Vangelo di Marco cap12

                                        Marco 12

E cominciò a dire a loro in parabole: Un uomo piantò una vigna e vi pose intorno una siepe e scavò un frantoio e costruì una torre ed affidò essa ad agricoltori e partì per un viaggio. 2 E inviò dagli agricoltori, al tempo opportuno, un servo perché dagli agricoltori ricevesse dai frutti della vigna. 3 E avendolo preso lo percossero e mandarono vuoto. 4 E di nuovo inviò da loro un altro servo; anche quello batterono in testa ed insultarono. 5 Ed un altro inviò: anche quello uccisero, e molti altri, alcuni percuotenti, altri uccidenti. 6 Ancora uno solo aveva: il figlio amato. Inviò lui alla fine da loro dicendo: Avranno rispetto del figlio mio. 7 Ma quegli agricoltori dissero fra loro: Questi è l’erede, venite, uccidiamo lui e l’eredità sarà nostra. 8 E avendolo preso, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. 9 Cosa dunque farà il padrone della vigna? Verrà e sterminerà gli agricoltori e darà la vigna ad altri. 10 Non avete letto questa scrittura: La pietra che i costruttori rigettarono, questa è divenuta testa d’anglo; 11 dal Signore è avvenuto questo ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri?

12 E cercavano di prenderlo e temettero la folla: avevano infatti capito che per loro aveva detto la parabola. Ed avendolo lasciato andarono. 13 E mandano da lui alcuni farisei ed erodiani per prenderlo con la parola. 14 Ed essendo giunti dicono a lui: Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti importa di nessuno; non guardi infatti alla faccia degli uomini, ma in verità insegni la via di Dio. E’ lecito dare il tributo a Cesare o no? Diamo o non diamo? 15 Ma egli conoscendo la loro ipocrisia disse a loro: Perché mi tentate? Portatemi un denaro affinché veda. 16 Essi allora lo portarono. E dice a loro: Di chi è questa immagine e l’iscrizione Essi dissero a lui: Di Cesare. 17 Allora Gesù disse a loro: Rendete a Cesare le cose di Cesare e le cose di Dio a Dio. E si meravigliavano di lui.

18 E vengono da lui dei sadducei, che dicono non esserci resurrezione e lo interrogavano dicendo: 19 Maestro, Mosè scrisse per noi che se muore il fratello di uno e lascia la moglie e non lascia un figlio, prenda suo fratello la moglie e susciti una discendenza a suo fratello. 20 C’erano sette fratelli; ed il primo prese moglie e morendo non lasciò discendenza; 21 ed il secondo la prese e morì non lasciando discendenza; e il terzo lo stesso. 22 E i sette non lasciarono discendenza. Ultima di tutti anche la donna morì. 23 Nella resurrezione quando risorgono, di chi sarà la moglie? Infatti i sette la ebbero in moglie. 24 Disse a loro Gesù: Non per questo sbagliate non conoscendo le scritture né la potenza di Dio? 25 Quando infatti risorgono da morti né si ammogliano, né si maritano, ma sono come angeli nei cieli. 26 A riguardo poi dei morti che risorgono non avete letto nel libro di Mosè presso il roveto come disse a Lui Dio dicendo: Io sono il Dio di Abramo ed il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? 27 Non è Dio di morti ma di viventi; molto sbagliate.

28 Ed essendosi avvicinato uno degli scribi avendo udito loro discutenti, vedendo che bene aveva risposto a loro lo interrogò: Qual è il comandamento primo di tutti? 29 Rispose Gesù: Il primo è : Ascolta, Israele, il Signore il nostro Dio è un solo Signore; 30 e amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua mente e con tutta la tua forza.

31 Il secondo è questo: amerai il prossimo tuo come te stesso. Più grande di questi altro comandamento non c’è. 32 E disse a lui lo scriba: Bene, maestro, con verità hai detto che Dio è uno solo e non c’è un altro eccetto lui; 33 e l’amare lui con tutto il cuore e con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e l’amare il prossimo come se stesso è più di tutti gli olocausti e i sacrifici. 34 E Gesù avendo visto che intelligentemente aveva risposto gli disse: Non sei lontano dal regno di Dio. E nessuno più osava interrogarlo.

35 Ed avendo risposto Gesù diceva insegnando nel tempio: Come dicono gli scribi che il Cristo è figlio di Davide? 36 Lo stesso Davide disse in Spirito Santo: Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché metta i tuoi nemici sotto i tuoi piedi; 37 lo stesso Davide lo chiama Signore, e da dove è suo figlio? E la numerosa folla lo ascoltava volentieri. 38 E nel suo insegnamento diceva: Guardatevi dagli scribi che vogliono camminare in lunghe vesti e saluti  nelle piazze 39 e i primi seggi nelle sinagoghe ed i primi posti nei banchetti, 40 i divoranti le case delle vedove ed in apparenza a lungo preganti: costoro riceveranno maggiore condanna.

41 Ed essendosi seduto di fronte alla cassa delle offerte osservava come la folla gettava denaro nella cassa delle offerte. E molti ricchi ne gettavano molti. 42 Ed essendo giunta una vedova povera gettò due spiccioli, cioè un quadrante. 43 Ed avendo chiamato a sé i suoi discepoli disse a loro: Amen dico a voi che questa vedova povera ha gettato più di tutti i gettanti nella cassa delle offerte. 44 Tutti infatti dal sovrabbondante a loro hanno gettato, lei invece dalla sua indigenza gettò tutto quanto aveva , intera la sua vita.

 

 

E cominciò a dire a loro in parabole:

Dopo aver chiuso la bocca a scribi, farisei, sommi sacerdoti, Gesù ritorna a fare il maestro, parlando  in parabole. Di fronte ad interlocutori non disposti all’ascolto nulla giova parlare chiaramente: meglio usare una forma di comunicazione che costringa alla riflessione. E’ l’unico modo per arrivare ad una correzione: chi vuol prendere Gesù sul serio sarà costretto ad ascoltare con impegno per intendere, chi non ha interesse romperà apertamente.

Un uomo piantò una vigna e vi pose intorno una siepe e scavò un frantoio e costruì una torre

Vigna piantata, eletta dal Signore è Israele. Siepe di protezione è la Legge, perché nessun’altra legge possa entrare a contaminare una terra santa. Frantoio è l’intelligenza delle cose del cielo, perché i doni di Dio siano godibili e fruibili per la provvidenza dello stesso donatore. Torre di guardia è la schiera dei profeti che in ogni tempo vigila sul popolo del Signore.

ed affidò essa ad agricoltori e partì per un viaggio.

