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                            Cap. 4
Perciò l’uomo noi consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio . 2 Qui del resto si richiede negli amministratori  che qualcuno sia trovato fedele.  3 A me invece è cosa minima che da voi sia giudicato o da un giorno umano ; ma neppure me stesso giudico. 4 Di nessuna colpa infatti per me stesso sono consapevole, ma non in questo sono giustificato, ma il giudicante me è il Signore. 5 Perciò non giudicate qualcosa prima del tempo finché  venga il Signore, che anche illuminerà le cose nascoste della tenebra e manifesterà le intenzioni dei cuori; e allora la lode sarà a ciascuno da Dio. 6 Queste cose ora fratelli ho applicato a modo di esempio a me stesso e ad Apollo per voi, affinché in noi impariate il : Non oltre le cose che sono scritte, affinché non uno in favore di uno vi gonfiate contro l’altro. 7 Chi infatti giudica te? Cosa poi hai che non ricevesti? Se poi anche lo ricevesti, perché ti vanti come non l’avente ricevuto? 8 Già siete sazi, già siete diventati ricchi, senza di noi diveniste re; e magari poi diveniste re, perché anche noi con voi regnassimo. 9 Ritengo infatti, che Dio pose noi gli apostoli ultimi come condannati a morte, perché divenimmo spettacolo al mondo, sia agli angeli, che agli uomini. 10 Noi stolti a causa di Cristo, voi invece sapienti in Cristo; noi deboli, voi invece forti; voi gloriosi, noi invece disprezzati. 11 Fino al momento presente sia soffriamo la fame, sia soffriamo la sete, sia soffriamo per la nudità, sia veniamo schiaffeggiati, sia vaghiamo di luogo in luogo, 12 sia ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati benediciamo; perseguitati, sopportiamo; 13 calunniati, confortiamo; come spazzatura del mondo siamo diventati, di tutti lo scarto fino ad oggi. 14 Non facendovi arrossire  scrivo queste cose, ma come figli miei amati ammonendo. 15 Se anche infatti diecimila pedagoghi aveste in Cristo, ma non molti padri; infatti in Cristo Gesù per mezzo della buona notizia io vi ho generato. 16 Esorto dunque voi, diventate imitatori di me; 17 per questo inviai a voi Timoteo, che è mio figlio amato e fedele nel Signore, che vi ricorderà le  mie vie  quelle in Cristo Gesù, come dappertutto in ogni chiesa insegno. 18 Ma come non veniente io da voi alcuni si sono gonfiati: 19 Verrò invece presto da voi se anche il Signore vorrà, e conoscerò non la parola dei gonfiati ma la potenza; 20 non è infatti in parole il regno di Dio ma in potenza. 21 Cosa volete? Che io venga da voi con un bastone o con amore e con spirito di mitezza?

 

“Perciò l’uomo noi consideri  come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio . 2 Qui del resto si richiede negli amministratori  che qualcuno sia trovato fedele.” 
C’è un modo di vedere le cose che è proprio di questo mondo, c’è un modo di valutare e di giudicare che si pone su di un piano diverso, che è quello del divino e del soprannaturale. Se si vuole definire l’operato di un apostolo semplicemente dal punto di vista dell’uomo, si deve dire di Paolo e di chi come lui che è un semplice servo di Cristo ed un amministratore dei suoi misteri. Al servo nulla va riconosciuto di proprio, ma tutto va riportato al suo Signore e al suo mandante.
Cosa si richiede “qui” su questa terra a chi è semplice amministratore dei beni altrui? Di essere trovato fedele al proprio padrone, cioè di fare ed operare in tutto e per tutto conforme alla sua volontà.
“3 A me invece è cosa minima che da voi sia giudicato o da un giorno umano ; ma neppure me stesso giudico.”
A Paolo ben poco importa ( è cosa minima ) essere giudicato dagli altri, compresi gli stessi fratelli di fede. Qualunque sia il giudizio , positivo o negativo, non è determinante nell’operato di un apostolo. Se non ha importanza il giudizio di chi si pone dentro la comunità degli eletti, ancor meno è importante quello che appartiene al giorno dell’uomo. Niente di più fluttuante, instabile, insicuro delle valutazioni umane che cambiano continuamente di giorno in giorno, senza garanzia  di verità.
