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Atti degli Apostoli cap28

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                                                Cap. 28
E salvati allora conoscemmo che l’isola viene chiamata Malta. 2 Gli indigeni offrirono a noi non la ordinaria benevolenza, avendo infatti acceso un falò accolsero tutti noi a causa della pioggia che era sopraggiunta e per il freddo. 3 Allora Paolo raccogliendo una certa qualità di legna secca e avendola posta sul fuoco, una vipera per il calore essendo uscita si attaccò alla sua mano. 4 Ora quando videro gli indigene l’animale pendente dalla sua mano, gli uni agli altri dicevano: Indubbiamente è un omicida questo uomo che scampato dal mare la vendetta divina non gli ha permesso di vivere. 5 Egli allora avendo scosso l’animale nel fuoco non patì alcun male, 6 quelli ora aspettavano di vederlo gonfiare o cadere giù di colpo morto. Ma aspettando essi per molto tempo e vedendo niente di insolito a lui accadente, avendo cambiato idea, dicevano che  lui era un dio. 7 Ora In quelle zone intorno a quel luogo c’era il podere del primo dell’isola di nome Publio, che avendo accolto noi tre giorni con benevolenza ospitò. 8 Avvenne poi che il padre di Publio afflitto da febbri e dissenteria giacesse a letto, dal quale essendo entrato Paolo e avendo pregato avendo imposto a lui le mani lui guarì. 9 Ora essendo accaduta questa cosa anche i rimanenti sull’isola aventi malattie venivano ed erano curati, 10 essi anche con molti onori onorarono noi e ai salpanti fornirono le cose per le necessità. 11 Poi dopo tre mesi salpammo in una nave alessandrina , che aveva svernato nell’isola, con l’insegna dei Dioscuri. 12 E avendo approdato a Siracusa vi rimanemmo tre giorni, 13 di là avendo staccato le ancore giungemmo a Reggio. E dopo un giorno essendo sopraggiunto lo scirocco in due giorni arrivammo a Pozzuoli, 14 dove, avendo trovati dei fratelli, fummo pregati di rimanere presso di loro sette giorni. E così giungemmo a Roma. 15 E di là i fratelli, avendo ascoltato le cose riguardo noi vennero incontro a noi fino al Foro Appio e alle Tre Taverne. Paolo avendo visto questi, avendo reso grazie a Dio riprese coraggio. 16 Quando poi entrammo in Roma fu permesso a Paolo di abitare per conto proprio con il soldato lui sorvegliante. 17 Avvenne poi dopo tre giorni che lui convocasse i primi dei Giudei. Essendo convenuti poi essi diceva a loro: Io, uomini fratelli, niente avendo fatto contro il popolo o le usanze dei padri sono stato consegnato prigioniero da Gerusalemme nelle mani dei Romani, 18 che avendo interrogato me volevano rilasciarmi perché nessuna colpa degna di morte c’era in me. 19 Ma opponendosi i Giudei fui costretto ad appellarmi a Cesare non come al mio popolo avendo qualcosa da accusare. 20 Per questo motivo dunque ho chiamato voi per vedervi e parlarvi, a causa infatti della speranza di Israele mi cinge 3 questa catena. 21 Quelli poi a lui dissero: Noi né lettere su te abbiamo ricevuto dalla Giudea né giungendo qualcuno dei fratelli ha annunciato o detto cosa su te cattiva. 22 Ora riteniamo opportuno da te ascoltare le cose che pensi, infatti riguardo questa setta è a noi noto che dovunque trova opposizione. 23 Avendo poi fissato a lui un giorno vennero da lui nell’alloggio molti ai quali esponeva rendendo testimonianza del regno di Dio, convincendo loro riguardo a Gesù a partire dalla legge di Mosè e dai profeti, dal mattino fino a sera. 24 E alcuni si convincevano per le cose dette, altri non credevano. 25 Ora essenti discordi gli uni con gli altri si lasciavano avendo detto Paolo una sola parola: Bene lo Spirito Santo ha detto per il profeta Isaia ai vostri padri 26 dicendo: Va’ da questo popolo e di’: Con l’udito ascolterete e non comprenderete affatto e guardanti guarderete e non vedrete affatto. 27 Infatti ingrassò il cuore di questo popolo e cogli orecchi malvolentieri hanno udito e i loro occhi hanno chiuso; perché non vedano con gli occhi e cogli orecchi odano e col cuore comprendano e ritornino, e risani loro. 28 Noto dunque sia a voi che ai gentili è stata inviata questa salvezza di Dio. Ed essi  ascolteranno. 30 Rimase poi due anni interi nella propria casa in affitto e riceveva tutti gli entranti da lui, 31 annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardo il Signore Gesù Cristo con ogni franchezza senza impedimento.