Coltivato e coltivatore: è sempre l’unico e medesimo popolo. Non basta il dono dell’elezione ed abitare in una terra edificata e benedetta dal cielo: bisogna custodirla e lavorarla in modo che dia frutto. Dopo l’elezione gratuita, viene il tempo della libera adesione all’amore del Signore e di una custodia consapevole e responsabile. Quando Israele è ormai svezzato, Dio si mette da parte e lascia fare perché si cresca e si conosca quale predilezione dal cielo. E’ garantita l’assistenza e la correzione amorosa, ma si vogliono vedere i frutti, perché dai frutti si riconosce il buon esito di una piantagione.

2 E inviò dagli agricoltori, al tempo opportuno, un servo perché dagli agricoltori ricevesse dai frutti della vigna.

Chi pensa ad una libertà assoluta dell’uomo nei confronti di Dio si sbaglia di grosso: una libertà donata è una libertà creata ed una libertà creata è una libertà condizionata. Nessun uomo, neppure se eletto fra i molti, può pensare di fare quello che vuole del dono del Signore, senza un rendiconto temporaneo e finale. Se è vero che Dio ha fatto tutto per te, tu non puoi pensare di fare tutto quello che vuoi, eludendo la sua vigile sorveglianza ed escludendo Dio dalla gioia di una vita creata. Se il Signore può fare senza di te, tu non puoi fare senza di Lui. E perché allora non accetti la sua guida e la sua correzione e non vuoi che raccolga frutti dal tuo cuore?

Servi inviati da Dio ad Israele sono i profeti che vigilano continuamente dall’alto della torre contro gli assalti dal nemico… e scendono tra la gente per assaporare i frutti dell’elezione. Non per ingrassare se stessi o peggio ancora Colui che siede nei cieli, ma per garantire un’esistenza in verità e giustizia. Perché Israele messo al riparo dai popoli pagani non cada nella loro stessa empietà.

3 E avendolo preso lo percossero e mandarono vuoto.

Tragico errore e lettura sbagliata dell’intervento divino. Dio non manda i suoi angeli per toglierti ciò che ti ha affidato, ma soltanto per verificare come vanno le cose. Ciò che è dato in affido non è dato in proprietà: può anche essere tolto e dato ad altri. Ma non sarà dato ad altri senza ragione ciò che Dio ha voluto per te. Accogli con gratitudine ogni controllo ed ogni correzione che vengono dal cielo: è per il tuo bene. L’ angelo del Signore va preso per essere innalzato ed onorato, non per essere legato, picchiato e rispedito al mittente  a mani vuote.

4 E di nuovo inviò da loro un altro servo; anche quello batterono in testa ed insultarono.

Niente di più triste di un colpevole errore reiterato nel tempo. Sbagliando si impara e non si cade nello stesso peccato se non in misura minore, fatti edotti dal senno di poi. Nell’economia della salvezza le cose possono andare alla rovescia. Non si va calando nella colpa, ma si va crescendo. Il primo servo dopo una buona dose di percosse è rimandato vuoto, il secondo le prende addirittura sulla testa e viene insultato ed umiliato.

5 Ed un altro inviò: anche quello uccisero, e molti altri, alcuni percuotenti, altri uccidenti.

Il terzo inviato e seguenti non hanno miglior sorte: si va di male in peggio, fino all’omicidio.

La suonata non cambia: quando non si è uccisi, poco ci manca. Così Israele accoglie i profeti del Signore.

6 Ancora uno solo aveva: il figlio amato.

Nel difficile rapporto con Israele Dio dà fondo ad ogni risorsa creata. Cosa fare e chi mandare? Quando è stato fatto tutto il possibile ed anche gli angeli sono stati respinti, quale possibilità diversa? Non resta che fare un salto di qualità e tirare fuori l’ultima cartuccia: la più valida e la più potente. Non il ritrovato dell’ultima ora, ma il Salvatore della prima ora: il Cristo Figlio di Dio. Perché in Lui e per Lui sono state create tutte le cose. Nel principio della creazione va trovato il principio della sua salvezza. Creando l’uomo libero Dio ha creato la possibilità del fallimento del prodotto delle proprie mani. Ma se era nelle previsioni la possibilità del fallimento era pure nelle previsioni la possibilità di una salvezza donata gratuitamente dall’eterno Figlio. Le cose potevano andare diversamente e diversamente si poteva manifestare l’amore di Dio per le sue creature. Ma l’epilogo finale della storia rende necessaria la manifestazione estrema dell’amore di Dio: il Padre manda sulla terra il Figlio suo. C’è chi vede in tutto questo una fatale necessità, senza la quale non ci sarebbe stata manifestazione piena dell’amore di Dio. Non è necessario credere in una predestinazione del Figlio all’incarnazione ed alla morte di croce secondo le categorie del fato greco, con la consolazione   di un esito felice per l’intera creazione. Per la durezza del nostro cuore si è reso necessario l’estremo sacrificio. Non c’è di che menare vanto, ma soltanto di che provare vergogna. Ma a conti fatti buon per noi se Dio non è come noi e se la sua misericordia è senza fine ed arriva fino al sacrificio di Colui che gli è più caro: il figlio amato.

Inviò lui alla fine da loro dicendo: Avranno rispetto del figlio mio.

Fino alla fine Il Signore ha voluto credere nell’uomo e nella sua volontà di ravvedimento e di conversione. Quanto al fatto che anche il Figlio dovesse essere ucciso, non dobbiamo pensare che abbia fatto piacere al Padre: non per egoismo e spirito di autoconservazione, ma perché una soluzione di tal tipo non fa soltanto risaltare al massimo il Suo amore, ma anche e prima di tutto la nostra malvagità. Se Dio Padre vede bene la manifestazione ultima del proprio amore, vede male la manifestazione ultima del nostro peccato.

7 Ma quegli agricoltori dissero fra loro: Questi è l’erede, venite, uccidiamo lui e l’eredità sarà nostra.

Con la venuta del Figlio cade l’ultima illusione del Padre riguardo all’uomo. E’ confermata la volontà assassina nei confronti di Dio. E’ confermata la portata del peccato d’origine come volontà di far fuori il Creatore per far proprio il creato. Eppure tutto è stato creato per noi e per la nostra felicità, ma nell’umile sottomissione al Figlio, che è guida , luce, sostegno nel cammino verso quella morte che è ingresso nella vita eterna, passaggio da una esperienza temporale e temporanea ad una eterna e definitiva. E’ qui ed in questo che si consuma il dramma finale nell’uomo: non c’è eredità della vita eterna senza il Figlio. Non si passa da un  dono dato in affido nel tempo e per un tempo ad un dono lasciato in eredità, uccidendo il legittimo proprietario. Si spezza in questo modo la legittima successione e si incorre nella sanzione della Legge e nel decadimento dallo stato di grazia.

