Vangelo di Giovanni cap1

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  Giovanni 1

1 In principio era il Verbo e il Verbo era verso Dio e Dio era il Verbo. 2 Questi era in principio verso Dio; 3 tutte le cose per mezzo di lui furono fatte, e senza di lui non ne fu fatta neppure una sola. Ciò che è stato fatto 4 in lui vita era, e la vita era la luce degli uomini; 5 e la luce splende nella tenebra, e la tenebra non l’ha accolto. 6 Ci fu un uomo inviato da Dio, il suo nome era Giovanni. 7 Questi venne per  testimonianza per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Non era quello la luce, ma per rendere testimonianza alla luce. 9 Era la luce quella vera, quella che illumina ogni uomo, veniente nel mondo. 10 Era nel mondo e il mondo per mezzo di lui fu fatto e il mondo non lo conobbe. 11 Venne nelle cose proprie, e i suoi non lo accolsero 12, a quanti però accolsero lui, egli diede loro il potere di diventare figli di Dio, ai credenti nel suo nome 13, i quali non da sangue né da volontà di carne né da volontà di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14 E la parola carne divenne e pose la tenda fra noi, e contemplammo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. 15 Giovanni rende testimonianza di lui e ha gridato dicendo: Questi era colui di cui dissi: Colui che viene dietro di me davanti a me è stato perché prima di me era. 16 Poiché dalla pienezza di lui noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia: 17 perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità per mezzo di Gesù Cristo fu fatta. 18 Dio nessuno lo ha mai visto; l’unigenito Dio  che è nel seno del Padre quello lo ha svelato.

19 E questa è la testimonianza di Giovanni; quando inviarono i Giudei da lui da Gerusalemme sacerdoti e leviti affinché lo interrogassero? Tu chi sei? 20 E riconobbe e non negò, e riconobbe: Io non sono il Cristo. 21 E domandarono a lui: Chi sei dunque? Tu Elia sei? E dice: Non lo sono. Il profeta sei tu? E rispose: No! 22 Dissero dunque a lui: Chi sei? Affinché diamo una risposta a quelli che hanno inviato noi. Cosa dice di te stesso? 23 Rispose: Io sono voce gridante nel deserto: Raddrizzate la via del Signore, come disse il profeta Isaia. 24 Ed erano inviati dai farisei. 25 E lo interrogarono e gli dissero: Perché dunque immergi se tu non sei il Cristo né Elia né il profeta? 26 Rispose a loro Giovanni dicendo: Io immergo in acqua; in mezzo a voi è stato chi voi non conoscete: 27 colui che viene dietro di me, del quale non sono io degno di sciogliere di lui il legaccio del sandalo. 28 Queste cose avvennero in Betania al di là del Giordano, dove era Giovanni immergente.

29 L’indomani vede Gesù che viene da lui e dice: Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo! 30 Questi è colui di cui io dissi: Dietro di me viene un uomo che è stato davanti a me, perché era prima di me. 31 E io non lo conoscevo, ma perché apparisse a Israele per questo venni io immergendo in acqua. 32 E rese testimonianza Giovanni dicendo: Ho visto lo Spirito discendente come colomba dal cielo e rimase su lui. 33 E io non avevo conosciuto lui, ma colui che ha inviato me a immergere in acqua quello a me disse: Su chi vedrai lo Spirito discendere e rimanere su di lui questi è l’immergente in Spirito Santo. 34 E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il figlio di Dio. 35 L’indomani di nuovo stava Giovanni e due dei suoi discepoli 36 e fissando Gesù che camminava dice: Ecco l’agnello di Dio. 37 E udirono i due discepoli lui che parlava e seguirono Gesù.

38 Essendosi allora voltato Gesù e avendo visto loro che seguivano dice a loro: Che cercate? Essi allora dissero a lui: Rabbi, che si dice tradotto maestro, dove abiti? 39 Egli dice a loro: Venite e vedrete. Andarono dunque e videro dove abitava e rimasero presso di lui quel giorno. L’ora era circa la decima. 40 Era Andrea il fratello di Simon Pietro uno dei due degli aventi udito da Giovanni e aventi seguito lui. 41 Trova questi per primo il fratello, proprio Simone e dice a lui: Abbiamo trovato il Messia, che è tradotto Cristo. 42 Lo condusse da Gesù. Avendo fissato lui Gesù disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, tu sarai chiamato Cefa, che si traduce Pietro. 43 L’indomani volle uscire per la Galilea e trova Filippo. E dice a lui Gesù: Segui me. 44 Ora era Filippo da Betsaida, dalla città di Andrea e di Pietro. 45 Trova Filippo Natanaele e dice a lui: Abbiamo trovato colui di cui scrisse Mosè nella legge e i profeti: Gesù figlio di Giuseppe quello da Nazareth. 46 E disse a lui Natanaele: Da Nazareth ci può essere qualcosa di buono? Dice a lui Filippo: Vieni e vedi. 47 Vide Gesù Natanaele che veniva da lui e  dice di lui: Ecco veramente un israelita in cui non c’è inganno. 48 Gli dice Natanaele: Da dove mi conosci? Rispose Gesù e disse a lui: Prima che ti chiamasse Filippo essendo sotto il fico ti vidi. 49 Rispose a lui Natanaele: Rabbi, tu sei il figlio di Dio, tu sei re d’Israele. 50 Rispose Gesù e gli disse: Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico, credi? Più grandi di queste cose vedrai. 51 E dice a lui: Amen , amen dico a voi: Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire  e discendere sul figlio dell’uomo.

 

 

1 In principio era il Verbo e il Verbo era verso Dio e Dio era il Verbo.

In principio, cioè prima di tutto  era il Verbo. Quale principio può esserci presso Colui che è fondamento di tutte le cose? Il principio segna l’inizio del tempo e di tutto ciò che è creato col tempo. Il Creatore di ogni principio non può essere collocato in un qualsiasi principio. L’espressione va intesa in senso logico e non cronologico. Nell’eternità non creata di Dio, dapprima era la sua Parola: in principio rispetto a tutto ciò che è in Lui fondato, in principio anche rispetto al proprio fondamento. Il Figlio è prima di tutte le cose ed è primo davanti al Padre. Un giudizio di tipo cronologico può stare accanto ad un giudizio di valore, ma bisogna intendere quale rapporto. Il Verbo è il principio di tutte le cose perché Lui soltanto è in principio verso Dio. Non semplicemente accanto a Dio, come traduce la Volgata,  ma dirimpetto a Dio: l’altro Dio che è ancora l’Unico e solo Dio. Il Figlio siede presso al Padre, a Lui rivolto, come l’eternamente generato a Sua immagine, in virtù dello Spirito Santo. E’ il prodotto primo dell’Amore: generato, non creato, coeterno al Padre e allo Spirito Santo: espressione prima di un Amore non semplicemente comunicante, ma anche generante.

2 Questi era in principio verso Dio; Il Figlio solo era verso il Padre: di necessità assoluta. Quello che viene dopo è verso il Padre solo di necessità creata.

3 tutte le cose per mezzo di lui furono fatte, e senza di lui non ne fu fatta neppure una sola.