 


                                             Cap. 28
E salvati allora conoscemmo che l’isola viene chiamata Malta.
Dopo la salvezza la conoscenza piena dell’isola di approdo, secondo il nome, che le viene dato da coloro che l’abitano.
2 Gli indigeni offrirono a noi non la ordinaria benevolenza, avendo infatti acceso un falò accolsero tutti noi a causa della pioggia che era sopraggiunta e per il freddo.
È l’accoglienza fatta ai santi, a coloro che sono scampati dall’ira del Maligno. Non una comune benevolenza, ma una benevolenza al di sopra di qualsiasi altra che si possa immaginare. Il freddo della pioggia cede il posto al calore del falò acceso dall’amore e per amore.
3 Allora Paolo raccogliendo una certa qualità di legna secca e avendola posta sul fuoco, una vipera per il calore essendo uscita si attaccò alla sua mano.
Finchè siamo in questo mondo, benché ogni giorni fatti salvi dal Cristo, il Maligno continua i suoi attacchi velenosi.
Non sopporta il fuoco acceso dall’amore, esce allo scoperto attacca e si attacca alla mano di Paolo.
4 Ora quando videro gli indigeni l’animale pendente dalla sua mano, gli uni agli altri dicevano: Indubbiamente è un omicida questo uomo che scampato dal mare la vendetta divina non gli ha permesso di vivere. 5 Egli allora avendo scosso l’animale nel fuoco non patì alcun male, 6 quelli ora aspettavano di vederlo gonfiare o cadere giù di colpo morto. Ma aspettando essi per molto tempo e vedendo niente di insolito a lui accadente, avendo cambiato idea, dicevano che  lui era un dio.
Il pensiero di quelli che non hanno ancora ricevuto l’annuncio del Vangelo è mutevole ed altalenante. Facilmente sono attratti e si riempiono di stupore per la salvezza portata dal cielo. Altrettanto facilmente fanno marcia indietro quando vedono l’opera del Maligno. I giudizi fatti sulla vita di un apostolo rimangono per lo più in superficie: si vede soltanto quello che cade sotto gli occhi. Dapprima Paolo è accolto come un salvato dall’ira divina, poi lo si vede come un omicida, degno dell’ira del cielo, infine addirittura come un dio. Quando non si vive fondati nella fede e radicati nella speranza in Cristo Salvatore tutto si pensa e si dice.
7 Ora In quelle zone intorno a quel luogo c’era il podere del primo dell’isola di nome Publio, che avendo accolto noi tre giorni con benevolenza ospitò.
Rapido cambiamento di scena. Dall’uomo comune si passa al primo dell’isola, l’unico degno di essere chiamato per nome.
Publio accoglie Paolo e i suoi con benevolenza e lo ospita nella sua casa.
Altro è dare ospitalità lasciando fuori dalla propria casa, altro è lasciare entrare nella propria dimora.
Si entra subito in una comunione di cuori e di intenti. L’altro non è più un estraneo e lo si mette al corrente di ogni pena e di ogni angoscia.
8 Avvenne poi che il padre di Publio afflitto da febbri e dissenteria giacesse a letto, dal quale essendo entrato Paolo e avendo pregato avendo imposto a lui le mani lui guarì.
Publio lascia mano libera a Paolo su tutta la sua famiglia e Paolo può imporre le mani e guarire il padre afflitto da febbri.
Non può esserci opera alcuna di salvezza nella casa che non accoglie chi annuncia il Vangelo di Cristo.
