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20 - Salmo 118 di Sacy

salmo 118

Aleph

1 Beati gli immacolati nella via, che

camminano nella legge del Signore.

2 Beati quelli che scrutano le sue

testimonianze: con tutto il cuore lo cercheranno.

3 Non certo gli operatori di iniquità hanno

camminato nelle sue vie.

4 Tu hai prescritto di custodire

i tuoi comandamenti con ardore.

5 Oh, siano dirette le mie vie

a custodire i tuoi decreti;

6 allora non sarò confuso, se

terrò lo sguardo rivolto a tutti i tuoi comandamenti.

7 Ti confesserò con rettitudine

di cuore per il fatto che ho appreso

i giudizi della tua giustizia;

8 custodirò i tuoi decreti: non abbandonarmi per sempre

Beati gli immacolati nella via,

che camminano nella legge del Signore.

2 Beati quelli che scrutano le sue testimonianze,

con tutto il loro cuore lo cercheranno.

3 Non certo gli operatori di iniquità

hanno camminato nelle sue vie.

C’è  una sola via in cui si abbia motivo di sperare di essere immacolati: un’altra via, per quanto gradita l’uomo, non può mai renderlo puro. Non solo non lo fa beato, ma al contrario lo guida alla sua rovina. Per camminare in questa via bisogna conoscere e penetrarne lo spirito e l’essenza. Ora dal momento che bisogna camminare in essa per andare a Dio, per ben conoscerla conviene cercare Dio con tutto il proprio cuore, poiché se non abbiamo che un languido desiderio di andare a lui, non ci daremo gran pensiero di bene comprendere i suoi precetti. Quelli che commettono l’iniquità dice il profeta, non devono illudersi di camminare nelle vie di Dio; poiché queste vie altro non sono che i suoi precetti a cui si oppone l’iniquità, essendone la trasgressione. Dimostriamo dunque a Dio il sincero amore che gli portiamo con una grande avversione ad ogni peccato.

4 Tu hai prescritto che i tuoi comandamenti

siano custoditi con ardore.

Ordinandoci, o Signore, di custodire diligentemente i tuoi precetti ci dai una delle più grandi testimonianze del tuo amore e del desiderio che hai di renderci felici, poiché tutta la nostra felicità consiste nell’obbedirti. La spaventosa sciagura in cui precipitano coloro che non ti obbediscono ci deve convincere dell’utilità di  così salutari precetti. Quanto più ti amiamo tanto più siamo fedeli all’osservanza di questi comandamenti. E come sarà dunque rigoroso un precetto che ci obbliga di amarti con ardore?

5 Oh,  siano dirette le mie vie

a custodire i tuoi precetti!

Quanto più mi farai conoscere, o mio Dio, che io devo osservare la tua legge, tanto più sentirò la mia infermità e l’impotenza in cui mi trovo per osservarla da solo. Lungi dunque da me questo spirito di orgoglio che mi farebbe presumere delle mie proprie forze per osservare la tua legge. Da te io devo aspettare e a te devo chiedere il potere di adempiere quello che mi comandi. Rinforza dunque i miei passi perché io sono infermo. Conducimi e regola tu stesso tutte le mie vie, poiché senza di te io troverò motivi di corruzione in tutte le creature ed occasioni continue di caduta. Affinché io osservi dei precetti, sorgente di giustizia, è necessario che tu stesso diventi la mia guida per condurmi in tutte le tue vie.

6 Allora non sarò confuso,

quando avrò fissato lo sguardo su tutti i tuoi comandamenti.

Quale  orribile motivo di confusione per l’anima mia, che, presentandosi dinanzi a Dio, riconoscerà, ma troppo tardi, che tutte le sue azioni non hanno avuto come norma la volontà del suo Creatore che l’avrebbe resa felice, ma la sua propria corruzione, che l’ha precipitata in una eterna sciagura! Fa’ dunque, o Signore, che tutti i tuoi comandamenti siano sempre come uno specchio esposto davanti ai nostri occhi, per scoprirci i nostri difetti. Fa’ che noi abbiamo una vera intelligenza di questi comandamenti e che mentre scorgeremo in essi la nostra miseria, vi vediamo pure una somma bellezza  che meriti tutto il nostro amore.

7 Ti confesserò con rettitudine di cuore,

quando avrò appreso i giudizi della tua giustizia.

Chi crede di aver acquistato la conoscenza della Scrittura, senza lodare per questo Dio con maggiore umiltà e senza amarlo con più fervore, non è in grado di dire con il profeta: io ti loderò Dio mio con la rettitudine del mio cuore, perché avrò imparato i tuoi precetti pieni di giustizia. Manifestamente appare che egli non conosce la giustizia che accompagna tutti i precetti, tutti i giudizi della volontà di Dio, o che almeno egli non ha di essi tutta la conoscenza che ne dovrebbe avere. Se l’avesse sarebbe, certamente, più umile e più grato a colui che non gli ha dato tali comandamenti se non per renderlo più giusto e più santo.

8 Custodirò i tuoi precetti;

non abbandonarmi fino in fondo.

Sono deciso o mio Dio ad osservare i tuoi precetti, di cui tu mi hai fatto conoscere la giustizia mediante una conoscenza accompagnata da amore. Questa mi porta ad umiliarmi dinanzi a te, a lodarti come l’autore della rettitudine del mio cuore, a ringraziarti continuamente. Accresci, se ti piace, con la tua grazia e fa crescere sempre più in me una tale risoluzione, poiché quanto più io sto sicuro appoggiandomi al tuo braccio invincibile, altrettanto ho motivo di temere, se considero la mia debolezza. Se talvolta tu mi abbandoni, Dio mio, affinché io avverta meglio il mio nulla senza il tuo soccorso, sia questo per un effetto della tua misericordia e non della tua ira.

Beth

9 In che modo correggerà il

giovane la sua via? Custodendo le tue parole.

10 Con tutto il mio cuore

ti ho cercato: non allontanarmi dai tuoi comandamenti.

11 Nel  mio cuore ho nascosto le

tue parole per non peccare contro di te.

12 Benedetto sei tu Signore: insegnami i tuoi  decreti!

13 Con le mie labbra ho proclamato

tutti i giudizi della tua bocca.

14 Nella via delle tue testimonianze

ho trovato diletto così come in tutte le ricchezze.

15 Mi eserciterò nei tuoi comandamenti e

considererò le tue vie.

16 Mediterò sui tuoi decreti non dimenticherò le tue parole.

9 In che modo il giovane correggerà la sua via?

Custodendo le tue parole.

Dal momento che con la trasgressione del precetto del nostro Dio l’uomo è caduto nella corruzione che lo fa gemere, egli non potrebbe raddrizzare la sua via nè applicarsi con profitto alla correzione dei suoi costumi se non osservando i suoi precetti e custodendo le sue parole, che sono per lui parole di salvezza e di vita. Considerando dunque il profeta i gravi pericoli a cui siamo esposti e l’importanza di pensare per tempo al ravvedimento, sembra rivolgersi a Dio per chiedere, come al medico supremo delle anime, con quale rimedio potrà il giovane correggere la sua condotta, ovvero la sua vita. E come se Dio gli avesse dato questo consiglio nella preghiera risponde subito a se stesso: Osservando, cioè adempiendo i tuoi detti. Nella divina parola si trovano tutti i rimedi alle piaghe delle anime. Ed è buona sorte volgersi a cercarli in gioventù prima che il cuore sia stato guastato dal peccato e prima che l’abito del vizio abbia formato delle catene, che poi difficilmente si spezzano e con molta fatica.

10 Con tutto il mio cuore ti ho cercato;

non respingermi lontano dai tuoi comandamenti.

Fa’  Signore, che noi ti cerchiamo con tutto il nostro cuore, poiché tutto il cuore dell’uomo deve amarti, essendo interamente tuo. Se, secondo il senso letterale della Volgata, Davide ti chiede che tu non lo rigetti perché ti ha cercato con tutto il suo cuore, meritano dunque di essere rigettati coloro che non ti cercano con tutto il cuore. Deh, che io ti cerchi, Signore, con tutto il mio cuore e che io ami unicamente te! Che non mi tiri addosso con un cuore doppio ed ipocrita la sciagura di essere rigettato! Che io non mi renda indegno della tua assistenza, senza cui non potrei adempiere i tuoi comandamenti!

11 Nel mio cuore ho nascosto le tue parole,

per non peccare contro di te.

La tua parola è come un seme divino che germoglierà stando nascosto nell’intimo del mio cuore, purché questo sia preparato come quel buon terreno che dà frutto alla sua stagione e che rende il centuplo. Io devo nascondere questa parola come un grande tesoro non per renderla inutile, imitando il pessimo esempio del servo da te condannato nel Vangelo, ma per conservarla meglio, non vista dai ladri e per moltiplicarla con una santa usura ai tuoi occhi. Il tuo regno è dentro di noi e qui bisogna innanzitutto che noi ci applichiamo per piacerti; qui devono mettere profonde radici le tue parole, affinché essendo confermati nel cuore non pecchiamo, non solo esteriormente e davanti agli uomini  ma neppure dinanzi ai tuoi occhi.

12 Benedetto sei tu, Signore,

insegnami i tuoi decreti.

Il profeta non chiede a Dio una semplice conoscenza, poiché si capisce che già l’aveva, avendo poco anzi detto che aveva imparato i suoi giudizi pieni di giustizia ed aveva nascosto nell’intimo del suo cuore le sue parole. Chiede egli dunque non tanto la grazia dell’istruzione, quanto quella dell’unzione; domanda a Dio che gli insegni mediante l’interiore infusione del suo spirito a mettere in pratica tali precetti pieni di giustizia e a diventare sempre più giusto col praticarli, poiché si possono essi propriamente chiamare una sorgente di giustificazione, essendo mezzi efficacissimi, di cui si serve il Signore per giustificare i peccatori e per accrescere la giustizia dei giusti.

13 Con le mie labbra ho annunciato

tutti i giudizi della tua bocca.

Il profeta, ammaestrato da Dio in virtù della interiore unzione dello Spirito, per un effetto della sua ardente carità comunica quello che ha imparato da lui. Per questo egli apre le sue labbra, dopo che è stato riempito il suo cuore, per annunciare e far conoscere a tutti gli uomini i precetti prescritti dalla bocca del Signore. È questo un vaso che essendo pieno versa parte della sua abbondanza; è un fuoco che si è acceso dentro e sparge al di fuori le sue fiamme; ma egli non annuncia che i precetti usciti dalla bocca del Signore, cioè quelli che gli è piaciuto rivelare  con la sua parola per l’istruzione e per l’alimento dei nostri cuori.

14 Nella via delle tue testimonianze ho trovato diletto,

come in ogni ricchezza.

Molti si compiacciono della parola di Dio finché vedono in essa verità luminose piene di sapienza, ma non vi trovano più la stessa dolcezza quando la considerano come la regola che devono seguire; cioè amando le leggi della verità non amano la via di queste leggi divine per camminarvi. Fa’ dunque Signore che non solo vi camminiamo, ma che vi camminiamo con gioia e che vi troviamo piacere più grande di quello che gli avari avrebbero nel possedere tutte le ricchezze dell’universo, perché non c’è alcun paragone possibile tra le due sorti di ricchezze, di cui le une sono una sorgente di eterna miseria e le altre ci procurano lo stesso regno di Dio.

15 Mi applicherò ai tuoi comandamenti

e considererò le tue vie.

16 Mediterò sui tuoi decreti,

non dimenticherò le tue parole.