Perché mai l’uomo vuol ottenere con l’eliminazione del Figlio, ciò che può avere soltanto per eredità dallo stesso Figlio? Perché non crede fin dall’inizio nell’amore del Padre e neppure come si manifesta alla fine attraverso l’incarnazione del Figlio. Cristo non è semplicemente Figlio di Dio: è anche il primogenito fra i molti fratelli: ci è dato per il nostro bene, non per il nostro male.

8 E avendolo preso,

Giusto e santo prendere il Figlio, ma per farlo propria guida e protettore dell’anima nostra.

lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna.

Non ci poteva essere peggiore accoglienza ed un  rifiuto più radicale. E neppure è riconosciuto al Cristo diritto di sepoltura nella città santa ed  il cadavere è abbandonato ai predatori selvatici.

9 Cosa dunque farà il padrone della vigna? Verrà e sterminerà gli agricoltori e darà la vigna ad altri.

La condanna di Israele è più che giustificata ed il passaggio ad altri popoli dei beni dati in affido è del tutto legittimo e fuori discussione. In questo modo Israele ha vanificato l’elezione del cielo ed ha perduto il primato fra le genti.

10 Non avete letto questa scrittura: La pietra che i costruttori rigettarono, questa è divenuta testa d’angolo;

Si è avverato quanto profetizzato nella Scrittura. La pietra rigettata dai costruttori è divenuta testata d’angolo. Perché fatta tale all’ultima ora o preordinata a questo fin dall’antichità? Non può esserci chiesa del Padre che non sia eretta sul Figlio e se Israele ha edificato su una fondazione sbagliata, ad altri è affidata la costruzione.

11 dal Signore è avvenuto questo ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri?

A chi appartengono questi occhi se non alla comunità dei santi che ha riconosciuto in Gesù l’autore della salvezza? Grande e meravigliosa l’opera compiuta dal Signore ai nostri giorni. Ma Israele non ha occhi per vedere né orecchie per udire e neppure bocca per proclamare.

12 E cercavano di prenderlo e temettero la folla: avevano infatti capito che per loro aveva detto la parabola.

La folla che è un impedimento per andare a Gesù  fa anche da barriera protettiva per lo stesso Gesù. Se è vero che i molti non vanno al Cristo è anche vero che non conoscono quelle forme di odio estremo e mortale che sono tipiche di coloro che si sentono personalmente e particolarmente colpiti dalla parola del Figlio. Il fanatismo malvagio dei pochi trova un freno nel comune buon senso dei molti. Chi non teme Dio, teme però l’uomo ed il timore dell’uomo a volte può salvare dalle forme estreme del peccato. Ma soltanto in un tempo e per un tempo, perché prima o poi si potrà agire contro Cristo senza il timore delle folle. 

Ed avendolo lasciato andarono.

Triste andarsene senza aver preso Cristo nel proprio cuore, ma ancora più triste lasciarlo soltanto per aspettare tempi migliori ed un’occasione più propizia per metterlo a morte.

13 E mandano da lui alcuni farisei ed erodiani per prenderlo con la parola.

Fallito un primo tentativo di far fuori Cristo, ecco un  altro già pronto. La cattura con la violenza fa sempre sfigurare davanti ai più, meglio tendere una trappola con la parola. Non si può sperare di avere il consenso del popolo se non si riesce a far cadere Gesù dall’alto della sua parola, vanificando il fascino del suo dire. Finchè Gesù è considerato un maestro ed un sapiente, impossibile mettergli le mani addosso. In una disputa sapienziale in cui si gioca la vita è meglio  mandare avanti degli altri. Così i nemici di Cristo: vogliono contendere fino alla morte, ma non sulla propria pelle. Chi è mandato però deve essere ben istruito.

14 Ed essendo giunti dicono a lui: Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti importa di nessuno; non guardi infatti alla faccia degli uomini, ma in verità insegni la via di Dio.

Per far cadere la preda nella trappola è meglio blandirla con l’inganno e con la falsa adulazione. Un approccio violento può innalzare la guardia dell’avversario e renderlo più attento e più prudente nella parola. Meglio chiamare Gesù con il nome di maestro, così come da tutti è riconosciuto e ancora di più rendergli onore per la  sincerità e la franchezza del dire. Non basta: gli viene riconosciuto quell’amore alla verità che non conosce il timore dell’uomo: Cristo è messo su di un piano superiore rispetto agli interlocutori.

E’ lecito dare il tributo a Cesare o no? Diamo o non diamo?

Domanda che vuole avere un sapore squisitamente religioso, ma che con la religione non c’entra per niente. Ben lo sanno i farisei, ma tanto vale tentare il colpo grosso, per trovare un punto debole in cui attaccare. Se Gesù risponderà che è lecito si potrà mettergli contro il popolo che mal sopporta i tributi di Cesare, se risponderà che non è lecito allora si potrà consegnarlo ai Romani, come un sovvertitore ed un eversivo politico.

15 Ma egli conoscendo la loro ipocrisia disse a loro: Perché mi tentate?

Gesù che conosce i cuori ne vede anche la falsità. Si fanno domande per avere la chiarezza che edifica, non per far torbido e catturare i pesci incauti.

Portatemi un denaro affinché veda.

Chi si aspetta la fuga dal confronto si sbaglia ed ancora di più chi si aspetta una risposta incerta ed improvvisata. Gesù vuol vedere bene. Il denaro? Non propriamente! Vuol vedere con quale faccia e con quale cuore si fanno certe domande. 

16 Essi allora lo portarono.

Quando è svelata la cattiva intenzione, meglio desistere dal proposito di male. Il malvagio ha la faccia tosta e va avanti e può anche simulare l’obbedienza e la docilità di cuore. Nel confronto con Gesù ne uscirà conciato male.

E dice a loro: Di chi è questa immagine e l’iscrizione Essi dissero a lui: Di Cesare.

Il vero maestro deve recuperare innanzitutto il proprio ruolo e la propria dignità: spetta al docente porre domande. Nessuna risposta va data all’allievo se non in correzione al suo modo di pensare e di intendere. Chi vuol raddrizzare la testa di Gesù, sappia senza ombra di dubbio che Gesù è venuto per convincere e non per essere convinto, per correggere e non per essere corretto.

