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Vangelo di Giovanni cap21

Commento al Vangelo di Giovanni

Cap. 21, 1-14

1 Dopo queste cose Gesù manifestò di nuovo se stesso ai discepoli sul mare di Tiberiade. Si manifestò allora così.
2 Erano insieme Simon Pietro e Tommaso detto Didimo e Natanaele  da Cana di Galilea e i figli di Zebedeo e altri due dei suoi discepoli.
3 Dice a loro Simon Pietro: Vado a pescare. Gli dicono: Veniamo anche noi con te. Uscirono e salirono sulla barca, ed in quella notte non presero nulla.
4 Essendo poi già mattino presto stette Gesù sulla riva, tuttavia i discepoli non conobbero che era Gesù.
5 Dice allora a loro Gesù: Figlioli, non avete qualche companatico? Gli risposero: No!
6 Egli allora disse a loro: Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete. La gettarono dunque, e non erano più capaci di tirarla per la moltitudine dei pesci.
7  Allora quel discepolo che Gesù amava dice a Pietro: Il Signore è! Allora Simon Pietro avendo udito che il Signore è si cinse la sopravveste, era infatti nudo, e si gettò nel mare, 8 ma gli altri discepoli vennero con la barca, infatti non erano lontano da terra, ma circa duecento cubiti, trainando la rete dei pesci.
9 Quando allora scesero a terra vedono braci giacenti e pesce giacente sopra e pane.
10 Dice a loro Gesù: Portate dai pesci che avete preso ora. 11 Salì allora Simon Pietro e trascinò la rete a terra piena di centocinquantatre pesci grossi; e tanti essendo non si lacerò la rete.
12 Dice a loro Gesù: Venite, pranzate: Però nessuno dei discepoli osava domandargli: Tu chi sei? Sapendo che è il Signore.
13 Viene Gesù e prende il pane e lo dà a loro e similmente il pesce.
14 Questa era già la terza volta che si manifestò Gesù ai discepoli resuscitato dai morti.
15 Quando dunque ebbero pranzato, dice Gesù a Simon
Pietro: Simone di Giovanni mi ami più di questi? Dice a lui: Sì Signore, tu sai che ti amo. Dice a lui: Pascola i miei agnelli.
16 Gli dice di nuovo una seconda volta: Simone di Giovanni, mi ami? Dice a lui: Sì, Signore, tu sai che ti amo. Dice a lui: Sii pastore delle mie pecore.
17 Dice a lui la terza volta: Simone di Giovanni, mi vuoi bene? Si rattristò Pietro perché gli disse la terza volta: Mi vuoi bene ? E gli dice: Signore tu sai tutte le cose, tu conosci che ti voglio bene. Gli dice Gesù: Pascola le mie pecore.
18 In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane, cingevi te stesso e camminavi dove volevi; ma quando invecchierai, tenderai le tue mani, ed un altro ti cingerà e porterà dove non vuoi.
19 Ora questa cosa disse indicando con quale morte avrebbe glorificato Dio. Ed avendo detto questa cosa gli dice: Segui me.
20 Essendosi voltato Pietro scorge il discepolo che Gesù amava che stava seguendo, che anche si era inclinato nel banchetto sul suo petto e aveva detto: Signore, chi è quello che ti consegna?
21 Avendo dunque visto questi, Pietro dice a Gesù: Signore, ma questi cosa?
22 Gli dice Gesù: Se voglio che egli rimanga finchè io venga, cosa importa a te? Tu me segui.
23 Uscì allora questa parola tra i fratelli che quel discepolo non muore; non gli disse però Gesù che non muore, ma: Se voglio che lui rimanga finchè io venga, cosa importa a te? 24 Questi è il discepolo che testimonia circa queste cose e che ha scritto queste cose, e sappiamo che la sua testimonianza è vera. 25 Ci sono poi anche molte altre cose che fece Gesù, che se fossero scritte una per una, penso che neppure lo stesso mondo conterrebbe i libri scritti.

 


1 Dopo queste cose Gesù manifestò di nuovo se stesso ai discepoli sul mare di Tiberiade. Si manifestò allora così. 2 Erano insieme Simon Pietro e Tommaso detto Didimo e Natanaele  da Cana di Galilea e i figli di Zebedeo e altri due dei suoi discepoli.
Brusca ripresa di un discorso ormai già chiuso: siamo evidentemente di fronte ad una aggiunta posteriore, non necessariamente dello stesso Giovanni. La chiesa considera questo capitolo ugualmente ispirato da Dio e parte integrante del Vangelo. In quanto alle ragioni di un’aggiunta nulla ci è dato sapere.
Evidentemente si vuol dire qualcosa di più, ad edificazione della chiesa, per fugare dubbi ed incertezze, relativamente alle problematiche che investono la comunità nascente.
E’ lecito pensare che non a caso il discorso è accentrato sulle figure di Gesù e di Pietro. Quasi a sottolineare un rapporto di per sé unico ed esclusivo non solo fra loro due, ma anche di noi tutti con ognuno dei due.
L’atteggiamento degli esegeti, se pur di professione diversa, è prudente. Si ammette da tutti, anche da parte dei cattolici, che si è di fronte ad un’aggiunta tardiva, forse dello stesso Giovanni, forse di un redattore; si evitano nel contempo polemiche infruttuose sulla divina ispirazione del capitolo in questione. La tradizione della chiesa, per quel che ci è dato sapere, fin dai tempi di Tertulliano lo considera parte integrante del Vangelo di Giovanni. Se vi è qualche diversità non è tanto nell’accettare o meno questi versetti come ispirati, quanto in una  diversa lettura del primato di Pietro.
3 Dice a loro Simon Pietro: Vado a pescare. Gli dicono: Veniamo anche noi con te. Uscirono e salirono sulla barca, ed in quella notte non presero nulla.
Ancora una volta Pietro si dimostra il più zelante fra gli apostoli. Benché ci sia “molta fiacca” tra i dodici, Pietro sembra ben interpretare il suo ruolo di capo e di guida. Non comanda e non pretende alcunché dagli altri, ma adempie il proprio dovere, in maniera energica e risoluta. Non di nascosto ed all’insaputa della chiesa, ma palesando apertamente il proprio intento e la propria volontà.
Gli altri lo seguono, vedendo nella sua iniziativa un segno della volontà di Dio. Non c’è coercizione da parte dell’uomo, ma ognuno si mette spontaneamente al proprio posto: Pietro davanti, gli altri dietro, in armonia di cuori e di intenti. Per la prima volta dopo la morte e resurrezione di Gesù gli apostoli ritornano a pescare. C’è chi vede in questo un ritorno alla vita di un tempo ed una mancanza di fede dovuta allo scoraggiamento ed alla rassegnazione, c’è chi vede, in immagine, l’inizio di un’altra pesca e di un modo nuovo di essere pescatori.
Quel che è sicuro è che non prendono nulla. E non poteva essere diversamente. Chi ritorna alla vita di un tempo trova che tutto è cambiato e che le cose non possono più andare come prima. Se poi vediamo in ciò l’inizio di una nuova vita, gli esordi non si presentano facili.
Non basta avere visto Gesù risorto, c’è bisogno di una conferma e di una crescita nel Suo amore e nella Sua grazia.
Nonostante tanto impegno e tanta buona volontà, i frutti del lavoro non si vedono. La barca rimane vuota di pesci… e Gesù?
4 Essendo poi già mattino presto stette Gesù sulla riva,
Il Signore sta sulla riva, fuori dal mare, che è il nostro peccato, non come uno che è disinteressato al nostro destino, ma come uno che vuol entrare in esso.
Se l’inizio della fede ti sembra senza Cristo, lo sarà per poco. Gesù non è lontano dai discepoli, piuttosto li sta aspettando al momento giusto e nel posto giusto. Senza invasione o prepotenza alcuna si fa vedere ai suoi fin dal primo mattino, ed attende un cenno ed un invito.
tuttavia i discepoli non conobbero che era Gesù.
Annotazione importante: ci dice che la fede della chiesa non dà frutto se non quando è matura e non è matura se non quando sa riconoscere Cristo risorto. Gesù che si dà ora a vedere non è più quello di prima. C’è di mezzo un mistero di resurrezione nel quale gli apostoli non sono ancora entrati pienamente.
5 Dice allora a loro Gesù: Figlioli, non avete qualche companatico? Gli risposero: No! 6 Egli allora disse a loro: Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete.
Chi si appresta ad annunciare la parola che è luce deve innanzitutto prendere luce dalla medesima parola. Chi deve dare un cibo diverso dal pane quotidiano, deve innanzitutto riconoscere di esserne privo Nessuno dà quello che non possiede.
Il cibo di vita eterna è a noi donato allorché  ascoltiamo la parola di Dio e facciamo la Sua volontà. Non si pesca per propria iniziativa e dove siamo spinti dalle tenebre della notte, ma nel punto preciso che ci è indicato dal Signore: un punto che può essere trovato soltanto dalla fede che obbedisce e non da quella che disquisisce. Perché a destra e non a sinistra? Non giova sapere, importa ubbidire… anche quando si deve cambiare rotta e fare in altro modo.
La gettarono dunque, e non erano più capaci di tirarla per la moltitudine dei pesci.
E’ questa l’obbedienza della fede: quando si fa la volontà di Dio e si ascolta la Sua voce, anche se non è ben chiaro che sia proprio Lui a dire e a comandare.
Chi cerca e vuole veramente la volontà di Dio non è mai uno sprovveduto ed un credulone che crede ad una qualsiasi parola. Può comprendere o meno, vedere o non vedere, ma quando sente la voce che “vale”, non si tira indietro, risucchiato dai propri dubbi e dalle proprie incertezze: ubbidisce prontamente. E il suo cuore non resta deluso. I frutti si vedono e come!
7  Allora quel discepolo che Gesù amava dice a Pietro: Il Signore è!
Se i frutti della fede sono donati e da noi raccolti, può rimanere nascosto ai nostri occhi l’artefice della vita e la fonte dell’amore?
Particolare curioso. Prima ancora di rivolgersi a Gesù, Giovanni si rivolge a Pietro.
Quando si fa la grande scoperta si ha quasi paura di accostarsi da soli direttamente a Cristo, senza prima passare dalla Sua chiesa, per comunicare la propria gioia, per confermare  e per essere confermati in essa.
Ancora una volta Giovanni si dimostra più pronto e più maturo nella fede.
Pietro non vuole essere da meno: scavalcato da un giovane,  prende in mano la situazione e, dopo aver coperto in qualche modo la propria nudità, si getta nel mare incontro al Signore.
Allora Simon Pietro avendo udito che il Signore è si cinse la sopravveste, era infatti nudo, e si gettò nel mare, 8 ma gli altri discepoli vennero con la barca, infatti non erano lontano da terra, ma circa duecento cubiti, trainando la rete dei pesci.
Un pastore che abbandona la propria chiesa ed il proprio gregge in questo modo può apparire un temerario ed una persona inaffidabile. In realtà la chiesa sta vivendo un momento felice e la trovata di Pietro non crea turbamento alcuno. La terra d’approdo è vicina e sulla barca sono rimasti  gli altri discepoli intenti a trainare la rete piena di pesci. Più prudenti e posati di Pietro gli apostoli vanno verso il Signore tutti insieme, portando con sé il nuovo pescato.
9 Quando allora scesero a terra vedono braci giacenti e pesce giacente sopra e pane. 10 Dice a loro Gesù: Portate dai pesci che avete preso ora.
Dopo aver preparato il cibo per i discepoli, Gesù vuol mangiare insieme con loro, condividendo non semplicemente quello che è suo, ma anche quello che è patrimonio della chiesa tutta, quei pesci che gli apostoli non avrebbero mai preso senza la grazia del Signore e che, pur tuttavia, hanno portato a terra con la propria fatica. Qualcosa a Cristo dobbiamo pur dare anche noi, ed in ciò che è Suo dobbiamo metterci  del nostro.
11 Salì allora Simon Pietro e trascinò la rete a terra piena di centocinquantatre pesci grossi; e tanti essendo non si lacerò la rete.
Pietro che è arrivato per primo vicino a Gesù, coglie al volo il comando del Signore e fa prontamente la Sua volontà. E gli altri? Neppure fanno in tempo a dare una mano. Pietro fa tutto da solo. Chi è pronto a servire Dio rende un servizio anche  ai fratelli. Così quelli che sono messi a capo devono essere i primi!
12 Dice a loro Gesù: Venite, pranzate: Però nessuno dei discepoli osava domandargli: Tu chi sei? Sapendo che è il Signore. 13 Viene Gesù e prende il pane e lo dà a loro e similmente il pesce. 14 Questa era già la terza volta che si manifestò Gesù ai discepoli resuscitato dai morti.
Quando si è invitati a tavola dal Signore, e si siede vicino a Lui e si attinge da un’unica mensa dalle Sue mani… non c’è poi bisogno di fare tante domande.
E’ questa l’amicizia e la conoscenza a cui tutti siamo chiamati;  la reale presenza di Gesù nell’assemblea dei santi, da lui riunita,  garantisce della sua divina realtà.
Il “Dio tra noi” non è affatto un sogno o una pretesa infondata, ma esperienza viva e certa per tutti coloro che vogliono essere nel novero dei suoi santi.
15 Quando dunque ebbero pranzato, dice Gesù a Simon Pietro:
Il momento è solenne: se non è uno qualsiasi Colui che parla, non lo è neppure colui al quale e per il quale si parla. E’ detto a Pietro perché anche gli altri ascoltino e comprendano.
Simone di Giovanni mi ami più di questi? Dice a lui: Sì Signore, tu sai che ti amo. Dice a lui: Pascola i miei agnelli.
Nessun potere è conferito ad un altro riguardo a ciò che gli appartiene in proprio. Il gregge, che è la chiesa, è affidato dal pastore celeste a quello terreno semplicemente perché sia custodito nel Signore e per il Signore. E non si può custodire nell’Altro se non amando conforme allo Spirito dell’Altro, di un amore diverso, non semplicemente per la sua qualità, ma anche per la sua quantità.
Su cosa è fondato dunque il primato di Pietro? Sulla pretesa di un amore che  vuole e deve essere più grande di quello delle pecore che gli sono affidate. Se non è così e le cose vanno diversamente è  incrinato il rapporto tra il pastore e le pecore. Pietro continuerà ad essere il capo della chiesa, ma con grave danno per sé e per gli altri.
Nell’autorità costituita in amore non è innanzi tutto definito il potere sull’altro, quanto la misura dell’amore in virtù della quale si è costituiti sull’altro.
Dove arriva il potere di Pietro sulle pecore? Non è detto. E’ detto dove deve arrivare il suo amore. Ma se poi questo amore viene meno o più semplicemente non è all’altezza, che cosa ne è di Pietro? Anche questo non è detto. Riguardo a ciò che non è detto e non è scritto si inserisce una libera responsabilità dell’operare e del giudicare del pastore riguardo alle pecore e delle pecore riguardo al pastore. Pastore e pecore  in quanto soggetto ed oggetto dell’unico amore, sono ugualmente sotto il giudizio di Dio. I facili anatemi, oltre ad essere poco edificanti, non risolvono il problema del rapporto tra il pastore e le pecore. Bisogna attingere altrove ed andare oltre gli schemi della Legge. C’è chi risolve il problema esaltando un primato assoluto ed esclusivo del vescovo di Roma ed un’obbedienza incondizionata. Ma c’è pure chi riconduce ogni potere del fratello sul fratello ad una dimensione più realistica e relativa a tempi, persone, eventi. Che la chiesa debba avere un solo capo in terra come in cielo, è desiderio di tutti: che questo debba necessariamente avvenire in ogni caso e a qualsiasi costo, non da tutti è dato per scontato.
Quel che è detto a Pietro è detto anche per colui che prenderà il suo posto? E’ verosimile e può essere creduto. Ma in quanto al suo successore, modi, criteri, luoghi, tempi di elezione: niente di tutto questo.
Il problema è ancora più complesso se consideriamo il fatto che la primitiva comunità è ancora un piccolo gregge ed in quanto tale direttamente gestibile da un solo pastore. Ma quando la chiesa cresce di numero e si allarga a dismisura? Quale autorità e quale organizzazione? Nessuna risposta diretta nel Vangelo, se non quella che la chiesa o le varie chiese hanno dato nel tempo.
Un problema che è venuto sempre più complicandosi nel tempo, non sempre ha un’importanza pari alla sua stessa complessità.
Tutto è più semplice e rasserenante se noi recuperiamo il valore dell’unico vero primato sulla chiesa, che è quello di Cristo. E’ Lui il sommo pontefice autore e mediatore di ogni grazia. In qualsiasi caso o situazione di emergenza tutto può e deve essere a Lui riportato e rivolto.
Nessun uomo è chiamato a prendere il posto di Cristo: più semplicemente tutti siamo chiamati a svolgere un servizio in Lui e per Lui, chi in un modo, chi in un altro, ad edificazione di tutta la Chiesa. Pascere le pecore non significa innanzi tutto rivendicare a sé il primato di un giudizio, ma quello di un servizio per l’altro, in funzione dell’Altro.
Un’autorità più intenta a giudicare che a servire si sconfessa da se stessa. Al primo posto vi è il bene del singolo, non la pretesa della propria verità. Delle ragioni dell’uomo Dio non sa cosa farsene: innanzitutto vi sono le ragioni di un amore che si costituisce ed è costituito in autorità solo perché più grande.
Con quali criteri si debbano scegliere i successori di Pietro, sarà sempre opinione dell’uomo. Ma con quali criterio Cristo abbia scelto il proprio successore, questo è scritto chiaramente.
Vi è una  progressione ed una diversificazione del discorso che spiega come si deve intendere un’ autorità  che si proponga e sia proposto in amore.
Simone di Giovanni mi ami più di questi?
E’ chiesto non semplicemente l’amore per i fratelli, ma un amore più grande di quello dei fratelli.
Una richiesta che è semplicemente formulata, vuole la risposta, non degli altri, ma della coscienza del singolo.
Sì Signore, tu sai che ti amo.
La risposta può e deve essere data soltanto da colui che è chiamato, ma davanti a tutta l’assemblea dei fratelli riuniti intorno alla mensa del Cristo.
Dice a lui: Pascola i miei agnelli.
Non si è costituiti pastori delle pecore, se non in quanto portatori di un amore più grande di quello dei propri simili. Se Pietro è riconosciuto pecora matura, gli altri discepoli al suo confronto sono  agnelli: hanno bisogno di un aiuto e di un sostegno nella crescita.
Prima condizione dunque confermata per l’esercizio di un’autorità: un amore vero  (agapào) e più grande, in confronto a chi appare più piccolo ( agnelli).
E se le cose stessero diversamente?
16 Gli dice di nuovo una seconda volta: Simone di Giovanni, mi ami? Dice a lui: Sì, Signore, tu sai che ti amo. Dice a lui: Sii pastore delle mie pecore.
Questa volta non vi è la richiesta di un amore più grande di…, ma  richiesta di un amore che si ponga alla pari, di fronte a chi è riconosciuto pari ( pecore e non più agnelli ).
E anche questo è confermato ed approvato… ma non è ancora tutto.
17 Dice a lui la terza volta: Simone di Giovanni, mi vuoi bene?
Non si usa più il verbo agapào, che indica l’amore pieno di Dio, ma filèo, che indica un amore meno grande, anche se pur vero. In italiano la differenza è resa dal “ mi vuoi bene?”, rispetto al “mi ami?”. Nessun confronto, questa volta, tra un amore più grande ed un amore più piccolo, tra l’amore di Pietro e quello degli altri discepoli: l’autorità è comunque accreditata, purchè confessi l’amore per Cristo.
Si rattristò Pietro perché gli disse la terza volta: Mi vuoi bene ?
Non semplicemente dunque perché Gesù gli pone la medesima domanda per tre volte, ma perché ad ogni richiesta sembra giocare al ribasso. Come dire: se non sai dare il più io, accetto anche il meno. Non per questo cessi di essere pastore. Ma quale gioia in un simile rapporto? Si deve recuperare umilmente quello vero.
E gli dice: Signore tu sai tutte le cose, tu conosci che ti voglio bene. Gli dice Gesù: Pascola le mie pecore.
Anche se Pietro non arriva a più di tanto, quando c’è l’umile confessione del proprio cuore e la tristezza per le proprie mancanze, allora veramente niente e nessuno può mettere in discussione l’autorità che è costituita. Ci può essere qualche tristezza, e non solo da parte di Pietro, ma tutti saremo recuperati dalla infinita misericordia di Cristo.
Un monito dunque per chi è a capo, perché lo sia con l’amore del Signore, ma anche un monito per tutte le pecore, perché non pretendano un amore più grande di quello che è dato.
Un vera e propria investitura di Pietro da parte di Cristo davanti a tutta la chiesa: nessun criterio è dato e fissato se non quello dell’amore. Chi è pastore eserciti il proprio ufficio cercando ogni pienezza , chi è sottomesso non pretenda nulla di più di ciò che è  approvato da Dio. Siamo tenuti ad obbedire al capo della Chiesa, purchè non si manifesti apertamente nemico di Cristo.
I giudizi frettolosi e le rotture aperte e definitive non appartengono alla logica dell’amore.
18 In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane, cingevi te stesso e camminavi dove volevi; ma quando invecchierai, tenderai le tue mani, ed un altro ti cingerà e porterà dove non vuoi. 19 Ora questa cosa disse indicando con quale morte avrebbe glorificato Dio.
Chi è destinato ad un compito così importante merita particolare attenzione da parte di Gesù ed una parola in più, perché non sia tentato di confondere l’autorità che è data dal cielo con qualsiasi autorità che viene dalla terra. I capi di questo mondo sono consumati dalla brama di grandezza, ed aspirano a passare di gloria in gloria: chi è messo a capo del gregge di Cristo segue un cammino inverso di umiliazione e di obbedienza.
Il futuro di Pietro non potrà ricalcare semplicemente il passato, ma dovrà segnare una crescita nel suo essere in Cristo ed in funzione di Cristo.
Quando si è giovani nella fede si è pieni di buone iniziative e di slanci generosi, ma non sempre c’è capacità e volontà di ascolto. Quando la fede diventa matura e deve provvedere anche per il bene dei fratelli, deve crescere di obbedienza in obbedienza, fino al sacrificio estremo della propria vita.
Se a Pietro è richiesto l’amore, giova sapere qual è l’amore vero. Non quello indifferenziato che tanto si affatica senza sapere per chi e per che cosa, ma quello che è fondato in Cristo e che null’altro cerca e vuole se non fare la volontà del Signore.
Non qualsiasi morte è gradita agli occhi di Dio, ma quella guidata ed agita dalla vera obbedienza a Cristo, dove non c’è più spazio per la nostra volontà, ma tutto è detto e tutto è fatto conforme a ciò che è stabilito e gradito  in cielo.
Nel momento dell’investitura del pastore nessuna parola per il gregge, nessuna esortazione o peggio ancora comando per una sottomissione piena ed incondizionata. Le pecore seguono il loro pastore soltanto perché trovano in lui un amico fidato ed una sicura guida verso i pascoli che danno la vita. Nessuna obbedienza è assoluta ed incondizionata se non nella misura in cui porta frutto. Se a Pietro è fatto obbligo di pascere, nessun obbligo è dato alle pecore, se non quello di cercare Colui che è vita eterna. Il dono dato e veicolato da Dio attraverso l’uomo, non lega e non vincola  di necessità assoluta all’uomo, ma solo a Dio. Può esserci e deve esserci un rapporto di stima e di amore fra pecore e pastore, ma nessun pastore piccolo o grande che sia può prendere il posto dell’unico Signore.
Se le pecore devono temere l’ira di Dio quando non tengono in considerazione i loro pastori, quanto più i pastori quando portano le pecore verso pascoli di morte!
Il gregge affidato per essere condotto al pascolo, non perde con ciò il suo naturale padrone, semplicemente trova un aiuto, un sostegno per andare al  Signore in modo più pieno e sicuro. Quando le cose vanno male e i rapporti non sono facili, a qualsiasi pecora è riconosciuto il diritto di un confronto diretto col Padre, che è nei cieli. C’è bisogno di un mediatore? Ci è già stato dato in  Gesù.  Un mediatore che fa la funzione di un altro mediatore, è semplicemente fuori luogo. Non ci è concesso di abusare della libertà che abbiamo in Cristo? Nessun abuso è consentito neppure a chi guida in questo mondo la comunità degli eletti.
Ed avendo detto questa cosa gli dice: Segui me.
Non è  la semplice reiterazione di un comando fatto altre volte e non solo a Pietro.
Questa volta l’espressione ha un significato diverso. “Segui me”, non semplicemente nel senso di vieni dietro a me, ma ancor più nel senso di “ fai come me”. E’ Cristo l’unico vero pastore della chiesa, e chi svolge un servizio in nome suo deve guardare all’unico vero modello che ci è stato dato dal cielo. Ci è detto da Cristo risorto, quando la sua obbedienza fino alla morte è già un fatto verificabile e verificato e non più semplicemente una promessa o un puro proposito.
20 Essendosi voltato Pietro scorge il discepolo che Gesù amava che stava seguendo, che anche si era inclinato nel banchetto sul suo petto e aveva detto: Signore, chi è quello che ti consegna?
Chi è intento a seguire Gesù, trova subito qualcuno che ha il medesimo intento, soprattutto se è messo a capo. Come ogni vero pastore, Pietro ha un occhio rivolto al padrone del gregge, ed un altro al gregge affidato. E come ognuno a cui è chiesto di amare “in primis”, subito vede tra il gregge chi “in primis” è amato dal Cristo.
21 Avendo dunque visto questi, Pietro dice a Gesù: Signore, ma questi cosa?
Nessuna meraviglia che la preoccupazione prima di Pietro sia proprio per il discepolo prediletto dal maestro.
22 Gli dice Gesù: Se voglio che egli rimanga finchè io venga, cosa importa a te?
Altro è occuparsi delle pecore di Dio, altro essere per loro preoccupato, ed indagare e voler sapere oltre ciò che è richiesto dal mandato. La sorte del singolo e la sua vocazione nella chiesa rimangono sempre un mistero che nessun pastore può sondare pienamente. E neppure gli è chiesto.
cosa importa a te? Non in questo modo  Pietro deve amare  le pecore, neppure quella che è prediletta dal Signore. Nel rapporto tra il singolo e Dio non si può entrare se non fino ad un certo punto: vi è un limite che non si può valicare ed uno spazio che solo il Padre conosce.
Tu me segui.
Invece di pensare innanzitutto alla sequela altrui, Pietro pensi alla propria. In essa e per essa troverà la luce e l’amore vero per i fratelli.
23 Uscì allora questa parola tra i fratelli che quel discepolo non muore; non gli disse però Gesù che non muore, ma: Se voglio che lui rimanga finchè io venga, cosa importa a te?
Passo di difficile interpretazione. Se è chiaro che i fratelli di fede hanno frainteso le parole di Gesù, non è tuttavia spiegato come si debbano intendere le parole dette a Pietro, riguardo a Giovanni.
Di quale venuta si parla? Ed ancora: in che senso Giovanni deve rimanere?
Possiamo ipotizzare che Gesù giochi su di un malinteso diffuso nella primitiva chiesa, riguardo alla morte di Giovanni, per riportare l’impegno e l’interesse di Pietro su ciò che è di vitale importanza per la sua sequela. Non è detto che Pietro debba indagare su tutto e su tutti. Ci potranno essere,  tra i chiamati, pettegolezzi, dicerie, interpretazioni sbagliate, riguardo alle quali Pietro non deve preoccuparsi più di tanto: l’errore ed il malinteso fanno parte della vita della chiesa, come di qualsiasi altra comunità. Se ce la prendiamo per tutto e tutti diventano oggetto di investigazione, non è più finita:  perderemo la pace che abbiamo in Cristo. Meglio avere lo sguardo fisso ed il cuore volto al perfezionatore della nostra salvezza… e non preoccuparsi più di tanto di ciò che appare oscuro! Nello zelo per la verità e nella ricerca della sapienza celeste si può insinuare una morbosa presunzione di tutto capire, che non è conforme alla volontà di Dio. Meglio rimettere le zone d’ombra e di buio nelle mani del Signore e non avere la pretesa di comprendere ogni parola e di risolvere ogni problema, in nome di un’autorità conferita dal cielo.
24 Questi è il discepolo che testimonia circa queste cose e che ha scritto queste cose, e sappiamo che la sua testimonianza è vera.
Non l’ultimo arrivato dunque nella chiesa, ma una persona nota e molto chiacchierata in bene. Giovanni vuol confortare e confermare chi legge circa l’autenticità di una testimonianza.
La fede in Cristo è confermata non solo dai molti segni che Gesù ha operato nel tempo della sua venuta, ma anche da una parola accreditata fin dai primordi da tutta la chiesa.
Si può dubitare di una testimonianza qualsiasi: ciò che è scritto in questo libro è detto “in verità” dal discepolo prediletto da Gesù.
25 Ci sono poi anche molte altre cose che fece Gesù, che se fossero scritte una per una, penso che neppure lo stesso mondo conterrebbe i libri scritti.
La parola scritta in cui dobbiamo credere è finita e limitata, come finito e limitato è ogni uomo. Ma non c’è altra via verso l’infinito che è Dio e verso la Sua eternità. In essa e soltanto in essa troverai racchiusi tesori celesti di valore inestimabile ed alla fine l’unico Bene, che è Gesù Cristo, Figlio di Dio.
Comprendano quelli che vogliono togliere: perdono una ricchezza inestimabile.
Comprendano pure quelli che vogliono aggiungere: ce n’è già abbastanza per avere la pienezza della vita.

