Vangelo di Giovanni cap4

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Commento al vangelo di Giovanni

 

Cap. 4

 

1 Quando dunque Gesù seppe che avevano udito i farisei che Gesù faceva più discepoli ed immergeva più di Giovanni,

2 sebbene Gesù stesso non immergesse, ma i suoi discepoli, 3 lasciò la Giudea e partì di nuovo per la Galilea.

4 Doveva però lui passare attraverso la Samaria.

5 Viene dunque in una città della Samaria detta Sichar vicino al podere che Giacobbe aveva dato a suo figlio Giuseppe:

6 ora c’era là la sorgente di Giacobbe. Dunque Gesù stanco per il cammino sedeva così sul pozzo. L’ora era circa la sesta.

7 Viene una donna dalla Samaria ad attingere acqua. Dice a lei Gesù: Da’ a me da bere.

8 Infatti i suoi discepoli erano andati in città per comprare cibi.

9 Dice dunque a lui la donna samaritana: Come tu che sei Giudeo, chiedi da bere a me che sono una donna samaritana: infatti i Giudei non hanno relazioni con i Samaritani.

10 Rispose Gesù e le disse: Se conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: dammi da bere, tu ne avresti chiesto a lui e ti avrebbe dato acqua vivente.

11 Gli dice la donna: Signore, non hai vaso ed il pozzo è profondo: da dove hai l’acqua quella vivente?

12 Sei tu maggiore del padre nostro Giacobbe che diede a noi il pozzo ed egli bevve da esso e i suoi figli e i suoi armenti?

13 Rispose Gesù e le disse: Ogni bevente da questa acqua avrà sete di nuovo;

14 chiunque invece beva dall’acqua che io darò a lui, non avrà affatto sete in eterno, ma l’acqua che darò a lui diventerà in lui una sorgente d’acqua zampillante per la vita eterna.

15 Dice a lui la donna: Signore, da’ a me quest’acqua, affinché non abbia sete e non venga qui ad attingere.

16 Dice a lei: Va’, chiama tuo marito e vieni qui.

17 Rispose la donna e gli disse: Non ho marito! Dice a lei  Gesù: Hai detto bene: non ho marito!

18 Infatti hai avuto cinque mariti e adesso chi hai non è tuo marito; questa cosa vera hai detto.

19 Dice a lui la donna: Signore, vedo che profeta sei tu.

20 I nostri padri adorarono su questo monte; e voi dite che è in Gerusalemme il luogo dove bisogna adorare.

21 Dice a lei Gesù: Credi a me, donna, viene l’ora quando né in questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre.

22 Voi adorate ciò che non conoscete; noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza è dai Giudei. 

23 Ma viene l’ora e adesso è, quando i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità.  Ed infatti il Padre tali cerca gli adoranti lui.

24 Spirito è Dio e gli adoranti lui in spirito e verità bisogna adorino.

25 Gli dice la donna: So che il Messia viene quello chiamato Cristo; quando verrà quello, annuncerà a noi tutte le cose.

26 Le dice Gesù: Io sono, parlante a te.

27 E a questo momento arrivarono i suoi discepoli e si meravigliarono che parlasse con la donna; nessuno tuttavia disse: Cosa cerchi o cosa dici con lei?

28 Lasciò dunque la sua giara la donna e andò in città e dice agli uomini: 29 Venite, vedete un uomo che ha detto a me tutte le cose che ho fatto; non che questi sia il Cristo? 30 Uscirono dalla città ed andavano da lui.

31 Nel frattempo lo pregarono i discepoli dicendo: Rabbì, mangia.

32 Egli allora disse a loro: Io ho un  cibo da mangiare che voi non conoscete.

33 Dicevano dunque i discepoli gli uni gli altri: Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?

34 Dice a loro Gesù: Il mio cibo è che io faccia la volontà di colui che mi ha inviato e compia la sua opera.

35 Non dite voi: Ancora quattro mesi e viene la mietitura? Ecco vi dico, alzate i vostri occhi e contemplate i campi poiché bianchi sono per la mietitura.

36 Già colui che miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, affinché con il seminante insieme si rallegri anche il mietente.

37 In questa cosa infatti la parola è vera: altro è il seminante e altro il mietente.

38 Io ho inviato voi a mietere ciò che non voi avete faticato: altri hanno faticato e voi siete entrati nella loro fatica.

39 Molti samaritani di quella città  credettero in lui per la parola della donna che testimoniava: Ha detto a me tutte le cose che ho fatto!

40 Quando dunque vennero da lui i Samaritani, lo pregavano di rimanere con loro; e rimase lì due giorni.

41 E molto più credettero per la sua parola.

42 Alla donna dicevano: Non più per il tuo dire crediamo, noi stessi infatti abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo.

43 Ora dopo due giorni, uscì di là per la Galilea.

44 Infatti lo stesso Gesù aveva testimoniato che un profeta non ha onore nella propria patria.

45 Quando dunque giunse in Galilea, lo accolsero i Galilei avendo visto tutto quello che aveva fatto in Gerusalemme alla festa, infatti anch’essi erano venuti alla festa.

46 Venne dunque di nuovo in Cana di Galilea, dove aveva fatto l’acqua vino.

E c’era un ufficiale regio il cui figlio era ammalato in Cafarnao.