Gli altri vengono semplicemente informati e messi al corrente. Nulla hanno visto e sperimentato in proprio, ma la fama delle opere di Dio passa di bocca in bocca e c’è un concorso di massa. Per la salvezza dell’anima? Non sembra proprio. L’interesse delle masse è sempre per la salute del corpo e per il benessere fisico.
9 Ora essendo accaduta questa cosa anche i rimanenti sull’isola aventi malattie venivano ed erano curati, 10 essi anche con molti onori onorarono noi e ai salpanti fornirono le cose per le necessità.
Le folle accorrono ovunque c’è aria di guarigione. Non sono respinte dal Signore, ma spesso le cure sono conformi alle loro aspettative. C’è una fede che sa rendere onore a Dio con preghiere di ringraziamento e con generose offerte ai ministri della Chiesa, che fa comparse brevi e fugaci.
Non sa trattenere chi annuncia il Vangelo: non c’è interesse per l’ascolto. Alla fine ognuno ritorna alla vita di prima e se ne va per i fatti suoi.
L’Apostolo non approfitta della situazione per fondare una qualche comunità: sarebbe un inganno ed una illusione. E neppure si lascia prendere dal male del mattone. Se ne va altrove, per annunciare ad altri e per portare altra salute. Il moltiplicarsi di luoghi di culto non accresce il numero dei fedeli: giustifica ed alimenta il pietismo popolare, che è altro dalla vera fede.
11 Poi dopo tre mesi salpammo in una nave alessandrina , che aveva svernato nell’isola, con l’insegna dei Dioscuri. 12 E avendo approdato a Siracusa vi rimanemmo tre giorni, 13 di là avendo staccato le ancore giungemmo a Reggio. E dopo un giorno essendo sopraggiunto lo scirocco in due giorni arrivammo a Pozzuoli, 14 dove, avendo trovati dei fratelli, fummo pregati di rimanere presso di loro sette giorni. E così giungemmo a Roma.
Dopo tante traversie per mare, finalmente Roma.
15 E di là i fratelli, avendo ascoltato le cose riguardo noi vennero incontro a noi fino al Foro Appio e alle Tre Taverne. Paolo avendo visto questi avendo reso grazie a Dio riprese coraggio.
L’accoglienza riservata al gruppo dai cristiani di Roma dà coraggio a Paolo. A Roma rinasce la speranza di una chiesa nuova che parla la lingua di tutte le genti.  Chi siano questi primi cristiani trovati nella capitale dell’Impero non è dato sapere. Ci sono e basta. La loro presenza di per sé sola attesta che il Vangelo ormai ha preso radici nella grande città.
16 Quando poi entrammo in Roma fu permesso a Paolo di abitare per conto proprio con il soldato lui sorvegliante.
Benchè sorvegliato speciale, Paolo gode di una sua libertà per quel che riguarda l’annuncio della Parola.
17 Avvenne poi dopo tre giorni che lui convocasse i primi dei Giudei.
La prima convocazione fatta da Paolo riguarda ed interessa i capi dei Giudei. A loro si deve annunciare per primi, perché per primi sono stati coinvolti in un disegno di divina salvezza.
Essendo convenuti poi essi diceva a loro: Io, uomini fratelli, niente avendo fatto contro il popolo o le usanze dei padri sono stato consegnato prigioniero da Gerusalemme nelle mani dei Romani, 18 che avendo interrogato me volevano rilasciarmi perché nessuna colpa degna di morte c’era in me. 19 Ma opponendosi i Giudei fui costretto ad appellarmi a Cesare non come al mio popolo avendo qualcosa da accusare.
In poche parole Paolo rende conto ai Giudei di Roma quanto gli è accaduto a Gerusalemme. Proclama innanzitutto la propria innocenza riguardo alle accuse che gli sono state mosse di aver detto ed operato contro il popolo e le usanze dei padri.
Consegnato come prigioniero nelle mani dei Romani, questi nessuna colpa degna di morte hanno in lui trovato. Al contrario volevano lasciarlo andare libero. L’ostilità persistente dei Giudei lo ha costretto ad appellarsi a Cesare per essere così condotto a Roma e cambiare aria, non come colui che ha nell’animo di accusare il suo popolo per quanto accaduto.