Vangelo di Giovanni cap20

Commento al Vangelo di Giovanni

Cap. 20

1 Il  giorno uno della settimana Maria Maddalena viene di mattino presto essendo ancora buio al sepolcro e vede la pietra tolta dal sepolcro.
2 Corre allora e viene da Simon Pietro e dall’altro discepolo che Gesù amava e dice a loro: Hanno tolto il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto.
3 Uscì allora Pietro e l’altro discepolo e venivano al sepolcro.
4 Correvano ora i due insieme; e l’altro discepolo corse avanti più presto di Pietro e venne per primo al sepolcro,
5 ed essendosi chinato scorge giacenti le bende, tuttavia non entrò.
6 Viene allora anche Simon Pietro seguendo lui ed entrò nel sepolcro, ed osserva le bende giacenti.
7 e il sudario, che era sulla sua testa, non giacente con le bende, ma a parte avvolto in un solo luogo.
8 Allora dunque entrò anche l’altro discepolo che era giunto per primo nel sepolcro e vide e credette.
9 Non avevano infatti ancora capito la Scrittura, che doveva lui risuscitare dai morti.
10 Partirono allora di nuovo dai loro i discepoli.
11 Ora Maria era rimasta presso il sepolcro, fuori, piangente; mentre dunque piangeva, si chinò verso il sepolcro
12 e vede due angeli in bianche vesti sedenti, uno presso la testa ed uno presso i piedi, dove giaceva il corpo di Gesù. 13 E le dicono quelli: Donna, perché piangi? Dice a loro: Hanno preso il mio Signore, e non so dove l’hanno messo. 14 Avendo detto queste cose si voltò indietro e vede Gesù che stava lì e non sapeva che era Gesù.
15 Le dice Gesù: Donna, perché piangi? Chi cerchi? Quella ritenendo che fosse l’ortolano gli dice: Signore, se tu l’hai portato via, dimmi dove l’hai posto e io lo prenderò.
16 Le dice Gesù: Maria. Quella essendosi voltata gli dice in ebraico: Rabbonì, (che significa maestro).
17 Le dice Gesù: Non mi toccare, infatti non sono ancora salito al Padre, ma va’ dai miei fratelli e di’ a loro: Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro.
18 Viene Maria Maddalena annunciando ai discepoli: Ho visto il Signore, e quanto aveva detto a lei.
19 Essendo dunque sera in quel giorno, il giorno primo della settimana ed essendo chiuse le porte dove erano i discepoli per paura dei Giudei, venne Gesù e stette in mezzo e dice a loro: Pace a voi.
20 E dicendo questa cosa mostrò a loro le mani ed il fianco. Si rallegrarono allora i discepoli vedendo il Signore.
21 Disse allora Gesù di nuovo: Pace a voi; come il Padre ha inviato me, anch’io mando voi.
22 E avendo detto questa cosa soffiò e dice a loro: Ricevete lo Spirito Santo.
23 Di coloro a cui abbiate rimesso i peccati sono stati  rimessi a loro, di coloro a cui li riteniate sono stati ritenuti. 24 Tommaso ora, uno dei dodici, detto Didimo, non era con loro quando venne Gesù.
25 Dicevano allora a lui gli altri discepoli: Abbiamo visto il Signore! Ma egli disse a loro: Se non vedo nelle sue mani l’impronta dei chiodi e metto il mio dito nell’impronta dei chiodi e metto la mia mano nel suo fianco, non crederò affatto.
26 E dopo otto giorni di nuovo erano dentro i suoi discepoli e Tommaso con loro. Viene Gesù, essendo le porte chiuse, e stette in mezzo e disse: Pace a voi:
27 Poi dice a Tommaso: Porta il tuo dito qui e vedi le mie mani e porta la tua mano e mettila nel mio fianco, e non essere incredulo ma credente.
28 Rispose Tommaso e gli disse: Mio Signore e mio Dio!
29 Gli dice Gesù: Perché mi hai visto hai creduto? Beati quelli che non avendo visto pure hanno creduto.
30 Molti dunque ed altri segni fece Gesù davanti ai suoi discepoli, che non sono scritti in questo libro.
31 Questi poi sono scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo il figlio di Dio e affinché credendo abbiate la vita nel suo nome.

