A Giuliano

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A Giuliano
Il mio figliolo e  fratello tuo Ausonio, nell’atto di partirsi da me, avendomi tardi fatto godere della sua presenza e toltala presto e nel tempo stesso avendomi salutato e detto che io con Dio me ne rimanessi, pensava di nulla portarti, se non ti recava alcuna delle mie cicalate dettate alla rinfusa. Già avuto il foglio di via, gli si stava preparando il  cavallo di servizio e il nobile giovinetto vestito di porpora già cingeva il cinturino da ufficiale. Eppure fatto venire un copista mi costringeva a dire cose, le quali velocemente pronunciate erano velocemente scritte e la penna nello scrivere seguiva la velocità della lingua. Cosicché non con diligenza da scrittore ma con ordine eccessivo di dettatore rompo con voi il mio silenzio, offrendovi il semplice desiderio di servirvi. La lettera è dettata all’improvviso senza concatenazione di senso, senza leggiadria, e senza connessione di parole, di modo che in essa troverete un amico non un oratore. Immaginatevi che essa sia stata dettata per uno che abbia fretta di partire e sia stato come messo in tasca il viatico a un viandante che affretti il cammino. Dice la divina scrittura: “La musica nel lutto è un importuno racconto”. Onde io  lasciati anche i vezzi retorici e la bellezza dell’ eloquenza puerile e degna di plauso, ricorro alla gravità delle Sante Scritture, dove si trova la vera medicina delle ferite, dove i rimedi dei dolori sono sicuri, nelle quali sulla bara riceve la madre l’unico suo figliolo, dove alla turba circostante si dice: non è morta la fanciulla, ma dorme; dove ancora il morto di quattro giorni alla voce del Signore che lo chiama se ne esce legato. Io vengo a sapere che in breve tempo hai perduto due giovani figlie, dalla morte a voi rapite, ambedue quasi insieme portate al sepolcro e che la onestissima e fedelissima tua consorte Faustina anzi sorella per il fervore della fede, in cui sola dopo la perdita delle figlie riposavi, da improvvisa morte ti è stata tolta. Come se un naufrago su un lido incontri gli assassini, e secondo i sentimenti dei profeti quello che fugge l’orso inciampi nel leone e stendendo la mano al muro sia morso  da una serpe. Intendo pure che hai ricevuto danni nelle tue sostanze e che è seguita la devastazione di tutta la provincia per opera di barbari nemici e nel disastro comune hai subito la rovina dei tuoi personali possedimenti, che ti sono state condotte via greggi di bestiame di ogni sorta e che i servi ti sono stati catturati e uccisi e che per l’unica figlia la quale dai danni così frequenti ti era resa più accetta hai scelto un nobilissimo genero, da cui, per tacere da ogni altra cosa, hai ricevuto più dispiacere che gioia. Questa è la serie delle tue prove, questa è la battaglia dell’antico nemico con Giuliano novello soldato di Cristo. Le quali cose se guardi a te stesso sono enormi, se al fortissimo combattitore che ti assiste sono uno scherzo e un’ombra di battaglia. Al beato Giobbe, dopo numerosissimi mali, fu salvata la pessima sua moglie, perché da quella imparasse a bestemmiare. A te è stata tolta l’ottima, perché tu perda il conforto delle miserie. Altra cosa è però sopportare quella che non si vuole, altra cosa desiderare quella che si ama. Quello in tante morti dei suoi figli  ebbe un solo sepolcro, cioè la rovina della propria casa, e stracciatesi le vesti, per mostrare il paterno affetto, gettatosi a terra adorò e disse: “Uscii nudo dal ventre di mia madre e nudo vi ritornerò: il Signore mi ha dato gli averi e i figli, il Signore me li ha tolti. Come è piaciuto al Signore così è avvenuto. Sia benedetto il nome del Signore! Tu, per parlare con tutta la moderazione, hai fatto i funerali ai tuoi fra gli atti di cortesia dei congiunti e fra i conforti degli amici. Perdette quello tutto insieme le ricchezze e a lui giungendo una dopo l’altra le cattive notizie a tutte le percosse se ne stava immobile in se adempiendo ciò che si dice dell’uomo savio: “Se il mondo rovinerà a pezzi, non temendo esso,  dalle rovine non resterà per nulla ferito“. A te è stata lasciata la maggior parte dei beni, perché tu sia provato tanto quanto puoi sopportare. Ma non sei ancora giunto al segno che si combatta contro voi con tutte le forze. Quello già ricco signore, e più ricco come padre d’un tratto restò privo dei figli e della roba.