Dov’è il nostro tesoro, qui è il nostro cuore. Se dunque è vero, o mio Dio, che io considero i tuoi divini precetti come il mio tesoro, e che io trovo in essi maggior piacere di quello che i ricchi della terra trovano nell’abbondanza  del loro oro e del loro argento, il mio cuore sarà in quelli continuamente occupato per conoscerli e per amarli sempre di più. Io mi impegnerò sempre a considerare non le vie della carne, né quelle dell’orgoglio del mondo, che conducono alla morte, ma le tue vie, le quali non ci presentano che esempi di povertà, di umiltà, di pazienza e che sono veramente le tue vie poiché sono lontane da tutte le nostre e perché tu solo hai potuto insegnare vie così ignote alla vanità degli uomini.

Gimel

17 Ricompensa il tuo servo, dammi  vita e custodirò le tue parole.

18 Togli il velo dai miei occhi e

considererò  le meraviglie dalla tua Legge.

19 Pellegrino io sono

sulla terra, non nascondermi i tuoi comandamenti.

20 Ha bramato l’anima mia di

desiderare i tuoi decreti in ogni tempo.

21 Hai minacciato i superbi, maledetti quelli che

deviano dai tuoi comandamenti.

22 Togli via da me obbrobrio e

disprezzo perché ho ricercato le tue testimonianze.

23 Ecco che i principi si sono

seduti e parlavano contro di me,

ma il tuo servo si esercitava nei tuoi decreti.

24 Infatti le tue testimonianze

sono la mia meditazione e mio consiglio sono i tuoi decreti

17 Ricompensa il tuo servo,

vivificami

e custodirò le tue parole.

Accorda dunque, o mio Dio, a colui che ti appartiene come tuo servo, la vita che tu solo puoi restituirgli se l’ha perduta o aumentala sempre più se l’ha conservata. Quanto più io vivrò del tuo spirito e della vita della grazia, tanto più io sarò in grado di ascoltare la tua parola e di custodirla. Il tuo divino verbo ci ha dichiarato che colui che è di Dio intenderà la Sua parola  con quella sorta di intelligenza che è propria dei suoi veri discepoli. Deh! Che io sia dunque pienamente tuo, affinché io intenda come è necessario e  osservi i tuoi detti.

18 Togli il velo dai miei occhi

e considererò le meraviglie dalla tua legge.

È già  una grazia sentire l’ accecamento dell’anima, conoscere chi può guarirlo, desiderare di recuperare la luce di cui si è rimasti privi e chiedere al padre di ogni lume che voglia togliere dagli occhi  tutti i beni diversi che ci nascondono la nostra miseria. La legge di Dio è tutta piena di meraviglie.  Non rade volte noi abbiamo gli occhi dell’anima nostra bendati e guardiamo al modo dei giudei il Vangelo stesso come una legge morta per noi; mentre Davide chiedeva a Dio occhi cristiani ed occhi  spirituali per considerare nella legge stessa dei Giudei le meraviglie del Vangelo di Gesù Cristo.

19 Pellegrino io sono sulla terra:

non nascondermi i tuoi comandamenti.

20 Ha bramato l’anima mia

di desiderare i tuoi giudizi in ogni tempo.

Coloro che si stabiliscono sopra la terra  come se non dovessero mai partirne, si danno poco pensiero di conoscere i tuoi comandamenti, che sono destinati per condurci nella via del cielo e che ne sono anzi la via. Quindi, mio Dio, per un giusto giudizio, tu nascondi a loro ciò che sono indegni di conoscere. Ma in quanto a me che mi considero e vivo come uno straniero sopra la terra, che aspiro continuamente alla mia vera patria, alla terra dei viventi del nostro padre Abramo, contemplata mediante la fede, non mi celare i comandamenti che io desidero con un estremo ardore. Cosa potrei in effetti desiderare che vi fosse di più necessario in tutti i travagli di questa miserabile vita, ove il mio principale sostegno è di alimentarmi della tua parola? Benché io senta un vivissimo desiderio della tua legge, sento nondimeno che non la desidero ancora tanto quanto dobbiamo desiderarla. Estingui dunque nella mia anima tutti gli altri desideri o della carne o del mondo che si possono opporre a questo desiderio unicamente necessario e staccami ogni giorno di più dalla terra, poiché quanto più sarò in essa straniero, tanto più sarò degno che tu non mi nascondi alcuno dei tuoi comandamenti che sono necessari per la mia salvezza.

21 Hai minacciato i superbi;

maledetti quelli che deviano dai tuoi comandamenti.

Io riconosco o mio Dio che l’orgoglio è il maggiore di tutti gli ostacoli per la conoscenza della tua legge. Questo è il peccato che tu hai maggiormente in odio e che hai punito più severamente, allorché hai mostrato il tuo furore contro i superbi, cioè contro gli angeli e contro i primi uomini. Fin da principio hai fatto conoscere che tu dai la tua maledizione a tutti quelli che si allontanano dai tuoi comandi. È un orgoglio spaventoso per la creatura insorgere contro gli ordini del creatore, come se essa conosca meglio di lui ciò che le torna più vantaggioso. Fa’  o Signore che il timore salutare della tua ira possa umiliare i nostri cuori e che la maledizione che tu hai da pronunciare alla fine contro tutti i prevaricatori della tua legge ci distolga dal violarla con un orgoglio da te castigato tanto severamente.

22 Togli via da me obbrobrio e  disprezzo,

perché ho cercato le tue testimonianze.

Non c’è maggior obbrobrio, né disprezzo che si debba temere di più di quello a cui si vedranno esposti coloro che avranno violato la legge di Dio. Il timore di un tale obbrobrio muove Davide a ricercare con premura l’adempimento dei precetti del Signore, quantunque egli non potesse adempierli senza esporsi agli obbrobri e al disprezzo  degli uomini del mondo.

Alla fine Davide  chiede a Dio che lo fortifichi contro tale obbrobrio scacciando dalla mente ogni pensiero che potesse mai esservi alcuna vergogna nell’adempiere la sua volontà. Tutto ciò che deve temersi è dunque di essere un giorno in obbrobrio davanti a Dio e davanti agli angeli, poiché tutto quello che è in disprezzo agli occhi del mondo è di gran pregio agli occhi di Dio.

23 Ecco che si sono seduti i principi

e parlavano contro di me;

ma il tuo servo si applicava ai tuoi precetti.

I principi che parlavano contro Davide potevano essere o quelli della sua corte o quelli del tempo di Saul a cui una vita così santa ispirava sentimenti di gran disprezzo per la sua vita opposta i loro disordini. La elevazione in cui erano, non trovandosi accompagnata dall’umiltà di Davide, li allontanava dalla pietà e, stando seduti e riposando con orgoglio nell’alto grado in cui si vedevano o sedendo come Saul sul trono per pronunciare ingiuste sentenze, erano ben lontani da quello spirito umile che fa comprendere, amare, ricercare e adempiere i precetti della legge divina.

24 perchè le tue testimonianze sono la mia meditazione

e miei consiglieri i tuoi decreti.

L’amore dominante del cuore deve necessariamente vincere. Il cuore del profeta trovando le sue delizie nella divina volontà non poteva esserne allontanato dalle beffe dei malvagi, poiché ciascuno, secondo il così celebre detto di un antico, è tratto dal piacere più forte da cui è posseduto. Egli non consultava allora né la carne, né il mondo, né l’orgoglio e l’amor proprio, ma trovava la sua luce e il suo consiglio nella giustizia della stessa legge che gli piaceva secondo l’uomo interiore e che lo rendeva così forte. Tali sono stati o Dio mio i testimoni così coraggiosi della tua nuova legge e i martiri invincibili del tuo Vangelo. Non ebbero essi alcun riguardo verso i decreti ingiusti che i principi infedeli pronunciavano contro di loro allorché non pensavano che a rendere una illustre testimonianza alla tua divinità con la pietà della loro vita e con una morte ancora più santa.

Deleth

25 Ha aderito al pavimento l’anima

mia. Fammi vivere secondo la tua parola.

26 Ti ho esposto le mie vie

e mi hai esaudito, insegnami i tuoi decreti.

27 Fammi comprendere la via dei

tuoi decreti e mi eserciterò nelle tue meraviglie.

28 ha sonnecchiato per il tedio

l’anima mia. Confermami nelle le tue parole!

29 Allontana da me la via della

iniquità e  per la tua legge abbi misericordia di me!

30 Ho scelto la via della verità,

i tuoi giudizi non ho dimenticato.

31 Ho aderito alle tue testimonianze

Signore non farmi arrossire.

32 Ho corso la via dei tuoi

comandamenti , quando hai dilatato  il mio  cuore .

25 Ha aderito al pavimento l’anima mia:

fammi vivere secondo la tua parola.

Tutti gli interpreti intendono queste parole alla lettera riguardo al grave pericolo in cui si era trovato Davide quando si era visto diverse volte vicino alla morte e al sepolcro. Questo è da lui espresso in una maniera figurata dicendo che la sua anima e la sua vita toccavano già la terra ed il sepolcro. Quindi egli chiede a Dio che si ricordi della promessa fattagli e che lo tragga con la sua potenza da quello stato di morte, ridonandogli la vita. Diciamo piuttosto con i santi padri che volendo innalzarsi il profeta fino al cielo con ardente suo amore si sentiva ad un tempo come oppresso dal peso della sua carne mortale, che suo malgrado trascinava la sua anima verso terra. Egli si lamenta dunque, come ha fatto poi il grande apostolo, del conflitto della carne contro lo spirito e della legge del peccato, che facendosi sentire nelle sue membra si opponeva alla legge di Dio, che regnava nell’intimo della sua anima. Prega Dio che lo assista  con la virtù della sua parola nel continuo conflitto in cui era sempre in pericolo di morte, affinché egli non muoia ma viva. Perciò egli confessa di avere dentro di sè una sorgente e un principio di morte e che in Dio solo può egli trovare la parola vivificante, che non solo conserva la vita a quelli che sembrano essere del tutto disposti a morire ma che la ridona a quelli che già sono morti.

26 Ti ho esposto le mie vie e mi hai esaudito:

insegnami i tuoi decreti.

Nessuna delle mie vie è a te nascosta, o Signore, ma tu vuoi guarire il mio orgoglio obbligandomi a dichiararle davanti a te, come se tu non le conoscessi, affinché confessandomi colpevole io meriti il perdono. Tu vuoi che accusandomi dei miei delitti io dimostri il mio di dolore per averti offeso e per aver piuttosto prestato fede al mio nemico che voleva rovinarmi, che a te, mio Dio, che volevi salvarmi. Tu dunque non esaudisci se non coloro che umilmente espongono le loro vie dinanzi a te. Non possono essi uscire dalle loro vie se non mediante l’amore della giustizia della quale tu fai loro gustare la soavità  con l’ interiore unzione del tuo spirito.

27 Fammi comprendere la via dei tuoi decreti

e mi applicherò alle tue meraviglie.

Il profeta domanda a Dio non solo che lo ammaestri nei suoi precetti ma che gliene insegni la via, cioè che lo faccia in essa camminare con la sua grazia, poiché la semplice conoscenza senza la pratica non servirebbe che a renderlo più colpevole. E questo era in realtà, secondo San Paolo, il difetto della legge dei giudei, che mostrava agli uomini quello che non poteva loro far compiere . David entra dunque nello spirito della legge e non volendo contentarsi come un semplice giudeo di starsene alla corteccia, non considera, dice Sant’Ilario, tutte le cose della legge vecchia se non come la via per andare più oltre fino alle verità e alle meraviglie della legge nuova che da esse si figuravano sotto ad ombre. Quindi egli prega Dio di volergli fare usare della legge come della via per giungere alla vera giustizia del Vangelo, ed essere in grado di contemplare e di ammirare le meraviglie e la vera giustificazione dei peccatori, che appartiene alla grazia del cristianesimo, e non solo di ammirarle, ma di servirsene per la sua propria giustificazione, vivendo nel giudaismo secondo lo spirito del Vangelo.

 

28 per l’accidia ha sonnecchiato l’anima mia :

dammi forza con le tue parole.