17 Allora Gesù disse a loro: Rendete a Cesare le cose di Cesare e le cose di Dio a Dio. E si meravigliavano di lui.

Chi vuol dare una lezione a Gesù avrà da Lui la lezione meritata. Basta prenderla nel modo giusto. In questo caso sembra che gli interlocutori abbiano tratto beneficio dalla risposta del Cristo. E si meravigliavano di lui. Volevano trarlo in inganno ed invece hanno avuto un correzione forte, volevano confondere le cose, hanno avuto maggiore chiarezza.

Rendete a Cesare le cose che sono di Cesare e a Dio le cose che sono di Dio.

Si può stare sottomessi all’autorità terrena senza compromettere con ciò la sottomissione a Dio. Non necessariamente l’obbedienza all’uomo si pone in contrasto con l’obbedienza al Signore. I disobbedienti politici non per questo si possono dire obbedienti a Dio, e gli obbedienti a Dio non necessariamente sono disobbedienti politici. C’è una moneta per pagare Cesare e c’è una moneta per pagare Dio: diversa è la fattura, diverso è il pregio. Altro è l’onore dovuto ai re di questo mondo, altro è l’onore ed il tributo che tutti dobbiamo all’eterno Signore .

18 E vengono da lui dei sadducei, che dicono non esserci resurrezione e lo interrogavano dicendo:

Scribi, farisei, sacerdoti, anziani, erodiani, sadducei: tutti hanno qualcosa da chiedere a Gesù. Non c’è categoria sociale o scuola di pensiero che possa sfuggire il confronto con Cristo. Purtroppo quelli che credono di saperla lunga sono assai poco disponibili all’ascolto e ricorrono alla domanda più per provocare  che per lasciarsi  istruire. Anche i gruppi meno seguiti, come i sadducei, si presentano sul palcoscenico col loro cavallo di battaglia. Quando si tratta di dare man forte contro Cristo nessuno si tira indietro. Stupisce una simile ostilità concorde contro Colui che viene dal cielo. Come non vedere la mano del Satana che chiama a raccolta tutte le proprie truppe anche quelle più sparute?

19 Maestro, Mosè scrisse per noi che se muore il fratello di uno e lascia la moglie e non lascia un figlio, prenda suo fratello la moglie e susciti una discendenza a suo fratello.

Quando si parla  ad un maestro della Legge, bisogna portare il discorso sul piano dell’unica Legge. Che Gesù sia Figlio di Dio e che sia venuto per la salvezza di Israele poco importa. E’ un problema che trova soluzione soltanto in una dimensione diversa e superiore che è quella della fede. Ma di novità questi tali nulla vogliono sapere ed abbassano Cristo al livello della loro miope intelligenza che non vede oltre Mosè e, a dire il vero, neppure con Mosè se la passano poi bene. Perché anche la lettura della Legge col tempo ha aperto spiragli di novità in Israele ed ha innalzato i cuori ad una speranza di vita eterna. La Legge va accolta nella prospettiva della novità e non deve meravigliare che il nuovo non si possa intendere con le categorie dell’antico.

20 C’erano sette fratelli; ed il primo prese moglie e morendo non lasciò discendenza; 21 ed il secondo la prese e morì non lasciando discendenza; e il terzo lo stesso. 22 E i sette non lasciarono discendenza. Ultima di tutti anche la donna morì. 23 Nella resurrezione quando risorgono, di chi sarà la moglie? Infatti i sette la ebbero in moglie.

Il discorso ha una sua logica chiarezza e coerenza. Se la vita dopo la resurrezione è in una linea di continuità con quella attuale, come spiegare simili incongruenze e contraddizioni?

24 Disse a loro Gesù: Non per questo sbagliate non conoscendo le scritture né la potenza di Dio?

Quali le cause e le fonti dell’errore? E’ presto detto: l’ignoranza della Parola rivelata e la non esperienza della  potenza di Dio. Una mancanza per quel che riguarda la lettura e l’intelligenza della Parola ed una mancanza nei confronti di quella potenza che da Dio è gratuitamente donata a tutti coloro che lo cercano. Dio si conosce con l’intelletto, ma si sperimenta pure in una dimensione più propriamente pratica, che investe l’intera nostra esistenza. Teoria e pratica, nella conoscenza di Dio, sono aspetti indissolubilmente legati. La Parola illumina l’operare e l’operare illumina la Parola. Ma bisogna andare oltre la parola dell’uomo e sperimentare altro dalla potenza terrena. Se l’uomo è fatto di pensiero ed azione morirà nell’errore finchè il suo pensiero non si lascerà istruire, correggere, guidare da quello di Dio: parimenti opererà a vuoto ed inutilmente finchè non si lascerà proiettare in una dimensione diversa di un fare agito dal Signore.

Gesù non sembra tenero verso quella che molti definiscono una santa ignoranza della Parola di Dio. Si dà per scontata nella chiesa una esperienza  della potenza che non passa necessariamente attraverso la conoscenza della Parola. E sarà pur vero: ma è ancor più sicuramente vero che una simile conoscenza è piena di errori di ogni sorta, che non piacciono a Dio e neppure devono piacere a noi. Il pungolo di ogni uomo istruito nella Parola sarà quello di vedere nella chiesa uno zelo assai poco illuminato ed una teologia piena di errori e di luoghi comuni. Non puoi rinunciare all’uso ed all’esercizio della tua testa, rifugiandoti in una accettazione acritica ed ignorante dell’ infallibilità della chiesa ufficiale. L’errore è sempre imputato da Dio al singolo che non conosce né la Scrittura né la potenza di Dio.

Quanti sono gli errori e le convinzioni sbagliate che circolano tra i cristiani? Impossibile quantificare, ma non si può dar ragione a tutti. Perché l’errore è un dato ed un fatto che va smascherato alla luce della Parola e dell’esperienza della potenza di Dio.

25 Quando infatti risorgono da morti né si ammogliano, né si maritano, ma sono come angeli nei cieli.

E’ una verità di fede: non perché semplicemente affermata da Gesù, ma perché conforme alla conoscenza della Parola e della potenza che viene data dal cielo. Se conoscessimo di più la Parola  certe convinzioni così ragionevoli e piene di buon senso ci apparirebbero del tutto fuori luogo. E non saremmo angosciati da tanti dubbi e domande senza risposta. Perché la Parola istruisce e libera dall’errore.

Altrove abbiamo parlato della diversità delle creature angeliche così come descritto dall’Apostolo. In questa diversità rientreranno anche l’uomo e la donna: l’uomo resterà uomo e la donna donna, ma in una dimensione puramente spirituale che non conosce il peccato e la concupiscenza della carne. Gesù non vuole affermare la cancellazione di quella diversità creata all’origine, vuol semplicemente dire che nel regno dei cieli non ci sarà più il matrimonio così come sancito dalla Legge. Saremo tutti un cuore solo ed un’anima sola e la diversità fra l’uomo e la donna sarà a livello di genere: non più tante coppie, ma due gruppi angelici, l’uno detto uomo, l’altro detto donna.

