Vangelo di Giovanni cap5

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Commento al Vangelo di Giovanni

 

Cap. 5

 

1 Dopo queste cose era la festa dei Giudei, e salì Gesù a Gerusalemme.

2 C’è ora in Gerusalemme presso la porta delle pecore una piscina chiamata in ebraico Betzata avente cinque portici.

3 In questi giaceva una moltitudine di infermi, ciechi, zoppi, paralitici.

(4) 5 C’era poi là un uomo avente trentotto anni nella sua infermità.

6 Avendo visto Gesù questo giacente e avendo saputo che già da molto tempo aveva l’infermità, gli dice: Vuoi diventare sano?

7 Gli rispose l’infermo: Signore non ho uomo che quando viene agitata l’acqua mi getti nella piscina; ma nel momento in cui vado io, un altro vi scende prima di me.

8 Dice a lui Gesù: Alzati, prendi il tuo giaciglio e cammina.

9 E subito l’uomo divenne sano e prese il suo giaciglio e camminava. Era sabato in quel giorno.

10 Dicevano dunque i Giudei al guarito: è Sabato, e non ti è permesso prendere il tuo giaciglio.

11 Egli allora rispose a loro; Quello che mi ha fatto sano mi disse: Prendi il tuo giaciglio e cammina.

12 Gli chiesero: Chi è l’uomo che ti ha detto: Prendi e cammina?

13 Ma il risanato non sapeva chi fosse, infatti Gesù si era ritirato dalla folla che era in quel luogo.

14 Dopo queste cose trova lui Gesù nel tempio e gli disse: Ecco sei diventato sano, non peccare più, affinché non ti accada qualcosa di peggio.

15 Se ne andò l’uomo e annunciò ai Giudei che Gesù è colui che l’aveva fatto sano.

16 E per questo perseguitavano i Giudei Gesù, perché queste cose faceva di sabato.

17 Allora Gesù rispose: Il Padre mio fino ad adesso opera e anch’io opero.

18 Per questo dunque di più cercavano i Giudei di ucciderlo, perché non solo violava il sabato, ma anche diceva Dio padre suo facendo se stesso uguale a Dio.

19 Rispose allora  Gesù e diceva a loro: Amen, amen dico a voi, non può il figlio fare da se stesso niente se non ciò che vede fare il Padre. Infatti le cose che fa quello, queste anche il figlio similmente fa.

20 Infatti il Padre ama il Figlio e mostra a lui tutte le cose che egli fa, e mostrerà a lui opere maggiori di queste, affinché voi vi meravigliate.

21 Infatti come il Padre risuscita i morti e fa vivere, così anche il figlio fa vivere coloro che vuole.

22 Infatti il Padre non giudica alcuno, ma ha dato tutto il giudizio al Figlio

23 , affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che  ha inviato lui. 24 Amen, amen dico a voi, chi ascolta la mia parola e crede a colui che  ha inviato me ha la vita eterna e non va in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.

25 Amen, amen dico a voi che viene l’ora ed è adesso quando i morti udranno la voce del figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata vivranno.

26 Infatti come il Padre ha la vita in se stesso, così anche al Figlio ha dato di avere la vita in se stesso.

27 E ha dato a lui il potere di fare giudizio, perché è figlio dell’uomo.

28 Non vi meravigliate di questa cosa, poiché viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce

29 e usciranno, coloro che hanno fatto cose buone alla resurrezione di vita, coloro che invece hanno fatto le cose cattive alla resurrezione di giudizio.

30 Io non posso fare niente da me stesso; come ascolto giudico, e il giudizio mio è giusto, perché non cerco la mia volontà ma la volontà di colui che ha inviato me.

31 Se io testimonio per me stesso, la mia testimonianza non è verace;

32 un altro è colui che testimonia per me, e so che è verace la testimonianza che testimonia per me.

33 Voi avete inviato da Giovanni, ed egli ha testimoniato alla verità.

34 Io però non da un uomo ricevo la testimonianza, ma queste cose dico affinché voi siate salvati.

35 Quello era la lampada ardente e splendente, ora voi avete voluto rallegrarvi per un’ora nella sua luce.

36 Ma io ho la testimonianza più grande di Giovanni: infatti le opere che il Padre ha dato a me perché compia esse, le stesse opere che faccio testimoniano di me che il Padre me ha mandato.

37 E il Padre che ha inviato me, quello ha testimoniato di me. Non avete mai udito la sua voce né avete visto la sua figura,

38 e la sua parola non avete rimanente in voi, perché voi non credete a colui che quello mandò.

39 Scrutate la Scritture, perché voi ritenete di avere in esse la vita eterna: e sono quelle che testimoniano per me;

40 e non volete venire a me per avere la vita.

41 Non prendo gloria da uomini,

42 ma vi ho conosciuto: non avete in voi stessi l’amore di Dio.

43 Io sono venuto nel nome del Padre mio, e non mi accogliete; se un altro venisse in nome proprio, quello ricevereste

44 Come potete credere voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?

45 Non pensiate che io accuserò voi presso il Padre: c’è il vostro accusatore Mosè, in cui voi avete posto speranza.

46 Se infatti credeste a Mosè, credereste a me: infatti di me quello ha scritto.

47 Ma se non credete agli scritti di quello, come crederete alle mie parole?

 

1 Dopo queste cose era la festa dei Giudei, e salì Gesù a Gerusalemme. 2 C’è ora in Gerusalemme presso la porta delle pecore una piscina chiamata in ebraico Betzata avente cinque portici.

