorso di croce.
Non si annuncia Cristo crocifisso se non in quanto con lui crocifissi, morti e resuscitati a vita nuova. Il discorso della crocifissione che è morte, va subito collegato al discorso di un bagno salutare nell’acqua del battesimo che è morte e resurrezione in Cristo nello stesso tempo.
Vi è un solo battesimo di salvezza ed è nel nome di Colui che per noi unicamente è stato crocifisso. Ci possono essere apostoli di Cristo diversi, ma unico è il Salvatore nostro Gesù Cristo.
Il discorso di Paolo non è di poco conto, ma vuol affrontare la centralità della nostra fede che è solo in Gesù e per Gesù.
Ma qui evidentemente si pone un problema che non è semplicemente di identificazione e di chiarificazione riguardo al Nome, ma di conoscenza di un Nome che è diverso da qualsiasi altro Nome.
La nostra fede non è semplicemente riguardo a un nome esclusivo, ma ad un mistero di morte e di resurrezione che è Unico.
Quando perdiamo il senso della nostra vocazione ad essere crocifissi in Cristo e con Cristo, smarriamo il senso della nostra salvezza. Ed è veramente significativo il fatto che molto si dica, molto si faccia e costruisca in nome di Cristo, minimizzando o addirittura ignorando l’ accettazione della sua croce.
Vi sono gruppi ed interi movimenti cristiani che si identificano nel loro fondatore; di questi ricalcano e riportano la dottrina e l’insegnamento fino all’ossessione. Ma quando mai si parla di Cristo crocifisso? Quando mai si citano le Sacre Scritture per chiarire e confermare i credenti in ciò che propriamente riguarda il  rapporto con la croce che è salvezza? È poi un caso o semplicemente un fatto culturale che riflette la modernità  e l’attualità di una fede, pregare incessantemente ignorando le parole dei Salmi? E cosa dicono i Salmi se non la nostra morte e resurrezione in Colui che è morto e risorto per noi? E che senso ha un certo culto mariano, oggi assai di moda, che si rivolge a Maria per chiedere quelle grazie di guarigione psicofisica che non sono accettazione della croce, ma giustificato allontanamento da essa, nel nome della Madre di Dio?
Una Madre di Dio che opera in senso inverso a quello del Figlio suo Salvatore nostro, è prodotto del Maligno, un angelo da Lui mandato in terra, avente le sembianze del Bene, ma portante con sé morte eterna.
“14 rendo grazie a Dio che nessuno di voi ho battezzato se non Crispo e Gaio, 15 affinchè qualcuno non dica che in mio nome siete stati battezzati.”
Un autentico apostolo di Cristo è sempre un prudente amministratore dei suoi Sacramenti. Se falsa ed infondata è la nostra fede nel Salvatore mandato dal cielo, è persa l’efficacia del Sacramento e di ogni sacramento di salvezza. Anche il rito, il segno, la parola cristianamente più significativi diventano di per sé strumenti inefficaci, vasi vuoti che non portano salvezza.
Chi pensa di contare i cristiani dal numero dei battesimi e delle comunioni domenicali è un ingenuo e un illuso. Molto meglio rafforzare, illuminare, confermare la fede dei credenti, che contare il numero di coloro che accorrono ad ogni vento di grazia e ad ogni notizia di intervento celeste. La salvezza è già un dato ed un fatto, ma soltanto per coloro che sono entrati nel mistero di Cristo crocifisso, morto e risorto per noi.
Le implicanti complicazioni di un discorso di croce non si risolvono nella fuga verso un pietismo e fideismo che innalzano al cielo una beata  semplicità che è ignoranza non benedetta da Dio: ignoranza della Parola rivelata, ignoranza della Tradizione e di tutto quel ricco deposito della fede che la Chiesa custodisce e porta con sé dall’origine.
“16 Ho battezzato ma anche la casa di Stefana, del resto non so se qualcun altro ho battezzato.”
Se c’è qualcuno che nella Chiesa fa la conta, Paolo, per quel che lo riguarda, non sa e non vuole sapere.
“17 Infatti non ha inviato me Cristo a battezzare, ma ad annunciare la buona notizia, non con sapienza di parola, perché non sia svuotata la croce di Cristo.”
Il mandato cui deve assolvere ogni autentico apostolo è di dare la buona notizia. Cristo è risorto da morte, Colui che tutti credono morto è vivo: è Lui il Vivente di cui parla la Scrittura.
Questo importa annunciare, questo giova sapere. Non importa il modo in cui si annuncia, importa Chi si annuncia.
“18 Infatti la parola della croce per i rovinanti se stessi è stoltezza, ma per i salvati, per noi, è potenza di Dio.”
Un annuncio che non metta al primo posto la parola della croce è falsità ed inganno. È stoltezza per quelli che vogliono e cercano la propria rovina: è potenza di Dio per coloro che cercano la salvezza che viene dal cielo.