26 A riguardo poi dei morti che risorgono non avete letto nel libro di Mosè presso il roveto come disse a Lui Dio dicendo: Io sono il Dio di Abramo ed il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? 27 Non è Dio di morti ma di viventi; molto sbagliate.

Niente di più assurdo e di irrazionale che parlare di resurrezione dei morti, perché da quando il mondo è mondo nessun morto è mai tornato tra i vivi. Ma la vita eterna è detta, annunciata, proclamata dalla Parola di Dio. La fede nella resurrezione dei morti è frutto dell’ascolto della Parola e di una lettura attenta e perseverante. non avete letto nel libro di Mosè… Perché il non leggere è una colpa ed una abitudine peccaminosa che portano fuori strada, verso uno stravolgimento ed uno smarrimento del vero senso della vita. molto sbagliate. E’ ribadito con forza, alla fine, come ciò che non può essere messo in discussione perché assolutamente vero, perché si cambi rotta.

L’ignoranza della Parola può conoscere il perdono di Dio, ma non il Suo elogio e la Sua esaltazione.

28 Ed essendosi avvicinato uno degli scribi avendo udito loro discutenti, vedendo che bene aveva risposto a loro lo interrogò: Qual è il comandamento primo di tutti?

Domanda legittima e pienamente giustificata, perché se è vero che ogni comandamento va osservato si deve innanzitutto comprendere con quale spirito ci si avvicina alla Legge di Dio. Vi è come una premessa al tutto: se non è compresa ed accolta è vanificata qualsiasi osservanza.

Il primo comandamento non ci dice quel che dobbiamo innanzitutto fare, ma come dobbiamo innanzitutto porci davanti a Dio.

29 Rispose Gesù: Il primo è : Ascolta, Israele,

Potrebbe sembrare una premessa al comandamento: in realtà ne è parte integrante, perché soltanto dalla volontà di ascolto della Parola di Dio può scaturire una volontà di essere conforme al suo dettame. Che Dio parli all’uomo è fuori discussione. Ciò che va messo innanzitutto in discussione è la nostra disponibilità all’ascolto.

il Signore il nostro Dio è un solo Signore;

Cosa si deve ascoltare per prima cosa? Che il nostro Dio è Unico: non ci sono altri dei che possano stare assieme a Lui. Se vi è un solo Dio , vi è anche una sola Parola di Dio e si vi è una sola Parola di Dio c’è anche un solo ascolto che può essere a Lui rapportato. Qualsiasi altro ascolto è una  un’alienazione dall’ unica fonte.

Un solo ascolto dunque, perché una sola Parola. Ed è proprio questa unicità del Dio che parla che conferisce un valore assoluto non solo al suo dire, ma anche al nostro ascoltare.

E’ qui ed in questo che si gioca il senso della nostra vita nel Creatore e per il Creatore.

Non possiamo ascoltare in qualche modo, ma dobbiamo rapportarci al modo di Colui che parla. Un Dio che parla in Assoluto vuole una creatura che ascolta in modo altrettanto assoluto, ovvero con la totalità del proprio essere. L’ascolto si distingue dal semplice udire proprio perché chiama in causa tutte quelle facoltà che sono state create per la conoscenza del Creatore. Perché sono chiamate in causa? Unicamente perché rispondano al fine per cui sono state create.

30 e amerai il Signore Dio tuo

Si ascolta per sapere che abbiamo un solo Signore. E non è una cosa da poco quella che ci viene detta dal cielo. Se a Lui tutto dobbiamo, perché frutto di un Suo atto eterno d’amore, quale risposta?  Che amiamo il Signore con quello stesso amore con cui siamo da Lui amati.  Non possiamo amare secondo la qualità e la quantità dell’amore di Dio, ma possiamo amare secondo la qualità e la quantità a noi concesse. C’è un abisso tra l’amore creato e quello increato, eppure il nostro amore deve porsi sullo stesso piano di quello divino per la sua quantità.

Persa la qualità dell’amore originario, prima di Cristo non ci è richiesta, ma per quel che riguarda la quantità, Dio non concede attenuanti: vuole la totalità, da subito. E non la totalità di questa o quella dimensione che è ricettacolo d’amore, ma la totalità di tutte le dimensioni create che possono intendere, accogliere e manifestare l’amore.

con tutto il tuo cuore

E’ la prima e più grande dimensione dell’uomo: è lo Spirito insufflato in noi dal Creatore.

Amare col cuore ed amare con il Santo Spirito sono la stessa cosa.

e con tutta la tua anima

L’anima rappresenta la dimensione dell’uomo creata dal nulla, ad immagine di Dio, diversamente dallo Spirito che non viene creato, ma insufflato. Se lo spirito è realtà  originaria, e rappresenta la semplice coscienza di sé in rapporto al Creatore, l’anima è realtà complessa legata da Dio allo spirito dell’uomo. Come tutto ciò che è legato segue il destino di ciò a cui è legata. Se lo spirito dell’uomo si fa obbediente allo Spirito di Dio  l’anima diventa  portatrice di santità, diversamente è portatrice di peccato. L’anima è qui  intesa come la psiche, ovvero come l’insieme di tutte le sue facoltà, comprese quelle emotive ed irrazionali.

e con tutta la tua mente

Difficile per noi comprendere la differenza tra anima e mente. Ci sembra che la mente si possa distinguere dall’anima non in quanto da essa dissociata, ma in quanto da essa dissociantesi come puro intelletto o pura razionalità. L’anima può amare anche in modo irrazionale, negli stati emotivi, negli stati patologici: è pur sempre amore, ma un amore dissociato dalla ragione. Non va rigettato l’amore di tipo psicologico, ma va pure distinto dall’amore di tipo razionale. Sono due aspetti diversi dell’anima e diversificanti ogni anima. Se da un lato dobbiamo a Dio tutta la nostra dimensione affettiva, altrettanto a Lui dobbiamo tutta la nostra dimensione razionale.

Con buona pace del pensiero greco e di tutti coloro che leggono la Bibbia con la mentalità degli antichi Greci, per cui l’uomo è unità di anima e corpo, vediamo qui chiaramente che il Vangelo ha una concezione diversa dell’uomo. Non si parla solo di anima, ma prima ancora di cuore, ovvero di spirito e subito dopo di mente, per significare una complessità che non si può risolvere in quell’unico grande contenitore che ha nome di anima. Rifletta la chiesa di oggi: non farebbe torto ad Agostino, semmai colmerebbe una lacuna del suo pensiero.

e con tutta la tua forza.

