Del modo di intendere la Scrittura

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Del modo di intendere la Scrittura
Adattamento alla lingua corrente di Cristoforo
Tu es ipse rex meus et Deus meus
Poiché la scrittura, dilettissimi in Cristo Gesù, è fatta dallo Spirito Santo con meravigliosa arte, ha bisogno di grande considerazione. Per cui, per più facile intelligenza, i dottori danno molte regole, quasi come chiavi per comprenderla  e svelare i suoi segreti  e mettere d’accordo quelle cose che paiono contrarie. Tra le altre mettono certe regole di Ticonio donatista, che questi fece dopo che si convertì alla fede cattolica, lasciando l’eresia di Donato. E queste regole le corresse poi Sant’ Agostino. E Sant’ Isidoro anche lui le espone e queste chiavi sono molto necessarie per entrare nei segreti della Sacra Scrittura, perché la divina Scrittura, secondo quanto dice S. Giovanni al quinto capitolo, è un libro scritto dentro e fuori, segnato e sigillato con sette sigilli, sotto i quali sono nascosti i sette principali misteri evangelici del Nuovo Testamento, cioè il mistero della Trinità, dell’incarnazione e predicazione di Cristo Gesù, della sua passione e morte, della risurrezione, dell’annuncio della legge evangelica, dell’ultimo giudizio, e della nostra glorificazione. Questi misteri erano sigillati nel Vecchio Testamento: in questo libro, scritto dentro e fuori, sotto segni, figure, e vaticini dei santi profeti e soprattutto nel libro dei salmi, erano nascosti tali misteri. E dice San Giovanni ( al quale fu mostrato questo libro chiuso ) che non si trovava alcuno che  potesse aprirlo e sciogliere questi sette sigilli, se non l’agnello Cristo Gesù. Qui habet clavem David. Qui aperit e nemo claudit. Claudit et nemo aperit.( Che ha la chiave di Davide. Che apre e nessuno chiude. Chiude e nessuno apre ). E perciò Gesù fece conoscere questa chiave agli apostoli e agli altri discepoli quando, secondo ciò che è scritto,  aperuit sensum ut intelligerent scripturas  (  aprì il senso perché comprendessero le Scritture ) ma molto più eccellentemente nel giorno della Pentecoste, dando loro i doni dello Spirito Santo. Allo stesso modo lo ha poi comunicato ai santi dottori. Ma nota che, benchè sia solamente una la chiave, cioè  la potestà e  facoltà data a santi dello Spirito Santo di aprire questo libro, nondimeno i dottori mettono molte chiavi o, per dire meglio, molte regole e molti modi per potere e sapere usare e adoperare questa unica chiave. Possiamo anche dire, e meglio, che questa  chiave è Cristo, che apre ogni cosa; e questa principale ci dà poi certe chiavi particolari e i dottori ne hanno raccolte molte, ma  noi ne esporremo solo sette. E benché non tutte siano ora a proposito, tuttavia brevemente ne parlerò per istruzione di quelli che sono studiosi delle Sacre Scritture.
La prima è del nostro Signore Gesù Cristo e del suo corpo mistico che è la Chiesa, perché la Scrittura Sacra, per la connessione del capo a tutto il resto del corpo, qualche volta in un medesimo contesto, senza alcun intervallo, passa dal capo alle membra. Cioè ora parla del capo Cristo Gesù e immediatamente, senza altro intervallo, parla del corpo mistico, cioè delle membra della Chiesa. Come è nel salmo 21: Deus Deus meus respice in me. ( Dio, Dio mio, volgiti a me ). Che sono parole di Cristo al Padre e immediatamente continua: Longe a salute mea, verba delictorum meorum.  ( Lontano dalla mia salvezza, le parole delle mie colpe ). Le quali parole si intendono del corpo mistico cioè delle sue membra spirituali che sono i fedeli, i quali uniti per fede a Cristo fanno un corpo. Parimenti nel Cantico dice: osculetur me osculo oris sui, quia meliora sunt ubera tua vino.  ( Mi bacerà con il bacio della sua bocca, poiché le tue mammelle sono migliori del vino ).Quando dice “osculetur me osculo oris sui”, sono parole del corpo mistico di Cristo, cioè della Chiesa sposa di Cristo, la quale desidera i dolci amplessi dello sposo. Quando immediatamente poi dice: “quia meliora sunt ubera tua vino”, sono parole del capo, cioè di Cristo Gesù sposo della Chiesa, che loda la sua sposa. La seconda chiave e regola è del diavolo, capo dei malvagi e del corpo mistico suo, che sono i malvagi, perché come dice san Gregorio in una certa omelia: “certe iniquorum omnium caput diabolus est, et huius capitis membra, sunt omnes iniqui”.  ( Certamente capo di tutti gli iniqui è il diavolo, e membra di questo capo sono tutti gli iniqui ). E perciò per la grande unione che ha il capo con il resto del corpo qualche volta la Scrittura in un medesimo contesto di parole e senza alcuno intervallo, come è detto sopra nella prima regola, parla del diavolo e delle sue membra, che sono il corpo suo mistico. Come, ad esempio, Isaia nella capitolo 14 parlando del re di Babilonia, che era membro del diavolo, subito senza alcun intervallo, comincia a parlare del principe dei demoni dicendo: “Quomodo cecidit de caelo Lucifer… ( Come Lucifero cadde dal cielo ). Così che chi non fosse istruito nelle regole delle Scritture continuerebbe a riferire tali parole al medesimo re di Babilonia, e così sbaglierebbe, se non in questa almeno in molte simili frasi. La terza regola è del vero corpo mistico  del nostro Salvatore, che sono i cristiani che gli sono uniti per fede e carità e nello stesso tempo del suo corpo finto, che sono i cattivi cristiani, che gli sono uniti solamente per il credo. E perciò in un medesimo contesto di parole e senza alcun intervallo, la Sacra Scrittura esprime quello che appartiene ai buoni e quello che appartiene ai cattivi. Come è scritto nel Cantico al primo capitolo: “Nigra sum sed formosa, filiae Hierusalem”. Queste parole sono della sposa, cioè della chiesa, la quale quanto ai cattivi che sono in lei, dice: nigra sum. Ma  quanto ai buoni che essa contiene aggiunge: “Sed formosa”. Chi non avesse questa regola applicherebbe tutta la frase ai cattivi e non vi troverebbe alcun senso ragionevole. La quarta è del tutto e insieme della parte, del genere e insieme della specie, perché la Scrittura qualche volta in un medesimo ordine di parole, passa dal genere alla specie e dal tutto alla parte e viceversa. Onde Isaia nel capitolo 13 prima parla chiaramente contro la città di Babilonia dicendo : Onus Babilonis. E immediatamente passa a parlare di tutto il mondo in genere dicendo. A summitate coeli, Dominus, et vasa furoris eius, ut disperdat omnem terram. ( Dall’alto del cielo, il Signore, e i vasi del suo furore, per distruggere tutta la terram ). Poi immediatamente ritorna a parlare di Babilonia. La quinta è riguardo alla lettera e allo spirito. Cioè del senso letterale e del senso spirituale, perché nell’esporre le Scritture si deve diligentemente considerare quello che si deve spiegare letteralmente e quello che si deve intendere secondo il senso mistico e spirituale. Onde, dopo il senso letterale, si deve cercare il senso spirituale e dopo un senso  letterale neanche rilevante, si deve investigare il più importante e il più pregno  di Spirito Santo.
La sesta è dei tempi, poiché la Scrittura qualche volta narra i fatti particolari dei tempi, cioè tutto il tempo e non tralascia nulla , qualche volta tace certi fatti minori e certi particolari, affinché il senso mistico si intenda meglio e più perfettamente. La settima regola è dell’ anticipare e del riassumere, perché nella scrittura, qualche volta, le cose si narrano per anticipazione, cioè prima che siano fatte, qualche volta accade che quelle cose che sono fatte prima si scrivono poi per riassunto. Ora vedi che noi abbiamo esposto queste regole più ampiamente di quanto noi non pensassimo, solamente per venire a quella che fa a nostro proposito che è la terza, quella del corpo mistico del nostro Salvatore che sono i buoni, e del suo corpo mistico falso e non vero che sono i cattivi, perché voi vedrete nello svolgimento del discorso che Asaf e Davide qualche volta stanno in  persona dei giusti, qualche volta in persona dei peccatori e qualche volta dei perfetti e qualche volta degli imperfetti e perciò non deve meravigliare se allora nel processo dell’esposizione io non ripeterò queste cose; e nota, se uno vuole queste cose facilmente e prontamente intendere, non gli sembri troppo strano che deve prendere familiarità con il linguaggio e col modo di parlare della Scrittura. Se tu vai in un qualche paese lontano, dove ci sia una lingua a te ignota e voglia tu abitare e fare le tue faccende in simili luoghi, bisogna che tu ti faccia familiare questa lingua se tu la vuoi apprendere ed intendere perfettamente, perché in principio tutte le lingue paiono strane ma se uno vi si abitua, a poco a poco, infine  gli pare facilissima. E perciò dovete considerare quante cose si richiedono per intendere le Scritture, perché prima si richiede la purezza del cuore la quale si acquista nel domare le proprie passioni e nel togliere l’attaccamento a queste cose terrene.
