omelie Savonarola frammenti

Gerolamo Savonarola
Sermoni –frammenti
adattamento alla lingua corrente di Cristoforo
Gran cosa è certamente l’amore potente, perché l’amore fa ogni cosa, muove ogni cosa, supera e vince ogni cosa. E la ragione è questa, quia omne agens agit propter finem, cioè per amore del fine che ha la condizione del bene. L’amore dunque muove ogni cosa… Trae a sé ogni cosa. E poiché  la carità è un amore massimo fra tutti, opera cose grandi e mirabili. Fra le altre cose che fa la carità, una è che essa adempie dolcemente e facilmente la legge divina, secondo ciò che è scritto: plenitudo legis est dilectio. Il cristiano che ama Dio governa bene se medesimo e gli altri, e osserva bene tutte le leggi che sono secondo la ragione, perché così come i rami, i fiori, le foglie e i  frutti sono in potenza nella radice dell’albero, e similmente ogni scienza e ogni legge naturale è radicalmente fondata nel lume della ragione, del quale è scritto: signatum est super nos lumen vultus tui, Domine; così nella carità è fondamentalmente e virtualmente ogni legge, e chi ha la carità può adempiere facilmente ogni legge, essendo la legge una certa misura e regola degli atti umani, che indirizza e regola le operazioni umane. La carità poi è misura e regola di tutte le misure e di tutte le  regole, perché la carità misura e regola tutte le altre leggi. Ciascuna legge particolare è in tal modo misura e regola di un atto e di una operazione, che non è regola d’altra operazione… Non così la carità, perché  essa è misura e regola di ogni cosa e di tutte le operazioni umane. E perciò chi ha questa legge della carità, regola bene se e gli altri, e interpreta bene tutte le leggi. Questo si può ben vedere in quelli che hanno cura d’anime, perché chi non ha la carità, e regge e governa i sudditi suoi secondo che trova scritto nella regola o nelle leggi canoniche… se non vi applica la legge della carità, che è misura e regola universale, non reggerà mai bene. Ad esempio, dice la legge: tutti digiunino la quaresima. Se il rettore e prelato vuole questa regola accomodare ugualmente a ciascuno, sarà giudicato troppo severo e non cercherà la salute delle pecorelle, quia qui nimis emungit elicit sanguinem: chi troppo munge la pecorella ne fa venire il sangue. Così il prelato che indiscretamente e ugualmente vuole che tutti osservino la regola o la legge canonica, senza dubbio nuocerà alla salute di molti. Perché non tutti possono né a tutti conviene ugualmente osservare il rigore delle leggi, per la diversità delle complessioni e la fragilità dei corpi e le condizioni dei tempi. Similmente se egli vuole troppo rilassare la regola e le leggi, la religione va per terra. Bisogna dunque che la carità entri di mezzo, che non lasci errare né il prelato né il sottomesso. È necessaria a tutti. La carità è una misura che è piccola, grande e mediocre, e a ognuno s’adatta. Sta con i piccoli, con i grandi, con i mediocri. Essa si conviene, si conforma e si adatta a ogni stato: ai vergini, ai continenti, alle maritate e agli ecclesiastici e ai secolari e infine si conviene a ogni stato e può reggere e governare ciascuno. Sai tu perché oggi non si trova buon governo di anime? Perché la carità è spenta, esinanita fino ai fondamenti. Quando poi alla carità si aggiunge la scienza delle Scritture, con la esperienza della vita spirituale, allora è ottima misura e regola sopra tutte le altre regole e misure. La quale, come è detto, devono avere i prelati, altrimenti non si fa niente, si perde il tempo, le anime periscono e i prelati insieme con i fedeli se ne vanno a casa del diavolo. Prendi l’esempio del medico che porta amore e carità all’infermo, che se egli è buono e amante, dotto ed esperto, non vi è meglio di lui. Tu vedrai che l’amore gli insegnerà ogni cosa, e sarà misura, regola di tutte le misure e di tutte le regole della medicina. Perché