Forza è tutto ciò che esprime il potere dell’uomo. Non vi è solo il potere che viene dalla parola, ma anche quello che viene dalle energie fisiche e dal possesso dei beni di questo mondo. Tutto deve essere per il Signore: cuore, anima, intelletto, forza mentale e fisica, beni spirituali e materiali.

31 Il secondo è questo: amerai il prossimo tuo come te stesso.

Lo scriba ha chiesto semplicemente qual è il più grande comandamento e la risposta potrebbe già essere data. Gesù ha voluto fare un’aggiunta chiarificatrice, che  non sminuisce la priorità dell’amore assoluto verso Dio, semmai vuole dargli visibilità agli occhi umani. Se il primo comandamento riguarda l’amore, l’amore non ha solo una dimensione verticale, ma anche una orizzontale: si ama il Creatore e nel contempo si amano le sue creature. Sono due aspetti diversi di un’unica medaglia: non possono stare separatamente l’uno dall’altro. L’amore invisibile verso Dio si rende visibile nell’amore verso l’uomo. Non è giustificato l’uomo che ama solo Dio e non è giustificato l’uomo che ama solo il proprio simile.  Il primo amore verifica il secondo ed il secondo manifesta il primo. Una dissociazione fra i due amori può esistere soltanto per assurdo in colui che è vittima del Satana e persegue un amore trascurando o ignorando l’altro. Se non è possibile una dissociazione tra l’amore a Dio e l’amore al prossimo, questo non significa che dobbiamo metterli sullo stesso piano. Vi è uno che viene prima e vi è l’altro che viene dopo.

L’amore è innanzitutto dovuto a Colui che è fonte della vita e in un secondo momento a tutti coloro che bevono alla stessa fonte di vita. Il primo comandamento verifica il secondo, il secondo manifesta il primo: non viceversa. L’amore verso Dio è  fondante: ci immette nella sua potenza;  quello verso il prossimo è fondato: manifesta il suo essere in Dio e per Dio.

L’amore verso Dio ha caratteristiche uniche ed esclusive: è un amore assoluto che chiama in causa la totalità del nostro essere. Al Signore tutto è dovuto. Possiamo dire la stessa cosa per le creature?

“Ama il prossimo tuo come te stesso”. E perché non più di te stesso? Perché non si può andare oltre il limite segnato dall’uomo? Perché oltre questo limite è andato soltanto Gesù, che per amore nostro ha rinnegato se stesso fino alla morte ed alla morte di croce. Se è vero che nessuno ha amore più grande di colui che dona la vita per il proprio fratello, dobbiamo confessare che questo amore appartiene soltanto al Cristo ed è soltanto in virtù del Figlio che siamo fatti simili a Lui. La totalità dell’amore verso il prossimo non ci è innanzitutto chiesta. E’ resa attuale e possibile soltanto per grazia e dono di Gesù. Anche in questo Cristo può dirsi completamento della Legge: non soltanto perché l’adempie con un amore assoluto verso il Padre, ma anche perché porta all’assoluto l’amore verso i fratelli. Il primogenito dei molti ama i suoi non semplicemente come se stesso, ma più di se stesso.  Il secondo comandamento appare indissolubilmente legato al primo anche per una ragione non immediatamente dichiarata, ma che si viene sempre più chiaramente delineando nella storia della salvezza con la venuta di Gesù. Non ci è chiesta soltanto la risposta all’amore di Dio Padre, ma anche a quello di Dio Figlio.  Se il Padre è conosciuto come il grande e l’onnipotente a cui tutto è dovuto, accanto a Lui vi è un altro non meno grande che è a noi sconosciuto. Ogni risposta al Padre contiene implicita una risposta al Figlio. Si matura  nell’osservanza del primo comandamento soltanto nella misura in cui si scopre il valore ed il significato del secondo. Se prossimo è colui che ci sta vicino, chi è più vicino a noi del Figlio? E come si può amare Dio Padre senza amare il Figlio suo?

Sul piano della reale possibilità di adempimento quale la differenza tra il primo ed il secondo comandamento? Il primo manifesta ciò che a noi è impossibile, il secondo ciò che è reso possibile da Gesù. Perché amando Cristo come noi stessi, secondo la nostra reale capacità, siamo da Lui fatti a Sua immagine e somiglianza e resi capaci di amore assoluto verso il Padre. Se non c’è Gesù la Legge rimane una domanda senza risposta, perché alla fine siamo trovati non solo incapaci di un amore totale verso il Padre, ma anche di un più modesto amore verso il prossimo .

Più grande di questi altro comandamento non c’è. 32 E disse a lui lo scriba: Bene, maestro, con verità hai detto che Dio è uno solo e non c’è un altro eccetto lui; 33 e l’amare lui con tutto il cuore e con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e l’amare il prossimo come se stesso è più di tutti gli olocausti e i sacrifici.

Questo scriba si manifesta in sintonia con Gesù nella lettura della Legge. Ha compreso che l’amore verso Dio e verso il prossimo hanno una dimensione interiore che non si risolve nell’adempimento di obblighi, riti e pratiche religiose. Resta ancora senza risposta la domanda implicita nel comandamento. In chi o in che cosa è resa possibile questa totalità del dono verso Dio e verso l’uomo? Ma è già un miracolo ed una grazia l’intelligenza della Legge: apre la strada alla fede in Gesù. Ancora un passo avanti e siamo già in Cristo Salvatore. 

34 E Gesù avendo visto che intelligentemente aveva risposto gli disse: Non sei lontano dal regno di Dio.

Non è un semplice elogio e una conferma di verità, ma un esplicito invito a considerare seriamente la possibilità di un scelta per il regno di Dio: è già alle porte ed è beato chi ne approfitta senza indugio.

E nessuno più osava interrogarlo.

Fatto veramente strano: le bocche si chiudono non solo quando Gesù trova in errore, ma anche quando trova in verità. Nell’un caso e nell’altro, meglio non saperne di più e non indagare oltre, per non arrivare alla fede in Cristo.

Non c’è uomo che non ponga domande a Gesù, ma non si chiede e non si ascolta oltre un certo punto. Va innanzitutto scartata la possibilità della fede e quando si entra in una zona di dialogo pericolosa per la nostra incredulità, meglio tacere e far tacere.