47 Questi avendo udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea andò da lui e lo pregò che scendesse e sanasse suo figlio; stava infatti per morire.

48 Disse dunque Gesù a lui: Se non vedete segni e prodigi non credete affatto.

49 Dice a lui l’ufficiale regio: Signore, scendi prima che muoia il mio ragazzo.

50 Dice a lui – Gesù: “Va’, tuo figlio vive!

Credette l’uomo alla parola che gli aveva detto Gesù e se ne andava.

51 Già ora mentre lui stava scendendo i suoi servi gli vennero incontro dicendo che il suo ragazzo viveva.

52 Chiese allora l’ora a loro in cui era stato meglio. Dissero dunque a lui: Ieri all’ora settima lo lasciò la febbre.

53 Conobbe allora il padre che era in quella ora in cui gli disse Gesù: Il figlio vive; e credette lui e la sua casa intera.

54 Questo ora di nuovo il secondo segno che fece Gesù essendo venuto dalla Giudea alla Galilea.

 

 

 

 

 

 

1 Quando dunque Gesù seppe che avevano udito i farisei che Gesù faceva più discepoli ed immergeva più di Giovanni, 2 sebbene Gesù stesso non immergesse, ma i suoi discepoli, 3 lasciò la Giudea e partì di nuovo per la Galilea.

Non piace a Gesù il confronto che i farisei, e non solo loro, fanno tra il suo battesimo e quello di Giovanni; quasi si trattasse di realtà completamente diverse in competizione l’una con l’altra. Chi non intende il dono di Dio e non comprende le sue vie, sta molto attento ai numeri e tiene in considerazione chi fa più proseliti. Interessa soprattutto sapere chi è più bravo e chi ha più seguito: non interessa  un’adesione alla fede ed una crescita che avvengono all’interno di un medesimo corpo, che è quello dell’unica chiesa. I  rapinatori di anime non meritano la minima soddisfazione da parte del Signore. Gesù lascia la Giudea in maniera brusca e repentina, per porre fine ad un interesse malato e sbagliato. Se l’annuncio è dovuto prima di tutto ai Giudei, non per questo è garantito per sempre. Quando l’uomo viene meno all’obbligo dell’ascolto, Dio viene meno all’obbligo della Parola. Meglio cercare altri proseliti, più attenti e diversamente interessati, anche se si deve passare attraverso i secolari traditori della rivelazione. 4 Doveva però lui passare attraverso la Samaria.

E’ certamente uno scandalo un Dio che abbandona così bruscamente il popolo eletto, senza dare ragione alcuna. Peggio ancora quando va da coloro che hanno inquinato la rivelazione e si  sono posti fuori dalla chiesa.

5 Viene dunque in una città della Samaria detta Sichar vicino al podere che Giacobbe aveva dato a suo figlio Giuseppe: 6 ora c’era là la sorgente di Giacobbe.

Allorché Gesù esce dalla sua chiesa non si pone e non si fa trovare in un luogo qualsiasi, ma soltanto là dove vi è un anello di congiunzione e di incontro tra coloro che sono dentro e coloro che sono fuori. Non si può gettare alcun ponte verso i non cristiani a partire da ciò che noi abbiamo in comune con loro, ma soltanto a partire da ciò che essi hanno in comune con noi. Non c’è verità che non venga da Israele e non si arriva all’unico vero Dio se non accogliendo anche in parte ciò che Javhè ha storicamente rivelato al popolo eletto. Se i Samaritani sono fuori, non lo sono in tutto e per tutto. Qualcosa della rivelazione è stato salvato. Ed è soltanto a partire da questo qualcosa che è possibile per Dio ricreare un rapporto e coltivare una amicizia. Vero è che bisogna andare agli altri, ma sulle orme di Gesù e soltanto dove è possibile un punto d’incontro e di dialogo che sia nella fede in ciò che è vero, giusto, santo. Un dialogo a tutti i costi, in qualsiasi luogo, con qualsiasi persona non è neppure da considerare, se non come un’ispirazione che viene dal Maligno.

Dunque Gesù stanco per il cammino sedeva così sul pozzo. L’ora era circa la sesta. 7 Viene una donna dalla Samaria ad attingere acqua.

Quando si cammina fuori dalla propria terra e ci si muove in un ambiente che non è proprio, si fa molta fatica e viene voglia di sedersi e di riposare un po’. Desiderio legittimo e comprensibile, se non fosse per l’urgenza della salvezza. Se Gesù sembra concedersi una pausa, è l’uomo che non gli dà tregua, spinto dall’arsura della sete e dal bisogno dell’acqua che dà la vita.

Dice a lei Gesù: Da’ a me da bere.

Non dobbiamo sempre pretendere tutto da Gesù: a volte è Lui che chiede qualcosa a noi. Benché Cristo possa attingere da una fonte di vita eterna, non vuole essere felice senza di noi. Nessuna richiesta di Dio nei nostri confronti viene da un bisogno, ma da una volontà d’Amore che vuole riconciliare a se tutti i cuori , nell’unità del suo Cristo.