E non avendo esso in tutti questi suoi casi avversi peccato davanti al Signore né detto  una sola sciocca parola, godendo il Signore della vittoria del suo servo e giudicando suo trionfo la pazienza di quello, disse al diavolo: Hai  considerato il mio servo Giobbe, il quale non ha uomo in tutta la terra a sé simile? Uomo innocente, che veramente onora Dio e si astiene da ogni peccato e che ancora persevera nella innocenza. E bene aggiunse: e che ancora persevera nella innocenza, perché è difficile cosa che la innocenza dai mali oppressa non si dolga e non vada a pericolo della fede , perché vede che sopporta ingiustamente ciò che sopporta. Alle quali parole il diavolo rispondendo disse al Signore: l’uomo darà la pelle per la pelle e tutto ciò che egli avrà per la sua persona. Ma stendi un poco la tua mano e toccagli le ossa e le carni e vedrai quali benedizioni ti darà. L’ avversario astutissimo e invecchiato nei giorni del male sapeva molto bene che vi sono cose che sono fuori di noi, che dai filosofi del mondo  sono chiamate anche indifferenti, nella perdita e nel disprezzo delle quali non consiste la vera virtù. Altre sono quelle che abbiamo dentro di noi ed essendo desiderate costringono a dolersi chi le perde. Onde arditamente ribatte la lode di Dio a Giobbe  e dice che non deve lodarsi che di sé non ha data cosa alcuna ma ciò che ha dato è tutto fuori di sé, il quale per la sua pelle ha offerto le pelli dei figliuoli e ha lasciato il denaro al fine di godere la sanità del corpo. Onde intendi, prudente come sei, che le tue tentazioni sono giunte fino a questo punto e hai dato pelle per pelle e che è poco il dare la pelle per la pelle e ciò che possiedi in cambio della tua persona, ma la mano di Dio non si è ancora stesa sopra di te né ti ha toccato le carni né rotto le ossa, per i quali dolori è difficile cosa non sospirare e non benedire in faccia Dio, che vuol dire maledirlo. Onde anche nei libri dei Re si dice che Nabot benedisse  Dio e il re e perciò dal popolo fu lapidato. Sapendo però il Signore che il suo atleta, anzi uomo fortissimo, neppure in questa ultima e perfetta battaglia poteva essere superato: “Ecco, disse al demonio, io lo do nelle tue mani, solamente impongo a te di non toccare la sua vita”. La carne di quel santo uomo è data in potere del diavolo e la salute dell’anima viene risparmiata, perchè se il diavolo lo avesse percosso dove è collocato il pensiero e il giudizio della mente, sarebbe stata stimata la colpa non di quello che sbagliava, ma di quello che aveva sovvertito lo stato della sua mente. Lodino te dunque gli altri e con lunghi encomi celebrino le tue vittorie contro il diavolo. Che tu con lieto volto abbia tollerato le morti delle figlie, che nel quarantesimo giorno dopo la loro morte abbia cambiato la veste di dolore e siano state da te riprese le candide vesti per la solenne festa delle reliquie di un martire, come se fossi insensibile al dolore della tua perdita, che era sentito da tutta la città, ma abbia tu fatto festa per il trionfo del martire e abbia tu accompagnato la tua