Gen. 4,1-7

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Cap. 4
Dai Settanta
Adamo poi conobbe Eva, sua sposa, ed essa concepì e partorì Caino e disse: “Mi sono acquistata un uomo mediante Dio”. 2 Partorì inoltre il fratello di lui Abele. E divenne , Abele, pastore di greggi, Caino invece era lavoratore della terra. 3 E accadde : con il passare dei giorni portò Caino 9 dei frutti della terra come sacrificio al Signore. 4 E Abele portò, egli pure, dei primogeniti delle sue greggi e del loro grasso. E volse il suo sguardo su Abele e sui suoi doni, mentre a Caino e ai suoi sacrifici non prestò attenzione. Ne fu rattristato Caino assai, e ne fu abbattuto nel volto. 6 E disse ilSignore Dio a Caino: “ Perché sei tanto triste e perché si è abbattuto il tuo volto? Forse che se hai offerto rettamente, ma rettamente non hai diviso, non hai commesso peccato? Sta’ tranquillo. Contro di te è la sua attrazione , ma tu lo dominerai”. 8 E disse Caino ad Abele suo fratello: “Passiamo nella pianura”. E avvenne che , mentre erano nella pianura, si erse Caino contro suo fratello e lo uccise. 9 E disse Dio a Caino: “Dov’è Abele tuo fratello?”. Egli disse: Non lo so: forse custode di mio fratello sono io?”:10 E disse Dio: “ Cos’hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra. 11 E ora maledetto tu dalla terra, che ha spalancato la sua bocca per accogliere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. 12 Certo lavorerai la terra ed essa non continuerà  a darti il suo vigore. Gemente e tremante sarai sulla terra”. 13 E disse Caino al Signore: Troppo grande è la mia colpa , perché io ne sia assolto. 14 Se tu mi cacci oggi dalla faccia della terra, lontano dal tuo volto mi nasconderò e sarò gemente e tremante sulla terra; e avverrà : chiunque mi troverà mi ucciderà”. 15 E disse a lui il Signore Dio: “ Non così: chiunque avrà ucciso Caino pagherà sette volte la vendetta “. E pose il Signore Dio un segno su Caino, perché non lo sopprimesse chiunque lo trovasse. 16 Uscì allora Caino via dal volto di Dio e abitò nella terra di Naid di fronte a Eden. 17 E conobbe Caino la sua sposa ed essa concepì e partorì Enoch, che fu costruttore di una città e la chiamò Enoch dal nome di suo figlio. 18 Nacque ad Enoch Gaidad e Gaidad generò Maiel e Maiel generò Mathusala e Mathusala generò Lamech. 19 19 e si prese Lamech due mogli , una di nome Ada, la seconda Sella. 20 E partorì, Ada, Jobel. Questi fu padre di coloro che abitano nelle tende degli allevatori di bestiame. 21 E il nome di suo fratello Jubal e fu colui che insegnò a suonare il salterioe la cetra. 22 Sella poi partorì anch’essa Thobel: questi era martellatore e forgiatore di rame e ferro. Sorella di Thobel: Noemi. 23 e disse Lamech alle sue mogli: “Ada e Sella, ascoltate la mia voce; mogli di Lamech, prestate orecchio alle mie parole: un uomo ho ucciso per una ferita a me e un ragazzo per un livido a me. 24 poiché sette volte è stata presa vendetta da Caino, ma da Lamech settanta volte sette. 25 Conobbe ancora Adamo Eva, la sua sposa, ed essa concepì e partorì un figlio e lo chiamò con il nome di Seth dicendo: “Ha fatto sorgere per me Dio un altro seme al posto di Abele, che Caino ha ucciso”. 26 E a Seth nacque un figlio e lo chiamò con il nome di Enos. Questi concepì la speranza di invocare il nome del Signore Dio.