20 Per questo motivo dunque ho chiamato voi per vedervi e parlarvi, a causa infatti della speranza di Israele mi cinge questa catena.
Perché dunque Paolo ha convocato i capi dei Giudei che sono in Roma? Per vederli e per fare loro sapere che porta le catene a causa della speranza di Israele in un Salvatore mandato dal cielo.
21 Quelli poi a lui dissero: Noi né lettere su te abbiamo ricevuto dalla Giudea né giungendo qualcuno dei fratelli ha annunciato o detto cosa su te cattiva.
Riguardo a Paolo non sembra proprio che per lui ci sia molto interesse a Gerusalemme. Evidentemente c’è soddisfazione perché finalmente è andato fuori dai piedi, lontano dalla città santa.
22 Ora riteniamo opportuno da te ascoltare le cose che pensi, infatti riguardo questa setta è a noi noto che dovunque trova opposizione.
Diverso il discorso per quel che riguarda la nuova via a cui alcuni hanno aderito. Che si tratti di una setta è fuori discussione ed è noto che ovunque viene contrastata.
C’è interesse e volontà di ascolto riguardo all’opinione di Paolo in proposito.
23 Avendo poi fissato a lui un giorno vennero da lui nell’alloggio molti, ai quali esponeva rendendo testimonianza del regno di Dio, convincendo loro riguardo a Gesù a partire dalla legge di Mosè e dai profeti, dal mattino fino a sera.
Ha inizio così nella casa di Paolo una evangelizzazione sistematica, a partire dai Giudei. Paolo espone come uno che è stato testimone di tutto quel che riguarda Gesù. Il discorso non conosce fretta e rifugge da qualsiasi approssimazione. Si parte dall’inizio della promessa, da Mosè e dai profeti e si parla incessantemente da mattina a sera, a tempo pieno. Per Paolo non c’è altro interesse.
24 E alcuni si convincevano per le cose dette, altri non credevano.
L’annuncio del Vangelo, crea divisione, convince gli uni, indurisce gli altri.
25 Ora essenti discordi gli uni con gli altri si lasciavano
La divisione e la confusione dei cuori è tale per cui non si intravede proprio la possibilità di creare una comunità di cristiani fatta di soli Giudei.
avendo detto Paolo una sola parola:
Il commento di Paolo alla situazione che si è venuta creando è alquanto lapidario. Si è realizzata ormai pienamente ed ha raggiunto il suo massimo sviluppo l’incredulità di Israele e la durezza del suo cuore riguardo al Cristo Salvatore mandato dal cielo. Hanno udito, hanno visto, è stato loro annunciato e spiegato.
Nessuna volontà di conversione e di salvezza.
Bene lo Spirito Santo ha detto per il profeta Isaia ai vostri padri 26 dicendo: Va’ da questo popolo e di’: Con l’udito ascolterete e non comprenderete affatto e guardanti guarderete e non vedrete affatto. 27 Infatti ingrassò il cuore di questo popolo e cogli orecchi malvolentieri hanno udito e i loro occhi hanno chiuso; perché non vedano con gli occhi e cogli orecchi odano e col cuore comprendano e ritornino, e risani loro.
La storia della salvezza è ormai giunta alla svolta finale. Dopo il dono di Dio, il giudizio per il suo popolo.
È tempo di rendere ufficiale la cosa. 
28 Noto dunque sia a voi che ai gentili è stata inviata questa salvezza di Dio. Ed essi  ascolteranno.
Per bocca di Paolo l’ultima parola di Dio ad Israele. Il suo rifiuto del Cristo ha aperto la strada della salvezza ai Gentili. I Gentili ascolteranno e saranno il nuovo popolo di Dio.
30 Rimase poi due anni interi nella propria casa in affitto e riceveva tutti gli entranti da lui, 31 annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardo il Signore Gesù Cristo con ogni franchezza senza impedimento.
Brusca conclusione degli Atti degli Apostoli. Null’altro si dirà e si saprà di Paolo. A Roma si conclude per la Scrittura la sua missione di Apostolo delle genti. A Roma il Vangelo è annunciato a tutti, con franchezza e senza impedimento.