lui applicherà con grande diligenza tutte le regole della medicina all’infermo. Se egli non ha amore cercherà il guadagno e poco si curerà della salute dell’infermo. Se esso lo fa per amore, si mette a sopportare ogni fatica, a fare ogni cosa, non risparmia alcuna fatica, viene due o tre volte al giorno presso l’infermo, vuole comprendere ogni cosa, ordina le medicine e vuole vedere l’effetto. Guarda quel che fa l’amore: prendi l’esempio dalla madre verso il figliolo. Chi ha insegnato a quella giovinetta che non ha mai fatto figli a governare il suo figliolo? L’amore. Vedi quanta fatica sopporta il dì e la notte per allevarlo e le sembra ogni gran fatica leggera: che ne è causa? L’amore. Vedi quanti versi, quanti atti e gesti e quante dolci parole fa verso il suo figliolo. Chi le ha insegnato? L’amore. Chi anche ha insegnato alla gallina a nascondere sotto le ali i suoi pulcini? L’amore. Prendi esempio da Cristo, che mosso da intensissima carità si è fatto per noi  fanciullo, resosi simile in ogni cosa ai figli degli uomini nel sopportare fame, sete caldo, freddo e disagi. Chi gli ha fatto fare questo? L’amore. Ora conversa con giusti, ora con pubblicani; e visse in modo che tutti gli uomini e tutte le donne, piccole e grandi, ricchi e poveri, lo possono imitare, ognuno a suo modo e secondo il suo proprio stato, e senza dubbio si salva. Dico a modo suo, perché noi non possiamo imitarlo in ogni cosa. Ma basti che egli sia vissuto in  modo tale che ogni condizione umana possa da lui prendere regola di ben vivere. E chi gli ha fatto tenere tale vita comune e così mirabile? Senza dubbio la carità. Per questo l’apostolo, che lo seguì, diceva scrivendo ai Corinti: cum liber essem ex hominibus, omnium me servum feci. Alla fine la carità lo mise in croce, la carità lo risuscitò, lo fece salire in cielo, e operare così tutti i misteri della nostra redenzione…
Vedendo il diavolo, che è nemico di Cristo Gesù e della Chiesa, un tempio così bello gli venne invidia. E prima tentò apertamente mediante i Giudei, poi mediante i romani, terzo, attraverso gli eretici di distruggere la Chiesa di Cristo Gesù. Ma non gli riuscì. Che fece? Disse in sé medesimo: “Qui bisogna provare in un altro modo!”. E venne di notte con molti dei suoi. Questa notte è la notte dei tiepidi e dei falsi fratelli, i quali per non essere conosciuti vanno di notte e travestiti, quia veniunt in vestimentis ovium, intrinsecus autem sunt lupi rapaces. Per poter fare il male che essi vogliono, si mettono le vesti delle pecorelle. Le vesti delle pecorelle di Cristo Gesù sono: digiunare, pregare, fare delle elemosine, darsi delle regole e atti simili. E queste cose usano i tiepidi per poter meglio ingannare e perché le loro frodi non siano così conosciute. Ora questi tiepidi e falsi fratelli con la loro tiepidità hanno distrutto la Chiesa di Cristo Gesù; con la loro ipocrisia hanno rovinato ogni cosa. Non c’è nulla che tanto abbia nuociuto e continuamente nuoccia alla Chiesa di Cristo Gesù quanto l’ipocrisia. È venuto dunque il diavolo; questo è il nemico che ha fatto tante malvagità nel tempio di Dio, ha usato per suoi strumenti i cattivi prelati, i quali con le opere perverse e con il cattivo esempio l’hanno distrutto. Il popolo e la plebe se ne sono andati dietro a loro e sono i popoli diventati una medesima cosa con loro. È stato tolto via il fondamento: non c’è più memoria dei profeti; non sono più ricordati gli apostoli, le colonne della Chiesa sono state gettate per terra, cioè non si tiene più conto dei santi Vangeli, perché sono mancate le basi, cioè i dottori; non si trova chi li annunci, né chi li esponga ai popoli. Le pareti sono rovinate: queste dicemmo che erano i contemplativi. Tu ne vedi pochi oggi dei contemplativi. È stato levato l’oro del tempio, cioè la vera sapienza di Dio che brilla e risplende, che rende lieto il cuore dell’uomo. Non