Alcune considerazioni riguardo al versetto 33 e l’amare lui con tutto il cuore e con tutta l’intelligenza e con tutta la forza …

La ripetizione del comandamento fatta dallo scriba non è del tutto uguale alla formulazione fatta da Gesù. Questi così aveva detto:

30 e amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua mente e con tutta la tua forza.

La Volgata ben si è resa conto di questa diversità, cioè che Gesù tira in ballo quattro dimensioni, mentre lo scriba soltanto tre e rimedia traducendo: … con tutto il cuore, con tutto l’intelletto e con tutta l’anima e con tutta la forza. Ma in ogni caso sono fatte salve delle varianti rispetto a quanto detto da Gesù. Questi aveva detto. “ con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, e con tutta la tua forza. Quale la diversità? In Gesù abbiamo mente al posto di intelletto e “forza” è resa con virtus, mentre lo scriba usa fortitudo. Nella versione greca, che più ci interessa, inoltre, mentre Gesù dice con tutta la mente, lo scriba dice con tutta l’intelligenza.

Queste varianti nulla aggiungono e nulla tolgono alla sostanza del discorso, tuttavia ben ci dicono la difficoltà da sempre incontrata dalla chiesa allorchè si tratta di definire le dimensioni fondamentali dell’uomo.

Per i Greci e per coloro che si rifanno alla loro filosofia, come Agostino, tutto sembra più semplice. L’uomo è fatto di anima e di corpo. E’ esclusa una qualsiasi altra dimensione. Parole tipo, animo, spirito, cuore rientrano in quel gran calderone che ha nome di anima.

La mentalità ebraica è diversa e considera l’uomo formato non da due dimensioni, ma da tre, ovvero spirito, anima, corpo.

Lo spirito dell’uomo altro non è che il suo cuore, ovvero quella dimensione più profonda che non è creata dal nulla come l’anima, ma ci viene donata dall’alito divino insufflato nelle nari. Se è vero che la diversità fra uomo ed uomo è data dalla diversità di attributi delle sue dimensioni, vi è una dimensione che è più strettamente simile in ogni uomo, quella che ci dà uguale valore e dignità, quella che ci consente di ascoltare non semplicemente la Parola di Dio, ma ancor prima ed ancor più la sua voce. Nella persona intelligente ed in quella demente palpita lo stesso cuore e vi è la medesima capacità di ascolto della voce di Dio.

In che cosa l’uomo è più simile all’altro uomo se non per il cuore? Vi è diversità fra cuore e cuore, non dal punto di vista strutturale, ma soltanto per l’uso che ne viene fatto.

I cuori di per sé non sono  né belli né brutti: sono resi l’uno o l’altro dall’uomo. Il corpo e l’anima sono destinati a perire: il cuore rimane in eterno o per essere rivestito della gloria di Dio o per giacere vuoto nell’ombra di un morire senza fine.

Può esserci incertezza o dubbio allorché si vogliono definire le dimensioni dell’uomo, ma quando si tratta del cuore, nulla di più sicuro e di più scontato. E’ un grave errore assimilare il cuore all’anima e farne un suo attributo: il cuore è ben più dell’anima e viene prima.

Quando non si amano i malati mentali e coloro che non hanno bellezza di corpo e di anima si è lontani dallo Spirito di Dio: non c’è intelligenza né del Creatore né delle sue creature.

Guardi un uomo? Vedi innanzitutto il suo cuore? Quello ama e quello tieni in onore.

35 Ed avendo risposto Gesù diceva insegnando nel tempio:

Chi crede che il problema della salvezza si risolva nell’intelligenza e nell’adempimento della Legge alla luce dell’insegnamento di un grande maestro che ha nome  Gesù, si sbaglia. E’ confermato: non c’è vera lettura dei precetti divini se non in Cristo e per Cristo, ma allorchè una Luce è gettata sulla Legge, la nostra attenzione ed il nostro interesse deve spostarsi su questa luce.

Ci poniamo domande sui comandamenti? Abbiamo accettato una lettura in Gesù e per Gesù? E non è venuto il momento di porci qualche domanda in più riguardo al Cristo?

Gesù ha dato una risposta per quel che riguarda la Legge, ma si aspetta da noi qualcosa di diverso: vuole l’intelligenza di Colui che è mandato dal cielo per la nostra salvezza. E neppure può indulgere alla nostra pigrizia mentale ed alla durezza del nostro cuore: deve prendere l’iniziativa e fare da maestro con violenza, rivendicando a se stesso quel ruolo di guida che l’uomo non vuole riconoscergli. Non dice semplicemente: insegna. E non in un luogo qualsiasi, ma nel tempio di Dio, ponendo se stesso al centro di ogni divino insegnamento.

Come dicono gli scribi che il Cristo è figlio di Davide?

Prima grande domanda: Perché gli scribi, maestri della Legge, dicono che Cristo è figlio di Davide? Si deve intendere  figlio semplicemente nel senso di discendente o c’è qualcosa in più e di diverso?

36 Lo stesso Davide disse in Spirito Santo: Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finchè metta i tuoi nemici sotto i tuoi piedi;

Una luce ci viene dallo  Spirito Santo per bocca di  Davide, che chiama Cristo “ mio Signore”. Non un semplice uomo dunque, ma un Signore che è chiamato dall’eternità a sedere alla destra di Dio Padre, per tutto il tempo in cui i suoi nemici saranno messi sotto i suoi piedi.

Parole dense di significato in cui è racchiuso tutto il senso della perdizione e della salvezza di ogni creatura. Ma è meglio non mettere troppa carne al fuoco e porre domande più semplici e preliminari.

37 lo stesso Davide lo chiama Signore, e da dove è suo figlio?

Se dunque Davide chiama Gesù Signore, da dove, in che senso può dirsi figlio suo?

Più facile comprendere come Davide sia figlio di Dio, ma come Dio stesso in Cristo sia figlio di Davide, questo è indubbiamente un quesito non da poco.

E la numerosa folla lo ascoltava volentieri.

Non è data una risposta, perché da Gesù possiamo  aspettarci ogni salutare imbeccata, ma è fatta salva la nostra libertà di adesione o meno al disegno di salvezza che viene dal cielo. Gesù tutto ha detto e tutto ha fatto per noi, ma nulla vuol fare e nulla vuol dire senza di noi. All’uomo e ad ogni uomo la risposta.

Ai molti è fatto dono di un ascolto facile e gradito. E chi può resistere al fascino della Parola che esce dalla bocca del Figlio di Dio? Non c’è inizio di una relazione d’amore senza una seduzione e chi vuole essere amato deve dar prova di sé. Oggi, se ascolti volentieri e con gioia la Parola del Signore, non distogliere il tuo orecchio dall’ascolto, ma persevera per saperne di più e per avere una conoscenza più stabile e duratura.

