Vangelo di Giovanni cap6

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Commento al Vangelo di Giovanni


Cap. 6
 

 

Dopo queste cose partì Gesù al di là del mare di Galilea di Tiberiade.

2 Seguiva ora lui molta folla, perché vedevano i segni che faceva su gli infermi.

3 Partì allora per la montagna Gesù e là sedeva con i suoi discepoli.

4 Ora era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

5 Avendo alzato dunque gli occhi Gesù e avendo visto che molta folla veniva da lui dice a Filippo: Da dove compreremo pani perché mangino costoro?

6 Questa cosa però diceva per metterlo alla prova; sapeva egli infatti cosa stava per fare.

7 Gli rispose Filippo: Non bastano a loro pani di duecento denari, perché ciascuno riceva un piccolo pezzo.

8 Dice a lui uno dei suoi discepoli, Andrea il fratello di Simone Pietro:

9 C’è un ragazzetto qui che ha cinque pani e due pesciolini, ma queste cose cosa sono per tanti?

10 Disse Gesù: Fate adagiare gli uomini. Ora era l’erba molta in quel luogo. Si adagiarono dunque gli uomini, il numero era circa cinquemila.

11 Allora Gesù prese i pani e avendo reso grazie li distribuì ai giacenti, similmente anche dai pesciolini quanto volevano.

12 Quando poi furono saziati, dice ai suoi discepoli: Raccogliete i pezzi che sono avanzati, affinché qualcuno non sia perduto.

13 Raccolsero dunque e riempirono dodici ceste di pezzi dai cinque pani di orzo che erano avanzati a coloro che avevano mangiato. 14 Allora gli uomini avendo visto quale segno aveva fatto dicevano: Questi è veramente il profeta quello che deve venire nel mondo.

15 Gesù allora avendo conosciuto che stavano per venire e rapire lui per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna lui solo.

16 Quando poi fu sera discesero i suoi discepoli al mare

17 ed essendo saliti su una barca vennero al di là del mare a Cafarnao. E la tenebra già si era fatta e non era ancora venuto da loro Gesù.

18 il mare, soffiando un vento grande, era agitato.

19 Essendo spinti dunque innanzi circa venticinque o trenta stadi vedono Gesù camminante sul mare e fattosi vicino alla barca, ed ebbero paura.

20 Egli allora dice a loro: Io sono, non abbiate paura.

21 Volevano dunque prenderlo sulla barca e subito fu la barca a terra nel luogo verso cui andavano.

22 L’indomani la folla che era rimasta al di là del mare vide che una barchetta altra non c’era là se non una sola e che Gesù non era entrato insieme ai suoi discepoli  nella barca ma soli i suoi discepoli erano partiti.

23 Altre barchette vennero da Tiberiade vicino al luogo dove mangiarono il pane avendo reso grazie il Signore.

24 Quando dunque la folla vide che Gesù non era là né i suoi discepoli, salirono essi sulle barchette e andarono a Cafarnao cercanti Gesù.

25 E avendolo trovato al di là del mare gli dissero: Rabbì quando sei venuto qui?

26 Rispose a loro Gesù e disse: Amen, amen dico a voi, cercate me non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato dai pani e foste saziati.

27 Operate non per il cibo che perisce, ma per il cibo che rimane per vita eterna, che il figlio dell’uomo a voi darà! A questi infatti il Padre, Dio ha messo il sigillo.

28 Dissero dunque a lui: Cosa facciamo affinché operiamo le opere di Dio? 29 Rispose Gesù e disse a loro: questa è l’opera di Dio: che crediate a colui che quello inviò.

30 Dissero allora a lui: Quale dunque segno fai tu , perché vediamo e crediamo a te? Cosa operi?

31 I nostri padri mangiarono la manna nel deserto, come è scritto: Pane dal cielo diede a loro da mangiare.

32 Allora Gesù disse a loro: Amen, amen, dico a voi, non Mosè ha dato a voi il pane dal cielo, ma il Padre mio dà a voi il pane dal cielo quello vero.

33 Infatti il pane di Dio è quello che discende dal cielo e che dà la vita al mondo.

34 Dissero allora a lui: Signore, da’ sempre a noi questo pane.

35 Disse a loro Gesù: Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà  fame, e chi crede in me non avrà  mai sete.

36 Ma ho detto a voi che pur avete visto me e non credete. 37 Ognuno che il Padre dà a me a me verrà, e chi viene a me non getto affatto fuori,

38 perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà ma la volontà di colui che ha inviato me.

39 Ora questa è la volontà di colui che ha inviato me: che ognuno che ha dato a me ( il Padre )  non (lo )perda da lui, ma lo risusciti  nell’ultimo giorno.

40 Questa infatti è la volontà del Padre mio: che ognuno che vede il figlio e crede in lui abbia vita eterna, e risusciterò lui io nell’ultimo giorno.

41 Mormoravano dunque i Giudei di lui perché aveva detto: Io sono il pane quello che è disceso dal cielo,

42 e dicevano: Non è questi Gesù il figlio di Giuseppe, di cui noi conosciamo il padre e la madre? Come adesso dice: Dal cielo sono disceso?

43 Rispose Gesù e disse a loro: Non mormorate gli uni con gli altri.

44 Nessuno può venire a me se il Padre, colui che ha  inviato me, non attiri lui, e io risusciterò lui nell’ultimo giorno. 45 E’ scritto nei profeti: E saranno tutti ammaestrati da Dio: ognuno che ha ascoltato dal Padre e ha imparato viene a me.

46 Non che il Padre abbia visto qualcuno se non colui che è da Dio, questi ha visto il Padre.

47 Amen, amen dico a voi: il credente ha vita eterna.

48 Io sono il pane della vita.

49 I padri vostri mangiarono nel deserto la manna e morirono;

50 questi è il pane quello dal cielo discendente, affinché chi da esso mangi  non muoia.

51 Io sono il pane vivente quello disceso dal cielo; se qualcuno mangia da questo pane vivrà in eterno, e il pane poi che io darò è la mia carne per la vita del mondo.

52 Lottavano allora gli uni con gli altri i Giudei dicendo: Come può questi a noi dare la sua carne da mangiare?

53 Disse dunque a loro Gesù: Amen amen dico a voi: se non mangiate la carne del figlio dell’uomo e bevete il suo sangue, non avete vita in voi stessi.

54 Colui che mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io risusciterò lui nell’ultimo giorno.

55 Infatti la mia carne è vero cibo, e il mio sangue è vera bevanda.

56 Colui che mangia la mia carne e beve il mio sangue in me rimane e io in lui.

57 Come mandò me il vivente Padre anch’io vivo per mezzo del Padre, ed il mangiante me anche quello vivrà per mezzo di me.

58 Questi è il pane quello che è disceso dal cielo, non come mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno.

59 Queste cose disse in sinagoga insegnando a Cafarnao. 60 Molti dei suoi discepoli dunque avendo udito dissero: Duro è questo discorso, chi può ascoltarlo?

61 Avendo allora conosciuto Gesù in se stesso che i suoi discepoli mormoravano di questa cosa disse a loro: Questa cosa vi scandalizza?

62 Se dunque vedeste il figlio dell’uomo salente dove era prima?

63 Lo Spirito è il vivificante, la carne non giova nulla; le parole che io ho detto a voi spirito sono e vita sono.

66 Ma ci sono fra voi alcuni che non credono. Conosceva infatti dall’inizio Gesù chi sono i non credenti e chi è il futuro consegnante lui.

65 E diceva: Per questo ho detto a voi che nessuno può venire a me se non è dato a lui dal Padre.

66 Da questo molti dei suoi discepoli si trassero indietro e non camminavano più con lui.

67 Disse allora Gesù ai dodici:  Anche voi volete andare?

68 Rispose a lui Simone Pietro: Signore, da chi andremo? Hai parole di vita eterna,

69 e noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il santo di Dio.

70 Rispose a loro Gesù: Non io voi i dodici scelsi? E fra voi un diavolo c’è!

71 Parlava ora di Giuda di Simone Iscariota: questi infatti stava per consegnare lui, uno dai dodici.

 

 

 

 

Dopo queste cose partì Gesù al di là del mare di Galilea di Tiberiade.

Non c’è partire di Gesù se non per andare e per guidare oltre la dimensione del male. E in questo cammino non si trova mai solo, ma è sempre seguito da molta folla.

2 Seguiva ora lui molta folla, perché vedevano i segni che faceva su gli infermi.

Non semplicemente per essere liberata dal male, ma per essere liberata dalle conseguenze del male, che sono un peso ed un ostacolo alla vita.

La chiesa sarà sempre piena di gente che corre incontro a Gesù, perché vuole essere guarita dalla malattia che è dolore.

Ovunque c’è un guaritore o un santone, non fa poi molta differenza se approvato o meno da chi è in autorità, lì si accalca la massa dei credenti.

3 Partì allora per la montagna Gesù e là sedeva con i suoi discepoli. 4 Ora era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

Di nuovo parte  Gesù, ma questa volta non per essere seguito  indistintamente da tutti coloro che sono infermi, ma soltanto da coloro che si sentono malati nello spirito.

E non importa se molti, che non hanno gambe, restano tagliati fuori. Ci deve pur essere il momento della verifica, in cui non ogni sequela è benedetta e non ogni supplica è ascoltata.

Se pensi che sia poi così difficile trovare Gesù, perché sfugge il confronto con l’uomo, ti sbagli.

Nella sua chiesa Egli siede in maniera stabile e duratura insieme con i suoi discepoli per accogliere tutti coloro che cercano la salvezza che viene dal cielo.

E non troverai chiesa nei bassifondi oscuri e malsani del tuo cuore, ma soltanto allorché volgerai i tuoi occhi verso i monti per incontrare Colui che vuol portarti in cielo.

Sano o malato, nulla importa. Importa la guarigione dello Spirito ed arrivare a Gesù a qualsiasi costo e con ogni mezzo.