ha più tetto la Chiesa, perché il clero, cioè i sacerdoti di quella e i buoni capi che la difendevano dalle acque sono stati tolti via. Piove dappertutto, dappertutto grandina, tempesta, in modo che quei pochi buoni che sono rimasti, non hanno più dove ripararsi e dove ricoverarsi. Le pietre del tempio sono sconnesse, una qua e una là e rotte perché è mancata la calce. Dove vedi tu vero amore e vera carità oggi nei cristiani? Sono tutti divisi, non sono più uniti in Cristo Gesù, non vanno più d’accordo; ognuno perseguita il suo prossimo… ognuno ne toglie un pezzo…  Sono caduti tutti i muri della chiesa. Dov’è la giustizia dei capi e dei rettori? Dove è la sollecitudine dei pastori? Dove sono gli esempi dei buoni sacerdoti e dei buoni religiosi? Dov’è l’obbedienza dei sudditi verso i prelati? Dov’è la discrezione dei prelati verso i sudditi? Dove è la riverenza dei secolari verso i sacerdoti? Non è rimasto più nulla di buono. Oh Signore, non vedi tu quante malvagità hanno commesso nella tua Chiesa? Essi hanno tolto tutte le sue cose preziose. Lasciamo stare il fatto che usano male i beni ecclesiastici  spendendoli in pompe e vanità. È molto peggio il fatto che essi hanno usurpato i vasi del tuo tempio, hanno tolto i candelabri d’oro e le lanterne, i turiboli e innumerevoli vasi doro e d’argento che erano destinati e consacrati al tuo culto. Li hanno impiegati per uso personale… Ma, Signore, il loro peccato è tanto maggiore  perché dopo che l’hanno fatto se ne fanno gloria e vanto. Il peccare è cosa umana; gloriarsi d’aver peccato è cosa diabolica. Costoro dunque non sono uomini, ma diavoli… Quelli che ti hanno in odio Signore, sono i peccatori e  i falsi cristiani e soprattutto quelli che sono costituiti in autorità. E questi oggi si gloriano d’aver tolto la rigidità e la severità del canone, le istituzioni dei santi padri, l’osservanza delle buone leggi. Si vantano di aver fatto largo il vivere cristiano, si gloriano, dico, vanamente e in modo dissoluto: in medio solemnitatis tuae, cioè nel luogo dove si celebravano un tempo devotamente le tue solennità, ovvero si gloriano nel mezzo delle tue solennità, perché le solennità tue e dei tuoi santi le hanno convertite in feste del diavolo. Lo vuoi tu vedere? Pensa che nelle grandi solennità si corrono i palii, si fanno i tornei, le giostre, gli spettacoli disonesti e tutti i giochi che già facevano i gentili. Si fanno più peccati nei giorni festivi che negli altri; e quanto le solennità sono più grandi tanto più fanno peccati. Vedi la notte di Natale, dove tutti i cristiani dovrebbero andare in chiesa a udire i santi uffici e a ringraziare Iddio di tanto beneficio. Tuttavia molti in tal notte vanno nelle taverne a riempirsi il ventre; poi si mettono a giocare, bestemmiano, si danno alla lussuria e commettono mille mali. Queste sono le grazie che rendono a Dio per tanto beneficio; similmente fanno gli altri giorni festivi. Dice quella donna vanitosa: “Quando mai verrà domenica, che io possa andare a ballare, che io mi possa lustrare e far bella e  farmi vedere a questo e a quello?”. Quell’altro giovane dice: “Io sto tutta la settimana a bottega, io non mi do un’ora di divertimento e mi pare mille anni che debba venire tale festa. Io andrò pure a giocare un poco e a divertirmi”. Ma se non facessero questi peccati pubblicamente, come essi fanno, sarebbe minor male…  non si sono vergognati di peccare; ma pubblicamente operano in modo che ognuno vede i segni dei loro peccati. Ad esempio, vedi oggi le donne portare le insegne e gli ornamenti delle meretrici e tutti i modi di ornarsi che usano le meretrici li vogliono usare anche loro. I sacerdoti portano le belle zazzere e bei giubboni di seta e vogliono vestire più pomposamente dei secolari. Non ti sembra che essi pongano i segni dei loro peccati manifestamente in modo che ognuno li vede? Dimmi, quando tu vedi una