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                               Cap. 7
Riguardo poi alle cose che avete scritto: buono per l’uomo non toccare donna; 2 tuttavia per la fornicazione ciascuno abbia la propria moglie  e ciascuna abbia il proprio marito. E alla moglie il marito dia il dovuto; ugualmente poi anche la moglie al marito. 4 La donna dal proprio corpo non ha potere ma il marito, ugualmente poi anche il marito non ha potere del proprio corpo ma la moglie. 5 Non privatevi gli uni gli altri, se non d’accordo temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera e di nuovo siate insieme, perché non vi tenti Satana a causa della vostra incontinenza. 6 Questo dico però per indulgenza non per comando. 7 Voglio difatti che tutti gli uomini siano come me stesso; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, l’uno così, l’altro così. 8 Dico poi ai non sposati e alle vedove: è buono per loro se rimangono come anch’io sono. 9 Se poi non vivono in continenza, si sposino: meglio è infatti sposarsi che ardere. 10 Agli sposati poi ordino, non io ma il Signore: La moglie non si separi dal marito, 11 se poi anche si separi, rimanga non sposata o col marito si riconcili, e il marito non mandi via la moglie. 12 Agli altri dico io non il Signore: se qualche fratello ha la moglie non credente ed essa consente di abitare con lui, non la mandi via; 13 e se una donna ha marito non credente, e questi consente di abitare con lei, non mandi via il marito. 14 E’ santificato infatti il marito non credente dalla moglie ed è santificata la moglie non credente dal fratello; altrimenti i vostri figli sono impuri, ora invece sono santi. 15 Se poi il non credente vuol separarsi , si separi: non è stato fatto schiavo il fratello o la sorella in tali cose. Ma Dio ha chiamato voi in pace. 16 Cosa infatti sai, donna, se salverai il marito? O cosa sai uomo, se salverai la moglie? 17 Tuttavia a ciascuno come ha distribuito il Signore, ciascuno come ha chiamato Dio, così cammini. E così in tutte le chiese ordino. 18 Qualcuno fu chiamato da circonciso: non lo nasconda! Con il prepuzio qualcuno è stato chiamato: non sia circonciso! 19 La circoncisione è niente e il prepuzio niente è, ma l’osservanza dei comandamenti di Dio. 20 Ciascuno nella chiamata in cui fu chiamato in questa rimanga. 21 Da servo fosti chiamato, non ti preoccupare! Ma se anche puoi divenire libero, piuttosto profitta.
22 Infatti lo schiavo chiamato nel Signore è liberto del Signore, allo stesso modo il chiamato libero, schiavo è di Cristo. 23 A prezzo siete stati comprati; non diventate schiavi di uomini. 24 Ciascuno in ciò in cui fu chiamato, fratelli, in questo rimanga davanti a Dio. 25 Riguardo poi alle vergini non ho un comando del Signore, un consiglio però do come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore per essere degno di fede. 26 Penso dunque questo essere buono a causa della presente avversità, che sia buono per l’uomo così essere. 27 Sei legato a un a donna? Non cercare separazione! Sei sciolto da  donna? Non cercare donna! 28 E se poi ti sposi, non hai peccato, e se si sposa la vergine, non ha peccato. Ma i tali avranno tribolazione nella carne, ma io a voi la risparmio. 29 Questo poi dico, fratelli: il tempo è  breve; per il resto, che anche gli aventi moglie siano come non aventi, 30 anche i piangenti come non piangenti e chi si rallegra come non rallegrantesi e i compranti come non possedenti: passa infatti la figura di questo mondo. 32 Ora voglio che voi siate senza preoccupazioni. Il non sposato si preoccupa delle cose del Signore, come piacere al Signore; 33 invece lo sposato si preoccupa delle cose del mondo, come piacere alla moglie, 34 ed è diviso. Anche la donna non sposata e la vergine si preoccupa delle cose del Signore perché sia santa nel corpo e nello spirito. Invece la maritata si preoccupa delle cose del mondo, come piacere al marito. 35 Questo poi dico per il vostro stesso interesse, non per mettere un cappio sopra a voi ma per ciò che è onorevole e assiduo al Signore senza distrazione. 36 Se poi qualcuno reputa di comportarsi sconvenientemente verso la sua vergine, qualora sia oltre il fiore dell’età, e così è necessario avvenga, faccia ciò che vuole, non pecca, si sposino! 37 Chi però sta fermo nel suo cuore non avendo necessità, ma ha potere rispetto alla propria volontà e questo ha giudicato nel suo cuore di custodire la sua vergine, farà bene. 38 Perciò sia il maritante la sua vergine fa bene sia il non maritante meglio fa. 39 La donna è legata per tutto il tempo in cui vive il suo marito; se poi muore il marito libera è di sposarsi con chi vuole, soltanto nel Signore. 40 Più felice però è se così rimane, secondo la mia opinione; ritengo poi anch’io di avere lo Spirito di Dio.

 

 

 

“Riguardo poi alle cose che avete scritto: buono per l’uomo non toccare donna;”
Non sappiamo cosa precisamente abbiano scritto i fratelli di Corinto a Paolo. Possiamo soltanto argomentare e ricostruire per deduzione dalla risposta dell’Apostolo.
I passi che seguono sono stati variamente intesi dagli uomini di Chiesa. Non si può tacere il fatto che già fin dai primi secoli vi sono stati forti diatribe e contrasti tra monaci e sposati. E tutto questo in nome di una interpretazione parziale e fuorviante delle parole dell’apostolo Paolo. In certe situazioni le autorità ecclesiastiche sono intervenute addirittura con scomuniche o con severe ammonizioni per sedare gli animi e per dirimere ogni questione.