“Egli è immagine di Dio l’invisibile, primogenito di ogni creatura, perché in lui furono create le cose tutte nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili, sia troni, sia signorie, sia principati sia potestà; le cose tutte sono state create attraverso di lui e verso lui; ed egli è prima delle cose tutte e le cose tutte in lui sussistono.” ( Col. 8,15-17 )

Quando furono fatte tutte le cose? Non nel principio in cui era il Verbo, ma nel principio creato dal Verbo. L’espressione “in principio” è alquanto consueta nella Sacra Scrittura, ma bisogna intendere e fare le dovute distinzioni. Vi è un principio rispetto al Figlio, vi è un principio rispetto all’ordine della creazione, vi è un principio rispetto all’atto della creazione. Così in Genesi: “In principio Dio creò i cieli e la terra” si deve intendere semplicemente” dapprima Iddio creò i cieli e la terra”. E’ una forzatura ed un errore tradurre “in principio” come se fosse “nel principio”. Manca l’articolo ed il riferimento a Cristo non è di necessità assoluta. Possiamo dire come Paolo che le cose tutte sono state create “nel principio”, che è il Figlio, ma allorché ne descriviamo la successione logica, dobbiamo dire “in principio”, per indicare quello che viene prima, rispetto a quello che viene dopo.

Ciò che è stato fatto 4 in lui vita era, e la vita era la luce degli uomini; 5 e la luce splende nella tenebra, e la tenebra non l’ha accolto.

Il creato ha la sua vita in Cristo: non sussiste se non in Lui e per Lui. Il Padre ha creato dal nulla la materia informe, caotica, indifferenziata ed in quanto tale, invisibile: le acque primordiali di cui si parla in Genesi. Da questa materia prima il Figlio ha formato ogni cosa e con ciò stesso ha dato vita all’universo. Il concetto di vita, di solito, si applica all’essere dotato di anima: in questo caso  più semplicemente si vuol dire che qualsiasi cosa creata ha la sua vita, cioè la sua origine, la sua ragion d’essere, il proprio fondamento soltanto in Lui e per Lui. Se tutte le cose prendono vita dal Verbo, non tutto ciò che è creato è destinato ad avere la vita dello stesso Verbo. Soltanto l’uomo tra tutti gli esseri creati è chiamato non semplicemente a ricevere la vita dal Figlio, ma ancor più a ricevere la vita del Figlio. Se è vero che tutto l’universo prende vita dall’unica luce, è altrettanto vero che non tutto ciò che è creato può dirsi ricettacolo di luce: cioè fatto non semplicemente per accogliere la luce, ma per riflettere la luce. Nella creazione dobbiamo distinguere ciò che ha semplicemente vita dalla Parola: la materia senza anima; da ciò che, creato dalla stessa Parola con il fango della terra, non riceve la Sua vita  se non in quanto rapportato alla Sua luce. In quanto plasmato dalla terra e con la terra l’uomo ha la stessa vita di tutto ciò che appartiene alla terra. In quanto insufflato dall’alito di Dio gli è fatto dono di una vita diversa, che ha le proprie scaturigini non semplicemente dalla materia creata, ma dallo stesso Spirito Creatore. La Parola che è semplicemente detta nelle tenebre crea dal nulla tutte le cose inanimate, la Parola che allorché detta splende nelle tenebre crea per l’uomo una possibilità diversa: non di possedere una semplice vita, ma la stessa vita divina. Qualsiasi luce di per sé è priva di valore se non per chi è in grado di farla propria. Vi è un universo che riceve la vita da una luce che non vede e non intende.

Vi è pure un mondo di creature che sono in grado non solo di vedere la luce, ma anche di intendere la luce, di farla propria, di seguire la strada da essa illuminata ed indicata e di percorrere con ciò un cammino di crescita spirituale. Il Verbo allorché dice crea la vita, non soltanto quella che è  data, ma anche quella che può essere nuovamente data. Non semplicemente in conformità alla Parola che è già adempiuta, ma anche in conformità alla Parola che è promessa. L’uomo non è relegato al proprio essere creato e chiuso in esso, ma può liberamente rapportarsi alla Parola di Dio, che non è mai paga del dono dato, ma vuol dare sempre di più, fino alla statura dell’uomo perfetto, che è ad immagine dell’Unigenito Figlio Gesù. La possibilità di una crescita della creatura da un lato è legato alla Parola di Dio, dall’altro alla volontà di ascolto dell’uomo. Nell’ascolto e per l’ascolto si gioca il destino eterno dell’uomo, come abbiamo altrove ampiamente illustrato. La Parola che è detta chiede di essere ascoltata. Se si spezza questo filo che tiene unito l’uomo a Dio, vi è una dissociazione  tra il Creatore e la Creatura. La Parola di Dio quindi sin dall’inizio ha un carattere imperativo, si pone come unica guida ed unica luce: qualsiasi altro ascolto porterebbe l’uomo alla perdita della vita. Se nel Verbo era la vita data, nel Verbo era anche la luce che la mantiene  e che la fa crescere. Nessuna luce ha un significato ed una valenza se non per chi è in grado di accoglierla. Una luce spirituale è fatta per una creatura spirituale, in grado di farla propria e di comprenderla. L’uomo in quanto generato ad immagine di Dio, non solo possiede un’intelligenza in grado di generare una propria parola, ma possiede pure un’intelligenza in grado di ascoltare ed intendere la Parola stessa di Dio. Conforme alla propria volontà di ascolto l’uomo può fare in modo che la parola generata dal proprio pensiero, faccia propria la Parola di Dio. In questo modo la creatura perde qualsiasi autonomia e si identifica sempre di più col Creatore per  libera scelta, fino a diventare figlio di Dio, in senso pieno e definitivo allorché non dice semplicemente una parola ad immagine di Dio, ma dice la Parola di Dio, in quanto guidato ed agito dal Verbo divino. Non si diventa figli di Dio se non ascoltando l’unico eterno Figlio di Dio. Nessuna parola ha la pretesa di un ascolto assoluto se non quella che già sin dall’inizio si manifesta come guida o Luce dell’uomo. La Parola di Dio getta luce sul creato, per gli occhi dell’uomo, perché egli veda le meraviglie di cui è stato fatto destinatario. Un dono senza una parola di accompagnamento non ha seguito e non crea un rapporto d’amore tra chi benefica e chi è beneficato. Nella luce che è il Verbo l’uomo vede ed intende la bellezza del creato e la grandezza dell’ Amore che lo ha portato dalle tenebre alla luce.

Nessuna vita prende inizio dalla luce, ma delle tenebre del grembo materno. Si viene alla luce soltanto perché si è passati attraverso le tenebre.

e la luce splende nella tenebra, e la tenebra non l’ha accolto.  In quale tenebra splende la luce se non in quella gravida e foriera di luce che ha nome di Spirito Santo? Per lo Spirito ed in virtù dello Spirito che gli è stato dato l’uomo può far splendere la Luce nella propria vita… ma non  attraverso un cammino di necessità assoluta ma di libertà assoluta. La Luce splende nella tenebra, ma soltanto per quella che vuole accoglierla e farla propria. Vi è anche uno spirito o io o coscienza di sé che, nonostante il proprio fondamento divino, non accoglie la Parola che è guida e luce, ma si chiude nella presunzione della propria parola e di una propria luce. E’ così che la tenebra portatrice di luce, diventa tenebra che è rifiuto della luce. Lo Spirito di Dio diventa in noi spirito del Maligno. Per una sorta di corruzione voluta e cercata dalla creatura che non  ascolta la Parola e non  vede la Sua luce.  Questa è storia di altri tempi… ma le sue conseguenze sono nel presente e per la vita presente. Se in Eden la luce splende nella tenebra che l’ha generata, ora la stessa luce vuol splendere nella tenebra che l’ha rifiutata. Non si comprende la figura di Giovanni se non nell’ottica di una luce che non vuole più semplicemente testimoniare se stessa nel cuore dell’uomo, ma cerca anche la testimonianza che l’uomo dà all’altro uomo, finchè  non si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi. Fallito il cammino di una creatura fatta per diventare come Dio, ora è Dio che segue il  cammino a ritroso facendosi come l’uomo, perché la parola dell’uomo torni ad essere parola di Dio. Intendi tu che disprezzi e non consideri la Rivelazione: se la Verità fosse già nel pensiero e nel cuore dell’uomo, perché il Verbo si è fatto carne? Perché tanti testimoni non solo del Dio che verrà, ma anche del Dio che è venuto? Non troverai  Dio Creatore, se non ti lasci illuminare dai due Testamenti e se non bevi all’abbondanza delle acque che scaturiscono dalla morte e resurrezione del Cristo di Dio.