donna andare col seno scoperto e lisciarsi in modo superfluo, non dici tu: “Che segni sono questi? Questi non sono segni di donna onesta. Certo deve essere macchiata dentro da qualche cattiva intenzione. Se tu la vedi tutto il giorno ciarlare con i giovani tu te ne fai un cattivo concetto, che non sia pudica. Tu vedi là un sacerdote giocare pubblicamente, frequentare le taverne, tenere la concubina e fare simili peccati; tu dici nel tuo cuore: costui ha posto le insegne del peccato, cioè i suoi segni, in pubblico. Le monache stanno tutto il giorno alle grate a cicalare con le giovani secolari. Che segni sono questi, se non segni manifesti di poca devozione? E, cosa che è peggio, non cognoverunt ( non hanno conosciuto). E che cosa non hanno conosciuto? I loro peccati; anzi reputano i peccati virtù… E così vedete che non ci può essere nulla di peggiore, quando i peccati sono considerati virtù, e le virtù vizi. Chi sono quelli che riconoscano di avere sbagliato? Chi è quello che vi dica: “io ho fatto male?”. Chi è quello che si confessi veramente e senza scusarsi? Ognuno vuole scusare il suo peccato; e perciò costoro non cognoverunt. Fanno i peccati in modo manifesto, mettono fuori le insegne dei loro peccati, perché ognuno li veda, e poi li vogliono scusare… Hanno spezzato le porte del tempio: non si vedono più nella chiesa prelati buoni, sono venuti i nemici, e hanno cavato dai gangheri queste porte. Cosa vuol dire, cavare dai gangheri? Vuol dire essere fuori di giudizio e aver perso il cervello. Non ti sembra che oggi i prelati abbiano perso il cervello? Non vedi che essi fanno ogni cosa a rovescio di quello che dovrebbero fare? Non hanno giudizio i prelati, non sanno discernere inter bonum et malum, inter verum et falsum, inter dulce et amarum; le cose buone paiono loro cattive, le cose vere paiono loro false, le dolci amare e al contrario. Secondo, non basta ai demoni d’aver  divelte le porte dai gangheri, le hanno gettate in terra. Vedi oggi i prelati e i predicatori prostrati con  l’affetto in terra e in cose terrene; la cura delle anime non sta più loro a cuore, basta prendere le entrate; i predicatori predicano per piacere ai principi, per essere da loro lodati e magnificati… E hanno fatto peggio ancora, perché non solo hanno distrutto la Chiesa di Dio, ma hanno fatto una chiesa a modo loro. Questa è la Chiesa moderna. Non è edificata con pietre vive, cioè  con cristiani stabili nella fede viva formata di carità: è costruita di legno, cioè di cristiani preparati come esca al fuoco dell’inferno… Vattene a Roma e per tutto il mondo cristiano; nelle case dei grandi prelati e dei grandi maestri non ci si interessa se non a poesie e all’arte oratoria. Va’ pure e vedi: tu li troverai con i libri d’umanesimo in mano e dannosi per l’intelligenza; con Virgilio e Orazio e Cicerone reggere le anime. Vuoi tu vedere che la Chiesa si governa per mano di astrologi? E non c’è prelato, né gran maestro che non abbia qualche familiarità con qualche astrologo, che gli predice l’ora e il minuto in cui deve cavalcare o fare qualche altra cosa o faccenda… I nostri predicatori hanno lasciato anche la Sacra Scrittura e si sono dati all’astrologia e alla filosofia e quella predicano sui pulpiti e la fanno regina; e la Scrittura Sacra l’adoperano come ancella, perché essi predicano la filosofia per sembrare dotti, non perché serva loro a esporre la Sacra Scrittura. Ora ecco come sono fatte le colonne della nostra Chiesa… Solamente una cosa c ‘e  in questo nostro tempio che ci diletta assai: è tutto dipinto e pieno di orpelli. Così la nostra chiesa ha di fuori molte belle cerimonie nel rendere solenni gli uffici ecclesiastici, con belli paramenti con molti drappelloni,  con candelabri d’oro e d’argento, con tanti bei calici che è una cosa da re. Tu vedi là quei gran prelati con quelle belle mitrie d’oro e gemme preziose in capo, con