Dopo essere disceso da Gerusalemme per andare incontro alle genti, Gesù ritorna alla città santa, perché qui si devono adempiere le promesse del Padre. E questa volta non si dirige subito presso il tempio, nel cuore della rivelazione Antica, ma si muove in periferia. E lo spettacolo è senz’altro diverso. Non un’umanità già redenta e fatta bella dal culto della Legge, ma un’umanità povera ed abbandonata, che fa fatica ad entrare in un discorso di salvezza e di pienezza. Giustamente Agostino vede in questa piscina le acque di salvezza visitate dal Cristo già nell’Antico Testamento. Cinque sono i portici che conducono a questa salutare piscina, perché cinque sono i libri della Legge antica. In essi e per essi è l’accesso ad una vita nuova. Accesso non facile e che non si deve dare per scontato: tanto è vero che pochi riescono ad entrarvi in tempo e modo opportuni. La maggior parte rimane fuori.

3 In questi giaceva una moltitudine di infermi, ciechi, zoppi, paralitici.

Il contrasto tra questi che “giacciono” all’ingresso e quelli che nel tempio si danno un gran da fare è evidente e non casuale. Ci sono coloro che vivono il rapporto con la Legge in maniera superficiale e definitiva che alla fine si trovano smentiti dal Cristo. Non hanno intelligenza delle cose di Dio, nonostante siedano nel tempio, nel centro del culto antico. I miracoli avvengono in periferia, dove c’è consapevolezza della propria povertà e della propria incapacità ad operare. Perché l’opera del Cristo è da sempre e già nell’Antico Testamento era possibile una salvezza attraverso un bagno purificatore nella Parola rivelata. Non semplicemente una promessa, ma una realtà già viva ed operante ogni qualvolta si entrava nel mistero di una vita visitata e rivisitata dal Cristo. Ma rimaneva ignoto e non pienamente conosciuto il dispensatore della salvezza. Ed ancora: Benché la salvezza sia offerta a tutti coloro che hanno consapevolezza di peccato e che si trovano e si mettono all’ultimo posto nella comunità degli eletti, soltanto pochi hanno la forza e l’ardire di una scelta radicale. Il dono della vita eterna è bensì dato, ma ci vuole molta audacia e forza per afferrarlo. Con la venuta di Cristo, non cambia il cammino della salvezza e tanto meno il Salvatore, ma tutto è reso più facile ed agevole dalla sovrabbondanza di grazia che viene riversata su coloro che stanno alla porta. Se prima un angelo sconosciuto scendeva nelle acque della piscina per infondere in esse potenza salvifica, ora colui che è mandato dal cielo si fa Lui stesso presente  nelle sembianze del Figlio dell’uomo. Se prima l’uomo doveva giocare d’anticipo ora  trova che viene anticipato e prevenuto dalla stessa misericordia del Signore.

 (4) 5 C’era poi là un uomo avente trentotto anni nella sua infermità.

Non una malattia recente, ma ormai radicata da tempo, tale da non lasciare spazio ad alcuna speranza terrena. Niente di nuovo dunque per quel che riguarda l’uomo, molto per quel che riguarda Dio, perché finalmente i suoi occhi vedono e si posano sull’uomo consumato dal male.

6 Avendo visto Gesù questo giacente .

Perché lui e non un altro, quando è scritto che una moltitudine “giaceva”. Perché si vuol sottolineare il mistero dell’elezione divina che è data gratuitamente e non per i nostri meriti e per le nostre virtù. Se la grazia non è per i nostri meriti, non viene però data in maniera arbitraria, ma soltanto in determinate condizioni e a coloro che la vogliono.

e avendo saputo che già da molto tempo aveva l’infermità.

Non viene salvato se non chi è già perduto per sempre. E non per semplice volontà divina, ma per un desiderio del  cuore che è passato al vaglio del Figlio.

gli dice: Vuoi diventare sano?

La volontà di un rinnovamento di vita è fuori discussione: senza questa non è possibile alcun interevento di Dio. In quanto alla possibilità ed alla capacità di operare per il nostro bene, il discorso è riaperto in maniera per noi utile e vantaggiosa, purchè confessiamo i  peccati e la nostra incapacità ad operare per la vita eterna.

7 Gli rispose l’infermo: Signore non ho uomo che quando viene agitata l’acqua mi getti nella piscina; ma nel momento in cui vado io, un altro vi scende prima di me.

Se viviamo nella speranza che la salvezza venga da un uomo, siamo perduti in partenza. Non c’è uomo che ci possa liberare dalle nostre infermità. In quanto alle nostre forze, non ci portano molto lontano. Nonostante la quotidiana verifica del nostro fallimento e della nostra impotenza, la salvezza è sempre viva ed attuale in Israele. Impossibile per il nostro uomo, visibile e verificabile per un altro uomo. Se non c’è questa consapevolezza viene meno ogni perseverante attesa ed ogni speranza nel Salvatore. Non conosce la potenza di Cristo se non chi persevera nella fede ed ogni giorno invoca il  nome del Signore, perché ciò che è impossibile all’uomo diventi possibile in virtù del Figlio dell’uomo.

8 Dice a lui Gesù: Alzati, prendi il tuo giaciglio e cammina.

La realtà supera ogni aspettativa. Perché alla fine si trova che non c’è poi bisogno di tanto affanno e di tanto movimento. E’ sufficiente l’ascolto umile ed obbediente della parola di Gesù per trovarsi già immersi in una nuova vita. In virtù di essa ci alziamo dal nostro stato di impotenza: non siamo più “presi” e tenuti dall’infermità, ma la portiamo su di noi in un cammino di vita nuova. Se rimane la malattia, non è un impedimento per fare la volontà di Dio.

9 E subito l’uomo divenne sano e prese il suo giaciglio e camminava.

Non c’è parola di Dio che cada invano se non per la nostra mancanza di fede. Allorché Dio dice, ecco la sua Parola ha già operato nel nostro cuore.