C’è anche chi non è in grado di salire da solo sul monte e ha bisogno di essere portato dalla fede dei fratelli. Portante o portato, nulla importa: Corriamo insieme verso il Signore che ci attende sul monte della santità.

4 Ora era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

Perché proprio in un tale frangente ed in tale ricorrenza? Per una semplice casualità o per un disegno di Dio?

Càlati nell’evento e nel suo tempo e comprenderai che non è da poco seguire Gesù, quando la Parola ti chiede di essere presente alla Pasqua.

Festa solenne di tutti i Giudei, momento culminante di ogni grazia e di ogni pienezza, non può essere trascurato e lasciato per qualcosa o qualcun altro.  Agli occhi degli stolti questa folla è fatta di disertori, che abbandonano la santità della Tradizione per inseguire uno dei tanti demoni seduttori di anime.

5 Avendo alzato dunque gli occhi Gesù

Finora non aveva visto? O non aveva considerato, colui che è venuto per la nostra salvezza?

Se c’è un interesse primario per Gesù non è per coloro che lo seguono, ma è per il Padre, perché tutto deve essere fatto conforme alla Sua volontà.

Soltanto allorché ha guardato alla volontà del Padre, Gesù può guardare a coloro che lo cercano.

Importa innanzi tutto essere obbedienti e non essere cacciatori di anime… anche se c’è di mezzo la salvezza.

Non ogni premura e non ogni sollecitudine per il bene altrui sono benedette, ma soltanto quelle di chi fa la volontà di Dio in maniera determinata, a capo basso e col piede spedito.

 e avendo visto che molta folla veniva da lui dice a Filippo:

Adesso finalmente Gesù può guardare a coloro che lo seguono e pensare ed operare per loro, quando siede sovrano nella sua chiesa e non c’è pericolo di ritorno o di ripensamento alcuno.

Da dove compreremo pani perché mangino costoro? 6 Questa cosa però diceva per metterlo alla prova; sapeva egli infatti cosa stava per fare.

Agli occhi dell’uomo Gesù appare sempre uno sprovveduto ed uno che ha  poca testa.

Perché ci pensa solo adesso? Non poteva preordinare ogni cosa, quando c’era il tempo e l’opportunità per farlo?

Perché tanta testardaggine nell’andare avanti e nel portare avanti, senza un minimo di buon senso e di prudenza?

E’ veramente un’anima illuminata, o un fanatico “testone” che nulla vede e nulla comprende, salvo poi rivendicare a sé ogni premura ed ogni attenzione per gli altri, quando è ormai troppo tardi ed il danno è già fatto e non si può tornare indietro?

Questi pensieri agitano il cuore dell’uomo, quando deve confrontarsi con l’operare di Gesù.

Non invano si è messi alla prova… ma solo perché vediamo con i nostri occhi le meraviglie operate dal Signore.

sapeva egli infatti cosa stava per fare.

Se noi non comprendiamo e ci chiediamo come andrà a finire e non abbiamo nulla di chiaro in testa, il Signore sa bene quello che sta per operare.

Non c’è miracolo di vita, se non nell’incontro tra l’assurdo della nostra fede  ed una obbedienza cieca alla volontà del Padre che ha nome di Cristo.

Perché alzi gli occhi per vedere intorno e guardi indietro per capire cosa sta succedendo, quando Gesù va avanti deciso a capo basso, ed ha ben altro a cui pensare?

Segui Cristo nell’obbedienza alla volontà del Padre e non preoccuparti di altro… tanto meno degli altri. L’autore della vita, darà il cibo ad ogni vita.

7 Gli rispose Filippo: Non bastano a loro pani di duecento denari, perché ciascuno riceva un piccolo pezzo

E’ la bocca della verità che parla… ma è pur sempre quella di un uomo.

C’è una logica evidenza delle cose ed una valutazione obiettiva della realtà che neppure Dio può smentire… a meno che si seguano altre vie, che non sono quelle della terra.

8 Dice a lui uno dei suoi discepoli, Andrea il fratello di Simone Pietro: 9 C’è un ragazzetto qui che ha cinque pani e due pesciolini, ma queste cose cosa sono per tanti?

L’approccio di Filippo al problema è alquanto brusco e la sua risposta sa di provocazione e di rimprovero.

C’è anche chi cerca di mitigare le cose e di smorzare ogni polemica, e di rispondere a Gesù in modo più gentile, senza smentire una realtà fin troppo evidente.

Gli apostoli sono pieni di buona volontà e ce l’hanno messa proprio tutta… più di tanto non si può fare.

10 Disse Gesù: Fate adagiare gli uomini. Ora era l’erba molta in quel luogo. Si adagiarono dunque gli uomini, il numero era circa cinquemila.

Quando tutti gli apostoli sono in agitazione per il da farsi e non sanno che pesci pigliare, Gesù comanda loro di far adagiare gli uomini.

Non dice semplicemente sedere, in una posizione di semplice inerzia, ma adagiare, in una posizione di agio, e di piacere.

Perché la vita non è semplicemente messa a riposo, ma sta per essere colmata di ogni dono e di ogni grazia.

E tutto questo è significato da quel… Ora era l’erba molta in quel luogo. Particolare del tutto inutile ed incomprensibile se non ci dicesse la ricchezza e la grandezza di ciò che è stato fino ad ora tenuto in serbo per i figli di Dio.

Anche quando tutto non è stato dato, già ci sono i segni premonitori di un amore e di una abbondanza di vita.

Si adagiarono dunque gli uomini,

E’ l’obbedienza della fede, senza la quale non c’è futuro, né seguito ad una storia.

il numero era circa cinquemila.

Non c’è numero che abbia rilevanza alcuna in cielo se non a partire dal momento in cui si fa la volontà di Dio su questa terra.

Pochi o tanti che siamo non ha importanza alcuna.

Quello che importa è che d’ora in poi il nostro nome è scritto nel regno dei cieli… quando rispondiamo ad una chiamata.

11 Allora Gesù prese i pani e avendo reso grazie li distribuì ai giacenti similmente anche dai pesciolini quanto volevano.

Nulla di quanto si dona al Signore va perduto, ma tutto è restituito in misura piena e traboccante.

La nostra vita può essere anche povera, ma quando la mettiamo nelle mani del Signore, senza risparmio o riserva alcuna, ci viene restituita piena di ogni grazia, dalle mani dello stesso Cristo.

Non è indifferente però come si dona ed in quale proporzione si dona.

Innanzitutto bisogna “giacere”, cioè sedere stabilmente nella casa del Signore, nell’obbedienza alla sua volontà: non come quelli che vanno e vengono e non hanno stabilità alcuna né determinazione nella fede.

Persone di tal fatta non otterranno niente da Dio perché vivono il loro rapporto con Gesù come un’occasione della loro vita, una delle tante, e non come l’unica vera occasione per la quale tutto il resto merita di essere perduto.

Nella sequela di Cristo c’è sempre il rischio di trovarsi allo sbaraglio ed in una situazione in cui l’uomo nulla può fare, ma è proprio in tali frangenti che la fede diventa viva ed è operante la grazia del Signore.

Chi non vuole rischiare e rimane attaccato alle certezze della propria vita, non conoscerà l’amore misericordioso e premuroso del Signore.

Per quanto mangi non sarà mai sazio: sarà bruciato dal desiderio delle cose del mondo e dalle passioni della carne.

Chi invece rimette la propria vita nelle mani del Signore trova saziato ogni suo desiderio e colmata la propria volontà.

Se credi che ci sia bisogno di molto per essere felici ti sbagli di grosso.

C’è bisogno del nutrimento che passa attraverso le mani del Cristo ed è a noi donato nella sua chiesa, seduti vicini l’uno all’altro, intorno al primogenito di tutti i fratelli.

Non si diventa con ciò più ricchi materialmente. Possiamo anche restare poveri, ma nulla ci peserà più come prima: tutto sarà rivisto e rivisitato dall’amore del Signore.

Non ci è detto quanto abbiano mangiato queste persone, forse molto, forse poco: è dato per certo che furono tutti saziati e ne rimase pure.

Per chi si è messo nelle mani del  Signore la vita è resa piena dalla presenza di Cristo e non da questa o quella cosa e neppure da questa o quella persona.

12 Quando poi furono saziati, dice ai suoi discepoli: Raccogliete i pezzi che sono avanzati, affinché qualcuno non sia perduto.

Nessuna fretta da parte di Gesù e nessuna volontà di rompere bruscamente la gioia dei fratelli che si trovano insieme per amore suo.

Una vita in affanno e fatta di corse non sempre è approvata da Dio. Bisogna trovare il tempo per stare nella chiesa tutti insieme con il nostro Signore… anche se dobbiamo lasciare a casa la moglie o il marito o alcun altro dei nostri familiari.

C’è una sola vera famiglia ed è la chiesa che si riunisce intorno a Cristo.

Raccogliete i pezzi che sono avanzati, affinché qualcuno non sia perduto.

Tutto quello che esce dalle mani del Signore è prezioso e non deve andare perduto, anche se non sempre siamo in grado di farlo nostro.

Ci sarà ridato in altra occasione ed in altro tempo.

Non si può scavalcare il dono di Dio, per passare ad altro; ciò che oggi non siamo in grado di portare ci sarà riproposto in altro momento.

Se ci è dato di mangiare a sazietà non ci è permesso di mangiare ad arbitrio, conforme al nostro capriccio.

Niente deve andare perduto di ciò che il Signore ha preparato e predisposto per i suoi eletti.

13 Raccolsero dunque e riempirono dodici ceste di pezzi dai cinque pani di orzo che erano avanzati a coloro che avevano mangiato.

Chi raccoglie e mette da parte? Non tutti indistintamente, ma quelli che sono a capo della chiesa.

La casa di Dio è come una grande dispensa, dove i doni del cielo vengono raccolti e tenuti in serbo per coloro che li cercano.