8 Infatti i suoi discepoli erano andati in città per comprare cibi.

Ci sono anche i discepoli che molto si preoccupano del cibo materiale e pensano in questo modo di soddisfare lo stesso Gesù. Ma sono poco attenti ad un rapporto d’amore e ad un nutrimento che viene dal cielo. Stai vicino al Signore e ascolta la sua Parola, riempiti la bocca del cibo che dà la vita eterna. Non sazierai la tua e la Sua fame, ricercando l’alimento che viene dalla terra, lasciando Gesù solo e costringendolo a chiedere amore dall’ultimo arrivato. Meglio una vita consumata nella povertà vicino al Signore, di un’esistenza che si allontana da Cristo, per comprare a caro prezzo ciò che Dio può dare anche gratuitamente ai suoi figli. Quando la fame del cibo materiale si incontra con la sete di Dio, meglio saziare quest’ultima; ne avremo maggior guadagno.

9 Dice dunque a lui la donna samaritana: Come tu che sei Giudeo, chiedi da bere a me che sono una donna samaritana: infatti i Giudei non hanno relazioni con i Samaritani.

Il primo incontro con Gesù non può avvenire se non attraverso la  presa coscienza di un amore e di un’amicizia che si propongono in maniera diversa rispetto al consueto modo di operare dell’uomo. Chi è primo  non ha bisogno dell’ultimo, ma ora riveste l’abito dell’indigente e chiede un gesto d’amicizia e di riconciliazione.

10 Rispose Gesù e le disse: Se conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: dammi da bere, tu ne avresti chiesto a lui e ti avrebbe dato acqua vivente.

Non si può dare per scontata la conoscenza del dono di Dio e neppure quella del Figlio: c’è bisogno di una rivelazione che venga dal cielo. Vi può essere in molti casi uno spirito di preghiera ed una sete di vita eterna, ma non è mai indifferente l’oggetto della nostra fede. Non basta una qualsiasi preghiera ad un qualsiasi Dio. Bisogna rivolgersi all’unico vero Dio ed attingere al solo pozzo di acqua vivente. E tutto questo non è possibile se non per iniziativa di Colui che ha voluto riconciliare a sé tutte le cose, facendosi piccolo da grande e rivestendo i panni del povero che va in cerca di un gesto d’amore. Umiliato e disprezzato, reietto delle nazioni, nasconde un grande tesoro per tutti coloro che rispondono alla sua domanda d’amore. Nessuno si lasci confondere dalle apparenze.

11 Gli dice la donna: Signore, non hai vaso ed il pozzo è profondo: da dove hai l’acqua quella vivente?

Gesù non ha i mezzi e gli strumenti che l’uomo tiene in considerazione: non ha nulla per poter attingere alle profondità dell’uomo: non gli strumenti della tecnica, non l’ingegno dei ricercatori e degli scienziati, non le sottili analisi degli psicologi o le profonde riflessioni dei filosofi. Solo la sfrontatezza del chiedere e l’ardire del promettere. Nessuna meraviglia che la prima reazione della Samaritana sia quella dell’ironia e del compatimento.

12 Sei tu maggiore del padre nostro Giacobbe che diede a noi il pozzo ed egli bevve da esso e i suoi figli e i suoi armenti?

Nessun padre è stato per noi più grande di Giacobbe e nessuno come lui ha saziato la sua e la nostra sete costruendo questo pozzo. Come può Gesù promettere acqua viva quando lui stesso non ha di che bere e di che attingere al pozzo?

13 Rispose Gesù e le disse: Ogni bevente da questa acqua avrà sete di nuovo; 14 chiunque invece beva dall’acqua che io darò a lui, non avrà affatto sete in eterno, ma l’acqua che darò a lui diventerà in lui una sorgente d’acqua zampillante per la vita eterna.

La donna lascia spazio alla parola di Gesù, nonostante la difficoltà ad entrare in un certo discorso. E’ difficile distaccare la mente ed il cuore dai beni e dalle necessità della vita materiale. Tanto siamo presi dai bisogni di tutti i giorni e dalla lotta per la sopravvivenza che una qualsiasi parola di vita eterna è presa per una burla e come una fuga dai problemi reali dell’esistenza. Eppure ogni giorno ed ogni momento siamo consumati dal fallimento di tutte le nostre ricerche ed aspettative.  Quanto più si riesce ad avere su questa terra,  tanto più si è consumati dall’insoddisfazione e dilaniati dal vuoto di tutto. E’ come dissetarsi all’acqua del mare: più ne bevi più sei divorato dall’arsura. Così il cuore dell’uomo che si getta sui beni di questo mondo illudendosi di trovare una felicità piena e duratura.

15 Dice a lui la donna: Signore, da’ a me quest’acqua, affinché non abbia sete e non venga qui ad attingere.

La samaritana ancora non comprende e si muove in una direzione dell’esistere puramente orizzontale ma, quel che importa, vuol continuare il dialogo, almeno per sapere come andrà a finire.

Non ottiene niente da Gesù l’uomo che assume atteggiamenti stroncanti e sprezzanti nei confronti della Sua parola: bisogna dargli tempo e lasciargli spazio. Un vero maestro si comprende solo con un ascolto impegnato ed attento. E non  carpisce il segreto della sua sapienza se non chi gli da fiducia.

16 Dice a lei: Va’, chiama tuo marito e vieni qui. 17 Rispose la donna e gli disse: Non ho marito! Dice a lei – Gesù: Hai detto bene: non ho marito! 18 Infatti hai avuto cinque mariti e adesso chi hai non è tuo marito; questa cosa vera hai detto. 19 Dice a lui la donna: Signore, vedo che tu sei profeta.