38 E nel suo insegnamento diceva: Guardatevi dagli scribi che vogliono camminare in lunghe vesti e saluti  nelle piazze 39 e i primi seggi nelle sinagoghe ed i primi posti nei banchetti, 40 i divoranti le case delle vedove ed in apparenza a lungo preganti: costoro riceveranno maggiore condanna.

Più luce e più intelligenza riguardo a Dio ed al Figlio suo, ma anche più intelligenza riguardo all’uomo, a quello che fa e dice. Perché le apparenze possono ingannare e un giudizio superficiale può portarci fuori strada. Chi comprende l’opera di Dio si avvicina al Figlio suo, chi comprende l’opera dell’uomo da esso si allontana.

Qual è il modello o tipo d’uomo da cui dobbiamo stare in guardia? Non c’è bisogno di cercare lontano, perché ogni giorno cade sotto i nostri occhi. Alla larga da coloro che vogliono camminare in lunghe vesti. Il nostro cammino in questo mondo deve distinguersi per la sua sobrietà e semplicità, non per il suo andamento sontuoso ed appariscente. Giova cadere sotto gli occhi del solo Dio non apparire davanti agli uomini facendo sfoggio di una grande veste. E che dire di coloro che cercano il saluto di tutti nelle piazze, i primi seggi nelle sinagoghe ed i primi posti nei banchetti? Invece di adorare il Signore vogliono la pubblica adulazione, quasi fossero al di sopra degli altri uomini e degni di essere trattati come divi.

Vanità nel vestire, vanità nella parola, vanità nel prendere cibo! E non è ancora tutto: Dopo aver attirato su di sé l’ira di Dio , portano alla rovina gli sprovveduti che li accolgono. Con il pretesto della carità, invadono le case delle vedove, non per portarvi la consolazione del Signore, ma per depredarle di ogni bene. Eppure pregano molto: ma è tutta una falsità. Chi appare pregare a lungo deve pur rimanere a lungo in atteggiamento di preghiera. Ma la preghiera non ha solo una sua estensione nel tempo, ha pure una profondità ed uno spessore. Quello che si vede con gli occhi della carne non sempre è quello che più conta: bisogna vedere con gli occhi dello Spirito e giudicare con retto giudizio.

costoro riceveranno maggiore condanna.

Chi vuol ingannare gli altri inganna se stesso e avrà una punizione maggiore.

41 Ed essendosi seduto di fronte alla cassa delle offerte osservava come la folla gettava denaro nella cassa delle offerte.

Fatti edotti riguardo a Dio ed all’uomo è tempo di fare la nostra pubblica offerta al Signore. Perché tutto ciò che è dato a Dio deve essere dato nella sua chiesa per l’edificazione ed il bene di tutti.

Si può offrire di nascosto agli occhi degli uomini di questo mondo, ma solo per il bene dell’intera comunità degli eletti. Anche se i fratelli vedono e sanno non c’è niente di male: è per l’edificazione di tutti. Si devono tenere lontani gli occhi indiscreti, non quelli dei fratelli di fede che si nutrono all’unica mensa. E dobbiamo essere contenti che Gesù tutto veda, e tutto giudichi. E’ Lui la garanzia di un donare secondo verità e giustizia.

E molti ricchi ne gettavano molti.

Ogni dare ha una sua logica ed è in relazione alle proprie possibilità ed alla propria volontà.

Un ricco dà molto non solo perché può, ma anche perché vuole. Non va disprezzata la generosità del ricco, ma il dono dell’uomo deve in ogni caso rapportarsi a quello di Dio. Quando misuriamo quanto diamo al Signore dobbiamo avere l’esatta misura di ciò che Lui che ha dato a noi.

Non può esserci un dare ad arbitrio secondo il nostro capriccio e neppure secondo la pretesa di rendere il giusto contraccambio. Chi dà molto evidentemente pensa di avere ricevuto molto, non tutto.

Siamo ancora lontani da quella totalità che ci è chiesta dal primo e più grande comandamento.

42 Ed essendo giunta

C’è tutta la fatica del vero andare a Dio, di chi ha fatto un cammino di fede e finalmente fa dono della  propria vita. Chi trova la casa di Dio a due passi dalla propria e l’offerta a portata di mano, non conosce travaglio, ma neppure quel grande amore per il quale val la pena di tutto dare e tutto spendere.

una vedova povera gettò due spiccioli, cioè un quadrante.

Una condizione di umana povertà non sempre è un impedimento per andare al Signore: al contrario rende il passo più spedito. Perso lo sposo carnale, priva di ricchezze materiali, questa donna ha riversato tutto il suo cuore sul Signore ed è fatta capace di una donazione senza calcolo e misura. Dà poco  agli occhi del mondo: dà tutto agli occhi di Dio.

Fatta povera dall’ esistenza terrena si fa ancor più povera per amore del Creatore, perché vuol essere sua e solo sua.

43 Ed avendo chiamato a sé i suoi discepoli disse a loro:

Quando c’è in ballo una grossa verità a nessun discepolo è concessa distrazione dall’ascolto. E non importa se per fare comprendere a tutti i suoi, Gesù deve allontanarli da tutti gli altri. Certe cose vanno dette ed udite nella chiesa. Per quelli che vogliono star fuori non c’è rincorsa né insistenza.

Amen dico a voi che questa vedova povera ha gettato più di tutti i gettanti nella cassa delle offerte.

Fatto strano! Non dice Gesù: “più di tutti coloro che hanno gettato”, come vorrebbe la logica, ma più di tutti coloro che gettano nella cassa delle offerte. Perché coloro che offrono continuamente vuol dire che mai gettano tutto, ma rimane sempre loro qualcosa. Questa vedova, gettando tutto quello che aveva, ha dato tutto se stessa, al punto che non possiede più nulla in proprio, neppure la vita.  D’ora in poi dipenderà da Dio anche per il pane quotidiano ed ogni giorno dovrà chiederlo al cielo. E’ questa l’offerta gradita a Dio, quella che unica adempie il primo e più grande comandamento.

44 Tutti infatti dal sovrabbondante a loro hanno gettato, lei invece dalla sua indigenza gettò tutto quanto aveva , intera la sua vita.

Attenti dunque a come si dona? L’offerta ha peso soltanto nella misura in cui rende più leggeri e più bisognosi di Dio.

Se la vita ti ha alleggerito di ogni bene, non attaccarti al poco che ti rimane, ma spogliati anche di questo per amore di Dio ed avrai ogni considerazione da parte del Figlio Suo.

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