Chi non temerà vedendo Davide, quel gran servo di Dio, confessare che se egli non si è addormentato completamente, almeno è stato preso da sopore. E qual è lo stato funesto di quelli che non sono solo sopiti, ma sono immersi in un sonno profondissimo? Piacesse alla tua divina maestà, o Signore, che noi fossimo vivamente penetrati dal tuo amore; poiché l’anima nostra non potrebbe essere infiacchita da noia né presa da sonno nel tuo servizio. L’amore fa che l’anima  sia sempre vigilante per occuparsi dell’oggetto amato. Se è cosa pericolosissima l’addormentarsi anche per pochi istanti in mezzo a tanti nemici così potenti , noi troviamo, Signore, nelle tue parole un efficacissimo rimedio contro un tale pericolo. Chi potrà addormentarsi qualora ascolti un Dio, che parla non alle orecchie del suo corpo ma a quelle della sua anima con un linguaggio, che non solo alletta il suo ingegno, ma che penetra e muove efficacemente il suo cuore? La tua parola, Dio mio, essendo la tua divina sapienza, caccia necessariamente ogni tedio, allorché si degna comunicarsi a noi. Ogni parola che esce dalla tua bocca, essendo il pane che alimenta le nostre anime, non le lascerà cadere in languore purché se ne cibino. Corroboraci dunque con le tue parole che sono tutto spirito.

29 Allontana da me la via dell’iniquità

e con la tua legge abbi pietà di me.

So che non posso, finché vivo, distruggere totalmente l’iniquità che si trova in me come una sorgente che non inaridirà mai, se non dopo che sarò stato liberato dal corpo mortale che mi circonda. Ma ti chiedo, mio Dio, che tu mi scampi dal camminare nella via dell’iniquità, dal seguirne gli impulsi e dal lasciarmi trasportare al torrente della malizia del secolo. Io temo questa via di perdizione e ti prego di rimuoverla per sempre da me. Se io sento il peccato nelle membra del mio corpo, che esso non vi regni e siano rimosse dalla tua grazia tutte le occasioni che potrebbero farmi cadere. Dammi la grazia dell’osservanza della tua legge e la beatitudine  promessa  a coloro che adempiranno le tue volontà.

30 Ho scelto la via della verità;

non ho dimenticato i tuoi giudizi.

Io ero immerso in una grande miseria, ma per un effetto della tua misericordia ho scelto la via della verità, opposta a quella della iniquità e della menzogna. La verità stessa mi ha liberato dalla menzogna, affinché io possa fare una scelta che non avrei mai potuto fare. Io ti sono dunque debitore, o Dio mio, di un infinita gratitudine per una scelta così importante che ho fatto con l’aiuto della tua grazia. Quando io considero la via ingannevole del secolo, dove camminerei con tanti altri se tu non mi avessi suggerito un savio discernimento tra la menzogna e la verità?

31 Ho aderito alle tue testimonianze, Signore,

non farmi confondere.

Non basta aver scelto la via della verità per non essere confusi nel giorno finale, ma bisogna in quella stare fermissimi con grande fedeltà e con un amore perseverante. È in effetti causa di estrema confusione avere incominciato ad amare la verità e non aver perseverato in un tale amore. È un oltraggio allo spirito Santo che viene chiamato spirito di verità, e un imitare l’orgoglio dei nostri primi padri che prestarono piuttosto fede alla testimonianza del serpente e non a quella di Dio.

32 Ho corso la via dei tuoi comandamenti,

quando hai dilatato il mio cuore.

Dopo aver dichiarato che la via della iniquità è stata da lui rimossa e che egli ha scelto la via della verità e che si è strettamente attenuto alla legge di Dio, ora dichiara di correre nella via dei precetti divini. Ma essendo questa difficile ed angusta non è forse orgoglioso il detto del profeta re: che  ha corso in essa, dal momento che  è necessario camminare con grande precauzione in un cammino così angusto, ove è così facile cadere? Non è già questo un detto orgoglioso se consideriamo le ragioni che egli dà di aver potuto correre nella via dei divini comandamenti: perché, dice egli, mio Dio, tu hai allargato il mio cuore? La via del cuore è l’amore. Allorché l’amore è grande, la via del cuore diventa larga e spaziosa, poiché ciò che rende i comandamenti difficili ad osservarsi è la mancanza di carità. Tutto riusciva penoso ai giudei perché si conducevano col solo timore; e tutto all’opposto era facile ai primi cristiani e ai martiri, perché erano pieni dell’amore di Dio. Non possiamo nulla da noi stessi, ma tutto possiamo con Gesù Cristo.

He

33 Imponimi per legge, Signore, la

via dei tuoi decreti e la ricercherò  sempre.

34 Dammi intelligenza e scruterò

la tua legge e la custodirò con tutto il mio cuore.

35 Guidami nel sentiero

dei tuoi comandamenti perché questo ho voluto.

36 Piega il mio cuore alle tue

testimonianze e non alla cupidigia.

37 Distogli i miei occhi perchè

non vedano la vanità; nella tua via fammi vivere.

38 Conferma al tuo servo la tua

parola nel tuo timore!

39 Togli il mio obbrobrio

che ho paventato, perché i tuoi giudizi sono soavi.

40 Ecco, ho bramato i tuoi comandamenti,

nella tua giustizia fammi vivere.

33 Imponimi per legge, Signore, la

via dei tuoi decreti e la ricercherò  sempre

La legge di Dio era già stabilita da tempo. Davide pregava il Signore di fare in modo che egli prendesse questa legge come regola della sua condotta di modo che non ascoltasse la legge del mondo e della carne, legge dell’orgoglio dell’amor proprio ma quella che egli chiama la via dei suoi statuti che servono alla giustificazione degli uomini. Finché noi consideriamo la legge di Dio in un senso generico senza farne a noi stessi l’applicazione e senza sentirne il bisogno che abbiamo per diventare giusti non la prendiamo per la sua legge e non cerchiamo di conoscerla né di osservarla. Ma quando Dio ci mette in cuore con la sua grazia di osservare le prescrizioni della sua legge come la regola della nostra condotta e il rimedio della nostra miseria noi siamo premurosi di averne la conoscenza e cerchiamo in essa continuamente la sua volontà con la speranza che questa servirà per la nostra giustificazione. Spetta a te o mio Dio imprimere nel cuore nostro l’amore della tua legge senza il quale non solo non potrei cercarla come un bene ma la odierei e la rigetterei come un gioco insopportabile.

34 Dammi intelligenza e scruterò

la tua legge e la custodirò con tutto il mio cuore.

Per quanto l’uomo sia illuminato egli deve diffidare molto di se stesso e diffidare della propria luce. Soprattutto in ciò che riguarda la legge di Dio bisogna che egli sia convinto del bisogno che ha che Dio gliene dia l’intelligenza per poterne penetrare i misteri. Ma cosa c’è dunque di così difficile da comprendersi nella legge di Dio i cui precetti appaiono chiari e adeguati alla comune capacità dei popoli? Davide chiedeva gli occhi spirituali, gli occhi del cuore che sono rischiarati dalla luce dello spirito Santo, senza i quali si può vedere la legge ma non il suo spirito e il suo fine. Tu stesso Signore sei il fine a cui deve condurci la tua legge. Te dobbiamo cercare in essa con tutto l’ardore dei nostri desideri. Tu sei quel tesoro nascosto che noi dobbiamo desiderare di scoprire nelle tue Scritture. Dacci dunque l’intelligenza della tua grazia ma fa che avendoti scoperto come la verità nascosta sotto le ombre della antica legge non limitiamo la nostra ricerca a una semplice curiosità, ma adempiamo e custodiamo con tutto il nostro cuore le verità di cui il tuo spirito ci avrà dato l’intelligenza.

35 Guidami nel sentiero

dei tuoi comandamenti perché questo ho voluto.

Se colui che vuol praticare la legge ha anche bisogno della grazia del Salvatore, cosa sarà di colui che non ha la stessa volontà? Bisogna dunque avere la volontà di camminare nei sentiero dei precetti divini per meritare di avere Dio per guida. Il profeta chiama qui sentiero quel che aveva chiamato la via. Quando volge lo sguardo al piccolo numero delle persone che vi camminano lo chiama a ragione un sentiero; ma quando al contrario egli considera l’estensione della carità che vi fa camminare e correre i giusti la chiama una via. Purtroppo è vero o Signore che anche nel tempo presente e dopo che il Figlio tuo è venuto a spianarci questo cammino in una maniera assai più perfetta col suo esempio, esso è un sentiero noto a poche persone ed anche poco frequentato. Ma poiché tu hai fatto la grazia di darci la volontà di camminarvi, guidaci tu stesso; rendici fedeli nel seguirti nei beni, come nei mali e in mezzo ai più gravi pericoli. Fa’ che l’esempio della moltitudine e il torrente del secolo non ci tragga dal sentiero della salvezza e della vita, ed accresci al contrario in noi la volontà che abbiamo di camminarvi.

36 Piega il mio cuore alle tue

testimonianze e non alla cupidigia.

Mi rivolgo a te, mio Dio, come al padrone del mio cuore e riconoscendo di essere impotente senza di te per qualsiasi bene io ti chiedo che tu lo faccia piegare col soccorso della tua grazia dalla parte della tua legge che rinchiude le testimonianze del tuo amore e non dalla parte dell’avarizia. Quando ti chiedo che tu lo pieghi dalla parte della tua legge ti chiedo che tu gli ispiri una forte volontà di adempierla e che tu vi diffonda col tuo spirito Santo la carità che è il fine e il compimento della legge. Riconosco che questo amore non è in mio potere senza la tua grazia. Sono io sommamente convinto che il mio cuore è in mio potere per la mia rovina e che se tu non lo distacchi dall’amore delle creature con un amore della tua legge io mi volgerò con ardore verso l’avarizia e verso i falsi beni di questo mondo.

37 Distogli i miei occhi perchè

non vedano la vanità; nella tua via fammi vivere.

Davide prega Dio di fare in modo che i suoi occhi non si fermino mai a rimirare con piacere le vanità del secolo, ma che il suo sguardo si innalzi alle grandezze e alla gloria di Dio. Egli riconosce che la vanità di cui parla, opposta alla verità di Dio è una vera morte per quelli che l’amano e che la guardano con piacere.

38 Conferma al tuo servo la tua

parola nel tuo timore!

Fa o Signore che io sia preso da un salutare timore ascoltando la tua parola; che io sempre ti consideri quale mio supremo padrone e veda me stesso come tuo servo. Se la tua parola non getta profonde radici in me e se il tuo timore non mi tiene sempre attaccato ad essa, le vanità, i piaceri sensuali il timore degli uomini facilmente la vinceranno sulle tue prescrizioni. Confermami dunque nell’amore della tua legge, dandomi tutta l’idea che io devo avere della tua grandezza e del mio nulla, dell’importanza dei tuoi precetti e del rigore dei tuoi giudizi.

39 Togli il mio obbrobrio

che ho paventato, perché i tuoi giudizi sono soavi.

Davide intende qui per giudizi di Dio la sua legge che giudica fin da ora in una maniera segreta e che deve giudicare un giorno in una maniera più strepitosa tutti gli uomini. Se questa legge è per noi soave, se noi l’amiamo e se troviamo più piacere nell’adempierla che nel seguire la inclinazione corrotta del nostro cuore, noi possiamo pregare Dio che voglia allontanare l’ obbrobrio da noi temuto dell’eterna punizione.

40 Ecco, ho bramato i tuoi comandamenti,

nella tua giustizia fammi vivere.

Davide prega Dio che lo faccia sempre vivere nella vera vita; di quella che è secondo la sua giustizia e secondo lo spirito della sua legge.