Se all’inizio Gesù poteva sembrare uno smarrito ed un malato di mente che si lascia parlare per pura condiscendenza e compassione, ora il rapporto con lui prende una piega molto seria. Quest’uomo è profeta: conosce il nostro vissuto e penetra con i suoi occhi nel profondo del  cuore. Non ho marito! Insolita affermazione per una donna che convive con un uomo, in maniera stabile. Espressione indelicata verso il proprio compagno, ma nello stesso tempo confessione aperta e sincera di un amore sbagliato e mancato. Quale donna non cerca e non vuole un marito, anche a costo di sbagliare e di trovarsi poi sola, nel cuore? Gesù penetra con il suo sguardo nell’intimo di questa donna, smaschera una felicità infondata ed illusoria e mette a nudo un bisogno d’amore eterno e di uno sposo diverso. La confessione della propria miseria e il desiderio di un amore vero allorché si esprimono in Cristo e verso Cristo, invocano su di sé lo spirito di profezia che viene dal cielo. Non si illuda di essere visitato dal Signore e di essere confortato dalla Parola divina chi ha il cuore sazio delle creature di questo mondo. Non c’è dialogo con Dio, perché non c’è spazio nel  cuore per la sua parola. Così gli uomini che trovano la loro soddisfazione nella parola dell’altro o dell’altra non sono visitati dal Signore. Ma coloro che portano nel proprio cuore l’angoscia di una solitudine e di una vita sbagliata prima o poi udranno la voce di Dio. Una voce forte che smaschera e condanna il peccato, non per indurci in disperazione, ma per farci entrare nella consolazione di Colui che  è fondamento della vita e vuol riportare a sé i figli perduti.

Hai detto bene: non ho marito! 18 Infatti hai avuto cinque mariti e adesso chi hai non è tuo marito; questa cosa vera hai detto.

Non si trova il vero sposo passando da una creatura all’altra, finchè non arriva la volta buona e si è baciati dalla fortuna e si trova l’anima gemella. E’ così che si trascorre di morte in morte, e alla fine ci si trova soli, nonostante le offerte e i numerosi pretendenti. Benché abbia contratto regolare matrimonio per ben cinque volte, la samaritana ha perso  l’unica grande occasione della vita. Alla fine qualcosa è cambiato nel suo cuore. Non crede più nell’amore umano e non sente più il desiderio delle nozze terrene. Vive il rapporto con l’uomo nella schiavitù della carne, con disincanto e senza la copertura ingannevole della Legge. Ma non è mai troppo tardi per chi tiene acceso nel proprio cuore il desiderio di Dio. Quando la porta non è chiusa e non si è contenti del proprio stato e si confessa la propria colpa, il Signore si posa vicino a noi e ci fa la sua offerta d’amore:  parola dopo parola, di confidenza in confidenza afferra la nostra mano e ci conduce nella sua chiesa. 

20 I nostri padri adorarono su questo monte; e voi dite che è in Gerusalemme il luogo dove bisogna adorare.

Quando un dialogo d’amore è vero, i discorsi cambiano e si fanno più seri e si arriva alla sostanza e a quello che unicamente importa. Dall’amore umano si è già all’amore divino. Dall’idolatria della carne si è già all’adorazione dell’unico Dio. Se prima importava lo sposo che è secondo la carne, adesso importa lo sposo che è secondo lo Spirito. Se prima i nostri dubbi erano per questa o quella creatura ora sono per questo o quel Dio. Perché se è vero che ci si sposa una sola volta e vi è un solo sposo, è altrettanto vero che bisogna fare la scelta giusta e non rincorrere gli dei falsi degli uomini di questo mondo. Il problema non è di poco conto e non dobbiamo cadere in una sorta di qualunquismo religioso in cui l’unico valore è dato da un rapporto assoluto e non semplicemente dall’unico Assoluto. Non è indifferente l’oggetto della nostra fede.

Innanzitutto: non può essere una scelta arbitraria della nostra ragione che si colloca al di fuori o al di sopra di una tradizione. La religione è espressione di uno spirito collettivo, in cui l’individuo è semplicemente parte di un tutto e non può pensare ed operare a prescindere dal tutto.

20 I nostri padri adorarono su questo monte

Chiunque voglia adorare Dio deve confrontarsi con il Dio dei propri padri e con il deposito della tradizione. E’ l’unica reale possibilità per mettersi in cammino, ma allorché partiti non è detto che la via sia quella che ci è stata insegnata. Variazioni e cambiamenti ci possono essere: più o meno grandi, a seconda della distanza che ci separa da Israele.

e voi dite che è in Gerusalemme il luogo dove bisogna adorare.

Nasce subito il dilemma:  questa o quella tradizione,  questo e quell’insegnamento? Se è l’uomo a risolvere il problema, una risposta vale l’altra. Ma quando è Dio che parla per bocca del Figlio, il discorso si fa serio e non può essere accolto in maniera superficiale.

21 Dice a lei Gesù: Credi a me, donna,

Quando sono molti che parlano di verità a qualcuno bisogna pur credere. Meglio credere a Cristo Gesù. “Credi a me, donna”. E’ un invito, ma anche un comando: qualsiasi altra fede porta fuori strada.

viene l’ora quando né in questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre.