Dalla Vulgata
Adam vero cognovit Havam uxorem suam quae concepit et peperit Cain dicens possedi hominem per Dominum 2 rursuque peperit fratrem eius Abel fuit autem Abel pastor ovium et Cain agricola 3 factum est autem post multos dies ut offerret Cain de fructibus 4 terrae munera Domino Abel quoque obtulit de primogenitis gregis sui et adipibus eorum et respexit Dominus ad Abel et ad munera eius 5 ad Cain vero et ad munera illius non respexit iratusque est Cain vehementer et concidit vultus eius 6 dixitque Dominus ad eum quare maestus es et cur concidit facies tua 7 nonne si bene egeris recipies sin autem male statim in foribus peccatum aderit sed sub te erit appetitus eius et tu dominaberis illius 8 dixitque Cain ad Abel fratrem suum egrediamur foras cumque essent in agro consurrexit Cain adversus Abel fratrem suum et interfecit eum 9 et ait Dominus ad Cain ubi est Abel frater tuus qui respondit nescio num custos fratris mei sum 10 dixitque ad eum quid fecisti vox sanguinis fratris tui clamat ad me de terra 11 nunc igitur meledictus eris super terram quae aperuit os suum et suscepit sanguinem fratris tui de manu tua 12 cum operatus fueris eam non dabit tibi fructus suos vagus et profugus eris super terram 13 dixitque Cain ad Dominum maior est iniquitas mea quam ut veniam merear 14 ecce eicis me hodie a facie terrae et a facie tua abscondar et ero vagus et profugus in terra omnis igitur qui invenerit me occidet me 15 dixitque ei Dominus nequaquam ita fiet 24 sed omnis qui occiderit cain septuplum punietur posuitque Dominus Cain signum ut non eum interficeret omnis qui invenisset eum 16 egressusque Cain a facie domini habitavit in terra profugus ad orientalem plagam Eden 17 cognovit autem cain uxorem suam quae concepit et peperit Enoch et aedificavit civitatem vocavitque nomen eius ex nomine filii sui Enoch 18 porro Enoch genuit Irad et Irad genuit Maviahel et Maviahel genuit Mathusahel et Matushael genuit Lamech 19 qui accepit uxores duas nomen uni Ada et nomen alteri Sella 20 genuitque Ada Iabel qui fuit pater habitantium in tentoriis atque pastorum 21 et nomen fratris eius Iubal ipse fuit pater canentium cithara et organo 22 Sella quoque genuit Thubalcain qui fuit malleator et faber in cuncta operis aeris et ferri soror vero Thubalcain Noemma 23 dixitque Lamech uxoribus suis Adae et Sellae audite vocem meam uxores Lamech auscultate sermonem meum quoniam occidi virum in vulnus meum et adulescentulum in livorem meum 24 septuplum ultio dabitur de Cain de Lamech vero septuagies septies 25 cognovitque quoque adhuc Adam uxorem suam et peperit filium vocavitque nomen eius Seth dicens posuit mihi Deus semen aliud pro Abel quem occidit Cain 26 sed et Seth natus esT filius quem vocavit Enos iste coepit invocare nomen Domini.

 

 

 

Traduzione dalla Vulgata
“Adamo  conobbe poi Eva, sua moglie, che concepì e partorì Caino dicendo: “Ho avuto in possesso un uomo, mediante Dio”. 2 E di nuovo partorì suo fratello Abele. E fu Abele, pastore di pecore, Caino  lavoratore della terra.3 E accadde: dopo molti giorni che Caino offrì dai frutti della terra in dono al  Signore. 4 Anche  Abele offrì dai primogeniti delle sue greggi e dai loro grassi. E volse Dio il suo sguardo ad Abele  e ai suoi doni, 5 ma a Caino e ai suoi doni non volse il suo sguardo. Si adirò fortemente Caino, e si abbassò il suo volto.6 E disse a lui il Signore  “Perché sei tetro e perché si è abbassato il tuo volto? 7 Forse che se hai fatto bene non riceverai, ma se male subito il peccato non si mostrerà alla porta? Ma sotto di te sarà il suo appetito, e tu lo dominerai. 8 E disse Caino ad Abele suo fratello: “Usciamo fuori.” Ed essendo nel campo, si erse Caino contro suo fratello Abele e lo uccise. 9 E disse Dio rivolto a Caino: “Dov’è Abele tuo fratello?”. Questi rispose: “Non lo so: forse custode di mio fratello sono ?”. 10 E disse a lui: “Cos’hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra. 11 E ora pertanto sarai maledetto sopra la terra, che ha aperto  la sua bocca ed ha ricevuto il sangue di tuo fratello dalla tua mano”. 12 Dopo che l’avrai lavorata, non darà a te i suoi frutti. Vagabondo e profugo sarai sulla terra”. 13 E disse Caino al Signore: “E’ così grande la mia iniquità, che io non posso meritare perdono”. 14 Ecco tu mi cacci oggi dalla faccia della terra  e dalla tua faccia mi nasconderò e sarò vagabondo e profugo sulla terra. Pertanto chiunque mi troverà mi ucciderà. 15 E disse a lui il Signore: “Non sarà mai così, ma chiunque  avrà ucciso Caino sarà punito sette volte”. E pose il Signore  un segno su Caino, perché non lo uccidesse chiunque lo avesse trovato. 16 Uscito allora Caino  dal volto di Dio  abitò profugo nella  regione ad oriente di Eden. 17 Ma conobbe Caino sua moglie che concepì e partorì Enoc e costruì una città e chiamò il suo nome dal nome del figlio suo Enoch. 18 Poi Enoch generò Irad ed Irad generò Maviahel e Maviahel generò Mathusael e Mathusael generò Lamech 19 che prese due mogli: una di nome Ada e l’altra di nome Sella. 20 E generò Ada Iabel che fu padre di coloro che abitano sotto le tende e dei pastori 21 e il nome di suo fratello Iubal, lo stesso fu padre  di coloro che cantano con la cetra e il salterio. 22 Sella pure generò  Tubalcain che fu martellatore e fabbro in tutti i lavori di rame e di ferro,  sorella poi di Thubalcain fu Noemma.  23 E disse Lamech  alle sue mogli Ada e Sella: ascoltate la mia voce mogli di Lamech, prestate orecchio alle mie parole poiché ho ucciso un uomo per una ferita a me, ed un ragazzo per un livido a me, 24   “Sette volte si farà vendetta per Caino, ma settanta volte sette per Lamech”.
25 E Adamo  conobbe  fino ad ora  sua moglie,  e generò un figlio e lo chiamò col nome di Seth, dicendo: “Ha posto per me  Dio un altro seme in cambio di Abele, che Caino ha ucciso”. 26 Ma anche a Seth nacque un figlio che chiamò con il nome di Enos. Questi cominciò ad invocare il nome del Signore.