Non è approvato da Dio chi condanna il matrimonio: è benedetta la verginità liberamente scelta, senza coercizione di sorta, nel pieno rispetto della volontà del singolo. Non va misconosciuta l’importanza di una dedizione totale al Signore nella verginità, per un impegno totale ed esclusivo a servizio di Cristo e della Chiesa. Non è benedetta la verginità che non sa stare accanto al matrimonio e non è benedetto il matrimonio che è disprezzo e non considerazione della verginità. In altre parole sposati e non sposati devono convivere nella Chiesa del Signore a pieno titolo con pari dignità e pari possibilità per quel che riguarda la santificazione, che in ogni caso, se pur procede per vie diverse, è sempre puro dono di Dio.
Abbiamo fatto una breve premessa, un quadro riassuntivo di un problema. Ritornando a Paolo vediamo piuttosto un approccio molto pratico, che non è quello di chi parla in astratto, affermando scale di valori, ma di chi dà una valutazione illuminata della situazione in atto, quale gli viene prospettata nella lettera inviatagli da Corinto.
Nessuna questione di principio ha importanza e valore, a prescindere da ciò che è già trovato in una comunità di credenti.
Non interessa innalzare gli uni ed abbassare gli altri, quanto offrire ad ognuno, sposato o non sposato, indicazioni utili riguardo al proprio stato.
Vi sono legami ormai sanciti definitivamente dalla Legge di Dio e dai quali non si può recedere ed altri in cui è possibile una scelta non a senso unico ma a senso plurimo, a secondo della volontà di Dio, così come è recepita dal singolo. Qualsiasi intervento dall’esterno da parte di una voce diversa che non sia quella della coscienza individuale chiamata direttamente in causa, deve porre a se stessa dei limiti, limitandosi a suggerire in certi casi, quando nulla è comandato da Dio, e comandare in altre situazioni, quando ormai il rapporto tra uomo e donna è stato sancito dalla Legge del Signore.
Quale è o sembra essere il primo quesito posto a Paolo? Reso noto che vi sono fratelli in Cristo, sposati e non, che vivono in uno stato di fornicazione, cosa suggerire agli interessati o quali decisioni bisogna prendere nei loro confronti?
Paolo parte con una affermazione di principio che ha bensì una sua importanza dal punto di vista del dover essere, ma che non vuole ignorare la realtà effettuale. “E’ cosa buona per un uomo non toccare donna”. Il verbo toccare ( àptomai ) indica il toccare nel senso materiale del termine, non si può riferire indistintamente ad ogni rapporto tra uomo e donna. Se fosse così dovremmo uscire dal mondo.  Finchè ci sarà mondo ci sarà rapporto tra uomo e donna in senso negativo ma anche positivo. Non è stato creato l’uomo senza la donna, né la donna senza l’uomo. Non possono stare l’uno senza l’altro. Ci è suggerito semplicemente di fuggire le  complicazioni spirituali che possono sorgere nel rapporto tra i due sessi, allorchè non si dà un giusto e santo peso ai contatti carnali.
Unico principio generale che si può affermare a priori è il fatto che è buona cosa per ogni uomo tenere giù le mani dalla donna. Ma si deve poi fare i conti con la realtà,  con la diversità e la complessità delle situazioni personali che conoscono molte varianti.
Non si danno suggerimenti a chi non ce li chiede ed è sicuro del fatto suo, ma soltanto a chi ci interpella riguardo ad uno stato e a una situazione contingente e personale. Paolo non vuol fare un trattato sul matrimonio. Come si potrebbe iniziare il discorso da un “è bene per uomo non toccare donna”? Sarebbe la negazione di ogni rapporto matrimoniale  e della procreazione che ne viene.
L’apostolo risponde semplicemente a domande diverse che gli vengono da persone diverse, tramite una stessa lettera.
Bisogna esaminare caso per caso, valutando  le singole situazioni, consigliando solo chi chiede  di essere consigliato, a tutti ricordando ciò che è scritto nella  Legge di Dio, lasciando piena libertà a chi vuol fare di testa propria… Purchè non si faccia peccato… S’intende! Primo caso concreto: cosa suggerire a chi vive in uno stato di fornicazione? Deve essere espulso sui due piedi dalla comunità  oppure si deve procedere con cautela suggerendo il matrimonio, come superamento di un rapporto libertino, che accetta di essere incanalato e circoscritto dalla Legge di Dio  a due soli,  senza possibilità di retrocessione e di messa in discussione?
“2 tuttavia per la fornicazione ciascuno abbia la propria moglie  e ciascuna abbia il proprio marito.”
Se c’è fornicazione in atto la soluzione più semplice e ragionevole sembra proprio quella di suggerire che gli interessati rientrino nel legame a due così come sancito dalla Legge di Dio.
“E alla moglie il marito dia il dovuto; ugualmente poi anche la moglie al marito. 4 la donna dal proprio corpo non ha potere ma il marito, ugualmente poi anche il marito non ha potere del proprio corpo ma la moglie.”
Non siamo di fronte ad una novità ma è ricordato ciò che è già stato detto  all’uomo da Dio stesso, per bocca di Mosè, codificato nelle Tavole della Legge. Un semplice ritorno al passato e nulla di più come se il nuovo ricalcasse semplicemente l’Antico? Non proprio così.
