Cap.2

Cap. 2
Avendo deposto  dunque ogni malizia e ogni inganno e ipocrisie e invidie e ogni maldicenza, 2 come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale , affinché con esso cresciate per la salvezza, 3 se avete gustato che buono è il Signore. 4 Accedendo a lui come a pietra vivente,  rigettata dagli uomini ma scelta da Dio e onorata, 5 anche voi  come pietre vive siate edificati, come casa spirituale per un sacerdozio santo, per offrire vittime spirituali gradite a Dio per mezzo di Gesù Cristo. 6 Poiché è contenuto nella Scrittura: Ecco, pongo in Sion una pietra angolare, eletta, preziosa e chi crede in essa non si vergognerà. 7 A voi dunque l’onore, ai credenti; per i non credenti, invece, la pietra che rigettarono i costruttori,  questa è diventata testa d’angolo 8 e pietra d’inciampo e sasso di scandalo. Questi inciampano disobbedendo alla parola; a ciò anche sono stati posti. 9 Ma voi siete stirpe eletta, regale sacerdozio, gente santa, popolo di acquisto, perché  annunciate le grandezze di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; 10 voi che un tempo eravate non popolo, ora invece popolo di Dio, voi a cui non  era stata fatta misericordia, ora invece  oggetto di misericordia. 11 Amati, vi esorto come stranieri e pellegrini di astenervi dai desideri carnali che fanno guerra contro l’anima, 12 avendo buona la vostra condotta fra i pagani, perchè in ciò in cui vi maledicono come malfattori, osservando dalle buone opere, glorifichino Dio nel giorno della visita. 13 Siate sottomessi ad ogni istituzione umana a motivo del Signore, sia al re come  sovrano 14 sia ai governatori come suoi inviati  per punire quelli che fanno il male, a lode invece di quelli che fanno il bene. 15 Poiché questa è la volontà di Dio: che voi, facendo il bene, facciate tacere l’ignoranza degli uomini stolti, 16 come liberi, non avendo la libertà come coperta della malizia,  ma come schiavi di Dio. 17 Onorate tutti,  amate i fratelli, temete Dio, onorate il re. 18 Voi schiavi siate sottomessi con ogni timore ai padroni, non solo ai buoni e ragionevoli, ma anche ai perversi; 19 questo infatti è grazia, se per coscienza di Dio qualcuno sopporta afflizioni, soffrendo ingiustamente. 20 Quale gloria infatti c’è, se peccando ed essendo schiaffeggiati pazientate? Ma se facendo il bene e soffrendo pazienterete, questo è grazia presso Dio. 21 A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi,  lasciandovi un esempio perché seguiate le sue orme. 22 Colui che non fece peccato né fu trovato  inganno nella sua bocca, 23 il quale ingiuriato non rispondeva con ingiuria, soffrendo non minacciava, ma consegnava la sua causa a colui che giudica con giustizia, 24  che i nostri peccati egli stesso portò  nel suo corpo sul legno della croce, perché sottratti ai peccati viviamo per la giustizia,  per la cui cicatrice siete stati sanati. 25 Eravate infatti come pecore erranti, ma ora siete stati convertiti al pastore e  sorvegliante delle anime vostre.

“Avendo deposto  dunque ogni malizia e ogni inganno e ipocrisie e invidie e ogni maldicenza, 2 come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale , affinché con esso cresciate per la salvezza, 3 se avete gustato che buono è il Signore.”

L’uomo vecchio è stato spogliato  di ogni peccato. Non semplicemente di questo o quel peccato , ma di ogni sua forma, che Pietro riassume in pochi termini.
Malizia: è tutto ciò che ci appartiene  come nostra peculiare proprietà; ha due volti, uno interiore e uno esteriore. Il primo è  il marchio dello schiavo impresso sul nostro cuore dal Maligno, il secondo  sono le azioni esteriori che vengono da questa schiavitù.
Inganno: è l’illudere e l’essere illusi, perché non si è radicati nella verità.
Ipocrisie: è tutto ciò che scaturisce da un cuore falso, che inganna gli altri dopo aver ingannato se stesso.
Invidie: è la ricerca dell’affermazione del proprio io, in contrasto con qualsiasi altro io, compreso quello divino. Maldicenza: è il male che prima ancora di essere trovato nelle azioni è trovato nelle parole. 
“Deposta dunque ogni malizia, ogni frode e ipocrisia. Questa deposizione è un termine usato, a mio parere, con allusione abbastanza trasparente al rito sacramentale della spoliazione degli abiti prima del battesimo. Come prima di essere battezzati deponete i vostri abiti nella piscina battesimale, così deponete ora ogni cattiveria, che è il segno dell’uomo vecchio”. (Umberto Neri)

“2 come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, affinché con esso cresciate per la salvezza,”

Non si nasce alla fede come adulti, ma come bambini, e chi è bambino deve innanzitutto cibarsi del latte: non quello che è dato dalla carne e dal sangue, ma dallo Spirito Santo: questo si deve cercare, questo si deve succhiare, per questo e con questo si deve crescere. Latte schietto, per sua propria natura, non miscibile e non compatibile con nessun altro latte.
“L’immagine è dunque chiara: come un bimbo ha subito bisogno di attaccarsi al seno materno per nutrirsi e strilla finché non gli si dà da succhiare il latte, così anche voi strillate perché vi si dia il latte, bramate il latte spirituale; non potete accontentarvi di aver ricevuto la vita nuova, dovete curarla, custodirla, animarla, potenziarla, vivificandovi incessantemente con l’attingere alla sorgente della grazia, della conoscenza e dell’amore di Dio…
Spirituale (letteralmente razionale). Questo latte è qualificato letteralmente come latte razionale, termine ancora ermeneutico che impone il trasferimento dall’immagine alla realtà spirituale. Razionale, nella lettera ai Romani, è il culto che non consiste nell’offerta di sacrifici materiali, ma nell’offerta più profonda e totale di noi stessi… Razionale è un termine analogo, come valore, a “spirituale”, che vedremo ricorrere più volte nel capitolo seguente, dove si parla di Tempio e di vittime spirituale (2,5) per trasferire l’indicazione biblica su tori, agnelli, capre o colombe, dall’immagine alla realtà. Puro (senza inganni). Di nuovo un termine sapienziale, che ricorre nel libro della Sapienza (7,13) in senso molto preciso, che si addice alla parola di Dio trasmessa in modo autentico: bramate la Parola pura, non adulterata, trasmessa così come Dio l’ha consegnata nelle sue Scritture, trasmessa così come lo Spirito Santo muove gli evangelizzatori a proclamarla. Solo questo è il nutrimento non adulterato, che veramente nutre e fa crescere.” (Umberto Neri )

“3 se avete gustato che buono è il Signore.”

“Il versetto è una citazione molto opportuna del salmo 34: “Gustate e vedete quanto è buono il Signore” (salmo 34,9). Questo salmo, ripreso ancora altre volte era certamente usato nella liturgia della iniziazione cristiana per la facile applicazione al battesimo e alla eucaristia”. (Umberto Neri)
Nessuno si accosta ad un latte diverso da quello già assaporato, se non ha acquisito un gusto nuovo, che è quello dato dal Signore. Non cerca il latte del Signore se non chi ha abbandonato colui che dispensa un cibo per la morte eterna. E non abbandona il Malvagio, se non chi ha trovato il vero eterno bene: colui che è Buono, il Signore Iddio che si è manifestato in Cristo Gesù.
Non comprende chi non è andato oltre la dimensione etica dell’esistenza, e non si è posto alla sequela di Cristo.

“4 Accedendo a lui come a pietra vivente,  rigettata dagli uomini ma scelta da Dio e onorata, 5 anche voi  come pietre vive siate edificati, come casa spirituale per un sacerdozio santo, per offrire vittime spirituali gradite a Dio per mezzo di Gesù Cristo.