santissima donna non come morta ma come posta in cammino, io non ti ingannerò mai con l’adulazione né con la falsa lode ti farò cadere. Ti dirò piuttosto ciò che ti è di vantaggio ascoltare. Figlio, venendo tu al servizio di Dio, prepara l’anima tua alla tentazione e quando avrai fatto ogni cosa dirai: io sono servo inutile, ho fatto quello che dovevo. Mi hai tolto i figli che mi avevi concesso. Ti sei ripresa la tua serva da te per breve sollazzo a me prestata. Non mi dolgo che tu l’abbia ripresa ma ti ringrazio di avermela data. Un ricco giovane si vantava di avere già adempiuto tutte le cose comandate nella legge. A questi il Signore nel Vangelo disse: una cosa  ancora di manca: “se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri e vieni e segui me. Quello che diceva di aver fatto tutto, nella prima battaglia non può vincere le ricchezze. Onde difficilmente i ricchi entrano nel regno dei cieli, il qual luogo desidera uomini spediti e innalzati dalla leggerezza delle ali. Vai, disse, e vendi non parte delle tue sostanze ma tutto ciò che possiedi e dallo non agli amici, non ai parenti, non ai congiunti, non alla moglie, non ai figli. Io vi aggiungerò qualche cosa di più, non riservandoti  cosa alcuna di tutte queste per timore della povertà, affinché con Anania e Saffira non sia tu condannato. Ma da’ ai poveri tutto e fatti degli amici con le ingiuste ricchezze i quali ti ricevano nei tabernacoli eterni. Perché tu mi segua, perché il Signore del mondo sia il tuo possesso perché tu possa cantare con il profeta: “il Signore è la mia parte” e affinché come  vero levita nulla goda della terrena eredità. E a questo ti esorto, se vuoi essere perfetto, se brami di arrivare al sommo dell’Apostolica dignità, se presa la croce desideri  seguire Cristo, se preso l’aratro non vuoi rivoltarti indietro, se collocato sulla cima del tetto disprezzi le vesti di prima e per scampare dalle mani della donna egizia lasci il mantello del mondo. Onde anche Elia affrettandosi a salire ai celesti regni non può là andare con il mantello, anzi al mondo lascia gli abiti del mondo. Ma tu mi dirai: questo è proprio della dignità apostolica e di chi desidera essere perfetto. Perché tu  primeggi nel mondo non vuoi essere il primo nella famiglia di Cristo? Forse perché hai avuto moglie? La ebbe anche San Pietro e pure la lasciò insieme con la rete e con la barca. Il provvidente Signore, che desidera la salvezza di tutti, che vuole piuttosto la penitenza del peccatore che la morte, a te pure ha tolto questa scusa, perchè quella non ti riconduca alla terra, ma perché, sollevandoti essa ai regni celesti, la segua. I beni che hai preparato per le figlie, che ti hanno preceduto incontro al Signore, siano tali che le parti non risultino di profitto alla sorella, ma bensì diano profitto per la redenzione della tua anima e per il nutrimento dei poveri. Queste sono le collane che le vostre figlie vi chiedono, con queste gioie vogliono che i loro capi siano ornati. Ciò che nelle vesti di seta doveva perire, si riserbi per gli abiti vili dei poveri.