Era sabato in quel giorno.

Se tutti i giorni sono del Signore, uno lo è in modo particolare. Se tutti i giorni sono benedetti, più benedetto di tutti è il settimo giorno. Quale meraviglia dunque che la grazia di Dio sovrabbondi di sabato! Nulla di scandaloso, ma una conferma molto grande di ciò che è rivelato in Antico ed un segno potente che viene dal cielo.

10 Dicevano dunque i Giudei al guarito: è sabato, e non ti è permesso prendere il tuo giaciglio.

Chi non vuole vedere ed intendere fa polemica ad ogni costo, anche in modo inopportuno. Non si replica ai miracoli del Cristo ritornando in maniera sterile ed infruttuosa ai dettami della Legge. Se la Legge è in funzione della salvezza, la salvezza non può essere in funzione della Legge. Non c’è altra risposta alla grazia che è donata in Gesù se non nell’inno di lode e di ringraziamento al Padre che è nei cieli, che in Lui e per Lui ci ha ricolmato di ogni bene. Se quello che viene dal cielo non è conforme alle nostre aspettative e non siamo capaci di ringraziamento, meglio tacere e mettere in discussione non il modo in cui si adempiono le promesse del Padre ma il nostro modo di rapportarci a tali promesse. Nessun vero Giudeo oserebbe mai mettere in discussione l’opera di Dio in maniera aperta e conclamata, al suo cospetto. Lo si fa in maniera subdola ed ipocrita attaccando non chi benefica ma chi è beneficiato, mettendo in discussione la realtà di una salvezza che è pur data e sperimentata. è sabato, e non ti è permesso prendere il tuo giaciglio.

Se tutto è permesso a Dio, non è permesso all’uomo camminare in una novità di vita scavalcando la Legge dello stesso Dio. Qual è dunque il valore della Legge, se per essa ed in virtù di essa si deve rinunciare al dono di una nuova vita? Chi vive un’esperienza di morte e di resurrezione non si lascia certo incantare da simili discorsi. Non li comprende e non li ascolta neppure. Quando c’è il miracolo della vita nuova l’unico interesse è camminare in essa e rendere lode a Colui che ce ne ha fatto dono.

11 Egli allora rispose a loro; Quello che mi ha fatto sano mi disse: Prendi il tuo giaciglio e cammina.

Qual è il senso dei vostri discorsi? Prendo il mio giaciglio e cammino semplicemente perché così mi è stato ordinato da colui che mi ha guarito.

La parola che è semplice promessa è superata dalla parola che è adempimento della promessa. Che poi sia l’unica e medesima Parola questo è da verificare ed è verificato da chi ascolta con cuore puro e sincero.

12 Gli chiesero: Chi è l’uomo che ti ha detto: Prendi e cammina? 13 Ma il risanato non sapeva chi fosse, infatti Gesù si era ritirato dalla folla che era in quel luogo.

La logica di ogni sapienza è ora superata dalla logica dei fatti. La salvezza è già in atto e ogni  conoscenza di Dio, reale o pretesa che sia, deve confrontarsi con ciò che è storicamente accaduto. Qui è il paradosso della fede. Chi vive in essa può ben scavalcare le categorie dell’anima, ed avere un rapporto immediato con il Salvatore… anche se non Lo conosce seguendo le vie della rivelazione storica; semplicemente ponendo in Lui la propria fede ed obbedendo alla sua Parola, nell’immediatezza della chiamata che chiede l’immediatezza dell’obbedienza. Una salvezza così pronta e facile dà certamente fastidio a chi la costruisce da sé , ogni giorno, con le proprie mani e con grande fatica. Se la vita eterna è nella conoscenza di Dio Padre, tale conoscenza è prevenuta dal dono del Figlio. Tieni innanzitutto il dono: dalla conoscenza del dono a quella del donatore il passo è breve. Se la folla empia e fallace che è il mondo ti impedisce di conoscere subito il tuo Signore, sarà lui stesso a farsi vivo, in altre circostanze ed in luoghi più opportuni e convenienti ad un dialogo d’amore. Quando l’amore è vero, meglio allontanarsi da occhi indiscreti e profani, che tutto rovinano e non comprendono quanta bellezza e quanta gioia.

14 Dopo queste cose trova lui Gesù nel tempio e gli disse:

Colui che è stato risanato è ritrovato nel Tempio, simbolo del patto Antico. Perché ha ben compreso che in Cristo non c’è affatto rottura, ma continuità tra ciò che è stato detto e ciò che è da Lui detto. La rottura con la Legge la fanno i Giudei, allorché rompono con Cristo, non certo colui che ascolta il Cristo allorché sembra rompere con la Legge.

Non a caso Gesù si dà a conoscere nel tempio, lontano dagli occhi che non sanno d’amore e non vogliono l’amore. Si conosce il Signore nella sua chiesa e si parla con Lui nella casa degli eletti. Si è guariti nel mondo, allorché veniamo strappati dal mondo, ma non si cammina in novità di vita se non nella chiesa di Dio.

Liberati dagli artigli del Satana abbiamo bisogno di un sicuro rifugio, perché in esso si consumi il nostro rapporto d’amore con il Signore. Non basta essere stati sanati una volta, bisogna rimanere accanto a Gesù e perseverare nell’ascolto della sua parola, mangiando della sua carne e bevendo del suo sangue, nella comunità dei santi.

Ecco sei diventato sano, non peccare più, affinché non ti accada qualcosa di peggio.