“5 non privatevi gli uni gli altri, se non d’accordo temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera e di nuovo siate insieme, perché non vi tenti Satana a causa della vostra incontinenza.”
Uno stato di incontinenza assoluta non si giustifica semplicemente e non si risolve con un legame fisso a due, che non conosca lo sforzo e la volontà di un amore più puro e più libero dalle passioni della carne. Sono suggeriti tempi limitati di distacco, scelti in maniera consensuale, per una preghiera più viva ed intensa, non disturbata dai rapporti carnali, perché sia data la grazia di un legame più santo e più fondato in Cristo. Non si sana una situazione negativa in atto, ponendo un semplice tampone. Bisogna anche procedere in positivo suggerendo quella preghiera che unicamente può cambiare i cuori e liberare ogni situazione da una possibile cristallizzazione.
“6 Questo dico però per indulgenza non per comando.”
Chiarisce subito l’Apostolo che non sta dando un comando, ma un semplice suggerimento che indulge alla situazione in atto, soltanto in vista di un possibile superamento nel tempo, superamento che si deve innanzitutto chiedere a Dio. Non passa  solo per la volontà dell’uomo, ma è innanzitutto dato dalla grazia del Signore.
Ci sembra non sia pienamente giustificata l’opinione di chi vede innanzitutto il matrimonio come rimedio alla concupiscenza, non solo a quella che è in atto, ma anche a quella che è in potenza.
Può apparire misera cosa e assai poco dignitoso il matrimonio utile solo come barriera, scelta preventiva contro la fornicazione. In questo caso è svuotato di ogni valore sacramentale e ridotto semplicemente a un male minore.
Vi è anche un matrimonio santo, voluto da Dio, che  interessa e chiama in causa anche chi è continente.
Alcuni padri della Chiesa risolvono molto semplicemente il problema rilevando l’assoluta inutilità del matrimonio per chi ha il dono della continenza. È una affermazione di principio che è smentita dall’esperienza concreta , così come noi stessi abbiamo potuto conoscere e verificare. Ci sono persone che sono capaci di continenza, eppure scelgono la via del matrimonio; altre che hanno difficoltà a mantenersi casti e puri e pur tuttavia scelgono la verginità. Capacità di continenza o meno, non si può dedurne dei principi assoluti, validi per tutti. Vi è una fondamentale diversità, non solo di ciò che è immediatamente dato, ma anche di ciò che Dio vuol dare; ragion per cui si può soltanto  consigliare e non comandare. Paolo ne è ben consapevole. I consigli si danno a chi ce li chiede. La possibilità di un consiglio non esclude una possibilità diversa che è quella di una non esplicita richiesta in tal senso. Senza una formale e precisa richiesta Paolo si sarebbe ben guardato dall’entrare nella coscienza individuale. Allorchè si tratta di certe scelte, spetta soltanto all’interessato prendere una decisione. Un consiglio tiene conto di ciò che cade direttamente sotto gli occhi, non può arrogarsi il titolo di comando di Dio, il quale vede di più e oltre la nostra intelligenza.
“7 Voglio difatti che tutti gli uomini siano come me stesso; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, l’uno così, l’altro così.”
Voglio, è molto di più di un semplice desiderio : è ferma volontà di chi afferma giusta e santa la propria posizione. Ma cos’è che Paolo vuole? Non lo dice espressamente né si può immediatamente dedurre dal discorso. “Voglio che tutti gli uomini siano come me stesso”. Intende alludere  al proprio stato? Indubbiamente! Ma non a quello di celibe, in contrasto con quello di chi è sposato. Molto più semplicemente a quella che è la realtà di ogni cristiano,  figlio di Dio, perennemente innamorato del Signore o come dirà altrove Paolo, fidanzato ad un unico sposo. Se vogliamo parlare più propriamente di chiamata da parte di Dio, la nostra vocazione è una sola: quella di creature che devono essere trovate, nel giorno del giudizio ultimo, innamorate del loro Creatore, così come chiesto dal primo e più grande comandamento: “Amerai il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze”.
È questo l’amore che supera ogni barriera e ogni diversità fra chi è sposato secondo la carne e chi è vergine. Un amore che viene da Dio e riporta allo stesso Dio. E non dobbiamo trarne come logica conseguenza che se siamo già fidanzati innamorati di Cristo è giocoforza non sposarsi. L’amore sperimentato e conosciuto nella sua totalità e pienezza è un amore finale: è lo scopo della nostra esistenza, la meta che dobbiamo raggiungere. Ma non si raggiunge la medesima meta, posti tutti sulla stessa linea di partenza.  All’inizio ci può essere un più o un meno, chi è proiettato in avanti e chi trattenuto indietro. Il cammino non è mai per alcuno di sicura crescita, ma per tutti di altalenante incertezza. All’ arrivo,  i primi alla partenza possono essere trovati ultimi, e viceversa gli ultimi i primi.
“ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, l’uno così, l’altro così.”