“19 è scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei saggi e l’intelligenza degli intelligenti toglierò.”
Non sono distrutte, ma sovranamente esaltate la sapienza e l’intelligenza che vengono da Dio: sono manifestate la vanità e la vacuità di ogni sapienza e di ogni intelligenza che si chiudono alla luce e all’amore di Cristo crocifisso.
“20 Dov’è il sapiente? Dov’è lo scriba? Dov’è il dottore sottile dell’epoca questa? Non ha reso stolta Dio la sapienza del mondo?”
Non è semplicemente l’esaltazione della stoltezza, e di tutti coloro che sono stolti, ma lo smascheramento, la rivelazione dell’inganno che è nascosto in ogni sapienza che non accoglie  il Cristo, l’eterno Logos di Dio. L’uomo trova stoltezza la sapienza di Dio, semplicemente perché Dio ha trovato stoltezza la sapienza dell’uomo. La sapienza che salva è anche quella che giudica e condanna tutto ciò che non riconosce di sua proprietà. Qualsiasi pensiero, disegno, progetto, costrutto dottrinale, che si ponga al di fuori dell’annuncio che è Rivelazione celeste deve essere considerato per quello che è realmente: stoltezza dell’uomo e non sapienza di Dio.
“21 Dal momento che infatti nella sapienza di Dio il mondo non ha conosciuto Dio per mezzo della sapienza, piacque a Dio per mezzo della stoltezza della predicazione di salvare i credenti;”
Il pensiero di Paolo è fin troppo chiaro. Quando il mondo, cioè tutta quella realtà al cui centro è l’uomo nato da Adamo, presume di pensare in modo divinamente fondato, insegue e da libero corso semplicemente alla propria ignoranza di Dio, portandola al suo culmine, che è il rifiuto del Cristo Salvatore. Un pensiero non illuminato dalla fede in Gesù è tanto più stolto quanto più si manifesta formalmente corretto dal punto di vista logico e pienamente conchiuso e convincente in se stesso. I più grandi stolti davanti a Dio? Coloro che appaiono manifestamente i più sapienti davanti agli uomini.
La verità creata dall’uomo si manifesta e cresce in perfezione semplicemente dal punto di vista formale della parola. La Verità rivelata e manifestata in Cristo si fa conoscere non solo in virtù di una potenza formale, ma ancora prima e ancor più per una potenza sostanziale, che attinge cioè a Colui che è il fondamento e il fine della parola. Si può anche strappare a Dio la forma della  parola e farne un uso indebito, non si può strappare al Padre il fondamento della Parola che è l’eterno Figlio suo. Non si diventa sapienti agli occhi del mondo se non in quanto trovati ladri della parola donata da Dio. Ma quando Cristo toglie  il velo di apparente splendore, cos’è manifestato e trovato? Il nulla e la vacuità di ogni pensiero umano. Ed è ben giusto che la Parola rivelata intraprenda e percorra un cammino che va decisamente in senso opposto alla parola in cui l’uomo si autofonda.
I sapienti di questo mondo, giocano la propria credibilità in virtù della perfezione formale della Parola, gli apostoli di Cristo in virtù di una Parola potentemente, esclusivamente ed unicamente fondata.
“22 poiché e i Giudei segni chiedono e i Greci la sapienza cercano, 23 noi invece annunciamo Cristo crocifisso, per i Giudei difatti inciampo, per i gentili poi stoltezza,”
Come si manifestano gli uomini che presumono di cercare la Verità, quando in cuor loro hanno già rifiutato Colui che unicamente è Verità? Secondo Paolo si possono fare semplicemente due grandi mucchi. Da un lato coloro che si trovano già dentro un discorso di salvezza, dall’altro quelli che sono trovati fuori. L’essere fuori o dentro Israele di per sé non è garanzia di salvezza: ci vuole la fede in Cristo Salvatore.
L’incredulità degli uomini ha un medesimo cuore, ma si manifesta con volti diversi.
Da un lato il popolo eletto, la Chiesa diremmo noi, che vive in una ricerca affannosa e senza soluzione di continuità di segni e miracoli divini. Quelli che si vedono con gli occhi della carne e si toccano con mano, beninteso!
Dall’altro quelli che sono o si pongono fuori da un discorso di Rivelazione, che si autofondano in verità cercando una sapienza che è semplicemente formale e non sostanziale. La diversità può sembrare anche grande, ma allorchè si cala il giudizio di Dio, non c’è diversità di cuore. Il Satana domina sovrano, sia nei cacciatori di miracoli, sia nei cacciatori di bei pensieri e di belle parole.
Il Padre non trova in questi uomini l’immagine dell’eterno Figlio suo, perché la sua opera di redenzione è stata rifiutata.
Se una distinzione si impone per gli increduli, nessuna distinzione per coloro che accolgono Cristo Salvatore.