Non dobbiamo fermarci alla nostra propria giustizia che non è capace se non di darci la morte

Vav

41 E venga su di me la tua

misericordia, Signore, la tua salvezza secondo la tua parola,

42 e risponderò una parola a quelli

che mi insultano, perché ho sperato nelle tue parole.

43 Non togliere mai dalla mia bocca

la parola di verità perché nei tuoi giudizi ho tanto sperato;

44 e custodirò la tua legge sempre nel secolo

e nel secolo del secolo.

45 E camminavo al largo

perché ho ricercato i tuoi comandamenti

46 e parlavo delle tue testimonianze davanti ai re

e non ne avevo vergogna;

47 e meditavo i tuoi comandamenti che ho amato,

48 e ho alzato le mie mani verso i

tuoi comandamenti che ho amato,

e mi esercitavo nei tuoi decreti.

41 E venga su di me la tua

misericordia, Signore, la tua salvezza secondo la tua parola,

Dall’alto e non da noi ci viene la misericordia e da essa noi ci aspettiamo la salute che tu ci hai promesso. Se noi cerchiamo in noi stessi la nostra salvezza non troveremo che debolezza e miseria. Cerchiamo dunque la vita nella sorgente della vita nell’adempimento della parola del nostro Dio.

42 e risponderò una parola a quelli

che mi insultano, perché ho sperato nelle tue parole.

Chi spera in Dio non può essere confuso. È dunque una parola efficacissima, quantunque breve, che hanno i servi di Dio per rispondere ai mondani che insultano talvolta la loro pietà in mezzo alle tribolazioni che soffrono, come se fosse tutta vana la loro virtù.

43 Non togliere mai dalla mia bocca

la parola di verità perché nei tuoi giudizi ho tanto sperato;

Mio Dio,  tu mi assisti e  mi sostieni con la tua misericordia. Nelle tue promesse ho riposto la mia speranza. Quanto è mai pericoloso o Signore che quelli che hanno sperato in te si riducano a sperare in se stessi. Questo temeva il profeta allorché ti pregava di non togliere dalla sua bocca la parola di verità.

44 e custodirò la tua legge sempre nel secolo

e nel secolo del secolo.

Un uomo che ama veramente la legge di Dio, desidera di custodirla e di adempierla sempre.

45 E camminavo al largo,

perché ho ricercato i tuoi comandamenti

46 e parlavo delle tue testimonianze davanti ai re

e non ne avevo vergogna;

47 e meditavo i tuoi comandamenti che ho amato,

48 e ho alzato le mie mani verso i

tuoi comandamenti che ho amato,

e mi esercitavo nei tuoi decreti.

Il profeta rappresenta qui il modo con cui  ha osservato la legge di Dio. Quanto più contemplava tali precetti tanto più desiderava praticarli; non occorre immaginarsi che siano ripetizioni deboli ed inutili tutte queste espressioni di cui si serve Davide per dire quasi la stessa cosa. Sono esse al contrario altrettante scintille che escono da un cuore pieno di fuoco. Dacci Signore come a Davide un grande desiderio di osservare la tua legge non solo per un tempo ma per sempre. Dacci la forza di rendere sempre testimonianza alla verità della tua legge e con le nostre parole e con il nostro esempio, anche in presenza dei re, se tu così prescrivi, e rendici imitatori del coraggio dei tuoi santi martiri che non hanno temuto di parlare davanti ai principi, allorché preferendo la tua gloria alla propria loro vita hanno voluto piuttosto morire che tacere la verità della tua fede.

Zain

49 Ricordati della tua parola

al tuo servo nella quale mi hai dato speranza

50 Questa mi ha consolato nella

mia umiliazione, poiché la tua parola mi ha fatto vivere.

51 i superbi si comportavano in

modo iniquo, ma dalla tua legge non ho deviato.

52 Mi sono ricordato, Signore, dei

tuoi giudizi che sono da sempre, e sono stato consolato.

53 Sgomento mi ha preso per i

peccatori che abbandonano la tua legge.

54 Tema di canto erano per me i tuoi decreti

nel luogo del mio esilio.

55 Mi sono ricordato di notte del

tuo nome, Signore, e ho custodito la tua legge.

56 Questo mi è avvenuto perché

ho ricercato i tuoi decreti

49 Ricordati della tua parola

al tuo servo nella quale mi hai dato speranza

50 Questa mi ha consolato nella

mia umiliazione, la tua parola mi farà vivere.

La parola che Dio aveva detto al suo servo secondo alcuni era la promessa da lui fatta ad Abramo di essere il suo Dio e il Dio di tutta la sua stirpe, di farsi il suo protettore e di dare se stesso a lui come il sommo suo bene, purché egli camminasse e fosse perfetto dinanzi a lui. Altri intendono riguardo a ciò che Dio fece dire a Davide dal profeta Nathan. Dopo che il re ebbe confessato il suo delitto il profeta gli diede per certo che non sarebbe morto e che il Signore l’aveva perdonato. Noi possiamo dire in generale che la parola di Dio che ci assicura di non volere la morte del peccatore, ma piuttosto la sua vita deve darci come a Davide una grande speranza. La stessa parola è la nostra consolazione quando anche noi siamo tribolati ed umiliati. Nessuno di quelli che confidano nel Signore può perire.

51 i superbi si comportavano in

modo iniquo, ma dalla tua legge non ho deviato.

52 Mi sono ricordato, Signore, dei

tuoi giudizi che sono da sempre, e sono stato consolato.

I superbi sono tutti gli imitatori dell’orgoglio del primo angelo e del primo uomo che vogliono vivere nella indipendenza e che trasgrediscono i comandamenti divini. È impossibile che coloro che sono posseduti da tale orgoglio siano in accordo con i giusti che si sottomettono umilmente a Dio e che fanno consistere la loro gioia nell’adempiere la sua volontà. È dunque una necessaria conseguenza che i superbi siano in opposizione alle anime umili, che nutrano odio nei loro confronti e che li perseguitino. Davide assalito da una condotta così ingiusta da parte dei superbi non si lascia da essi smuovere. Per quale ragione? Perché si era ricordato dei giudizi esercitati dal Signore dal principio del mondo, allorchè castigò severamente i prevaricatori dei suoi ordini e ricompensò i suoi servi fedeli

Sgomento mi ha preso per i

peccatori che abbandonano la tua legge.

54 Tema di canto erano per me i tuoi decreti

nel luogo del mio esilio.

Davide in virtù del suo fervente amore si sente trafitto il cuore a causa dell’accecamento dei peccatori che abbandonano la legge di Dio. Non può egli considerare come una cosa da poco che ci siano uomini che hanno l’empietà di essere legge a se stessi rigettando quella del Signore. Seguiamo anche noi l’esempio di Davide che poneva tutta la sua gioia nel celebrare con canto la soavità della giustizia divina che sta racchiusa nei suoi comandamenti, onde mitigare l’acerbità del nostro esilio in terra straniera.

55 Mi sono ricordato di notte del

tuo nome, Signore, e ho custodito la tua legge.

56 Questo mi è avvenuto perché

ho ricercato i tuoi decreti

La notte è il tempo del riposo, ma il cuore del giusto veglia mentre il suo corpo riposa. L’amore del cuore non è mai ozioso ma è sempre attivo. Quali noi siamo da svegli tali siamo addormentati. Il santo profeta ci fa sapere, secondo la più ovvia interpretazione, che di notte quando gli uomini sono gravati dal sonno egli aveva cura di pensare spesso all’adorabile nome del suo Dio. Vegliava sopra se stesso per custodire la sua legge, niente facendo che potesse dispiacere agli occhi divini. Per preservarsi d’ogni peccato  non c’è nulla di più potente che rappresentarsi la maestà del  nome del Signore.

Het

57 Mia porzione sei tu, Signore, ho

detto di custodire la tua legge,

58 ho supplicato il tuo volto

con tutto il mio cuore. Abbi pietà di me secondo la tua parola.

59 Ho pensato alle mie vie e hai

volto i miei piedi nelle tue testimonianze.

60 Sono pronto e non

sono turbato perché  custodisca i tuoi comandamenti.

61 Le funi dei peccatori mi hanno

avvinto, ma non ho dimenticato la tua legge.

62 Nel mezzo della notte mi

alzavo a lodarti, per i giudizi della tua giustificazione.

63 Partecipe io sono di tutti quelli

che ti temono e custodiscono i tuoi comandamenti.

64 Della misericordia del Signore

è piena la terra, insegnami i tuoi decreti.

57 Mia porzione sei tu, Signore, ho

detto di custodire la tua legge,

È raro trovare uomini che possano dire con santa fiducia che il Signore è la loro porzione. Se ancora siamo posseduti dall’amore degli onori, o dei beni o dei piaceri, Dio non è la nostra porzione. Quelli che prendono il Signore per la loro porzione sono fortemente risoluti di osservare la sua legge, poiché non possono possederti né entrare nel tuo regno se non adempiendo la tua volontà.

58 ho supplicato il tuo volto

con tutto il mio cuore. Abbi pietà di me secondo la tua parola.

Come posso io osservare la tua legge se non mi assiste il tuo Spirito Santo, se egli non mi dà la forza di compiere la tua volontà? Io mi presento davanti a te consapevole della mia impotenza e ti offro con tutto il cuore la mia preghiera. Abbi misericordia di me, non guardando al mio merito ma alla tua parola con cui hai promesso di soccorrere quelli che invocano il tuo nome.

59 Ho pensato alle mie vie e hai

volto i miei piedi nelle tue testimonianze.

60 Sono pronto e non

sono turbato perché  custodisca i tuoi comandamenti.

Davide ci insegna quello che dobbiamo fare, mostrandoci quello che egli faceva. Egli considera le sue vie e, dopo averle esaminate, muove il passo verso la legge di Dio, cioè non fa cosa alcuna senza avervi molto pensato. Non cammina a caso ma si assicura, per quanto può, che le sue vie e la sua condotta siano conformi alla volontà  di Dio. Se dunque accade che due vie si presentino alla sua mente, l’una che porti al peccato, l’altra che guidi alla pietà, egli ne fa discernimento con il soccorso dello Spirito di Dio. Abbandonando la prima abbraccia l’altra, che è quella dei precetti divini.

61 Le funi dei peccatori mi hanno

avvinto, ma non ho dimenticato la tua legge.

Per quanto abbandonato, per quanto stretto ed oppresso dalla violenza di quelli che lo odiavano, Davide non dimenticò la legge di Dio. Si mantenne fedele in mezzo alle più crudeli persecuzioni. Tale esempio di una costante carità verso così accaniti persecutori sono una cosa rara e tanto grande che è più facile ammirarla che imitarla, quantunque sia proposta alla nostra meraviglia, non meno che alla nostra imitazione.

62 Nel mezzo della notte mi

alzavo a lodarti, per i giudizi della tua giustificazione.

Dal momento che di notte viene lo sposo e le spose avvedute e vigilanti entrano con lui nella camera nuziale, così Davide pensa di rimanere vigilante per non esserne escluso. Lodando la giustizia del giudice supremo a questa si sottomette con giubilo e desidera di essere nel novero di coloro che egli riceve per suoi figli.

63 Partecipe io sono di tutti quelli

che ti temono e custodiscono i tuoi comandamenti.

Chi è veramente unito a quelli che temono Dio condivide le sofferenze dei suoi fratelli. Piange con essi quando piangono e considerandoli sinceramente come membra del suo stesso corpo sente il dolore altrui come il proprio.

64 Della misericordia del Signore

è piena la terra, insegnami le tue giustificazioni.

Della tua misericordia, o Signore, è piena la terra. A te dunque io mi indirizzo, o mio Dio, a te che sei pieno di bontà e l’unico artefice della salvezza. A te io mi rivolgo per imparare la scienza della vera giustificazione, la scienza che umilia il cuore dell’uomo, convincendolo che la sua porzione è il peccato e la empietà, se non è giustificato dalla grazia del suo Creatore.