Se il problema era un tempo quello del luogo in cui adorare, ora è scavalcato da un altro: chi dobbiamo adorare e con quale spirito.

22 Voi adorate ciò che non conoscete; noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza è dai Giudei. 

Bando agli equivoci ed alle false convinzioni! Non c’è conoscenza di Dio se non quella che è stata rivelata ad Israele. Se è vero che tutti gli uomini possono adorare Dio, è altrettanto vero che solo in Israele Dio è conosciuto. Ci può essere anche una salvezza che passa attraverso le vie del Dio ignoto, ma allorché la conoscenza del Signore è data, non si possono seguire altre strade ed altre dottrine. Intendano coloro che insegnano che ogni uomo si salva obbedendo ai dettami della propria religione: un musulmano, se vero musulmano, un induista se vero induista. Non è questo quello che ci dice Gesù. L’annuncio della salvezza, allorché dato e allorché vuol essere dato è esclusivo di qualsiasi altro vangelo. Certo esistono anche le vie della coscienza individuale, ma non possono stare accanto ed insieme a quelle della rivelazione. Ciò che è dato a tutti, per natura, ha valore finchè non è dato ciò che è soprannaturale. Ma allorché Dio si rivela in Israele non accetta altri dei ed altre fedi. Bisogna dire e proclamare con forza a tutte le genti che non c’è altra salvezza se non in Cristo Gesù, così come storicamente si è rivelato in Israele. Il confronto è inevitabile e non eludibile.

perché la salvezza è dai Giudei.  Per volontà di Dio, dichiarata e conclamata. Guai a coloro che annunciano un altro Salvatore e altre possibilità di salvezza.

23 Ma viene l’ora e adesso è, quando i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità.

E’ giunto il tempo della chiarezza e della pienezza. Non basta adorare Dio: bisogna adorarlo nel suo Spirito e secondo verità. Va ritrovata la verità, non solo in rapporto al suo fondamento, ma anche in rapporto alla forma attraverso cui ci è data. Se il fondamento è nello spirito, la forma è nella parola. Non c’è vero spirito se non nello Spirito Santo, non c’è vera parola se non in Cristo Gesù.

Ed infatti il Padre tali cerca gli adoranti lui.

Chi si pone diversamente, non è cercato dal Padre; se non è cercato non è neppure trovato, se non è trovato non è neppure salvato.

24 Spirito è Dio e gli adoranti lui in spirito e verità bisogna adorino.

Non ogni adorazione è accetta a Dio: soltanto quella che viene dal Suo spirito e che è conforme alla Sua parola.

25 Gli dice la donna: So che il Messia viene quello chiamato Cristo; quando verrà quello, annuncerà a noi tutte le cose.

E’ così che una qualsiasi coscienza diventa la coscienza della chiesa. Quando è consapevole della necessità di un Salvatore e prepara il proprio cuore alla Sua venuta  e si tiene ben sveglia e con orecchi di ascolto, per accogliere e fare propria la parola di salvezza..

26 Le dice Gesù: Io sono, parlante a te.

Ben strano questo modo di esprimersi! Ci saremmo aspettati: sono io, parlante a te e non un io sono che parlo a te. Molto spesso il vangelo si esprime in forma enfatica anche quando non sembra opportuno. Una volta che ci starebbe proprio a pennello viene a cadere. Indaga dunque se nell’espressione “Io sono”, non sia racchiuso il mistero del nome di Dio. Quando è Javè che parla nulla si può replicare e nulla si deve aggiungere. In Cristo è la Parola dell’unico eterno Dio d’Israele. Non più semplicemente udita, ma manifestata e rivelata nella carne del Figlio dell’uomo.

27 E a questo momento arrivarono i suoi discepoli e si meravigliarono che parlasse con la donna; nessuno tuttavia disse: Cosa cerchi o cosa dici con lei?

Allorché si entra nel mistero della parola che è data ad Israele in spirito e verità entra in ballo anche la chiesa che è nata dall’annuncio  della medesima parola. Non c’è fede in Cristo Gesù che non debba confrontarsi in qualche modo con la Sua chiesa. Un confronto non sempre facile e pacifico. Molte volte è fatto di incomprensioni e di difficoltà   ad accettare quello che piace a Dio. Se la chiesa conosce la meraviglia che è gioia e stupore, conosce anche una meraviglia molto diversa che è quella del non capire e del non accogliere la logica dell’amore divino. Perché mai tanto interesse da parte di Gesù per una Samaritana? Perché tanta confidenza verso i “traditori” della fede e per di più contro il dettame della Legge, che proibisce a qualsiasi uomo di dialogare appartato con la donna altrui? Pensieri di tal fatta dovevano passare nella testa degli apostoli.

nessuno tuttavia disse: Cosa cerchi o cosa dici con lei?

Questa volta gli apostoli fanno bella figura. Se è vero che a volte la chiesa sbaglia, certamente non sbaglia allorché tace ed acconsente alla logica dell’amore divino. Non importa comprendere quello che fa Cristo Gesù, importa accettare quello che fa, senza frapporre inutili domande e pretese spiegazioni.

28 Lasciò dunque la sua giara la donna e andò in città e dice agli uomini: 29 Venite, vedete un uomo che ha detto a me tutte le cose che ho fatto; non che questi sia il Cristo? 30 Uscirono dalla città ed andavano da lui.