Non c’è vicinanza al Signore, se non quando la nostra vita si accosta alla Sua. Perché il nostro Dio a differenza degli idoli  inanimati è pietra vivente in Cristo Gesù, a noi donata, da noi toccata come roccia inamovibile di eterna salvezza. Rigettata dagli uomini, come cosa di nessun valore, è stata eletta da Dio come pietra preziosa sulla quale è costruito un edificio di incomparabile bellezza e di incrollabile potenza, che è la sua Chiesa. Accostàti a Cristo, a lui assimilati, in virtù dello Spirito Santo siamo fatti edificio spirituale, perché il tempio di Dio sia innalzato nel nostro cuore, perché in noi e non fuori di noi sia trovato il nostro Signore, per un sacerdozio santo, in virtù del quale ognuno di noi offre a Dio il proprio sacrificio spirituale. Non quello di vitelli e capri, ma quello della propria vita. E tutto questo è possibile soltanto in virtù dell’unico sacrificio  gradito al Padre: quello dell’eterno Figlio Suo. Nel suo sacrificio è il nostro sacrificio, nella sua morte la nostra morte, nella sua resurrezione la nostra resurrezione. Non c’è celebrazione liturgica se non in virtù di questo accostamento tra noi ed il Cristo, tra  una vita creata  assimilata, cioè fatta simile, a quella del Creatore.
“L’accedere al Cristo, pietra viva, come tempio, nel battesimo, coincide con l’essere edificati insieme con gli altri credenti nella Chiesa, come pietre vive. Il battesimo comporta un collegamento essenziale, inevitabile, con gli altri membri della comunità cristiana, per costituire insieme con loro, non da soli, un tempio per il Signore… Non è un’avventura mia personale. Sono un mattone. Un mattone non ha senso da solo, perché nè ripara dal sole, né ripara dall’acqua, meno che mai permette di abitarvi sotto: non ha senso. L’idea degli altri precede l’idea di me come singolo, io sono sentito come in comunione con gli altri e sono scelto da Dio, in quanto – come dice il concilio Vaticano II –appartenente al popolo. La scelta del popolo precede la scelta del singolo. Ma come, il popolo non è fatto di tanti singoli? Certamente! Però il singolo è scelto in base alla volontà di scegliere e di costituire il popolo del Signore; quindi la Chiesa è anche madre, perché la scelta della Chiesa precede la scelta del singolo. Io sono scelto dentro alla Chiesa. Una interpretazione individualistica del cristianesimo, come avventura personale per la salvezza, è esclusa totalmente e inoltre è esclusa qualsiasi interpretazione “laicistica”, nel senso di non prevalentemente sacrale. I mattoni hanno la loro individualità, ma sono scelti tutti insieme e sono costruiti per essere un tempio. Interpretare il cristianesimo come finalizzato ad altro, che non sia il culto, la lode, l’onore reso a Dio, il rapporto con Dio, l’intimità della comunione con lui, l’essere abitazione di lui e abitare in lui, è un atto falso ed erroneo.…
Per un sacerdozio santo. Siamo sacerdoti ma non popolo di preti. “Prete”, contrazione di presbitero, è colui che esercita uno specifico ministero nella chiesa. Sacerdote, invece, è colui che ha un compito di responsabilità primaria rispetto al culto. La Chiesa non è un popolo di preti (guai se tutti fossero preti, sarebbe un incubo), ma certamente è un popolo di sacerdoti. I preti sono sacerdoti, certo, ma in primo luogo in quanto appartenenti al popolo di Dio e poi per un titolo particolare, connesso con il loro ministero, ma anche gli altri sono sacerdoti.
Per la costruzione di un edificio spirituale. Il tempio è spirituale, è casa spirituale “per un sacerdozio santo”. È una precisazione che potrebbe apparire anche superflua, ma in realtà ci aiuta a uscire dalla tentazione di intendere in modo un po’ troppo statico questo edificio. Siamo edificio. L’edificio cosa fa? Niente. Le pietre cosa fanno? Niente, stanno lì ferme. Il loro compito è di star ferme, guai se le pietre si dessero da fare! Stanno lì ferme, non si agitano. Noi invece siamo costruiti come tempio santo, ma per offrire vittime spirituali: essendo un sacerdozio siamo chiamati ad esercitare il sacerdozio, a esercitare un’attività, a vivere come consacrati. Tempio e sacerdozio sono termini fortemente connessi l’uno all’altro: l’uno sottolinea l’avere Dio presente in mezzo a noi; l’altro il rapportarci a Dio con il nostro agire, con il nostro culto attualmente offerto a Dio.
Per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. L’offerta di questi sacrifici spirituali nel tempio di Dio si compie mediante Gesù Cristo. La mediazione del Cristo è una sottolineatura tipicamente neotestamentaria: come si è edificati in tempio accedendo al Cristo, che  è pietra di fondamento senza la quale il tempio non cresce (le pietre si edificano l’una sull’altra, ma tutte sul Cristo che le regge), così si esercita, il sacerdozio offrendo vittime spirituali mediante il Cristo; nell’eucarestia è lui stesso l’offerto ed è il sacerdote: in tutta la vita di culto, di preghiera, di lode al Dio cristiano, è lui che fa salire la supplica, la lode, l’intercessione a Dio. Il sacerdozio è esercitato sempre mediante lui che lo assume nella sua mediazione. Lo assume in sé e lo fa proprio ed è lui solo che rende la nostra offerta gradita a Dio. Il testo permette di per sè una duplice interpretazione, perché offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo, può significare che l’offerta di sacrifici avviene per la mediazione di Cristo, oppure che, per tale mediazione, essa è gradita; ma l’alternativa è apparente perché “per mezzo di Cristo” si riferisce ad ambedue gli elementi: l’offerta è possibile solo mediante Cristo ed è bene accetta soltanto attraverso di lui.” (Umberto Neri )

“6 Poiché è contenuto nella Scrittura: Ecco, pongo in Sion una pietra angolare, eletta, preziosa…”

La prima testimonianza, il primo annuncio dell’evento salvifico, ci è dato dalla Scrittura. L’evento è innanzitutto un fatto che viene dal cielo, un’operazione divina,  per mano dell’Onnipotente Dio. Non si colloca in un punto qualsiasi della terra, ma è trovato in Israele, sul monte Sion.  Prima ancora di  ciò che è operato, va esaltato Colui in virtù del quale il Padre ha operato. È pietra vivente, perché ha in sé la vita, è pietra angolare perché fondamento di ogni costruzione spirituale, eletta, perché unicamente gradita a Dio, preziosa, perché non c’è vita se non in Lei e per Lei.
“I testi sono ricavati da diversi luoghi della Scrittura, ma contribuiscono tutti a illuminare la funzione e la natura del Cristo. Il termine “pietra” richiama dunque immediatamente alla memoria altri luoghi della Scrittura in cui è contenuto il riferimento messianico. La mnemotecnica è usata largamente nel mondo rabbinico e così mostra di fare e di praticare l’autore, che su questa raccolta di testi lavora molto abilmente. Le citazioni non sono semplicemente accostate l’una all’altra, ma fortemente elaborate e integrate in un discorso organico il cui senso complessivo è che Dio ha posto in Sion il suo Cristo – l’ha manifestato cioè in Israele – eletto e glorioso, quale unica salvezza: solo chi crede in lui non è condannato (cf. Atti 4,12 – in relazione alla citazione del salmo 118,22 - : “In nessun altro c’è salvezza”).” (Umberto Neri)

“e chi crede in essa non si vergognerà ”.

Non c’è esistenza che non si risolva in una fede, e non c’è fede che non debba  confrontarsi con quella che discriminata è anche discriminante. Non c’è Salvezza se non in Colui che è stato mandato dal cielo. Unica è la fede che porta con sé ogni gioia, qualsiasi altra fede sarà di vergogna nel giorno del giudizio ultimo e definitivo.

“7 A voi dunque l’onore, ai credenti,”

A chi l’onore che rimane in eterno? A noi, che crediamo in Cristo Salvatore, Figlio di Dio. E per quelli che non credono?

“per i non credenti, invece, la pietra che rigettarono i costruttori, questa è diventata testa d’angolo 8 e pietra d’inciampo e sasso di scandalo;”

Per coloro che non credono in Cristo Gesù, una brutta notizia sarà loro riservata nel giorno del giudizio, foriera dell’angoscia che introduce alla dannazione eterna. La pietra scartata come di nessuna importanza è diventata  testa d’angolo, quella che regge l’edificio della vita, una pietra in cui non si inciampa con il minore dei mali, ma con il più grande e terribile, con la caduta nella morte eterna. Non una pietra qualsiasi che accetta anche di non essere guardata e considerata, ma rupe di salvezza a tutti visibile e a tutti donata, diventata scandalo per chi non crede, scandaglio dei cuori, misura di ogni vicinanza o lontananza da Colui che è La Verità.