“24 per coloro invece per i chiamati, Giudei sia anche Greci, Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio;”
Come è conosciuto Cristo dai chiamati, sia  Giudei sia Greci?
Come potenza e sapienza di Dio. Ha la potenza di Dio chi opera  una  salvezza che è conosciuta come un dato ed un fatto, sperimentabili e verificabili da coloro che la fanno propria. Possiede in sé e dona la sapienza di Dio chi fa un annuncio che è sapore pienamente appagante per chi ha gusto e sa gustare. Non c’è vera potenza e vera sapienza se non in Cristo. Chi cerca altrove e diversamente resterà deluso ed ingannato.
“25 perché la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.”
Qual è il criterio per giudicare secondo verità? Guardare e considerare innanzitutto qual è, o meglio, chi è il fondamento.
Tutta la vita ci può apparire un terribile paradosso e pura follia, ma chi possiede la sapienza che viene dal Signore può ben dire che la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini. Gli uomini si vantano di essere sapienti. Ma su quale fondamento poggiano tutti i loro pensieri e i loro discorsi e più ancora qual è il fine di ciò che dicono e fanno? I nostri occhi non vedono molto più in là della punta del naso. Il Signore con il suo sguardo abbraccia la totalità della storia in tutti i suoi tempi ed aspetti. Ciò che può apparire stoltezza nel suo apparire immediato non lo è in un eterno progetto amore.
Il vero amore ha un fondamento e un fine.
Per la nostra salvezza Dio può anche assumere le sembianze della stoltezza ed apparire debole ai nostri occhi carnali. In realtà la debolezza di Dio è più forte degli uomini. In virtù dello svuotamento di se stesso Cristo ci ha liberati dal potere della morte. La nostra croce che è debolezza ed impotenza massima, allorchè è fatta propria dal Cristo diventa potenza di resurrezione per la vita eterna. Qual è l’esito finale di ogni umano atto di forza? La dannazione eterna. Nella loro presunzione di saperla lunga gli uomini, che sono il mondo, amano e cercano una potenza terrena, per una vita migliore. Tutti insieme precipiteranno nella fossa della morte.
“Dov’è il sapiente? Dov’è lo scriba? Dov’è il dottore sottile dell’epoca questa”?
Meglio parlare di meno e pregare di più. Meglio aprire il libro delle Sacre Scritture che inseguire le chiacchiere e i pettegolezzi religiosi degli uomini.
Tante risorse e tante energie spese per diffondere e propagare la parola dell’uomo; e quale posto è riservato alla Parola di Dio?
Quanta difficoltà a cercare e a trovare un libro di autentica ed illuminata esegesi biblica!
“26 Guardate infatti la vostra chiamata, fratelli, poiché non molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili.”
Nessuno che porti il nome di fratello in Cristo si scoraggi! Se ben ci guardiamo tra noi, che siamo il piccolo gregge, pochi sono i sapienti secondo la carne, ancor meno i potenti e i nobili.
“27 Ma le cose stolte del mondo ha scelto Dio, per confondere i sapienti, e le cose deboli del mondo ha scelto Dio, per confondere le forti, 23 e le cose ignobili del mondo e le disprezzate ha scelto Dio, le non essenti cose, per le essenti distruggere,”
Dio non sa cosa farsene della sapienza e della potenza degli uomini di questo mondo. Lui solo è  sapiente, lui solo è potente. E quando vuole entrare in questo mondo, quali scelte, quali vie, quali strumenti per portare la salvezza? I primi diventano gli ultimi, le cose stolte prendono una loro importanza ed un loro valore, le cose deboli diventano strumenti di potenza divina, chi è disprezzato è fatto vaso di elezione, le cose considerate una nullità distruggono ciò che ha valore agli occhi dell’uomo.
“29 perché non si glori ogni carne davanti a Dio.”
A Dio e per Dio ogni onore, lode e gloria. L’uomo non è fatto per ricevere gloria, ma per rendere gloria unicamente a Dio. Soltanto in un continuo  inno di lode al Signore anche noi saremo alla fine sovra vestiti di gloria divina.
“30 Da lui ora voi siete in Cristo Gesù, che è diventato sapienza per noi da Dio, giustizia e anche santificazione e redenzione, perché come è scritto: Chi si gloria nel Signore si glori.”
Se siamo nel Figlio è in virtù di Dio Padre. Se siamo accetti al Padre è solo in virtù dell’eterno Figlio.
Colui che è eterna sapienza di Dio è diventato, cioè si è fatto, sapienza da Dio per noi; ha operato per far noi sapienti, giusti, santi, redenti, in Lui e per Lui.
E tutto questo perché sia pienamente adempiuto ciò che è scritto: “Chi si gloria, si glori nel Signore”. Rendendo a Lui gloria, troveremo anche la nostra gloria, non nel tempo e per un tempo, ma nell’eternità.