Precisazione dell’Apostolo illuminante. L’amore viene da Dio ed è dono di Dio. Il dono dell’amore ha un solo nome ed è Gesù. La realizzazione di questo amore è il nostro eterno matrimonio con Lui nel vincolo dello Spirito Santo. Paolo lo vede già attuale in sé, almeno nel desiderio e nell’intenzione, nella promessa del proprio cuore. Non tanti doni dunque, ma un solo dono uguale per tutti. Cosa cambia allora? Cambia il modo in cui questo matrimonio celeste diventa attuale e definitivo. C’è un cammino che è diverso per ogni uomo,  condizionato da una fondamentale diversità della vita che non si può ridurre sic et simpliciter all’essere legati o meno a una donna nel vincolo del matrimonio. Non tutti i celibi si trovano nella stessa identica situazione, e neppure  gli sposati, ed ancor più dobbiamo dire che è vi è un divenire nella vita per cui verginità e matrimonio possono essere vissuti dalle stesse persone in modo diverso. Si può raggelare il cuore di chi si è fatto eunuco per il regno dei cieli, si può parimenti raggelare il cuore di chi è sposato: vi è un solo innamoramento che non sarà deluso, ed è quello che si protende e si espande verso Dio.
Possiamo intendere celibato e matrimonio come doni di Dio in sé e per sè, ma sono ben misera cosa ed ancor più soddisfazione e vanto destinati a perire. Che importanza può avere il celibato che non conclude nell’amore di Dio? Parimenti che importanza può avere un amore per la donna che non conduce e non si spegne nell’abbraccio con il Signore?
Noi intendiamo che Paolo voglia esplicitamente farci comprendere che l’amore conosce un solo dono, per cui è degno di essere vissuto, e che in definitiva quel che cambia nell’amore che porta a Dio è soltanto una realtà assai contingente, che ci vede più o meno legati su questa terra l’uno all’altra. C’è una distanza massima dell’uomo dalla donna, e c’è una massima vicinanza. Di per sé non dicono nulla e non rappresentano alcuna immediata realizzazione dell’amore di Dio. Passano attraverso il divenire travagliato della vita e prima ancora, già all’inizio, sono sotto le norme della Legge. Beninteso quella data da Dio, di cui l’uomo vorrebbe facilmente sbarazzarsi, perché la trova come un impaccio ed un impedimento nella propria volontà di realizzare un amore facile ed immediato, se pur falso.
Se consideriamo il matrimonio o la verginità dei valori per ciò che portano intrinsecamente in sé di  bello e di piacevole  perdurante nel tempo, c’è veramente poco da stare allegri. La vera gioia di un vergine o di uno sposo? Quella che cresce di giorno in giorno fino a vita eterna e  che vede entrambi fidanzati all’unico e solo Cristo. Non c’è simpatia, dialogo, comunione nella chiesa tra celibi e sposati? Manca il cemento dell’unico, vero, eterno sposo. Si può vivere falsamente la verginità, come si può vivere falsamente il matrimonio.
Certi, contrasti, confronti difficili, sono necessari perché siano svelati anzitempo i nostri cuori, e si corra al riparo, chiedendo l’intervento riparatore del Signore.
Certamente, vi sono cose che si capiscono più facilmente da vecchi e meno da giovani ed anche di questo si deve tenere conto.
Certi interventi stroncanti sui cuori degli adolescenti sono del tutto inopportuni ed inutili. Se le cose devono andare in un certo modo, lasciamo che così vadano. Ma non venga mai meno la nostra preghiera e la nostra fede nel Signore che può tutto in tutti.
“Dico poi ai non sposati e alle vedove: è buono per loro se rimangono come anch’io sono.”
Dopo aver detto qual è la sua volontà più vera, profonda e sincera, cioè che ogni cuore sia simile al suo, Paolo scende coi piedi per terra per dire il proprio parere e dare i suggerimenti che gli sono stati chiesti.
Dico, non più voglio: innanzitutto ai non sposati e alle vedove. È buona cosa per loro se rimangono nella stessa situazione in cui mi trovo anch’io: senza legame carnale. È un invito del tutto generico che deve poi confrontarsi con la situazione di tutti e di ognuno. È significativo ad esempio che Paolo, nessun consiglio voglia dare ai vedovi. E non a caso. È molto difficile ed inopportuno dare consigli di tal fatta ad un uomo che vissuto con una donna, si trova poi privato di tale legame. E si può anche lecitamente pensare che  riguardo ai vedovi nessun consiglio sia stato chiesto a Paolo dai Corinzi.
“9 Se poi non vivono in continenza, si sposano: meglio è infatti sposarsi che ardere.”
Si può consigliare la castità a chi  dimostra di saperla portare. Ma quando c’è di mezzo una palese ed indiscussa incontinenza, è sicuramente meglio sposarsi che bruciare di passione. Il discorso ha una sua logica giustificazione. La capacità di essere continenti può essere già un segno della volontà di Dio, preammonita da un dono che è già ritrovato. Abbiamo tuttavia detto che non sempre le cose vanno così. Ci sono persone capaci di castità che preferiscono sposarsi. Non si pongono contro un comando del Signore, semplicemente non seguono un consiglio dato da Paolo.
“10 Agli sposati poi ordino, non io ma il Signore:”
Paolo non è solo portatore e dispensatore di consigli. In quanto apostolo del Signore può affermare e riportare alla mente dei cristiani, ciò che è comando o Legge di Dio in tal materia.
“La moglie non si separi dal marito, 11 se poi anche si separi, rimanga non sposata o col marito si riconcili, e il marito non mandi via la moglie.”
Nulla di nuovo e di diverso di quanto troviamo scritto nei Vangeli, che non sono di Paolo. È legge di Dio affidata alla Chiesa. Non c’è possibilità alcuna di discussione e di revisione.