Teth

65 Hai usato bontà col tuo servo,

Signore, secondo la tua parola.

66 Insegnami bontà e disciplina

e conoscenza perché ho creduto ai tuoi comandamenti.

67 prima di essere umiliato io ho

sbagliato, per questo ho custodito il tuo dire.

68 buono sei tu e nella tua bontà

insegnami i tuoi decreti.

69 Si è moltiplicata contro di me

l’ingiustizia dei superbi,

ma io con tutto il cuore scruterò i tuoi comandamenti.

70 Si è rappreso come latte

il loro cuore, ma io ho meditato la tua legge.

71 E’ bene per me che tu mi abbia

umiliato perché impari i tuoi decreti.

72 E’ un bene per me la legge della

tua bocca, più che l’oro e l’argento a migliaia.

65 Hai usato bontà col tuo servo,

Signore, secondo la tua parola.

66 Insegnami bontà e disciplina

e conoscenza perché ho creduto ai tuoi comandamenti.

Avendo Davide conosciuto la bontà del Signore verso di lui, chiede  al Signore che si degni di insegnargli una tale bontà, cioè di essere ammaestrato in essa. Non separa la bontà dalla disciplina poiché essendo la disciplina quella che riprende e corregge i vizi, una simile correzione è di grande utilità  nel procurare la bontà Dio, dal momento che essa stessa è frutto dalla medesima bontà.

67 prima di essere umiliato io ho

sbagliato, per questo ho custodito la tua parola.

Prima che io fossi stato umiliato errai e perciò ora osservo la tua parola. Davide riconosce sinceramente che aveva bisogno di essere umiliato per non peccare più e confessa che una tale umiliazione l’ha reso più vigilante nel custodire la  parola del Signore, per obbedire alla sua legge.

68 buono sei tu e nella tua bontà

insegnami le tue giustificazioni.

Tu sei buono o Signore. Insegnami nella tua bontà i tuoi statuti. Non posso, Dio mio, dirti con cuore sincero che tu sei buono allorché mi umili e mi affliggi. Non posso, se tu non mi hai fatto gustare la tua bontà, condannare la mia malizia.

69 Si è moltiplicata contro di me

l’ingiustizia dei superbi,

ma io con tutto il cuore scruterò i tuoi comandamenti.

Gli umili devono necessariamente avere i superbi come loro nemici. Non deve perciò stupire se l’umile Davide sperimentò la malizia dei superbi. Da questo egli ha imparato che il non opporsi agli assalti dei superbi contro i giusti è frutto della bontà, della disciplina e della giustizia del Signore. Non si lamenta il profeta affermando che contro di lui si è accresciuto il furore degli uomini orgogliosi, ma piuttosto ammira la giustizia e la sapienza di Dio che cava un così grande bene da una così grande malizia. La persecuzione dei superbi non ha potuto impedirgli di ricercare con tutto il cuore i comandamenti del Signore.

70 Si è rappreso come latte

il loro cuore, ma io ho meditato la tua legge.

Bellissimo è il colore del latte ed ottimo il suo sapore, ma diventando acido si rapprende e si raggruma e perdendo la naturale dolcezza si corrompe e diventa amaro. Tal lo stato funesto in cui la grande prosperità ha ridotto i nemici di Davide. Davide al contrario essendo umiliato in tutto il regno di Saul e poi ancora al tempo di Assalonne, non essendo da alcun piacere attaccato alla terra, trova tutta la sua allegrezza nella meditazione della legge di Dio.

71 E’ bene per me che tu mi abbia

umiliato perché impari i tuoi decreti.

La scrittura non ci narra che Davide abbia peccato prima della persecuzione di Saul, quantunque la sua umiltà gli possa bene far conoscere che egli fin da allora aveva commesso dinanzi a Dio molti peccati, per cui gli era stata vantaggiosa la tribolazione.

72 E’ un bene per me la legge della

tua bocca, più che l’oro e l’argento a migliaia.

Quale cosa  si potrebbe immaginare migliore di ciò che rinchiude tutti i beni di Dio? Le parole del Signore sono la sorgente della vita e di una vita eterna. Tutti i tesori della terra possono mai paragonarsi ad una vita per cui tanti santi hanno rinunciato non solo alle loro grandi ricchezze ma anche ad ogni onore e gloria? Santa Paola abbandonò tutto lo splendore di Roma per andare a nascondersi con Gesù Cristo in Betlemme distribuendo tutti i propri beni ai poveri ed alle chiese. Davide stesso, consacrato re di Israele, non aveva forse riconosciuto perfettamente la bontà della legge di Dio allorché  non trovava gioia se non nella sua continua meditazione?

Ioth

73 Le tue mani mi hanno fatto e

plasmato, dammi intelligenza e

imparerò i tuoi comandamenti.

74 Quelli che ti temono mi

vedranno e gioiranno perché nelle

tue parole ho tanto sperato.

75 Ho conosciuto, Signore, che

giustizia sono i tuoi giudizi e

secondo verità mi hai umiliato.

76 Sia la tua misericordia

a consolarmi secondo la tua parola al tuo servo.

77 Vengano a me le tue compassioni

e vivrò, perché la tua legge

è la mia meditazione.

78 Siano confusi i superbi,

perché ingiustamente hanno

commesso iniquità contro di me,

ma io mi eserciterò nei tuoi comandamenti.

79 Si volgano a me quelli che ti temono e conoscono

le tue testimonianze.

80 Diventi il mio cuore immacolato

nelle tue giustificazioni così che io non sia confuso

73 Le tue mani mi hanno fatto e

plasmato, fammi comprendere e

imparerò i tuoi comandamenti.

Davide si presenta a Dio come opera delle sue mani e lo prega di non abbandonarlo ma di dargli l’intelligenza  per comprendere nel modo dovuto i suoi comandamenti. Egli chiede dunque le interiori orecchie del cuore, che sono necessarie per entrare nella verità, di cui Gesù Cristo ha poi detto che l’intendono coloro che hanno orecchi per udire, cioè che non tutti la intendono.

74 Quelli che ti temono mi

vedranno e gioiranno perché nelle

tue parole ho tanto sperato.

L’aspetto dei giusti rattrista per lo più gli empi che essendo superbi, immondi ed ingiusti odiano per conseguenza gli umili, i casti, i mansueti. L’aspetto dei giusti rallegra all’opposto quelli che hanno il timore di Dio eccitandoli con loro esempio ad inoltrarsi nella pietà. Il profeta desidera dunque di essere rispetto a tutti quelli che hanno il timore di Dio, non un’occasione di scandalo, ma un motivo di edificazione e di allegrezza.

75 Ho conosciuto, Signore, che

giustizia sono i tuoi giudizi e

secondo verità mi hai umiliato.

Solo, chi ha ricevuto la grazia dell’intelligenza  è in grado di poter dire che i giudizi di Dio sono pieni di rettitudine. Il profeta dice che tale conoscenza gli è derivata dallo spirito Santo per mezzo della preghiera , ed era tanto più lodevole, perché  frutto delle stesse tribolazioni e  delle umiliazioni in cui si era visto ridotto.

76 Sia la tua misericordia a consolarmi

secondo la tua parola al tuo servo.

77 Vengano a me le tue compassioni

e vivrò, perché la tua legge

è la mia meditazione.

Davide non implora la misericordia di Dio come se fosse in procinto di essere vinto ma per essere in grado di sostenersi con più forza  col divino soccorso. Gli altri essendo tribolati pregherebbero Dio di liberarli dai mali che li fanno gemere ma il santo re, come un uomo forte e pieno di coraggio, gli chiede soltanto che lo consoli per sua misericordia, cioè che lo sostenga con la sua grazia in mezzo a tutte le sue tentazioni.

E gli domanda questa grazia come un frutto della meditazione della sua legge, in cui si occupava di continuo.

78 Siano confusi i superbi,

perché ingiustamente hanno

commesso iniquità contro di me,

ma io mi eserciterò nei tuoi comandamenti.

La confusione è il giusto castigo dell’orgoglio e ancora più dell’orgoglio diabolico che porta l’uomo a trattare ingiustamente i veri servi di Dio. Non c’è cosa più ingiusta della condotta dei superbi verso i buoni, ma tutta la loro ingiustizia e la loro malizia non può smuovere quelli che si mantengono nella meditazione e nella pratica dei divini comandamenti.

79 Si volgano a me quelli che ti temono e conoscono

le tue testimonianze.

Quelli che temono il Signore e conoscono le sue testimonianze sono invitati da Davide a volgere verso di lui i loro sguardi, per ammirare nella sua persona un esempio della misericordia di Dio e per non disperare mai della sua bontà.

Caf

80 Diventi il mio cuore immacolato

nelle tue giustificazioni così che io non sia confuso

81 Si è consumata per la tua

salvezza l’anima mia, nella tua

parola ho tanto sperato.

82 Si sono consumati i miei occhi

per la tua parola dicendo:

quando mi consolerai?

83 Poiché sono divenuto come un

otre al gelo; non ho dimenticato i tuoi decreti.

84 Quanti sono i giorni del tuo servo?

Quando farai giustizia dei miei persecutori?

85 Mi hanno raccontato favole gli iniqui, tutt’altro

che la tua legge!

86 Tutti i tuoi comandamenti sono verità;

ingiustamente mi hanno perseguitato. Aiutami!

87 Per poco non mi hanno finito

sulla terra , ma io non ho

abbandonato i tuoi comandamenti.

88 Secondo la tua misericordia

fammi vivere e custodirò le

testimonianze della tua bocca.

80 Diventi il mio cuore immacolato

nelle tue giustificazioni così che io non sia confuso

Fa’, mio Dio, che io non cada nella confusione dei superbi con una segreta ipocrisia e che non mi accontenti di praticare esteriormente la tua legge. Essa regoli e purifichi l’intimo del mio cuore, affinché sia esso veramente immacolato ai tuoi occhi.

81 Si è consumata per la tua

salvezza l’anima mia, nella tua

parola ho tanto sperato.

82 Si sono consumati i miei occhi

per la tua parola dicendo:

quando mi consolerai?

Quanto più un’ anima sospira con fervore di unirsi al suo Salvatore, tanto più si sente spossare e venire meno; ma tale sfinimento tende a distruggere la fragilità della sua natura e a rivestirla di una virtù del tutto divina. Davide nello sfinimento della sua anima si sostiene con una ferma speranza nella parola di Dio, che assicura del suo soccorso coloro che umilmente si appoggiano alle sue promesse e  si sostengono con la sua divina parola.

83 Poiché sono divenuto come un

otre al gelo; non ho dimenticato i tuoi decreti

La pelle di un animale, finché questo è vivo, è molle e pieghevole, ma tolta di dosso al suo corpo e fattane un otre per trasportare liquidi, se lasciata all’asciutto ed esposta alla brina si indurisce e si restringe. Tale è, dice Davide, lo stato in cui sono io. Questo mi costringe Signore a chiederti quando verrai a consolarmi. Con tanto maggiore fiducia te lo domando perché uno stato così penoso non ha potuto farmi dimenticare la giustizia dei tuoi precetti

84 Quanti sono i giorni del tuo servo?

Quando farai giustizia dei miei persecutori?

I padri e gli interpreti spiegano queste parole in due modi diversi. Poiché, Signore, così pochi giorni mi rimangono da vivere quaggiù, aspetterai tu più a lungo a liberarmi dei miei persecutori? Ovvero, sarò io Signore ancora per lungo tempo nella tribolazione ed esposto a tante tentazioni? Quando pronunzierai il giudizio a me favorevole contro i miei persecutori e contro i nemici della mia salute?

85 Mi hanno raccontato favole gli iniqui, tutt’altro

che la tua legge!