 


1 Il  giorno uno della settimana Maria Maddalena viene di mattino presto essendo ancora buio al sepolcro e vede la pietra tolta dal sepolcro.
La speranza che non vuol morire previene la novità del giorno. Si muove al mattino presto, quando è ancora buio ed è ancora possibile ritornare all’amore di ieri… per attingere dalla certezza della morte i segni di una nuova vita. Tutto finito oramai e non soltanto in apparenza: Cristo deposto dalla croce, il sepolcro chiuso, il silenzio più completo. Eppure chi ama il Signore non si arrende all’evidenza dei fatti e va oltre le categorie della logica umana. L’amore per le creature conosce una sua rassegnazione, l’amore per il Creatore non si dà mai pace, finché non scopre la sua dimensione eterna ed il suo dimorare per sempre nell’Altro ed accanto all’Altro. Cosa spinge Maria? Il sentimento di una  femminuccia innamorata che non si rassegna alla perdita dell’amato? O il vero amore di Dio che sempre confida e spera nell’Altro, contro ogni speranza e contro ogni evidenza?
viene di mattino presto essendo ancora buio
Non ci sarà una nuova luce se non per quelli che hanno fede in essa e le vanno incontro  prima ancora che sia sorta. Chi aspetta di vedere qualcosa e di avere dei segni, dormendo sonni felici, resterà nelle tenebre della morte. Finché non si fa niente per Cristo, finché il cuore resta chiuso nelle certezze della propria ragione, senza nulla osare e senza nulla sacrificare, nessun miracolo dal cielo  sarà dato.
Tutto si può e tutto si deve perdere in questo mondo, all’infuori della fede in Cristo.
C’è la fede facile e pronta, che è risposta alla ricchezza del dono di Dio, così come si manifesta nella gioia del gruppo o nell’intimità della propria famiglia; c’è la fede che cerca al mattino presto il suo Signore, quando tutti dormono e si cammina da  soli nel buio, senza il conforto dell’uomo, per affrontare il silenzio di un Dio che è sceso nella tomba. E’ questa la fede che  resiste ed è premiata. E’ questa la fede “solitaria” che spalanca le porte della chiesa, per portare la buona novella.
Dove sono i discepoli di Cristo? Se non è a rischio l’amore che il Signore ha per essi è a rischio  la fede in questo amore. Ma come sperare ancora di fronte all’evidenza della morte? E’ anche una questione di buon senso!
Dove non arriva la fede degli apostoli, arriva la fede di una semplice donna. Per null’altro essa è ricordata, se non per il fatto che, da meretrice qual era, per prima versò ogni profumo della propria vita per diventare lei stessa profumo di Cristo; per prima pose ogni sua speranza presso il sepolcro di Gesù, per rimanere sempre accanto a Lui. Per quel che riguarda la comunità degli apostoli, prima nel peccato, prima nell’amore verso il suo Signore.
2 Corre allora e viene da Simon Pietro e dall’altro discepolo che Gesù amava e dice a loro:
Si va presso la morte del Signore al mattino presto, senza concedere sonno ai propri occhi; si ritorna alla comunità degli eletti di corsa per dare ogni annuncio di novità. Non a tutti e a chiunque si dicono le cose di Dio, ma a coloro che lo amano e sono da Lui amati. Se Pietro è figura di colui che innanzi tutti ama il Signore, Giovanni è figura di colui che innanzi tutti è dal Signore amato.
Hanno tolto il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto.
Per chi cerca e vuole la vita vi è sempre qualche segno che tiene accesa la speranza.
La speranza in Cristo non è mai infondata: piccola o grande che sia, parte dal reale e da ciò che è concretamente vissuto e conosciuto. Ma bisogna andare avanti, per sapere e vedere come va a finire.
Si possono avere in itinere dubbi infondati e convinzioni sbagliate. Importa non arrendersi e perseverare ad oltranza, senza nulla tralasciare di ciò che ci è offerto, esplorando ogni porta aperta verso la salvezza.
Vi sono esperienze di fede piene di ambiguità e contraddizioni, non pienamente consone allo spirito delle Scritture. Di per sé non vanno ripudiate, se non quando rifiutano un confronto ed una verifica con la chiesa. Chi confessa l’ignoranza e i dubbi della propria fede, non solo non fa male alla comunità, ma è stimolo per una ricerca ed un approfondimento del mistero di Cristo risorto.
3 Uscì allora Pietro e l’altro discepolo e venivano al sepolcro.
A volte è la testimonianza degli ultimi a smuovere i primi. Pietro e Giovanni escono dalle certezze della morte e si rimettono in cammino per rivisitare in modo nuovo il sepolcro di Cristo. “Venivano” per indicare un’azione che dura nel tempo, e non “vennero” per indicare ciò che ha avuto fine nel tempo. I misteri di Cristo non vanno affrontati da sprovveduti: bisogna prima portarli nel cuore e meditarci sopra.
4 Correvano ora i due insieme; e l’altro discepolo corse avanti più presto di Pietro e venne per primo al sepolcro,
La fede in Cristo è  una corsa: si può andare da soli come la Maddalena, si può andare insieme con altri. Nella corsa solitaria il cammino procede più lento e tranquillo: c’è maggior serenità, ma minore emozione. Quando si va con altri, la corsa è fatta più viva dallo spirito di competizione e dal confronto con il fratello o con la sorella… Ed è impossibile procedere e camminare alla pari: per forza di cose c’è chi sopravanza l’altro ed arriva prima.
5 ed essendosi chinato scorge giacenti le bende, tuttavia non entrò.
Si china Giovanni di fronte al sepolcro di Cristo in segno di venerazione ed adorazione. La fede in Gesù è ora affermata in maniera diversa… a partire dalla Sua morte. E subito è dato un segno, e si accresce il deposito della fede. La Maddalena ha visto il sepolcro aperto, Giovanni vede aperte le bende che cingevano il corpo del Signore. Ce n’è abbastanza per affrontare in maniera nuova il mistero della morte di Gesù. Ancora un passo e si è già entrati in esso. Ma proprio sul più bello, Giovanni si ferma ed attende. Non si può affrontare questo grande mistero se non insieme con la chiesa ed in comunione con colui che è stato messo a capo… anche se arriva dopo.
6 Viene allora anche Simon Pietro seguendo lui
Non sempre la chiesa arriva prima col suo capo, a volte sono preziosi anche gli ultimi e quelli che sono meno considerati: hanno più zelo e corrono con più entusiasmo.
E non è detto che il capo sempre e necessariamente debba precedere: a volte si trova a seguire.
ed entrò nel sepolcro, ed osserva le bende giacenti. 7 e il sudario, che era sulla sua testa, non giacente con le bende, ma a parte avvolto in un solo luogo.
Pietro entra per primo nel mistero della morte di Cristo, non per i propri meriti e per le proprie forze, ma ancor più per l’aiuto ed il sostegno dell’intera chiesa. Colui che è stato chiamato per una conferma riguardo ai propri fratelli, nulla può confermare senza il loro aiuto ed il loro sostegno.
Nella chiesa non c’è esercizio santo dell’autorità, se non per coloro che vogliono crescere in sintonia con la fede di tutti e di ognuno.
8 Allora dunque entrò anche l’altro discepolo che era giunto per primo nel sepolcro
Chi è arrivato per primo entra soltanto dopo colui è stato messo come primo.
e vide e credette.
Particolare curioso: non è scritto che videro e credettero, ma che il solo Giovanni vide e credette. Mentre Pietro è fermo ad osservare le bende giacenti ed il sudario, segni evidenti di una novità, Giovanni intende oltre. L’uno sta ancora meditando, l’altro ha già compreso. L’uno è posto sulla via della novità di vita, l’altro è già entrato in essa. Pietro osserva con gli occhi della carne, Giovanni vede con gli occhi della fede.
Non ci è dato di vedere le cose di Dio se non nella misura dell’amore che ad esse portiamo. E non ci è chiesto di credere, se non in ciò che il Signore rende a noi manifesto . Nessuna fede può crescere e dare frutti buoni se non quella che è fondata sul dono di Dio e sulla manifestazione dei suoi misteri. Un cuore privo di “intuizioni” riguardo al divino è anche un cuore di fede  infondata. Non conosce il calore del Signore, non si disseta alla fonte della sua Parola, e neppure è da Essa istruito ed ammaestrato. Se è vero che non vede se non chi ha creduto, è altrettanto vero che non crede se non chi ha visto. Ma bisogna porsi ed essere trovati alla sequela di Cristo e non limitarsi ad inutili e sterili disquisizioni riguardo alla fede.
9 Non avevano infatti ancora capito la Scrittura, che doveva lui risuscitare dai morti.
Fino ad allora, ma non più da allora. Almeno per quel che riguarda Giovanni l’intelligenza della fede ha già dato il suo frutto; quello di Pietro sta ancora maturando. Giovanni non solo attende Pietro: lo lascia entrare per primo; non vuole vedere e capire se non con lui e dopo di lui. E’ così che la chiesa cresce in unità armonica: quando le sue membra nulla vogliono fare e pensare senza il loro capo. Alle autorità della chiesa è dovuto non solo il nostro rispetto e la nostra reverenza, ma anche la nostra paziente attesa e l’umile sottomissione. Chi crede che si debba parlare sempre ed ovunque e dire chiaramente come stanno le cose, è un grave danno per la comunità: c’è anche l’amore che vive nel silenzio e nel nascondimento e sa stare al proprio posto, e non interviene se non quando gli è chiesto e concesso. Nessuno presuma di se stesso per i doni che il Signore gli ha dato. Un corpo non cresce in maniera sana ed ordinata, se ogni membro non sta al proprio posto e non adempie al proprio ufficio, senza prevaricare in nulla rispetto a chi gli è preposto.
10 Partirono allora di nuovo dai loro  discepoli.
Tutti e due insieme, forse diversamente illuminati, ma guidati dall’unico amore verso il Signore e verso la comunità degli eletti.
11 Ora Maria era rimasta presso il sepolcro, fuori, piangente;
Maria non è ancora entrata nel mistero della morte e resurrezione di Gesù. Benché sia stata la prima ad avviarsi verso il sepolcro, altri l’hanno scavalcata e sopravanzata nella fede.
Si arriva al Signore in maniera diversa ed in tempi diversi. C’è chi comincia molto presto, all’aurora della propria vita, e dimostra tenacia e perseveranza, senza brusche accelerazioni, ma anche senza facili abbandoni. E sono proprio queste persone  che annunciano il Signore in maniera più forte e decisiva, portatrici di una fede matura e radicata, che non crede ai facili entusiasmi. Se il pianto è prolungato più del dovuto e del necessario, la consolazione del Signore sarà più grande e più piena. Viene il tempo opportuno anche per chi fa fatica ad abbandonare il  pianto per Gesù. Allorché il dolore è accettato e lo sguardo è chinato per vedere il proprio amore crocifisso, allora si compie il miracolo della fede.
mentre dunque piangeva, si chinò verso il sepolcro 12 e vede due angeli in bianche vesti sedenti, uno presso la testa ed uno presso i piedi, dove giaceva il corpo di Gesù.
Se il nostro Signore è Dio di ogni consolazione, questa consolazione può arrivarci in maniera diversa. Non sempre direttamente da Lui. Prima di Cristo può parlarci qualche “angelo” suo. C’è anche chi ridicolizza o minimizza l’importanza degli angeli nell’economia della salvezza. Eppure il Signore li ha posti al nostro servizio. Voglia il cielo che nei momenti più difficili ci sia un angelo ad illuminarci e a consolarci. Se ti spaventa il pensiero della morte, ti rallegri la consapevolezza che non necessariamente sarai solo nell’ora estrema. Qualche angelo mandato dal cielo ti consolerà e ti accompagnerà nel momento del trapasso… tanto più se sei l’ultimo degli uomini, senza famiglia e senza amici e ti senti fragile e facile al crollo.
Maria Maddalena non vede dunque innanzitutto Gesù, ma due angeli al posto del corpo suo: “uno presso la testa ed uno presso i piedi”. L’inizio e la conclusione di una storia d’amore è illuminata da una luce e da una presenza nuova. Ce n’è abbastanza perché il dialogo con Gesù e riguardo a Gesù continui. Quando cala il nostro silenzio di fronte alla morte, una parola nuova, mandata dal cielo, parla al  cuore.
13 E le dicono quelli: Donna, perché piangi? Dice a loro: Hanno preso il mio Signore, e non so dove l’hanno messo.
La fede di Maria non si dimostra pronta… ma soltanto perché vuol essere vera e pienamente fondata e confermata. C’è il pianto disperato di chi vede venir meno le gioie di questa vita e c’è il pianto ostinato di chi non sa vivere lontano dalla presenza del Signore. E’ questo il pianto che trova il proprio premio e la propria consolazione… quando non si accetta di perdere il Cristo, ma si è sempre pronti a ricercare l’amato del proprio cuore, anche se gli uomini fanno di tutto per portartelo via e per scoraggiare la tua fede. Sono calate le tenebre della morte, ma non è venuto meno l’amore per Gesù. Se non si fa vedere, se non è più dato toccarlo e parlare con Lui, è soltanto per un malvagio disegno da altri macchinato. Chi crede nell’amore di Cristo, crede anche nel suo valore e nella sua portata eterna, anche se non sa…
14 Avendo detto queste cose si voltò indietro e vede Gesù che stava lì e non sapeva che era Gesù.
Se ben guardi alle cose passate e non vuoi dimenticare, allora vedrai che il Signore è ancora presso di te. In maniera diversa e forse con un volto nuovo, ma sempre accanto al tuo cuore, per vigilare su di esso.
15 Le dice Gesù: Donna, perché piangi? Chi cerchi?
Quando non siamo più in grado di riconoscere Gesù, ed il nostro pianto e la nostra ostinazione  sembrano approdare a nulla, allora è Gesù stesso che si dà a riconoscere, con infinita pazienza e con immensa tenerezza… come un padre fa col piccolo suo, allorché si è smarrito e piange e cerca l’abbraccio che tanto lo rallegra.
Quella ritenendo che fosse l’ortolano gli dice: Signore, se tu l’hai portato via, dimmi dove l’hai posto e io lo prenderò.
Maria, se pur vede con gli occhi della carne, ancora non vede con gli occhi dello Spirito.
Non sempre si riconosce subito la presenza del Signore risorto, ma sempre è premiata la fede tenace ed ostinata che mai si arrende, neppure di fronte all’evidenza e cerca ovunque il proprio Signore, per tenerlo con sé, anche se è morto agli occhi della carne.
16 Le dice Gesù: Maria.
Non si arriva al felice epilogo di una storia, se non quando Gesù risorto ci chiama per nome e rivolge a noi la sua voce, non semplicemente la parola che è per tutti, ma quella parola che è solo per noi.
Quella essendosi voltata gli dice in ebraico: Rabbonì, (che significa maestro).
Per la seconda volta Maria si volta indietro verso il Signore:  prima  per cercare Gesù, ora  perché cercata da Gesù.
17 Le dice Gesù: Non mi toccare, infatti non sono ancora salito al Padre, ma va’ dai miei fratelli e di’ a loro: Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro.
L’amore verso Gesù chiede la propria pienezza e concretezza… Ma prima c’è il tempo dell’attesa e l’adempimento di ogni obbligo verso la comunità degli eletti. Gesù  vuole essere felice con noi,  ma solo nell’assemblea dei santi, dei fratelli ritrovati, nella casa del Padre suo e Padre nostro. C’è un’opera da compiere e da portare al termine… non solo da parte di Cristo.
18 Viene Maria Maddalena annunciando ai discepoli: Ho visto il Signore, e quanto aveva detto a lei.
Si va alla morte di Gesù nel pianto, si ritorna nella gioia per annunciare la novità della vita. Le tenebre sono dissipate, gli occhi vedono il Signore, la bocca si apre per annunciare le meraviglie della Parola di Dio. Particolare che fa riflettere: coloro che sono chiamati a dare l’annuncio sono essi stessi oggetto d’annuncio. Non sembra però che sia stato dato molto peso alle parole di Maria Maddalena. I primi nella chiesa sono sempre restii ad accogliere dagli ultimi un annuncio di verità che si proponga come fondato.