La cacciata di Adamo ed Eva da Eden significa la fine di quella vita che è nell’essenza ed il passaggio ad un’altra vita che è nell’esistenza.
Ma come avviene questo passaggio? Non si passa da una vita ad un’altra vita se non attraverso una morte. In Adamo tutti gli uomini hanno peccato e sono perciò morti. Morti in quell’unità che è data dal genere rinasciamo in quella dimensione che è data dall’individuo: uno alla volta e ciascuno in un suo tempo, secondo una logica di continuità tra l’io che è e l’io che è divenuto, per cui alla fine ognuno si ritrova non semplicemente col peccato di un altro Adamo, ma col peccato del proprio essere in Adamo. Se il peccato fosse stato commesso da Adamo ed Eva, intesi come i due, e non come figura del genere umano, che è dato da due, Genesi ci mostrerebbe le conseguenze del loro peccato in loro e per loro. In realtà il peccato che è stato fatto da Adamo ed Eva porta le sue conseguenze nei loro figli. Adamo ed Eva non hanno più peccato, semplicemente perché non esistevano più. Non si passa dall’essenza all’esistenza, se non dopo una morte. Non viene interrotta la vita di Adamo, se non per fare intendere che l’io che viene ritrovato nell’esistenza è quello stesso io che ha peccato in Eden: ognuno di noi ritrova il suo e non quello di un altro o qualcosa d’altro. Ma se Adamo ed Eva non hanno fatto più niente di bene e male, qualcosa hanno certamente fatto con la loro morte. Hanno dato inizio al nuovo genere umano, all’individuo e ad agli individui che entrano nell’esistenza.

“Adamo  conobbe poi Eva, sua moglie, che concepì e partorì Caino dicendo: “Ho avuto in possesso un uomo, mediante Dio”. 2 E di nuovo partorì suo fratello Abele. E fu Abele, pastore di pecore, Caino  lavoratore della terra”.