Non si mangia solo per se stessi, ma anche per lasciare qualcosa ai fratelli.

Nella chiesa troverai depositati tesori inestimabili di sapienza divina: ricchezza inesauribile che non viene mai meno, ma sempre si accresce in virtù di colui che dona e di coloro che traboccano del dono.

Dodici ceste: una per ogni apostolo… non a caso. Non è vero apostolo se non colui che sa fare riserva dei doni del Signore. Per quanto un apostolo sia indegno ha sempre da cui attingere per dare ai fratelli. 

14 Allora gli uomini avendo visto quale segno aveva fatto dicevano: Questi è veramente il profeta quello che deve venire nel mondo.

Non ci meravigli il fatto che si parli solo di uomini, come se esistessero solo loro. E’ vero che nella società del tempo le donne non venivano contate perché non contavano. Noi intendiamo per uomini quelli che sono adulti nella fede e possono entrare nel mistero del Figlio di Dio.  avendo visto … dicevano . La fede allorché vede e conosce proclama la grandezza di Cristo, anche se di Lui sa ben poco e non ha le idee  chiare. Gesù è ancora il profeta che deve venire nel mondo; non è ancora conosciuto come il Figlio di Dio che viene a salvare il mondo. Non ci meravigli tutto questo e neppure si pensi che tale fede sia superata. Sopravvive ancor oggi nell’Islam ed è una tentazione anche per molti cristiani, che vogliono un Cristo alla stregua dell’uomo; grande fin che si vuole, ma non autore e Signore della vita. Anche quando proclama la grandezza del Cristo l’uomo cerca di “rapirlo”, cioè di strapparlo dalla sua realtà divina e celeste per farne un re conforme ai propri desideri. Quando avviene l’incontro tra il Creatore e la creatura è sempre aperta la possibilità  che l’uomo invece di lasciarsi rapire da Dio verso il suo regno, voglia rapire lo stesso Dio per portarlo al proprio regno. Non come un uomo qualunque, ma peggio ancora come il proprio re. Con ciò è vanificata ogni salvezza ed ogni prospettiva di vita eterna. L’uomo resta confinato al proprio regno terreno. La chiesa stessa, allorché si sente di questo mondo e mira a questo mondo, può ben avere pretese divine, ma non porta i propri figli al cielo.

15 Gesù allora avendo conosciuto che stavano per venire e rapire lui per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna lui solo.

Quando le intenzioni non sono sincere ed i cuori non sono puri, ma cercano altro, e tirano in ballo un regno di Dio che guarda bensì al cielo, ma solo per essere di questo mondo… allora Cristo se ne va e ci lascia soli. Così è abbandonata la chiesa: in maniera brusca e determinata… quando vuole un re mandato da Dio, ma solo per affermarsi e per crescere in questo mondo. Di tali cristiani Gesù non sa cosa farsene. Preferisce girare alla larga e starsene da solo sulla montagna della sua santità. Così può ancora splendere la gloria del Figlio, perché non vuole essere confusa con la gloria del mondo.

16 Quando poi fu sera discesero i suoi discepoli al mare 17 ed essendo saliti su una barca vennero al di là del mare a Cafarnao.

Se Gesù si può dire solo, per quel che riguarda l’uomo, non è che per gli apostoli le cose vadano poi meglio. C’è una solitudine confortata dalla presenza del Padre e c’è una non solitudine che ha il nome di compagnia, di gruppo, di comunità che ben presto dimostra tutta la propria fragilità ed impotenza, allorché si deve superare lo scoglio che ci separa dalla vita nuova. Quando non si ha la volontà e la forza per seguire Gesù in un cammino di solitudine in Dio, non resta che tornare alla vita di sempre, dove le tenebre fanno da padrone. Se non vuoi affrontare il buio di questa notte solo con Gesù, non ti sarà per questo risparmiato il travaglio che viene dal Maligno. Se pure esiste una forza del gruppo, quando manca l’unica vera guida, le cose si mettono subito male. Una barca vale l’altra e non si attraversa il mare se non per  ritornare alla vita di prima.

E la tenebra già si era fatta

“Ed è subito sera” scriveva un poeta … Meglio sarebbe dire: “Ed è subito notte”. Nella sera c’è ancora un barlume di luce, nella notte è il regno delle tenebre.

e non era ancora venuto da loro Gesù.

Gli apostoli cominciano a sentire il peso di una mancanza. Se prima credevano ingenuamente di farcela anche da soli, ora li assale l’angoscia che viene dal Maligno.

18 il mare, soffiando un vento grande, era agitato.

La potenze del male sono in allarme, perché qualcuno sta tentando la fuga… ed è una fortuna  che non ci sia Gesù. Possono scatenare tutta la loro ira contro gli eletti del Signore. Non un solo demonio, ma dieci, cento, mille si accaniscono contro la chiesa del Signore quando non vive al riparo dell’Altissimo. In qualche modo gli apostoli riescono a fare un po’ di strada, ma non sanno dove sono e neppure dove vanno.

19 Essendo spinti dunque innanzi circa venticinque o trenta stadi vedono Gesù camminante sul mare e fattosi vicino alla barca,

La situazione sarebbe certamente disperata se l’amore misericordioso del Signore non vigilasse continuamente sulla nostra vita… anche quando camminiamo in acque cattive. Non sempre tocca a Gesù venire da noi, a volte può essere che spetti a noi andare da Lui. All’origine della pericolosa situazione c’è stato sicuramente un malinteso tra Cristo e gli apostoli ed il Signore a ragione potrebbe andare altrove. Ma la Sua misericordia sempre ed ovunque ci insegue, anche quando non siamo pronti e solleciti a percorrere i suoi passi. Se rimane in noi un barlume di fede  troviamo Gesù a noi vicino, tanto più quando procediamo insieme nella casa del Signore.

ed ebbero paura.

Sentimento strano ed insolito quando c’è un rapporto d’amore profondo, più comprensibile quando c’è in atto una frattura ed un’incrinatura. Gli apostoli hanno paura, perché non si sentono a posto con la coscienza. In qualcosa hanno peccato contro Gesù. E’ questa l’origine del male e di ogni male: un rapporto mancato e sbagliato con l’autore ed il perfezionatore della vita. Quando non c’è questa coscienza di peccato, si può anche vivere bene, senza “timore” alcuno, neppure del castigo divino. Non si è ripresi dal Signore e non c’è rimprovero per la nostra coscienza, ma neppure si conosce quale consolazione e quale conforto dalla voce di Dio. Se è grande l’angoscia della colpa, molto più grande è la gioia rasserenante che ci viene dalla Sua parola, anche se non è ancora pienamente ascoltata, ma semplicemente udita.

20 Egli allora dice a loro: Io sono non abbiate paura.

Ci saremmo aspettati: “Sono Io”e non “Io sono”. Troppo semplice e troppo umano! C’è molto di più e qualcuno di diverso. Non un Figlio dell’uomo qualunque, ma il Figlio dell’uomo che è Dio e che può chiamare se stesso alla stregua del Padre, perché porta il nome Suo.

21 Volevano dunque prenderlo sulla barca e subito fu la barca a terra nel luogo verso cui andavano.

Non c’è vera volontà di andare a Dio, se non per chi accoglie il Figlio suo… nella comunità dei santi che cercano la salvezza che viene dal cielo. La fede da occhi per vedere, ma anche orecchi per ascoltare, per un approdo sicuro verso un’altra vita.

Particolare curioso: non è detto che hanno preso Gesù sulla barca, ma semplicemente che volevano prenderlo… e subito fu la barca a terra nel luogo verso cui andavano.

E’ solo questione di volere o non volere; riguardo poi alla misura ed al modo in cui Gesù si lascia prendere non ha importanza alcuna: arriveremo comunque alla meta. Ed è questo che importa e che ci sta a cuore.

22 L’indomani la folla che era rimasta al di là del mare vide che una barchetta altra non c’era là se non una sola

Ci sono sempre quelli che nella loro ricerca del Signore arrivano il giorno dopo, quando altri sono già con Gesù, e devono prendere atto che non c’è altra via ed altro mezzo per andare a Cristo se non quello indicato dalla chiesa. Non una chiesa qualsiasi ma quella che poggia sull’insegnamento dei dodici apostoli. Per quanto la chiesa possa apparire poca cosa, fa da guida e da spartiacque per tutti coloro che vogliono andare a Gesù.

e che Gesù non era entrato insieme ai suoi discepoli  nella barca ma soli i suoi discepoli erano partiti

Questi ultimi vedono bene, ma non vedono tutto. Vedono che i discepoli sono partiti soli, come alla ventura, senza alcuna garanzia da parte di Gesù. Allorché si ha fede in un altro c’è sempre il rischio di restare gabbati. Si parte in veste di reietti, ma allorché si è in viaggio il Signore si fa presente e manifesta la sua potenza ed il suo amore. Ma questo non vedono e non comprendono coloro che sono ancora fermi alla deriva e non si decidono a compiere il santo viaggio.

23 Altre barchette vennero da Tiberiade vicino al luogo dove mangiarono il pane avendo reso grazie il Signore. 24 Quando dunque la folla vide che Gesù non era là né i suoi discepoli, salirono essi sulle barchette e andarono a Cafarnao cercanti Gesù.

Quando c’è pane per tutti e per di più è dato gratuitamente, altri accorrono alla festa e si aggiungono ai primi e tutti si danno un gran daffare per non perdere una facile occasione.

25 E avendolo trovato al di là del mare gli dissero: Rabbì quando sei venuto qui?

Non si trova Gesù se non al di là del male. Salto difficile e cammino incerto che nessuno può percorrere da solo senza il Signore.

Eppure c’è anche chi scavalca il travaglio di una rinascita e senza fatica e senza dolore si trova subito a tu per tu con Cristo.