 

 

 

19 Essendo dunque sera in quel giorno, il giorno primo della settimana ed essendo chiuse le porte dove erano i discepoli per paura dei Giudei,
E’ già stata data la buona notizia, ma per gli apostoli il primo giorno è passato invano.
Invece di camminare nella luce incontro alla loro Luce, sono rimasti inerti nella chiesa, e già si preannunciano nella sera le tenebre della notte. Chi ha paura di giorno, quanto più di notte! Gli esordi della chiesa non sono dei più esaltanti, se non fosse per la fede di chi è piccolo. Il timore per il male che può venire dall’uomo, ha preso il sopravvento sulla fede nel bene che può venire da Dio.
Le porte della chiesa sono chiuse, non solo per i nemici, ma anche per chi è amico.
venne Gesù e stette in mezzo e dice a loro: Pace a voi.
Anche se la chiesa è sopraffatta dal Maligno e chiude le proprie porte a Cristo, il Signore trova modo di entrare in essa, per offrire la propria vita e portare la pace che viene dal cielo. E non sembra proprio che Gesù abbia fretta o volontà alcuna di andarsene. “Stette in mezzo” , perché tutti lo vedessero e tutti lo conoscessero.
20 E dicendo questa cosa mostrò a loro le mani ed il fianco.
Non solo Gesù si fa sentire con la sua parola, ma si fa anche vedere “ da vicino” mostrando le mani ed il fianco.
Non c’è più possibilità di una conoscenza “da lontano”, ora che Cristo è risorto dai morti e si è fermato in mezzo a noi.
Si rallegrarono allora i discepoli vedendo il Signore.
La paura cede il posto ad una gioia nuova: la presenza reale, visibile e palpabile di Gesù nella comunità degli eletti alimenta la speranza e la fede.
21 Disse allora Gesù di nuovo: Pace a voi; come il Padre ha inviato me, anch’io mando voi.
E tutto questo  nella chiesa e per la chiesa.
Nella chiesa troverai non solo Cristo risorto, ma anche la pace che è da Lui portata e riportata. Perché noi tutti diventiamo araldi di Dio, sulle orme tracciate dal Figlio suo.
 22 E avendo detto questa cosa soffiò e dice a loro: Ricevete lo Spirito Santo.
E’ il suggello della vita nuova: non più semplicemente un alito di Spirito Santo, come in Eden, ma un soffio pieno che investe in modo totale.
23 Di coloro a cui abbiate rimesso i peccati sono stati  rimessi a loro, di coloro a cui li riteniate sono stati ritenuti.
La chiesa cattolica ha fondato su questi passi il sacramento della penitenza: confessione dei peccati da parte di ognuno e remissione di essi ad opera dei soli ministri della chiesa, in nome di Gesù.
La possibilità di rimettere o di ritenere i peccati giustifica di per sé un potere di  giudizio sul singolo, conferito al presbitero, che può dare o non dare l’assoluzione. La chiesa inoltre rimette o ritiene non semplicemente i peccati di questo o quell’uomo, ma questo o quel peccato dello stesso uomo. I peccati debbono essere esplicitati uno ad uno,  non a tutti i ministri ( vi è una impossibilità pratica ), ma ad uno solo prete, il quale dà o nega l’assoluzione.
La responsabilità del tutto ( la totalità dei ministri) è delegata alla responsabilità dell’uno ( il singolo confessore).
Di coloro a cui abbiate rimesso i peccati sono stati  rimessi a loro, di coloro a cui li riteniate sono stati ritenuti.
Come a dire: nel momento in cui annunciate la remissione dei peccati, sappiate che questa è già un dato di fatto presso il Padre.
Non l’uomo deve confermare l’opera di Dio, mettendosi al Suo posto, ma è Dio che vuol confermare l’opera dell’uomo, allorché lo mette al proprio posto. Nessun peccato gli apostoli potrebbero rimettere o ritenere se non fosse stato prima rimesso o ritenuto da Cristo.
Nessun nuovo potere viene dunque conferito alla chiesa se non quello di confermare ciò che è esclusivamente potere di Dio. La novità non riguarda tanto il potere, quanto il dovere.
La chiesa deve sancire visibilmente sulla terra ciò che Dio ha già sancito in cielo: che non c’è remissione dei peccati se non in Cristo Gesù.
Quanto poi alla forma ed al modo, i cristiani molto hanno discusso e molto discuteranno. Quel che è certo è che non c’è giustificazione o assoluzione se non in Cristo Gesù. E’ lui il garante della nostra liberazione del peccato e non certo questo o quel prete, per questa o quella forma di confessione.
Il confessore scioglie dai peccati, ma soltanto in nome di Dio, non per un potere proprio, ma per un potere conferitogli dal Cristo stesso, in quanto ministro della sua chiesa.
24 Tommaso ora, uno dei dodici, detto Didimo, non era con loro quando venne Gesù.
Non ci è detto perché Tommaso non si trovasse con gli apostoli in un frangente così  drammatico per la comunità. Nei momenti più importanti c’è sempre qualcuno che manca all’appello e deve essere rincorso dalla sollecitudine dei fratelli: Questa volta per fortuna per avere una buona notizia.
25 Dicevano allora a lui gli altri discepoli: Abbiamo visto il Signore! Ma egli disse a loro: Se non vedo nelle sue mani l’impronta dei chiodi e metto il mio dito nell’impronta dei chiodi e metto la mia mano nel suo fianco, non crederò affatto.
L’incredulità di Tommaso è diventata proverbiale.
E’ figura di una fede che non si accontenta della testimonianza degli altri, seppure corale, ma vuole vedere con i propri occhi e capire con la propria testa.
Tommaso è uno che nella comunità va avanti  da solo e non si fida del giudizio altrui .
A torto è additato come modello di non fede: più propriamente è portatore di una fede che cerca una propria autonomia rispetto  a quella della comunità, e per questo ha bisogno di essere rincorso e sollecitato dai fratelli.
Non è presente quando Gesù appare ai discepoli: si è tentati di pensare che abbia perso interesse per il Signore.
Il seguito dimostra che porta ancora Cristo nel proprio cuore. Messo da parte o allentato il rapporto con la comunità, cerca di vedersela da solo con Dio.
Alla fine è costretto a recuperare l’importanza della chiesa e riconoscere in essa il luogo privilegiato dal Signore per la Sua manifestazione.
Indubbiamente Tommaso ha la testa dura. L’annuncio dei fratelli dà fuoco al suo ardore per Cristo, ma una notizia così grande e tanto bella non può essere presa per vera se non si dimostra  fondata, non per testimonianza altrui, ma per esperienza personale. Tommaso non solo non si fida di quello che vedono gli altri, ma neppure di ciò che possono vedere i propri occhi.
“ Se non vedo nelle sue mani l’impronta dei chiodi e metto il mio dito nell’impronta dei chiodi e metto la mia mano nel suo fianco, non crederò affatto.”
Non gli basta vedere nelle mani l’impronta dei chiodi, vuole anche mettervi dentro il proprio dito… E quando potrebbe essere già persuaso vuole ancora mettere la sua mano nel fianco di Gesù.
Il mondo è pieno di visionari: non si deve essere dei creduloni e peggio ancora nel novero di coloro che hanno apparizioni facili ed esaltanti.
Tommaso non è indifferente all’amore del Signore: più semplicemente è portatore di una fede diversa, che non si abbandona alle facili suggestioni, ma vuole piena conferma dal cielo.
C’è una credulità che allontana Gesù e c’è un’incredulità più apparente che reale la quale sollecita e richiama un intervento di Dio per il singolo.
Non nuoce e non fa male alla comunità: alla fine la chiesa tutta ne esce rafforzata confermata, in quanto rivisitata dal Cristo.
26 E dopo otto giorni di nuovo erano dentro i suoi discepoli e Tommaso con loro.
Benché Tommaso non si fidi della testimonianza della chiesa, non è così stupido da non comprendere la sua importanza come luogo d’incontro con il Signore.
Questa volta fa di tutto per trovarsi ed essere trovato insieme con  gli altri. Se non ha fiducia nell’uomo, ha però fiducia in Dio ed aspetta che il Signore si manifesti anche per chi è portatore di una diversità, beninteso non quella esaltante, ma quella che fa soffrire e spinge all’autoemarginazione.
Nella chiesa non tutti riescono ad unirsi all’entusiasmo delle masse, sia esso fondato ed infondato: c’è anche chi si trova ripiegato sui propri dubbi e sulle proprie incertezze e fa la vita del solitario, disertando  assemblee, riunioni, congressi.
Alla fine si scopre che il Signore c’è anche per lui.
Viene Gesù, essendo le porte chiuse, e stette in mezzo e disse: Pace a voi:
Nonostante Gesù sia già apparso una prima volta ed abbia annunciato la pace che viene dal cielo, gli apostoli hanno ancora paura e se ne stanno di nuovo barricati in casa. Non basta un semplice segno di bonaccia dal cielo per fugare il timore che incute la  burrasca che viene dal mondo.
La pace del Signore ci viene da Lui portata e riportata, per la durezza del nostro cuore: il Satana non molla facilmente la presa.
27 Poi dice a Tommaso: Porta il tuo dito qui e vedi le mie mani e porta la tua mano e mettila nel mio fianco, e non essere incredulo ma credente.
Pace a tutti dunque, ma un’attenzione particolare a Tommaso, quasi a fargli credere che è venuto apposta solo per lui.
“Volevi dei segni dal cielo, forti ed inconfondibili, oltre e di più rispetto a ciò che è stato dato agli altri?
Eccoti accontentato, Tommaso. Non ti serbo rancore per la tua incredulità; al contrario voglio fare di tutto perché la tua fede sia piena e gioiosa”.
28 Rispose Tommaso e gli disse: Mio Signore e mio Dio!
Tommaso ha colto il segno di un amore che vuole  essere per lui e solo per lui. “Mio Signore e mio Dio”.
Non semplicemente della chiesa tutta, ma, quel che più importa, innanzitutto “mio”.
29 Gli dice Gesù: Perché mi hai visto hai creduto? Beati quelli che non avendo visto pure hanno creduto.
Richiamo pieno di dolcezza e tenerezza. “ C’era proprio bisogno di arrivare a tanto? Perché vuoi complicare le cose, quando si può avere una fede più semplice e decisa?”.
Beati quelli che non avendo visto pure hanno creduto.
“Felice l’uomo che crede nel Signore senza indugio, e non si perde in infinite ricerche ed indagini e non pretende chissà quali segni e prodigi dal cielo. Per lui tutto sarà più semplice”.
E’ la conclusione di un discorso e la fine del vangelo di Giovanni… nell’esaltazione di coloro che credono al Signore senza tanti “perché e per come”.
Non l’apologia di una fede superficiale e credulona, e alla fine infondata… ma l’affermazione di una risposta pronta ed immediata al Signore, che scavalca e mette da parte le complicazioni della ragione umana, per mettere subito a dimora il proprio cuore in Cristo e per Cristo.
Che tu creda a ragione o senza ragione, nulla cambia. La fede avrà il suo frutto e la sua ricompensa per Gesù ed in Gesù.
Il vangelo si può accogliere in maniera diversa: con la ragione del semplice, che non ha pretese riguardo al capire, con quella del dotto e dell’erudito, che tutto vuol indagare e confrontare, con quella del logico, che innanzitutto cerca la razionalità del dire e dell’operare.
Arriveremo alla stessa meta, se pur con fatica diversa.
 Il Padre donerà la conoscenza del Figlio suo a coloro che lo cercano e lo amano con tutto il loro cuore, con tutta la loro mente e con tutte le loro forze… Una totalità del dono diversa per ogni uomo, ma parimenti appagata e riempita dall’unico Cristo Gesù, fratello nostro e Dio nostro.
30 Molti dunque ed altri segni fece Gesù davanti ai suoi discepoli, che non sono scritti in questo libro. 31 Questi poi sono scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo il figlio di Dio e affinché credendo abbiate la vita nel suo nome.
Non c’è bisogno di saperne di più riguardo a quello che Gesù ha fatto o ha detto. Ce n’è abbastanza per avere una fede fondata e giustificata che porta alla vita eterna.
Riposi dunque il nostro cuore nella fede in Cristo Gesù, ruminando ogni giorno la sua Parola, così come ci è stata data, senza nulla aggiungere e senza nulla togliere.

 


 

Vangelo di Giovanni cap18

Commento al Vangelo di Giovanni

Cap. 18

Avendo detto queste cose Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente del Cedron dove c’era un orto, in cui entrò egli e i suoi discepoli.
2 Ora anche Giuda colui che lo tradiva conosceva il posto, perché molte volte si era riunito là Gesù con i suoi discepoli. 
3 Dunque Giuda avendo preso la coorte e inservienti dai sommi sacerdoti e dai farisei, viene là con lanterne e torce e armi.
4 Gesù dunque sapendo tutte le cose che venivano su di lui uscì e dice loro: Chi cercate?
5 Risposero a lui: Gesù il Nazoreo. Dice a loro: Io sono! Stava poi anche Giuda colui che lo consegnava con loro.
6 Allora come disse a loro: Io sono, andarono all’indietro e caddero a terra.
7 Di nuovo allora interrogò loro: Chi cercate? Essi allora dissero: Gesù il Nazoreo.
8 Rispose Gesù: Ho detto a voi che io sono.
Se dunque me cercate, lasciate andare questi;
9 affinchè si adempisse la parola che aveva detto: Di coloro che hai dato a me non ho perduto  nessuno.
10 Allora Simone Pietro avendo una spada la sguainò e colpì lo schiavo del sommo sacerdote e recise il suo orecchio destro. Era il nome dello schiavo Malco.
11 Disse allora Gesù a Pietro: Metti la spada nel fodero; non berrò forse la coppa che il Padre ha dato a me?
12 Allora la coorte ed il comandante e gli inservienti dei Giudei presero Gesù e lo legarono.
13 e condussero prima da Anna. Era infatti suocero di Caifa, che era sommo sacerdote di quell’anno.
14 Era poi Caifa quello che aveva consigliato ai Giudei: Conviene che un solo uomo muoia per il popolo.
15 Ora seguiva Gesù Simon Pietro e l’altro discepolo.  Quel discepolo poi era conosciuto al sommo sacerdote ed entrò insieme a Gesù nel cortile del sommo sacerdote,
16 ma Pietro stava presso la porta fuori. Entrò dunque l’altro discepolo quello conosciuto al sommo sacerdote e parlò con la portinaia e introdusse Pietro.
17 Allora dice a Pietro la serva portinaia: Non sei anche tu dai discepoli di quell’uomo? Dice quello: Non lo sono!
18 Stavano ora i servi e gli inservienti avendo fatto carboni ardenti, poiché era freddo e si scaldavano; c’era poi anche Pietro che stava con loro e si scaldava.
19 Allora il sommo sacerdote interrogò Gesù circa i suoi discepoli e circa il suo insegnamento.
20 Rispose a lui Gesù: Io apertamente ho parlato al mondo, io ho sempre insegnato in sinagoga e nel tempio dove convengono tutti i Giudei, e in segreto non ho detto niente. 21 Perché mi interroghi? Interroga quelli che hanno udito cosa ho detto a loro: Ecco questi sanno le cose che ho detto io.
22 Queste cose allora lui avendo detto uno degli inservienti astante diede uno schiaffo a Gesù dicendo: Così rispondi al sommo sacerdote?
23 Rispose a lui Gesù: Se ho parlato male, testimonia riguardo al male; se invece bene, perché mi percuoti?
24 Anna allora lo mandò legato da Caifa il sommo sacerdote.
25 Era Simon Pietro stante dritto e scaldantesi. Dissero allora a lui: Non sei anche tu dai suoi discepoli? Negò quello e disse: Non lo sono!
26 Dice uno dei servi del sommo sacerdote, essendo parente di colui a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio: Non ti ho io visto nell’orto con lui?
27 Di nuovo allora Pietro negò, e subito un gallo cantò.
28 Conducono allora Gesù da Caifa nel pretorio. Era mattino presto; ed essi non entrarono nel pretorio, per non contaminarsi ma perché mangiassero la pasqua.
29 Uscì dunque Pilato fuori da loro e dice: Che accusa portate contro?
30 Risposero e gli dissero: Se non fosse costui un malfattore, non te l’avremmo consegnato.
31 Disse a loro Pilato: Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge. Gli dissero i Giudei: A noi non è permesso uccidere nessuno;
32 affinchè si adempisse la parola di Gesù che disse indicando di quale morte stava per morire.
33 Uscì allora di nuovo nel pretorio Pilato e chiamò Gesù e gli disse: Tu sei il re dei Giudei?
34 Rispose Gesù: Da te stesso tu dici questa cosa o altri hanno detto a te di me?
35 Rispose Pilato: Forse che io sono Giudeo? La tua nazione e i sommi sacerdoti hanno consegnato te a me. Cosa hai fatto?
36 Il mio regno non è da questo mondo; se il mio regno fosse da questo mondo, i miei inservienti avrebbero combattuto, perché non fossi consegnato ai Giudei. Ora poi il mio regno non è di qui.
37 Gli disse allora Pilato: Dunque re sei tu? Rispose Gesù: Tu lo dici che sono re. Io per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare la verità. Ognuno che è dalla verità ascolta la mia voce.
38 Dice a lui Pilato: Cos’è la verità? Ed avendo detto questa cosa di nuovo uscì dai Giudei e dice a loro: Io non trovo in lui alcuna colpa.
39 Ora è consuetudine per voi che vi liberi uno per la pasqua; volete dunque che vi liberi il re dei Giudei?
40 Gridarono allora di nuovo dicendo: Non questi, ma Barabba. Ora era Barabba un bandito.