pastorali d’argento. Tu li vedi con quelle belle pianete e piviali di broccato all’altare cantare quei bei vespri e quelle belle messe adagio, con tante belle cerimonie, con tanti organi e cantori che tu resti stupefatto; e ti sembrano costoro uomini di gran serietà e santità e non credi che essi possano sbagliare, ma che ciò che dicono e fanno si debba osservare come il Vangelo. Ecco com’è fatta la moderna chiesa! Gli uomini si pascono di queste frasche, e si rallegrano in queste cerimonie e dicono che la Chiesa di Cristo non fiorì mai così bene e che il culto divino non fu mai così bene esercitato quanto al presente, come disse una volta un gran prelato, che la Chiesa non fu mai in tanto onore, e che i prelati non furono mai in tanta reputazione, e che i primi prelati erano prelatuzzi in confronto a questi nostri moderni… È vero che i primi prelati erano prelatuzzi, perché erano umili e poveri e non avevano tanti grassi vescovadi, né tante ricche badie, come i nostri moderni. Non avevano anche tante mitrie d’oro né tanti calici, anzi quei pochi che avevano li fondevano per la necessità dei poveri. I nostri prelati per far dei calici tolgono quello che è dei poveri, senza il quale non possono vivere. Ma sai tu quel che voglio dirti? Nella primitiva chiesa erano i calici di legno e i prelati d’oro; oggi la Chiesa ha i prelati di legno e i calici d’oro. E fu detto una volta a San Tommaso d’Aquino da un gran prelato che gli mostrò un gran bacino pieno di ducati e disse: “Maestro Tommaso, guardate qua. La Chiesa non può più dire come disse Pietro: non ho argento e d’oro”. Soggiunse San Tommaso e disse: “Essa non può oggi dire anche quel che segue subito dopo e come già diceva: ”Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo Nazareno risorgi e cammina”… I tiranni ammazzano tutti gli uomini buoni che temono Dio, o li confinano, o li abbassano di modo che non hanno incarichi nella città; e questo fanno perché non si sollevino contro di loro. Secondo, tutte le buone leggi, consuetudini e cerimonie che si fanno per la libertà, o le tolgono o non vogliono che le si ricordi. Terzo, per tenere i sudditi in festa e sollazzo, perché  non abbiano a pensare a qualche novità, introducono nuove feste e nuovi spettacoli. La medesima cosa è accaduta alla Chiesa di Cristo Gesù. Primo, essi hanno levato via i buoni uomini, i buoni prelati e predicatori; non li vogliono presso di loro, non vogliono che questi tali governino. Secondo, essi hanno rimosso tutte le buone leggi, tutte le buone consuetudini che aveva la Chiesa; non vogliono neanche che si nominino. Va, leggi il decreto, quanti belli statuti, quante belle ordinazioni circa la onestà dei chierici, circa le vergini sacre, circa il santo matrimonio, circa i re e i principi, come essi si devono comportare riguardo l’obbedienza dei pastori! Va, leggi, dico e troverai che non si osserva cosa che vi sia scritta; si può bruciare il decreto, come se non ci fosse. Terzo, hanno introdotto feste e solennità loro per guastare e mandare per terra le solennità di Dio e dei santi… Che fai tu dunque Signore? Vieni a liberare la tua Chiesa dalle mani dei diavoli, dalle mani dei tiranni, dalle mani dei cattivi prelati. Non vedi tu che è piena di animali, piena di bestie, leoni, orsi e lupi, che l’hanno tutta distrutta? Non vedi tu, Signore la nostra tribolazione? Ti sei tu dimenticato della tua Chiesa? Non l’ami tu? Non l’hai tu cara? Essa è pure la tua sposa! Non la conosci tu? È quella medesima per la quale tu  discendesti nel ventre di Maria, per la quale tu prendesti carne umana, per la quale tu patisti tanti obbrobri, per la quale tu volesti versare il tuo sangue in croce! Dunque ti è costata assai, signore, e perciò noi ti preghiamo che tu venga, e presto, a liberarla! Vieni, dico, e punisci questi cattivi, confondili, umiliali, perché noi in pace ti possiamo servire!...