Non è più ammessa tutta quella casistica , diversità e disparità di trattamento che troviamo nella Legge mosaica. Non è ammesso spezzare il vincolo matrimoniale. Davanti a Dio rimane fino alla morte di uno dei coniugi. Nel caso di grosse diatribe e di pesanti difficoltà si cerchi la pace e la riconciliazione. Non è ammesso il divorzio. In caso di separazione si rimanga da soli e nessun altro vincolo si contragga: non è riconosciuto da Dio.
La convivenza prima del matrimonio o a seguito di rottura di un matrimonio è assolutamente ingiustificata e chiaramente condannata da Dio.
Nessun se e nessun distinguo e nessuna possibilità di messa in discussione.
“12 Agli altri dico io non il Signore: se qualche fratello ha la moglie non credente ed essa consente di abitare con lui, non la mandi via; 13 e se una donna ha marito non credente, e questi consente di abitare con lei, non mandi via il marito. 14 E’ santificato infatti il marito non credente dalla moglie ed è santificata la moglie non credente dal fratello; altrimenti i vostri figli sono impuri, ora invece sono santi.”
Si allarga la casistica presa in considerazione da Paolo. L’Apostolo vuol dare un consiglio non semplicemente generico, ma esaminando le diverse situazioni. Tra le varie realtà bisogna anche considerare i matrimoni di fatto tra chi crede e chi non crede in Cristo. Paolo premette ancora una volta che si tratta di semplici suggerimenti dati da lui e non dal Signore.
Se un fratello ha come  sposa una donna che non crede, ma che tuttavia consente di vivere con lui, non la mandi via. Lo stesso si dica per la donna che ha un marito non credente. Basta la fede di uno dei due coniugi per legittimare la validità di un matrimonio.
Tutto questo non si comprende se non consideriamo il matrimonio non semplicemente per ciò che esprime hic et nunc di fatto, ma anche per quello che di per sé è destinato ad esprimere. Ha un valore attuale, ma anche finale. Esprime la santità di un rapporto, ma anche la vocazione alla santità di entrambi gli sposi. Non sempre due sposi camminano sulla stessa lunghezza d’onda: non per questo l’uno deve abbandonare l’altra o viceversa. Si dà addirittura il caso di matrimoni in cui uno solo dei coniugi è credente. Cosa fare allora? Si può dire che i due sono una sola carne? No, allo stato di fatto, sì, se proiettiamo il discorso verso il futuro, verso la possibilità che anche il non credente ricuperi il senso vero del matrimonio. Se chi non crede accetta di vivere con chi crede vuol dire che lascia aperta la porta ad un dialogo e ad un possibile cambiamento e ravvedimento. Abbiamo già detto che l’amore sponsale non ha valore semplicemente per come è trovato in atto, ma anche per il fine cui tende, per ciò che vuol realizzare in futuro. In quest’ottica conosce la pazienza e la tolleranza, in vista del riscatto di entrambi i coniugi.
Le facili rotture, se pur appaiono giustificate, manifestano una mancanza d’amore e una mancanza di fede nella potenza del Signore, che può anche recuperare ciò che a noi può apparire irrecuperabile. Cosa dire poi quando ci sono di mezzo dei figli? Quale esempio e quale stimolo al ben fare viene loro da genitori separati? Se anche uno dei due sposi non crede, non basta l’uno o l’altra per dare una testimonianza di santità in Cristo? “E’ santificato infatti il marito non credente dalla moglie ed è santificata la moglie non credente dal fratello; altrimenti i vostri figli sono impuri, ora invece sono santi”.
Nel vincolo matrimoniale, allorchè accettato e vissuto come indissolubile, vi è pur sempre un flusso di grazia che passa da chi crede a chi non crede, per concludere la sua opera sugli stessi figli. Non basta l’incredulità di un coniuge perché i figli siano cristiani impuri, basta la santità di uno dei due perché anch’essi siano santi, figli di un santo matrimonio.
“15 Se poi il non credente vuol separarsi , si separi: non è stato fatto schiavo il fratello o la sorella in tali cose.”
Si dà tuttavia anche il caso contrario a quello sovra considerato. Il non credente vuole separarsi. In questo caso chi crede, fratello o sorella, ha il diritto di separarsi e il dovere di concedere la separazione. Si noti bene come in entrambe le situazioni è determinante la volontà di chi non crede, che può rompere il legame quando vuole. Viceversa chi crede in Cristo non deve operare a cuor leggero, ma valutare assieme all’altro o all’altra la possibilità che si raggiunga in futuro la stessa fede in Cristo, non proclamata apertamente da uno dei due, ma neppure apertamente negata.
“Ma Dio ha chiamato voi in pace.”
Un simile rapporto, semplicemente concordato a due, non deve tuttavia turbare la pace e la serenità di chi crede in Gesù. Non si deve stare insieme a tutti i costi, nonostante ogni evidenza, con liti, malintesi, tensioni continue. Non è chiesta una pazienza ad oltranza. Chi crede non deve diventare inutilmente vittima di chi persiste in  una pervicace ostilità contro Cristo. 
“16 Cosa infatti sai, donna, se salverai il marito? O cosa sai uomo, se salverai la moglie?”
Non ha senso portare avanti ad oltranza, fino all’assurdo, una convivenza, nell’infondata convinzione che anche l’altro o l’altra alla fine crederà. Spesso succede esattamente il contrario: chi vuol salvare a tutti i costi il matrimonio con chi non crede, finisce, per amore del quieto vivere, con l’abbandonare la sequela di Cristo. Si avvera in tal modo che la parte peggiore vince la migliore e non viceversa.
“17 Tuttavia a ciascuno come ha distribuito il Signore, ciascuno come ha chiamato Dio, così cammini. E così in tutte le chiese ordino.”