“Questi inciampano disobbedendo alla parola, a ciò anche sono stati posti”.

Non un qualsiasi inciampo è per la dannazione eterna, e non una qualsiasi pietra è causa di eterna caduta, ma la roccia vivente di Dio, che è Cristo, eterna Parola del Padre.
Chi obbedisce alla Parola di Dio troverà in questa roccia rifugio sicuro contro il Maligno e fortezza inaccessibile alle potenze del male, una scala che porta al cielo, in direzione unica e sicura. Non c’è possibilità alcuna di errore per tutti coloro che sono in salita, se pur collocati in punti diversi: alla fine si troveranno tutti fra le braccia dell’unico Dio.
“Ecco la funzione del Cristo: se ci si appoggia su di lui, in lui si diventa tempio santo, ma se lo si rifiuta, in lui si trova motivo di caduta come inciampando in un sasso. Questo è quello che è accaduto direttamente ai responsabili di Israele e, attraverso di essi, a tanta parte del popolo primogenito”. (Umberto Neri)

“a ciò anche sono stati posti”.

Non si può parlare di destino dell’uomo se non in rapporto alla Parola; perché dall’eternità è stabilito in cielo che chiunque crede alla Parola abbia vita eterna e chi non crede morte eterna.
Intendi rettamente. Il discorso di Pietro si pone sulla stessa linea di quello di Paolo. È detta in maniera sintetica la dottrina della predestinazione. Se agli uomini di quel tempo era cara questa dottrina, che considera ogni uomo un diversamente predestinato, tutto questo non si attualizza e non si realizza se non per una nostra libera scelta.
Due possibilità sono stabilite e definite dall’eternità per ogni creatura: o rimanere in Dio o porsi fuori di Dio. Chi crede in Cristo diventa per definizione divina un eletto, un predestinato alla vita eterna in virtù di libera adesione all’opera del Cristo. Chi non crede in Cristo diventa al contrario, per la ragione contraria, un predestinato alla morte eterna. Non per causa primaria, che vuole tutti gli uomini salvi in Cristo, ma per causa secondaria, che lascia aperta all’uomo in virtù di una libertà creata, la possibilità di un rifiuto del dono che è dato dal cielo.
È volontà di Dio che tutti gli uomini siano salvi in Cristo Gesù: per Dio siamo innanzitutto predestinati alla salvezza.
L’uomo che non fa sua la volontà di Dio ed afferma una propria volontà, non smentisce la primaria volontà di Dio, che è predestinazione alla vita eterna, ma rende reale ed attuale una diversa volontà, che è predestinazione alla morte eterna. Sovrana nella storia è la volontà di Dio.
Non accogli e non fai tuo un disegno di eterna salvezza? Non affermi e non confermi una tua volontà diversa da quella del tuo Creatore, semplicemente crei e dai fondamento a una sua diversa volontà, non di salvezza ma di dannazione. Vi è in Dio una volontà originaria rispetto alla volontà della creatura, vi è pure in Lui una volontà derivata rispetto alla volontà della stessa creatura. Per la prima vi è predestinazione alla salvezza per chi crede in Cristo Gesù, in virtù della seconda vi è dannazione eterna per chi non crede nel medesimo Cristo Gesù. Discriminante è la volontà dell’uomo, non quella di Dio. Chi vuole altro da quello che vuole Dio, afferma in sé e per sé una diversa volontà di Dio, non la predestinazione alla vita eterna, ma la dannazione alla morte eterna. Vuoi tu la morte e non la vita? Ebbene, se le cose stanno così, lo vuole anche Dio; non per una decisione dell’ultima ora, ma perché così stabilito dall’eternità.
Pietro non si discosta in nulla dall’insegnamento di Paolo. In poche parole dice la stessa cosa.


“9 Ma voi siete stirpe eletta, regale sacerdozio, gente santa, popolo di acquisto,”

La contrapposizione tra coloro che non credono e coloro che credono è netta e ben delineata: non c’è via di mezzo o una diversa possibilità. Eterna rovina per i non credenti in Cristo, sovrana esaltazione per tutti coloro che sono entrati nella sua opera di salvezza. Nessun titolo per i primi, ogni onore e gloria ai secondi.
Stirpe eletta: non una qualsiasi stirpe ma quella unicamente accetta al Padre.
Regale sacerdozio. Non un comune sacerdozio, ma quello che è esclusivo dei re.
Gente santa: non una gente che può stare con le altre della terra, ma una gente separata e divisa per una sorte diversa.
Popolo di acquisto. Non un popolo senza prezzo, ma popolo che Dio si è acquisito con il sangue prezioso del Figlio suo.
E a quale scopo?

“perché  annunciate le grandezze di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.”

La grandezza  di Dio è già di per sé piena, non ha bisogno di essere accresciuta, ma proprio perché sovrabbondante d’amore vuol riempire di sé ogni creatura e non lasciare zona vuota o di ombra. È data per essere liberamente accolta e fatta propria;  e tutto ciò è reso possibile dall’annuncio degli eletti, annuncio che passa da bocca in bocca, annuncio che porta in sé lo stupore, la gioia, la meraviglia, l’entusiasmo di chi è passato dalle tenebre del Maligno alla luce del Salvatore.

“10 Voi che un tempo eravate non popolo, ma ora popolo di Dio, voi a cui non ne era stata fatta misericordia, ora invece essenti oggetto di misericordia.”

Prima della venuta di Cristo eravamo nulla. Ci era negato anche il titolo e l’attributo di popolo, perché un popolo ha una terra propria ed un re proprio: noi eravamo come pecore disperse nel deserto: nessuno, nella terra di nessuno.
E chi ci ha cercato, chi ha avuto di noi misericordia? Il Signore che è nei cieli. Per noi disceso sulla terra, ha fatto di noi un popolo santo, di suo particolare possesso, popolo Dio per elezione divina, perché non noi abbiamo eletto Lui, ma Lui ha eletto noi.

“11 Amati,”

E’ un dato di fatto, una realtà, sperimentata e conosciuta da tutti coloro che fanno parte del popolo di Dio: un popolo fatto santo, cioè separato, per una diversità che deve tuttavia dar prova di sé, custodita e conservata in questa vita per entrare nell’altra vita.

“vi esorto come stranieri e pellegrini di astenervi dai desideri carnali che fanno guerra contro l’anima.”