6 Ci fu un uomo inviato da Dio, il suo nome era Giovanni. 7 Questi venne per  testimonianza per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non un qualsiasi uomo e non ogni uomo è inviato da Dio. La verità non è più carattere distintivo dell’uomo, ma distingue l’uomo dall’uomo. Non ti è chiesto di ascoltare semplicemente l’uomo, ma l’uomo che viene da Dio.  il suo nome era Giovanni. Si ricorda il suo nome, perché sia distinto da ogni altro nome.

7 Questi venne per  testimonianza per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non basta la testimonianza che viene dall’interiorità della nostra coscienza: c’è bisogno anche di una testimonianza che venga dal di fuori di noi e sia altri da noi. E’ subito tagliata alla radice ogni ricerca di Dio che si ponga al di fuori della Sua rivelazione, così come storicamente si è determinata e definita in Israele, presso il popolo eletto. Si può arrivare a Dio anche attraverso le vie della coscienza individuale: ma è una strada molto stretta e piena di pericoli e di difficoltà. Allorché è spianata la strada maestra da Dio stesso non è più giustificato chi si affanna a percorrere i sentieri malsicuri ed incerti del proprio “solipsismo spirituale”. Non basta la testimonianza che Dio dà ad ogni coscienza. Non è giustificata una fede che si confronta soltanto con il proprio Dio, ma la fede che si confronta con l’unico Dio, nell’unica chiesa. perché tutti credessero per mezzo di lui.

La rivelazione sin dall’inizio si presenta come esclusiva: non di questo o quell’uomo, ma dell’unico vero Dio. Non è giustificato chi non accoglie Cristo Salvatore. E ancor meno è giustificato chi mette ogni fede e ogni religione sullo stesso piano. Non si annuncia la Buona Novella se non nella consapevolezza che non è data altra via di salvezza all’uomo. Il Vangelo deve essere testimoniato ed annunciato. Chi disserta semplicemente su di esso, e lo confronta con altri vangeli e con religioni ad esso estranee è fuori strada. Rema in senso contrario, non con Dio, ma contro Dio. Non ci può essere tolleranza cristiana se non nella consapevolezza che non c’è altro Dio all’infuori di quello che si è manifestato in Israele. Non c’è silenzio davanti agli increduli che sia giustificato, se non quello che è preghiera incessante davanti a Dio perché tutti gli uomini giungano a conoscenza dell’unico Signore.

8 Non era quello la luce, ma per rendere testimonianza alla luce.

Nessun uomo se pur mandato da Dio può avere la pretesa di essere luce per il fratello. Vi è una sola luce ed è quella che viene dal Figlio. Guardati da chi vuol essere guida spirituale del fratello e prende in mano la sua vita e non è testimone della luce che è il Figlio, ma di una pretesa luce nel Figlio. Chi è testimone di luce, se pur splende di luce, non la dona da sé, ma rimanda alla Sua fonte e alla Sua scaturigine.

9 Era la luce quella vera, quella che illumina ogni uomo, veniente nel mondo.

Una sola è la luce, quella vera, e solo quella vera illumina ogni uomo. Per accogliere l’unica Luce l’uomo deve perdere la propria luce:  qualsiasi avamposto, se pur conquistato con fatica, va abbandonato senza dubbi ed esitazioni. L’umanità tutta deve collocarsi nel punto morto di ogni luce: soltanto in questo modo vedrà sorgere l’aurora di un nuovo giorno, foriero di una vita nuova. La luce splende nelle tenebre e non altrimenti se non attraverso le tenebre. Nell’imminenza della venuta del Figlio ogni creatura deve sgombrare il proprio cuore dalla presunzione di una qualsiasi verità e di una qualsiasi giustizia che sia altro da ciò che vuol essere rivelato. Questo l’annuncio del Vangelo: la Luce sta per venire nel mondo: ogni uomo prepari ed offra a Dio la tenebra della propria vita, per essere rivestito di una vita nuova.

10 Era nel mondo e il mondo per mezzo di lui fu fatto e il mondo non lo conobbe.

Nell’imminenza della venuta del Salvatore il Vangelo fa un passo indietro molto lungo, per riportarci all’inizio di ogni cosa, allorché eravamo in Eden. La Luce che sta per venire non è la proposta di una novità, ma è la  stessa ed unica novità che si ripropone all’uomo. Dall’essenza all’esistenza della vita non è cambiata l’unica Luce e l’unica verità: molto è cambiato per i figli di Adamo. Se la tenebra che è all’inizio non è ostacolo per la luce, ma suo naturale ricettacolo, fatta per  essa ed in vista di essa: ora tutto è diverso. La tenebra in cui è immerso il nostro cuore non è fatta per accogliere la luce ma è frutto del  rifiuto della luce. All’inizio la luce splende  nelle tenebre, da se stessa, con o senza il consenso dell’uomo. Non c’è bisogno che qualcuno le faccia da testimone e da banditore. E’ facoltà dell’uomo respingerla e rifiutarla, per una scelta di tenebre eterne. Ma essa splende chiara e luminosa per ogni uomo che si apre ai suoi raggi ed al suo calore.

In Eden l’albero della vita occupa una posizione centrale rispetto a tutto il resto: la sua presenza è evidente agli occhi dell’uomo, non ha bisogno di testimonianza alcuna, neppure da parte del Padre. Un rapporto facile, evidente, immediato con la Luce ha sortito conseguenze disastrose.

Il Dio Creatore che passeggia nel giardino di Eden e siede accanto all’uomo e lo visita ogni giorno con il dono della sua luce ha trovato un diniego ed un rinnegamento da parte delle sue creature.

e il mondo non lo conobbe.

Intendi rettamente: non ha accolto il suo Amore, dopo che ha conosciuto i suoi doni. Non c’è conoscenza vera se non in un rapporto sponsale: chi si ferma prima ha solo la caparra dell’amore. Allorché lo sposo è rifiutato scende il gelo ed il buio più profondo tra il Creatore e la creatura.

11 Venne nelle cose proprie, e i suoi non lo accolsero.

Nessuna invasione, nessuna prepotenza o violenza da parte del Signore. Venne semplicemente nelle cose proprie, in ciò che è stato creato in Lui e per Lui, non per togliere il dono ma per accrescere il proprio dono.