Alla centralità di Pietro e di Paolo nella Chiesa del Signore è affiancata ora un’altra centralità: quella di Roma.
Il discorso è volutamente interrotto. D’ora innanzi chiunque vorrà ascoltare la Parola di salvezza, ed essere in essa confermato ed approvato dovrà guardare a Roma e a coloro che da Roma annunciano e presiedono.
In poche parole, senza possibilità di replica e di revisione è affermato il primato del papa, in quanto vescovo di Roma.
Roma caput mundi è stata eletta da Dio come caput ecclesiae.
Cadrà la Roma dei Cesari e non cadrà il mondo, quando cadrà la Roma dei papi, sarà la fine della Chiesa tutta.

Da don Divo Barsotti
Meditazione sugli Atti degli Apostoli – Edizioni san Paolo
 
Insegnamento degli Atti
L’argomento fondamentale della teologia degli Atti è la Chiesa: è la Chiesa opera dello Spirito, la Chiesa in cui domina il Cristo, ma una Chiesa intesa in modo più complesso di quanto non dicano comunemente gli esegeti. Fra i commentatori alcuni oppongono la Chiesa giudaico - cristiana di Gerusalemme alla concezione di Paolo di una Chiesa puramente carismatica; altri riconoscono negli Atti una Chiesa gerarchica; ma non si trovano molto concordi, proprio perché non vedono quello che a me sembra di aver rilevato e cioè che veramente negli Atti al vertice vi è Pietro: in lui, nella funzione che gli è propria, le varie concezioni della Chiesa si unificano. Egli è al di sopra di tutte le varie denominazioni che fanno parte dell’unica Comunità cristiana. Negli Atti Pietro non è il capo della comunità dei Giudeo-cristiani. E non è vero nemmeno che Paolo sia capo di una Chiesa ellenistica e puramente carismatica in opposizione alla Chiesa giudaico-cristiana, perché come Giacomo si ordina a Pietro, così anche Paolo si ordina a Pietro.
Già fin dall’inizio Pietro è colui nel quale la Chiesa è una. Sacramento visibile dell’unità è Pietro e il suo ministero è ordinato a manifestarlo. Non è Paolo che introduce i pagani nel cristianesimo, ma Pietro. Il rilievo   dato alla conversione di Cornelio, narrata nel cap. 10 e ripetuta pochi capitoli dopo quando Pietro vuol giustificare il suo operato a Gerusalemme, ben dice l’importanza che ha, per gli Atti, la figura di Pietro, in quanto trascende la Chiesa giudaico-cristiana di Gerusalemme. D’altra parte il fatto che le Comunità di cristiani venuti dal paganesimo sentano la necessità, in Paolo che le ha fondate, di essere riconosciute da Pietro, ci insegna che queste comunità non sono puramente carismatiche, ma acquistano una loro legittimità proprio dal fatto che sono riconosciute da lui. Nel Concilio di Gerusalemme chi veramente dirige le questioni e decide, è Pietro e le decide assumendo in modo pieno la impostazione di Paolo: “In nessun altro vi è salvezza; non vi infatti altro nome noto agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” ( 4,12 )…
Vi è negli Atti una Chiesa giudaico cristiana la quale però non porta con sé le promesse di un avvenire. È vera la concezione di Paolo: con il dono dello Spirito Santo una nuova economia religiosa è sorta e il giudaismo è finito. Questa Chiesa ha una struttura gerarchica? Si innesta sul tronco giudaico? Il passaggio al Nuovo Testamento implica qualche continuità con l’Antico? Questo sembra essere il punto nevralgico della ecclesiologia degli Atti, che insegna una costituzione gerarchica della Chiesa. I dodici non sono delegati dalla Comunità, non parlano in nome della Comunità, non nascono da una Comunità già esistente. E dei dodici il primo è Pietro.