Paolo arriva addirittura alle conseguenze estreme di un discorso: “Ma neppure me stesso giudico”. Se non ha importanza quello che gli altri pensano di noi, parimenti non ha importanza alcuna quello che noi pensiamo di noi stessi. Si può sbagliare nel giudicare l’altrui operato e si può parimenti sbagliare nel giudicare il proprio.
“4 Di nessuna colpa infatti per me stesso sono consapevole, ma non in questo sono giustificato, ma il giudicante me è il Signore.”
L’Apostolo va ancora oltre quanto finora asserito. Non solo non ha importanza davanti a Dio quello che pensa l’uomo, compreso il nostro uomo, ma anche se vogliamo spostare il discorso sul piano della coscienza personale e della buona fede con cui si opera o non si opera, anche se entriamo nei recessi nascosti del cuore, la conclusione è sempre la stessa.  Nessuno può trovare in se stesso le ragioni della propria giustificazione; né per quel che dicono gli altri, né per quel che appare ai propri occhi, né per quel che sente il proprio cuore. “ Ma il giudicante me è il Signore”.
Non c’è creatura che sia dispensata dal giudizio divino. Chi non avverte su di sé questo peso e questo timore si inganna profondamente. Attenzione dunque ai facili e superficiali giudizi.
“5 Perciò non giudicate qualcosa prima del tempo finché  venga il Signore, che anche illuminerà le cose nascoste della tenebra e manifesterà le intenzioni dei cuori; e allora la lode sarà a ciascuno da Dio.”
Vi sono realtà nascoste dalle tenebre che non ci è dato comprendere chiaramente  nella loro totalità ed integrità, qui ed ora.
Non ci è dato in questa vita penetrare più di tanto con il nostro sguardo e col nostro pensiero in ciò che è mistero di Dio. C’è un tempo di paziente attesa e di benevole sopportazione in cui non è lecito sparare sentenze su uomini e cose, prima che sia tolto da Dio stesso il velo del mistero, che pur facciamo nostro, senza poter pienamente comprendere e discernere.
Soltanto la venuta ultima del Signore porterà piena luce su tutto e manifesterà le intenzioni dei cuori, che nessuno , compreso il soggetto interessato, può comprendere e giudicare.
Le parole di Paolo sono di un’attualità impressionante: sono dette in un tempo, ma hanno valore in ogni tempo.
Messo da parte il mondo che non ci interessa, guardiamo come vanno le cose nella Chiesa di Dio. Non è una continua rincorsa al pettegolezzo, al giudizio cattivo fino alle intenzioni dei cuori, di tutti riguardo a tutti, l’un contro l’altro armati, come amava dire il Manzoni?
E quale è il frutto di tutto ciò, se non un continuo accrescersi della confusione, dell’errore, dello smarrimento dei cuori che non sanno più cosa pensare l’uno dell’altro? Non è continuamente minacciata l’unità della Chiesa e quella comunione  che è sigillo di appartenenza all’unico, vero Dio? Come non uscirne scoraggiati e quale via intraprendere per rompere questo tragico precipitare da male a male?
Paolo ci dà un santo suggerimento, che non dobbiamo prendere alla leggera, come un semplice consiglio, dato da un uomo qualunque. Lo stesso Apostolo delle genti e chi è trovato vicino a lui si sente coinvolto e compreso dalla folle vanità ed inutilità del giudizio del fratello sul fratello.
“6 Queste cose ora fratelli ho applicato a modo di esempio a me stesso e ad Apollo per voi,”
Se certe cose accadono nella Chiesa d’oggi è giusto sapere che accadevano già ai tempi di Paolo. Chiamano direttamente in causa non solo gli ultimi arrivati, ma anche quelli della prima ora, accreditati e mandati da Gesù stesso.
“affinché in noi impariate il : Non oltre le cose che sono scritte, affinché non uno in favore di uno vi gonfiate contro l’altro.”
Quello che è accaduto per Paolo e per gli  apostoli, accadrà anche per tutti coloro che prenderanno nel tempo il loro posto. Finchè ci sarà Chiesa, fuori e dentro di essa ci sarà lotta e divisione, a danno  e detrimento dei molti. Come spezzare questa tragica catena di dicerie, maldicenze, giudizi oscuri e tenebrosi? Vi è una sola risposta: “affinché in noi impariate il : Non oltre le cose che sono scritte.”
Donde ci vengono divisioni, cattiverie, sospetti, dubbi, giudizi dell’uno sull’altro se non dal fatto che si va oltre ciò che è scritto?