Distingui dunque: Il verbo era nel mondo, sin dalla sua creazione, e il mondo non lo conobbe. Giovanni sta parlando della nostra dimensione essenziale, allorché eravamo in Eden, ma anche di tutto il tempo che precede l’ incarnazione del Verbo. Non c’è mai stato, non c’è e non ci sarà mai un mondo senza Cristo, se non per la creatura che lo rifiuta. 11 Venne nelle cose proprie, nel tempo in cui si è fatto carne. Perché mai viene nel mondo colui che è da sempre nel mondo? Perché colui che si è proposto una volta ed è stato rifiutato, non può riproporsi un’altra volta nello stesso modo. Gesù viene nel mondo, non semplicemente perché era già nel mondo, ma perché vuol essere nel mondo in un modo diverso, in sembianze di uomo.

“Ma allora se è venuto, dove era? In questo mondo era. C’era e c’è venuto: c’era in quanto Dio, c’è venuto in quanto uomo; perché, pur essendo qui in quanto Dio, non poteva essere visto dagli stolti, dai ciechi, dagli iniqui. Gli iniqui sono le tenebra  di cui è stato detto: La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno compresa. Ecco, egli è qui anche adesso, c’era, e ci sarà sempre; mai si allontana da nessun posto. Affinché tu possa vedere colui che mai si è allontanato da te, è necessario che tu non ti allontani mai da chi è presente dovunque: non abbandonarlo mai e non sarai abbandonato”. ( Agostino )

e i suoi non lo accolsero.

E’ il grande assurdo della storia: ciò che non si può spiegare e neppure Dio è in grado di comprendere. La creatura non ha accolto il proprio Creatore. Ma non per tutti finisce così. L’Amore che è stato rifiutato una volta si ripropone un’altra volta: nel Figlio di Dio che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi.

“Venne in casa propria, poiché tutto era stato fatto per mezzo di lui, e i suoi non lo accolsero. Chi sono i suoi? Sono gli uomini da lui creati. Anzitutto i Giudei, che erano il suo popolo primogenito rispetto a tutte le genti della terra. Gli altri popoli, infatti, adoravano gli idoli e servivano i demoni; quel popolo, invece, era nato dal seme di Abramo: per questo i Giudei erano “suoi” in modo tutto particolare, perché congiunti a lui nella carne che egli si era degnato assumere. Egli venne in casa propria, e i suoi non lo accolsero. Non lo accolsero nel senso più assoluto? Non lo accolse nessuno? Nessuno allora è stato salvato? Nessuno infatti è salvo, se non accoglie Cristo che viene”. ( Agostino )

12, a quanti però accolsero lui, egli diede loro il potere di diventare figli di Dio, ai credenti nel suo nome 13, i quali non da sangue né da volontà di carne né da volontà di uomo, ma da Dio sono stati generati.

Nel Cristo ed in virtù del Cristo ci è offerta la possibilità di diventare figli di Dio: è la nostra grande occasione. Adamo si illuse di diventare come Dio eliminando il Creatore dalla propria vita. Ora che  l’inganno è in atto e l’uomo può gustare i frutti del peccato è spianata la strada per una nuova adozione a figli, per una generazione che viene dal cielo. Nessuna rinascita ad una nuova vita è possibile per chi vive nella vecchia vita. Non basta una nuova generazione carnale ( sangue ) nè la  volontà di questa carne, neppure la semplice volontà di un uomo diverso: c’è bisogno di una nuova generazione  dal Padre.

Nel momento in cui si annuncia la novità di una venuta si ribadisce una verità che sin dall’inizio accompagna ogni uomo. Se la venuta sulla terra del Salvatore ha una collocazione storicamente ben definita, la grazia che il Signore ci ha ottenuto in virtù della sua morte e resurrezione è per ogni uomo: investe non solo il dopo, ma anche il prima. La grazia di Cristo è  attuale e operante già dai primordi dell’umanità: nessuno ne è stato escluso in maniera arbitraria, se non chi ha voluto escludersi da se stesso. Cambia la prospettiva dalla quale e secondo la quale si guarda al Cristo e si è rivestiti del suo dono: non cambia la portata ed il senso della salvezza. Figli di Dio furono i patriarchi, Abramo, i profeti e tutti i santi dell’Antico Testamento. Anche di loro si può e si deve dire che non da sangue né da volontà di carne né da volontà di uomo, ma da Dio sono stati generati. La verità è sempre identica a se stessa: è diversa soltanto nella forma e nella misura in cui si dà a conoscere all’uomo. Questa la novità dell’annuncio evangelico.

“I figli degli uomini nascono dalla carne e dal sangue, dalla volontà dell’uomo e dall’amplesso coniugale. E i figli di Dio, come nascono? Non per via di sangue, dice l’evangelista, cioè non dal sangue dell’uomo e della donna. In latino non esiste “sangue” al plurale, ma siccome in greco c’è il plurale, il traduttore ha preferito conservare il plurale, sacrificando la grammatica pur di spiegare la verità in modo da farsi intendere da tutti. Se egli avesse messo sangue al singolare, non sarebbe riuscito a spiegare ciò che voleva: difatti gli uomini nascono dall’unione del sangue dell’uomo col sangue della donna. Parliamo dunque senza temere la verga dei grammatici, pur di esprimere in modo solido e chiaro la verità. Chi riuscirà a capire non ce ne farà rimprovero; si mostrerebbe ingrato per la spiegazione. “Non dal sangue, né da voler di carne, né da volere di uomo” La donna qui è chiamata carne, perché quando fu formata, Adamo disse: “Questo è osso delle mie ossa, e carne della mia carne. E l’Apostolo afferma : “Chi ama la sua donna ama se stesso; nessuno infatti mai odia la propria carne”. La parola carne è qui, dunque, usata al posto di donna, così come qualche volta si usa spirito al posto di marito. E perché? Perché è lo spirito che regge e la carne è retta: quello deve comandare, questo servire. C’è disordine in quella casa dove la carne comanda e lo spirito serve. Che c’è di peggio d’una casa in cui la donna comanda sul marito? Ordinata invece è quella casa in cui è la donna che obbedisce al marito. Così è a posto l’uomo in cui la carne è sottomessa allo spirito.” ( Agostino )

14 E la parola carne divenne e pose la tenda fra noi, e contemplammo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.

In Cristo la Parola si è fatta carne, si è resa visibile e conoscibile come uomo tra gli uomini. pose la tenda fra noi. Per il tempo dell’esistenza, non semplicemente in maniera sfuggevole e fugace. Di questo sono testimoni gli apostoli. Hanno visto e conosciuto da vicino, toccato con mano Colui che altri hanno solo intravisto da lontano. contemplammo la sua gloria. Altro è vedere, altro è contemplare. Non si contempla se non Colui che si dona e si concede, non soltanto nel tempo, ma anche per un certo tempo.

gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.

L’unigenito Figlio di Dio, dapprima semplicemente intravisto e conosciuto di sfuggita, ora si è dato a conoscere nella pienezza della sua grazia e della sua verità.

15 Giovanni rende testimonianza di lui e ha gridato dicendo: Questi era colui di cui dissi: Colui che viene dietro di me davanti a me è stato perché prima di me era. 16 Poiché dalla pienezza di lui noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia: 17 perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità per mezzo di Gesù Cristo fu fatta. 18 Dio nessuno lo ha mai visto; l’unigenito Dio  che è nel seno del Padre quello lo ha svelato.