Ma con quale luce e con quale cuore? Non c’è intelligenza del Figlio di Dio: Gesù è un semplice maestro. E neppure c’è conoscenza del Salvatore.

Quando il superamento del male è un problema soltanto umano e terreno in cui Dio non entra se non come giudice che conferma o smentisce, allora anche Cristo può apparire come uno dei tanti che hanno superato il male.

Non importa il come: ciò che unicamente ha rilevanza; importa il quando: ciò che non ha importanza alcuna.

Considerazioni e domande di tal spirito non meritano neppure una risposta, ma un drastico intervento. Gesù mette subito il dito sulla piaga.

26 Rispose a loro Gesù e disse: Amen, amen dico a voi, cercate me non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato dai pani e foste saziati.

Mettiamo subito le cose in chiaro e diciamo quello che è vero.

Voi cercate me non perché avete visto i segni della mia potenza divina, ma semplicemente perché avete mangiato dei pani ed è stata saziata la vostra fame materiale.

Di quali segni parla Gesù, se non di quelli che egli opera contro le potenze del male, per attestare che Lui è l’unico vincitore della morte?

Non altrimenti vanno compresi i prodigi di Gesù, se non come una manifestazione del suo potere sul Maligno e su tutto ciò che viene dal Maligno.

Se i segni portano un beneficio materiale, come il cibo e la salute fisica, non è questo che deve importare e neppure è questo che si deve ricercare.

Importa conoscere quale potenza di resurrezione sia in Cristo Gesù. Misero l’uomo che gusta il miracolo della guarigione fisica e non vuole quella spirituale.

Ancor più infelice chi trova saziati in Cristo i propri bisogni terreni: se pure avrà la pancia piena, avrà il cuore vuoto di ogni bene e di ogni grazia dal cielo.

27 Operate non per il cibo che perisce, ma per il cibo che rimane per vita eterna, che il figlio dell’uomo a voi darà! A questi infatti il Padre, Dio ha messo il sigillo.

L’uomo cerca l’immediato beneficio del proprio operare ed anche in questo manifesta la propria immaturità ed il proprio essere bambino, non nel senso positivo della parola, ma nella sua accezione negativa, come colui che non sa operare in senso finale, per la vita eterna.

Il bambino si accontenta di ciò che è immediatamente dato ed è destinato a perire, l’adulto cerca ciò che rimane per sempre.

Non si è adulti se non in Cristo e per Cristo. E’ Lui e soltanto Lui il segreto per una crescita che l’uomo non desidera e non comprende, anche se ogni giorno tocca il proprio limite ed il proprio destino di morte.

C’è chi si rassegna e si accontenta dell’oggi. La letteratura è piena di detti “sapienziali” al riguardo.

Possono piacere a molti ed anche ai più, non piacciono all’uomo che ha preso coscienza di vita eterna.

Se il cibo che mangiamo ogni giorno ci fa rimanere bambini, allora per diventare adulti bisogna nutrirsi di un cibo diverso, che è dato da Colui che è diverso.

Così si presenta Gesù all’uomo: come figlio dell’uomo si nutre come ogni altro mortale, come figlio di Dio nutre ogni uomo con un cibo che viene dal cielo.

A questi infatti il Padre, Dio ha messo il sigillo.

Nessuno s’inganni al riguardo. A nessun altro è dato dal Padre il potere di donare vita eterna.

Se il sigillo è garanzia d’autenticità, nessun altro sigillo si può mettere se non quello che è stato messo dal Padre, su Colui che è stato mandato dal Padre; non come l’uno fra i molti, ma come l’uno per i molti.

28 Dissero dunque a lui: Cosa facciamo affinché operiamo le opere di Dio?

E’ il solito ritornello che ritorna ad ogni piè sospinto. Se è solo questione di opere, dicci in che cosa sbagliamo e che cosa dobbiamo fare.

Duro è il cuore dell’uomo e non vuole comprendere: prima ancora del fare c’è l’ascoltare e prima dell’ascoltare c’è la Parola di Dio.

Che tutto si risolva nelle nostre opere e con le nostre opere è convinzione che viene dal Maligno.

Cosa giova ad Israele aver ricevuto la Legge di Dio, se non ha maturato alcuna capacità di ascolto?

Quand’anche l’uomo osservasse i precetti di Dio, non per questo può sottrarsi al confronto con la Sua Parola.

Nessun rapporto d’amore può scavalcare la Parola: c’è il tempo dell’operare e c’è il tempo dell’ascoltare.

Niente di più bello e di più grande che sedere ai piedi di Gesù per riempire il cuore di tutto ciò che esce dalla Sua bocca. Se poi non  volete assolutamente capire e le opere sono un chiodo fisso che non  riuscite a togliere, allora sappiate che ogni opera approvata da Dio poggia su di una sola opera.

29 Rispose Gesù e disse a loro: questa è l’opera di Dio: che crediate a colui che egli inviò.

Non si può continuare all’infinito in un dialogo tra sordi: non c’è salvezza se non per coloro che accolgono il Salvatore.
Il confronto con la Legge ha avuto il suo tempo ed ha fatto il suo tempo: ciò che è stato dato dal cielo ora deve essere messo da parte, per lasciare spazio a Colui che è stato inviato dallo stesso cielo.
Un continuo ritorno alla Legge rinchiude l’uomo in un giro vizioso, senza soluzione e senza via d’uscita.
30 Dissero allora a lui: Quale dunque segno fai tu , perché vediamo e crediamo a te?

L’uomo che non comprende quale potenza nella Parola continua a cercare la potenza che si manifesta dalle opere.

Così presto si dimentica che tutto è stato creato dalla Parola ed in virtù della Parola.

Peggio ancora, la potenza che si manifesta attraverso la Parola è vista in antitesi ed in contrapposizione alla potenza che si esprime attraverso le opere.

Non può soppiantarla se non facendo opere ancora più grandi. Per credere si vuole vedere; ma il vedere di per sé non garantisce l’ascolto. Nessuno può farsi garante dell’ascolto se non Colui che parla, allorché parla.

Cosa operi? 31 I nostri padri mangiarono la manna nel deserto, come è scritto: Pane dal cielo diede a loro da mangiare.

Prima si chiedono i segni in tono provocatorio; poi si accondiscende ad un confronto più ragionevole; ma quando le opere sono un chiodo fisso è difficile per Gesù fare il lavaggio dei cervelli.

La manna che Dio mandò dal cielo fu sufficiente per sfamare l’intero popolo di Dio. Non risolse però il problema della fame se non nel tempo e per un tempo e soprattutto non diede vita eterna.

32 Disse allora a loro Gesù: Amen, amen, dico a voi, non Mosè ha dato a voi il pane dal cielo, ma il Padre mio dà a voi il pane dal cielo quello vero.

La parola di Gesù si fa più polemica e vuol indurre allo scandalo. Prima o poi si deve pur dire come stanno le cose.

Il pane di Dio è ora visto come pane di Mosè. Non si dissacra il dono di Dio ma lo si riconduce ad una dimensione più umana e terrena.

E’ stato dato per intercessione dell’uomo e per necessità contingenti. Ora è dato un pane dal cielo per intercessione divina. Non si passa più per le mani dell’uomo, ma per le mani dello stesso Dio. Vi è un pane che è vero, vi è un pane che vero non è. Non porta il sigillo della verità se non ciò che dura per la vita eterna.

33 Infatti il pane di Dio è quello che discende dal cielo e che dà la vita al mondo.

Un altro passo in avanti per mettere chiarezza.

Se il pane di Dio è quello che discende dal cielo, non può dirsi vero pane se non quello che è dato per il mondo intero e non per il solo Israele.

Siamo ormai giunti al limite della rottura. Il popolo eletto deve rivedere in modo diverso la propria chiamata ed il proprio rapporto con la Parola rivelata.

La verità che è sorta in Israele non può essere relegata al solo Israele. E’ giunta l’ora della sua manifestazione al mondo intero. Alla luce di questa rivelazione gli Ebrei devono considerare in maniera diversa il loro rapporto con la Legge.

34 Dissero allora a lui: Signore, da’ sempre a noi questo pane.

Non c’è peggior sordo di chi non vuol comprendere. Perché dite “ da’ sempre a noi ”, quando Gesù  promette al mondo intero?

35 Disse a loro Gesù: Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà  fame, e chi crede in me non avrà  mai sete.

Pane è l’alimento che nutre e sostiene la vita. Senza pane non si può vivere: così nella cultura e nella civiltà dei popoli mediterranei. Chi ha pane a sufficienza non patirà affatto fame e neppure avrà sete ovvero desiderio di un altro cibo.

Nel pane è ogni sazietà e la pienezza del sapore.

Cosa si può desiderare di meglio e di diverso?

Nulla per l’uomo carnale che è schiavo dei piaceri e dei bisogni del proprio corpo!

Ma allorché l’uomo recupera la propria dimensione spirituale ed il proprio essere davanti a Dio, ecco nascere in lui fame e sete di un pane diverso.

E’ Gesù l’unico e vero pane della vita. Chi va a lui non avrà fame di altro e avrà spento ogni sete di beni terreni.

A questo punto la Parola di Gesù chiede non solo un ascolto ed un assenso ma anche una verifica, senza la quale tutto resta campato per aria: una semplice filosofia della vita, forse più bella e più perfetta di ogni altra, ma pur sempre lettera morta per chi non vuole entrare nell’esperienza della fede.

36 Ma ho detto a voi che pur avete visto me e non credete.

Queste cose non le ho dette a tutti e a persone qualunque, ma a voi che avete visto me e non credete.
C’è anche chi crede senza aver visto. Nessuna polemica dunque verso coloro che credono, ma l’urgenza del momento e la serietà dell’argomento chiedono un confronto serrato anche con coloro che manifestano un cuore lontano da Dio.
E’ l’ultima grande possibilità di salvezza che viene offerta agli increduli: oltre c’è solo un giudizio di condanna.
37 Ognuno che dà a me il Padre a me verrà,

La salvezza è semplicemente un dono che viene dal Padre e chi afferra tale dono non troverà rifugio di salvezza se non nell’unico Salvatore.