E cosa si deve intendere per ciò che è scritto, se non quello che troviamo attestato nelle Sacre Scritture, conservato, tramandato ed interpretato dalla Chiesa, fondata da Gesù sull’apostolo Pietro?
Ciò che è tramandato dalla Chiesa come ciò che è scritto, non va identificato in senso stretto con ciò che dalla stessa è detto nell’attualità del suo tempo, per bocca dei propri ministri.
Se vogliamo parlare di infallibilità della Chiesa dobbiamo intenderla e riferirla alla totalità dei suoi membri ed alla totalità dei suoi tempi.
L’errore può essere addebitato al singolo, a questo o a quel papa, a questo o a quel vescovo e così via: non può essere nell’errore l’intero Corpo di Cristo. Quando questo accadrà sarà la fine della Chiesa e di ogni chiesa. La confusione oggi più che mai, è grande e tocca il limite dell’assurdo. Da un lato c’è chi difende all’inverosimile l’operato ed il detto di questo o quel papa, schierandosi con l’uno per essere contro l’altro. All’estremo opposto chi non tiene in alcun conto l’autorità ecclesiastica, inseguendo una  Chiesa che di fatto non c’è, non c’è mai stata e mai ci sarà. C’è chi accetta la Chiesa di un tempo, fino ad un certo tempo e vede nel resto l’opera del Diavolo; chi presume di una Chiesa che attinge alla novità soltanto negli ultimi tempi, considerando come tenebre secoli e millenni di storia passata. C’è infine da ultimo, assurdità delle assurdità, chi vuol recuperare l’autenticità del primo messaggio e della sua prima lettura, non per tornare semplicemente a ciò che è stato scritto, ma per andare oltre e fuori, sconfinando in aspetti secondari e derivati della fede.
Si veda ad esempio l’importanza eccessiva ed inattuale che viene data all’impegno politico, ignorando una salvezza che è data qui ed ora a tutti, mitizzando questo o quel leader, sopravvalutando l’opera dell’uomo a scapito della fede nell’unico Dio che porta salvezza e vita eterna. Si veda per un altro verso il fideismo cieco e folle di intere masse cristiane che si avventano su presunti o reali segni dal cielo. Quanta inutile e fuorviante  propaganda  viene fatta ai messaggi della Madre Celeste, veicolati da visionari e veggenti assai poco credibili o addirittura non riconosciuti dalla stessa Chiesa! Ed in nome di ciò che ha detto questo o quel visionario si ha la forza e la sfrontatezza di porsi contro il giudizio che viene da Roma. Neppure lo si aspetta e ancor meno lo si cerca. Tanto grande è la presunzione del proprio o altrui giudizio che neppure si ritiene utile assumere un atteggiamento critico e prudente. E se il papa stesso non approva? Allora si tira in ballo la teoria del primus inter pares e si va alla caccia del consenso di questo o quel vescovo, mettendo l’uno contro l’altro e dilacerando all’inverosimile il corpo di Cristo.
Cosa dire poi di coloro che sono così sicuri dei propri sentimenti dell’autenticità e della rettitudine della propria coscienza, che in nome di se stessi e della propria verità si innalzano a maestri creando questo o quel gruppo, peggio ancora movimento, meglio sarebbe dire setta? Ancora più in là abbiamo le miriadi di sostenitori di questo o quel visionario non ancora conosciuto e diventato di moda, che molto fanno, spendono, trafficano, anche in maniera disonesta, per fare pubblicità alla propria importante fede , perché tutti sappiano e tutti attingano dalle proprie labbra, quale novità! Potremmo proseguire per molto, ma preferiamo chiudere il discorso. Chi vuol comprendere ne ha già abbastanza.
Se veramente il Signore è il tutto della nostra vita, se in Lui e solo in Lui abbiamo posto ogni nostra speranza e fede, se non conosciamo altro Amore all’infuori di quello che viene donato dal cielo, dobbiamo cercare e percorrere le strade della Verità. Non quelle inventate e create dall’uomo, magari all’ultima ora, ma quelle volute e preparate da Dio stesso.
Dobbiamo fare nostro tutto ciò che porta il nome di Rivelazione di Tradizione, di Chiesa, di Magistero, scritti ed intesi con la maiuscola e non con la minuscola.
Se vogliamo giocarci il senso della nostra vita dobbiamo farlo per ciò che è garantito da Dio stesso e non semplicemente propagandato dall’uomo.