E’ ancora aperta la possibilità di una ricaduta fra le mani del satana. E in questo caso, l’ultima condizione sarebbe ancora peggiore della prima. Quando Satana riprende chi aveva perduto ne fa scempio. Chi sta in piedi stia attento di non cadere. Qualsiasi caduta dall’alto è sempre peggiore di una caduta dal basso. Più sei vicino al Signore, più tieniti unito a Lui e stai lontano da qualsiasi seduzione carnale.

15 Se ne andò l’uomo e annunciò ai Giudei che Gesù è colui che l’aveva fatto sano.

Quando l’uomo conosce il Salvatore fa sapere il Suo nome a tutti gli uomini, a cominciare da quelli che sono vicini. Se in un primo tempo importa solo essere sanati, in un secondo momento importa conoscere e far conoscere chi è l’autore della nostra salvezza. Non è vera salvezza quella che non crea un rapporto d’amore ed un vincolo assoluto con Gesù. Importa amare solo lui e parlare solo di lui. Chi è immune e non contagiato da questo “fissismo” non  porta Cristo nel proprio cuore: è schiavo del Satana e dimora stabilmente in lui.

Meglio proclamare le grandezze e le meraviglie del Signore ed evitare i discorsi vani e fallaci degli uomini. Meglio girare alla larga dalle assemblee degli sfaccendati e dei bontemponi, anche se ti ritrovi solo a parlare di Dio e scateni l’ira del Satana.

16 E per questo perseguitavano i Giudei Gesù, perché queste cose faceva di sabato.

Non sempre il miracolo del Signore crea meraviglia e suscita la fede. Questa volta le cose vanno diversamente. Dapprima è colpito chi è oggetto dell’amore divino e suo messaggero, ma si capisce bene che si vuol arrivare a Gesù. Per quale ragione? perché queste cose faceva di sabato.

Quando non si vuole la salvezza, una qualsiasi ragione, per quanto irragionevole, è sufficiente per giustificare e tacitare le coscienze che rifiutano Cristo. La ragione del rifiuto si smonta da sola; non c’è bisogno di commento. C’è una nota d’ironia ed il giudizio è lasciato all’intelligenza di chi legge. Ben altri sono i motivi per cui non si vuole Cristo! Riguardo a questo non si vuole indagare e si evita qualsiasi “esame di coscienza”. Ma una giustificazione bisogna pur darla ai propri occhi, meglio ancora se è condivisa dagli altri e non si può mettere in discussione: “Perché queste cose faceva di sabato”. Conclusione triste ed amara, non di un discorso ma del rapporto tra i Giudei e Cristo.

Se i Giudei vogliono chiudere alla svelta, non così Cristo. Chi ama non si arrende facilmente ma sa portare con pazienza il rifiuto.

17 Allora Gesù rispose: Il Padre mio fino ad adesso opera e anch’io opero.

Se l’operare dell’uomo si riduce all’osservanza della Legge, l’operare di Dio va ben oltre. La legge è data ed osservata nel tempo e col tempo, l’operare di Dio è nell’eternità e nell’attualità della vita e di ogni vita. Ed è questo in definitiva quello che conta. Se tutto fosse risolto dalle nostre opere e con le nostre opere ci sarebbe poco da stare allegri. Non cambierebbe proprio niente. Dovremmo noi tutti concludere che nulla di nuovo è sotto il sole. La novità non può venire dalla terra, ma dal cielo,  Dall’operare dell’uomo a quello di Dio Padre, dall’opera di Dio Padre a quella del Figlio: è questo il cammino di conversione che dobbiamo percorrere. Chi è fermo alla Legge non ha via di scampo. Bisogna considerare in maniera diversa e con più attenzione non solo cosa ha fatto fino ad adesso  il Padre, ma anche cosa sta facendo per noi il Figlio.

18 Per questo dunque di più cercavano i Giudei di ucciderlo, perché non solo violava il sabato, ma anche padre suo diceva Dio facendo se stesso uguale a Dio.

Se prima i Giudei perseguitavano Gesù, adesso ancor più cercano di ucciderlo. Cristo non è semplicemente un trasgressore della Legge, peggio ancora chiama Dio padre suo, facendosi uguale a Lui. Niente di più scandaloso e di vergognoso. E chi poteva dar torto ai Giudei? Non un qualsiasi figlio dell’uomo, ma quel Figlio dell’uomo che ha nome di Cristo. Qualche spiegazione Gesù deve pur darla e in effetti è data a chi ha orecchi di ascolto. Le parole che seguono non sono affatto un’autodifesa del Salvatore di fronte ai suoi calunniatori. La verità non ha bisogno di difendersi, ma allorché si è manifestata con la potenza delle opere deve anche rivelarsi con la potenza della Parola… Proclamando apertamente ciò che è stato detto in enigma; per il nostro bene, perché abbiamo vita eterna. Con Cristo la Parola esce dall’oscurità del patto Antico ed entra nella luce del Patto nuovo. E’ tempo di pienezza e proprio per questo è  tempo di far chiarezza. Tutto ciò che non è stato compreso della parola del Padre si rende ora comprensibile in virtù della Parola del Figlio. Ciò che il Padre ha operato in passato, fino ad ora, è ripreso e portato a compimento dal Figlio. Non c’è polemica in Gesù, ma volontà di riconciliazione con ogni cuore, anche con i più malvagi ed ostinati nel peccato.

 

 

 

 

 

 

 

 

19 Rispose allora  Gesù e diceva a loro

Se il discorso vale per tutti, è detto con particolare attenzione e premura proprio per coloro che vedono in Gesù un nemico da sopprimere e non il  promesso dal Padre.

Amen, amen dico a voi, non può il figlio fare da se stesso niente se non ciò che vede fare il Padre.