Dopo un annuncio della verità in forma concitata e concisa, il discorso va ripreso da capo. Chi è testimone di un grande evento tutto vuol dire e far capire in maniera immediata. Preso dall’entusiasmo mette tanta carne al fuoco: vuol prevenire ed anticipare la gioia dell’ascoltatore, mettere tutto in comunione. Ma deve poi darsi una controllata, e procedere in maniera più ordinata ed esporre bene tutte le cose, sin dall’inizio… a cominciare da Giovanni.

15 Giovanni rende testimonianza di lui

Abbiamo già detto che la luce che splende nelle tenebre originarie non ha bisogno di testimonianza alcuna, perché è resa ben chiara e visibile dalla tenebra stessa. Allorché la tenebra da ricettacolo di luce, diventa rifiuto della luce, nessuna luce risplenda in essa in tutto il proprio fulgore, per forza naturale, ma soltanto nella misura in cui le è lasciato spazio e dove le è creato uno spazio diverso. E questo ha nome di conversione e di cambiamento e di ravvedimento. La luce non può più splendere in qualsiasi tenebra ma soltanto in quella tenebra che vuole, cerca e lotta, per tornare ad essere ricettacolo di luce. Una coscienza sola trova ora conforto, conferma, sollecitazione non semplicemente dalla propria voce, ma anche da un’altra voce, molto più forte.

La voce di Giovanni non è una semplice testimonianza, sulla stessa linea di una qualsiasi voce della coscienza. Non dice, semplicemente: grida. Se sei un sordastro ed un distratto, ti è dato con Giovanni di sentire e di udire lo stesso. Un richiamo forte, dato gratuitamente a tutti, non guasta di certo. Nessun banditore di salvezza eterna, fa male alle coscienze, se non a quelle che sono nemiche di Dio e non vogliono il suo Amore.

Intendi dunque rettamente. Dio non ha bisogno della testimonianza dell’uomo, ma se ne serve per il nostro bene, per darci un aiuto in più e per rendere tutto più facile.

Molto spesso e troppo spesso si parla nella chiesa della necessità di essere testimoni di Cristo, alla stregua di Giovanni, ma bisogna ben comprendere il valore e il significato di una testimonianza che sia in verità. Innanzitutto: Giovanni non è detto testimone di vita, ma  testimone di luce. Se è vero che noi tutti desideriamo la vita, va pure precisato che non c’è vita senza la luce che è il Cristo. Nessuno è chiamato ad essere testimone di una propria vita ma di Colui che è la vita. Qualsiasi testimonianza che crei un qualche culto dell’uomo è diabolica e riprovevole: se pur si possiede la vita non è in noi e per noi ma in Gesù e per Gesù. Non c’è grazia, non c’è pienezza che non venga dall’unico e dal solo Cristo, Figlio di Dio. Giovanni non è testimone della vita che è venuta, ma della vita che verrà. Nessuno può in alcun modo testimoniare una qualsiasi luce o vita, se in qualche modo non l’ha già conosciuta. Cristo non è la novità della vita, semmai è Colui che fa nuova la vita. Novità è la sua venuta tra noi, novità è il Verbo che si fa carne e pone la sua tenda in mezzo agli uomini. In quanto alla Sua grazia è da sempre e da sempre l’uomo è inseguito dalla sua misericordia e dal suo amore.

Colui che viene dietro di me davanti a me è stato perché prima di me era. 16 Poiché dalla pienezza di lui noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia: 17 perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità per mezzo di Gesù Cristo fu fatta.

La verità non è un trovato o un’invenzione dell’ultima ora: nell’ultima ora c’è la sua manifestazione piena e definitiva, ma soltanto in virtù del Figlio di Dio che è venuto ad abitare in mezzo a noi.

18 Dio nessuno lo ha mai visto; l’unigenito Dio  che è nel seno del Padre quello lo ha svelato.

In Cristo e per Cristo c’è la manifestazione piena ed ultima di Dio. Nel Verbo che si fa carne è Dio stesso che si fa vedere in maniera chiara aperta e conclamata, dopo che si è manifestato in maniera oscura e nascosta. Una manifestazione oscura da parte di Dio non significa affatto che in Lui vi siano delle tenebre. L’oscurità è nell’uomo e per l’uomo: è cecità dei nostri occhi, non ambiguità del Dio che si dona. Ma ora il Signore vuole uscire allo scoperto, perché tutti vedano e tutti comprendano. Nessun ostacolo e nessun impedimento da parte del Signore, ma la disponibilità e la volontà più piena ed assoluta di donarsi all’uomo in una forma ed in una misura per così dire estreme, oltre il quale nulla può essere dato e neppure pensato. L’incarnazione del Figlio è il dono ultimo e definitivo di Dio, oltre il quale non si può andare. Tutto semplice dunque e tutto facile, allorché il Verbo si fa carne? Niente affatto! Rimangono le tenebre del nostro peccato. La luce che vuole risplendere in noi non può in alcun modo rifulgere nella nostra vita se prima non vengono dissolte le tenebre che vengono dal Maligno. Dio ha già fatto la sua parte e la farà di nuovo, ma l’uomo deve prendere coscienza del proprio stato e collocarsi nel punto giusto dell’attesa e dell’ascolto. Perché la luce non cada invano e perché i suoi raggi non vengano respinti da un’altra luce. Nel momento stesso in cui prendiamo coscienza della venuta della Luce dobbiamo prendere coscienza del nostro stato. Siamo in grado di accoglierla? Ci sono le condizioni perché possa in noi risplendere? L’annuncio della venuta del Salvatore è pienezza di gioia, ma è anche un monito. Non vi sarà un altro Salvatore: ognuno dunque si prepari ad accoglierlo nelle dovute maniere perché il dono di Dio non sia reso vano da un cuore assopito dalla crapula e dal sonno della morte. Giovanni che risveglia in noi il desiderio e la gioia dell’attesa, vuol risvegliare in noi anche la consapevolezza di  peccato e di tenebra, perché ci laviamo dalle sozzure della nostra colpa e ci rendiamo più belli e più accettabili di fronte allo sposo che viene.

19 E questa è la testimonianza di Giovanni; quando inviarono i Giudei da lui da Gerusalemme sacerdoti e leviti affinché lo interrogassero? Tu chi sei?

Non c’è modo peggiore di rispondere all’annuncio della venuta del Cristo che spostare il proprio interesse da colui che è annunciato a colui che annuncia. Quando una notizia è veramente grande ed è di vitale importanza giova porre domande ed interrogazioni per saperne di più, riguardo a chi sta per venire. Non c’è migliore verifica di quella che passa attraverso i nostri occhi: se è vero che l’amato del nostro cuore è alle porte, meglio andargli incontro a braccia aperte, senza dubbi ed esitazioni, piuttosto che mettere sotto processo chi ci ha dato l’annuncio. Una notizia importante va innanzitutto verificata in sé e per sé, non semplicemente in rapporto a colui che ne è messaggero. Così sono i cuori tiepidi di coloro che non amano il Signore: sono molto attenti a chi annuncia, non hanno attenzioni per chi è annunciato. Perché la verità è sempre una questione che va risolta a partire dall’uomo, dalla sua intelligenza e dalla sua santità: non si comprende una verità che sia semplicemente svelata, per una iniziativa che viene dal seno stesso del Padre.