86 Tutti i tuoi comandamenti sono verità;

ingiustamente mi hanno perseguitato. Aiutami!

Tutti i discorsi dei malvagi sono pieni di vanità e di falsità, ma i tuoi precetti, o Signore, sono fondati sulla verità. Ingiustamente dunque coloro che amano il falso e la favola mi perseguitano, allorché io mi attengo alla verità della tua legge. Aiutami e sostienimi nella lotta contro gli ingiusti persecutori della giustizia che viene dal cielo.

87 Per poco non mi hanno finito

sulla terra , ma io non ho

abbandonato i tuoi comandamenti.

Quanto maggiore fu la tribolazione del profeta, la persecuzione e la tentazione dei suoi nemici, tanto più si manifestò la sua perfetta fedeltà nell’osservanza dei precetti del Signore. È proprio delle anime grandi non lasciarsi smuovere nella via di Dio dalle più violente tempeste.

88 Secondo la tua misericordia

fammi vivere e custodirò le

testimonianze della tua bocca.

Un’anima piena dell’amore di Dio non tiene in alcun conto ciò che ha fatto per il passato e pensa soltanto all’avvenire. Per questo essendo tutta compresa e della propria miseria e della misericordia di Dio, a lui domanda continuamente di vivere in stato di grazia per poter continuare osservare i suoi comandamenti.

Lamed

89 In eterno Signore la tua parola

permane nel cielo,

90 la tua verità  di generazione in generazione.

Hai fondato la terra e permane.

91 Per tuo ordine persiste

il giorno, perché tutte le cose servono a te.

92 Se la tua legge non fosse la mia

meditazione, già forse nella mia

umiliazione sarei perito.

93 In eterno non dimenticherò

le tue giustificazioni perché in esse

mi hai fatto vivere.

94 Tuo sono io, salvami perché

ho ricercato i tuoi decreti.

95 Mi hanno aspettato i peccatori

per rovinarmi; ho compreso le tue testimonianze.

96 Di ogni compimento ho visto il termine,

immenso è il tuo comandamento

89 In eterno Signore la tua parola

permane nel cielo,

90 la tua verità  di generazione in generazione.

Hai fondato la terra e permane.

89 In eterno Signore la tua parola

permane nel cielo,

90 la tua verità  di generazione in generazione.

Hai fondato la terra e permane.

La tua parola sussiste eternamente nel cielo. Fa’ o Signore che io adempia sopra la terra ciò che è stabilito in cielo e che io non segua nella mia condotta le vane massime dell’incostante capriccio degli uomini, ma la regola della tua verità eterna come il tuo Verbo

91 Per tuo ordine persiste

il giorno, perché tutte le cose servono a te.

Se sei tu Signore che fai sorgere sulla terra il sole visibile per formare questo giorno, sei pur tu che fai sorgere il sole di giustizia nelle anime per formarvi un altro giorno che è quello della grazia. Chi potrebbe comprendere, Dio mio, tutti i segreti della divina economia con cui tu fai fino alla fine sussistere il giorno di grazia nelle tue anime circondate da tenebre e da miseria?

92 Se la tua legge non fosse la mia

meditazione, già forse nella mia

umiliazione sarei perito.

93 In eterno non dimenticherò

le tue giustificazioni perché in esse

mi hai fatto vivere.

Chi è disposto a cibarsi della parola di Dio come di un pane che dà la vita, cerca in essa la forza di cui ha bisogno per sostenersi contro una così grande moltitudine di nemici che si oppongono alla sua salute. Dalla meditazione della legge divina Davide aveva derivato quella virtù celeste che gli impediva di cedere al peso delle tribolazioni in cui si era visto ridotto.

94 Tuo sono io, salvami perché

ho ricercato i tuoi decreti.

Davide osa dire che egli è del Signore perché lo serve  in modo esclusivo . Per essere suo con viva fede gli chiede che lo salvi.

95 Mi hanno aspettato i peccatori

per rovinarmi; ho compreso le tue testimonianze.

Per la continua opposizione dei malvagi ai buoni la virtù di questi ultimi si perfeziona e si consuma la malizia dei primi. Il profeta ha deluso tutta l’aspettativa di quelli che cercavano la sua rovina trovando nella intelligenza della legge di Dio i veri rimedi capaci di salvarlo.

96 Di ogni compimento ho visto il termine,

immenso è il tuo comandamento

Ho visto la fine di tutta la crudeltà e di tutta la malizia dei miei nemici che non può andare oltre i limiti prescritti dalla tua giustizia. Non trovo limite alcuno alla pazienza e alla mansuetudine che tu mi imponi di osservare con loro.

Mem

97 Quanto ho amato la tua legge,

tutto il giorno è la mia meditazione.

98 Più dei mie nemici mi hai fatto

sapiente col tuo comandamento, perché in eterno è mio.

99 Più di tutti i miei maestri ho

compreso, perché le tue

testimonianze sono la mia meditazione.

100 Più degli anziani

ho compreso, perché ho cercato i  tuoi comandamenti.

101 Da ogni via cattiva ho trattenuto i miei

piedi per custodire le tue parole.

102 Dai tuoi giudizi non ho deviato

perché tu mi hai dato la legge.

103 Come sono dolci al mio palato

le tue parole, più del miele alla mia bocca.

104 Dai tuoi comandamenti

ho compreso, per questo ho odiato ogni via di ingiustizia.

97 Quanto ho amato la tua legge,

tutto il giorno è la mia meditazione.

Il santo profeta quanto amava la legge, altrettanto si dilettava nel meditarla, nel penetrarne il senso e nello scoprirvi i doveri del proprio stato. Era questo il grande argomento della meditazione di un principe che nulla trovava che fosse più importante del pensare tutto il giorno a ciò che Dio esigeva da lui per eseguirlo.

98 Più dei mie nemici mi hai fatto

sapiente col tuo comandamento, perché in eterno è mio.

Tu, o Dio mio, dice Davide, mi hai reso più sapiente dei miei nemici e io non mi sono fatto tale da me stesso, dal momento che non posso avere se non una prudenza carnale opposta a quello del tuo spirito. Hai fatto questo donandomi l’intelligenza della tua legge, facendo in modo che io non la osservi   con uno sguardo passeggero ma con un occhio fermo, come la regola costante ed inviolabile della mia condotta.

99 Più di tutti i miei maestri ho

compreso, perché le tue

testimonianze sono la mia meditazione.

100 Più degli anziani

ho compreso, perché ho cercato i  tuoi comandamenti.

Non è l’orgoglio che fa qui parlare il profeta, poiché egli ha prima indicato donde a lui derivasse una intelligenza superiore a quella degli altri, allorché dice che Dio l’ha reso più sapiente dei suoi nemici mediante la conoscenza dei suoi precetti. Il Signore gli ha dato pure una intelligenza più grande di quella dei suoi maestri e degli stessi anziani poiché avendogli fatto ricercare con ardore il vero spirito dei comandamenti l’aveva condotto dal tempo della vecchia legge fino al Vangelo, insegnandogli ad amare non solo quelli che l’amavano, secondo il precetto proporzionato alla intelligenza dei giudei, ma ad amare i suoi stessi nemici secondo l’insegnamento del Cristo.

101 Da ogni via cattiva ho trattenuto i miei

piedi per custodire le tue parole.

102 Dai tuoi giudizi non ho deviato

perché tu mi hai dato la legge.

La ragione che spingeva Davide ad allontanarsi da ogni male era al fine di custodire le parole del Signore. Un mezzo efficace per fortificarci contro il pericolo a cui ci espone la debolezza e la malizia del nostro nemico è di non deviare mai dai giudizi di Dio.

103 Come sono dolci al mio palato

le tue parole, più del miele alla mia bocca.

il miele è dolce in bocca e non nella gola, poiché fuori della bocca non ha più gusto alcuno. Ma le parole di Dio, secondo Davide, erano, stando all’espressione letterale, dolci al suo palato e anche alla sua gola , là dove c’è il gusto che discerne la verità, cioè nell’intimo dell’anima

104 Dai tuoi comandamenti

ho compreso, per questo ho odiato ogni via di ingiustizia.

I tuoi comandamenti, Signore ci donano l’intelligenza ma soltanto quando noi li osserviamo. Sebbene questa intelligenza discenda da te, o mio Dio, bisogna che noi pratichiamo i tuoi precetti per meritare di avere una intelligenza perfetta e piena di amore che ci fa odiare ogni iniquità e ogni via che ad essa conduce.

Nun

105 Lampada ai miei piedi è la tua

parola e luce ai miei sentieri.

106 Ho giurato e stabilito di

custodire i giudizi della tua giustizia.

107 Sono stato umiliato fino all’estremo,

Signore, fammi vivere secondo la tua parola.

108 Fa’ che ti siano gradite le offerte volontarie della

mia bocca  Signore e

insegnami i tuoi giudizi.

109 La mia anima è nelle tue mani

sempre e non ho dimenticato la tua legge.

110 I peccatori mi hanno teso un

laccio e dai tuoi comandamenti

non mi sono sviato.

111 Ho acquistato in eredità le tue

testimonianze per sempre, perché

sono l’esultanza del mio cuore.

112 Ho inclinato il mio cuore a compiere

i tuoi decreti in eterno, per la ricompensa.

105 Lampada ai miei piedi è la tua

parola e luce ai miei sentieri.

106 Ho giurato e stabilito di

custodire i giudizi della tua giustizia.

Mentre siamo in questa vita noi siamo nell’oscurità. Il giorno non incomincerà propriamente ad illuminarci, se non quando il sole di giustizia che è Gesù Cristo sorgerà nelle anime nostre alla nostra morte. Perciò noi abbiamo bisogno di una lampada che illumini i nostri passi nella notte buia di questo mondo perché non inciampiamo in pietre che ci sarebbero fatali. Questa lampada è la parola di Dio che serviva al santo profeta per illuminare tutti i suoi passi. In tutte le sue azioni e in tutte le sue parole egli consultava le scritture divine essendo certo di camminare senza alcun pericolo.

107 Sono stato umiliato in ogni

tempo, Signore, fammi vivere secondo la tua parola.

Non permettere o Signore che nella grande umiliazione in cui sono ridotto io dimentichi i tuoi santi precetti, ma fammi vivere secondo le regole prescritte dalla tua parola senza che alcuna tribolazione sia capace di allontanarmene.

108 Delle offerte volontarie della

mia bocca compiaciti Signore e

insegnami i tuoi giudizi.

Per voti volontari pronunciati dalla bocca del profeta si può intendere con alcuni interpreti il giuramento da lui fatto di custodire i divini precetti, non solo secondo lo spirito dei giudei, ma ancor più secondo lo spirito della nuova legge svelatogli da Dio stesso.

109 La mia anima è nelle tue mani

sempre e non ho dimenticato la tua legge.

L’anima o la vita del santo profeta è sempre esposta fra le mani del Signore, cioè secondo il senso figurato, in un continuo pericolo. Ciò nonostante la condizione estrema in cui si trovava non poteva fargli dimenticare la legge del suo Dio.

110 I peccatori mi hanno teso un

laccio e dai tuoi comandamenti

non mi sono sviato.

È questa la spiegazione e la conferma di quanto ha detto nel versetto precedente. La sua anima o la sua vita era sempre come esposta fra le  mani, di Dio, cioè in un continuo pericolo dal momento che i malvagi  o i demoni stessi gli tendevano ogni momento qualche laccio per trarlo in perdizione. Ma poiché egli sapeva di non avere di che temere, finché batteva la strada dei divini comandamenti, aveva somma premura di non allontanarsi da questa strada, fuori della quale tutto si doveva temere.

111 Ho ricevuto in eredità le tue

testimonianze per sempre, perché

sono l’esultanza del mio cuore.

112 Ho inclinato il mio cuore a compiere

i tuoi decreti in eterno, per la ricompensa.