Dobbiamo dare per certo solo ciò che è scritto. Nella Sacra Scrittura s’intende . Riguardo all’interpretazione? Attenzione a non andare fuori e contro ciò che la Chiesa spiega ed insegna, nella totalità dei suoi tempi, dai primi apostoli fino agli ultimi.
Cerchiamo e valorizziamo innanzitutto ciò e Colui che unisce e non ciò e Colui che ci divide. Il diavolo ha tutto l’interesse a metterci l’uno contro l’altro, a dividere i cuori, a creare un rapporto sbagliato e non equilibrato fra ciò che è scritto e ciò che viene detto e inteso.
Basta scorrere le pagine di internet per comprendere quali sparate a zero contro questo o quello. Se pur c’è un fondamento di verità in quello che si dice, molte volte c’è una vera montatura del caso, che sconfina nella bugia e nella diffamazione.
“Chi infatti giudica te?”
Prima di giudicare gli altri consideriamo che il giudizio è innanzitutto su di noi. Chi ha troppa ansia della salvezza altrui finisce per trascurare e perdere anche la propria. Cosa giustifica oggi questa smania di apertura e voglia di ecumenismo a tutti i costi, quando non è più trovata in noi stessi la fede? Un cieco non può far da guida ad un altro cieco. E neppure giova loro mettersi d’accordo a qualsiasi costo, nell’illusione che con ciò sia possibile camminare sulle strade della Verità e della Giustizia.
L’amore fraterno ridotto alla sua dimensione di rapporto democraticamente inteso, esaltato in sé e per sé, nulla garantisce riguardo alla Verità. Sbaglia l’uno da solo, e sbagliano i molti in alleanza: la luce e la Verità appartengono all’unico ed esclusivo Dio. Lui cerchiamo, Lui preghiamo, in Lui confidiamo.
Spaventano molte esegesi moderne della Parola. È tutta una citazione, un continuo rimando dall’interpretazione di uno a quella di un altro.
E cosa troviamo infine di autenticamente ispirato da una preghiera perenne e da una meditazione molto attenta e prudente allorchè si va oltre e fuori ciò che sicuramente è scritto e sicuramente è interpretato dalla Chiesa, Madre nostra? Comprendano i gruppi mariani. Assieme a Maria, certamente,  e non contro  di Essa, ma neppure contro la Chiesa. Se è vero che c’è Chiesa dove c’è Maria è altrettanto vero che solo nella Chiesa, per Essa ed in Essa è trovata Maria Madre di Dio.
Non esiste altra Maria all’infuori di quella che è venerata e riconosciuta dalla santa Tradizione.
E non bisogna poi intendere malamente l’importanza ed il valore del “senso dei fedeli”. È fedele chi crede in verità e giustizia, non semplicemente chi  fa parte della massa che sempre ed ovunque ascolta, senza mai intendere e volere, inerme ed inerte nel dire e nel fare, perché non ancorata alla Parola che unicamente è Verità. Se pensiamo di aver ricevuto qualche dono dal cielo e vogliamo parlare nella chiesa, dobbiamo essere umili e farci piccoli.
“Cosa poi hai che non ricevesti? Se poi anche lo ricevesti, perché ti vanti come non l’avente ricevuto?”
Non è vero dono se non quello che è dato gratuitamente dal cielo. Gratuitamente abbiamo ricevuto, gratuitamente dobbiamo dare. Cosa dire poi di coloro che non solo non si mettono all’ultimo posto nella Chiesa, ma addirittura pensano di aver diritto a qualche ricompensa materiale? Non è vergognoso il fatto che tutti pretendano soldi e ricompense anche per ciò che è fatto in nome di Dio? Diffidate e diffidiamo di coloro che accettano denaro, ancor più di ogni forma organizzata di guadagno, di ogni commercio del sacro, se pur minimo. Chi cade nelle piccole cose, cadrà nelle grandi. Il monito del Signore è fin troppo chiaro: Gratuitamente avete ricevuto gratuitamente date. Non è un consiglio è un comando.
Finchè nessuno dà niente del proprio, ma tutto e sempre chiede agli altri, in nome di Dio, la Chiesa tutta continuerà a sprofondare sempre più nell’inganno del Maligno. Chi fa il proprio male, fa anche il male dell’intero corpo  di Cristo, un corpo sempre più brutto e pieno di sozzure, che devono essere tolte.