Se si riesce a trovare una qualche contraddizione o ambiguità in Giovanni il problema è già risolto ed il caso già liquidato: non c’è bisogno di altre indagini e di ulteriori accertamenti. Quando l’interesse per il Signore è davvero superficiale o inesistente l’indagine e la ricerca sono sempre in negativo. Basta un minimo indizio per smontare tutta l’impalcatura dell’annuncio. Quando poi il messaggio arriva da uno che nella chiesa conta poco, non vale la pena di fare accertamenti di persona. Meglio mandare altri e mettere tutto a tacere alla svelta, prima che il clamore sia troppo grande. Chi vigila sulle cose di Dio non si scomoda poi tanto, se non è costretto da clamore di popolo. Ed anche in questo caso manda avanti altre persone, che hanno poco da fare e tempo da buttare. I giudei si aspettavano una delle solite trovate, frutto di una mente malata e farneticante. Giovanni è assimilato a uno dei tanti esaltati che si spacciano per il messia. Non ci vorrà poi molto per smascherare la sua bugia.

20 E riconobbe e non negò, e riconobbe: Io non sono il Cristo.

L’annuncio del Cristo è innanzitutto una professione di fede. Non può mettere in alto il Cristo, chi non abbassa se stesso. In Giovanni non vi è arroganza alcuna, ma l’umile confessione del proprio niente. Riconosce di non essere il Salvatore. E questo mette subito in difficoltà i suoi inquisitori.  Non c’è uomo che non predichi se stesso, anche quando parla di Dio. C’è però anche la falsa umiltà di chi non si innalza fino a Dio, ma si accontenta di essere nel novero di coloro che sono grandi davanti a Lui.

Meglio sondare in profondità per vedere quale folle presunzione si celi dietro un’apparente umiltà.
21 E domandarono a lui: Chi sei dunque? Tu Elia sei? E dice: Non lo sono. Il profeta sei tu? E rispose: No! 22 Dissero dunque a lui: Chi sei? Affinché diamo una risposta a quelli che hanno inviato noi. Cosa dici di te stesso?

E’ impressionante vedere come anche nel momento culminante della Rivelazione tutto ruoti ancora intorno all’uomo.Si chiede all’uomo riguardo all’uomo, per dare una risposta all’altro uomo. Non si chiede di Dio, per dare una risposta a Dio. Chi deve andare, non va, ma manda altri; chi va, va solo perché inviato; chi interroga, ascolta solo per dare una risposta a chi l’ha mandato. In questo gran movimento di persone e turbinio di domande, non si capisce proprio chi sia veramente interessato alla venuta del Salvatore. La vita può ben continuare come prima e qualsiasi uomo mandato da Dio è una gran scocciatura che, se pur non si può evitare, bisogna risolvere alla svelta e senza perdere troppo tempo: sono altre le cose importanti.

Cosa dici di te stesso?

E’ proprio così necessaria la testimonianza di un uomo riguardo a se stesso, anche quando testimonia di Colui che viene dal cielo? Quando mai la smetteremo di magnificare noi stessi ed ascolteremo le labbra di chi magnifica il Signore?

23 Rispose: Io sono voce gridante nel deserto:

Se proprio si deve rendere conto all’uomo, quando si è mandati da Dio, niente di più verace delle parole di Giovanni. Una voce è soltanto in relazione alla persona di colui che parla. Definire se stesso una voce significa creare un’attenzione verso il fondamento della propria voce, che non necessariamente è semplice riflesso dell’io. Giovanni non è se non in rapporto alla Parola di cui è voce. Non professa una propria parola, ma è espressione di un’Altra Parola. Mi dirai  che non vi è presunzione più grande: quando l’uomo parla in nome di Dio. Non risolverai la questione dell’autenticità dell’annuncio facendo un processo a Giovanni. Se non è irrilevante sapere a chi appartenga questa Parola, certamente non è prioritario per l’uomo che si trova perduto nel deserto. Chi è consapevole del deserto in cui alimenta la propria vita, afferra al volo una qualsiasi voce di salvezza. Non ha senso dare spiegazioni e ragione di una Parola a chi non ha consapevolezza di peccato né desiderio di un’altra vita. Non si accoglie l’annuncio della salvezza, sazi della propria vita. Non si pongono domande riguardo alla Parola, se non si crede nella  Parola di Dio. Bisogna darsi prima una bella raddrizzata.
Raddrizzate la via del Signore, come disse il profeta Isaia.

 La strada del Signore è impedita ed occupata dal peccato dell’uomo. Bisogna fare spazio e non stare semplicemente a guardare, a calcolare e domandare. Ogni volta che l’uomo si pone davanti al problema della verità, nessuna nuova risposta gli si può dare se non c’è una nuova volontà di ascolto.

24 Ed erano inviati dai farisei. Qualsiasi annuncio di salvezza, per quanto confermato dalla Sacra Scrittura non trova comprensione ed intelligenza alcuna quando si è semplicemente mandati a Gesù, ma non si cerca e non si vuole Gesù

25 E lo interrogarono e gli dissero: Perché dunque immergi se tu non sei il Cristo né Elia né il profeta?

Questi inviati continuano a fare domande, ma non dimostrano intelligenza riguardo alla Parola. Molto attenti ad ogni bocca di verità, non hanno alcuna conoscenza di Colui che è la Verità.

26 Rispose a loro Giovanni dicendo: Io immergo in acqua;

Si immerge nell’acqua per lavarlo, soltanto chi è impotente e non può farlo da solo. Chiunque non è in grado di lavarsi deve essere grato a chi gli dà man forte, ma bisogna prima accostarsi all’acqua che purifica da ogni sozzura, nell’umile confessione del proprio peccato. Nulla di eccezionale in tutto questo: è nella logica delle cose che si cerchi l’acqua che monda dalle sozzure. Eccezionale, unico e diverso è Colui per il quale ci facciamo più belli: Cristo Gesù, Signore nostro. Niente di più certo, sicuro e scontato della Sua presenza nel mondo. Sconcerta la durezza di cuore dell’uomo che non vede e non intende.

in mezzo a voi è stato chi voi non conoscete:

Gesù è stato, è e sarà sempre con noi. Non vi è altra certezza nella storia se non quella della presenza di Dio; ma è una realtà nascosta agli occhi dell’uomo. Altro è conoscere che Dio c’è, altro è conoscere Dio qual è.  “Le cose invisibili di lui dalla creazione del mondo per mezzo delle opere essendo percepite sono osservate: l’eterna sua potenza e divinità, così da essere essi inescusabili, poiché conoscendo Dio non come Dio resero gloria o resero grazie…” Se è scontata e a tutti manifesta l’esistenza di Dio, questo non significa che di Dio ne sappiamo poi molto. Quel tanto che basta per essere ritenuto inescusabile l’uomo che non crede nella sua esistenza, ma certamente poco per l’uomo che vuol conoscere il suo Creatore così com’è. La novità in Dio ha il nome di Cristo Gesù. In Cristo e per Cristo si gioca il confronto tra la  fede fondata e la fede semplicemente immaginata. Non è cosa di poco conto. Perché in Lui e per Lui sono state fatte tutte le cose e tutto sussiste in lui. Quella voce che sale dal profondo del cuore umano e che ha il nome di coscienza o imperativo morale, il tu puoi… ma non devi, di cui è detto in Eden, unica certezza della realtà del nostro essere, colui che non può essere messo in discussione, proprio questi  sta per manifestarsi all’uomo in una forma completamente diversa. Non come il tu che è sempre solo ed esclusivamente nell’interiorità dell’io, ma come il tu che manifestamente è altro dal nostro io, nella carne e nelle sembianze dell’uomo. Quale dunque la novità dell’annuncio di Giovanni? Non certamente quando dice: in mezzo a voi è stato chi voi non conoscete. Questo è soltanto l’invito ad una presa di coscienza di un dato di fatto. Ma allorché aggiunge 27 colui che viene dietro di me, del quale non sono io degno di sciogliere di lui il legaccio del sandalo.