Non si può dubitare negli Atti degli Apostoli della costituzione gerarchica della Chiesa, non solo per quanto riguarda Gerusalemme ( che in fondo, anzi, una volta partito Pietro, non sembra più retta dall’apostolo, ma da Giacomo ), ma anche le stesse Chiese create e fondate da Paolo… Nel discorso a Mileto, Paolo stesso afferma che lo Spirito Santo ha posto i presbiteri o i vescovi a guida delle Chiese. La Chiesa è gerarchica anche là dove fioriscono i carismi: anche se l’apostolato di Paolo è soprattutto carismatico, le Chiese da lui fondate sono rette dal ministero stabile dei presbiteri…

La teologia degli Atti che cosa ci dice in ordine alla vita spirituale? Primo: che è inseparabile la vita interiore di unione con Dio da una missione che il cristiano ha nel mondo. È forse l’insegnamento più grande: l’uomo non è strumento delle opere di Dio, se prima di tutto non vive una vita di unione con Lui; d’altra parte Dio si rivela all’uomo e vive in lui precisamente in quanto lo fa strumento della sua azione nella Chiesa, in quanto gli dà una missione nel mondo. Secondo: non vi è missione che sottragga l’uomo nella Chiesa, che non implichi anzi un suo inserimento nella Chiesa, una sua dipendenza dalla Chiesa, un vivere a servizio dello Spirito per la Chiesa intera. Questo è l’insegnamento generico che ci donano gli Atti, ma noi dobbiamo anche rilevare quello che più particolarmente il libro ci può dire. Occorre riconoscere che la vita spirituale negli Atti è vita “nello Spirito”, una vita in cui l’uomo è posseduto dallo Spirito che ne usa e ne fa suo strumento.
L’uomo non vive più per sé, ma, posseduto dallo Spirito, compie le opere di Dio. L’uomo non vive più una vita propria: Paolo, una volta che è stato chiamato, è segregato dallo Spirito Santo, strappato al suo ambiente familiare, alle sue occupazioni e posto unicamente a servizio di Dio nella Chiesa. La vita spirituale è dunque un essere posseduto da Dio e perciò un essere strappato prima di tutto alle sue radici per essere a servizio esclusivo del Kyrios. Dio ci possiede ed Egli soltanto vive in noi. Posseduti da Dio noi siamo mossi dallo Spirito Santo, costretti dallo Spirito. Viviamo quello che Egli vuole, siamo portati là dove Egli vuole. È da rilevare come solennemente ritorna negli Atti la parola del Signore a Paolo: è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma ( 23,11 ). Le difficoltà non sono ostacolo all’azione divina; possono insorgere , possono moltiplicarsi, ma esse faranno ancora più visibile la potenza dello Spirito che muove l’Apostolo al compimento dei disegni divini. Noi non comprendiamo mai la volontà di Dio: è una pretesa assurda. La volontà di Dio non la compie che Dio! Questo dicono gli Atti: è nella misura che l’uomo è posseduto da Dio che egli compie la sua volontà. Così Paolo realizzerà quanto Dio gli aveva detto, proprio in quanto , prigioniero è portato in catene dallo Spirito a Roma dove Dio lo aveva chiamato. La vita spirituale è esercizio di fede, di speranza , di amore. Di una fede che ci strappa alle radici per farci aderire unicamente a Cristo, di una speranza che ci spinge irresistibilmente in avanti, di un amore che è passione divorante e non ci lascia più nulla, non ci lascia vivere più una nostra vita. Paolo è dominato da questa potenza dello Spirito. È l’uomo dello Spirito. In lui si manifesta, più che la vita dell’uomo, la vita stessa di Dio. E non è soltanto Paolo colui nel quale si vede vivere Dio: è tutta la Chiesa. È impressionante come questa avanzi, senza soste, fino a raggiungere Roma. Sono pochi decenni, e in così breve tempo una fede, che chiedeva agli uomini tutto, una dottrina che era stoltezza per i pagani e scandalo per i Giudei, conquista buona parte del mondo.
Il tema fondamentale della vita spirituale è la conversione; la esige Pietro nel discorso della Pentecoste, lo insegna Paolo nel discorso di Mileto. Non chiedono altro tanto Pietro che Paolo.
Quest’ultimo dice che il contenuto della sua predicazione è uno solo: la conversione e la fede in Cristo.