Sbagliano coloro che pensano che la chiesa debba sempre intervenire e dire la sua parola. Non sempre ce n’è bisogno e non sempre è opportuno. C’è anche il silenzio salutare di chi lascia fare a Dio e nonostante il proprio silenzio ed in virtù di esso vede i miracoli di Cristo. Spinta dall’amore di Gesù e non impedita dall’incredulità della chiesa, la samaritana diventa subito testimone del Salvatore. Abbandona la giara, cioè il corpo di morte che non può portare l’acqua viva che disseta in eterno e annuncia a tutti gli uomini la venuta del Cristo. Giustamente si rivolge solo agli uomini, perché la parola di verità non può essere data se non a chi è già adulto nella fede. Non si “sbandierano” le meraviglie di Dio davanti agli occhi di tutti, ma solo per chi può e vuole comprendere. Non siamo tenuti a “chiamare” a Cristo coloro che per Cristo non dimostrano interesse alcuno. L’annuncio sarebbe vano e non darebbe frutto alcuno.

30 Uscirono dalla città ed andavano da lui.

Non tutti certamente, ma solo quelli che erano “uomini” e cercavano il fondamento ed il fine di ogni uomo. Non c’è andare a Gesù che non sia continuamente un uscire “dalla città” che è il mondo.  Il Signore non si lascia trovare da chi non ha la volontà e l’ardire di rompere con la mentalità, la cultura, le consuetudini, di chi fa mucchio: massa inerte e nemica della vita è un impedimento che va rimosso. Non ci sarà luce né spiraglio di vita nuova per chi non ha il coraggio di una salutare e doverosa rottura. C’è anche un amore mielato ed ingannevole pieno di cortesia e di buone maniere che ha le parvenze della verità, ma che è morte e suggello di morte.

Niente e nessuno può fermare la gioia incontenibile ed “irriverente” di chi ha trovato lo sposo. Chi si scandalizza e frena l’entusiasmo non è degno di essere fatto compartecipe. Non condivide la follia di un amore, perché non è interessato allo sposo. Quando si deve annunciare il Vangelo con le dovute maniere, con mille attenzioni e cortesie,… meglio girare alla larga e chiudersi nel silenzio della preghiera!

31 Nel frattempo lo pregarono i discepoli dicendo: Rabbì, mangia.

Nella comunità degli eletti c’è sempre la tentazione di dare qualche salutare consiglio a Gesù:  per il suo bene, s’intende, e per l’amore che  lega al  maestro. Una dedizione così totale ed assoluta alla causa del Padre, merita un conforto ed un invito al riposo e al ristoro. Lo zelo eccessivo consuma e le troppe fatiche rovinano la salute. Edificante e degna di lode l’attenzione ai bisogni del Cristo. Eppure Gesù non dà peso e non ascolta: ha ben altro per la testa.

32 Egli allora disse a loro: Io ho un  cibo da mangiare che voi non conoscete.

Allorché si tratta di fare la volontà del Padre e c’è di mezzo la croce, passa l’interesse per tutto ciò che alimenta e fa crescere questa vita. E, quel che è più difficile da accettare, non c’è soccorso né comprensione da parte dell’uomo. Gesù si sente sempre più solo. Nei momenti cruciali e decisivi dell’esistenza gli altri sono sempre assenti e lontani, anche se ci stanno vicini e sono pieni di premure per noi.

 33 Dicevano dunque i discepoli gli uni gli altri: Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?

Commenti e considerazioni assai poco confortanti ed edificanti. Quanto più Gesù si pone vicino alla croce, tanto più i discepoli sono trovati lontano.

34 Dice a loro Gesù: Il mio cibo è che io faccia la volontà di colui che mi ha inviato e compia la sua opera.

Se una risposta si deve pur dare a coloro che ci stanno intorno, a volte più di tanto non giova dire. Quando non c’è volontà né orecchi di ascolto, meglio esprimersi in termini alquanto vaghi e confusi e rimandare il dialogo ad altri tempi. C’è una frattura tra l’uomo e Dio che soltanto il Figlio dell’uomo può sanare e saldare. Se il nostro cibo è per nutrire questa vita, il cibo di Cristo è per far crescere un’altra vita. Allorché offriamo a Gesù il nostro alimento siamo rimandati al suo alimento. Non in maniera facile e pacifica ma in maniera conflittuale. Perché tutto è  rimesso all’opera del Figlio. Chi cerca e vuole frutti di vita eterna, metta da parte tutto ciò che alimenta e fa crescere questo mondo ed alzi gli occhi verso il cielo.

35 Non dite voi: Ancora quattro mesi e viene la mietitura? Ecco vi dico, alzate i vostri occhi e contemplate i campi poiché bianchi sono per la mietitura.

I tempi sono maturi e l’ora si avvicina. I campi del cielo, oscurati dal peccato dell’uomo, cominciano a biancheggiare di una luce nuova e sono gravidi di acque eterne. Dal cielo pioverà sulla samaritana l’acqua che toglie ogni sete: dal cielo scenderà sui discepoli il cibo che sazia ogni fame. E’ giunta la pienezza dei tempi e già si vedono i germi di un’altra vita.

36 Già colui che miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, affinché con il seminante insieme si rallegri anche il mietente.