Avendo detto queste cose Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente del Cedron dove c’era un orto, in cui entrò egli e i suoi discepoli.
Quando l’ora si avvicina, Gesù si ritira in un luogo appartato, lontano dal clamore delle folle, in compagnia dei suoi discepoli.
La serietà  del momento rende gradita soltanto la vicinanza degli amici, unico conforto da parte dell’uomo, se pur non necessariamente garantito.
Quando si è isolati spiritualmente dal mondo, si desidera e si cerca anche la separazione fisica e di starsene un po’ da soli a tu per tu col Padre .
Soltanto chi entra con Gesù in questa separazione è degno di toccare con mano e di vedere con i propri occhi l’adempimento pieno della salvezza.
E’ l’ultimo appello che Gesù fa ai suoi discepoli: il più importante ed il più decisivo. Allorché Cristo fa la conta finale, qualcuno è trovato mancante. E quel che è peggio sta schierato col fronte nemico.
2 Ora anche Giuda colui che lo tradiva conosceva il posto, perché molte volte si era riunito là Gesù con i suoi discepoli.
C’è una conoscenza di Cristo che porta alla salvezza e c’è una conoscenza che è convertita in dannazione.
Abbandonata la sequela, non esiste per nessuno la possibilità di un atteggiamento neutrale di fronte al Cristo.
Si diventa di necessità suoi nemici e suoi traditori… nel modo più meschino e subdolo, allorché si profana e si calpesta quel luogo santo dove l’amicizia aveva conosciuto i momenti più belli e più intimi.
molte volte si era riunito là Gesù con i suoi discepoli.
Nessuno presuma di salvezza: si può venir meno anche dopo molti anni e molti incontri e molto ascolto.
3 Dunque Giuda avendo preso la coorte e inservienti dai sommi sacerdoti e dai farisei, viene là con lanterne e torce e armi.
Se il piano contro Cristo è partito da altri e solo in extremis  Giuda è stato coinvolto, quasi strappato all’amicizia del Cristo, ora la congiura manifesta un volto nuovo ed impensato.
In prima linea c’è proprio lui, Giuda, uno dei dodici. Se ci poteva essere qualche incertezza e qualche esitazione negli altri, è Giuda che rompe ogni indugio e prende in mano la cosa.
E vuol fare bene il suo servizio al Diavolo, perché l’esito finale sia garantito e non ci siano sorprese, a costo di apparire un “esagerato” ed un esaltato agli occhi degli altri.
Porta con sé un’intera coorte ed un gruppo di inservienti mandati dai sommi sacerdoti: più di cinquecento uomini, quasi un piccolo esercito per catturare un uomo docile e mite di cuore.
viene là con lanterne e torce e armi.
Quelli che contano stanno a guardare e mandano altri, come al solito. Non vogliono sporcarsi le mani in una storia così brutta, eppure prontamente hanno acconsentito alle richieste di Giuda, anche se l’apparato finale è chiaramente ridicolo.
Quando interessa far fuori Gesù, ogni mezzo ed ogni persona fanno allo scopo.
Giuda ha calcolato proprio tutto. Se Cristo non può sfuggire a tanti uomini, potrebbe però nascondersi nel buio… ma ci sarà la luce delle lanterne.
Se le lanterne si spegneranno… ci saranno le torce. Se qualcuno ricorrerà alla forza… si potrà contare sull’uso delle armi.
4 Gesù dunque sapendo tutte le cose che venivano su di lui
Non c’è piano così prudente e perfetto contro Cristo che non sia da Lui conosciuto.
uscì e dice loro:
Quando si va a Cristo come nemici non è dato incontrarLo in un luogo riservato ad una santa amicizia. Gesù accetta la scontro con chi lo tradisce… non nella sua chiesa.
Chi cercate?
Niente di più bello e di più consolante che essere precorsi e prevenuti dalla parola del Signore, se non ci fosse di mezzo una volontà di tradimento.
Chi vuol prevenire il Signore è da Lui prevenuto, nella Parola e con la Parola. Chi vuol evitare il suo volto, se lo trova innanzi tutti davanti.
5 Risposero a lui: Gesù il Nazoreo. 
Chi non vuol invocare il suo nome, lo deve pur pronunciare.
Dice a loro: Io sono!
Chi non vuol ascoltare la Sua parola, deve pur conoscere la potenza del nome di Dio. Meglio però trovarsi dalla parte giusta, soprattutto quando si è discepoli.
Stava poi anche Giuda colui che lo consegnava con loro.
Considerazione triste ed amara. Stava… Giuda… con loro. Molto più di uno smarrimento temporaneo: Giuda sta saldo nella volontà di rinnegamento, con i nemici di Dio.
6 Allora come disse a loro: Io sono, andarono all’indietro e caddero a terra.
Qualsiasi violenza contro il cielo e contro il nome di Dio non è un passo avanti nella vita, ma un ritorno al peccato di Eden e peggio ancora una caduta per la morte.
Se la vita terrena è fatta di tante cadute, c’è anche un’ultima caduta senza possibilità alcuna di salvezza: quando Dio pronuncerà il suo nome, non per fare nuova ogni cosa, ma per il giudizio finale.
7 Di nuovo allora interrogò loro: Chi cercate? Essi allora dissero: Gesù il Nazoreo. 8 Rispose Gesù: Ho detto a voi che io sono.
Prima del giorno del giudizio di Dio c’è il tempo della sua pazienza, allorché ogni cuore è da Lui cercato e da Lui vagliato.
Se dunque me cercate, lasciate andare questi; 9 affinchè si adempisse la parola che aveva detto: Di coloro che hai dato a me non ho perduto  nessuno.
Prima che si adempia la Parola riguardo alla Sua ira si deve adempiere la Parola riguardo al Suo Amore. Nessuno può strappare a Cristo coloro che il Padre gli ha dato. E’ la Parola stessa che si fa garante della nostra salvezza, non c’è bisogno dell’ intervento dell’uomo.
10 Allora Simone Pietro avendo una spada la sguainò e colpì lo schiavo del sommo sacerdote e recise il suo orecchio destro. Era il nome dello schiavo Malco.
Lodevole l’intento di Pietro di venire in soccorso alla parola del Signore: in quanto all’esito, niente che faccia esultare. L’apostolo ferisce e mutila un povero diavolo, uno di quelli che non contano agli occhi degli uomini, ma il cui nome è conosciuto da Dio.
Se è vero che il regno di Dio è dei violenti, è altrettanto vero che non ogni violenza è benedetta, se non quella che è conforme alla volontà del Signore.
Gli esordi di Pietro, capo della chiesa, non sono certo esaltanti. Lo zelo non illuminato fa male al prossimo, soprattutto ai poveri.
11 Disse allora Gesù a Pietro: Metti la spada nel fodero; non berrò forse la coppa che il Padre ha dato a me?
Rimprovero deciso e forte! Nessuna violenza contro l’uomo è giustificata da Dio: il richiamo è per tutti, a cominciare da Pietro e da chi come lui.
C’è una umiliazione che deve essere affrontata e portata. Se il Figlio di Dio ha bevuto fino in fondo questo calice, perché tu vuoi seguire altre vie?
12 Allora la coorte ed il comandante e gli inservienti dei Giudei presero Gesù e lo legarono.
Tutti all’infuori di Giuda. Particolare strano e non privo di significato: Giuda non può essere messo  nel novero di quelli che hanno preso Gesù.
Per chi ha semplicemente “legato” Cristo, non c’è ancora giudizio di condanna; per chi ha  consegnato Cristo, dopo essere stato da lui preso, è già la dannazione eterna.
D’ora in avanti non ci sarà alcun rapporto tra Cristo e Giuda: la storia di un incontro e di un confronto ha già trovato il suo epilogo finale.
13 e condussero prima da Anna.
Accade spesso che i nemici di Cristo cerchino la complicità della sua chiesa e ad essa si appellino. Prima però bisogna legare Gesù e rendere impotente ed inoperante la sua autorità.
Era infatti suocero di Caifa, che era sommo sacerdote di quell’anno.
Se è vero che c’è un unico sommo sacerdote, che ha nome di Cristo, allorché se ne cerca un altro, bisogna mettere fuori causa il primo.
14 Era poi Caifa quello che aveva consigliato ai Giudei: Conviene che un solo uomo muoia per il popolo.
I consigli dei sommi sacerdoti di questo mondo, sono troppo sensati e ragionevoli, perché l’uomo non li debba tenere in considerazione… Per il bene del popolo, s’intende, anche se mettiamo a morte il Cristo.

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15 Ora seguiva Gesù Simon Pietro e l’altro discepolo.
Quando c’è di mezzo la disapprovazione e la condanna delle masse, pochi osano ancora seguire Cristo. Pietro e Giovanni resistono e non sembrano disposti a cedere.
Quel discepolo poi era conosciuto al sommo sacerdote ed entrò insieme a Gesù nel cortile del sommo sacerdote, 16 ma Pietro stava presso la porta fuori.
La familiarità con i capi della chiesa può essere un aiuto, per conoscere meglio quale scempio essi fanno di Cristo.
Non è detto per questo che si debba ricercare ad ogni costo.
Quale vincolo c’è tra Giovanni e il sommo sacerdote? Non lo sappiamo.
Certo è che grazie a questa conoscenza l’apostolo può entrare negli spazi riservati ai capi del sinedrio. Pietro invece sta fuori presso la porta, ma è fermamente deciso a non mollare e a non andarsene.
Entrò dunque l’altro discepolo quello conosciuto al sommo sacerdote e parlò con la portinaia e introdusse Pietro.
Anche Pietro è ammesso nel cortile, di sottobanco e come un irregolare.
17 Allora dice a Pietro la serva portinaia: Non sei anche tu dai discepoli di quell’uomo?
Quando si sta in un posto ostile al Signore, la presenza di chi ama Gesù non passa inosservata. Se non si vuole uscire subito allo scoperto, ci pensano gli altri a tirarti fuori.
Dice quello: Non lo sono!
Nega Pietro di essere discepolo di Cristo. Dopo tanta perseveranza e tanta audacia, allorché deve testimoniare la sua fede in Gesù, Pietro viene meno. Una sequela pronta ed immediata si risolve in un rinnegamento altrettanto pronto e deciso.
E quel che è peggio, davanti ad una donna, e per di più serva: una persona che non conta nulla a questo mondo e da cui nulla c’è da temere.
18 Stavano ora i servi e gli inservienti avendo fatto carboni ardenti, poiché era freddo e si scaldavano; c’era poi anche Pietro che stava con loro e si scaldava.
Colui che era stato trovato con Gesù viene ora trovato nel novero delle persone indifferenti alla presenza del Cristo.
Pietro non è passato dalla parte dei nemici, sta semplicemente dalla parte di coloro che solo incidentalmente e marginalmente sono coinvolti nella vicenda di Cristo, Figlio di Dio.
Hanno ben altro a cui pensare e non sembra poi che siano interessati alle problematiche religiose. La loro preoccupazione è tutta terra, terra: fa freddo e bisogna scaldarsi al fuoco.
In questo contesto di povertà indifferente alla ricerca di una verità che viene dal cielo, può essere accettata anche la presenza di Pietro, purchè tenga la bocca chiusa e non crei disturbo.
19 Allora il sommo sacerdote interrogò Gesù circa i suoi discepoli e circa il suo insegnamento.
Interessa innanzitutto sapere riguardo ai discepoli e a quali prospettive e soltanto in un secondo momento riguardo a quale insegnamento.
Non si interroga la parola per giudicarla, ma per ascoltarla e per essere da lei giudicati.
Gesù a diritto potrebbe rifiutare un simile confronto, ma per amore dell’uomo accetta di essere giudicato dall’uomo, caso mai potesse servire per il bene di qualcuno.
20 Rispose a lui Gesù: Io apertamente ho parlato al mondo, io ho sempre insegnato in sinagoga e nel tempio dove convengono tutti i Giudei, e in segreto non ho detto niente.
Nulla di segreto e di nascosto vi è stato nell’insegnamento di Gesù che possa giustificare un simile interrogatorio davanti alle autorità della chiesa.
Cristo ha parlato apertamente al mondo intero e per tutti gli uomini e questo fa cadere da subito ogni congettura di complotto che metta l’uomo contro l’uomo.
In secondo luogo la sua parola non si è fatta insegnamento se non nei luoghi opportuni, secondo le consuetudini e le leggi del suo popolo. Ciò che è consentito a qualsiasi maestro in Israele va pure concesso a Gesù.
21 Perché mi interroghi? Interroga quelli che hanno udito cosa ho detto a loro: Ecco questi sanno le cose che ho detto io.
Del tutto inopportuno un interrogatorio da parte di chi non ha udito e nel contempo si fa giudice di ciò che non ha voluto conoscere. Quando non c’è stima e non c’è fiducia in una parola, tanto vale chiedere a coloro che hanno udito, se pure non hanno ascoltato. Questi sanno le cose che ha detto Gesù e sono gli unici testimoni che si possano chiamare in causa a ragione.
Cristo chiede di essere giudicato secondo ciò che obiettivamente ha detto davanti a tutti. E neppure si preoccupa di tirare in ballo i discepoli che l’hanno seguito: la testimonianza di un “familiare” è sempre dubbia e sospetta.  
22 Queste cose allora lui avendo detto uno degli inservienti astante diede uno schiaffo a Gesù dicendo: Così rispondi al sommo sacerdote?
Quelli che non contano a questo mondo a volte sono molto zelanti nel difendere i potenti. Non importano le ragioni, importa far bella figura. Chi è in autorità chiude la bocca agli altri oppure li fa parlare a sproposito.
Rispose a lui Gesù: Se ho parlato male, testimonia riguarda al male; se invece bene, perché mi percuoti?
C’è una violenza contro Gesù cieca e folle. Non guarda alle ragioni e non cerca la verità: è agita da altre persone e da altre potenze.
24 Anna allora lo mandò legato da Caifa il sommo sacerdote.
Da un sommo sacerdote all’altro, sempre legato: non sembra che cambi la musica.
In qualsiasi caso Gesù è e rimane una persona che deve essere fermata. Il giudizio è già fatto e già dato per scontato.
Da Caifa non ci si aspetta nulla di nuovo, se non la ratifica di ciò che già è stato deciso: una pura formalità riguardo alla quale tutto è risaputo.
Nulla si dice di questo confronto perché nulla aggiunge al quadro che è stato presentato. L’interesse si sposta per un momento sull’apostolo Pietro.
25 Era Simon Pietro stante dritto e scaldantesi. Dissero allora a lui: Non sei anche tu dai suoi discepoli?
Pietro riesce a ben nascondere l’angoscia del proprio cuore.
Non si presenta come un prostrato ed un frustato, ma come un uomo in forze, del tutto uguale agli altri che si riscaldano al medesimo fuoco.
Chi è stato alla sequela di Cristo in certi momenti eviterebbe volentieri il confronto col mondo. Per quanto si cerchi il nascondimento nel mucchio, alla fine il mondo vuole spiegazioni. Questa volta la domanda non viene da una singola persona, ma da un intero gruppo.
Negò quello e disse: Non lo sono!
La seconda negazione è più forte e più grave della prima.
Quando l’accusa viene da un solo testimone, può essere anche respinta, come un errore o un riconoscimento sbagliato.
Quando più testimoni dicono la stessa cosa, qualsiasi negazione rende manifesta la menzogna: soprattutto quando nulla si vuole concedere all’accusa. Pietro si illude di cavarsela con una negazione decisa, ma i guai per lui non sono finiti.
26 Dice uno dei servi del sommo sacerdote, essendo parente di colui a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio: Non ti ho io visto nell’orto con lui?
Questa volta l’accusa è seria: non viene da una persona qualunque, ma da un uomo colpito e segnato, se pur indirettamente, dalle vicende di una sequela.
E’ parente di quel Malco al quale Pietro ha tagliato l’orecchio. Era anche lui nell’orto al momento del fatto: dunque conosce bene il discepolo di Cristo, perché l’ha visto con i propri occhi.
Come negare una testimonianza così vicina e così attendibile?
27 Di nuovo allora Pietro negò, e subito un gallo cantò.
Nega Pietro per la terza volta e subito un gallo canta, così come predetto dal Signore. Quando il cuore precipita nel buio più profondo ed il tradimento non ha più limiti e misura c’è sempre un richiamo forte da parte di Dio.
Questo giova dire e far sapere… E non è poi così importante soffermarsi sul pianto di Pietro.
Qualunque vorrà essere la risposta dell’uomo, la voce di Dio si farà sentire. Nessun discepolo che abbia seguito Cristo da vicino potrà mettere fine ad una amicizia senza essere richiamato dalla sua parola.
28 Conducono allora Gesù da Caifa al pretorio. Era mattino presto;
Quando Gesù è legato e messo fuori causa c’è una gran fretta di vedere la sua morte. Molti in questa notte non hanno dormito.
Lo zelo dei figli delle tenebre è più grande di quello dei figli della luce e non disdegna nessun sacrificio ed alcun compromesso.
Di mattino presto si disturba lo stesso Pilato, pur di arrivare ad una rapida conclusione.
ed essi non entrarono nel pretorio, per non contaminarsi ma perché mangiassero la pasqua.
Il disturbo ha tutte le parvenze della provocazione e della violenza. Nel momento stesso in cui cercano l’autorità romana, perché ne hanno bisogno, i Giudei ostentano ogni avversione ed ogni sacra ripugnanza nei suoi confronti. Pilato avrebbe tutte le ragioni per non ascoltarli, ma è travolto e trascinato dalla violenza del gruppo. E’ pericoloso contrastare tanta audacia e tanta temerarietà.
Meglio prima capire quali ragioni, andando incontro. Così anche Pilato, se pur inconsciamente, fa il gioco del Satana.
29 Uscì dunque Pilato fuori da loro e dice: Che accusa portate contro?
Satana fa sì che ogni barriera sia superata  e  qualsiasi contrasto colmato, purchè Cristo cada sotto il giudizio dell’uomo.
Quando c’è di mezzo il Figlio di Dio, i Giudei riescono ad interloquire con gli stessi Romani. Il “chiasso” è talmente grande che Pilato è costretto ad uscire e a chiedere quale accusa si porti contro l’uomo.
30 Risposero e gli dissero: Se non fosse costui un malfattore, non te l’avremmo consegnato.
La risposta è sdegnosa e piena di arroganza e presunzione. Manifesta apertamente ogni sfiducia ed ogni disistima. Preso di petto Pilato risponde a tono.
31 Disse a loro Pilato: Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge.
Se il giudizio è già stato fatto da voi e non mostrate fiducia e stima nelle mie capacità di discernimento, perché vi appellate alla legge romana?
Gli dissero i Giudei: A noi non è permesso uccidere nessuno;
La ragione per cui si va a Pilato è presto detta, senza rispetto e diplomazia.
Si deve mettere a morte il Cristo, ma c’è bisogno del consenso di Roma. Non importa e non si chiede il giudizio di Pilato, soltanto il suo benestare.
32 affinchè si adempisse la parola di Gesù che disse indicando di quale morte stava per morire.
Ancora una volta quando l’uomo crede di scavalcare la Parola di Dio e di toglierla di mezzo è precorso e scavalcato dalla stessa Parola. Gesù sta per morire per mano dell’uomo, ma non innanzitutto per volere dell’uomo, ma per volere di Dio.
Per quanto voglia essere artefice e signore della vita, l’uomo è e sarà sempre trovato semplice strumento nelle mani di Dio.
33 Uscì allora di nuovo nel pretorio Pilato e chiamò Gesù e gli disse: Tu sei il re dei Giudei?
Pilato è costretto a dare un giudizio, ma non vuole perdere la propria dignità di rappresentate di Roma e tenta un confronto con Gesù secondo giustizia.
Ascoltata l’accusa, così corale e decisa,  vuol ora sentire anche l’altra campana.
Chiede a Gesù se veramente è il re dei Giudei, in tono pacato e senza sdegno. Non gli sfugge che in tutta questa storia vi è qualcosa di eccessivo, il cui significato è puramente religioso e non politico.
Se la questione fosse politica, i Giudei non si rivolgerebbero certo ai Romani: un qualsiasi guastafeste e rivoluzionario sarebbe a loro gradito.
Pilato non è così sciocco da credere in una qualche collaborazione da parte dei Giudei per mantenere l’ordine costituito. Evidentemente si tratta di questioni interne in cui Roma è tirata in ballo semplicemente come soluzione di comodo.
34 Rispose Gesù: Da te stesso tu dici questa cosa o altri hanno detto a te di me?
Pilato e Gesù si intendono alla svelta e non c’è poi bisogno di  molte parole. L’autorità di Roma è tirata in ballo del tutto a sproposito, per farne un uso strumentale.
L’accusa ed il giudizio vengono da altrove. Il richiamo che Gesù fa a Pilato è presto inteso.
35 Rispose Pilato: Forse che io sono Giudeo? La tua nazione e i sommi sacerdoti hanno consegnato te a me.
Pilato cerca di giustificarsi agli occhi di Gesù e di recuperare dignità e credibilità.
Se Cristo è finito davanti a lui, la colpa è dei Giudei e non di chi è chiamato a proferire una condanna.
La tua nazione e i sommi sacerdoti hanno consegnato te a me.  L’unica soluzione possibile per un caso così insolito è quella di ricucire lo strappo con gli accusatori.
Pilato si dimostra disposto ad ascoltare, per comprendere e fare il possibile, di modo che si arrivi ad una soluzione giusta e ragionevole.
Cosa hai fatto?
Innanzi tutto i fatti: come un bravo avvocato Pilato vuol sapere come stanno realmente le cose. Cosa ha fatto Gesù per provocare una reazione così violenta e sdegnata?
36 Il mio regno non è da questo mondo; se il mio regno fosse da questo mondo, i miei inservienti avrebbero combattuto, perché non fossi consegnato ai Giudei. Ora poi il mio regno non è di qui.
Una domanda molto chiara trova una risposta altrettanto chiara. L’intuizione di Pilato e le sue supposizioni trovano una conferma. Si tratta delle solite questioni religiose dei Giudei e di una provocazione che non ha nulla di politico.
Come poi si possa parlare di un regno che non è di questo mondo e di soldati di un altro mondo… Tutto questo è incomprensibile per un Romano.
Pilato per un attimo si lascia prendere dal desiderio di saperne di più… Per curiosità, per conoscere fino a qual punto si possa arrivare con simili stramberie.
37 Gli disse allora Pilato: Dunque re sei tu? Rispose Gesù: Tu lo dici che sono re. Io per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare la verità. Ognuno che è dalla verità ascolta la mia voce.
Nella domanda non c’è ironia, forse un po’ di compatimento per una mente malata, o, nella migliore della ipotesi, un tentativo di riportare alla ragione chi mostra di essere fuori di testa.
La risposta di Gesù è un richiamo molto forte alla serietà della vita ed alla ricerca della verità come bene assoluto.
Se Gesù ha la pretesa di essere re, il suo regno non è di questo mondo, e non vuole contendere con i re di questo mondo.
Se ha la pretesa di essere ascoltato, non è innanzitutto come verità, ma come testimone della verità. Come lascia spazio ai re di questa terra, così lascia spazio a tutti coloro che cercano la verità sulla stessa terra.
La sua parola come annuncio di un regno  e  di una verità che vengono dal cielo, è una semplice proposta, un dono fatto all’uomo. Non merita violenza chi parla in mitezza, non  merita la morte chi vuol semplicemente dare la vita.
38 Dice a lui Pilato: Cos’è la verità?
Sembra che Pilato sia entrato nella serietà di un discorso. Ma non è in grado di comprendere: non ha avuto il dono della Parola di Dio. Riesce ad immaginare la verità come una cosa difficile da definire: non può certo intenderla come una persona.
Avrebbe dovuto chiedere: Chi è la verità? Ma a tanto non arriva. Nonostante il buio riguardo alla verità, comprende  la falsità dell’accusa. Non ha la luce della fede, ma possiede ancora la luce della ragione.
Ed avendo detto questa cosa di nuovo uscì dai Giudei e dice a loro: Io non trovo in lui alcuna colpa.
Pilato fino a questo punto ha il coraggio di un’onesta ragione e ha la forza per far fronte alla menzogna ed alla cattiveria dei Giudei: non senza segni di cedimento.
39 Ora è consuetudine per voi che vi liberi uno per la pasqua; volete dunque che vi liberi il re dei Giudei?
Pilato tenta di salvare capre e cavoli: vuol sentirsi a posto con la coscienza e nel contempo desidera il consenso dei Giudei.
Cerca un compromesso per metter tutto a posto in maniera indolore. Ribadita la sua opinione circa l’innocenza di Gesù, di fatto non lo rimanda libero, ma lo trattiene prigioniero.
Esercita il suo potere di giudice soltanto a parole: non ha il coraggio di tutelare il diritto di chi gli è stato consegnato ingiustamente.
Una breccia pericolosa si è aperta nella suo cuore e il Satana ha trovato lo spazio in cui entrare. Quando il timore dell’uomo è più grande del timore di Dio, è smarrito ogni logico buon senso.
Se i Giudei hanno messo Cristo nelle tue mani perché tu, o Pilato, lo rimetti nelle loro mani?
Hai conosciuto la loro perfidia, come puoi sperare nella loro misericordia? Giusto e santo dare fiducia al prossimo, ma non sulla pelle degli altri.
40 Gridarono allora di nuovo dicendo: Non questi, ma Barabba. Ora era Barabba un bandito.
Chi concede anche solo un dito al Diavolo è afferrato per la mano e non riesce più a liberarsi dalla stretta mortale.
Pilato si trova ora con le spalle al muro: non solo non è riuscito a impedire un atto di ingiustizia, ma lui stesso si trova promotore e fautore di un’altra ingiustizia.
Ora era Barabba un bandito. Se riguardo a Gesù nulla si poteva dimostrare a sua condanna, riguardo a Barabba il giudizio era già stato fatto.
Quando si lascia libero sfogo all’iniquità dell’uomo, chi potrà mai fermarla?
Il male va estirpato subito, appena ha messo radice. Chi lo lascia crescere vedrà crescere anche i suoi frutti. Chi ascolta la voce del malvagio, ben presto dovrà sentire anche il suo grido assassino.