Paolo può dare soltanto indicazioni di massima, del tutto generiche e generalizzanti: ognuno deve poi considerare alla luce dello Spirito Santo la propria situazione. Non sempre sono validi gli stessi criteri, quando la realtà di fatto si presenta diversa. Si possono appianare ed appaiare diversità minime di situazione, non quelle massime. Vale sempre ed ovunque considerare quali doni ci grazia ci sono stati dati, e qual è la nostra individuale vocazione. Un altro uomo non può decidere per noi. Non vi sono criteri validi in assoluto. Criterio assoluto è l’obbedienza alla volontà di Dio.
Rimanere nella situazione in cui si è stati chiamati è  saggia prudenza. Ad eccezione del peccato si intende!
“18 Qualcuno fu chiamato da circonciso: non lo nasconda!”
Sei stato chiamato da circonciso? Non perdere la testa in inutili e problematiche preoccupazioni riguardo alla circoncisione. Non hai nulla da nascondere e da giustificare. Sta sereno come sei.
“Con il prepuzio qualcuno è stato chiamato: non sia circonciso!”
Sei stato chiamato da incirconciso. Non porti affatto il problema della circoncisione.
“19 La circoncisione è niente e il prepuzio niente è, ma l’osservanza dei comandamenti di Dio.”
Circoncisione o incirconcisione non hanno alcuna importanza nell’economia della fede in Cristo. Tali problematiche interessavano la fede nel Cristo che doveva venire, sono superate dal Cristo che è già venuto.
“20 Ciascuno nella chiamata in cui fu chiamato in questa rimanga.”
Ciascuno rimanga fedele allo spirito della primitiva chiamata, che è innanzitutto sequela di Cristo, per il rinnegamento della propria volontà e non per la sua realizzazione. Non c’è novità per cui si debba esultare in futuro che non sia già realtà in atto.
“21 Da servo fosti chiamato, non ti preoccupare! Ma se anche puoi divenire libero, piuttosto profitta.”
Sei stato chiamato  in una condizione servile? Non aspirare a diventare liberto, cioè ad essere affrancato da una schiavitù materiale. Ti basti di essere stato liberato dalla schiavitù dello spirito. Per paradosso potremmo anche dire. Quand’anche ti si presentasse la possibilità di diventare liberto, scegli di rimanere schiavo, tu che già sei stato fatto libero da Cristo.
“22 Infatti lo schiavo chiamato nel Signore è liberto del Signore, allo stesso modo il chiamato libero, schiavo è di Cristo.”
Non c’è vera schiavitù e vera libertà se non nel nostro essere in Cristo o senza Cristo.
“23 A prezzo siete stati comprati;”
Considerate qual è il prezzo che è stato pagato per il vostro riscatto dalla schiavitù del Maligno.
“non diventate schiavi di uomini.”
Ora che conoscete una libertà infinitamente più grande di quella che è data nel rapporto tra uomo e uomo, non scendete in basso, rimanete in alto, in una dimensione di libertà spirituale che niente e nessuno può infrangere, perché comprata per noi da Dio a prezzo del sangue del suo eterno Figlio.
“24 Ciascuno in ciò in cui fu chiamato, fratelli, in questo rimanga davanti a Dio.”
Ripete Paolo il motivo conduttore del suo discorso. Rimanete fedeli alla vostra chiamata, davanti a Dio autore della salvezza. Non vi date cura e preoccupazione dell’umano sentire.
“25 Riguardo poi ai vergini  non ho un comando del Signore, un consiglio però do come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore per essere degno di fede.”
Riguardo ai vergini, ancora una volta, nessun comando da parte del Signore, ma solo un consiglio da parte di Paolo, come può dare  chi è degno di fede, non per i propri meriti, ma semplicemente per aver ottenuto misericordia da parte del Signore.
“26 Penso dunque questo essere buono a causa della presente avversità,”
Cosa vuol dire Paolo? Di quale presente avversità sta parlando? Difficile dare una spiegazione sicura. Avversità presente potrebbe essere quella che interessa i Corinzi in modo contingente, relativo e circostanziato, non generalizzabile e non  estendibile a tutte le Chiese.
Si potrebbe però intendere anche in un senso decisamente opposto, cioè come avversità tipica del secolo presente, estensibile a tutta l’esistenza umana. In altre parole: considerato non come dovrebbero andare le cose, ma come vanno in realtà a questo mondo, meglio fare così e così…
“che sia buono per l’uomo così essere. 27 Sei legato a un a donna? Non cercare separazione! Sei sciolto da  donna? Non cercare donna!”
Per dirla in altre parole, considerata la complessità del problema in sé e per sé, ulteriormente aggravato dalle difficoltà e dalle complicazioni di una  fede, che ci mette in urto contro il comune modo di pensare, a cominciare dai sentimenti di famigliari, amici, conoscenti, buono è cercare di trovare una soluzione semplice, accettabile e comprensibile da tutti.
Se è possibile, meglio mantenere i legami e i rapporti in atto, evitando rotture brusche ed inversioni di marcia difficilmente comprensibili e giustificabili.
Sei tu sposato? Non cercare di rompere questo legame, neppure se tua moglie non è credente ma pur tuttavia accetta di stare con te. Ha già parlato di questo e ne dà un’ulteriore conferma.