Quando è l’ora di raccogliere i frutti per la vita eterna, quando già ci è data la caparra dello Spirito Santo nessun cuore si lasci assopire dalla crapula o dalla semplice preoccupazione del cibo terreno.

C’è altro a cui pensare ed è meglio fare discorsi più edificanti e più opportuni.

37 In questa cosa infatti la parola è vera: altro è il seminante e altro il mietente.

Se non riuscite a comprendere la parola, almeno questo riconoscete come vero: che state raccogliendo ciò che non avete seminato.

 38 Io ho inviato voi a mietere ciò che non voi avete faticato: altri hanno faticato e voi siete entrati nella loro fatica.

Ora che il più è fatto, preoccupatevi almeno della raccolta. Altri hanno faticato per il regno dei cieli ed hanno goduto di frutti soltanto in speranza. Non rendete vano tanto lavoro con la vostra dissipazione e non volgete altrove il vostro cuore.

 39 Molti samaritani di quella città  credettero in lui per la parola della donna che testimoniava: Ha detto a me tutte le cose che ho fatto!

Brusco passaggio dalla chiesa che è chiamata ad annunciare alla chiesa che è chiamata ad accogliere l’annuncio. Perché i discepoli abbiano intelligenza delle cose di Dio e i loro occhi vedano i segni che sono dati dal cielo, quando i cuori si aprono all’annuncio del Salvatore.

40 Quando dunque vennero da lui i Samaritani, lo pregavano di rimanere con loro; e rimase lì due giorni.

Non può trattenere presso di sé Gesù se non chi è andato a lui e lo supplica con preghiera.

41 E molto più credettero per la sua parola.

E’ il miracolo che si ripete ogni giorno: allorché ci mettiamo in ascolto della sua parola, la fede in Cristo rapisce il nostro cuore e la vita si riempie di un significato diverso.

42 Alla donna dicevano: Non più per il tuo dire crediamo, noi stessi infatti abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo.

Si nasce alla fede in virtù dell’annuncio, si cresce nella fede in virtù dell’ascolto e della conoscenza del Figlio di Dio. Non crede se non chi  ha ascoltato, non conosce se non chi ha creduto.

Non più per il tuo dire crediamo…

Non è affatto una questione di chi dice o di chi annuncia. L’annuncio può venire da una bocca che non è degna di essere creduta. Qualsiasi povertà del messaggero è scavalcata allorché ci mettiamo in ginocchio davanti al Signore e ci lasciamo istruire dalla sua Parola.

Sappiamo. Da dove tale sapere e una certezza così grande? Dalle argomentazioni di una parola o da una  presenza che è trovata nella Parola? Non c’è altra certezza nella fede se non quella di una presenza viva del Figlio allorché viene accolto ed ascoltato. Nessuna ragione del loro credere sanno dare questi samaritani che hanno ascoltato Gesù. E’ la potenza vivificante della Parola che garantisce la propria autenticità. Allorché viene accolta ci strappa dalla morte e ci conduce a nuova vita. Non esiste altra parola di verità se non quella del Figlio, perché in nessuna altra parola l’uomo trova salvezza e Colui che è l’artefice della salvezza. Non crede nella Parola l’uomo che non si sente perduto e non cerca il suo Salvatore.

43 Ora dopo due giorni, uscì di là per la Galilea.

Di povero in povero, di ultimo in ultimo: così l’andare di Gesù. Se è vero che Egli viene in soccorso ai suoi, è altrettanto vero che sono innanzitutto suoi coloro che accolgono la Sua parola. Il vero amore comincia dalle persone che ci stanno intorno: dalla famiglia, dalla parentela, dal popolo cui apparteniamo. Ma allorché c’è il rifiuto, meglio andare oltre e rivolgersi altrove. Nessun pregiudizio e nessuna scelta arbitraria da parte di Gesù, ma semplice presa di coscienza di un’ostilità in atto nei suoi confronti da parte del popolo eletto. L’abbandono di Gerusalemme è stato provocato dalla durezza di cuore dei suoi abitanti. Non voluto e non desiderato da Gesù, crea uno spostamento di quella centralità assegnata ad Israele per quanto riguarda il piano di salvezza. L’annuncio è spostato altrove, ma non più di tanto. Il Signore non viene mai meno alle promesse fatte al suo popolo: cacciato da Israele, in Israele vorrà tornare, fino alla fine dei tempi. Nessun fatale abbandono e nessun destino di ripudio. Sono i fatti che costringono Cristo ad allontanarsi da Gerusalemme;  non è mai preclusa la possibilità di un ritorno pronto ed immediato.

44 Infatti lo stesso Gesù aveva testimoniato che un profeta non ha onore nella propria patria.

Non ci può essere testimonianza alcuna se non di quello che noi stesso abbiamo visto, udito e toccato con mano. Che i suoi non gli diano onore, è semplice constatazione di un dato di fatto. Dopo aver portato avanti i propri progetti riguardo all’uomo Dio deve pur considerare quali sono i progetti dell’uomo nei suoi confronti. Allorché non si crea una sintonia di cuori e di intenti, è invitabile una rottura e una scelta diversa.

45 Quando dunque giunse in Galilea, lo accolsero i Galilei avendo visto tutto quello che aveva fatto in Gerusalemme alla festa, infatti anch’essi erano venuti alla festa.