Non solo Gesù ribadisce con forza di essere il Figlio di Dio, ma afferma altresì la diversità del Figlio da qualsiasi altro figlio. Il legame di obbedienza e di sottomissione amorevole che lega ogni padre terreno al proprio figlio neppure si può confrontare con quella sintonia di volontà e di intenti che è esclusiva dell’essere divino. Giovanni ci introduce a poco a poco nel mistero della Trinità: a cominciare da ciò che è più immediatamente comprensibile,  parlando del rapporto che c’è tra il Padre e il Figlio.

Infatti le cose che fa quello, queste anche il figlio similmente fa.

Innanzitutto l’obbedienza e la sottomissione. E’ la prima cosa che è detta, perché questo ed innanzitutto questo è ciò che manifesta un rapporto filiale, in amore ed in verità. Gesù è l’unico vero figlio, perchè è l’unico obbediente alla volontà del Padre, in tutto e per tutto, non da oggi né da ieri, ma da sempre, nell’eternità.

20 Infatti il Padre ama il Figlio e mostra a lui tutte le cose che egli fa, e mostrerà a lui opere maggiori di queste, affinché voi vi meravigliate.

Se il Figlio ha occhi solo per il Padre, similmente il Padre vede solo il Figlio. Nulla gli tiene nascosto di ciò che opera ( nella Volontà e con la Volontà che è lo Spirito Santo ), ma tutto gli mostra e cose più grandi gli mostrerà, perché l’eterna meraviglia del Figlio diventi l’unica meraviglia di ogni figlio.

21 Infatti come il Padre resuscita i morti e fa vivere, così anche il figlio fa vivere coloro che vuole.

Meraviglia ciò che è fuori dall’ordine naturale delle cose. Potremmo fare un lungo elenco di meraviglie sperimentate o semplicemente sperimentabili, che vengono incontro al desiderio del cuore umano, ma vi è un limite oltre il quale nessuno oserebbe andare ed è quello segnato dalla morte. Quando mai nella storia si è provato un simile stupore? Di tutto ci si può meravigliare: di fronte alla certezza della morte non c’è spazio per una aspettativa diversa, almeno in questa vita. Non si è mai sentito dire che un morto sia resuscitato fra i vivi. Qualsiasi annuncio in questo senso non provoca stupore, ma diffidenza e riprovazione. Ma cosa ci dice Gesù? E’ l’alba di un nuovo giorno, foriero di grandi novità, di cui è stata data la semplice caparra. E’ finalmente spezzato il filo conduttore di una vita insignificante sempre uguale a se stessa dove l’uomo alla fine si ritrova incapace di stupire e gioire. C’è aria di novità e una proposta di tornare bambini e di ricominciare tutto da capo fra le braccia del Padre. E tutto questo ha nome di Cristo e di Gesù. Il Figlio unigenito che vive nell’eterna gioia del Padre offre a noi di rinascere a vita nuova in Lui e per Lui. Perché la sua eterna meraviglia diventi anche la nostra meraviglia. E tutto questo non per un desiderio arbitrario e non condiviso del proprio cuore, ma per volontà dello stesso Padre.

22 Infatti il Padre non giudica alcuno, ma ha dato tutto il giudizio al Figlio,… Se abbiamo paura del giudizio del Padre mettiamoci nelle mani del Figlio. Nelle sue mani il Padre ha rimesso ogni giudizio sull’uomo. 23 , affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre.

E’ tenuto in onore colui che è tenuto in considerazione e non è considerato se non colui che fa nuova la  vita. Come si onora il Padre che ci ha dato la vita così dobbiamo onorare il Figlio che vuol darci un’altra vita. Ma tutto questo passa attraverso l’accettazione di un giudizio che Cristo fa riguardo all’uomo vecchio.

Se l’annuncio è meraviglioso, perché è promessa di vita eterna, porta con sé un giudizio di condanna, che chiede di essere accolto.

In questo modo si onora il Figlio come si onora il Padre, quando ci si lascia giudicare dalla Sua parola.

Chi non onora il Figlio non onora il Padre che  ha inviato lui.

Chi non tiene in considerazione il Figlio, non tiene in considerazione neppure il Padre, perché il Padre ha inviato Lui e non altri.

24 Amen, amen dico a voi, chi ascolta la mia parola e crede a colui che  ha inviato me ha la vita eterna e non va in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.

Se l’annuncio è bello e grande ed ha dell’incredibile, resta lettera morta per chi non ascolta la parola del Figlio e non crede a Colui che l’ha inviato. La fede nel Figlio non è scavalcamento della fede nel Padre, ma è suo naturale epilogo. L’una non esclude l’altra, ma stanno sempre insieme in maniera inscindibile. Non c’è fede nel Padre che porti a vita nuova se non quando vuol essere fede nel Figlio. Se la promessa del Padre è collocata in tempi lontani, la promessa del Figlio è nell’attualità della nostra vita, non come ciò che deve accadere, ma come ciò che è già accaduto. Abbiamo vita eterna, perché siamo già passati in Cristo e per Cristo dalla morte alla vita. Questa è la novità in assoluto. La promessa della vita eterna è già nella parola del Padre: ora in Cristo non vi è la semplice reiterazione di ogni promessa, ma l’adempimento di ogni promessa. E quello che ancor più stupisce, indipendentemente da noi e dalle nostre opere. Ciò che sembrava promesso per le opere dell’uomo, ora si manifesta già dato per l’opera del Figlio.

E’ tolto il giudizio che pende sul capo dell’uomo, perché siamo già passati dalla morte alla vita. Se la nuova vita fosse una nostra conquista, dovremmo passare attraverso un giudizio ed un esame abilitante. Ma dal momento che già siamo immessi in ruolo è reso vano ogni concorso: non c’è più alcun confronto tra chi è più bravo e chi è meno bravo, solo l’accettazione del dono e la lode per l’artefice di tale salvezza. Va in giudizio chi non accoglie la chiamata e chi rifiuta l’offerta.