Prima del peccato Adamo ed Eva non ebbero alcuna conoscenza carnale, diversamente avrebbero generato figli senza peccato, per l’eternità. Non si può generare per la vita eterna, senza prima cogliere dall’albero della vita. Rifiutato l’albero della vita, altra generazione non ci può essere se non per la morte. In realtà Adamo ed Eva non generarono affatto altre persone né prima né poi. Se prima era impossibile senza l’albero della vita generare alla vita, una volta morti diviene impossibile generare altri con la propria morte. E giustamente, diciamo noi, perché altrimenti i figli pagherebbero per la colpa dei padri, mentre ognuno paga e porta le conseguenze del proprio peccato. Ma allora come intendere questa generazione? Non c’è una nuova serie di individui, ma un nuovo modo di essere degli stessi individui. La morte di Adamo ed Eva significa la morte dell’umanità tutta che era in loro. Allorché questa umanità muore come genere, alla sua dimensione essenziale, rinasce come somma di individui nella dimensione esistenziale. Soltanto in un senso figurato possiamo dire che Adamo ed Eva con la loro morte hanno generato, perché non ci sarebbe questa nostra storia, senza quell’altra storia. Soltanto allorché morti e solo perché morti poterono generare gli individui che entrano nell’esistenza. Non altri individui, per fortuna e a gloria della giustizia divina, ma soltanto quelli che erano in Eden. Perché di tutti gli uomini si possa dire che sono figli di Adamo, in linea diretta, non di un altro Adamo, ma del proprio essere stati in Adamo. Con la disobbedienza di Adamo è rotta l’unità del genere. E’ proprio questa rottura, che è caduta, che dà inizio ad una vita diversa dei molti, perché diventati tali, dopo essere stati uno in Adamo. La diversità dell’esistenza rispetto all’essenza è data innanzitutto da un diverso rapporto con il Creatore, ma nel contempo con un diverso rapporto con le creature e con la creazione tutta. Siamo all’alba di un altro mondo, non di altri uomini e di un’altra umanità, ma di un’umanità che si è fatta altra da quello che era. Oltre non vogliamo insistere: chi vuol comprendere, comprenda.
Invano e inutilmente ti chiederai quale fu la sorte finale di Adamo ed Eva. Morirono semplicemente in Eden come uno, ma solo per rinascere fuori di Eden come molti, o meglio per continuare a vivere fuori dal giardino di delizia, in un giardino che di delizia non era più. Non ti stupisca che cacciati da Eden subito abbiano procreato e null’altro di essi si dica se non che hanno generato e non una sola volta, ma più volte in maniera continuativa, perché sia ben chiaro che non c’è uomo che non venga dal seme di Adamo.
“Adamo poi conobbe Eva… ed essa concepì e partorì ( Gen 4)
Conobbe ancora Adamo Eva, la sua sposa, ed essa concepì e partorì”… ( Gen 4,25)
“Visse poi Adamo duecentotrenta anni e generò secondo il suo aspetto e secondo la sua immagine” ( Gen, 5,3 )
“Furono poi i giorni di Adamo, dopo che egli ebbe generato Seth, settecento anni e generò figli e figlie” ( Gen, 5,4 )
Cosa altro Adamo ed Eva abbiano fatto non importa dire e non si potrebbe neppure dire. Ma giova sapere chi hanno generato, i nomi e la vita dei loro figli ed ancora prima come hanno generato. Se è continuamente attestata e ribadita la nostra discendenza da Adamo, in quanto ad Eva, ad un certo punto neppure se ne parla. L’immagine cede il posto alla realtà. La figura di Eva diventa sempre più superflua ed ininfluente per quel che riguarda la nostra generazione all’esistenza. Noi tutti siamo figli dell’uno che è in Eden, e in senso secondario e derivato dei due che sono fuori di Eden.  Se poi vuoi  pensare che l’esistenza cominci con un Adamo ed un’Eva, io ti dirò che non sono più l’ Adamo ed Eva di Eden, ma semplicemente due qualsiasi dei molti che erano in Eden. Ma facciamo un passo indietro e ritorniamo ai nostri due là dove li abbiamo lasciati.
“Adamo, poi conobbe Eva, ed essa concepì e partorì Caino” …
Dobbiamo innanzitutto rilevare come questa umanità non è stata affatto concepita, come la prima, dal Padre e generata nel Figlio, non passa e non discende da un atto di conoscenza divina, ma da una conoscenza che la creatura ha della creatura. Lo stato di peccato di Adamo e di Eva si trasmette quindi in tutti i discendenti dai genitori ai figli. Nessuna responsabilità diretta o indiretta possiamo attribuire a Dio del nostro stato , ma dobbiamo soltanto ringraziarlo per la sua infinita misericordia. In virtù di essa siamo stati “ripresi” e ripescati dal Padre, e benché degni di morte eterna ci è stata concessa un’altra ed ultima possibilità di vita  nel Figlio. Per questo è scritto “Eva… disse: Mi sono acquistata un uomo mediante Dio”.  Un nuovo acquisto certo, per grazia di Dio, ma nulla di dovuto.  Una vita che è semplicemente donata non deve essere acquistata, ma allorché si rinnega il Creatore e ci si vende al Maligno, non si può ritornare al Signore, se non si viene da Lui riscattati. Ma prima ancora di parlare del prezzo del riscatto dobbiamo considerare che è già  un acquisto per chi è meritevole di morte essere lasciato in vita. All’origine dell’esistenza è dunque la misericordia divina che ci fa grazia della vita. Altro è essere graziati della vita, altro è ritornare alla vita del primo ed unico nostro Signore . Si può risparmiare una vita, senza considerare la sua volontà, con un atto di clemenza, non è possibile farla propria, usando violenza al libero arbitrio. In ogni caso c’è di mezzo un riscatto ed un ritorno al Signore che non può essere semplicemente un cammino a ritroso per trovarci tutti come prima.  E’ cambiato qualcosa per Dio, e deve cambiare qualcosa anche per noi. Non c’è cambiamento della creatura che non induca cambiamento nel Creatore. Il Signore da subito e da sempre ha dato una risposta al peccato dell’uomo. Non semplicemente ripetendo ed affermando il proprio amore, ma dando fondo ad ogni amore in virtù del sacrificio del Cristo. E’ Lui il prezzo del riscatto che il Padre è disposto a pagare, da subito e senza ripensamento alcuno. E tu misero uomo, vuoi fare il processo a Dio? Cosa ti è stato dato che tu non abbia meritato, e che cosa non ti è dato dal Padre insieme al Cristo? Colui che dà il più può negarti il meno? Ma io vorrei un’altra vita, mi replicherai. La vita in atto è una scelta tua, le sue brutture sono uno sgorbio fatto da te, non da Dio. Il Signore ha fatto bene tutte le cose. E’ giunta l’ora in cui bisogna smetterla di fare da soli, perché non ci sarà ricorso in appello.  Non comprendi che desiderando un’altra vita, continui nel desiderio della stessa vita. Desidera innanzitutto un altro Signore, e allora ne avrai maggior frutto e vedrai la ricchezza del suo dono.
Bando alle ciance dunque, e basta con le lacrime di coccodrillo. Apri il tuo cuore all’amore del Signore e all’intelligenza della sua Parola. Ci sono tante cose che non comprendi  e vorresti comprendere? Comincia ad aprire il tuo intelletto all’ascolto della parola del Signore. Invece di porre tanti inutili domande al Creatore, ascolta e comprendi quello che Lui vuole dirti. Leggi le Sacre Scritture, dalla prima pagina e chiedi umilmente la sapienza che viene dall’alto. Una sapienza che percorre vie diverse da quelle dell’uomo, ma che è fatta per l’unico e medesimo uomo, perché tutti giungiamo alla fede in Cristo.

“ E di nuovo partorì  suo fratello   Abele”…

Da un unico atto e da un unico concepimento nascono due figli, due gemelli diremmo noi. Generati dagli stessi genitori, a loro immagine e somiglianza, portatori della stessa conoscenza del bene e del male, si alimentano e si accrescono in maniera diversa. Sembra proprio che l’educazione ricevuta dagli stessi genitori, non c’entri per nulla. Può essere un fattore concomitante la crescita, ma di per sé non è garanzia di nessuna crescita. Perché in rapporto alla propria conoscenza del bene e del male, ognuno si determina e diviene per volontà propria. C’entra innanzitutto il nostro rapporto con Dio, non il rapporto con altri da Dio.

“E  fu Abele pastore di pecore”.