Il Padre ci ha fatti per il Figlio suo e non c’è andare a Gesù se non per grazia e volontà del Padre.

Nulla di fatalistico e nessun accenno ad una qualche teoria della predestinazione.

Il Padre ci ha messi tutti nelle braccia del Figlio suo e a nessun altro volto possiamo guardare se non a quello del Cristo. Chi non viene al Cristo non manifesta una diversa volontà del Padre ma una diversa volontà rispetto a quella del Padre.

e chi viene a me non getto affatto fuori,

Se non si deve temere una volontà a noi avversa da parte del Padre, tanto meno si deve temere una diversa volontà da parte del Figlio. Chi si mette nelle mani di Gesù ha garanzia assoluta che non sarà affatto rigettato

38 perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà ma la volontà di colui che ha inviato me.

In Cristo la nostra volontà di salvezza s’incontra con una medesima volontà che viene dal cielo e che procede dal Padre.

Se il problema della salvezza riguardasse solo noi e Gesù, potremmo anche liquidare alla svelta il Figlio dell’uomo.

Ma ora sappia il mondo intero che Cristo è Salvatore dell’uomo non per volontà propria, ma per volontà del Padre.

Per questo è disceso dal cielo, perché sia fatta anche in terra la volontà di Dio. Me e non altri ha inviato l’unico eterno Signore.

Non stiamo parlando di una ipotetica salvezza e di una via per entrare nella vita eterna, ma dell’unica via. Fuori da essa c’è un destino di morte eterna.

39 Questa ora è la volontà di colui che ha inviato me: che ognuno che ha dato a me non perda da lui, ma risusciti lui nell’ultimo giorno.

E’ volontà del Padre non solo che non andiamo in perdizione, ma anche che risuscitiamo nel giorno del giudizio.

Non solo la vita non è perduta, ma è anche cambiata e rinnovata per un destino di eterna gloria.

40 Questa infatti è la volontà del Padre mio: che ognuno che vede il figlio e crede in lui abbia vita eterna, e io risusciterò lui nell’ultimo giorno.

In che modo ognuno vede il Figlio se non con gli occhi della fede, che sono dati a tutti e sono per tutti? C’è anche chi non vede, ma solo perché non vuole vedere.

L’affermazione di Gesù è forte e rivoluzionaria rispetto al modo di pensare dei Giudei.

Perché se era fuori discussione il valore di una vita in Dio e per Dio, ora a voce alta e a chiare lettere è detto all’uomo che in Cristo risorgeremo per una vita eterna.

Ciò che era una semplice speranza ed una ipotetica possibilità, ora viene dato per assolutamente certo dal Logos di Dio. Ciò che era semplicemente intravisto da alcuni ora è rivelato a tutti.

Non solo: Cristo stesso sarà l’artefice della resurrezione e con ciò è tolto ogni dubbio che Cristo sia altro o altri da Dio.

41 Mormoravano dunque i Giudei di lui perché aveva detto: Io sono il pane quello che è disceso dal cielo, 42 e dicevano: Non è questi Gesù il figlio di Giuseppe, di cui noi conosciamo il padre e la madre? Come adesso dice: Dal cielo sono disceso?

La reazione da parte dei Giudei è violenta, ma non colpisce più di tanto. Le affermazioni di Gesù sono di una portata talmente grande che si è pur costretti a prendere posizione o con Lui o contro di Lui. La mormorazione contro il Signore è un peccato molto grave e non rappresenta una novità. I Giudei sapevano molto bene quali castighi erano stati riservati a coloro che avevano mormorato contro Javè. Ma questa è una chiara dimostrazione che il loro cuore si dissocia subito da Gesù, non riconoscendo in lui il Figlio di Dio.

Per i Giudei, nonostante i segni e i prodigi operati, Gesù è e rimane uno dei tanti figli di Israele e nemmeno sconosciuto se di lui tutti conoscono il padre e la madre.

In quanto ad una paternità celeste non riescono nemmeno a prenderla in considerazione. Come può essere disceso dal cielo colui che è nato da un’unione carnale?

Se ci è facile giudicare e condannare i Giudei ragionando col senno di poi, dobbiamo ammettere che il loro stupore non ha in sé nulla di straordinario. Straordinaria invece deve essere considerata la fede di chi crede in Gesù.

Ma a questo punto si deve anche riconoscere che un grande miracolo è avvenuto in noi e che la grazia è discesa dal cielo. Gesù ne è ben consapevole. Non si irrita e non condanna, ma richiama i Giudei con dolcezza e pazienza, perché considerino in maniera diversa e meno superficiale il loro rapporto con Gesù di Nazaret.

43 Rispose Gesù e disse a loro: Non mormorate gli uni con gli altri.

Non veniamo a capo del discorso della fede in Cristo mormorando tra noi i nostri dubbi e le nostre perplessità. Bisogna affrontare il problema in maniera diversa, considerando innanzitutto quale dono ci è stato dato e quale miracolo è stato operato in cielo.

44 Nessuno può venire se il Padre, colui che inviato me, non attiri lui,

Non è innanzitutto una questione nostra che si possa risolvere con parole umane. Siamo di fronte ad un fatto nuovo, unico e non soggetto a pentimento.

Il Padre che ha inviato il Figlio, Lui stesso attira i cuori al Figlio.

Vi è in atto una potenza, dapprima trattenuta e data in minima parte, che ora opera in pienezza.

Questa innanzitutto bisogna considerare e questa si deve afferrare. A nulla giovano le discussioni: sono superate dal dono della grazia che opera con la potenza dello Spirito Santo.

Lasciatevi afferrare e vivificare dal nuovo soffio dello Spirito divino: diversamente è la morte eterna.

e io risusciterò lui nell’ultimo giorno.

Non c’è altra potenza di resurrezione se non in Cristo Gesù. Ogni altra via conduce alla perdizione.

45 E’ scritto nei profeti: E saranno tutti ammaestrati da Dio: ognuno che ha ascoltato dal Padre e ha imparato viene a me.

Neppure si deve pensare ad un intervento divino del tutto arbitrario che necessariamente coglie l’uomo alla sprovvista, giustificando con ciò il rifiuto di chi non ha ancora perduto la testa. Perché tutto è preparato da tempo, così come è attestato dai profeti. E saranno tutti ammaestrati da Dio:

Se l’esame che si deve affrontare è duro, dobbiamo tirar fuori quello che abbiamo imparato in tanti anni di scuola.

Non si affronta un esame di maturità a cuor leggero e neppure può pretendere di essere promosso chi non ha mai dato ascolto all’unico maestro.

C’è anche chi va a scuola tutti i giorni, ma solo per scaldare le sedie e nulla ascolta e nulla intende.

ognuno che ha ascoltato dal Padre e ha imparato viene a me.

Ora finalmente sono premiati coloro che hanno ascoltato ed imparato, perché è loro concesso di mettersi alla sequela di Cristo. Per imparare ancora di più e per raggiungere finalmente la statura dell’uomo perfetto che è considerato degno di diventare in eterno figlio di Dio in virtù dell’unico Figlio, Cristo Gesù, primogenito di molti fratelli, speranza nostra e salvezza nostra.

46 Non che qualcuno abbia visto il Padre se non colui che è da Dio, questi ha visto il Padre.

“Vedere il Padre”: è il coronamento della vita e di ogni vita, ma chi mai è arrivato a tanto? L’unigenito Figlio suo.

Ancora una volta Gesù si presenta come il diverso, non nell’ordine di ogni altro uomo, ma come colui che non è da carne e da sangue, ma da Dio stesso.

L’affermazione mette in imbarazzo: Colui che vede con altri occhi è visto diversamente dagli occhi degli altri.

Il mistero del Cristo si complica ancora di più perché dice di se stesso non di vedere il Padre, ma di aver visto il Padre.

Forse che ora non lo vede più? Il Dio che si è fatto uomo ha cessato con ciò di essere Dio?

Vede Dio chi è come Dio, è visto come uomo chi è uomo. Come può Dio farsi uomo? Cessa con ciò di essere Dio, allorché dice di se stesso non di vedere ma di aver visto il Padre?

Ce n’è abbastanza per confondere l’intelligenza più viva ed acuta.

E’ solo questione di fede e non di altro. Così prosegue Gesù:

47 Amen, amen dico a voi: il credente ha vita eterna.

Il Signore mette subito le mani avanti.

Inutili e fuorvianti sono i vostri ragionamenti: non ne verrete a capo.

Non c’è rapporto con il Figlio dell’Uomo, se non nello spirito della fede. Qualsiasi atteggiamento di diffidenza, di messa in discussione della parola di Gesù porta fuori strada: non siamo più nell’ordine del naturale, ma del soprannaturale.

La luce della ragione è del tutto insufficiente, c’è bisogno di un’altra luce. Affermazioni così nude e crude chiedono una fede altrettanto nuda e cruda… il credente ha vita eterna. Perché si crede, non c’è tempo di indagare: giova volere la vita eterna. E chi vuole la vita eterna l’afferra al volo hic et nunc,  ( qui ed ora ) allorché è data.

48 Io sono il pane della vita.

Volete il pane che dà vita eterna? Eccolo ed eccomi. Non siete interessati? Perirete come ogni altro uomo.

A nulla vi giova l’elezione divina ed una storia passata. Siete stati nutriti e  ed accresciuti per una vita diversa.

E’ tempo di raccogliere i frutti di ciò che è stato seminato e di nutrirsi di un cibo celeste. Non vi chiudete nell’illusione del passato: anche se bello e grande conduce alla morte.

49 I padri vostri mangiarono nel deserto la manna e morirono;

Anche se Israele ha conosciuto un intervento divino del tutto unico ed eccezionale, non per questo è sfuggito al destino di ogni mortale. Bisogna ora passare dall’immagine alla realtà, dal pane materiale che è disceso dal cielo, al pane spirituale che è disceso dallo stesso cielo.