25 Amen, amen dico a voi che viene l’ora ed è adesso quando i morti udranno la voce del figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata vivranno.

Quale la novità dell’ora e di questa ora? I morti odono la voce del Figlio di Dio. Non dice semplicemente la Parola, perché non è questa la novità. L’Antico Patto è pieno della parola di Dio, da essa nasce ed in essa si alimenta. Con la venuta del Cristo ci è dato molto di più: la possibilità di un rapporto immediato con Dio, quale si esprime attraverso l’ascolto della Sua voce. Noi distinguiamo una parola dall’altra, in virtù dei suoni, ma non distinguiamo la parola dell’uno dalla parola dell’altro se non per la diversità della voce. La parola non è vera o falsa in relazione alla forma e ai suoni che sono dati dall’uomo, ma semplicemente in relazione al  suo fondamento, l’eterno logos di Dio. La verità formale può interessare questo o quell’uomo di questa o quell’età, di questo o quel popolo, può avere importanza per la comunicazione e gli aspetti pratici della vita, può avere valore normativo, ma non ci costituisce di per sé nella Parola e neppure attesta di per sé il nostro essere nella Parola. Solo la voce rimanda immediatamente alla persona che dice. Non c’è verità in ciò che è detto, se non è detto dallo stesso Dio. Prima ancora di distinguere le parole vere dalle parole false, bisogna saper distinguere e riconoscere la voce di Chi parla “in verità”, dalla voce di Colui che parla in menzogna. Ascoltino e comprendano quelli che sono tutti presi dall’aspetto formale della parola, e credono nella potenza della logica. Non portano alla vita nuova, ma illudono i cuori di conversione. L’anima può restare presa dall’aspetto formale della parola, ma non per questo può dirsi innamorata del Cristo. Se tutto si giocasse riguardo alla forma, le persone di cultura ne sarebbero avvantaggiate e i mentecatti già esclusi in partenza. Non è questa la sapienza che viene dall’alto, ma la sua falsificazione e una sua scimmiottatura. Chiunque annunci il Vangelo di Dio non può farlo contando sulla potenza della propria logica o cultura, ma deve farlo fidando unicamente nella potenza della voce di Dio. Se non è di tutti comprendere la parola che è detta, è di tutti comprendere la voce di Colui che dice. Se nell’annuncio del Vangelo non si fa sentire questa voce, non c’è la vita nuova , ma l’illusione della vita nuova. C’è anche l’annuncio che segue le vie del silenzio e del gesto d’amore. Purchè i cuori arrivino ad ascoltare la voce del Figlio. C’è chi preferisce annunciare seguendo le vie della sapienza umana, c’è chi , come Paolo, preferisce seguire le vie della stoltezza. Quando la preoccupazione del ben parlare, del tutto sapere, del tutto conoscere è prevalente, i frutti sono amari. Quando si confida soltanto in Gesù, è Cristo stesso che fa udire la sua voce, per bocca dei suoi profeti. Allora avviene il miracolo della vita e tutti i cuori si intendono, e cadono le barriere poste dalla cultura, dalla diversità psichica, dall’età anagrafica. Chi non è compreso da tutti, non è compreso dal Padre di tutti. Non a tutti è dato  comprendere tutte le parole: a tutti è dato comprendere la voce dell’unica Parola. Ci si preoccupa di essere capiti da chi la sa lunga, non c’è uguale preoccupazione per chi non ha il dono dell’intendere. Perché i centri per anziani e subnormali sono luoghi deserti ed abbandonati da tutti? Non vi è forse un unico e medesimo Dio? Dove e come la comunione dei cuori se non nell’ascolto della voce del Figlio?

Si vive in virtù dell’ascolto della voce che  è portata e si porta una sola voce di vita. Quando non è così Satana la fa da padrone ed è la Babele più grande.

. 25 Amen, amen dico a voi che viene l’ora ed è adesso quando i morti udranno la voce del figlio di Dio

Non solo ai sordi è dato di udire la voce del Figlio, ma anche a coloro che sono morti per i  peccati, e per le infermità  e quelli che l’avranno ascoltata vivranno. Se a tutti è data la possibilità della vita non per questo tutti seguono le vie della vita.

26 Infatti come il Padre ha la vita in se stesso, così anche al Figlio ha dato di avere la vita in se stesso.

Versetto di non facile spiegazione. Vi è forse qualche differenza tra la vita del Padre e quella del Figlio? La prima è originale, l’altra è data, non attraverso le vie del dono, ma attraverso un atto di eterna generazione che procede dal Padre in virtù dello Spirito Santo. Il Figlio non è semplicemente ad immagine del Padre, ma è l’immagine del Padre, non porta un’altra vita, ma la stessa unica vita.  Giovanni non vuole sottolineare una qualche distinzione tra la vita che il Padre ha in se stesso e quella che anche il Figlio ha in se stesso, si rimanda piuttosto ad un’unica vita, fondata in due persone diverse, in maniera che tutto ciò che è voluto dal Padre è voluto anche dal Figlio e viceversa. Il Figlio ha dunque potere di dare la vita in quanto è fondamento di vita, ma nulla fa se non nel Padre ed in virtù del Padre che gli ha dato tale potere. Tutto ciò che fa il Figlio è gradito anche al Padre.

27 E ha dato a lui il potere di fare giudizio, perché figlio dell’uomo è.

Non è padrone vero della vita se non colui che può giudicare ogni vita. Questa prerogativa che è del Padre, dal Padre è data al Figlio, allorché viene costituito figlio dell’uomo. Gesù non  giudica l’uomo semplicemente perché Figlio di Dio. Per un simile giudizio non c’è bisogno dell’Incarnazione, ma giudica l’uomo perchè  Figlio di Dio si è fatto figlio dell’uomo.  Il giudizio che viene fatto sul mondo non può prescindere dalla grazia che è stata portata al mondo. Un giudizio diverso dunque da quell’Antico, perché rivisitato e visto alla luce dell’Evento nuovo.