Osserva come le prime parole siano per il secondo nato, cioè Abele e non per il primo.

“Caino lavoratore della terra”.

Una contrapposizione per nulla casuale e superflua. Caino non fece altro che seguire la via naturale segnata dal peccato, quella via per cui Adamo era destinato secondo le parole di Dio a mangiare l’erba del campo… “con il sudore del tuo volto mangerai il tuo pane”. Certamente una vita di sacrificio, il sacrificio che è stato imposto da Dio, ma nulla di più. Rispetto a Caino, Abele è posto in una luce diversa. Quella dell’uomo che non si ferma al punto di partenza, ma che si pone in cammino rispetto alla volontà di Dio, non semplicemente coltivando la propria vita, ma cercando di accrescere la propria vita. Niente e nessuno poteva e voleva impedirgli di essere qualcosa di più e di diverso di un semplice lavoratore della terra.
Dallo stesso Adamo nascono due uomini diversi. Entrambi col peccato di chi li ha generati secondo la carne, ma diversamente rapportati per libera scelta verso il Padre che sta nei cieli. Non c’è all’origine alcuna forma di ateismo: è frutto dei tempi moderni. C’è tuttavia da subito un modo diverso di rapportarsi nei confronti di Dio e della sua volontà salvifica. Ed è questa la volontà emergente che innanzitutto viene sottolineata. Il primogenito coltiva un rapporto con Dio che è secondo natura, coltiva il proprio essere creato; il secondogenito va oltre nella volontà non solo di pascere se stesso, ma di porsi addirittura come pastore di altre creature. Se per l’uomo nato da Adamo la prima realtà è quella del peccato,  dallo stesso Adamo nasce un altro uomo, la cui esistenza è prioritaria davanti a Dio, se pure viene dopo in senso temporale. Ce lo attesta chiaramente la lettera agli Ebrei:
“ Per fede comprendiamo che sono stati disposti i mondi con la parola di Dio, così che non dalle cose che appaiono l’essente visibile è stato fatto.
Per fede una migliore vittima Abele rispetto a Caino offrì a Dio, per la quale gli fu resa testimonianza di essere giusto, rendendo testimonianza per i suoi doni Dio, e per la stessa essendo morto, ancora parla” ( Ebrei 11, 3-4 )
Se pur esiste un unico e medesimo Dio, non da tutti è conosciuto, ma soltanto da coloro che abbracciano e seguono le vie della fede. Credere in Dio non basta, bisogna credere al Dio, creatore del cielo e della terra che tutto ha fatto in virtù della sua Parola. Abele è il primo tipo della fede, non sono ancora i tempi di Abramo, i tempi di una chiamata storicamente ben definita e chiaramente collocata. Ma già nel primo uomo il Padre ha posto nel cuore  il nome del Figlio suo e chiede quell’adesione libera e spontanea al Suo amore che ha nome di fede. La fede vera non è semplice offerta a Dio delle cose conquistate, coltivate, accresciute con il nostro sacrificio. La fede è dono di se stessi e della propria vita, non di quella semplicemente trovata, ma di quella accresciuta per Dio, in vista di Dio Salvatore. Più in là  non è solo  l’offerta del meglio di se stessi a lode e gloria del Signore, ma sacrificio pieno e totale della propria vita, per il riscatto dei molti.
Così Abele porta in sé una duplice immagine: non solo quella della prima fede, che tutto offre della propria esistenza, ma anche della seconda fede che è quella nel Cristo e del Cristo che offre al Padre non sacrifici di agnelli e montoni, ma la sua stessa vita, per mano del fratello, che fede non ha. Una doppia testimonianza è data da Dio in virtù di Abele, ci dice la lettera agli Ebrei: la prima è quella di una coscienza fatta giusta dal Signore, l’altra è quella di una coscienza che testimonia al mondo l’unica vera giustizia e “…  per la stessa essendo morto, ancora parla” ( Ebrei 11, 3-4 ). È morto il portatore della testimonianza, ma proprio perché morto, in virtù della sua morte, ancora parla.

Caino non vuole vedere, non vuole comprendere, non accetta e non accoglie il fratello “diverso” che ha nome di Abele prima, di Gesù Salvatore poi.
Entrambi fanno doni a Dio. In apparenza nessuna diversità, ma il tempo manifesta quel che vale l’opera di ognuno.

“3 E accadde dopo molti giorni che Caino offrì dai frutti della terra in dono al  Signore. 4 Anche  Abele offrì dai primogeniti delle sue greggi e dai loro grassi.”

“E accadde…” Di necessità, perché non c’è nulla di nascosto che alla fine non si riveli. All’apparenza nessuna diversità che possa essere compresa dall’uomo, se non quella  che è data da lavori diversi e non da un maggiore o minore impegno. Entrambi fanno la loro offerta e nessun giudizio è giustificabile da parte nostra. Ma il Signore ha occhi che vedono lontano e scrutano in profondità il segreto del cuore.