Dietro a Giovanni sta per venire l’unico vero grande sconosciuto della storia: il nostro Creatore e Signore Cristo Gesù. Chiunque annuncia la venuta del suo Signore non può farlo se non umiliando se stesso. Chi fa grande Dio deve fare piccolo se stesso. Per questo Giovanni dice che non è degno di sciogliere il legaccio del suo sandalo. Il messaggio di Giovanni vuole essere creduto e pretende di essere accolto in quanto fatto per un Altro ed in vista di un Altro.

28 Queste cose avvennero in Betania al di là del Giordano,dove era Giovanni immergente.

La venuta del Salvatore ha una sua collocazione storica ben definita, là dove è stata preannunciata dal Precursore nei tempi e nei modi voluti dal Padre che è nei cieli.

Quale  l’importanza di Giovanni? E’ un semplice messaggero o qualcosa di più? Non è detto da noi soltanto Precursore, ma anche il Battista. Non annuncia semplicemente una venuta , ma prepara i cuori ad una venuta, grazie ad un lavacro spirituale che è confessione dei propri peccati e presa di coscienza della necessità di un Salvatore.

29 L’indomani vede Gesù che viene da lui e dice:

Quando l’uomo va a Dio, Dio stesso va all’uomo e si crea una sintonia ed una armonia di intenti tra la creatura ed il Creatore.

Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!

Dopo tanti preparativi per l’Evento, dopo un movimento così grande di persone e una proclamazione così forte e solenne, ci aspetteremmo un Salvatore che viene in pompa magna con abiti regali. Niente di tutto questo: appare un uomo di povere sembianze, di una semplicità e di una mitezza disarmanti. Giovanni  non si vergogna di chiamarlo agnello di Dio, non teme di sminuire la sua figura, al contrario è evidente l’intenzione di esaltare una regalità che sin dal suo primo apparire si manifesta come diversa ed altro da quella creata dall’uomo. Quale potere possa essere in un agnello di togliere il peccato del mondo non è di immediata comprensione. Ciò che innanzitutto suggerisce la vista di un agnello è un sentimento di mitezza ed obbedienza ed alla fine di amore, allorché si consuma il sacrificio di una vita per alimentare e far crescere un’altra vita.

Nulla di esaltante e di eclatante per coloro che sono duri di cuore, un segno molto grande per chi  crede nell’amore di Dio.

Osserva come l’agnello di Dio non tolga semplicemente i peccati del mondo, ma il peccato del mondo, non semplicemente ciò che è conseguenza di una caduta, ma quello che è l’elemento portante e strutturale di una caduta: la nostra avversione a Dio, il nostro essere più profondo, nemico dell’unico vero amico.

30 Questi è colui di cui io dissi: Dietro di me viene un uomo che è stato davanti a me, perché era prima di me.

Questi e non altri è il Salvatore: colui che viene dietro a Giovanni, ma che è stato davanti a lui, nel cammino della fede: guida e grazia per ognuno che cerca la vita eterna. Nessun uomo può farsi nunzio e precursore di Cristo se non colui che si è messo alla sua sequela. Non ci sarebbe salvezza sulla terra se da sempre non ci fosse un Salvatore in cielo. Giovanni non è arrivato a Cristo se non ubbidendo a Cristo e una qualche conoscenza del Salvatore doveva pur averla. Perché allora si preoccupa di aggiungere subito

31 “E io non lo conoscevo”?

Risponderemo che il Precursore si pone nell’ottica e nella logica della novità dell’evento: Gesù sta per manifestarsi in una forma nuova che Giovanni non conosce, ma che lui pure attende come  gli altri ebrei.

ma perché apparisse a Israele per questo venni io immergendo in acqua.

Giovanni è venuto immergendo in acqua, perché Colui che c’era già in forma nascosta apparisse in maniera chiara e ben manifesta a tutto Israele.

32 E rese testimonianza Giovanni dicendo:

L’annuncio di Giovanni è qualcosa di più di un semplice bando riguardo al Salvatore: è una testimonianza. Il Battista qualcosa ha già visto della gloria del Figlio. Per questo parla e per questo esige di essere creduto.

 Ho visto lo Spirito discendente come colomba dal cielo e rimase su lui. 33 E io non avevo conosciuto lui, ma colui che ha inviato me a immergere in acqua quello a me disse: Su chi vedrai lo Spirito discendere e rimanere su di lui questi è l’immergente in Spirito Santo. 34 E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il figlio di Dio.

Tutto è detto e fatto per volontà divina, e non per una arbitraria ed ingiustificata iniziativa dell’uomo. Giovanni ha reso testimonianza perché ha visto e ha visto solo perché così ha voluto Dio. Ma cosa più propriamente ha visto? Lo Spirito Santo discendere dal cielo come colomba e rimanere su Gesù. La colomba, intersa come figura dello Spirito Santo ha radici lontane nella tradizione di Israele. La troviamo già in Genesi, messaggera di Dio, di una pace e di una riconciliazione tra la terra ed il cielo. Ma qui vi è qualcosa di nuovo. La colomba tornò da Noè, ma non per sempre rimase con lui. Andava e veniva, come in tutta l’economia dell’Antico Testamento.

Ora invece la colomba non solo discende su Gesù, ma rimane su di lui. Non più dunque una presenza di Dio saltuaria ed imprevedibile, ma una presenza del tutto stabile e sicura. Non semplicemente prevedibile, ma prevista dal Padre, come dato di fatto non suscettibile di ravvedimento e di cambiamento alcuno. L’immersione in Spirito Santo è qualcosa di più di una semplice immersione nell’acqua. Ci si immerge nell’acqua semplicemente per dare una lavata alla vita che è già in atto, ci si immerge nello Spirito Santo per avere una vita nuova e santa.

Di tanto il battesimo di Giovanni differisce da quello di Gesù. Il primo rende questa vita più accettabile, più idonea a, il secondo la trasforma completamente.

35 L’indomani di nuovo stava Giovanni e due dei suoi discepoli

Chi annuncia il Salvatore deve stare fermo nell’annuncio, e non correre dietro ad altro e  cercare le distrazioni. E come lui e con lui tutti coloro che  vogliono il Signore. Non si può e non si deve annunciare in qualche modo, ma come colui che ha posto in Cristo la propria dimora e tiene lo sguardo fisso all’autore ed al perfezionatore di ogni salvezza. Occhi ed orecchi devono essere solo ed esclusivamente per Gesù. Impariamo da Giovanni e dai suoi discepoli.

36 e fissando Gesù che camminava dice: Ecco l’agnello di Dio.

Non c’è distrazione da Gesù e non c’è parola se non per Gesù ed in vista di Gesù.

37 E udirono i due discepoli lui che parlava e seguirono Gesù.

Udirono perché ascoltavano, seguirono perché  aspettavano. Non si illuda di salvezza l’uomo che non rimane nell’ascolto e nell’attesa del Signore.

38 Essendosi allora voltato Gesù e avendo visto loro che seguivano dice a loro: Che cercate?

Essi allora dissero a lui: Rabbi, che si dice tradotto maestro, dove abiti? 39 Egli dice a loro: Venite e vedrete.