Il Figlio di Dio si è fatto figlio dell’uomo, ma non perde con ciò il suo essere ed il titolo di Colui che è.

Qualsiasi meraviglia o stupore  in negativo o in positivo sono vanificati dall’attualità dell’evento storico, che cade nell’oggi di ogni vita e che cadrà nel futuro di tutte le vite, allorché tutti gli uomini udranno la voce del Figlio, gli uni per una resurrezione di vita eterna, gli altri per una resurrezione di giudizio.

28 Non vi meravigliate di questa cosa, poiché viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce 29 e usciranno, coloro che hanno fatto cose buone alla resurrezione di vita, coloro che invece hanno fatto le cose cattive alla resurrezione di giudizio.

Cose buone sono tutto ciò che è fatto per il Figlio ed in virtù del Figlio, cose cattive tutto ciò che è operato nella schiavitù al Maligno. Siamo oltre lo spirito della Legge, alla sequela dell’unica voce di salvezza.

30 Io non posso fare niente da me stesso; come ascolto giudico, e il giudizio quello mio è giusto, perché non cerco la mia volontà ma la volontà di colui che ha inviato me.

Non vi è nulla di arbitrario nell’operare di Gesù. Se ogni potere gli viene dal Padre, e dal Padre gli è stato dato di giudicare, il suo giudizio  e solo quello è giusto perchè conforme all’ascolto. Non c’è giustizia se non nel Figlio: giusto in quanto ascolta la volontà del Padre, giusto in quanto giudica conforme allo stesso ascolto.

31 Se io testimonio per me stesso, la mia testimonianza non è verace; 32 un altro è colui che testimonia per me, e so che è verace la testimonianza che testimonia per me.

Gesù previene un’obiezione che appare scontata. Non è approvato chi elogia se stesso e non è ritenuta verace la testimonianza che un uomo dà per se stesso. Ci deve essere qualcun altro che si fa garante del nostro dire.

33 Voi avete inviato da Giovanni, ed egli ha testimoniato alla verità.

Un testimone Gesù l’ha già avuto in Giovanni, i Giudei che lo hanno chiamato in causa hanno avuto una prima conferma e non da poco. Ma vi è ben altro.

34 Io però non da un uomo ricevo la testimonianza,

Nel momento in cui riconosce la testimonianza che gli è resa dall’uomo, Gesù ribadisce che non riceve testimonianza da esso. Se fosse così rimarremmo nell’ambito della creatura, non necessariamente saremmo rimandati al Creatore.

ma queste cose dico affinché voi siate salvati.

Se  questo può concorrere alla vostra salvezza, ben venga anche la testimonianza di Giovanni. Il Figlio è giustificato solo dal Padre, ma non per questo ha trascurato le vie dell’uomo, perché tutti credano nel suo nome.

35 Quello era la lampada ardente e splendente,

La lampada non è la luce, ma porta la luce. Se è eccezionale la testimonianza che  Gesù riceve dal Padre, non meno eccezionale  è quella che gli viene dall’uomo. Giovanni non è stato una semplice lampada, ma l’unica vera lampada che arde di  fuoco divino e che splende nelle tenebre del peccato.

ora voi avete voluto rallegrarvi per un’ora nella sua luce.

Quando non si vuole Dio, tutto si lascia cadere nel nulla. Di fronte alla grandezza di una luce si può anche restare attirati e meravigliati per un po’, ma poi il Satana ci risucchia nella vita di un tempo e tutto ritorna come prima. Vista la durezza del cuore umano, il Signore aumenta la pienezza del dono. Se non basta la testimonianza di Dio assieme a quella dell’uomo, in aggiunta vengono date opere potenti e meravigliose.

36 Ma io ho la testimonianza più grande di Giovanni: infatti le opere che il Padre ha dato a me perché compia esse, le stesse opere che faccio testimoniano di me che il Padre me ha mandato.

Quale altra testimonianza si può tirare in ballo? Null’altro è possibile, se non ripetere quanto detto, a costo di apparire noiosi.

37 E il Padre che ha inviato me, quello ha testimoniato di me.

Non c’è altra novità oltre la venuta del Figlio in segni ed opere potenti. Se l’uomo vuol sentirne delle nuove, deve ritornare col cuore all’unico Evento. E neppure si deve pensare che tutto accada  all’improvviso così che sia giustificato chi non entra subito nella fede. Perché non è un discorso nuovo e neppure nuova la testimonianza che il Padre dà riguardo al Figlio.

Non avete mai udito la sua voce né avete visto la sua figura, 38 e la sua parola non avete rimanente in voi, perché voi non credete a colui che quello mandò.

L’annuncio della salvezza non è mai inutile e superfluo. E’ un errore darlo per scontato e risaputo. Ciò che si deve dare per scontato è il fatto che non abbiamo mai udito la  voce del Padre né visto Colui che è ad immagine del Padre e che la Sua parola non rimane in noi in maniera stabile e fondata. Se fino ad ora non si è capito il perché di tanta lontananza dal Creatore, ora la ragione  è detta in maniera chiara e definitiva, non più soltanto nel segreto di alcuni cuori, ma apertamente a tutte le genti, a partire da Israele. Il mistero della salvezza porta luce ed intelligenza anche sul mistero della perdizione. L’uomo è dannato perché non crede in Cristo Salvatore. E’ un errore pensare che la mancanza di fede in Gesù sia imputata soltanto a partire dalla Sua venuta sulla terra. Da Adamo in poi l’uomo è destinato alla perdizione perché non accoglie il Salvatore: manifestatosi nella carne nel tempo e per un tempo, il Figlio da sempre è garanzia di vita eterna per tutte le sue creature.