Questa conversione di cui parlano gli Atti è la metanoia di cui parlava già nostro Signore all’inizio del suo Vangelo. L’uomo deve essere solidale con tutti, uno con tutti, ma deve rompere una sua solidarietà con se stesso. Il cristiano non vive per sé, non vive che la morte di sé per essere “abitato” da Dio. La conversione è proprio lo strapparsi alle proprie radici per essere posseduti dal Kyrios. Chi vuol vivere una propria vita non è ancora cristiano, anzi è in opposizione radicale al cristianesimo stesso. Cristiano è colui che si è donato a Cristo e non vive più di sé, non vive più per sé. È quello che opera lo Spirito Santo secondo la prece eucaristica: “Perché non viviamo più per noi stessi, ma per Lui che è morto e risorto per noi, il Cristo ha mandato, o Padre, lo Spirito Santo”. ( preghiera eucaristica IV ). La conversione è opera dello Spirito Santo. Per questo Pietro chiede la conversione a coloro che lo ascoltano nel giorno della Pentecoste: essa è il primo frutto dello Spirito Santo. È in questa conversione dell’essere a Dio, perché Dio lo possegga interamente, che si manifesta di più l’azione dello Spirito. Nessuno infatti potrebbe strapparsi alle proprie radici se Dio non lo strappasse e non lo facesse suo. Nel farci suoi lo Spirito prolunga in qualche modo l’incarnazione stessa del Verbo. Così la Chiesa è questo prolungamento di incarnazione divina, il prolungarsi e il dilatarsi del mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo. Il medesimo Luca, il quale vede nell’incarnazione del Verbo l’opera dello Spirito Santo, al capitolo 2 degli Atti vede che è opera egualmente dello Spirito la nascita della Chiesa. Nella Chiesa è la presenza stessa del Cristo risorto. La Chiesa è il Cristo medesimo che continua e si diffonde. L’azione dello Spirito è in ordine alla glorificazione del Kyrios. Quest’azione, che si esplica nella ricchezza straordinaria dei carismi, ha un duplice fine: la santità personale del discepolo e l’efficacia della sua testimonianza nel mondo. Per quanto riguarda la santità del discepolo è da notare il suo rapporto vivo e personale col Cristo. Il Cristo appare a Stefano morente, a Paolo sulla via di Damasco e continua a intervenire costantemente nella sua vita, lo conforta, lo assicura, lo dirige, con parole e con la visione. Gli Atti dicono che abitualmente gli appare e gli parla nel sogno. Questa espressione può essere intesa nel senso più ovvio e immediato, oppure questa espressione vuol significare già uno stato particolare di astrazione e di estasi? Il libro conosce l’estasi di Pietro che vede sul mezzogiorno aprirsi il cielo e scendere dal cielo una tovaglia con sopra animali puri e impuri. I sogni di Paolo certamente, almeno in parte sono simili all’estasi di Pietro. Di più non possiamo dire, ma già questo è sufficiente a farci comprendere come i carismi di cui parlano gli Atti, sono assai simili alla esperienza mistica di tanti cristiani nei secoli che seguiranno. Questo anche ci insegna come l’esperienza mistica non è affatto estranea alla vita cristiana. Per quanto riguarda i carismi in ordine alla efficacia della testimonianza, il primo rilievo che s’impone è che questa efficacia è duplice: sui corpi col miracolo – e i miracoli sono molti e non possiamo escluderli: resurrezione di morti, guarigioni istantanee, innocuità del veleno…- sull’anima con le conversioni che opera la parola dell’annuncio, ma soprattutto con la forza e la franchezza che danno al ministro nell’affrontare ogni potere e ogni pericolo, senza che da nulla egli possa esser mai sopraffatto, con la visione delle cose che debbono accadere… la vita del singolo come la vita della Comunità è costantemente diretta, sorretta, alimentata dall’azione dello Spirito; così lo Spirito Santo è veramente il principio di quella vita spirituale, sia personale sia collettiva, di cui gli Atti ci raccontano gli avvenimenti. In questa narrazione così si ha una certa epifania dello Spirito: l’uomo si manifesta come “uomo di Dio” e la Comunità ci si rivela quasi la presenza anticipata del Regno di Dio sopra la terra.