Poenitentiam agite: appropinquabit regnum caelorum…
Ognuno che vuole cercare la sua beatitudine si deve sforzare di fare vera penitenza in questa vita, ed io non smetto di esclamare: agite poenitentiam, fate penitenza poiché in voi si avvicinerà il regno dei cieli; ed ho chiamato ognuno che entri nella arca. E nelle prediche precedenti ho detto quali segni accompagnano coloro che hanno fatto vera penitenza. Il primo segno è la gioia di esultanza nella mente: il vero penitente si vede sempre stare allegro in ogni cosa e paziente. Il secondo segno è la illuminazione, poiché egli conosce che la semplicità,  vita di Cristo e dei veri cristiani, è la più grande felicità, e il vero penitente ha tanta luce che conosce esser vani tutto il mondo e ogni suo piacere. Il terzo segno è la lode, poiché sempre si vede in lui la lode di Dio, e il suo parlare è sempre riguardo alle cose divine e a lode e gloria di Dio. Il quarto segno è la conversazione con i buoni: non vedi più il vero penitente conversare con le cattive compagnie né con persone mondane, ma con coloro che sono modesti, moderati, devoti. Orsù, dilettissimi, sapete che abbiamo fatto l’arca e che molti penitenti e buoni vi sono entrati. Questa mattina io volevo dare alcuni insegnamenti a quelli che sono entrati, e non sembra che ancora mi sia permesso: io ti spiegherò la ragione. Ma prima mi volgo a te, Signore mio onnipotente. Io confesso la mia ignoranza. Veramente, Signore, tu mi hai vinto, e resto confuso dinanzi al tuo cospetto. Io ritenevo bene, Signore, che tu fossi sommamente buono, e fosse infinita la tua misericordia; ma la mia immaginazione non andava tanto alto quanto veramente tu sei misericordioso. Io vedevo i peccati di molti tanto grandi e tanto gravi, vedevo e consideravo l’ostinazione tanto fissa nei loro cuori, che io mi immaginavo che non potessero più avere da te, Signore mio, misericordia alcuna, ma aspettassero solamente il loro castigo; e mi sembrava che ci fosse solo da seguire quelli che sono convertiti e sono entrati nell’arca del santo vivere, e volevo dar loro quegli insegnamenti che fossero necessari per la loro perseveranza, e mi sembrava che a questi cattivi ed ostinati dovesse quasi aprirsi la terra e inghiottirli e che non avessero più misericordia presso di te. Ma mi fu detto: “aspetta; parla ancora loro, e chiama a penitenza quelli che sono pieni di ruggine e di peccati”. E perciò, Signore mio, io ho detto che tu mi hai vinto e che la mia immaginazione non andava tanto in alto. E pertanto, dilettissimi  miei, questa mattina non predicherò, ma parleremo e chiameremo ognuno a penitenza, se vorranno tornare. O peccatori, o ostinati, o tiepidi, o tutti quelli che si attardano all’ultimo a pentirsi, agite poenitentiam, fate penitenza; fatela ora, non indugiate più, poiché il Signore ancora vi aspetta e certamente vi chiama. Udite le mie parole non come venute da me, ma da Dio. Io non posso fare altro se non dire: agite poenitentiam. Vedete quanto Dio è buono e quanto è misericordioso, e che vorrebbe condurvi nell’arca e salvarvi! Venite, peccatori, venite, perché Dio vi chiama. Io provo gran dolore e grande compassione di voi. Venite in questa solennità di tutti i santi che è oggi; la quale, quando io la considero, accresce assai il mio dolore, perché, quando io considero la gioia e la loro beatitudine, nella quale oggi in questa solennità si ritrovano, confrontando poi quella con la  miseria in cui voi vi trovate, non posso se non di cuore per carità dolermi. La loro beatitudine e  contentezza sono tanto grandi che non si può immaginare, nonché dire…
O uomini insensati, che peccando volete perdere tanta pace e riposo, agite poenitentiam; fate penitenza, ritornate a Dio e troverete ogni riposo; pentitevi dei vostri errori: confessate, rafforzate il vostro proposito di non più peccare, comunicatevi con quel santo sacramento, il quale farà anche voi esser beati!
Quando io guardo quelli che sono convertiti e che sono nella via del vivere bene cristiano e che si confessano e spesso si comunicano, ci si vede in loro quasi un qualcosa di divino, una modestia, una gioia spirituale; hanno quasi mutata la loro faccia in forma angelica. E di contro, guardando nella faccia dei cattivi e perversi ostinati, e soprattutto in alcuni religiosi quando sono sfrenati nei loro vizi, li vedrai come demoni e peggiori di quelli non consacrati. E tuttavia questi religiosi usano ogni giorno questo sacramento! Vedi quanta disparità di effetto nasce tra costoro: ai buoni questo sacramento rende dolcissimi i cuori e causa in loro ogni modestia; il contrario si vede nascere nei cattivi. E perciò io consideravo e dicevo: se questo sacramento, nella quale si crede quello che non si vede, dà tanta letizia a chi, ben disposto, lo prende e lo riceve, oh quanta sarà ed è maggiore questa letizia in quelli spiriti beati che faccia a faccia lo vedono, godono e fruiscono! Oh cuore umano, perché non ti struggi e ti sciogli in tanta dolcezza e  in tanto amore?