Siamo un popolo, santo, eletto da Dio per annunciare la grandezza del suo nome, ma siamo anche un popolo in cammino dietro Cristo per raggiungere una dimora eterna.
Diversa la nostra guida, diversa la nostra meta, diverso il nostro cammino: Come dobbiamo dunque comportarci in questa vita? In conformità alla chiamata, che già hic et nunc fa di noi cittadini del cielo e di conseguenza stranieri e pellegrini su questa terra.
Straniero è  chi accidentalmente ed occasionalmente si trova in un paese che è altro dal proprio. Lo straniero conserva intatta la propria identità rispetto ad ogni diversità trovata. Non si integra in alcun modo, né desidera assimilarsi ad altro popolo che non sia quello da cui ha avuto la vita. Il popolo di Dio è altro dai popoli di questa terra. Si può integrare una diversità trovata in questo mondo, non quella  creata da Colui che non è di questo mondo. Viviamo nel mondo, ma non siamo del mondo. La nostra patria è nei cieli, accanto a Colui che ci ha generato ad una vita nuova. Viviamo con i piedi per terra, ma con la testa nei cieli, in una continua ed incessante tensione verso le cose dell’alto. Ed è proprio questa tensione, che non accetta allentamenti, che fa di noi persone in continuo spostamento dalle regioni terrene a quelle celesti. Lo straniero è diverso dall’emigrante. Questo si sposta per una integrazione che è sempre sulla linea di questo orizzonte terreno, lo straniero prima ancora di spostarsi è uno che si sente spostato, strappato dalla terra che sente propria, ma solo per un tempo ben definito e delimitato, che non oscura e non tocca il sentimento di una vita trovata in verità e carità. Chi è straniero per Cristo, se pur ha residenza fissa fra un popolo a cui si sente estraneo e dal quale è sentito estraniato, ha il cuore sempre in movimento. Vuol raggiungere in maniera stabile e definitiva l'’autore ed il perfezionatore della propria salvezza. Agli occhi del mondo può anche apparire un sedentario ed un disimpegnato, perché  non cerca e non desidera alcuna novità, cambiamento, progresso in una dimensione orizzontale. Agli occhi dello spirito, nel profondo del proprio cuore appare un pellegrino, uno che cammina senza sosta verso una meta, di cui conosce il fine, ma non il quando e il come. Il pellegrino non è come il nomade. Il nomade trova la propria casa in un luogo qualsiasi di questo mondo, il pellegrino in nessun luogo di questo mondo. Cerca altro da ciò che appartiene a questa terra, e non lo trova, se non in un continuo rinnegamento e superamento di  ciò che è immediatamente dato. Come figli della promessa,  in Cristo abbiamo la caparra dello Spirito Santo, ma vogliamo e cerchiamo quella pienezza che già è stata per noi acquistata in cielo dal Salvatore. Nessuna finzione nel cuore di chi si sente come forestiero e pellegrino in questo mondo. In altre parole: non ci è detto da Pietro di vivere come se fossimo stranieri e pellegrini su questa terra, ma di vivere nella piena consapevolezza del nostro essere in questa terra come pellegrini e stranieri. La novità della nostra vita non è data dalla nostra estraneità ad essa, ma al contrario, la nostra estraneità ad essa è data da una novità già assicurata, pregustata, assaporata, in maniera tale che altro non possiamo cercare e volere se non la pienezza ultima e definitiva. Il nostro essere stranieri e pellegrini è ben altro da un semplice stile di vita, un costume da noi trovato buono e adatto per avere vita eterna. Al contrario è logica conseguenza di una vita divina che è già in noi in atto per grazia del cielo. Non abbiamo una terra in questo mondo, ma neppure la desideriamo e la cerchiamo: abbiamo già trovato la nostra. Non godiamo dei beni del mondo, se non in maniera del tutto sporadica ed occasionale. Nulla ci è di peso e di impedimento e nulla crea in noi aspettative diverse, perché già tutto possediamo, conosciamo, sperimentiamo in Cristo.
Siamo stranieri e pellegrini senza invidia e senza rimpianti, sovrabbondiamo di gioia  nel Signore che ha preso possesso del nostro cuore e che ci attira a sé in maniera sempre più piena, completa, definitiva.
Oggi non ci sono più i pellegrini come un tempo, tutt’al più si fa qualche pellegrinaggio, ma le parole di Pietro sono sempre attuali e attuabili. Non importa dove si dimora con il corpo, importa dove si dimora col cuore. Non importa il possesso dei beni di questo mondo, importa il possesso dell’unico eterno bene, che è il Signore nostro. Nulla dobbiamo realizzare  in questa vita, perché già tutto è stato realizzato per noi e  in noi dal Cristo. Il mondo ci vede come persone del tutto inutili, da cui nulla si spera e di cui si fa volentieri a meno. Non siamo in cordata per creare un mondo migliore. Nella nostra povertà ed indigenza possiamo anche essere trovati come un impedimento ed un intralcio per il benessere dell’umanità. La nostra ricchezza e la nostra pienezza è quella del cuore, visitato e colmato dalla presenza del Cristo.
Viviamo in maniera pacifica ogni avversità che ci viene dal di fuori, ma anche le avversità che troviamo dentro di noi, che sono le passioni della carne.

“vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai desideri carnali che fanno guerra contro l’anima.”

Viviamo in continuo stato di guerra: è vero! Ma è una guerra del tutto particolare, non è di aggressione o di difesa, ma semplicemente di astensione. Già liberati dalle passioni della carne, dobbiamo semplicemente girare alla larga da esse. Non provocarle a cimento e neppure affannarci in complesse, costose e faticose fortificazioni.  Basta rimanere  e dimorare nella salvezza già operata dal Cristo, non andare fuori per cercare una nostra guerra, e neppure preoccuparci di costruire altre difese e protezioni che non siano già date dal nostro Salvatore. Si è veri stranieri e veri pellegrini in questo mondo, soltanto in Cristo e per Cristo, nella Sua Chiesa e con la Sua Chiesa.
Come vive chi è pellegrino e straniero in questa terra? È subito detto.

“12 avendo buona la vostra condotta fra i pagani, perché in ciò in cui vi maledicono come malfattori, osservando dalle buone opere, glorifichino Dio nel giorno della visita.”

Innanzitutto con  la nostra vita dobbiamo attestare e testimoniare cha siamo nati ad un’altra vita. Non interessano le cose del mondo, ma unicamente ciò che è volontà di Dio. “Siate santi, perché io sono santo”. Una morale fine a se stessa e conforme a quella del mondo manifesterebbe un nostro essere dal mondo, come il mondo.
Avere una buona condotta non è possibile e non si giustifica se non in virtù di una retta e buona coscienza, che nel suo essere fondata nell’unico Dio, da Lui agita e conformata, fa di noi un cuore solo ed anima sola. Gli uomini di questo mondo possono avere tante morali, che stanno l’una accanto all’altra. Noi cristiani abbiamo una sola morale  che è quella che ci è data dall’obbedienza a Cristo Gesù. Se sconcertano le morali diverse trovate in questo mondo, stupisce e riempie di fondata meraviglia una morale che ha molti toni, ma una sola e medesima voce. I pagani possono maledire i cristiani, attribuire a loro ogni sorta di male, ma è la realtà stessa delle cose, così come da tutti trovata, che smentisce ogni calunnia. I cristiani, se pure non hanno alcuna pretesa di essere buoni, compiono opere buone. Sono diversi, è vero, ma un giudizio sbagliato e falso viene poi ribaltato dai fatti. Perché i cristiani appaiono in tutto e per tutto diversamente rapportati a ciò che è bene e a ciò che male. Sono portatori di una giustizia diversa che rimanda ad un Dio diverso. Se è vero che per ogni uomo viene il giorno della visita del Signore, tale visita per i pagani è anticipata, rafforzata, confermata dalla testimonianza di vita dei cristiani. Se vi sarà in coloro che oggi si comportano come un non popolo  volontà di bene e desiderio di verità, a nessun altro Dio daranno lode se non a quello testimoniato loro dai cristiani. Nessuno che voglia Dio potrà mai maledire coloro che sono rinati dall’unico Dio.
Questo è ciò che deve stare unicamente a cuore ad ogni creatura: che ogni bocca dia lode al suo Creatore. Non c’è altro scopo ed altro fine della vita che si possa dire primario rispetto alla glorificazione del Signore Dio nostro.
Chi cerca altro, chi dà esempio di qualcosa di diverso e dà un’altra testimonianza, se pur parla di Verità, è testimone della Menzogna. La creatura è fatta per dar lode al Creatore per magnificare la sua bontà, bellezza, munificenza. Molti hanno la pretesa di essere testimoni autentici di Dio. Ma quale inno di lode al Signore scaturisce dalla loro bocca e quali bocche sono aperte da questi testimoni all’inno che unicamente interessa e ha valore per la vita eterna? Non l’inno ai valori da noi trovati e coltivati come buoni, ma l’inno all’unico valore che è buono: Gesù Cristo Salvatore, Figlio di Dio. Troppe filosofie della religione entrano nella testa ed escono dalla bocca dei più autorevoli predicatori odierni. E dov’è l’inno di lode esaltato ed esaltante al Signore nostro Dio? Il coro di coloro che danno gloria a Cristo Salvatore si accresce sempre più o va sempre più diminuendo? Non è forse giunto il momento di parlare meno di Dio e di invocare di più il suo nome? Quale triste spettacolo ci danno oggi gli esegeti più di moda e più in auge! Non danno lode a Dio, ma a se stessi, non annunciano Cristo Salvatore, ma se stessi come salvatori. E tutto questo in una tale confusione di idee, proposte, iniziative, che fanno la Chiesa sempre più deserta e povera di adoratori di Dio in Spirito e Verità.
Questo per quel che riguarda il rapporto con Dio. E per quel che riguarda il rapporto con le creature e con quel sistema creato dal diavolo, che tutte le accomuna ed unisce, quella realtà che la Bibbia definisce con il generico nome di mondo? Come deve comportarsi ed essere trovato chi porta il nome di cristiano?