Ti domandano esse le loro parti. Congiunte allo Sposo non vogliono apparire povere e finora rimastene prive desiderano i propri ornamenti. Né hai motivo di scusarti con la nobiltà e con il peso delle ricchezze. Guarda uno poco quel santo uomo di Pammachio e Paolino, prete di ardentissima fede, i quali non solamente le ricchezze ma se stessi hanno offerto al Signore e contro i diabolici sotterfugi, non pelle per pelle, ma le carni, le ossa e le loro anime a Lui hanno consacrato. Quelli con l’esempio e con le parole, cioè con l’opera e con la lingua a cose maggiori possono condurti. Tu sei nobile, tali pure sono essi, ma in Cristo più nobili. Sei ricco ed onorato, anche essi lo sono; anzi da ricchi e onorati sono diventati poveri e senza gloria e per questo appunto più ricchi e più illustri, perché sono poveri e abietti per Cristo. Anche tu però certamente fai del bene, perché di te si dice che soccorri ai bisogni dei santi, che sostenti i monaci, che fai moltissime offerte alle chiese. Ma questi sono i primi esercizi della tua milizia. Tu disprezzi l’oro: lo disprezzarono anche molti filosofi, fra i quali uno, per tacere degli altri, gettò in mare il prezzo di molti possessi dicendo: andate, nel profondo cattivi desideri. Io vi sommergerò per non restare da voi sommerso. Un filosofo, un uomo a caccia di gloria e un vile schiavo del plauso del popolo ad un tratto fece gettito di tutte le sue sostanze. E tu pensi di essere giunto alla sommo grado delle virtù, se  del tutto ne offrite una parte? Il Signore vuole te stesso, ostia viva a Dio gradita. Te, ho detto, non le tue cose. E per questo con varie tentazioni ti avvisa, perché con molte piaghe e con dolori si ammaestra Israele. E corregge il Signore colui che gli ama e flagella ogni figlio che riceve. La vedova povera mise nel tesoro del tempio due piccole monete. E poiché ella offrì tutto quanto aveva, si dice che nell’offrire doni a Dio superò tutti i ricchi perché i doni sono considerati non dal loro peso ma dalla volontà di chi offre. Quantunque a molti tu abbia distribuito il tuo avere e alcuni godano della vostra liberalità, sono però in numero assai maggiore coloro ai quali nulla hai dato. Poiché né le ricchezze di Dario ne di Creso sono sufficienti a soddisfare le indigenze dei poveri del mondo. Che se darai te stesso al Signore e giunto alla perfezione apostolica comincerai a seguire il Salvatore conoscerai allora dove sei stato e quale  posto di poco conto hai tenuto nell’esercito di Cristo. Non  hai per le morte figlie sparso lacrime, e sulle gote paterne per il timore di Cristo si è seccato il pianto. Quanto più grande fu Abramo il quale con la volontà scannò l’unico suo figlio nè depose la speranza che dovesse vivere anche dopo la morte quello che aveva inteso dover essere erede del mondo. Jefte offrì la figlia vergine e per questo dall’Apostolo è annoverato fra i santi. Io non voglio che tu offra al Signore solamente le cose che dai ladri possono esserti rapite, dai nemici assalite, dal fisco tolte, le quali possono venire ed andare e, a guisa di onde e di flutti, sono da diversi padroni, l’uno all’altro succedendo, occupate. E, per dire tutto in breve, voglia o non voglia alla tua morte devi lasciarle.
Offri quelle che nessun nemico può toglierti, nessun tiranno  rapirti, ciò che non potrà venire con te  all’inferno, ma al celeste regno, e alle delizie del paradiso. Tu edifichi monasteri e un gran numero di santi sparso fra le isole della Dalmazia è da te nutrito. Ma faresti meglio se anche tu santo fra i santi vivessi. Siate santi, dice il Signore, perché io sono santo. Si vantano gli apostoli di avere abbandonato ogni cosa e di aver seguito il Salvatore. E certamente , eccetto le reti e la barca, non leggiamo che altro lasciassero. Eppure  stando alla testimonianza del futuro giudice, furono coronati, perché offrendo se stessi tutto il loro avere avevano lasciato. Io  dico queste cose non per biasimare le tue opere  o per sminuire la tua liberalità e le tue elemosine, ma perché non vorrei che fossi monaco fra persone di mondo e persona di mondo fra i monaci.