 

 


 

Vangelo di Giovanni cap19

Commento al Vangelo di Giovanni

Cap.19

12 Da questo momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono dicendo: Se liberi costui, non sei amico di Cesare. Ognuno che fa se stesso re si oppone a Cesare!
13 Allora Pilato avendo udito queste parole condusse fuori Gesù e sedette sul podio in un luogo chiamato “pavimento di pietra”, in ebraico Gabbathà.
14 Era la preparazione della pasqua , l’ora era circa la sesta. E dice ai Giudei: Ecco il vostro re.
15 Gridarono allora quelli: Toglilo! Toglilo! Crocifiggilo? Allora Pilato dice a loro: Crocifiggerò il vostro re? Risposero i sommi sacerdoti: Non abbiamo un re se non Cesare!
16 Allora dunque lo consegnò a loro affinché fosse crocifisso. Presero allora Gesù,
17 e portando la croce da se stesso uscì verso il luogo chiamato “ luogo del teschio”, che in ebraico è detto Golgota,
18 dove lo crocifissero e con lui altri due di qua e di là, in mezzo poi Gesù.
19 Scrisse poi anche Pilato  un’iscrizione e la pose sulla croce. Era scritto: Gesù il Nazareo il re dei Giudei.
20 Dunque questa iscrizione lessero molti dei Giudei, perché il luogo era vicino alla città dove fu crocifisso Gesù; ed era scritto in ebraico, in latino, in greco.
21 Dicevano allora a Pilato i sommi sacerdoti dei Giudei: Non scrivere: il re dei Giudei, ma che quello ha detto: sono re dei Giudei.
22 Rispose Pilato: Ciò che ho scritto ho scritto.
23 Allora i soldati, quando crocifissero Gesù, presero le sue vesti e fecero quattro parti, a ciascun soldato una parte, e la tunica. Era poi la tunica senza cucitura, dall’alto tessuta per intero.
24 Dissero allora gli uni agli altri: Non strappiamo essa, ma tiriamo a sorte per essa di chi sarà; affinché la Scrittura si adempisse quella che dice: Si sono spartite le mie vesti fra loro e sul mio vestito gettarono la sorte. Dunque i soldati fecero queste cose.
25 Ora stavano presso la croce di Gesù sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria Maddalena.

 


12 Da questo momento Pilato cercava di liberarlo;
Pilato comprende la serietà e la necessità della propria ora e sembra proprio deciso ad imboccare la via della giustizia. Accoglie la voce della propria coscienza, ma non è sordo al grido delle coscienze altrui. ma i Giudei gridarono dicendo:
Quando non si pone la Parola di Dio al di sopra di ogni altra parola, la voce del mondo ci arriva con una forza e con una violenza terrificanti. Il timore di Dio è sopraffatto dal timore dell’uomo. Se tu non hai voce nel difendere Dio, sarai spaventato e sopraffatto dal grido dei suoi nemici. Un cuore debole e fiacco non regge al confronto col mondo: sentirà crescere il grido del Satana, non sentirà più il richiamo della Parola di Dio.
Se liberi costui, non sei amico di Cesare.
Il senso della vita è nella scelta dell’unico amico. Quando veramente si ama l’altro, tace il fragore del mondo. Non ci sono occhi ed orecchi se non per il nostro amore. Quante ostilità e rotture sanno affrontare quelli che si amano! La misura ed il peso di un amore sono dati dalla sua capacità di perseverare nonostante tutto e contro tutti. Ogni avversità ed ogni provocazione sono una prova: si esce rafforzati o demoliti.
A Pilato è chiesta ora di dare la propria testimonianza davanti a Dio e agli uomini. Deve fare una scelta in maniera chiara ed inequivocabile.
Ognuno che fa se stesso re si oppone a Cesare!
Chi è al servizio di un re non può accettare un altro re, a meno che non sia di un altro regno e non abbia mire di conquista. E questo sembra proprio il caso di Gesù, per sua esplicita dichiarazione. Pilato è fin troppo consapevole che Cristo non rappresenta un pericolo per il potere di Roma. Rappresenta invece un pericolo per la propria incolumità e per il proprio quieto vivere. L’ira dei Giudei si presenta talmente grande che sembra disposta a coinvolgere nella questione lo stesso Cesare, pur di averla vinta riguardo a Cristo. Le lamentele e le lagnanze portate davanti ad un superiore fanno sempre paura, soprattutto quando vengono da cuori malvagi e bugiardi.
Bisogna innanzitutto mettere le cose in chiaro con simile gentaglia. Il problema di Cristo re interessa i Giudei e solo i Giudei. In quanto a Pilato, può ben ribadire la propria estraneità ed un coinvolgimento forzato, operato in maniera subdola e con cuore doppio.
13 Allora Pilato avendo udito queste parole condusse fuori Gesù e sedette sul podio in un luogo chiamato “pavimento di pietra”, in ebraico Gabbathà.
Pilato sembra deciso ad abbandonare Gesù al proprio destino, ma non è disposto a rinunciare alla propria autorità ed al potere che gli viene da Roma. “Conduce fuori” ma come colui che siede su di un podio sovrano.  Come può sedere da giudice chi ha già abbandonato al giudizio altrui? Pilato vuol fare un atto di forza, e ha già manifestato a tutti la propria debolezza.
14 Era la preparazione della pasqua , l’ora era circa la sesta.
Particolare insignificante ed annotazione non strettamente pertinente alla circostanza?  Oppure l’evangelista vuol  dare un significato profetico alle parole di Pilato? Vedilo tu! Se la pasqua è preparazione alla venuta dell’angelo liberatore, è  il momento migliore per dare la giusta risposta a Cristo re.
E dice ai Giudei: Ecco il vostro re.
Affermazione santa e giusta, che viene da Dio. E lo stesso Pilato ne avrebbe avuto ogni grazia… ma non si è lasciato coinvolgere e si è tirato fuori. Avrebbe dovuto dire “Ecco il nostro re”. E la confessione di fede sarebbe stata piena e totale e avrebbe avuto il conforto del cielo. 15 Gridarono allora quelli: Toglilo! Toglilo! Crocifiggilo?
Ogni ulteriore segno di debolezza allarga la breccia. Questa volta i Giudei danno l’affondo finale. Pilato parla da buon avvocato, i Giudei gridano da veri giudici. E non si può dire che Pilato non le abbia tentate tutte. Prima difende l’uomo, adesso il re, ma non affronta la questione nel suo nodo cruciale. E’ o non è Gesù il re venuto dal cielo per salvare tutta l’umanità? I Giudei sono molto più determinati e decisi, perché han già valutato e giudicato il problema nella sua serietà e gravità. Se Pilato no sa cosa pensare e cosa fare, in quanto a loro hanno le idee chiare.
Di Gesù Cristo Figlio di Dio, re d’Israele non si deve più parlare e discutere e neppure deve rimanere il ricordo. Sia dunque tolto al loro sguardo perché non tollerano più la sua presenza fisica.
Gesù vuol essere preso dall’uomo per essere innalzato fino al cielo? Sia accontentato. Tolto dalla terra venga innalzato sulla croce. Non basta fermare la folle esaltazione di Gesù, bisogna punirlo con la morte.
Allora Pilato dice a loro: Crocifiggerò il vostro re?
Pilato è ormai disarmato, può soltanto rivendicare la propria estraneità e disapprovazione. In quanto romano non si vede proprio perché debba mettere in croce un re che non gli appartiene e che non è entrato in competizione col potere di Roma. Sono i Giudei con le loro aspettative messianiche che mettono in discussione l’autorità dell’imperatore.
Risposero i sommi sacerdoti: Non abbiamo un re se non Cesare!
Quale parola più falsa e quale atteggiamento più meschino? Quale procuratore romano prenderebbe mai per vera una simile affermazione? Ma Pilato deve subire. Dal momento che ha passato la palla ai Giudei, questi possono impostare il gioco come vogliono. O si continua in un inutile ed infruttuoso prendi e molla oppure si abbandona il campo.
16 Allora dunque lo consegnò a loro affinché fosse crocifisso.
Pilato consegna Gesù ai Giudei perché ne facciano quello che vogliono. Seppur non vuole la morte di Cristo, ne è pienamente responsabile, in quanto consapevole che la consegna è una sentenza di condanna. Qualsiasi ricerca di un comportamento neutrale ed incolpevole risulta alla fine infondato. Quando si tratta di Gesù o si è con lui o si è contro di lui. Non c’è maggior colpevole di chi cerca e vuole la propria estraneità al problema. Non si lascia Cristo, se non perché lo prendano i suoi nemici. E questo è vero anche nella chiesa. Quando  si evita il confronto, quando si tace per amore del quieto vivere, quando si gira alla larga da ogni “sommo sacerdote”, perché si vede la bassezza del cuore… allora veramente facciamo come Pilato che, volendo salvare la propria coscienza, la macchia con l’unico delitto che non può essere perdonato.
Presero allora Gesù,
Se tu molli altri prendono… e non è detto che facciano meglio di te. Se qualcosa ti è dato di Cristo e riguardo a Cristo, custodiscilo e difendilo non solo nel tuo cuore, ma anche di fronte al mondo.
17 e portando la croce da se stesso
Quando è consegnato alla morte, Cristo porta la croce da solo e tu non ne hai parte alcuna, ma non avrai parte neppure alla sua resurrezione.
uscì verso il luogo chiamato “ luogo del teschio”, che in ebraico è detto Golgota,
 Come previene la consegna di Pilato, ( Uscì dunque Gesù fuori, portando la corona di spine ed il mantello di porpora ), così Gesù previene la cacciata dalla città santa.
Non c’è bisogno dell’intervento dell’uomo: da se stesso si consegna ai suoi nemici, coi propri piedi si dirige verso il Calvario. Nessuna resistenza di fronte ad una ingiusta violenza. In questo modo è placata l’ira del Padre: dalla mitezza del Figlio.
18 dove lo crocifissero e con lui altri due di qua e di là, in mezzo poi Gesù.
La volontà dell’uomo diventa volontà di Dio ed adempimento della Scrittura.
Il Cristo doveva morire “fuori” dalla città santa, non in mezzo all’assemblea degli eletti, ma fra due malfattori.
Fine della storia? Non ancora…
19 Scrisse poi anche Pilato  un’iscrizione e la pose sulla croce.
Colui che poteva scrivere una storia diversa sulla vita di Gesù, vuol ora scrivere l’ultima parola sulla sua morte. Veramente strano ed incomprensibile questo Pilato! Non ha avuto il coraggio di dire l’ultima parola riguardo alla vita di Cristo, ha ora la pretesa e l’ardire di dire l’ultima sulla sua morte.
Era scritto: Gesù il Nazareo il re dei Giudei.
Come interpretare? Confessione in extremis della propria fede in Cristo? Pentimento e ravvedimento per il male fatto o semplice ripicca nei confronti dei Giudei, per un giudizio estorto con la violenza? Di Pilato si può pensare quello che si vuole, quello che è certo è che la Scrittura non parlerà più di lui.
20 Dunque questa iscrizione lessero molti dei Giudei, perché il luogo era vicino alla città dove fu crocifisso Gesù;
Sembra che il messaggio sia arrivato proprio ai suoi destinatari, ma non è ancora detto tutto…
ed era scritto in ebraico, in latino, in greco.
Se Pilato voleva rivolgersi soltanto ai Giudei, perché mai anche lo scritto in latino ed in ebraico, le lingue più importanti del tempo, quasi a significare una valenza universale, per tutti i popoli e per tutte le genti? La figura di Pilato, lungi dal trovare una chiara definizione si avvolge sempre più in un alone di mistero.
21 Dicevano allora a Pilato i sommi sacerdoti dei Giudei: Non scrivere: il re dei Giudei, ma che quello ha detto: sono re dei Giudei.
Ancora una volta i Giudei vogliono tirare Pilato dalla loro parte ed ancora una volta sembra che Pilato si ponga dalla parte opposta.
22 Rispose Pilato: Ciò che ho scritto ho scritto.
E’ l’ultima possibilità offerta alla fede e suo finale riscatto o è il fallimento di una fede arrivata troppo tardi, quando nulla si può più sperare? E’ esaltazione pienamente responsabile e consapevole di Cristo, Figlio di Dio o affermazione di una parola profetica, la quale vuole che nulla di diverso e di più sia dato scrivere all’uomo, se non che Gesù è il re dei Giudei? Tutto quello che è scritto dopo “ in verità” sarà per mano dello stesso Dio.
23 Allora i soldati, quando crocifissero Gesù, presero le sue vesti e fecero quattro parti, a ciascun soldato una parte, e la tunica.
Se a Pilato del Cristo è rimasta soltanto la convinzione che fosse veramente re dei Giudei, a coloro che l’hanno crocifisso è rimasto ancor meno. Nulla di quanto riguarda più propriamente la sua persona, ma soltanto la sua veste esteriore e per di più divisa in quattro parti: una per ciascun soldato. Pilato è arrivato ad avere una sua convinzione, questi hanno soltanto delle opinioni molto superficiali, diverse l’una dall’altra che non si possono ricucire e riportare ad unità. Alla fin dei conti non hanno valore e sono del tutto inutili.
Eppure nonostante la dilacerazione e lo scempio fatto dagli uomini, vi è una veste di Cristo che rimane fondamentalmente intatta e non può essere divisa e tanto meno fatta oggetto di compravendita,  E’ data agli uni e negata agli altri, ma soltanto per una sorte che cade dal cielo di cui tutti sono compartecipi.
Era poi la tunica senza cucitura, dall’alto tessuta per intero.
Possiamo portare via molte convinzioni riguardo a Cristo, ma la verità è e rimane una sola. Non c’è uomo che non debba confrontarsi con l’unicità e la esclusività del Cristo Figlio di Dio (dall’alto tessuta per intero). Gesù o lo si prende in blocco così come ci è dato dal cielo o lo si rifiuta in toto.
24 Dissero allora gli uni agli altri: Non strappiamo essa, ma tiriamo a sorte per essa di chi sarà; affinché la Scrittura si adempisse quella che dice: Si sono spartite le mie vesti fra loro e sul mio vestito gettarono la sorte.
Veste strappata ed infranta è ciò che gli uomini hanno fatto di Cristo, vestito è ciò che rimane di Lui per tutti gli uomini che lo cercano. Non è cristiano se non colui che porta l’abito di Cristo, vestito di salvezza, in tutto simile a Lui in virtù della vita che ci ha donato.
Dunque i soldati fecero queste cose.
Se la nostra vita è una milizia, si può essere soldati in maniera diversa: per far scempio di Cristo, per mantenere intatto il dono della sua vita.
25 Ora stavano presso la croce di Gesù sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria Maddalena.
Brusco ritorno alla realtà che è in atto. Si può anticipare in immagine ogni  eredità dal Cristo, ma per quel che riguarda la vita presente c’è da affrontare la  Sua morte. E non sembra che siano poi molte le persone che stanno saldamente presso la croce di Gesù: meritano di essere nominate una ad una. E’ un caso che siano tutte donne? Forse perché al sesso debole è permesso ciò che non è concesso ad altri? Ma puoi anche intendere che la donna, per quel che riguarda la fede in Cristo, tanto debole poi non è: sa affrontare con maggior coraggio e con più determinazione l’ignominia della croce.