“13 Siate sottomessi ad ogni umana istituzione”

Il discorso di Pietro, a questo punto, si fa per molti oscuro, addirittura provocatorio, al punto da suscitare, ira, indignazione, rigetto. Nasce  il sospetto che non sia parola dell’apostolo Pietro, ma il frutto di qualche manipolazione del testo originale, operata dai figli del Maligno.
Come è possibile che la vita nuova in Cristo chieda la sottomissione a ciò che ci appare manifestamente come espressione del mondo e del potere che satana ha su di esso? Se già un cambiamento è stato operato da Dio nei nostri cuori e nella nostra mente, non dobbiamo preoccuparci di cambiare  le istituzioni, il contesto sociale, le leggi che regolano questa esistenza? Come si può scacciare il Satana, mettersi al servizio di Dio, perché in tutti si attualizzi la sua opera di redenzione, se accettiamo il male che c’è nel mondo e non entriamo in guerra contro di esso? Cosa pensare, cosa dire,  cosa fare? Stare sottomessi? E non è forse fin troppo chiaro, che si deve fare esattamente l’opposto? Cioè ribellarsi e disubbidire?

“a motivo del Signore”,

Pietro, rincara la dose. Non solo dobbiamo stare sottomessi sic et simpliciter, ma per dichiarata ed esplicita volontà di Dio. Che si debba stare sottomessi a causa di forze superiori alle nostre, può essere comprensibile, ma che si debba stare sottomessi a motivo del Signore… qui l’assurdo è portato al massimo. È come dire che nulla potrà e dovrà cambiare in questo mondo. Ed allora quale vita nuova ci è donata dal Signore in Cristo Gesù ? Qui casca l’asino, perché chi cerca, vuole, desidera un mondo migliore non ha ancora compreso che tutto è già stato compiuto dal Salvatore. Non c’è nulla di rivelante per quel che riguarda la verità e la salvezza che già non sia stato operato da Cristo con la sua morte e resurrezione. La salvezza non va cercata nell’economia di questo mondo, ma nell’economia di un altro mondo che ha nome di regno di Dio o regno dei cieli. Chi lotta per una società migliore, ha già scartato la pietra d’angolo, è già inciampato in essa, è già caduto nella fossa profonda della perdizione, dalla quale può salire soltanto la voce falsa ed ingannevole del Diavolo, se pure scimmiotta, imita, fa propria, grida  la Parola di Dio. “Tutto è compiuto”, sono le parole di Gesù. Non può esserci opera nostra in questa vita se non nella sottomissione all’unica opera di salvezza compiuta  dal Cristo. Se siamo già stati tutti salvati, non c’è nessuno da salvare, resta semplicemente l’annuncio e la testimonianza della venuta del Salvatore, che ha fatto nuove tutte le cose, non quelle fuori di noi, ma quelle che sono dentro di noi, ovvero la realtà spirituale che se pur s’incontra e s’intreccia con la realtà materiale, la sottomette a sé e la scavalca. Il regno di Dio è già venuto ed è dentro di noi. Chi guarda, cerca, opera in una dimensione diversa che non è quella del cuore, si troverà smarrito e confuso. Perché il mondo dopo Gesù è ancora quello prima di Gesù. Soltanto guardando ai cuori, ad essi parlando, per essi lottando, troveremo  che il Regno di Dio è già venuto. Ed è opera dello Spirito Santo che Gesù ha reso, cioè dato, per noi sulla croce ed ancora più è disceso sulla Chiesa nel giorno della Pentecoste. Chi non è pago della dimensione interiore e cerca fuori ed oltre essa, rimarrà deluso. Ma allora non si deve fare nulla per un mondo migliore? Quale il nostro impegno? Innanzitutto quello dell’annuncio del Vangelo, in una continua ed ininterrotta preghiera di lode al Signore: una testimonianza piena di virtù donate dal Cristo,  una vita sobria, materialmente ridotta all’essenziale che cerca e vuole le cose dell’alto per ridurre a nulla i desideri della carne. Nessun impegno sociale, per quanto dettato da nobili sentimenti, può snaturare la nostra vocazione di creature fatte nuove dal Cristo, che innalzano al cielo un perenne ed ininterrotto inno di lode al Cristo salvatore. Non siamo innanzitutto dispensatori di un cibo materiale, ma di un cibo spirituale, che in ogni tempo, in ogni situazione, in ogni uomo, fa nascere, alimenta, dà forma ad una nuova vita che porta il sigillo dello Spirito Santo.

“Non possiedo né argento né oro, ma nel nome del Signore ti dico alzati e cammina”. ( Atti 3,6 ) E tutto questo in un’esistenza, che è coesistenza con un mondo vecchio, che è stato, è e sarà sempre in mano al Maligno, fino al giorno della venuta del Figlio dell’uomo, allorché ogni potere sarà tolto al Satana. Cristo non è venuto per toglierci dal mondo, ma per liberarci dal male che è nel mondo. Con noi o senza di noi, il mondo continuerà la sua folle corsa verso la distruzione finale. E bada bene di non cadere negli ingranaggi di questa macchina micidiale che macella ogni carne che trova nel suo campo d’azione. La nostra storia di redenti è quella di fuoriusciti che, se pur vivono nel mondo, devono tenersi ad una certa distanza dal potere di questo mondo, che è in mano al Maligno. Chi può comprendere comprenda. Gli altri continueranno a far politica, a far opera di mediazione, a promettere ciò che in definitiva Cristo non ha promesso in questa vita. Cercheranno di smussare gli angoli e le punte di ogni contrasto, per mettere insieme tutti gli uomini, in nome di principi universali, che per quanto buoni, sono astratti, cioè tirati fuori dall’opera e dalla persona di Cristo Salvatore. Si potrà anche accrescere il culto dell’uomo: dell’uomo buono s’intende e non più di quello cattivo. Ma quali risultati? La catastrofe più completa e la dannazione eterna per tutti quelli che hanno annunciato un vangelo diverso che non è quello di Gesù Cristo. Il mondo continuerà la sua folle corsa verso la distruzione, guidato dal suo principe. “ Sorgerà popolo contro popolo e regno contro regno e ci saranno carestie e terremoti in vari luoghi… si tradiranno l’un l’altro e si odieranno… per il moltiplicarsi dell’iniquità si raffredderà l’amore dei molti”. ( Matteo 24,7 e seguenti ).
E tu credi ancora in un mondo migliore e difendi con la spada gli uomini che ritieni migliori? Confida nel Signore e avrai maggior profitto. Rifugiati nella Chiesa che in questo mondo vive come pellegrina e straniera. Fuggi lontano dalla chiesa che vuol mettere le sue radici in questa terra, avida di potere mondano, ornata di ricchezze materiali, che mentre annuncia la novità, ovunque spande l’odore nauseabondo della morte. Visione pessimistica dell’esistenza? Nient’affatto! Ma giusto, santo, dovuto realismo che non corre dietro all’illusione, perché già dimora nella pienezza di vita donata dal Cristo. Certamente, se possibile, per quanto compatibile con la nostra condizione di pellegrini, dobbiamo collaborare con ogni iniziativa che vuol alleviare la sofferenza dell’uomo. Daremo in elemosina i nostri beni, non ci uniremo alle schiere dei bontemponi e dei malfattori, daremo il voto al partito che, almeno in apparenza, ci sembra più vicino ai valori cosiddetti cristiani.
( e potrà anche essere un’ illusione e una delusione. Non ci ostineremo e non difenderemo ad oltranza, oltre ogni evidenza ). Ma tutto questo senza compromettere la nostra identità di creature fatte diverse dal Cristo, senza confonderci con gli uomini che si dicono di questo mondo, per esso vivono, si affannano, danno la vita. Senza abbassare il vessillo di Cristo, unico nostro re in eterno, senza abbandonare la nostra vocazione di pellegrini, che si fermano solo per procurarsi il minimo indispensabile necessario per andare avanti nel cammino. Che non entrano più di tanto nelle questioni che dividono popolo da popolo, uomo da uomo, se non per annunciare  Cristo salvatore, non da questo o da quel male,  da questo o quel malvagio ma dal Satana, autore di ogni male. Non entriamo nell’inganno di ogni guerra che l’uomo fa contro l’uomo. La nostra guerra è contro i principati e le potestà di questo mondo, che tengono l’uomo schiavo del peccato. Soldati sempre in viaggio, verso il regno dei cieli, non portiamo con noi nessuna arma materiale e carnale, ma sempre ed ovunque proclamiamo Cristo Salvatore. Non c’è salvezza se non per chi si unisce alla carovana di pellegrini, che guidata da Cristo risorto è in viaggio verso il regno dei cieli, unica, vera, terra promessa da Dio. Molti annunci di salvezza si levano da ogni parte del mondo, con voci e toni diversi. La Chiesa porta al mondo un solo annuncio: Cristo è risorto, coloro che tutti credevano morto è vivente in mezzo a noi: non c’è salvezza, se non in Lui e per Lui.
Se non c’è in noi questa consapevolezza di una redenzione già avvenuta, di una reale presenza in mezzo a noi del Salvatore nostro, di una vita eterna già donata, che purtuttavia  chiede di metterci in viaggio con la Chiesa di Cristo verso l’eterna dimora…, se tutto questo è considerato pura fantasia, fuga ed evasione dalla vita reale e dai suoi problemi, qui finisce il nostro rapporto con Dio e con la Sua Parola. Il discorso di Pietro ci apparirà sempre più frutto di una mente delirante ed insensata.