Il Signore Gesù ha visto bene. A Gerusalemme ha trovato maggior apertura e disponibilità nei suoi confronti non tra gli Israeliti, ma tra coloro che vengono dalle genti o che, in ogni caso, vivono in mezzo alle genti. Anche i Giudei hanno visto le opere del Cristo in Gerusalemme, ma non l’hanno accolto: diversamente i Galilei si dimostrano più coinvolti ed interessati ad un discorso di salvezza.

46 Venne dunque di nuovo in Cana di Galilea, dove aveva fatto l’acqua vino.

Se l’andare di Gesù è sempre un voler ritornare a Gerusalemme, l’andare dell’uomo vuole che egli ritorni là dove l’annuncio ha dato i suoi frutti. Molti prodigi fece Gesù in Gerusalemme, uno solo in Galilea, eppure è proprio in Galilea che trova i cuori aperti.

E c’era un ufficiale regio di cui il figlio era ammalato in Cafarnao. 47 Questi avendo udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea andò da lui e lo pregò che scendesse e sanasse suo figlio; stava infatti per morire.

La prima persona che si dimostra seriamente interessata ad un discorso di salvezza è  un pagano: non un Giudeo, ma neppure un Samaritano o un Galileo: un estraneo nel senso proprio della parola. Una vera rivelazione ed un fatto nuovo. E non si deve pensare che tutto avvenga per pura casualità e senza intelligenza alcuna delle cose di Dio. Perché questo centurione ben ha compreso l’andare di Gesù. Ha udito che Cristo è venuto dalla Giudea alla Galilea e questo fatto ha aperto il suo cuore ad una speranza nuova ed insolita: la speranza di una salvezza che non è per il solo Israele, ma per tutte le genti. Così i lontani che cercano Dio si muovono in sintonia con il Figlio suo. I vicini non comprendono e peggio ancora giudicano e condannano. E’ l’andare delle genti al Salvatore che costringe Gesù a “scendere”, per sanare i figli di altri.

stava infatti per morire. Allorché c’è coscienza di morte e già se ne vedono i segni, meglio abbandonare quelli che stanno bene e non hanno bisogno di soccorso alcuno, per portare la salvezza a coloro che la cercano. Questo ancor oggi il peccato di Israele: mentre invoca Dio, non invoca Colui che da Dio è stato mandato dal cielo, per liberarci dal potere della morte.

48 Disse dunque Gesù a lui: Se non vedete segni e prodigi non credete affatto.

Non si deve pensare che Gesù vada alla genti per ripicca o per risentimento verso i suoi e neppure che gli altri abbiano un trattamento diverso. Anche a loro è chiesta la vera fede e non quella che viene semplicemente dall’aver visto segni e prodigi.

49 Dice a lui l’ufficiale regio: Signore, scendi prima che muoia il mio ragazzo.

Se Gesù vuol provocare la polemica, la polemica è scavalcata dalla fede di questo pagano. Perché è innanzitutto questione di vita o di morte. Per questo si va e si deve andare a Gesù e non per altro.

“Vieni Signore nella mia casa, dimentica per un po’ la tua predilezione per Israele, non indagare più di tanto sulla mia fede, perché la morte sta per rapire mio figlio”. Così la fede di questo ufficiale si autentica da se stessa, quando va al cuore del problema della vita e di ogni vita e tocca il cuore di Gesù.

50 Dice a lui – Gesù: “Va’, tuo figlio vive!

Non c’è  salvezza se non per chi invoca il nome di Gesù. Non c’è certezza di vita se non nella Parola e per la Parola. La Parola allorché chiede di essere invocata chiede anche di essere ascoltata.

Credette l’uomo alla parola che gli aveva detto Gesù e se ne andava.

Accoglie la Parola colui che ubbidisce alla Parola. Il Centurione fa quello che gli ha detto Gesù.

e se ne andava. E’ azione al tempo imperfetto, cioè non compiuta una volta per sempre, ma ripetuta. Non si va in obbedienza al Signore una sola volta, ma si continua ad andare per tutta la vita; così almeno in proposito.

51 Già ora mentre lui stava scendendo i suoi servi gli vennero incontro dicendo che il suo ragazzo viveva.

Se la fede non tarda ad invocare il nome del Signore, il Signore non tarda a dare i segni della sua grazia. La preghiera che precorre la discesa di Gesù si trova a sua volta precorsa da una nuova vita, non più semplicemente promessa, ma testimoniata nella sua reale attualità.

52 Chiese allora l’ora a loro in cui era stato meglio. Dissero dunque a lui: Ieri all’ora settima lo lasciò la febbre. 53 Conobbe allora il padre che era in quella ora in cui gli disse Gesù: Il figlio vive; e credette lui e la sua casa intera.

Si crede per conoscere, e si conosce per credere ancora di più. Di fede in fede, di conoscenza in conoscenza: questo il cammino di chi cerca il Signore ed invoca la Sua salvezza.

54 Questo ora di nuovo il secondo segno che fece Gesù essendo venuto dalla Giudea alla Galilea.

Se questo segno non è il primo, certo è nuovo rispetto al primo. Alcuni segni sono dati a tutti perchè si creda, altri solo a coloro che hanno creduto, perché non siano semplici messaggeri, ma testimoni di  verità, a cominciare dalla propria famiglia.