“E volse Dio il suo sguardo ad Abele  e ai suoi doni, 5 ma a Caino e ai suoi doni non volse il suo sguardo. Si adirò fortemente Caino, e si abbassò il suo volto”

Noterai che lo sguardo di Dio non è rivolto innanzitutto a ciò che è dato in sacrificio dall’uomo, ma all’uomo stesso. Preziosa agli occhi del Signore è la nostra vita, non semplicemente il frutto della nostra vita. Il Signore volge il suo sguardo ad Abele e ai suoi doni: prima alla Sua creatura, poi ai doni di questa; non mostra interesse per Caino e la sua offerta. Qual è dunque l’elemento discriminante, per cui l’uno è conforme alla volontà di Dio, l’altro no? La diversità in rapporto al Signore è data dal cuore, non innanzitutto e semplicemente dal fare o dall’operare per Lui. Abele offre a Dio non semplicemente il meglio del proprio lavoro, ma la sua stessa vita, che è rendimento di grazie, fede in un Salvatore che viene dal cielo, per offrirci in sacrificio la propria carne, perché fatti come Lui in virtù di un eterno sacrificio, anche noi con Lui, facciamo sacrificio della nostra vita.
(Chi ha celebrato in figura la prima Messa? È stato Abele).
Si fa un dono ad un amico, in segno di amore e gratitudine, per ringraziarlo di tutto il bene che ci vuole, di ciò che è già dato, ma anche di ciò che è promesso e di ciò che Lui ha inscritto nel cuore come speranza per l’eternità.
Nessun dono è imposto da Dio, se non quello che l’uomo può e vuole liberamente fare. Se la vita tutta è un dono di Dio, non si può rispondere a Dio se non nello spirito del dono che abbiamo ricevuto. Non semplicemente riportando a Lui tutto ciò che ci ha dato, ma  con tanto di affetto e ringraziamento. E’ così che l’amore di Dio si rinsalda nell’uomo, allorché va a lode del Creatore, e ne fa risaltare la sua bontà. Abele fa  doni al Signore, nella consapevolezza che nulla può dare in contraccambio  per tutto ciò che ha avuto, se non la sua gratitudine, ovvero il rendimento di grazie.  Caino si pone davanti a Dio in uno spirito diverso: quello del sacrificio, di ciò che non è semplicemente donato all’altro a  lode del suo amore, ma dovuto all’altro, per ciò che ha fatto. Ma con questo è tolto ogni debito: uomo e Dio possono guardarsi in faccia da pari, e Caino può ben sostenere lo sguardo del Creatore. Niente di più triste e di più tristo. Caino avrà ben lavorato e faticato … ma quale l’esito! “…  Dio… a Caino non volse il suo sguardo.  Si adirò fortemente Caino, e si abbassò il suo volto”.
Evidentemente gli premeva far bella figura davanti a Dio, Lo guardava in faccia e ci teneva a vedere la  Sua faccia. Voleva ricevere una lode per i doni che gli costavano tanti sacrifici, non voleva semplicemente dar lode al Creatore. Non sempre la generosità nel dare è a lode di Dio: a volte vuol essere a lode dell’uomo:  merita di essere rigettata dal Signore.
E’ rigettato dunque il sacrificio di Caino, ma non si esaurisce per questo l’amore del Signore. Non c’è tristezza dell’uomo per Dio, che non sia da Lui notata ed inseguita, per essere alla fine ripresa e convertita in gioia. Non c’è volto che si ripieghi  su stesso per guardare in basso che non sia invitato a sollevarsi e a risollevarsi verso L’Alto.

“6 E disse a lui il Signore  “Perché sei tetro e perché si è abbassato il tuo volto?”.

Nessun Padre vuol vedere i propri figli tristi, ma prima deve ben comprendere e all’occorrenza ci richiama. Con tanto amore e senza rancore.

“7 Forse che se hai fatto bene non riceverai, ma se male subito il peccato non si mostrerà alla porta? Ma sotto di te sarà il suo appetito, e tu lo dominerai”.