Secondo, un lungo esercizio nel vivere bene perché non basta domare i vizi, bisogna anche fare esercizio di virtù e non solamente un anno,  cinque, o dieci, ma lungamente così che l’uomo abbia fatto del  bene operare  un abito. Terzo, leggere  spesso le Sacre Scritture e farsi familiare il modo di parlare di quelle come ho detto sopra. Quarto, osservare le regole che osservano i dottori nell’esporre la Scrittura e non andare fuori da quelle. Ultimo, darsi alle sante meditazioni e contemplazioni, così che bisogna spesso stare da soli e fuggire il consorzio degli altri e pregare spesso e in questo modo si acquista l’intelligenza delle Sacre Scritture. Ora se i nostri cristiani considerassero quanto tempo ci vuole per guadagnare queste cose, non direbbero come dicono sempre: io voglio studiare prima logica e filosofia e darmi alle cose sottili dell’ingegno e poi io potrò meglio applicarmi alle Sacre Scritture. Oh, non si deve qualche volta studiare queste cose? Sì, ma non vi consumare tutto il tempo della tua vita. Bisogna queste scienze umane lasciarle presto e darsi alla vita buona e a poco a poco contemplare le Sacre Scritture e farsele familiari. Ma i cristiani moderni fanno il contrario. Spendono molto tempo nell’imparare  questioni e cose vuote e non studiano le Scritture e non curano la vita buona. Poi in breve tempo vogliono diventare maestri. E perciò non fa meraviglia se la Scrittura non li degna, ma li scaccia da sé come estranei e sconosciuti. O grande ignoranza degli uomini d’oggi! Vedono che le scienze umane si acquistano a stento in un lungo tempo e si mettono in testa   di poter acquistare la scienza di Dio in un anno? O stolti e tardi di cuore! Oh, non è buona cosa studiare le scienze del mondo? Io ti ho risposto sopra come tu devi fare. Oppure cosa ne dici tu padre? Io non so cosa rispondere, io dirò come disse San Francesco ai suoi frati che gli chiesero se egli voleva che essi studiassero le scienze. Rispose di sì. Ma prima e principalmente dovevano pregare, come facevano gli apostoli. Così dico a voi. Non è male imparare le scienze profane. Ma innanzitutto e principalmente dobbiamo applicarci alla preghiera e mortificare le nostre passioni e poi darci alla lettura delle Sacre Scritture, perché allora facilmente le intenderemo, senza tanta logica e filosofia. Ma lasciami prendere fiato e ti mostrerò ancora meglio quanto siano negligenti oggi i cristiani in questo punto. Tre grandi stoltezze io vedo essere nei cristiani moderni, perché essi sono simili a figli stolti  mandati dai loro padri a studiare  legge. Alcuni di loro ad ogni altra cosa attendono eccetto che alle leggi: chi si dà all’arte oratoria, chi alla poesia, chi alla musica, chi all’astrologia. E di rado e molto da lontano guardano i libri delle leggi. Alcuni studiano sì bene, ma solo i commenti e non guardano mai i testi. Costoro non possono diventare dotti perché trascurano il fondamento della dottrina. Altri guardano bene i testi della legge, ma non attingono all’intelligenza né all’intendimento di colui che ha fatto quella legge, ma solamente si interessano all’apparato esteriore di quelle parole, come suonano bene e  alla serietà di quelle sentenze e le imparano a memoria per poterle poi applicare, e di fatto non le comprendono se non superficialmente. Così fanno i nostri cristiani, l’impegno principale dei quali dovrebbe essere la preghiera e la contemplazione, perché tutta  la perfezione dei cristiani è la carità, la quale massimamente si acquista nell’applicarsi alla preghiera. Ma alcuni sono venuti a tanta stoltezza che essi abbandonano il più importante impegno del cristiano e si danno ad ogni altro impegno, esercizio, secondo che essi si sentano attirati da diversi piaceri…