“Siate sottomessi… sia al re come sovrano 14 sia ai governatori come suoi inviati  per punire quelli che fanno il male a lode invece di quelli che fanno il bene.”

E cosa ne sarà della regalità di Cristo?  Non è di questo mondo e non appartiene a questo mondo. Il mondo ha strutture proprie che, seppure sbagliate, guidate, sorrette dal Maligno, non impediscono e non intralciano la nostra realtà di cittadini diversi, di una realtà diversa, che è quella portata dal Cristo. Il Salvatore non ha vinto il Male che è nel mondo sradicandolo dal mondo, ma dal cuore di chi vuole essere redento. Si vince il male facendo il bene, non semplicemente togliendolo dalla circolazione. Quand’anche fosse tolto il male che è trovato fuori di noi, ciò non impedirebbe il riemergere e l’affermarsi del male che è dentro di noi. Gesù è sceso nel profondo del nostro cuore e qui ha combattuto l’ultima estrema, definitiva guerra contro il Satana, togliendogli ogni potere. Ma rimane il potere del Maligno su questo mondo. Potere che Il Signore non gli ha ancora tolto, potente sugli increduli, impotente su coloro che credono in Cristo. Ma allora agli occhi di coloro che non credono quale prova possiamo dare di un annuncio fondato in Verità?
La vittoria del bene creato in noi dal Cristo, sul male trovato da noi nel mondo.
Le istituzioni di questo mondo, se pur non sono rette da uomini illuminati da Dio, possono diventare per noi strumento di redenzione, perché la vittoria di Cristo sul Maligno, comporta di necessità che anche chi fa il male possa diventare strumento di Dio per il nostro bene.
Allorchè il giusto soffre per l’ingiusto diventa simile al Cristo e manifestazione palese ed aperta della Sua vittoria sul Maligno che, se pur manifesta in questo mondo tutta la sua potenza, non può intaccare l’opera di salvezza di Gesù.

“15 Poiché questa è la volontà di Dio: che voi, facendo il bene, facciate tacere l’ignoranza degli uomini stolti,”

Come si mette a tacere l’ignoranza degli stolti che non credono in Cristo Gesù? Non ribattendo ragione a ragione. Non c’è nulla da dimostrare e nessuno da convincere: è la nostra realtà di uomini nati a vita nuova, quale è trovata nelle opere che noi compiamo che chiude ogni bocca ingannatrice. Non opere di bene qualsiasi, ancora nell’ordine della morale umana, ma opere che vengono dallo Spirito Santo e attestano non della nostra bontà ma della bontà di Colui che ha preso possesso dei nostri cuori. Se gli uomini vedendo le nostre opere non danno lode a Dio, vuole dire che non facciamo le opere di Dio. Ci sono anche le opere dell’uomo che danno lode all’uomo. Sono un inganno, una falsità, un’appropriazione indebita del bene, che manifestano non l’appartenenza a Dio, ma la schiavitù del Maligno. Perché Satana può anche rivestirsi di angelo di luce e fare opere potenti tali sa sedurre, se fosse possibile, gli stessi eletti. Tutto ciò che non rimanda e non conduce a Cristo è opera del Satana, perché non c’è salvezza nell’uomo, se non quella operata da Cristo. Non può esistere con gli uomini di questo mondo vera e fondata comunione e fraternità se non nel bene e per il bene operato in noi dal Salvatore mandato dal cielo. Senza dubbi e fraintendimenti di sorta, ma nella proclamazione aperta e conclamata di tutti a tutti che non c’è altra salvezza all’infuori di quella portata dal Figlio di Dio. Togli dal Vangelo la fede in Cristo, Figlio di Dio, morto e risorto per donarci vita eterna, e cosa ti rimarrà?  Una storia, bella, straordinaria fin che vuoi, un racconto da cui si può ricavare una morale condivisibile dai molti, ma non troverai più nella parola di Dio alcuna potenza di resurrezione per la vita eterna. La vittoria di Cristo sul male non si afferma con il dilatarsi e con l’accrescersi nel mondo dei valori da lui portati. Interessa innanzitutto quella comunità di redenti che ha nome di Chiesa, il cui capo è Gesù. Chi si pone fuori di essa o non entra in essa rimarrà per sempre mondo, cioè realtà non redenta da Cristo, in cui satana esercita il suo dominio. Il Diavolo può fare male a coloro che sono suoi schiavi, non a chi, riscattato da Cristo, è passato ad un’altra schiavitù, e ad un altro padrone. Se la schiavitù del Satana  è negazione di qualsiasi libertà, nella schiavitù del Cristo, troviamo la realizzazione piena della nostra libertà di figli di Dio, che vinciamo il male, non solo facendo il bene, ma portando e sopportando le ingiustizie operate dal Maligno. Segno di vittoria sul Diavolo, ma anche d’amore per coloro che sono suoi strumenti, perché vedendo la nostra pazienza devono confrontarsi con una potenza diversa, diversamente operante nel mondo: la potenza di Cristo, portatrice di un amore che tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, per la salvezza di ogni creatura, nessuno escludendo, neppure chi si manifesta ed opera palesemente come  nemico.
Non è libero se non chi  è schiavo di Cristo. Una schiavitù liberamente scelta, accolta, fatta propria e per questo assimilante al Salvatore e Redentore nostro, Cristo Gesù.

“16 come liberi, non avendo la libertà come coperta della malizia,  ma come schiavi di Dio.”

Passo di difficile lettura. Chi è veramente libero dal male, perché liberato dal Cristo, non può rivendicare una propria libertà, di essa ricoprirsi e di essa ammantarsi. Ogni autonomo esercizio della  libertà rispetto a ciò che nel mondo conosciamo come bene o come male, è un inganno ed una menzogna. È una coperta che nasconde la nostra strutturale malvagità, in quanto figli del Maligno. Soltanto chi apertamente si manifesta come schiavo di Cristo, può per ciò stesso affermare la propria libertà, acquisita nel Salvatore ed in virtù del Salvatore. Qualsiasi rapporto immediato con la nostra conoscenza del bene e del male è di per sé frutto del peccato d’origine, espressione e manifestazione di una libertà perduta nel bene e di una schiavitù acquisita nel male. Non c’è bene o male da noi operato o da operare che non debba confrontarsi con l’approvazione e la volontà  di Cristo, fondamento della nostra libertà: una libertà originariamente data e creata e per questo sempre riportante e rimandante al suo Creatore, che la illumina, la guida, la fa operare in conformità all’amore che l’ha voluta. Non è libero se non chi si sente schiavo e non è schiavo se non chi si sente libero. Non siamo liberi di scegliere, e di fare il bene che vogliamo: è questa l’espressione massima della schiavitù del Maligno. Siamo liberi quando facciamo la volontà di Colui che ci ha fatto liberi, ma con ciò confessiamo, proclamiamo il passaggio ad un’altra schiavitù e ad un altro padrone. Chi è schiavo del Satana, come figlio obbediente fa le opere del Satana, se pur si ammanta di libertà. Chi è schiavo di Cristo, fa le opere del Cristo, non presume di se stesso e non confida in  una libertà in proprio e impropria, ma cerca, ama, attualizza le istanze e le necessità di una schiavitù liberante, a noi acquisita in virtù del sacrificio del Cristo: una schiavitù che ci fa creature nuove, figli di Dio, fatti simili all’eterno Figlio, il primogenito dei molti. Liberati dal Cristo, nel Cristo troviamo il senso primo ed ultimo della nostra libertà, il suo fondamento e anche il suo fine, che è l’assimilazione del nostro essere creato a quello di  nostro Creatore.
Un discorso un po’ lungo e forse contorto quello che stiamo facendo ma che può servirci a comprendere il seguito della lettera di Pietro.