50 questi è il pane quello dal cielo discendente,

E’ il Figlio di Dio il pane vero che discende dal cielo. Allorché è disceso è anche offerto, allorché è offerto può anche essere colto.

affinché chi da esso mangi anche non muoia.

Non resta che mangiare da esso. Nessuno che abbia fame di vita eterna cerca altro ed altrove. Quando l’uomo è titubante ed incerto e non prende l’occasione al volo, veramente c’è da dubitare che voglia la vita eterna. Gesù non solo è garanzia di vita eterna, ma è pure garanzia di un cuore sazio, allorché si lascia saziare da Lui. Non siamo di fronte ad una promessa a lungo termine. Il tempo dell’attesa spaventa anche l’uomo più audace. La vita eterna è già in atto ed è già posseduta da chi crede nell’Unigenito Cristo Gesù.
51 Io sono il pane vivente quello disceso dal cielo; se qualcuno mangia da questo pane vivrà in eterno,

Gesù identifica se stesso con il pane disceso dal cielo: non dà semplicemente il pane di vita, ma è Lui stesso il pane della vita. Prima ancora di mangiare di questo pane, bisogna mangiare da questo pane.

Non si trova e non si scopre il valore del sacramento se non nell’atto della fede, conforme alla sua pienezza.

Prima ancora di nutrirci del corpo eucaristico di Gesù, dobbiamo nutrirci della sua Parola, nell’obbedienza alla sua volontà.

Non a caso il dono eucaristico è collocato al futuro, mentre l’atto di fede è chiesto al presente. Si mangia perché si crede, non si crede solo perché si mangia.

e il pane poi che io darò è la mia carne per la vita del mondo.

La vita di Cristo è già nella fede nel suo nome. Allorché nutriti e saziati della sua Parola, ci sarà dato di nutrirci e saziarci anche del suo corpo e del suo sangue.

Non si può dire, come vorrebbero alcuni, che il vangelo di Giovanni ignori i sacramenti. Più semplicemente cerca di riportarli al loro reale significato.

Alla base di tutto c’è la fede e solo la fede. Diversamente si cade in formalismi ed assurdità che portano alla morte eterna.

52 Lottavano allora gli uni con gli altri i Giudei dicendo:

Espressione veramente strana! Si potrebbe pensare che erano in disaccordo gli uni con gli altri.

E questo può anche essere vero per quel che riguarda le conclusioni che si tirano. Ma il testo vuol dire altro.

Lottavano non gli uni contro gli altri, ma gli uni con gli altri, nel senso che ognuno cercava di sopravanzare l’altro per far risaltare maggiormente l’assurdità della Parola di Cristo.

Non c’è volontà di chiarezza, ma si fa a gara per confondere sempre di più, perché non rifulga nei cuori la luce di Gesù.

Come può questi a noi dare la sua carne da mangiare?

Tutta la disputa verte sul modo: ignora la sostanza del discorso.

Se il problema dell’eucaristia si riduce a tutto ciò, allora veramente non c’è via d’uscita.

Niente di più strano, di più assurdo, di più incomprensibile. Il modo è un problema che riguarda Dio e il Figlio suo: per noi è solo una questione di fede.

Perché così e non altrimenti? La risposta è negli arcani misteri della volontà divina. Ci basti fare come Gesù ci ha chiesto e comandato. Quando l’uomo vuol capire troppo e di più, allora corre il rischio di perdere anche ciò che a tutti è dato gratuitamente.

Il Padre nutre tutti i figli suoi, anche quelli che non comprendono e sono ritardati di mente, ma solo se hanno veramente fame ed aprono la loro bocca e guardano al Suo volto.

53 Disse dunque a loro Gesù: Amen amen dico a voi: se non mangiate la carne del figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete vita in voi stessi.

Mangiare la carne e bere il sangue del Figlio: non è una semplice possibilità di salvezza, ma è l’unica via che l’uomo debba percorrere per giungere alla vita eterna.

Non esiste alternativa propria a ciò che è stato predisposto dal Padre stesso. Non c’è salvezza se non per chi si alimenta con il dono che Cristo fa di se stesso.

E’ stato notato da più parti come il contesto del discorso non sia eucaristico. L’istituzione dell’eucarestia è fatta in un momento diverso; Giovanni non ne parla.

In questa ottica le parole di Gesù possono essere diversamente interpretate. Possiamo cioè intendere che “mangiare la carne e bere il sangue del Figlio dell’uomo” si debba considerare in un senso puramente spirituale: fare propria la vita di Cristo, come se ci nutrissimo della sua stessa carne e del suo stesso cibo.

Se Cristo è il Verbo  innanzitutto dobbiamo nutrirci e dissetarci della sua Parola, attraverso una lettura ed una meditazione attenta e quotidiana della Sacra Scrittura.

Chi ascolta è reso simile a colui che parla, in virtù di un travaso di vita che ci rende uomini nuovi ad immagine del Figlio. “Dacci oggi il pane sovrasostanziale ( quotidiano)”: si va oltre la semplice materia, per attingere ad un cibo spirituale.

Si può sottolineare l’importanza dell’eucarestia quotidiana, si può intendere la necessità di una lettura e di una meditazione continua ed assidua della Parola del Signore.

Ogni cristiano propende per questa o quella interpretazione. Ma bisogna precisare che si tratta di aspetti complementari e non antitetici.

Dapprima si fa propria la Parola attraverso l’ascolto: l’ascolto è garanzia di un cambiamento di mentalità, fa nuova la nostra volontà e crea il desiderio di una comunione sempre più stretta col Cristo.

L’ascolto della Parola è tuttavia segnato dal limite: non di colui che parla, ma di colui che ascolta. Ognuno comprende quello che può e vuole comprendere. E’ un nutrimento non completo.

Per questo dopo aver ascoltato la Parola dobbiamo mangiare la stessa Parola, per una più completa assimilazione e per un nutrimento pieno, condizionato questa volta non da Colui che mangia, ma da Colui che si fa mangiare.

Nell’eucarestia è la totalità e la pienezza del Cristo, che si dona ad ogni uomo, sopra ed oltre ogni capacità di umana ritenzione.

La comunione che avviene attraverso l’ascolto della Parola, porta con sé inevitabili divisioni dovute alla diversità delle intelligenze e delle culture.

Non si va oltre, se non nell’umile condivisione del cibo eucaristico: rinuncia ad un rapporto esclusivamente nostro col Cristo, accettazione di una comunione universale col Cristo, così come da Lui voluta e data.

Allorché siamo davanti al corpo ed al sangue di Gesù, tacciono le nostre ragioni, per lasciare il posto alle Sue.

Non ci sarà comunione di cuori se non quando le ragioni dell’uomo e di ogni uomo lasceranno il posto a quelle di Dio.

C’è ancora chi fa come i Giudei: invece di afferrare la vita nuova e di accostarsi all’eucarestia si perde in vane ed inutili dissertazioni sul come.

54 Colui che mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io risusciterò lui nell’ultimo giorno. 55 Infatti la mia carne è vero cibo, e il mio sangue è vera bevanda.

Gesù si ripete fino ad apparire noioso.

Alcuni commentatori vedono in queste ripetizioni aggiunte e manipolazioni successive alla prima stesura del Vangelo.

In realtà si giustificano da sole. Va detto e ripetuto ogni giorno ed ogni momento: non c’è salvezza senza Cristo Gesù.

Innanzitutto come si dona a noi attraverso la Parola, da ultimo come è dato a tutti nell’eucarestia.

Non ci è data una vita qualunque, ma “vita eterna”. Non ci sarà resurrezione nell’ultimo giorno se non per quelli che sono di Cristo, ad opera di Cristo.

Non c’è altro vero cibo se non la Sua carne, non c’è altra vera bevanda se non il suo sangue. E’ un discorso di verità, non semplicemente edificatorio e di consolazione.

Non è frutto di opinione umana: è espressione ultima e definitiva della Verità. Va posto in alto, sopra tutto e prima di tutto.

In Giovanni il discorso eucaristico perde la sua collocazione storica  ed assume un significato ed un’importanza universali.

E’ la sostanza e il compendio della salvezza: possiamo metterlo in ogni tempo della vita di Gesù.

Ciò che è compendio della salvezza è anche suo fondamento: viene dopo, ma può anche essere messo prima. E’ sempre attuale e vivo, sin dall’inizio.

Ciò che è manifestato e spiegato nel tempo e col tempo ha valore salvifico da subito.

Ciò che è detto in immagine ha già la forza della realtà. Nulla esclude e contraddice la logica del discorso.

Perché mai si dovrebbe credere che Gesù solo alla fine della sua esistenza terrena abbia parlato dell’eucarestia?

Possiamo lecitamente pensare che le parole del Vangelo di Giovanni siano storicamente attendibili e fondate.

L’una verità non esclude l’altra, semmai la completa e la giustifica.

Altre considerazioni si possono fare al riguardo.

Molti esegeti hanno ipotizzato nell’evangelista la volontà di liberare la comunione dai suoi aspetti materiali e da una interpretazione di tipo magico.

Giovanni scrive in un tempo in cui la chiesa è già cresciuta di numero: il pericolo di un travaso della mentalità pagana era sempre vivo ed attuale.

Era necessario recuperare il significato spirituale della comunione, che è ben più di un semplice “mangiare”.

Se non c’è assenso del cuore e fede in Cristo, a nulla giova riempirsi il ventre di cibo eucaristico.

Va recuperato il rapporto con Gesù che è innanzitutto ascolto della Sua parola e obbedienza alla Sua volontà: solo in quest’ottica si comprende e si giustifica ogni mangiare la sua carne e  bere il suo sangue.