Super flumina Babjlonis illic sedimus, flevimus.
Quegli Israeliti, lamentandosi e ricordandosi della loro cattività in Babilonia dicevano: “sopra i fiumi di Babilonia, qui abbiamo seduto, qui abbiamo pianto”; e si ricordavano della loro patria da dove erano stati strappati, e perciò si lamentavano e piangevano e dicevano: applicavimus organa salicibus, cioè “noi non stiamo più in canti e in suoni, anzi abbiamo attaccato i nostri strumenti musicali ai salici, e stiamo sopra i fiumi di Babilonia sempre in pianto”. O Firenze, siedi sopra i fiumi dei tuoi peccati! Fa’ un fiume di lacrime per lavarli; ricordati della tua patria celeste donde è venuta la tua anima; cerca con la penitenza di tornare a quella patria, come facevano quegli Israeliti! Non si può cantare ma piangere in terra straniera, cioè in te che sei estraniata e scostata da Dio per i tuoi peccati…
Così tu, guarda queste tribolazioni che si vedono preparate e cercane la causa; e troverai che i peccati ne sono la causa;… e così conoscerai che Dio manda queste tribolazioni, e che Dio è il capo di questi eserciti e che li conduce: e perciò farai penitenza dei tuoi peccati, se sarai saggio e vorrai che Dio ti aiuti in queste angustie. E perché te l’ho detto tante volte prima che le tribolazioni venissero, e che Dio le manderà per purificare la sua chiesa da tanti mali, perciò dovresti ormai credere, vedendone l’effetto…
Le tue scelleratezze dunque, o Italia, o Roma, o Firenze, le tue empietà, le tue fornicazioni, le tue crudeltà, le tue scelleratezze fanno venire queste tribolazioni. Ecco la causa! E se tu hai trovato la causa di questo male cercane la medicina… La penitenza è l’unico rimedio; e se voi soli farete penitenza rimuoverete una grande parte delle tribolazioni… Non ti ricordi, Firenze, quando, più anni or sono, io ti dicevo queste parole venute da Dio: “Io vi parlo nel mio santo zelo; ecco che verranno giorni nei quali caverò fuori la mia spada sopra di te. Convertitevi, diceva Dio, convertitevi prima che si adempia la mia ira; perché sopravverrà la tribolazione e tu allora cercherai  pace e non la troverai!… Voi dovreste conoscere ormai che io vi parlo da padre come ai propri figliuoli, per il vostro bene, e dovreste vedere che Dio in questa vostra afflizione mi ha dato a voi per padre, e per mostrarvi la via di correzione … Ma poiché io vi ho parlato fino a qui indistintamente a tutti e vedo che non giova, per questo bisogna venire un po’ ai singoli.
O sacerdoti, udite le mie parole; O preti, o prelati della Chiesa di Cristo, lasciate i benefici che non potete tenere; lasciate le  pompe dei vostri convitti e pranzi, che fate tanto splendidamente; lasciate, dico, le vostre concubine ed i cinedi, poiché è tempo, dico, di fare penitenza, perché non vengano le grandi tribolazioni per le quali Dio vuol riparare la sua chiesa. Dite le vostre messe con devozione; altrimenti, se non vorrete intendere quel che Dio vuole, voi alla fine perderete i benefici della vita. O monaci lasciate la superfluità delle vesti e degli argenti e di tanta grassezza delle vostre badie e benefici. Datevi alla semplicità e lavorate con le vostre mani come facevano gli antichi monaci, vostri padri e vostri predecessori; altrimenti, se non lo farete volentieri, verrà tempo che lo farete per forza.