“17 Onorate tutti,  amate la fratellanza, temete Dio, onorate il re.”

Onorate tutti: perché non c’è peccatore, per quanto grande, che non sia oggetto dell’unico Amore.
Amate la fratellanza: quella vera, s’intende, che è data da Cristo, il primogenito, il nostro fratello più grande.
Temete Dio: non c’è timore in senso positivo se non quello che da tutti è dovuto a Dio.
Onorate il re: non in quanto fa parte dei tutti che dobbiamo onorare, ma in quanto diverso, perché diversamente pesante su di noi. Onorando il re, onoriamo una sovranità su di noi voluta o permessa da Dio per la nostra santificazione. Non c’è strumento così malandato che Cristo non possa rendere utile per la nostra salvezza. Non c’è malvagità da noi sopportata che Dio non possa convertire in nostro bene. Nessun onore è da noi dovuto ai re di questo mondo, se non come obbedienza alla volontà di Dio, per Sua esplicita dichiarazione e comando. E quando il re è un malvagio? Stai sottomesso ugualmente, porterai al culmine nella tua vita la salvezza operata dal Cristo.

“18 Voi schiavi siate sottomessi con ogni timore ai padroni, non solo ai buoni e ragionevoli, ma anche ai perversi; 19 questo infatti è grazia, se a causa della coscienza di Dio qualcuno sopporta afflizioni, soffrendo ingiustamente”.
Siamo al culmine di un discorso. Adesso tutto è chiaro e non c’è più possibilità di replicare o di avanzare dubbi. L’obbedienza a tutto e a tutti  è segno ed espressione di vittoria, e non di sconfitta, di potenza e non di debolezza. Non è per un mondo migliore, ma per una nostra migliore assimilazione al Salvatore nostro Gesù Cristo, che abbandonata la gloria del cielo ha umiliato se stesso assumendo la nostra natura perché noi potessimo assumere la Sua. Obbediente non solo al Padre che è nei cieli, ma anche all’uomo che lo ha messo in croce su questa terra, ci ha con ciò liberati dalla schiavitù del Satana.
Se noi sopportiamo afflizioni, soffrendo ingiustamente a causa dei malvagi, non giustifichiamo con ciò ogni male, ma affermiamo la nostra vittoria in Cristo su ogni male, rendendo impotente il Satana che ci  tiene in schiavitù e palesando a tutti la via della vera libertà, mettendo a morte il peccato e nello stesso tempo facendo salvo il peccatore. I malvagi, dal nostro esempio, dal nostro patire ingiustamente, conosceranno le vie dell’amore, che unico sa patire ingiustizia per far salvo colui che la compie. Non è approvata l’ingiustizia, ma è spianata all’ingiusto la strada dell’amore e del cambiamento.
Non è ancora la restaurazione finale di tutte le cose;  il Satana rimane il principe di questo mondo, ma soltanto per chi vuole restare con l’antico padrone e rigetta quello nuovo. Non ci giochiamo la salvezza e la dannazione eterna, se non esclusivamente in rapporto a Cristo Gesù e alla sua opera di redenzione. Tutto questo ripugna alla nostra coscienza? Ci sembra viltà e non umiltà stare sottomessi ai prepotenti? Ci sembra meschina debolezza non unirci a coloro che lottano per un mondo migliore estromettendo dal mondo la fede in Cristo? Vuol dire che siamo schiavi di una coscienza malvagia, in cui forte è la voce del Satana, insignificante ed inascoltata la voce di Dio.
Stolto l’uomo che si appella alla propria coscienza. Non si nasce con una buona coscienza, ma con una cattiva coscienza: non è buona coscienza gradita a Dio Padre se non  quella fatta tale dal Figlio suo.

“20 Quale gloria infatti c’è, se peccando ed essendo schiaffeggiati pazientate? Ma se facendo il bene e soffrendo pazienterete, questo è grazia presso Dio.”

Può darsi che la nostra pazienza, altro non sia se non tolleranza e sopportazione. Chi fa il male a questo mondo può anche incorrere nel castigo di chi presiede alle istituzioni terrene. Nessun merito nel sopportare il castigo dovuto e meritato: l’onore e la gloria  sono dovuti a coloro che pazientano subendo un castigo non meritato, ingiustamente afflitti e castigati dagli uomini, tutto sopportando in virtù di una coscienza fatta nuova dal Cristo.

“21 A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi,  lasciandovi un esempio perché seguiate le sue orme.”