“8 Già siete sazi, già siete diventati ricchi, senza di noi diveniste re;”
È  lo sfogo giustificato ed anche il monito di chi rappresenta su questa terra la Chiesa di Dio! Quando si è sazi di una propria fede che non cerca e non accetta il confronto con chi è in autorità, già è trovato il sigillo del Diavolo. Nessuna appagante sazietà del divino, nessuna grandezza o ricchezza si può ottenere se non in una comunione con coloro che Gesù stesso ha accreditato come propri apostoli.
“e magari poi diveniste re, perché anche noi con voi regnassimo.”
Quanto poi ad una grandezza umana che segue le orme di quelli che sono re in questo mondo, possiamo pur scordarcela. È un'altra la ricchezza e la grandezza a noi destinata e per noi riservata. Potrebbe essere un allettamento per gli stessi apostoli vedere che gli ultimi dei chiamati sono fatti re su questa terra. L’esaltazione degli ultimi farebbe ben sperare anche per i primi. Le cose stanno molto diversamente.
“9 Ritengo infatti che Dio noi, gli apostoli, ultimi pose come condannati a morte,”
Quale la sorte degli apostoli di Dio in questo mondo? Non  di essere esaltati, messi al primo posto, ma al contrario  di essere trovati e considerati da tutti come gli ultimi degli uomini. Come dei condannati a morte, ai quali neppure è riconosciuto il diritto di esistere: delle assolute nullità ,  buoni semplicemente per il sollazzo ed il divertimento più irrispettoso della dignità umana: quello delle arene e delle esecuzioni capitali.
“perché divenimmo spettacolo al mondo, sia agli angeli, che agli uomini.”
Per il mondo l’apostolo è uno che dà spettacolo: fonte di riso ed oggetto di derisione non solo per ogni creatura umana, ma anche divina. Individui di una certa risma fanno ridere non solo gli uomini, ma, a detta di questi, anche i loro angeli.
“10 Noi stolti a causa di Cristo, voi invece sapienti in Cristo; noi deboli, voi invece forti; voi gloriosi, noi invece disprezzati.”
Noi, i mandati da Dio, siamo considerati stolti a causa di Cristo, voi, invece, dei sapienti in virtù dello stesso Cristo: noi siamo dei deboli, voi dei forti: voi raccogliete gloria, noi disprezzo.
“11 Fino al momento presente sia soffriamo la fame, sia soffriamo la sete, sia soffriamo per la nudità, sia veniamo schiaffeggiati, sia vaghiamo di luogo in luogo, 12 sia ci affatichiamo lavorando con le nostre mani.”
Fino al tempo presente, che è quello di questo mondo destinato a perire, soffriamo non solo la fame, ma anche la sete; non abbiamo di che vestirci: non c’è per noi alcun rispetto umano: non ci è riconosciuto il diritto ad una casa e ad una  terra: da nessuna fatica fisica siamo sollevati: possiamo contare solo sul lavoro delle nostre mani. Nonostante questo, per grazia di Dio…
“Insultati benediciamo; perseguitati, sopportiamo; 13 calunniati, confortiamo;”
Non giochiamo semplicemente in difesa una partita impossibile, ma rendiamo bene per male. Benediciamo quelli che ci insultano, sopportiamo con amore quelli che ci perseguitano, portiamo conforto a quelli che ci calunniano.
“siamo diventati come spazzatura del mondo, di tutti lo scarto fino ad oggi.”
Noi portiamo il buon profumo di Cristo e la sapienza che è donata dal cielo e siamo diventati spazzatura del mondo, lo scarto fino al tempo presente. Finchè vivremo nell’oggi di questa vita saremo il rifiuto di tutti. Neppure ci facciamo illusione riguardo agli ultimi degli uomini: anche loro ci buttano nelle spazzature, nulla trovando in noi che sia in qualche modo utile alla vita.
“14 Non facendovi arrossire  scrivo queste cose, ma come figli miei amati ammonendo.”
Paolo non scrive come un maestro che vuol umiliare i suoi alunni, ma come un padre che vuol richiamare gli amati figli suoi.
“15 Se anche infatti diecimila pedagoghi aveste in Cristo, ma non molti padri;”
I fratelli che sono in Corinto potranno anche avere una moltitudine senza numero di insegnanti; certamente non avranno molti padri.
“infatti in Cristo Gesù per mezzo della buona notizia io vi ho generato.”