O monache, lasciate, lasciate anche voi, le vostre superfluità; lasciate le vostre simonie quando accettate le monache che vengono a stare nei vostri monasteri; lasciate tanti apparati e tante pompe quando si consacrano le vostre monache… piangete, dico, più presto i vostri difetti e i vostri errori: perché vi dico che viene più presto tempo da piangere che da cantare e da far feste, perché Dio vi punirà se non cambiate vita e costumi. Se non lo farete, non vi meravigliate poi se viene lo sterminio e se ogni cosa sarà in pericolo. O frati miei, a voi dico: lasciate le superfluità e le vostre pitture e le vostre frasche. Fate le tonache non con tanta larghezza di panni e ben grosse. Con le vostre superfluità non vi accorgete che togliete le elemosine ai poveretti? O fratelli, o figlioli c’è bisogno di dire apertamente a questo modo, perché nessuno possa poi dire: “io non lo sapevo”, e scusarsi… Io vi annuncio che, se non ascolterete la voce di Dio,  Egli vi punirà. O mercanti lasciate le vostre usure, restituite il mal tolto, la roba altrui; altrimenti voi perderete ogni cosa. O voi che avete del superfluo, datelo ai poveri, poiché non è vostro… Datelo, dico, a quei buoni uomini di San Martino, portatelo là a loro; non dico a me né ai miei frati , perché non tocca a noi distribuire le elemosine ai poverelli. Voi, poveretti, andate da coloro che distribuiscono le elemosine della città, e sarete aiutati. Io vi dico che chi ha del superfluo lo dia ai poveri; e ancor più vi dico che è tempo di dare anche più del superfluo. O sacerdoti, bisogna che io ritorni a voi; io dico dei cattivi, con riverenza sempre dei buoni. Lasciate, dico, quel vizio indicibile, lasciate quel maledetto vizio che tanto ha provocato l’ira di Dio sopra di voi; poiché, guai, guai a voi! O lussuriosi, vestitevi di cilicio e fate penitenza che ne avete bisogno! O voi che avete le vostre case piene di vanità e di immagini e cose disoneste e libri scellerati , e il Morgante e altri versi contro la fede, portateli a me per farne fuoco o un sacrificio a Dio. E voi madri, che adornate le vostre figlie con tanta vanità e superfluità e capigliature, portatele tutte qua a noi per mandarle a fuoco, di modo che quando verrà l’ira di Dio, non trovi queste cose nelle vostre case. E così vi comando come padre vostro. In questo caso, se farete così in queste cose come io vi ho detto sarete sufficienti voi soli a placare l’ira di Dio; altrimenti non vorrei dovervi dare qualche cattiva notizia. Orsù, quattro parole ancora, e poi andate a casa…
Poenitentiam agite, fate penitenza. Ecco che è cominciata la tribolazione in Italia che da tanti anni io ti ho annunciata. Cosa dici tu ora, o tiepido, che tanto hai deriso e beffato le nostre parole? O tiepidi, almeno ora piangete i vostri peccati e riconoscete il vostro errore… Ognuno si riconosca e dica: i miei peccati sono la causa di queste tribolazioni. O peccatori, le vostre scelleratezze, i vostri peccati hanno chiamato e fatto venire queste tribolazioni. Pensi ognuno a se stesso e fate penitenza; non avete altro rimedio. Io l’ho detto tante volte, io ho esclamato tante volte, io ho per te pianto tante volte, Firenze…
O Firenze, io ho voluto parlare questa mattina a te e a ognuno in particolare e apertamente, dal momento che non posso fare altro. E ancora la voce chiama, vox dicentis: clama, la voce di uno che dice: chiama. E chi  chiamerò io ancora? Io ho chiamato ognuno a penitenza… Io mi rivolgo a te, Signore mio, che sei stato ucciso per nostro amore, e per i nostri peccati. Parce, Domine, populo tuo, perdona, Signore, al popolo fiorentino che vuole essere tuo… Noi siamo oggi nella festività di tutti i santi. Io vi prego, santi gloriosi, per la vostra solennità, che voi preghiate il Signore per questo popolo. E tu, Signore, che  ci hai cibato in questo santo giorno della tua dolcezza, ti prego, da’ a questo popolo una vera conoscenza di te e una vera penitenza dei suoi peccati, per i meriti della tua passione e per i meriti della tua Santissima madre e per le preghiere a te  di tutti i santi e dei cherubini e serafini e di tutti i cori angelici e di tutte le gerarchie dei tuoi santissimi angeli e spiriti beati. E togli loro questa tribolazione; e piuttosto fa’ me  menzognero e salvo, sempre, il tuo onore, Signore mio, che sei benedetto nei secoli dei secoli amen.

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