Eredità dei giusti è la legge di Dio e non l’oro né l’argento. Comprano essi una tale eredità a costo di quanto c’è di più caro e della loro stessa vita, poiché essa è l’unico loro tesoro e la gioia del loro cuore.

 

Samech

113 Ho odiato i malvagi e ho amato la tua legge.

114 Mio aiuto e mio sostegno

sei tu; nella tua parola ho tanto sperato.

115 Allontanatevi da me malvagi! E

scruterò i comandamenti del mio Dio.

116 Sostienimi secondo la tua

parola e vivrò, e non

confondermi nella mia attesa.

117 Aiutami e sarò salvo e

mediterò sui tuoi decreti sempre.

118 Hai disprezzato tutti quelli che

si allontanano dalle tue giustizie,

perché ingiusto è il loro pensiero.

119 Prevaricatori ho reputato tutti

i peccatori della terra, per questo

ho amato le tue testimonianze.

120 Inchioda col tuo timore le mie

carni, infatti ho temuto per i tuoi giudizi

113 Ho odiato i malvagi e ho amato la tua legge.

Sembra a prima vista che il profeta parli qui in una maniera opposta allo spirito della nuova legge che ci obbliga ad amare anche i nostri nemici. Bisogna però osservare che egli odiava i perversi e gli uomini iniqui, cioè i prevaricatori della legge e non i suoi nemici.

114 Mio aiuto e mio sostegno

sei tu; nella tua parola ho tanto sperato.

Tu, Signore, sei il mio aiuto e il mio difensore. In te spero e nella infallibile verità della tua parola. Non posso reggermi in mezzo a tanti nemici se non perché tu stesso sei il mio aiuto e ho una ferma fiducia nella tua parola che ci assicura che ognuno che in te confida non sarà confuso.

115 Allontanatevi da me malvagi! E

scruterò i comandamenti del mio Dio.

Allontana da me, Signore, gli uomini che hanno il cuore pieno di malizia e che appartengono al mondo di cui tu hai detto per bocca dell’apostolo che tutto è immerso nel male. Allontanali perché alla fine col contagio della iniquità di cui riboccano, non mi distolgano dall’amore e dalla ricerca dei tuoi divini comandamenti.

116 Sostienimi secondo la tua

parola e vivrò, e non

confondermi nella mia attesa.

117 Aiutami e sarò salvo e

mediterò sui tuoi decreti sempre.

Chi teme di essere confuso nella sua attesa, aspetta qualcosa che ancora non ha. Tale fu lo stato in cui si trovò Davide nel corso della sua vita, non innamorandosi del regno temporale concessogli da Dio, ma anelando a quello dei figli di Dio, non amando la vita presente di re d’Israele, ma la parola del Signore e le sue promesse.

118 Hai disprezzato tutti quelli che

si allontanano dalle tue giustizie,

perché ingiusto è il loro pensiero.

Facci comprendere o Signore che ogni nostro bene consiste nell’amare ciò che tu ami e nel disprezzare ciò che tu disprezzi. Il profeta vuole che noi temiamo il più piccolo passo  che allontana dalla legge di Dio, poiché alla fine ci tireremmo addosso il suo disprezzo e le terribili conseguenze che ne derivano

119 Prevaricatori ho reputato tutti

i peccatori della terra, per questo

ho amato le tue testimonianze.

Davide considerava principalmente il peccato di tutta la terra una prevaricazione contro la legge del Signore. Per questo aggiunge: amo le tue leggi. È come dire: ho riconosciuto che tutti quelli che peccano non lo fanno se non in quanto si allontanano dalla legge che tu hai loro dato. In quanto a me quanto più l’amerò tanto più sarò lontano dal peccato.

120 Inchioda col tuo timore le mie

carni, infatti ho temuto per i tuoi giudizi

Per quale ragione Davide chiedeva a Dio che gli inchiodasse la sua carne col suo timore allorché attesta  che i suoi giudizi l’hanno già riempito di spavento. Non domandava egli forse che il suo timore imperfetto ricevesse il supremo grado di perfezione, affinché fosse abbastanza forte per crocifiggere le sue carni, cioè tutte le sue carnali affezioni?

Ain

121 Ho operato l’equità e la

giustizia , non consegnarmi ai mei calunniatori.

122 Sostieni il tuo servo

nel bene. Non mi calunnino i superbi.

123 I miei occhi si sono consumati

per la tua salvezza e per la parola della tua giustizia

124 Agisci col tuo servo

secondo la tua misericordia

e insegnami le tue giustificazioni.

125 Tuo servo sono io, dammi intelletto e

conoscerò le tue testimonianze.

126 E’ tempo di agire per il Signore,

hanno dissolto la tua legge.

127 Per questo ho amato i tuoi

comandamenti più dell’oro e del topazio.

128 Per questo mi dirigevo a tutti i tuoi

comandamenti, ogni via ingiusta ho odiato

121 Ho operato l’equità e la

giustizia , non consegnarmi ai mei calunniatori.

L’equità osservata da Davide della sua condotta gli ispirava un’umile fiducia verso Dio per chiedergli che non lo abbandonasse ai suoi calunniatori, cioè che lo difendesse da coloro che perseguitavano la sua virtù.

122 Sostieni il tuo servo

nel bene. Non mi calunnino i superbi.

Non c’è cosa che più della calunnia sia capace di abbattere un uomo giusto. Essa turba, dice la Scrittura, lo stesso savio ed abbatte la fortezza del suo cuore. Il profeta teme la caduta che può derivare dalla calunnia, non la calunnia stessa che sofferta con umile mansuetudine diventa la gloria di quelli che hanno l’animo rivolto a Dio. Il diavolo viene chiamato spesso nella scrittura l’accusatore o secondo la spiegazione di Ilario il calunniatore.

123 I miei occhi si sono consumati

per la tua salvezza e per la parola della tua giustizia

124 Agisci col tuo servo

secondo la tua misericordia

e insegnami le tue giustificazioni.

125 Tuo servo sono io, dammi intelletto e

conoscerò le tue testimonianze.

Tutti questi versetti sono già stati spiegati nei versetti 64. 73. 81. 82. E in molti altri dove si può vedere il modo di intendere anche i presenti senza che ci sia bisogno di fastidiose ripetizioni.

126 E’ tempo di agire per il Signore,

hanno dissolto la tua legge.

Queste parole non convengono a qualsiasi persona, ma soltanto a coloro che osservano con fedeltà i divini comandamenti e che infiammati dall’amore per la giustizia della legge non possono soffrirne le altrui profanazioni, come essi stessi si guardano da ogni minima trasgressione.

127 Per questo ho amato i tuoi

comandamenti più dell’oro e del topazio.

Davide se dice che amava i comandamenti di Dio più dell’oro e del topazio non vuole con ciò dire che egli amava anche l’ oro e le gemme, ma così si esprime perché non può farsi intendere a quelli che amano tali cose se non parlando un linguaggio a loro noto.

128 Per questo mi dirigevo a tutti i tuoi

comandamenti, ogni via ingiusta ho odiato

Quanto più gli empi si scostavano dalla legge di Dio, tanto più Davide si sforzava di camminare nella via di tutti i suoi comandamenti senza trascurarne uno solo e senza deviare a destra o sinistra. Quello che lo faceva stare più fortemente attaccato alla legge di Dio era l’orrore che egli aveva per tutte le vie che sono ingiuste o che guidano all’ingiustizia.

Fe

129 Meravigliose sono le tue

testimonianze, per questo le ha

scrutate l’anima mia;

130 la manifestazione delle tue  parole

illumina e dà intelligenza ai piccoli.

131 Ho aperto la mia bocca e ho

attirato lo spirito perché bramavo

i tuoi comandamenti.

132 Guarda su di me ed abbi pietà

di me secondo il giudizio per gli amanti del tuo nome.

133 Dirigi i miei passi

secondo la tua parola e non mi

mi domini alcuna ingiustizia.

134 Riscattami dalle calunnie

degli uomini e custodirò i  tuoi comandamenti.

135 Fa’ splendere il tuo volto sul

tuo servo e insegnami i tuoi decreti.

136 Rivi di acque hanno fatto scendere

i miei occhi perché non hanno

custodito la tua legge.

129 Meravigliose sono le tue

testimonianze, per questo le ha

scrutate l’anima mia;

130 la manifestazione delle tue  parole

illumina e dà intelligenza ai piccoli.

I precetti o le testimonianze della legge non sono propriamente ammirabili in ciò che hanno d’esteriore, ma in ciò che hanno di recondito e che essendo svelato dallo spirito di Dio che le ha dettate appaiono allora come una luce meravigliosa che dissipa tutte le nostre tenebre. Tale intelligenza non è concessa che  ai fanciulli, cioè agli umili, ai semplici, a quelli che conoscono la loro ignoranza e che sono consapevoli della loro infermità, come ha detto lo stesso Gesù allorché ha reso grazie al Padre perché ha nascosto queste cose ai sapienti del mondo e agli eruditi e le ha rivelate ai piccoli

131 Ho aperto la mia bocca e ho

attirato lo spirito perché bramavo

i tuoi comandamenti.

132 Guarda su di me ed abbi pietà

di me secondo il giudizio per gli amanti del tuo nome.

È questa una metafora di cui si serve Davide per esprimere con quale ardore egli desidera di ricevere la conoscenza dei comandamenti divini. Aprire dunque la bocca e attirare il fiato è un disporsi a ricevere nella propria bocca qualcosa che molto si desidera mangiare a cui era rivolto avidamente il pensiero. Quanto più il profeta desiderava di conoscere e di adempiere i precetti divini tanto più sentiva egli il bisogno dello sguardo propizio della misericordia del Signore.

133 Dirigi i miei passi

secondo la tua parola e non mi

mi domini alcuna ingiustizia.

134 Riscattami dalle calunnie

degli uomini e custodirò i  tuoi comandamenti

il santo re teme soltanto il regno e l’impero dell’ingiustizia, ma non ricusa assolutamente di esserne assalito. Quindi allorché dice: liberami dalle oppressioni o dalle calunnie degli uomini, affinché io osservi i tuoi comandamenti chiede egli a Dio l’ infusione del suo Spirito affinché il timore di tutte le calunnie degli uomini non possa fargli abbandonare i suoi comandamenti per trarlo negli eccessi dei peccatori.

135 Fa’ splendere il tuo volto sul

tuo servo e insegnami i tuoi decreti.

Le nubi che ci nascondono lo splendore del volto di Dio e la sua verità sono di frequente quelle stesse che si formano in noi dalla nostra cupidigia. Chiedere a Dio che faccia risplendere sopra i suoi servi la luce del suo volto è pregarlo che distrugga nell’intimo dei loro cuori tutte le segrete cupidigie che in essi diffondono le tenebre e che tolgono a loro l’amore per la verità.

136 Rivi di acque hanno fatto scendere

i miei occhi perché non hanno

custodito la tua legge.

Si danno due sensi diversi a queste parole. Alcuni dicono che il grande rispetto che aveva Davide della legge di Dio, che egli amava con tanto ardore, gli cagionava un dolore fortissimo allorché la vedeva calpestata dai peccatori e  gli faceva piovere dagli occhi rivi di lacrime. Ma molti padri hanno creduto che la ragione di tante lacrime versate dal profeta fosse piuttosto il doppio delitto che egli pure aveva commesso contro una legge così santa e di cui i suoi occhi erano stati la causa prima allorché rimirò con desiderio la moglie di  Uria e fu trascinato nell’ adulterio e poi nell’omicidio.

Sade

137 Giusto sei tu, Signore, e retto è il tuo giudizio.

138 Tu hai prescritto le tue testimonianze come giustizia

e tua verità perfetta.

139 Mi ha consumato il mio zelo

perché hanno dimenticato le tue parole i miei nemici.