 

Vangelo di Giovanni cap17

Commento al Vangelo di Giovanni

Cap. 16


Queste cose vi ho detto affinché non siate scandalizzati.
2 Vi faranno espulsi dalla sinagoga: ma viene l’ora che ognuno che ha ucciso voi reputerà di offrire culto a Dio.
3 E queste cose faranno perché non hanno conosciuto il Padre né me.
4 Ma queste cose vi ho detto affinché quando verrà la loro ora vi ricordiate di loro che io ve l’ho detto. Tutte queste cose poi a voi dall’inizio non ho detto, perché ero con voi.
5 Ma ora vado da colui che mi ha inviato e nessuno fra voi mi chiede: dove vai?
6 Ma perché vi ho detto queste cose la tristezza ha riempito il vostro cuore.
7 Ma io vi dico la verità, conviene a voi che io vada. Se infatti non vado, il Consolatore non verrà a voi: se invece vado, lo invierò a voi.
8 E quello essendo venuto rimprovererà il mondo circa il peccato e circa la giustizia e circa il giudizio.
9 Circa il peccato, perché non credono in me:
10 circa la giustizia poi, perché vado presso il Padre e non mi vedete più;
11 circa il giudizio poi, perché il principe del mondo è stato giudicato.
12 Ancora molte cose ho da dirvi, ma ora non potete portarle.
13 Ma quando verrà quello, lo Spirito della verità, vi guiderà in tutta la verità: infatti non parlerà da se stesso, ma dirà quanto ascolterà ed annuncerà a voi le cose venienti.
14 Quello mi glorificherà perché prenderà dal mio ed annuncerà a voi.
15 Tutte le cose che ha il Padre sono mie: per questo ho detto che prende dal mio ed annuncerà a voi.
16 Un poco e non mi vedete più, ed ancora un poco e mi vedrete.
17 Dissero allora alcuni dei suoi discepoli gli uni agli altri: Cos’è questo che dice a noi: un poco e non mi vedete, e ancora un poco e mi vedrete? E: perché vado presso il Padre?
18 Dicevano allora: Cos’è questo che dice poco? Non sappiamo cosa dice.
19 Conobbe Gesù che volevano interrogarlo, e disse a loro: Circa questa cosa cercate gli uni con gli altri, perché ho detto: un poco e non mi vedete, e di nuovo un poco e mi vedrete?
20 Amen amen dico a voi: piangerete e gemerete voi, invece il mondo si rallegrerà. Voi vi rattristerete, ma la vostra tristezza diventerà gioia.
21 La donna quando partorisce ha tristezza, perché è giunta la sua ora; quando poi ha partorito il bambino, non ricorda più l’afflizione a causa della gioia perché è nato un uomo nel mondo.
22 Anche voi dunque ora avete tristezza; ma vi vedrò ancora, e si rallegrerà il vostro cuore, e la vostra gioia nessuno toglie da voi.
23 Ed in quel giorno a me non chiederete niente. Amen amen dico a voi: qualunque cosa chiederete al Padre nel mio nome la darà a voi.
24 Fino ad ora non avete chiesto nulla nel mio nome:  chiedete e riceverete, affinché la vostra gioia sia compiuta. 25 Queste cose vi ho detto in similitudini. Viene l’ora quando non parlerò più a voi in similitudini, ma apertamente vi annuncerò del Padre.
26 In quel giorno chiederete nel mio nome, e non vi dico che io chiederò al Padre di voi.
27 Infatti  il Padre stesso vi ama, perché voi mi avete amato e avete creduto che io da Dio sono uscito.
28 Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo: di nuovo lascio il mondo e vado al Padre.
29 Dicono i suoi discepoli: Ecco, adesso parli apertamente e non dici nessuna similitudine.
30 Adesso sappiamo che sai tutte le cose e non hai bisogno che qualcuno ti interroghi: per questa cosa crediamo che sei uscito da Dio.
31 Rispose a loro Gesù: Adesso credete?
32 Ecco viene l’ora ed è venuta che sarete dispersi ciascuno alle proprie cose e mi lascerete solo: e non sono solo, perché il Padre è con me.
33 Queste cose vi ho detto affinché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazione, ma abbiate coraggio io ho vinto il mondo.

 

 