Giovanni l’evangelista è in piena sintonia con l’Apostolo Paolo: “Chi mangia e beve senza discernere, mangia e beve la propria condanna”.

Non c’è bisogno di ipotizzare chissà quali manipolazioni successive per raggiungere concordanza di significato. E’ questo il senso del Vangelo di Cristo, così come fu annunciato ai primi cristiani e così come essi annunciarono a tutte le generazioni successive.

Non esiste innanzitutto ciò che è peculiare di Luca, Giovanni, Paolo, Pietro: innanzitutto c’è l’unicità e l’univocità della Parola.

Ciò che è detto da un apostolo è detto da tutti gli altri apostoli, in modi e tempi diversi, ma per bocca dell’unico ed eterno Logos.

56 Colui che mangia la mia carne e beve il mio sangue in me rimane e io in lui.

Non basta mangiare e bere una sola volta per avere vita eterna.

Se la fede è assenso del cuore e obbedienza alla volontà di Dio bisogna pur sottolineare che è chiesta una perseveranza ed una crescita.

Una volta che siamo immessi nella vita di Gesù bisogna rimanere in lui. Ma questo non è possibile se non ci si alimenta ogni giorno del cibo che viene dal cielo, con la lettura e l’ascolto della Parola, nutrendoci di Essa nella celebrazione eucaristica.

Non ci sembra che Giovanni voglia sottolineare la necessità della comunione quotidiana, quanto la necessità di nutrirci ogni giorno del dono che Cristo fa di se stesso al mondo, in forma ed in misura diversa, ma sempre in modo unico, irripetibile e non riducibile a un qualsiasi altro cibo.

Coloro che ogni giorno fanno la santa comunione sicuramente afferrano la pienezza del dono, ma non ci sono elementi sufficienti nel Vangelo per escludere dalla vita di Cristo coloro che partecipano solo alla messa domenicale.

Benché auspicabile, la comunione quotidiana non è imposta e richiesta dalla chiesa. Anche in questo si vede e si gioca la maturità di ogni cristiano, ma non può essere fattore ed elemento discriminante.

in me rimane e io in lui.

E’ tagliata alla radice ogni sorta di fede fatalistica in virtù della quale la vita nuova, allorché in atto, è garantita in ogni caso dal solo Gesù.

Cristo rimane in noi soltanto se noi rimaniamo in lui. E’ fuori discussione un continuo assenso della nostra volontà. Si può sempre tornare indietro, alla vita di un tempo, anche all’ultimo minuto di questa esistenza.

57 Come mandò me il vivente Padre anch’io vivo per mezzo del Padre, ed il mangiante me anche quello vivrà per mezzo di me.

Solo il Padre può essere chiamato il Vivente, cioè Colui che ha la vita in sé. Tutti le altre creature non hanno vita se non in Lui e per Lui.

Anche Gesù sembra in qualche modo mettersi al di sotto del Padre al livello di ogni altra creatura anch’io vivo per mezzo del Padre. Tutto questo sarebbe giustificabile e plausibile se il versetto seguente non segnasse subito un distacco tra l’Unigenito Figlio di Dio e qualsiasi altro figlio. il mangiante me anche quello vivrà per mezzo di me.

Il Figlio non solo e non semplicemente vive per mezzo del Padre, per potenza Sua, ma lui stesso ha il potere di dare la vita.

A questo punto Gesù non si pone come una creatura fra le tante, ma come il Figlio Unico , esclusivo, il primogenito di molti fratelli che come ogni figlio riceve la vita dal Padre, ma che diversamente da ogni altro figlio la dona ai propri fratelli.

Se Cristo ha la vita direttamente dal Padre, appare chiaro che qualsiasi altro figlio di Dio non ha vita dal Padre se non in Cristo ed in virtù di Cristo. Nessuno può andare direttamente al Padre se non passando per il Figlio.

Non si attinge all’amore paterno di Dio, se non passando attraverso quello fraterno, così come ci è manifestato e donato in Cristo.

58 Questi è il pane quello che è disceso dal cielo, non come mangiarono i padri e morirono.

Affermazione forte e sconvolgente. Non solo Gesù si fa come Dio: molto di più prende il Suo posto, allorché nega che si possa andare al Padre se non attraverso il Figlio e che ci sia altro pane disceso dal cielo se non la sua carne ed il suo sangue offerti per la vita del mondo.

Ne volete una prova? I vostri padri mangiarono la manna mandata dal Padre dal cielo, eppure morirono. C’è bisogno di ben altro cibo. Se il mandante è lo stesso ed unico Padre, la diversità è in ciò ed in Colui che è mandato.

Il mangiante questo pane vivrà in eterno.

Con ciò l’opera del Figlio scavalca e supera quella del Padre. Ce n’è abbastanza per scandalizzare un qualsiasi ebreo, anche il meno dotto riguardo alla Legge.

59 Queste cose disse in sinagoga insegnando a Cafarnao.

Non solo Gesù dice ciò che non si può dire, peggio ancora lo dice nella chiesa in maniera aperta e conclamata, davanti a tutta la comunità degli eletti.

La rottura è inevitabile, non è più una semplice proposta, ma una richiesta e conditio sine qua non per essere di Cristo.

60 Molti dei suoi discepoli dunque avendo udito dissero:

Le file si assottigliano. Finchè si tratta di ascoltare un maestro,  grande a nostro avviso, si è in tanti;  allorché si segue il Figlio di Dio, nella massa si insinua il dubbio e la mancanza di fede.

Duro è questo discorso, chi può ascoltarlo?

Ascolta chi ha orecchi di ascolto ed il cuore pronto per l’evento; non ascolta l’uomo che non ha consuetudine con la Parola di Dio, non la porta nel proprio cuore e non la medita giorno e notte e neppure ha messo davanti ai propri occhi la Legge del Signore.

Chi confida nelle conversioni facili ed improvvise resterà deluso. Prima o poi conoscerà lo scandalo.

61 Avendo allora conosciuto Gesù in se stesso che mormoravano di questa cosa i suoi discepoli disse a loro: Questa cosa vi scandalizza?

Non c’è pensiero che non sia conosciuto dal Signore e nessuna mormorazione contro il cielo può passare sotto silenzio.

Quando si scandalizza di Dio, l’uomo evita il confronto diretto, il Signore lo cerca e lo provoca, perché nessun pensiero deve essere di ostacolo ad una comunione piena ed incondizionata.

62 Se dunque vedeste il figlio dell’uomo salente dove era prima?

Vi scandalizzate se vi dico che io sono  il pane di vita? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire al cielo donde è venuto e ove siede in eterno? Gesù non solo è un dio che dà la vita: è l’unico ed eterno Dio.

63 Lo Spirito è il vivificante, la carne non giova nulla; le parole che io ho detto a voi spirito sono e vita sono.

Impossibile comprendere il mistero di Cristo Figlio di Dio seguendo le categorie della carne.

Per quanto possiamo essere migliori e da più rispetto agli altri, nulla ci giova.

Bisogna entrare nella dimensione dello Spirito, che è oltre e più rispetto a quella dell’anima.

E’ lo Spirito che dà la vita e lo spirito non può essere compreso se non nello spirito e dallo spirito. Se la categoria dominante nell’anima è il comprendere, la categoria prima dello spirito è la fede, ovvero l’ascolto e l’obbedienza alla voce di Dio.

Invano si affaticano gli uomini che cercano di arrivare a Dio attraverso la sola anima.

Bisogna riscoprire e risvegliare in noi quella dimensione spirituale che è all’origine della vita: benché mortificata e sopita dal peccato dell’uomo, unica attinge direttamente a Dio.

Ora lo Spirito è dato in maniera  nuova, senza misura, perché tutti abbiamo vita in Cristo.

Non più e non soltanto un semplice alito di vita, ma un soffio pieno che investe la totalità della creatura.

Le parole che sono dette in Spirito non possono essere comprese se non nel medesimo spirito. Aprite dunque le orecchie ed il cuore allo Spirito Santo: non c’è altra urgenza e via di salvezza diversa.

6 Ma ci sono fra voi alcuni che non credono.

Se lo Spirito è dato, questo non significa che sia da tutti accolto. Accoglie lo Spirito chi crede, crede chi ascolta.

E’ innanzitutto una questione di fede: ogni altra via è una scappatoia per sfuggire il confronto. La fede non si comprende se non nello Spirito e per lo Spirito.

Conosceva infatti dall’inizio Gesù chi sono i non credenti

Non è semplicemente un problema di fede in Gesù: ancor più ed ancor prima è una questione di fede in Dio Padre, di adesione col cuore al soffio dell’alito divino che ha nome di Spirito Santo.

Se fuggi lontano, se non ti lasci investire dal calore di questo soffio, come potrai credere in Colui che  dona la pienezza dello Spirito?

Chi non crede è conosciuto da Cristo Gesù prima ancora della sua manifestazione al mondo, in relazione allo Spirito Santo.

La fede non ha una collocazione storica unica ed esclusiva.

Ciò che storicamente è definito è la manifestazione ultima e piena del Cristo.

Prima ancora della voce del Cristo vi è l’adesione alla voce del suo Spirito, che è dato in misura diversa ad ogni uomo, di ogni tempo. Chi non ascolta neppure l’alito dello Spirito Santo, come può ascoltare Colui che dona lo Spirito senza misura?

Non ci può essere fede nel Padre che non sia anche fede nel Figlio: non sono due realtà diverse, ma due aspetti diversi dell’unico Dio.

Il nostro cuore fin dall’inizio è conosciuto da Gesù, in rapporto al Suo Spirito.

Non si vuole affatto alludere ad una qualsiasi incomprensibile prescienza divina. Si vuole semplicemente dire che ogni fede è conosciuta allorché in atto, se in atto.

Fin dall’inizio, cioè fin dal momento in cui viene insufflato in noi un alito dello Spirito divino, il nostro cuore è conosciuto da Dio, perché in Lui fondato e a Lui relazionato.