Sei sciolto da un legame con donna? Non cercare donna. È il modo più sicuro, più tranquillo di procedere. Non solo ti sono evitate le complicazioni della vita coniugale, neppure si può pensare che Dio imputi a peccato o a colpa una simile scelta. Il Signore, come appena detto dall’Apostolo, ci ha chiamato nella pace. Se nella pace sei, perché vuoi rischiare di perderla?
“28 E se poi ti sposi, non hai peccato, e se si sposa la vergine, non ha peccato.”
Può anche essere che un celibe non viva la propria condizione in maniera pacifica e serena e pensi sia più opportuno per lui sposarsi.
Se uno pensa di fare un simile passo, non si ponga problemi oltre ciò che è giusto e ragionevole. Se ha deciso di sposarsi non si senta colpevole davanti a Dio: non ha commesso alcun peccato. Stia tranquillo sia chi pensa di sposarsi in un futuro immediato, sia chi già si è sposato. Nessuna rottura si è creata nel rapporto con Dio. Più semplicemente questo  si fa più difficile e complesso, ma non ne perde  in autenticità e serietà.
“Ma i tali avranno tribolazione nella carne, ma io a voi la risparmio.”
Perché allora Paolo consiglia in genere di non legarsi in matrimonio? Semplicemente perché vorrebbe risparmiare ai vergini le tribolazioni della carne, così come sono date e trovate nel matrimonio. Non è poi così tutto semplice come potrebbe apparire a qualcuno. Ci si sposa forse per evitare la tribolazione che è data dalla castità richiesta a un vergine, ma si finirà poi per trovare la tribolazione per la castità richiesta ad un coniugato.
Impossibile scansare la croce che ci viene dalla lotta contro le passioni della carne. Non c’è modo di evitarle: più semplicemente chi sceglie di non sposarsi ne attenua l’impatto. E non è disapprovato da Dio, come lo è il soldato che di fronte al nemico si dà alla fuga. A nessuno Dio impone il matrimonio. È esattamente vero il contrario. In certi casi è imposta un’astensione obbligata dalla donna, come nel caso dell’eunuco.
“29 Questo poi dico, fratelli: il tempo è  breve; per il resto, che anche gli aventi moglie siano come non aventi, 30 anche i piangenti come non piangenti e chi si rallegra come non rallegrantesi e i compranti come non possedenti: passa infatti la figura di questo mondo.”
Continua Paolo nella sua argomentazione. Il tempo di questa vita è breve: se possibile non andiamo in cerca di ulteriori complicazioni che si aggiungono a quella che sono già trovate. Cerchiamo ciò che è essenziale per la salvezza e non diamo a tutto il resto l’importanza che non ha. Come dico ai non sposati di non cercare donna, così pure dico a quelli che hanno moglie di non dare un peso ed un’importanza sbagliata al rapporto con il coniuge. Tutto in questo mondo ha importanza relativa, solo la fede pretende ed attinge all’assoluto.
Se non è importante avere o non avere moglie, lo stesso si può dire di tutto il resto che entra a far parte di questa breve vita terrena. Chi piange viva come se non piangesse, perché  viene il tempo, ed è già vicino, in cui sarà asciugata per sempre ogni lacrima; chi si rallegra non dia importanza ad una allegria del tutto effimera e passeggera: chi compra non si lasci prendere  dalla brama del possesso dei beni di questo mondo, perché ci saranno tolti.
“passa infatti la figura di questo mondo.”
Ciò che è figura è destinato a passare e a finire: cerchiamo ciò che vale e dura in eterno.
“32 Ora voglio che voi siate senza preoccupazioni.”
Prima Paolo ha detto che vuole alleggerirci il carico delle tribolazioni, adesso aggiunge che ci vuole senza preoccupazioni. Ed è indubbio che il matrimonio di preoccupazioni ne porta tante.
“Il non sposato si preoccupa delle cose del Signore, come piacere al Signore;”
Chi non è sposato ha una sola preoccupazione: quella di piacere al Signore. Non vive situazioni di conflitto che chiamino in causa un’altra persona con cui deve percorrere un cammino.
“33 invece lo sposato si preoccupa delle cose del mondo, come piacere alla moglie, 34 ed è diviso.”
Lo sposato è più direttamente coinvolto nella realtà di questo mondo. Non può fare quello che vuole: deve portare avanti una famiglia. E questo lo lega più strettamente all’andazzo della società: deve rivendicare non solo per sé, ma anche per i propri figli. Non può subire più di tanto e non può far ricadere direttamente sulla famiglia scelte di povertà e di emarginazione. Chi non è sposato può guardare solo al cielo ed andare di corsa verso la meta finale; chi è sposato deve preoccuparsi di trovare una sistemazione in questo mondo per i propri figli e non gli è indifferente come vanno le cose quaggiù. Deve poi vedersela con la moglie e darle soddisfazione anche in scelte non molto illuminate, per amore di un minimo di quieto vivere, che renda la convivenza sopportabile o accettabile.
E tutto questo crea una sorta di divisione del cuore, che da un lato vorrebbe e dall’altro non può, perché impedito e trattenuto dalla complessità e difficoltà di un rapporto a due, aperto alla procreazione e a rapporti umani sempre più condizionanti ogni libera scelta.
“Anche la donna non sposata e la vergine si preoccupa delle cose del Signore perché sia santa nel corpo e nello spirito.”
La donna libera dal vincolo matrimoniale, può dedicarsi al Signore anima e corpo, non trova davanti a sé alcun impedimento da parte di altri. Paga di persona sulla propria pelle, non deve trascinare e coinvolgere la famiglia nelle proprie scelte di povertà e di sacrificio.