Come c’è un solo padre nella carne, in virtù del quale siamo generati a questo mondo, che è in mano al Maligno, così in virtù di un solo padre nello spirito, si è generati alla vita di Dio. E tutto questo è per grazia di Cristo, che, fattosi carne, una volta per sempre, per ottenerci l’adozione a figli di Dio, fino alla fine di questo mondo continuerà la sua opera di eterna generazione. Come?  In virtù della potenza di resurrezione data e trovata nel suo Vangelo, così come annunciato dagli apostoli, da lui stesso eletti dal mondo e mandati al medesimo mondo.
Le parole di Paolo possono apparire come dettate da un cuore presuntuoso che non tiene in considerazione alcun altro Vangelo, se non quello da Lui stesso ricevuto da Gesù. È vero ci sono anche altri apostoli e ci sono anche altri Vangeli che portano il sigillo del Figlio di Dio. Ma, a conti fatti, dobbiamo riconoscere che a Paolo, innanzitutto, Cristo ha dato le chiavi che aprono le menti all’intelligenza del quadriforme Vangelo.
“16 Esorto dunque voi, diventate imitatori di me;”
La Chiesa cattolica, cioè universale, come porta di umano il nome di Pietro, di umano porta il volto di Paolo: degno di essere innanzitutto ascoltato, è parimenti degno di essere innanzitutto imitato.
A ragione possiamo dire: chi come Paolo?
“17 per questo inviai a voi Timoteo, che è mio figlio amato e fedele nel Signore,”
Non molti soni i fratelli fidati di Paolo: fra questi Timoteo, detto figlio amato e fedele nel Signore. In più di un’occasione, soprattutto per questioni delicate, l’Apostolo si affida al suo aiuto e alla sua collaborazione.
“che vi ricorderà le mie vie  quelle in Cristo Gesù, come dappertutto in ogni chiesa insegno.”
Le vie di Paolo sono quelle di Cristo Gesù. A tal punto l’Apostolo è consapevole dell’autenticità del Vangelo a lui affidato, come se lo mettesse al di sopra di ogni altro, degno di essere insegnato innanzitutto e dappertutto in ogni chiesa.
“18 Ma come non veniente io da voi alcuni si sono gonfiati:”
Ci si gonfia facilmente del proprio sapere quando non si deve affrontare alcun esame e si presume di essere già stati promossi. Quando tira aria di visita e di interrogazione da parte di chi è in autorità, allora cambia la suonata.
“19 Verrò invece presto da voi se anche il Signore vorrà, e conoscerò non la parola dei gonfiati ma la potenza;”
Paolo non ha alcuna intenzione di abbandonare la comunità da lui fondata all’opera devastatrice del Satana.
Si recherà al più presto a Corinto, per verificare di persona, ma soltanto “se anche il Signore vorrà”. Nessun  zelo per la verità deve prevaricare rispetto all’obbedienza alla volontà di Dio. Si deve fare solo ciò che è a Lui gradito: diversamente c’è il pericolo di rincorrere i propri progetti e di inseguire le proprie aspettative.
“20 non è infatti in parole il regno di Dio ma in potenza.”
Da che cosa si riconosce l’autenticità di un messaggio fatto in nome di Dio? Non dalla quantità delle parole né dalla loro complessità formale e neppure dalla perfezione logica dei discorsi, ma unicamente dalla potenza di resurrezione che portano con sé. Solo la parola di Dio crea novità di vita, non in rapporto alla sua forma, ma al suo fondamento, Cristo Gesù.  L’annuncio autentico del Vangelo scava nelle profondità dei cuori, crea conversione e stabile novità di vita. E senza bisogno di miracoli e segni visibili. Dove si accorre per i segni e per i prodigi può esserci una parola infondata che viene dal Maligno, avente la parvenza della verità, ma priva di Colui che è Verità. Coloro che credono per i miracoli ed i segni non faranno molta strada alla sequela di Cristo: passeranno molto presto da una pretesa pienezza di luce ad un inganno sempre più manifesto agli occhi dello stesso mondo.
“21 Cosa volete? Che io venga da voi con un bastone o con amore e con spirito di mitezza?”
Se nessun discepolo può sottrarsi all’esame del maestro, molto meglio che non ci sia bisogno del bastone, ma che il confronto avvenga con amore e con spirito di mitezza; senza  diffidenza e prevenzione alcuna.

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