Non credenti sono tutti coloro che non accolgono  il soffio dell’alito divino e, proprio per questo e solo per questo, si manifestano alla fine nemici del Figlio.

E’ nemico del Figlio anche chi non lo conosce, perché non gli è dato di conoscerlo, allorché rifiuta di ascoltare la voce dello Spirito.

Nella fede vi sono aspetti formali, dovuti al tempo in cui viviamo, alla cultura, alla possibilità di conoscenza di ciò e di Colui che è rivelato; ma vi è pure un aspetto per così dire sostanziale, ovvero la volontà di ascolto della voce dello Spirito.

E’ questo il fondamento della vera fede in Dio: la fede in Cristo non è altro da essa, ma la sua pienezza ed il suo adempimento ultimo e definitivo.

e chi è il futuro consegnante lui.

Se è conosciuta soltanto la fede o non fede che sono in atto, non può sfuggire certo alla conoscenza di Dio il momento del passaggio dall’una all’altra dimensione esistenziale.

Prima ancora di tradire Cristo in opere, il tradimento è consumato nel pensiero e col pensiero.

Non c’è moto del cuore che sfugga agli occhi del Signore Gesù, tanto più quando abbiamo in animo di abbandonarlo.

Per consegnarlo al Demonio?

Folle illusione e terribile inganno: non Cristo, ma il tuo cuore è consegnato al Maligno.

Chi rinnega Cristo “ a ragione”, rinnega se stesso e si condanna alla morte eterna.

E’ fatto salvo e perdonato soltanto chi tradisce per debolezza e “senza ragione”.

Perché non ogni tradimento è condannato, come non ogni tradimento è perdonato.

Vi è un peccato contro lo Spirito Santo che non può conoscere la misericordia divina. Si può peccare in misura ed in maniera diversa contro Cristo: Lui stesso ha riparato per noi.

Ma allorché si pecca contro lo Spirito Santo, il rapporto con Dio è tagliato alla radice.

Quale albero può essere potato, curato, nutrito da Cristo, allorché è morto alle radici dello Spirito Santo?

65 E diceva: Per questo ho detto a voi che nessuno può venire a me se non è dato a lui dal Padre.

Nessuno dimentichi: non l’albero porta le radici, ma le radici portano l’albero.

La vita è un dono di Dio: nulla possiamo fare, se non nella misura e nel modo che ci sono dati. Anche la fede in Cristo è un dono del Padre: nessuno creda di vedersela da solo col Cristo.

La sequela di Gesù innanzitutto va vista nel Padre e prima ancora alla luce dello Spirito Santo.

Se Gesù non avesse testimoni in cielo e parlasse a titolo personale, potremmo anche mandarlo a quel paese. In Cristo non è soltanto la voce del Figlio, ma ancor più ed ancor prima la voce del Padre e la voce dello Spirito Santo.

66 Da questo molti dai suoi discepoli si trassero indietro e non camminavano più con lui.

Da questo momento e dopo questo discorso molti dei suoi discepoli si tirano indietro e non camminano più con lui. Non è detto che smettono di camminare: più semplicemente non vanno più con lui. C’è chi “molla tutto” e c’è chi segue strade e vie più ragionevoli e più comprensibili. Non cambia poi molto: se è triste il destino di chi vive senza Dio, ancor più triste è il destino di chi segue un proprio Dio, senza volontà di ascolto e senza obbedienza vera.

67 Disse allora Gesù ai dodici:  Anche voi volete andare?

I maestri di questo mondo e peggio ancora i presidi e i capi d’istituto molto si preoccupano degli abbandoni: non danno lustro alla propria scuola e bisogna evitarli ad ogni costo.
Poco importa se vengono meno la qualità e la serietà dell’insegnamento: è il numero che conta.
Non così Gesù. Non si abbandona una scuola solo perché ci appare dura: bisogna impegnarsi di più ed applicarsi meglio.
Per chi rifiuta la serietà  di un discorso e la sua veracità, la porta è sempre aperta… anche per i discepoli prediletti.
68 Rispose a lui Simone Pietro: Signore, da chi andremo?

Umile e stupenda confessione di fede! Allorché abbiamo trovato il nostro Signore e  possiamo riposare tra le sue braccia, da chi andremo? C’è un solo Dio, Padre nostro, e non c’è altro amore. Quando una meta tanto agognata e tanto sospirata, finalmente è raggiunta, chi pensa mai di rimettere in gioco la propria vita?

Hai parole di vita eterna,

Chi ha già gustato il sapore dell’eternità, getta alle spalle le parole di questo mondo.

69 e noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il santo di Dio.

Prima si crede in Cristo, poi lo si conosce come il santo di Dio.

Ma sarebbe riduttivo pensare ad una fede che si risolva per tutti nella sola proclamazione del nome di Gesù. Se la fede viene dall’ascolto e l’ascolto dalla Parola di Dio, questo ascolto è chiesto ad ogni uomo.

La misura dell’ascolto non è strettamente condizionata ai modi in cui la Parola si fa udire all’uomo. In ogni coscienza è la voce di Dio; ciò che è stato dato ad alcuni e non a tutti, è la manifestazione piena e totale del Logos divino.

Una Parola più piena, ricca e sovrabbondante non comporta di necessità un ascolto altrettanto pieno. C’è anche chi ascolta di più, pur udendo di meno.

Sono questi i santi che nell’ultimo giorno verranno dall’oriente e dall’occidente, per sedersi intorno alla mensa di Abramo, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, dove è pianto e stridore di denti.

La fede di Pietro ha radici profonde che non cominciano a partire da Gesù, ma che si concludono con Gesù.

La fede in Cristo non è un ritrovato dell’ultima ora, una offerta straordinaria che annulla e rende vana ogni altra ricerca di Dio: è il coronamento delle fede in Dio Padre e la forma ultima e definitiva dell’ascolto della parola di Dio.

Non si illuda di trovare il Figlio chi mai ha cercato il Padre.

La fede degli apostoli non è il frutto di un’intuizione geniale e fortunata: è il suggello dell’amore al Padre e dell’ascolto della sua Parola.

La natura non fa i salti; neppure la fede. Non si crede nel Figlio scavalcando la fede in Dio Padre.

Nella fede bisogna distinguere la conoscenza che è frutto di una rivelazione storicamente definita e la conoscenza che  è semplice esperienza di Gesù.

Si può far esperienza di Gesù, senza aver conoscenza di Gesù, così come storicamente si è manifestato.

Se la Parola di Dio viene dal più profondo dell’uomo, non a tutti è dato saperne più di tanto.

Quel che importa è che ad ogni uomo  è data la sua voce, in maniera categorica ed immediata, così da chiedere un assenso totale ed incondizionato.

Allorché la Parola passa attraverso la rivelazione ed è mediata dalla cultura, dall’intelligenza, dai tempi dell’uomo, si rende più chiara e comprensibile: non per questo è più vera e ancor meno si può porre in antitesi a ciò che naturalmente è dato a tutti.

Una fede vale l’altra dunque ed ogni Dio è l’unico e medesimo Dio? Non è questo ciò che si vuol dire. La fede in Cristo è operativa ed attuale in tutti gli uomini che ascoltano la voce di Dio.

Non tutti ne abbiamo uguale consapevolezza e coscienza. L’annuncio del Vangelo si pone certamente come discriminante tra la fede e la non fede in Gesù, ma soltanto allorché è fatto nel Logos e conforme al Logos. Chi veramente ascolta Dio non può rifiutare il Figlio suo. Allorché c’è il rifiuto, si manifesta un cuore ostile non solo al Cristo, ma prima ancora a Dio Padre. La Parola di Dio è dunque giudizio e divisione.

Non porta il giudizio chi porta la Parola, è la Parola che porta il giudizio.

L’annuncio del Vangelo deve essere fatto in umiltà: non è un bene esclusivo nostro, ma è un dono fatto per tutti.

Richiede però anche ogni fermezza ed ogni chiarezza nell’affermazione di Cristo Gesù come il solo vero Dio e l’unico Salvatore nostro.

Non ci può essere mediazione riguardo alla persona: Lui e non altri ci conduce alla vita eterna. La mediazione riguarda piuttosto il nostro modo di accostarci al Cristo e la forma esteriore della fede. C’è anche chi litiga e si divide per questioni teologiche e liturgiche: non è questa la sostanza della fede.

Non sempre si difende le ragioni del Cristo; a volte difendiamo semplicemente le nostre.

70 Rispose a loro Gesù: Non io voi i dodici scelsi?

Non noi abbiamo scelto Gesù, ma Gesù ha scelto noi. Quel che è detto ai dodici è detto ad ogni uomo e per ogni uomo. Ne abbiamo parlato più volte e non intendiamo ripeterci.

Quello che va ribadito è che non si può trarre da queste parole nessuna teoria della predestinazione. Tanto è vero che Gesù subito aggiunge:

E fra voi un diavolo c’è!

E’ diavolo chi è venuto meno all’elezione divina e non custodisce il dono. C’è anche chi neppure prende in considerazione l’offerta di salvezza.

71 Parlava ora di Giuda di Simone Iscariota: questi infatti stava per consegnare lui, uno dei dodici.

Nessuna predestinazione, ma anche nessuna prescienza riguardo al nome degli eletti. Nessun tradimento e nessun rifiuto sono conosciuti se non quando sono in atto.

Gesù infatti sta parlando di Giuda, ma solo perché vede quanto si sta consumando nel suo cuore e non per una incomprensibile prescienza divina che fa a pugni con la libertà di scelta che Dio stesso ci ha dato.

Non  illudiamoci di una salvezza già data e garantita in virtù di una malintesa predestinazione. E’ sempre aperta la possibilità del rifiuto. Per questo non dobbiamo abbassare la guardia ma essere sempre pronti e vigilanti nella fede, perché il “diavolo come leone ruggente si aggira intorno a noi, in cerca di chi divorare”.