Non c’è vera coscienza di peccato se non in un vero confronto con il Signore. Finchè Caino continuerà a confrontarsi con se stesso e con i propri giudizi, rimarrà nella presunzione e nella convinzione di un aver offerto rettamente. Ma è la parola del Signore che lo sbugiarda, non per condannarlo, ma per riportare luce nel suo spirito, perché veda in che cosa ha mancato. Sei convinto Caino di aver offerto rettamente? Può anche essere. Ma ti sei chiesto se hai anche diviso rettamente? Chi offre rettamente, non per questo solo divide pure rettamente. Caino ha bensì fatto un’offerta che gli è costata sacrificio, ma senza sapienza e senza luce, senza discernimento fra l’amore del Signore ed il proprio. Bisogna ben dividere nel nostro cuore, fra ciò che è nostro e ciò che è di Dio, ma solo per concludere ed affermare che non c’è bene che non venga da Dio. Dividi il tuo bene da quello che è in Dio e ti ritroverai senza Bene e senza Dio. Ma a questo punto allorché richiamati da Dio bisogna correre ai ripari facendo morire l’uomo che ci ha sedotto e lasciando vivere l’altro uomo, che Dio vuol far vivere in noi.
“Ma sotto di te sarà il suo appetito, e tu lo dominerai”.
Questo è l’auspicio ed il desiderio di Dio. Ed anche il modo di conoscere di una intelligenza superiore che dall’alto vede che per i figli di Adamo c’è ancora possibilità di salvezza in Cristo. Certo il peccato è entrato nell’uomo, con tutta la potenza che gli è data dal Satana. Ma contro la potenza del Satana l’uomo può ancora trovare in sé un’altra potenza donata che è quella del Figlio di Dio: potenza in grado di dominare sovrana su quella del Maligno e di metterla sotto i propri piedi.
Nonostante la caduta di Eden, il Padre continua a portare e ad indirizzare i figli creati nel tempo verso il Figlio generato nell’eternità. L’ascolto negato, può ancora essere dato. In quanto a Dio non cessa di parlare per illuminare, guidare, indirizzare, riportare a sé. Ma se Dio continua a suggerire la via della vita a chi è un bocciato ed un ripetente, noi possiamo anche rimanere nel non ascolto ed imboccare la via della morte eterna.
In questi versetti di Genesi l’esegesi ha visto giustamente l’affermazione indiscutibile del libero arbitrio, come presupposto di ogni chiamata alla salvezza.
Ci sembra tuttavia che la Parola di Dio voglia farci comprendere che il libero arbitrio, come possibilità in Cristo e per Cristo di fare la volontà di Dio, ha conosciuto un continuo e progressivo degrado ed indebolimento.
Se all’inizio  il rifiuto di Cristo ( Caino ) pur venendo all’esistenza per primo, si trova per così dire affiancato da una volontà altrettanto forte ( Abele ) di fare proprio lo spirito di Cristo Salvatore, la storia dell’uomo ha conosciuto un processo, in virtù del quale il peccatore, sopprime per sempre chi è fatto giusto dalla fede in Cristo. Abele muore ucciso dal fratello  e non avrà figli. Non sarà persa la sua discendenza, ma sarà una discendenza il cui rapporto col Salvatore sarà più difficile e non di immediata soluzione. Dopo i patriarchi e la figura di Noè, vi sarà un tracollo definitivo. Nessuna figura di giusto, ma  soltanto la fede nel Cristo venturo, che porterà una salvezza ormai diventata impossibile per tutti. Detto questo apriamo una breve parentesi per approfondire quale libertà si è creata e generata nella discendenza di Caino, che, vedremo, alla fine, lascerà i suoi caratteri come predominanti nell’uomo.
Se è indiscutibilmente vero che c’è nell’uomo una libertà anche dopo il peccato di Adamo e ancor dopo quello di suo figlio Caino e più in là ancora dopo i patriarchi, cerchiamo di  comprendere come si deve intendere. Il senso primo della libertà come definito da Dio è solo nel nostro rapporto con Colui che ci ha creato e non con la nostra realtà creata. Se pensiamo che la vera libertà si collochi nella nostra conoscenza del bene e del male, in un punto neutro fra le due, ci sbagliamo di grosso. Questa non è una libertà originale, ma una libertà derivata dal peccato e in quanto tale porta con sé tutte le ambiguità del peccato. Non vogliamo dire che non esiste in assoluto, esiste semplicemente come prodotto dell’uomo e risultato di un distacco dal Creatore. Non si può certo ignorare, perché è un dato di fatto, ma va ricondotta al suo fondamento ed al suo fine, al suo dover essere per Dio ed in Dio, nel superamento del suo essere  per l’uomo e nell’uomo. Noi siamo innanzitutto liberi in rapporto non al nostro essere creato, ma al nostro Creatore. In altre parole, possiamo volere o non volere Lui. Ma per affermare in noi la  volontà di Lui dobbiamo rinnegare quella creatura che ha rinnegato il Creatore. Non si può volere Dio senza al contempo rinnegare il proprio io. La grazia che ci è data in virtù del sacrificio di Cristo, prima e dopo la sua venuta, fa salva quella libertà che altrimenti sarebbe stata perduta per sempre in Eden. Caino dunque è posto e si pone innanzitutto davanti al volto di Dio. Nulla ci è detto del sacrificio che ha fatto al Signore, se era bello ed abbondante oppure misero. Non giova considerare innanzitutto ciò che l’uomo fa per Dio, ma come egli si pone davanti a Dio, con quale spirito o cuore: se per dar gloria al Signore o per avere gloria dal Signore. Bisogna volere Dio al posto del nostro io, non il nostro io al posto di Dio. E neppure possiamo pretendere di stare accanto al Signore a pari merito, ma semplicemente come coloro che sono stati riscattati dal sangue del Figlio suo: nella consapevolezza e nell’umile confessione del nostro tradimento, nella lode dell’amore del Signore, nel desiderio di essere per sempre suoi servi. Caino evidentemente non è nulla di questo. Ha fatto la scelta sbagliata ed il Signore gli chiede un ravvedimento ed un’inversione di marcia. Certo forte è  l’attrazione  a prendere il posto di Dio, a diventare come Lui senza di Lui ma - dice il Signore - tu la dominerai. È ancora possibile mettersi dalla parte di Dio: le porte del suo amore sono ancora spalancate. Non c’è in Dio spirito di vendetta:  non è toccato dal nostro peccato: le conseguenze sono un male solo per noi. Chi vuol colpire Dio ferisce solo se stesso… e che non sia questo per la morte eterna!