Non c’è verità e vita nuova se non in colui che redento dal Cristo a lui è fatto simile. Non innanzitutto nella gloria, ma nella umiliazione, che è per il riscatto di tutta l’umanità.
Chi segue vie sue, che non sono quelle del Cristo, non è benedetto dal Padre. Potrà avere anche molti seguaci e discepoli, potrà farsi un nome ed una fama, anche di santo: non è gradito al Signore ed è da Lui rigettato. “Non vi ho mai conosciuto: allontanatevi da me  operatori di iniquità”. ( Matteo 7,23 ). Eppure nel nome di Gesù avevano fatto prodigi ed opere grandi, ma non sono entrati nella sua morte e resurrezione.  Si sono creduti vivi, senza essere morti, hanno fatto cose grandi per gli altri, ma non hanno compreso né fatta propria in sé la grandezza dell’opera del Cristo.
Detto questo alcune precisazioni si devono pur fare per non essere fraintesi. Se  si deve pazientare con chi fa il male, questo non significa dare la propria approvazione e il proprio consenso. Il male va sempre condannato e rigettato.
La pazienza e la tolleranza di ogni ingiustizia è sempre relativamente a quanto ci riguarda e a quanto ricade su di noi. Una nostra libera scelta, che è opera della grazia di Cristo, non giustifica ogni sofferenza che l’uomo crea ingiustamente al proprio simile. Il rispetto e l’obbedienza ad ogni autorità, non comporta di per sé sempre ed in ogni caso l’obbedienza a colui che la rappresenta. Certamente non bisogna enfatizzare le colpe e gli sbagli di chi è in autorità in questo mondo. C’è un modo di far politica e di entrare nei contrasti che non sana, ma aggrava le ferite. Come forestieri e viandanti su questa terra, dobbiamo  tenere le dovute distanze dalle questioni e dalle lotte che mettono l’uomo contro l’uomo. C’è sempre il rischio di perdere tempo inutilmente, di prendere delle cantonate, di arrestare il nostro cammino verso il cielo, di smarrire la via che unicamente interessa. Ma bisogna pur dire che la storia conosce tempi e situazioni diversi, per quel che riguarda l’ingiustizia che è operata da chi è in autorità.
Ci sono anche i tempi e i frangenti difficili e drammatici delle guerre combattute con le armi, in cui non è giustificato un atteggiamento di neutralità disarmata e si deve pur prendere posizione contro chi fin troppo palesemente opera il male. Il cristiano scenderà sul campo di battaglia chiedendo luce al Signore,  ascoltando la buona coscienza donata dal Salvatore. Bisognerà anche mettere in conto il martirio per difendere i deboli e gli oppressi. Nessun appoggio, nessun sostegno è da noi dovuto a chi opera il male, seppure è costituito in autorità presso gli uomini. In ogni caso in ogni situazione, luce delle menti e guida dei cuori sarà lo Spirito Santo  donato dal Signore, che si pone sempre al di sopra di ogni principio giustificato dall’uomo. In tempo di guerra l’amore può spingere a dare ospitalità al nemico, o al contrario ad operare per la morte di chi è responsabile di  oppressione e malvagità. La libertà che ci è data in Cristo è sempre legata e condizionata dalla sua volontà, quale è dettata da una coscienza fatta nuova, che non sempre si incontra e si identifica con quella degli altri. A volte invece dell’entrata in guerra, il Signore può suggerirci la fuga e la lontananza, il ritiro in una vita di semplice preghiera. Non esiste di per sé una guerra giusta, perché chi subisce il male lo compie a sua volta. La violenza subita dall’uno è anche quella provocata dallo stesso. Non si difendono le ragioni della giustizia umana, ma quelle della giustizia divina, che vede oltre e diversamente. Scrive don Neri:
“Il testo, dobbiamo ammetterlo, suona come scandaloso perché urta il nostro sentire comandando non un generico rispetto delle istituzioni giuridiche, dell’auctoritas, ma la subordinazione. Occorre però precisare il contenuto esatto di questa indicazione. Ci sono due “come”: “sia al re come sovrano, sia ai governatori come suoi inviati per punire i malfattori e premiare chi fa il bene”. L’obbedienza è in rapporto alla funzione delle autorità, a ciò che esercitano di fatto, e non alle loro persone in sé, secondo una deificazione o mitizzazione di questi personaggi. Non ci si deve sottoporre a loro in quanto tali, in quanto uomini, ma in quanto esercitano quel determinato ufficio. Pietro non contesta la legittimità del potere assoluto, lo registra come realtà in atto e dice di sottomettersi non al re in quanto Tiberio o Caligola, ma al re in quanto re, ai governatori e ai magistrati in quanto il loro compito è di punire il male e di premiare il bene. La differenza non è piccola. Egli non si sognerebbe mai di dire che bisogna obbedire alle autorità sempre, perché fin dall’inizio della vita cristiana si è precisato in modo estremamente rigoroso che è meglio obbedire a Dio che agli uomini (cf. Atti 5,29). L’obbedienza intesa come cieca sottomissione non è una virtù e non è mai stata intesa così. San Basilio, per esempio, è durissimo a questo riguardo: come è severo nel richiedere la sottomissione, così lo è altrettanto nel richiedere la disobbedienza immediata nei confronti di chiunque ordinasse qualcosa di contrario alla legge del Signore. Pietro dice la stessa cosa: si deve obbedire ai magistrati in quanto inviati per punire il male e premiare il bene. È escluso che si possa fare del male per essere premiati da loro, perché in quel momento stesso il loro potere non è più legittimo e non ci si deve sottoporre ad un comando iniquo. Questa sottomissione a tutti non è la sottomissione a Hitler, che comanda di uccidere degli innocenti, e non è la deificazione dell’imperatore. Obbedite al re in quanto sovrano, cioè in quanto è colui che sta sopra, che ha la presidenza: giuridicamente non c’è nessuna intronizzazione divinizzante dell’imperatore ed egli è ricondotto al suo rango di sovrintendente. È molto importante capirlo, perché altrimenti si rischierebbe di equivocare e di fare del nostro brano un testo ciecamente legittimista. Il cristiano non è mai stato un legittimista e, se vogliamo proprio dire che c’è un legittimismo cristiano, ci sono anche altre precisazioni che ne specificano la natura. Per amore (letteralmente a motivo) del Signore. Ecco il vero motivo. Sottomettetevi non per averne vantaggi o lode, non per conquistare a vostra volta potere, non per sfuggire alle loro minacce, tanto non servirebbero, ma a motivo del Signore. Il vero movente non è dunque il loro potere , neppure il fatto che le leggi siano così, ma il Signore, al quale in ultima analisi voi vi sottoponete, e la vostra scelta è di una vita conforme alla sua volontà. Come uomini liberi. Altra precisazione decisiva, di un ebreo che ha ricevuto l’Antico Testamento e tutta la tradizione santa dei padri: sottomettendovi, occorre che rimaniate liberi. Il sottomettersi non è quindi il diventare schiavi di uomini e gli ebrei veri, credenti, sono un po’ tutti come Mardocheo che, alla soglia del re, si rifiutava di piegare la schiena davanti ad Aman : lui, a costo di provocare una catastrofe, davanti ad Aman  non piegava la schiena, perché questo piegare la schiena non era essere liberi, bensì rendere culto a una uomo (cf. Ester 3,2). Non fatevi schiavi di alcuno, dice ancora S. Paolo, perché siete stati riscattati, siete liberi, siete figli di Dio (cf. Galati 5,1). Il cristiano deve avere la consapevolezza di questa sua libertà e non può farsi schiavo perché derogherebbe, se questo accadesse, alla propria dignità di figlio di Dio, al suo compito di glorificare e di rendere culto a Dio soltanto. La libertà dal mondo, dal peccato, dalle passioni, da ogni legge, la libertà da ogni uomo è una categoria capitale del pensiero cristiano. La legge cristiana è una legge di libertà, come dice ancora la lettera di Giacomo: “Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla. (1,25). “Come servitori di Dio”. Perché si è liberi? In quanto servi di Dio. È questo che definisce il motivo della libertà: non si potrebbe essere servi di Dio, se ci si facesse volontariamente schiavi di una creatura. L’unico che comanda è il Signore, l’unico superiore è lui – come dice anche San Basilio – cosicché, comunque si obbedisca, si obbedisca sempre al Signore. O si obbedisce a lui che direttamente prescrive, o si obbedisce agli uomini a motivo di lui, ma sempre quindi al Signore. Non servendovi della libertà come di un velo per coprire la malizia. Ma questa libertà, precisa subito Pietro sulle orme della lettera ai Galati, con una formula che sembra ripresa addirittura letteralmente di là, “non deve servire di velo per la malizia” cioè non deve servire di manifesto per l’immoralismo, per fare quello che si vuole. La libertà non è l’arbitrio con cui tu credi di poter fare quello che tu vuoi, perché anzi è una libertà che si esprime nell’obbedire puntualmente alla volontà di Dio che si è espressa. Dice la lettera ai Galati: “Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri (5,13)”. Le indicazioni di Pietro sono quindi nitide e il cristiano non può agire in modo contrario alla coscienza o essere arbitrario. Non c’è nessuno immoralismo cristiano. Mentre nel mondo gnostico dottrine sulla libertà del redento, dell’illuminato, portavano a conseguenze tragicamente immoralistiche , qui il saggio sulla libertà e sulla liberazione del cristiano non è un porsi al di là del bene e del male, perché non bisogna servirsi di questa parola d’ordine per fare quello che si crede. Il redento è libero perché può fare il bene, perché è soggetto a Dio soltanto e ne è figlio. Nella società civile i credenti non sono né greggi di schiavi né spiriti licenziosi, la loro identità è di immensa dignità, quale noi oggi, nonostante tante presunzioni, siamo ben lontani dall’avere conseguito.” ( don Umberto Neri )

“22 Colui che non fece peccato né fu trovato  inganno nella sua bocca, 23 il quale ingiuriato non rispondeva con ingiuria, soffrendo non minacciava, ma consegnava la sua causa a colui che giudica con giustizia, 24  che i nostri peccati egli stesso portò  nel suo corpo sul legno della croce, perché sottratti ai peccati viviamo per la giustizia,  per la cui cicatrice siete stati sanati.”

Nessun giusto è stato trovato da Dio in questo mondo se non l’eterno Figlio Suo, fattosi carne. È lui il modello di ogni santità accetta al Padre. Si è fatto come noi perché noi fossimo fatti come Lui. Non ha reso male per male ma ha portato nel suo corpo ogni male e lo ha fatto perire con la morte in croce. Liberati dal peccato, ci ha fatti creature nuove in virtù della Sua resurrezione, perché non viviamo più per il Maligno autore del peccato,  ma per l’eterno Creatore di ogni bene. Salvàti una volta per sempre per il sangue versato sulla croce dal Cristo, in esso lavati, da esso purificati, sempre ed ovunque portiamo in noi i segni di una vita che è passata e passa attraverso la morte. La cicatrice  da cui è uscito  il sangue che ci ha purificato e ci ha liberato da ogni peccato, ogni giorno ci dona il medesimo sangue nella celebrazione eucaristica. Se pur Cristo ha sofferto una volta per sempre, finché dureranno i tempi dell’uomo, dall’unica e medesima cicatrice  che ci ha dato vita nuova, sempre uscirà il sangue che alimenta, fa  nuova ed attuale  la salvezza che è venuta dal cielo.

“25 Eravate infatti come pecore erranti, ma ora siete stati convertiti al pastore e  sorvegliante delle anime vostre.”

Caduti nelle mani di un padrone sbagliato, eravamo come pecore erranti nel deserto. Un popolo disperso e smarrito ha ritrovato finalmente in Cristo il pastore ed il sorvegliante delle proprie anime, Colui che ci pasce con un cibo di vita eterna, colui che si è posto accanto a noi perché in virtù della sua potenza non ricadiamo nell’antica schiavitù.

 

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