Sapendo io che la tua mente è votata al culto divino da te desidero tutto. Se a questo mio consiglio qualche amico, seguace o parente si oppone e procura di farvi ritornare alle delizie della passata lauta mensa, sappi che quello pensa non alla tua anima, ma al suo ventre e che tutte le ricchezze  e i lauti banchetti da una improvvisa morte ci vengono tolti. Hai perduto nello spazio di venti giorni due figlie, una di otto, l’altra di sei anni e credi tu in età avanzata di poter vivere lungo tempo? La quale età, quanto sia lunga, sta a sentire Davide che lo dice: i giorni della nostra vita sono settanta e al più ottanta, e quello che v’è di più è fatica e dolore. Felice e degno di ogni beatitudine è l’uomo che è raggiunto dalla vecchiaia al servizio a Cristo, che  fino all’ultimo giorno è ritrovato nella milizia del Salvatore. Questi non rimarrà confuso quando parlerà ai suoi nemici sulla porta e nell’ingresso del paradiso a lui sarà detto: “Hai sofferto patimenti nella tua vita, ora qui rallegrati, poiché il Signore non farà pagare  due volte la stessa colpa. Il ricco vestito di porpora è condannato alle fiamme dell’Inferno. Lazzaro, povero e coperto di piaghe, le cui carni putride leccavano i cani e che con le briciole della mensa del ricco appena sosteneva la sua vita infelice è accolto nel seno di Abramo e gode di avere per padre un così grande patriarca. È cosa difficile, anzi impossibile, che qualcuno sia felice nel godimento dei beni della presente vita e della futura, che qui empia il ventre, là l’anima, che dai piaceri passi ai godimenti, che nell’uno e nell’altro secolo sia al primo posto, che in cielo e in terra appaia coperto di gloria. Se un tacito pensiero ti farà nascere il dubbio perché io che ti ammonisco non sia tale quale desidero che tu sia  e dici di aver visto alcuni essere caduti in mezzo al viaggio, ti darò questa breve risposta, che le cose che io ti ho detto non sono mie ma del Signore nostro Salvatore, che ti avviso non di quello che io posso fare ma di ciò che deve volere chi vuol diventare servo di Cristo.
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Anche gli atleti sono più forti di quelli che li incitano alla lotta e pure il debole suole incitare a combattere il forte. Non guardare a Giuda che rinnega ma guarda a Paolo che è martire. Giacobbe figlio di padre ricchissimo solo e nudo con il bastone alla mano se ne va in Mesopotamia, giace stanco per il viaggio e quello che in modo molto delicato dalla sua madre Rebecca  era stato educato, come guanciale pose sotto il proprio capo una pietra. Vide una scala dalla terra sino al cielo e gli angeli che per quella salivano e discendevano e il Signore appoggiatovi sopra, per dare una mano agli stanchi e per incitare alla fatica con la sua presenza quelli che salivano. Onde quel luogo si chiama ancora Bethel cioè casa di Dio in cui ogni giorno si sale e si scende. Poiché anche i santi se sono negligenti cadono e i peccatori se con le lacrime lavano le loro lordure ritornano nello stato di prima. Io ho detto questo perché non ti spaventino quelli che discendono ma ti incitino quelli che salgono. Dai cattivi non si prende mai esempio. Anche nelle cose del mondo sempre dalla parte migliore si prendono  gli incitamenti per l’acquisto delle virtù. Dimenticatomi di quanto io mi ero proposto e della brevità della lettera richiesta volevo dire più cose, mentre vista la dignità della materia e considerato il merito della tua persona tutto ciò che si dice è poco. Ma ecco il nostro Antonio ha cominciato a chiedere la lettera, a importunare lo scrittore e con il nitrire del feroce destriero a rimproverare frettoloso  il ritardo del mio debole ingegno. Ricordati dunque di me e attendi a vivere felice unito a Cristo. E per tacere degli altri, segui gli esempi che hai in casa di santa Vera, la quale avendo veramente seguito Cristo sopporta gli incomodi di un viaggio così difficile. Ad una impresa così grande sia tua guida una donna. Ti conceda Cristo di ascoltare, di tacere , di intendere e di parlare in tal modo.