In poche parole la storia non di un amore, ma dell’unico vero amore. Dio ha volto verso l’uomo la sua misericordia, ha visto coloro che lo seguono. Ha vagliato il loro cuore per sapere che cosa cercano. Ha accolto il loro desiderio di abitare nella casa del Signore. Ha rivolto l’invito a seguirlo, perchè  vedano coi propri occhi.

Andarono dunque e videro dove abitava e rimasero presso di lui quel giorno.

I discepoli andarono dunque e videro dove abitava il Figlio di Dio e rimasero presso lui quel giorno. Non è ancora il rimanere per sempre nel gaudio eterno della comunione col Figlio e nella visione del Padre, ma è già la caparra di una promessa che non è vana e neppure infondata.

L’ora era circa la decima.

Non si dimentica il primo incontro con il proprio sposo. Nessun amore può vivere a lungo su questa terra se non nel ricordo e nel riandare a quel primo giorno, a quell’ora e a quella particolare circostanza.

40 Era Andrea il fratello di Simon Pietro uno dei due degli aventi udito da Giovanni e aventi seguito lui.

Importa innanzitutto sapere quale grazia e quale gioia, soltanto in un secondo momento a chi è toccata in sorte, perché ciò che è dato ai pochi è in vista dei molti. Non c’è conoscenza del dono di Dio che non debba essere rivelata ed annunciata a coloro che sono in cammino verso il Signore.

41 Trova questi per primo il fratello, proprio Simone e dice a lui: Abbiamo trovato il Messia, che è tradotto Cristo. 42 Lo condusse da Gesù.

Con gioia e con entusiasmo si dice ai fratelli la grande novità, e si prende per mano chi è titubante per lo stupore e si conduce da Gesù. Questa è la gioia della chiesa, che il mondo non vede e non conosce perché non attende Colui che viene dal cielo!

Avendo fissato lui Gesù disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, tu sarai chiamato Cefa, che si traduce Pietro.

Quando gli occhi fissano gli occhi, tutto si consuma alla svelta, e i cuori sono già in comunione piena, senza riserva alcuna. E non c’è bisogno di scrutare e di sondare: si è già posseduti dall’Altro. L’amore ci fa diversi e ci dona un’identità nuova. Da quell’ora in poi non si conosce il proprio nome, se non come è conosciuto dal Signore.

43 L’indomani volle uscire per la Galilea e trova Filippo. E dice a lui Gesù: Segui me.

Non c’è soltanto l’andare dell’uomo verso Gesù, c’è anche l’andare di Gesù verso l’uomo. Viene prima, ma può manifestarsi dopo. Questa volta non è il discepolo che segue Gesù, ma è Gesù che insegue e trova chi è suo. E lo invita alla sequela.

44 Ora era Filippo da Betsaida, dalla città di Andrea e di Pietro. 45 Trova Filippo Natanaele e dice a lui: Abbiamo trovato colui di cui scrisse Mosè nella legge e i profeti: Gesù figlio di Giuseppe quello da Nazareth.

Poco importa se si insegue o si è inseguiti : quando  si incontra l’Amore la notizia si diffonde ovunque e coinvolge tutti coloro che lo cercano. Nessun grande amore passa inosservato e viene messo sotto silenzio, se non per coloro che hanno già trovato dove posare il loro cuore. Rallegrati coi discepoli tu che cerchi l’amato del tuo cuore. E’ già venuto ed è già stato trovato  in Israele. Ascolta la testimonianza degli apostoli: è la parola di coloro che hanno visto con i propri occhi e toccato con le proprie mani il Verbo della vita.

. 46 E disse a lui Natanaele: Da Nazareth ci può essere qualcosa di buono?

La notizia è sconvolgente. E’ stato trovato colui del quale scrissero Mosè e i profeti: l’adempimento pieno  ed il compimento di tutte le Sacre Scritture, Gesù il Salvatore. Grande annuncio dunque, ma con una nota stonata. Si tratta di una persona ben familiare e conosciuta: il figlio di Giuseppe, quello che vive a Nazareth. Tutto sembra scadere sin dall’inizio: vi è il presentimento ed il timore di un banale equivoco e di un colossale fraintendimento. Si aspetta un re e viene presentato un semplice artigiano. L’obiezione viene da sé, non c’è poi bisogno di cercarla. Da Nazareth non può uscire qualcosa di buono. Il punto debole dell’annuncio è anche il punto debole dell’ascolto. Si aspetta la potenza di un Dio e si trova  l’impotenza di un uomo qualunque. Soltanto la fede che ha nome di obbedienza e di sequela può vedere e conoscere oltre le apparenze. Ma bisogna essere motivati ed interessati.

Dice a lui Filippo: Vieni e vedi.

Non c’è risposta più vera e fondata. A che giova disquisire, considerare e giudicare riguardo il Logos quando è qui in mezzo a noi nelle sembianze della carne? Vengano a Lui tutti coloro che vogliono conoscerlo e vedranno con i propri occhi. Non vede chi non vuol vedere;  bisogna darsi una mossa e andare incontro al Salvatore.

47 Vide Gesù Natanaele che veniva da lui e dice di lui:

Quando l’uomo vuol prevenire l’incontro con Gesù, ben presto scopre di essere già stato da Lui prevenuto. Natanaele cerca Cristo con i propri occhi: scopre di essere già stato visto da Lui. Un incontro difficile è reso facile da Gesù. E’ Lui che parla per primo, è Lui che rompe il muro di silenzio che ci separa dal nostro Signore. Pensavamo che Dio fosse lontano da noi, ora lo scopriamo vicino, e non da adesso e neppure da tempo, ma da sempre.

Ecco veramente un israelita in cui non c’è inganno.

E’ una conoscenza profonda: non si limita ai fatti, ma scende nel profondo del cuore.

48 Gli dice Natanaele: Da dove mi conosci? Rispose Gesù e disse a lui: Prima che ti chiamasse Filippo essendo sotto il fico ti vidi.

L’uomo pensa di trovarsi in un punto nascosto dell’esistenza. Lui stesso ha voluto e cercato questo nascondimento fra gli alberi del giardino, quando ancora era in Eden. Quello che è celato agli occhi dell’uomo, non può essere celato agli occhi di Dio. Prima ancora che usciamo allo scoperto il Signore ha già posato su di noi il suo sguardo.

49 Rispose a lui Natanaele: Rabbi, tu sei il figlio di Dio, tu sei re d’Israele.

Quando i nostri occhi incontrano i Suoi occhi la bocca innalza l’inno di lode a Cristo, Gesù, figlio di Dio e re d’Israele.

50 Rispose Gesù e gli disse: Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico, credi? Più grandi di queste cose vedrai. 51 E dice a lui: Amen , amen dico a voi: Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire  e discendere sul figlio dell’uomo.

Quello che da subito è conosciuto è ben poca cosa in confronto alla gloria che sarà a noi resa manifesta. Nel momento in cui è aperto il cuore degli uomini, si aprono anche i cuori che sono in cielo: in Cristo e per Cristo. Non c’è creatura e non c’è Dio che non sia per la gloria dell’Unigenito. In virtù del Figlio la terra è riconciliata con il cielo. E’ caduta l’inimicizia di un tempo. Gli angeli possono salire e scendere: dal Figlio dell’uomo al Figlio di Dio, dal Figlio di Dio al Figlio dell’uomo.