“Invece la maritata si preoccupa delle cose del mondo, come piacere al marito.”
La donna sposata è presa da mille preoccupazioni ed affanni, a cominciare dall’ansia per il cibo quotidiano, necessario per sfamare quelli che vivono sotto lo stesso tetto. Deve poi cercare di piacere in tutto al marito per non destabilizzare il nucleo famigliare per quel che riguarda l’affetto e la mutua stima.
“35 Questo poi dico per il vostro stesso interesse, non per mettere un cappio sopra a voi ma per ciò che è onorevole e assiduo al Signore senza distrazione.”
Ribadisce Paolo la sincerità di consigli dettati da autentico amore, senza volontà di inganno, senza fini propri, senza desiderio alcuno che non sia quello del bene di tutti e di ognuno.
Anche ciò che di per sé non è peccato, ma sacrificio e sofferenza, in alcuni casi può essere motivo di distrazione e di rallentamento della fede in Cristo. Meglio procedere a passo spedito, senza tirarsi dietro un carico che non è imposto dal Signore, ma liberamente scelto.
“36 Se poi qualcuno reputa di comportarsi sconvenientemente verso la sua vergine, qualora sia oltre il fiore dell’età, e così è necessario avvenga, faccia ciò che vuole, non pecca, si sposino!”
Un consiglio, dato in forma generica a tutti come principio di massima non può comprendere ed esaurire in sé la diversità e la totalità dei casi e delle situazioni. Qualcuno può avere valide ragioni ai propri occhi o sentimenti tali da reputare utile e giusta una scelta in senso diverso da quanto suggerito.
Ci può essere anche chi che da tempo porta avanti una relazione con una donna, e non crede giusto ed opportuno, per ragioni diverse, lasciarla a sé in un tempo in cui la giovinezza va tramontando. In due è cominciata una storia, in due si vuol portarla a conclusione. Beninteso, nell’amore del Signore. E chi potrebbe disapprovare? “faccia ciò che vuole, non pecca, si sposino!”
Niente di male e nessun timore di peccare contro Dio. Si passi serenamente al matrimonio.
“37 Chi però sta fermo nel suo cuore non avendo necessità, ma ha potere rispetto alla propria volontà e questo ha giudicato nel suo cuore di custodire la sua vergine, farà bene.”
Ci può essere anche una situazione diversa in un consolidato legame con la donna. Si respira aria di libertà da entrambe le parti. Non è opportuno rompere un’amicizia, ma non è poi così importante arrivare al matrimonio. Si può rimanere all’interno di un amore fraterno puramente spirituale, non costretto da esigenze carnali.
Una scelta di tal genere comporta ovviamente un sentimento di grande libertà rispetto al bisogno o al desiderio di avere l’altro o l’altra intimamente uniti a sé. Si può custodire una donna nel proprio cuore, risparmiando  a sé ed all’altra le tribolazioni della carne. Ma c’è bisogno di una volontà e di una convinzione ben ferma e salda, che non è data a tutti e che in ogni caso non si può pretendere da alcuno. Fa bene l’uomo che custodisce nella verginità una sorella di fede che considera sua in maniera speciale e diversa. L’essere in due non sempre è un impedimento, a volte può anche essere un aiuto voluto e dato dal Signore. In quanto al fatto che si sposino o meno, non ha importanza alcuna.
“38 Perciò sia il maritante la sua vergine fa bene sia il non maritante meglio fa.”
Fa bene chi sposa la sua vergine, fa ancor meglio chi non la sposa. Tenuto conto ovviamente di realtà e situazioni diverse, come Paolo ha appena spiegato. È semplicistico un ragionamento di tal genere: se sposarsi è bene e non sposarsi è meglio, allora tanto vale scegliere ciò che è meglio. Non sempre si è all’altezza di una scelta e non sempre è suggerita come opportuna dalla situazione in atto. Ci sia pace e serenità nei cuori dell’uomo e della donna che si sentono uniti in modo particolare. Non vi è nessun peccato nel sentirsi fatti l’uno per l’altra. Sposati o non sposati, poco importa. Importa essere entrambi perennemente innamorati di Cristo.
È questo e solo questo l’amore che non finisce, ma si accresce di giorno in giorno fino a condurci ad eterne nozze.
“39 La donna è legata per tutto il tempo in cui vive il suo marito; se poi muore il marito libera è di sposarsi con chi vuole, soltanto nel Signore.”
Continua Paolo nell’esaminare le varie situazioni. Probabilmente gli è stato chiesto un chiarimento riguardo alla condizione della donna sposata. Quello che vale per l’uomo vale anche per lei. Non è consentito rompere un legame in atto. La donna è legata al marito per tutto il tempo in cui questo è in vita. Se muore il marito è libera di sposarsi con chi vuole. Nessun marito a lei non gradito si può imporre ad una donna vedova. Non c’è consuetudine, norma, tradizione che possa giustificare il contrario.
“40 Più felice però è se così rimane, secondo la mia opinione; ritengo poi anch’io di avere lo Spirito di Dio.”
Dopo aver ricordato cosa dice al riguardo la Legge di Dio, Paolo nell’impeto di un amore sincero e disinteressato dà un suggerimento, che è pur sempre una semplice opinione: “Sarà più felice se rimane così come è e non cerca le seconde nozze, se pur pienamente legittime”.  È lo spirito di Dio che gli fa dire questo. Se lo Spirito Santo è stato dato ad altri, ancor più è stato dato a lui, l’Apostolo delle genti.