39 Scrutate la Scritture, perché voi ritenete di avere in esse la vita eterna: e sono quelle che testimoniano per me; 40 e non volete venire a me per avere la vita.

La Parola che si è fatta carne è la stessa Parola che è stata data ad Israele, perché in essa e per essa l’uomo trovi la fede in Cristo Gesù. Nessun cambiamento di rotta da parte di Dio e purtroppo neppure da parte dell’uomo. Il rifiuto di Gesù è semplicemente rivelatore di un peccato vecchio e ben radicato. Perché il Patto Antico è pieno del nome di Cristo: fatto in virtù del Figlio ed in vista del Figlio non vuole la fede di un altro tempo, ma la fede che è chiesta in tutti i tempi. Quale la diversità dunque? Semplicemente è tolta la possibilità dell’inganno e dell’illusione di santità. Ora il gioco si fa a carte scoperte, perché il Figlio si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi: chi rifiuta il Figlio, manifesta con ciò di non volere la vita eterna. Il cuore è messo a nudo e bisogna dare una risposta chiara e definitiva. La venuta di Gesù non evidenzia semplicemente il radicarsi o meno della fede, ma anche e ancor prima una mancanza di fede già radicata.

41 Non prendo gloria da uomini, 42 ma vi ho conosciuto: non avete in voi stessi l’amore di Dio.  Il cuore dell’uomo è ora chiamato a dar gloria al Figlio, non perché Egli abbia bisogno della nostra gloria: al contrario perché noi abbiamo bisogno della sua. Senza di essa non vi è vita eterna. C’è anche l’uomo che cerca una gloria falsa ed ingannevole. Può essere una novità per alcuni ed anche per tanti, non per il Cristo. Egli conosce bene il cuore dell’uomo, fin dall’inizio.  non avete in voi stessi l’amore di Dio.  Non c’è pregiudizio: è  semplice constatazione di un dato di fatto. E’ la storia stessa che dice questo a Gesù. Si può sperare nel cambiamento di alcuni, non ci si può illudere di un uomo diverso.

43 Io sono venuto nel nome del Padre mio, e non mi accogliete; se un altro venisse in nome proprio, quello ricevereste

Chi viene nel nome del Padre non è accolto, anche se ha il nome di Figlio unigenito. Chi viene in nome proprio al contrario trova consenso ed approvazione. Perché l’uomo non vuole fare la volontà di Dio, ma la propria. Chiunque va in senso contrario non è accetto e tanto meno gradito. Se il Figlio di Dio dà lode a Dio, l’uomo dà lode all’uomo, e con ciò manifesta la propria estraneità e contrarietà ad un altro regno e ad un Signore diverso. Chi è già sazio della gloria di questo mondo non può cercare la gloria che viene da un altro mondo.

44 Come potete credere voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?

Al centro della vita non è più trovato il Creatore, ma la creatura… Per un diabolico inganno il cui frutto è morte eterna. Già da bambini si vuole essere al centro dell’attenzione degli altri, peggio ancora nell’adolescenza, piena di sogni di gloria… e non va meglio nell’età adulta, dove il tributo del prossimo è addirittura strappato con la violenza e l’inganno. Gioia effimera e caduca, comprata a caro prezzo, dispensatrice di lacrime e di morte. E tutto questo quando la gloria di Dio si è posata accanto a noi, e si è a noi data e donata, anche se non abbiamo bellezza né ricchezza con cui pagare.

Come fuggire dall’ira di Dio e da un giudizio conforme a giustizia e verità? E’ forse venuta la resa dei conti e si è fatto a noi vivo il nostro accusatore davanti al Signore? Se qualcuno pensa questo di Gesù si sbaglia. Non così dobbiamo intendere la sua venuta e le sue parole.

  45 Non pensiate che io accuserò voi presso il Padre: c’è il vostro accusatore Mosè, in cui voi avete posto speranza.

Se ne fate una questione di accusa, c’è già il vostro accusatore: quel Mosè in cui avete riposto la vostra speranza. Discorso duro da accettare e difficile da comprendere… perché si deve rivedere in maniera diversa il discorso della salvezza e comprendere in altro modo il rapporto con la Legge.

46 Se infatti credeste a Mosè, credereste a me: infatti di me quello ha scritto. 47 Ma se non credete agli scritti di quello, come crederete alle mie parole?

Tutta la Legge è in funzione del Cristo: non c’è fede in Mosè che non porti alla fede in Gesù.

infatti di me quello ha scritto. Affermazione incomprensibile per chi non ha un rapporto autentico con la Parola di Dio. Quando mai nella Legge si fa riferimento esplicito a Cristo? Soltanto la fede matura riesce ad andare oltre il senso letterale della Parola Antica, per vedere in essa l’annuncio del Salvatore. Gli Ebrei hanno certamente capito che deve venire un Messia; ma non sanno cogliere i segni dei tempi e non hanno spirito di discernimento. La fede vera dice molto di più: non afferma semplicemente la necessità di una venuta, ma riesce a cogliere il tempo di questa venuta.

Chi non crede alle parole di Gesù dimostra con ciò di non credere neppure alle parole di Mosè.

Non ha intelligenza alcuna riguardo alla Parola che è stata data e soprattutto non riesce ad entrare in rapporto con chi ne è l’autore. In definitiva Gesù non dice nulla di nuovo: semplicemente riassume in sé tutto quanto è scritto e lo porta ad adempimento.