Queste cose vi ho detto affinché non siate scandalizzati. 2 Vi faranno espulsi dalla sinagoga: ma viene l’ora che ognuno che ha ucciso voi reputerà di offrire culto a Dio. 3
Vi sono scandali che fanno molto male ed è meglio trovarsi preparati e premuniti. Non c’è scandalo più grande dell’espulsione dalla comunità degli eletti.
E non in via provvisoria, in attesa di una riconciliazione e riammissione, ma in maniera radicale ed esclusiva, come si toglie la mela marcia dal cesto, nella convinzione di aver fatto qualcosa di buono e di assolutamente utile per la gloria del Signore.
Non è poi necessario che si arrivi alla scomunica o all’eliminazione fisica: più comunemente si viene messi da parte e guardati con sospetto e diffidenza, come seminatori di male.
E queste cose faranno perché non hanno conosciuto il Padre né me.
Chi non ha conosciuto il Padre non accetta chi annuncia il Figlio suo.
4 Ma queste cose vi ho detto affinché quando verrà la loro ora vi ricordiate di loro che io ve l’ho detto. Tutte queste cose poi a voi dall’inizio non ho detto, perché ero con voi.
Il Signore non vuole che ci troviamo impreparati di fronte alle prove che ci attendono. Tutto è detto e tutto è previsto dalla Parola di Dio.
Finché Gesù è sulla terra è garantita ogni consolazione. Verrà il giorno in cui il Signore salirà al cielo ed allora ci resterà il conforto della sua parola.
5 Ma ora vado da colui che mi ha inviato e nessuno fra voi mi chiede: dove vai? 6 Ma perché queste cose vi ho detto, la tristezza ha riempito il vostro cuore. 7 Ma io vi dico la verità, conviene a voi che io vada. Se infatti non vado, il Consolatore non verrà a voi: se invece vado, lo invierò a voi.
Nell’ora della sua dipartita da questo mondo, Gesù dà ogni rassicurazione ai suoi discepoli.
Vorrebbe vederli meno tristi, per un distacco che non durerà poi a lungo, ma deve prendere atto che gli apostoli non riescono ad affrontare il sacrificio che sta per venire, in vista di una gioia che può apparire lontana.
L’uomo ama la felicità immediata ed ogni prospettiva di sacrificio lo spaventa. Ma è necessario che Gesù vada ed adempia la volontà del Padre, diversamente non invierà il Consolatore.
Le consolazioni facili e pronte, se pur ci fanno piacere, sono di breve durata e non colmano il bisogno della nostra vita.
C’è un solo Consolatore che rimane sempre presso noi: non può conoscerlo se non colui che passa attraverso la morte e resurrezione del Cristo.
8 E quello essendo venuto rimprovererà il mondo circa il peccato e circa la giustizia e circa il giudizio. 9 Circa il peccato, perché non credono in me: 10 circa la giustizia poi, perché vado presso il Padre e non mi vedete più; 11 circa il giudizio poi, perché il principe del mondo è stato giudicato.
Chi pensa che lo Spirito Santo si possa relegare al ruolo di un semplice Consolatore, senza capacità di critica e di discernimento, si sbaglia.
Non ogni uomo sarà consolato, ma soltanto quello che è conforme alla volontà di Dio. C’è anche l’uomo che in virtù dello Spirito Santo conoscerà l’ira che viene dal cielo.
Mondo è l’insieme di tutti gli uomini che non vivono per Dio, ma sono schiavi del Satana.
Se la consolazione è per ognuno dei discepoli, la condanna è per tutto il mondo. Gesù spiega le ragioni di un giudizio, che tutti coinvolge e nessuno risparmia.
Circa il peccato, perché non credono in me… Il peccato che è nell’uomo è conseguenza della mancanza di fede nel Figlio. Soltanto la mancanza di fede dunque può essere imputata a colpa.
circa la giustizia poi, perché vado presso il Padre e non mi vedete più;
Nessun uomo è salito al cielo se non il Figlio dell’uomo.
Qualsiasi tentativo di entrare nella vita eterna senza la grazia del Cristo è destinato al fallimento. Cristo è morto e risorto per noi una volta per tutte, per adempiere la giustizia, perché in Lui e per Lui siamo fatti giusti.
Non ci sarà dato in futuro alcun segno sensibile della sua presenza, ma ci è chiesto di camminare alla luce della fede. La fede rende sempre presente in terra Colui che è sempre visibile solo in cielo.
circa il giudizio poi, perché il principe del mondo è stato giudicato.
Il giudizio sul mondo è innanzi tutto il giudizio sul principe di questo mondo, su colui che lo tiene schiavo in proprio potere e gli impedisce di andare a Dio.
Non c’è speranza di salvezza per chi vuol essere di questo mondo: è già stato giudicato il suo signore ed il suo principe.
Quali conseguenze dobbiamo dunque trarne?
Non c’è salvezza se non per la fede in Colui che è morto e risuscitato per noi, vive alla destra di Dio Padre ed intercede per tutti i santi.
Chi vuole la vita eterna deve uscire da questo mondo. Si è fatti salvi soltanto in quanto fatti liberi dalla schiavitù del Maligno, che tiene in proprio potere tutta l’umanità.
12 Ancora molte cose ho da dirvi, ma ora non potete portarle. 13 Ma quando verrà quello, lo Spirito della verità, vi guiderà in tutta la verità:
Se la consolazione è data a chi è piccolo e deve ancora crescere, la conoscenza piena è data soltanto all’uomo maturo.
Ha bisogno di essere consolato e confortato chi è appena venuto alla luce: è degno di ogni pienezza chi dimora nella verità.
L’opera dello Spirito Santo è diversa a secondo della diversità degli individui e delle situazioni.
Vi sono persone semplici che hanno bisogno di una consolazione di tipo “emotivo”. La loro fragilità psicologica chiede di essere rafforzata da una presenza viva e sentita del Signore.
Chi è piccolo innanzitutto cerca la “vicinanza” fisica dell’altro. Benché la fede non si possa misurare dalla sua intensità emotiva, ma soltanto dall’obbedienza alla volontà di Dio, per molte persone è di primaria importanza “sentire” il Signore.
Anche questo è un dono che viene dal cielo, ma non è segno di maturità, al contrario di una immaturità che ha bisogno di essere supportato dalla Spirito Santo.
Per chi è “cresciuto” nella fede la consolazione che viene dal cielo ha un significato diverso: è intelligenza delle cose di Dio e conoscenza più piena dei misteri della Parola. 
13 Ma quando verrà quello, lo Spirito della verità, vi guiderà in tutta la verità:
La conoscenza della verità è gioia e pienezza di vita, conferma della presenza di Dio, consolazione che dà forza nella lotta e stimolo a perseverare.
È molto più di una semplice soddisfazione di tipo intellettuale: è luce che viene dall’alto, guida verso il Signore , potenza di rinascita e di rinnovamento continuo.
E’ una diversità che va ben oltre l’aspetto formale della Parola e della cultura da essa creata: è reale presenza di Dio, che si fa sentire attraverso la parola e vedere attraverso le opere.
La diversità donata alla chiesa è una ricchezza, ma è anche una sofferenza. Perché ognuno dà peso ed importanza soltanto a se stesso ed alla propria fede.
Chi vive la sequela di Cristo in una dimensione soprattutto emotiva, tiene in scarsa considerazione chi ha il gusto della Parola e ad Essa dedica buona parte della propria giornata.
La preghiera in tutti i suoi aspetti, soprattutto corali, viene considerata prioritaria in confronto ad uno studio e ad una meditazione approfondita della Parola di Dio.
Si rimane con ciò  sempre in superficie e si rifugge dalla fatica del silenzio, della solitudine, dello studio costante ed accurato. Va tuttavia detto che il “gusto” della Parola è un dono del Signore.
Chi lo possiede non deve guardare con disprezzo e con diffidenza chi ne è privo, ma accettare la propria solitudine ed emarginazione con serenità, considerando che non sempre la consolazione che viene dal cielo porta con sé la consolazione dei fratelli.
Più spesso non si è capiti e si è considerati come un’eccezione che non va seguita né ascoltata. 
Dall’altra parte chi ha scarsa propensione per lo studio della Parola faccia ogni sforzo per superare gli aspetti puramente emotivi della propria sequela.
Se pur l’emotività è una componente della fede, non ne è il suo fondamento, è una sua sovrastruttura del tutto temporanea e provvisoria, che può un giorno mancare ed essere rimossa.
infatti non parlerà da se stesso, ma dirà quanto ascolterà ed annuncerà a voi le cose venienti. 14 Quello mi glorificherà perché prenderà dal mio ed annuncerà a voi.
La Parola che viene dallo Spirito Santo è garanzia di verità, in quanto fondata nella verità.
Nello Spirito di Dio la Parola che è ascoltata si identifica con la Parola che è detta.
Attraverso l’ascolto attinge al proprio fondamento che è il Padre, attraverso l’annuncio esprime  tutto il proprio essere conforme al Logos che è il Figlio.
La presenza dello Spirito garantisce riguardo all’ascoltare la Parola ed al dire la Parola. Non c’è certezza della presenza del Padre e del Figlio se non là dove opera lo Spirito Santo: conforme al Padre in quanto attinge soltanto da Esso attraverso l’ascolto, conforme al Figlio perché annuncia soltanto “prendendo” dal suo.
Lo Spirito Santo è gloria del Figlio e gloria del Padre: prende dall’uno e dall’altro, in modi diversi, ma convergenti in un unico Dio.
15 Tutte le cose che ha il Padre sono mie: per questo ho detto che prende dal mio ed annuncerà a voi.
Prende dal Figlio dunque… ma soltanto perché il Figlio prende dal Padre. Annuncerà a voi… perché la Parola sale al cielo. Lo Spirito Santo non prende semplicemente il posto del Figlio: perpetua la sua presenza sulla terra.
16 Un poco e non mi vedete più, ed ancora un poco e mi vedrete. 17 Dissero allora alcuni dei suoi discepoli gli uni agli altri: Cos’è questo che dice a noi: un poco e non mi vedete, e ancora un poco e mi vedrete? E: perché vado presso il Padre? 18 Dicevano allora: Cos’è questo che dice poco? Non sappiamo cosa dice.
Quando si ama una persona si desidera vederla sempre accanto a sé.
Qualsiasi prospettiva di separazione e di allontanamento, se pur temporaneo, fa spavento e rattrista il cuore.
Una presenza di Dio immediata, che ha nome di Cristo, deve lasciare il posto ad una mediata, che ha nome di Spirito Santo.
Non in vista del meno, ma del più, per una pienezza che non è soltanto possesso eterno del Figlio, ma anche possesso del Padre.
E tutto questo è possibile soltanto in virtù dello Spirito Santo.
Da una vita piena in Cristo si passa ad una vita ancor più piena nel Padre e nel Figlio; ma il momento del passaggio e del trapasso fa paura: l’attesa, se pur confortata dalla promessa, ha il sapore del vuoto.
E non importa che il momento del passaggio non sia quantificabile in termini temporali: un attimo, può apparire anche un’eternità.
E poi, come si vive nell’attesa? Le ragioni per cui non si comprende e non si vuol sentire appartengono al cuore.
Gli apostoli vorrebbero trovarsi già hic et nunc in un rapporto eterno e definitivo col Figlio. Benché questo sia assicurato e garantito dalla Parola, nondimeno soffrono il tempo dell’attesa.
A nessun uomo è risparmiato questo travaglio, se non a colui che muore di morte precoce e prematura e passa presto da questa vita a quella eterna. Una vita “piena” e lunga non è detto che sia  segno di predilezione divina.
Nessuno si lasci prendere dall’angoscia dell’attesa. Il Signore conosce la nostra sofferenza e quanta fatica.
19 Conobbe Gesù che volevano interrogarlo, e disse a loro: Circa questa cosa cercate gli uni con gli altri, perché ho detto: un poco e non mi vedete, e di nuovo un poco e mi vedrete?
Non c’è piega del cuore umano che Gesù non conosca. Quando si tratta poi di portare pazienza e di saper attendere… siamo tutti della stessa pasta.
Sono sempre i soliti discorsi che facciamo tra di noi e le solite domande che vorremmo fare al Signore. Non ci basta una grande promessa per il futuro, vorremmo qualcosa di piacevole già al presente.
 20 Amen amen dico a voi: piangerete e gemerete voi, il mondo invece si rallegrerà.
Tanta tristezza perché vi lascerò per un po’ di tempo?
Beati voi che siete l’eccezione! Sarete gli unici a piangere; il mondo si rallegrerà: non vede l’ora che io esca dalla scena.
Voi vi rattristerete, ma la vostra tristezza diventerà gioia.
Il vostro destino è di patire tristezza, ma non per la morte, bensì per la vita.
Viene il tempo in cui la vostra tristezza sarà mutata in gioia.
21 La donna quando partorisce ha tristezza, perché è giunta la sua ora; quando poi ha partorito il bambino, non ricorda più l’afflizione a causa della gioia perché è nato un uomo nel mondo.
Nel momento in cui una vita sta per venire alla luce, c’è tristezza e sofferenza. Non c’è parto senza travaglio.
C’è speranza ed aspettativa di ogni bene nell’attesa dell’ora; ma c’è anche grande apprensione e dolore allorché giunge l’ora.
Non può essere diversamente: non si nasce ad una vita nuova se non si muore a quella vecchia.
Se la morte è semplicemente un passaggio, c’è modo e modo di morire. In Eden la morte doveva essere passaggio in Dio da una vita ad un’altra vita : nessun dolore e nessuna angoscia.
In realtà la morte è avvenuta per e con il rifiuto di Dio.
Passando da una vita  posta in Dio da Dio,  ad un’altra in cui il dono  è preceduto e provocato dal rifiuto del donatore, non si entra nell’esistenza se non attraverso il pianto della nascita.
In quanto portanti il passaggio per nostra volontà, se pur portati da questo passaggio per volontà di Dio, ci sentiamo abbandonati a noi stessi; e questo è dolore. La nascita a questa vita viene dalla morte ad una prima vita, e non si entra nella vita eterna se non passando attraverso una seconda morte; ed anche questa è dolore.
Ma perché Gesù usa l’immagine di una vita che viene alla luce non semplicemente attraverso un proprio travaglio, ma prima ancora in virtù del travaglio della madre?
Perché qualsiasi  generazione di vita eterna chiama direttamente in causa  la sofferenza sia di chi partorisce sia  di chi è partorito.
Per poterci generare  a vita eterna, Gesù ha dovuto portare si di sé il nostro stato di morte. Ci ha liberato dalla morte eterna, non dal travaglio di una morte che porta alla vita eterna. Non si entra nella Sua risurrezione senza entrare nel contempo nella sua morte.
Se la sofferenza riguardasse una volta soltanto chi partorisce alla vita in virtù della propria morte (Cristo), potremmo dire che chi è partorito a vita nuova non dovrebbe patire in alcun modo.
In realtà una medesima sofferenza coinvolge colui che genera ( Cristo ) e l’uomo che è generato. Generati ( alla vita eterna ) da Gesù, non si diventa il nuovo Adamo, se non si soffre con il Figlio dell’uomo alla maniera dell’uomo. 
Allorché Adamo ha rifiutato l’albero della vita che è il Figlio, non soltanto patisce nella caduta dalla sua natura essenziale a quella esistenziale, ma anche nel ritorno a Dio per una piena e definitiva  realizzazione del suo essere in Lui e per Lui.
E’ vero che la vita eterna ci viene in virtù della morte e resurrezione di Cristo, ma non siamo proiettati hic et nunc nel regno dei cieli senza patire in Cristo, insieme a Cristo. La nostra morte è confortata dalla grazia del Signore,  dalla speranza in Cristo che è stata infusa dai nostri cuori.
Non siamo lasciati soli nel momento della prova e del passaggio a vita eterna. Ma vi è sempre un salto da fare che è dolore: non è ancora finito il travaglio per un parto, che vede coinvolti ed implicati sia chi genera sia chi è generato. Da un lato c’è la croce del Cristo, che rende possibile una vita nuova: dall’altro lato c’è il nostro coinvolgimento e co-interessamento a questa sofferenza.
Come la croce del Cristo conosce momenti e aspetti diversi, così anche la nostra croce ha momenti di picco e momenti di abbassamento di livello. Patiremo l’umiliazione ed il rifiuto da parte del  mondo, e patiremo anche momenti in cui ci sentiremo soli, come se fossimo abbandonati da Dio. Ma non dobbiamo spaventarci per quello che sentiamo e proviamo: dobbiamo guardare avanti ad un futuro di gioia e gloria perenni con il Cristo, autore della nostra salvezza.
22 Anche voi dunque ora avete tristezza; ma vi vedrò ancora, e si rallegrerà il vostro cuore, e la vostra gioia nessuno toglie da voi.
Se non può esserci risparmiato il travaglio di un passaggio in solitudine ci viene in soccorso la parola del Figlio. Chi ha fede in Cristo non è lasciato completamente solo: rimane il conforto della sua parola allorché è custodita nel cuore.
 23 Ed in quel giorno a me non chiederete niente.
Verrà il giorno in cui finalmente saremo liberati dai tanti perché di questa vita rivolti a Dio e non dovremo chiedere più nulla, avendo tutto in Cristo.
Amen amen dico a voi: qualunque cosa chiederete al Padre nel mio nome la darà a voi. 24 Fino ad ora non avete chiesto nulla nel mio nome:  chiedete e riceverete, affinché la vostra gioia sia compiuta.
Quando siamo presi dal timore della morte, pensiamo piuttosto alla vita presente ed ai doni che ci sono dati in grazia di Gesù. Non c’è soltanto la gioia di un’altra vita, c’è anche la gioia che Cristo ci ha acquistato in questa vita.
Ma bisogna chiedere al Padre nel nome del Figlio, cioè conforme alla sua volontà. Come la nostra gioia deve trovare il suo compimento in cielo, così lo deve trovare in  terra.
Una gioia monca, non piena e non compiuta, manifesta una mancanza di fede in Cristo.
Nonostante il travaglio della fede, Gesù ci vuole contenti da subito, non secondo la misura che è data in eterno, ma secondo la misura che è data in questo mondo, che è pur sempre pienezza esclusiva e totale, di modo che non abbiamo più bisogno di alcun altro bene, all’infuori di ciò che ci è dato nel Figlio e per il Figlio.
25 Queste cose vi ho detto in similitudini. Viene l’ora quando non parlerò più a voi in similitudini, ma apertamente vi annuncerò del Padre.
Finchè siamo in questa vita portiamo bensì la somiglianza con Dio, ma ancora non lo vediamo così com’è e non siamo ancora fatti come Lui.
Qualsiasi discorso o parola riguardo al Padre può essere fatto soltanto in similitudine. Possiamo parlare di Dio in quanto lo facciamo simile a noi, non in quanto siamo fatti simili a Lui.
La parola ha dei limiti imposti dal peccato e comunica col Creatore soltanto in virtù di una sorta di mediazione tra il suo essere ed il nostro essere.
Come noi parliamo con Dio adattandolo alla nostra realtà, così Dio non può comunicare con noi se non adattando la sua Parola alla nostra parola.
Qual è l’ora in cui il Figlio non annuncerà più a noi riguardo al Padre in similitudini, ma in maniera aperta, cioè senza barriere di alcun tipo, in un modo  immediatamente comprensibile?
Quando saremo considerati degni del regno dei cieli.
Fatti e rigenerati ad immagine del Figlio, il Figlio stesso potrà introdurci come araldo e guida nel regno del Padre: la sua parola sarà la nostra parola e viceversa.
Finché siamo in questa vita il Cristo più di tanto non può dirci e comunicarci riguardo al Padre.
26 In quel giorno chiederete nel mio nome, e non vi dico che io chiederò al Padre di voi. 27 Infatti  il Padre stesso vi ama, perché voi mi avete amato e avete creduto che io da Dio sono uscito.
Cosa chiederemo in quel giorno? Non questo o quella cosa, ma l’unica che ha valore e rilevanza: conoscere finalmente Dio Padre. Ma non potremo chiedere del Padre, se non facendo il nome del Figlio.
Non si è introdotti alla presenza dell’Eterno, se non per Cristo ed in virtù di Cristo. E neppure ci sarà bisogno che il Figlio chieda ancora al Padre di noi e per noi.
Allorché è consumato un cammino di salvezza, la Parola può per un attimo tacere: interessa l’abbraccio finale con l’Amore che ci ha dato la vita e con l’Amore che ci ha riconquistato alla stessa vita. Saremo un cuor solo ed un anima sola, stretti tra le braccia del Padre e del Figlio.
28 Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo: di nuovo lascio il mondo e vado al Padre.
29 Dicono i suoi discepoli: Ecco, adesso parli apertamente e non dici nessuna similitudine. 30 Adesso sappiamo che sai tutte le cose e non hai bisogno che qualcuno ti interroghi: per questa cosa crediamo che sei uscito da Dio.
Quando Gesù parla dell’altra vita, tutto è oscuro e difficilmente comprensibile. Meglio parlare di ciò che cade in questo mondo: più facile comprendere l’opera di un Salvatore che viene dal cielo per poi ritornare allo stesso cielo.
La fede sembra più a portata di mano quando interessa il momento presente. Gli apostoli credono di aver afferrato se non tutto, almeno ciò che è essenziale per la salvezza.
Un po’ di presunzione tiene in vita il rapporto con Cristo, gli ridona fiato e speranza. Adesso finalmente tutto è chiaro: nessun dubbio riguardo al Cristo e nessuna necessità di importunarlo con domande inutili.
Anche Gesù chiede di essere lasciato in pace… quando la fede è  fondata e garantita dalla chiarezza della Parola di Dio e dall’intelligenza dell’uomo.
31 Rispose a loro Gesù: Adesso credete?
Brusco richiamo alla realtà! Non è semplicemente un problema di parole chiare e di intelligenze aperte. C’è ben altro: c’è di mezzo il potere del Maligno.
32 Ecco viene l’ora ed è venuta che sarete dispersi ciascuno alle proprie cose e mi lascerete solo: e non sono solo, perché il Padre è con me.
Chi pensa che basti comprendere la Parola per essere garantito contro la potenza del Maligno è un ingenuo.
C’è in atto molto di più di una semplice quaestio e di una diatriba intellettuale: è guerra aperta su tutti i fronti.
La lotta coinvolge la totalità dell’uomo in ogni sua dimensione: sarà sofferenza non soltanto di mente, ma anche di cuore e di corpo. Il Satana ci colpirà in tutte le maniere ed in tutte le parti.
Se fossimo lasciati soli, non avremmo alcuna speranza.
E’ certo che nel momento in cui si consuma l’atto finale della salvezza, noi tutti abbandoneremo Cristo,  sarete dispersi ciascuno alle proprie cose.
Quando si apre una sicura prospettiva di morte meglio ritornare alla vita di tutti i giorni ed alle solite cose. Nonostante l’uomo deplori la noia e la sofferenza dell’esistenza quotidiana, non si lascia certo attrarre da una prospettiva di cambiamento che passa attraverso la morte.
Se la morte è sicura, in quanto alla vita che ne viene , si può avere qualche dubbio.
La letteratura di ogni tempo è piena di aneddoti e detti che invitano a godere di ciò che oggi è sicuramente dato e a diffidare di ciò che è semplice promessa per il futuro. 
Ci lamentiamo di ciò che accade ogni giorno sotto questo sole, ma siamo alquanto riluttanti ad abbandonare la sua luce ed il suo calore, anche quando non ci confortano e non ci riscaldano più di tanto.
Il passaggio ad un’altra vita, se pur è desiderato, fa paura: quando arriva l’ora, si preferisce far marcia indietro.
Soltanto Cristo è entrato volontariamente in un’esperienza di morte e di resurrezione, e neppure per se stesso, ma  per il nostro bene. Nessun conforto, nessun sostegno o incoraggiamento da parte dell’uomo, ma l’abbandono più pieno e totale da parte di tutti.
e mi lascerete solo: e non sono solo, perché il Padre è con me.
E’ come se dicesse. Nonostante l’uomo ce la metta propria tutta per lasciarmi solo, non sortisce l’effetto desiderato, perché il Padre è sempre con me.
Non c’è solitudine così grande e così totale che non sia vinta dalla presenza del Padre. Chi ha il Padre, se pur desidera il conforto dell’uomo, non si sente mai abbandonato a se stesso.
Se fosse per i nostri meriti e per l’amore che gli portiamo, Cristo non avrebbe stimolo alcuno ad operare per la nostra salvezza.
Ma è l’amore del Padre, la sua eterna presenza che gli dà coraggio e conforto fino all’estremo sacrificio.
33 Queste cose vi ho detto affinché abbiate pace in me.
Quando la nostra infedeltà e l’incapacità ad operare per la salvezza sono dichiarate in maniera così aperta e conclamata, c’è proprio da vergognarsi e da essere turbati, se non fosse per la misericordia divina.
Non solo ci è data una salvezza immeritata, ma ci è anche assicurata ogni pace ed ogni serenità. In virtù del sacrificio di Cristo, ogni nostro sacrificio sarà vissuto in maniera diversa, non nell’ottica e nella prospettiva di ciò che dovremo patire, ma nel conforto e nella pace di Colui che già ha patito per noi.
Nel mondo avete tribolazione, ma abbiate coraggio io ho vinto il mondo.
Non nega Gesù e non banalizza le nostre tribolazioni: infonde nei nostri cuori un coraggio diverso. Allorché Cristo ha vinto il mondo ci ha dato un altro cuore, fatto per una sicura vittoria. L’uomo che confida in se stesso, soccomberà nel confronto col mondo, l’uomo che confida in Cristo sarà vincitore con Lui e per mezzo di Lui.

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