Caino dunque viene trovato peccatore davanti a Dio, primariamente, non per quello che ha fatto, ma per quello che è il suo cuore. Non ha scelto di vivere per Dio, ma per se stesso. La libertà riguarda innanzitutto il nostro cuore nel suo essere in Dio e per Dio. Il cuore rappresenta nell’uomo la sua dimensione spirituale, è creato dal soffio dello Spirito di Dio, ed in quanto tale ci rende partecipi del sua Spirito. Noi siamo liberi di aprirci allo  Spirito nella misura in cui ci è offerto , cioè posto davanti perché lo facciamo nostro. Nessuna violenza da parte di Dio, se non per quel soffio iniziale, che mette in moto la nostra vita in Lui e per Lui. Da quel momento in avanti non ci sarà nessuna crescita per Adamo se non nella misura in cui è da lui stesso cercata e desiderata. L’Amore può proporre, non imporre. Caino dunque viene trovato dal Padre spiritualmente spento, perché ha rivolto altrove le sue possibilità di crescita, verso il creato e verso il proprio essere creato, non verso il Creatore. Il peccato dunque altro non è che rifiuto di Dio: è sempre ed innanzitutto in una dimensione verticale, nel rapporto fra l’uomo e Dio, interessa il   fondamento e la centralità del nostro essere. Se il peccato è solo contro Dio, ciò non significa che si manifesti soltanto in sé e per sé. Al contrario si rende visibile in tutto l’essere creato dell’uomo, investe tutte le sue dimensioni, in un moto pervadente che nulla risparmia, né l’anima, né la carne, né aspetto alcuno di ciò che è stato creato per l’uomo. Possiamo dire che l’aspetto più essenziale del peccato è anche il meno visibile, perché chiuso nell’interiorità di un rapporto a due ( creatura - Creatore ). Ben più visibile ai nostri occhi è il peccato nelle sue conseguenze esteriori. Se la libertà è dello spirito e per lo spirito, va pure specificato che lo spirito dell’uomo vive in unione con un’anima razionale e con un corpo materiale. Tale libertà ha un suo riflesso anche nell’anima e nel corpo. Perché ogni scelta dello spirito investe anche l’anima e di conseguenza anche il corpo. Esiste quindi una libertà originale dello spirito creata e fondata in Dio ed esiste una libertà originata, derivata e conseguente,  che è quella dell’anima a cui ogni spirito è associato. Altrove ne abbiamo parlato a lungo, non vogliamo ripeterci più di tanto. Diremo semplicemente che la libertà intesa come realtà complessa dell’uomo trova nello spirito il suo fondamento trainante ed illuminante. Allorché lo spirito fa un uso corretto della propria libertà, ne viene del bene anche all’anima, che rivestita ed investita della luce divina compie opere per la salvezza. Ma allorché lo spirito viene meno, l’anima diventa malvagia nel proprio operare e cieca riguardo al fine del proprio operare. Il peccato dell’uomo dunque anche se è innanzitutto del suo spirito e contro lo Spirito, si rende più visibile per i moti dell’anima e per quello che noi operiamo in rapporto alla creazione. Se per opere, noi intendiamo ciò che ben si vede anche con gli occhi della carne, dobbiamo dire che non sono tali opere che ci fanno malvagi, ma che è il nostro cuore malvagio che ci ha portato a fare tali opere. Non siamo dunque malvagi perché facciamo azioni malvagie, ma facciamo azioni malvagie perché siamo già malvagi. Malvagio è innanzitutto il nostro spirito, allorché non si lascia vivificare da quello divino, ma si chiude in se stesso in quel soffio iniziale, che, se pur segna l’inizio della vita, viene soffocato in se stesso e destinato a morire in eterno. Il Signore ti ha dato alla vita nonostante la tua volontà: non può e non vuole portarti a vita eterna senza la tua volontà e senza il tuo assenso. Allorché l’uomo si chiude al soffio dello Spirito divino, non muore hic et nunc, continua a vivere come per inerzia, per ciò che gli viene dato, nonostante la sua volontà. E’ inibita e soppressa ogni possibilità di crescita fino a vita eterna.  Se lo spirito non si accresce ma si va spegnendo sempre di più, la stessa cosa  avviene per il corpo e per l’anima,  in quanto rapportati allo Spirito. Alla dissociazione del nostro spirito dallo Spirito divino, segue una dissociazione dell’anima dal suo spirito, ed una dissociazione del corpo dalla sua anima. Cresce sempre più l’autonomia di un’anima, che senza la luce dello spirito diventa cieca e compie ogni sorta di peccato. Diminuisce lo spirito, cresce l’anima, ma soltanto nel peccato e nella ribellione a Dio. Quanto detto rende più comprensibile quanto è scritto di Caino. Caino trovato peccatore nello spirito è subito ripreso nello Spirito da Dio, prima che la situazione precipiti. Ma vano è il richiamo del Signore. Il peccato che non si ferma in tempo opportuno, nel giorno in cui è visitato dal Signore, precipita sempre più verso le sue conseguenze estreme. Colui che è innanzitutto peccatore contro Dio, lo diventa anche contro il proprio simile e contro tutto il creato.
Comprendi dunque perché sta scritto: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore… ed il prossimo tuo come te stesso”. L’amore al prossimo è semplice risposta all’amore di Dio, non lo crea, ma è da esso creato. L’amore verso il prossimo rende visibile l’amore invisibile verso Dio. Per questo diciamo giustamente che chi ama Dio ama anche il prossimo, e chi ama il prossimo manifesta con ciò di amare Dio, non di amore proprio, ma con quell’amore con cui è amato da Dio.