140 Tutta infuocata è la tua parola

e il tuo servo l’ha amata.

141 Giovane sono e disprezzato,

non ho dimenticato le tue giustificazioni.

142 La tua giustizia è giustizia in

eterno e la tua legge è verità.

143 Tribolazione e angoscia mi

hanno colto. I tuoi comandamenti

sono la mia meditazione.

144 Giustizia sono le tue

testimonianze in eterno, dammi intelletto e vivrò.

137 Giusto sei tu, Signore, e retto è il tuo giudizio.

138 Tu hai prescritto le tue testimonianze come giustizia

e tua verità perfetta.

Tu sei giusto o mio Dio per tua natura propria e perciò il tuo giudizio è sempre retto. Tutte le testimonianze che tu ci dai della tua volontà nella tua legge sono come una emanazione della giustizia e della verità suprema che si ritrovano in te. Ovvero secondo un’altra spiegazione: il tuo giudizio è retto: perciò tu esigi con grande rigore che noi osserviamo i tuoi precetti come la testimonianza della tua giustizia della tua verità.

139 Mi ha consumato il mio zelo

perché hanno dimenticato le tue parole i miei nemici.

Tale è l’effetto di una consumata virtù. Davide si rattrista non per il male che a lui fanno i suoi nemici ma per quello che costoro fanno a sé medesimi e per l’oltraggio che fanno a Dio dimenticando e violando le sue parole

140 Tutta infuocata è la tua parola

e il tuo servo l’ha amata.

Questa è la ragione per cui il profeta non ha potuto soffrire che i suoi nemici avessero così facilmente dimenticato la parola del Signore. Essa è, dice egli di una somma purità ed è qual oro perfettamente purgato col fuoco.

141 Giovane sono e disprezzato,

non ho dimenticato le tue giustificazioni.

Non si comprende come Davide che aveva in fronte un diadema regale potesse dire di essere piccolo e disprezzato, ma l’amore che egli dimostrava per l’osservanza di tutta le legge di Dio lo rendeva effettivamente come piccolo e spregevole agli occhi degli empi e degli amanti del secolo che per lo più reputano viltà d’animo restringersi in così angusti confini. Questo è il senso più ovvio che si possa dare a queste parole. Altri commentatori hanno creduto che Davide facesse allusione al grado da lui tenuto nella casa di suo padre allorché venne Samuele ad eleggerlo re in luogo di Saul quantunque fosse il più piccolo di tutti i suoi fratelli.

142 La tua giustizia è giustizia in

eterno e la tua legge è verità.

La giustizia della legge di Dio è una giustizia eterna perché, essendo Dio da tutta l’eternità, la sua giustizia e la sua volontà sono eterne al par di lui. Di più la giustizia che la santa legge esige da noi non è una giustizia temporale e passeggera, ma una giustizia che deve rapportarsi al suo essere eterno.

143 Tribolazione e angoscia mi

hanno colto. I tuoi comandamenti

sono la mia meditazione.

Questo è il frutto che Davide raccoglie dalla grazia che Dio gli ha fatto di riverire la sua eterna giustizia. Quantunque sia stato provato dalle più grandi tribolazioni non ha cessato di meditare i suoi santi precetti; il suo cuore non ha potuto allontanarsi dalle divine regole che in essi sono prescritte.

144 Giustizia sono le tue

testimonianze in eterno, dammi intelletto e vivrò.

Sembra che Davide sia rapito e fuori di sé trasportato divinamente dalla profonda sua ammirazione della eterna giustizia della legge di Dio. E come se non si ricordasse di quello che ha detto ripete di nuovo e non può stancarsi di ripetere molte volte ciò che egli non saprebbe ammirare abbastanza.

Cof

145 Ho gridato con tutto il cuore:

Esaudiscimi, Signore!

Ricercherò i tuoi decreti;

146 ho gridato a te: Salvami !

E custodirò i tuoi comandamenti.

147 Nella notte fonda ho

prevenuto e ho gridato, ho tanto

sperato nelle tue parole.

148 I miei occhi hanno prevenuto

l’alba per meditare le tue parole.

149 Ascolta, Signore, la mia voce

secondo la tua misericordia,

secondo il tuo giudizio fammi vivere.

150 Si sono avvicinati quelli

che mi perseguitano iniquamente

mentre  dalla tua legge si sono allontanati.

151 Vicino sei tu,

Signore, e tutte le tue vie sono verità.

152 Fin dall’inizio ho

conosciuto circa le tue testimonianze

che in eterno le hai fondate .

145 Ho gridato con tutto il cuore:

Esaudiscimi, Signore!

Ricercherò le tue giustificazioni;

146 ho gridato a te: Salvami !

E custodirò i tuoi comandamenti.

Davide esclama col cuore e non con la lingua e non esclama languidamente, ma con tutto il suo cuore. O piuttosto lo spirito di Dio esclama e prega in lui con gemiti inenarrabili. Chiede di essere esaudito e di essere salvato dalle situazioni estreme in cui si trovava e di poter osservare i suoi comandamenti.

147 Nella notte fonda ho

prevenuto e ho gridato, ho tanto

sperato nelle tue parole.

148 I miei occhi hanno prevenuto

l’alba per meditare le tue parole.

Quelli che sono appassionati per qualche bellezza o per le ricchezze o costretti a procacciarsi il vitto con l’opera delle loro mani dormono pochissimo e prevenendo il sorgere del sole si applicano con ardore all’oggetto delle loro mire. Non deve quindi stupirsi che Davide prevenisse anch’egli il giorno per indirizzare a Dio le sue esclamazioni e che i suoi occhi fossero di buon mattino aperti ed attenti per meditare le sue parole.

149 Ascolta, Signore, la mia voce

secondo la tua misericordia,

secondo il tuo giudizio fammi vivere.

Davide non ripone la sua fiducia nè in esclamazioni, né in vigilie, e neppure nella pratica dei suoi precetti. Tutte queste cose non gli servono che a stabilire la sua speranza nella misericordia del Signore.

150 Si sono avvicinati quelli

che mi perseguitano iniquamente

mentre  dalla tua legge si sono allontanati.

Quello che accadeva ai persecutori di Davide, accade ancora a tutti i persecutori dei giusti. Scostandosi dalla legge di Dio e aderendo all’iniquità ad essa contraria perseguitano negli innocenti la pietà da loro praticata che altro non è se non l’osservanza della santa legge.

151 Vicino sei tu,

Signore, e tutte le tue vie sono verità.

Mi perseguitino pure i miei nemici quanto vorranno o piuttosto secondo il potere che tu darai loro o Signore. Tutte le tue vie sono verità; quelli che in esse camminano e osservano i tuoi comandamenti, devono stare in sicurezza, trovandosi all’ombra della stessa verità che libera e salva tutti quelli che l’amano.

152 Fin dall’inizio ho

conosciuto circa le tue testimonianze

che in eterno le hai fondate .

Per la legge di Dio che Davide dice essere stata fondata per tutta l’eternità, bisogna intendere i principali precetti di questa legge, quali sono quelli della carità verso Dio e verso il prossimo .

Res

153 Guarda la mia umiliazione e

liberami  perché non ho

dimenticato la tua legge.

154 Fa’ il mio giudizio

e riscattami, per la tua parola fammi vivere.

155 Lontana dai peccatori è la

salvezza, perché non hanno

ricercato i tuoi decreti.

156 Le tue misericordie sono molte

Signore, secondo il tuoi giudizi fammi vivere.

157 Molti sono i miei persecutori e i

miei oppressori, dalle tue

testimonianze non ho deviato.

158 Ho visto i prevaricatori e mi

struggevo perché non hanno

custodito le tue parole.

159 Vedi che ho amato i tuoi

comandamenti, Signore; nella tua

misericordia fammi vivere.

160 Principio delle tue parole la

verità e in eterno tutti i giudizi

della tua giustizia.

153 Guarda la mia umiliazione e

scampami  perché non ho

dimenticato la tua legge.

154 Fa’ il mio giudizio

e riscattami, per la tua parola fammi vivere.

Nelle umiliazioni e nelle tribolazioni si fa conoscere la nostra fedeltà a Dio. Il profeta non si arroga una tale fermezza nella fede. Chi domanda a Dio di essere liberato riconosce e sente la propria debolezza e dichiara il bisogno che egli ha di un liberatore, allorché lo prega di farlo vivere conformemente alla sua parola e alla sua promessa.

155 Lontana dai peccatori è la

salvezza, perché non hanno

ricercato i tuoi decreti.

Davide parla qui propriamente dei peccatori induriti che non vogliono conoscere la volontà del Signore, e che sono  rei, come dice un santo, di rigettare la verità. Questa può chiamarsi una ignoranza di volontà o volontaria che è indegna di ogni perdono, perché non si ignora se non ciò che si sarebbe potuto sapere se si fosse voluto.

156 Le tue misericordie sono molte

Signore, secondo il tuoi giudizi fammi vivere.

157 Molti sono i miei persecutori e i

miei oppressori, dalle tue

testimonianze non ho deviato.

Non sono atterrito o mio Dio, dice Davide, dalla moltitudine di quelli che mi perseguitano e con quanti mali mi affliggono. Io rimango saldo nella osservanza della tua legge perché contrappongo la moltitudine delle tue misericordie alla moltitudine dei miei nemici e fondo la speranza che ho della mia vita non sopra me stesso ma sopra te.

158 Ho visto i prevaricatori e mi

struggevo perché non hanno

custodito le tue parole.

159 Vedi che ho amato i tuoi

comandamenti, Signore; nella tua

misericordia fammi vivere.

Davide, dopo aver ripetuto quello che aveva detto nei versetti 136 e 139, indirizza a Dio la sua preghiera per supplicarlo di considerare come lo zelo contro i prevaricatori della sua legge era a lui venuto dall’amore per i santi comandamenti e non da una falsa giustizia che esige dagli altri ciò che non pratica essa stessa.

160 Principio delle tue parole la

verità e in eterno tutti i giudizi

della tua giustizia.

Tu parli, o Signore, non come gli uomini la cui incostanza ed infedeltà nell’adempiere le loro parole è una conseguenza della loro vanità e del loro nulla. Allorché tu parli per farci qualche promessa la verità è il principio delle tue parole. Le tue parole non possono non adempiersi come non può la verità cessare di essere verità. I giudizi della tua giustizia, cioè i decreti che la tua giustizia ha pronunciato o nella legge o in qualunque altro modo, sono inviolabili ed eterni.

Sen

161 I principi mi hanno perseguitato

senza ragione e il mio cuore ha temuto le tue parole.

162 Io esulterò per le tue parole

come chi ha trovato grande preda.

163 Ho odiato e aborrito l’ingiustizia

ma ho amato la tua legge.

164 Sette volte al giorno ti ho

lodato per i giudizi della tua giustizia.

165 Grande pace per quanti amano

la tua legge, e non c’è per loro inciampo.

166 Aspettavo la tua salvezza, Signore, e ho

amato i tuoi comandamenti.

167 Ha custodito la mia anima

le tue testimonianza e le ho amate con ardore.

168 Ho custodito i tuoi comandamenti e le tue

testimonianze perché tutte le mie vie sono davanti a te.

161 I principi mi hanno perseguitato

senza ragione e il mio cuore ha temuto le tue parole.

162 Io esulterò per le tue parole

come chi ha trovato grande preda.

Nessuno si carica di spoglie se non è vittorioso. Il profeta non avendo potuto essere sopraffatto dalle persecuzioni dei principi, ma avendo superato il loro odio con la forza della sua fede, riporta, per così dire, grandi spoglie sull’empietà dei suoi nemici da lui debellati. Davide si rallegra nei detti del Signore come un uomo che ha trovato grandi spoglie. Ripone la sua gioia non in sé medesimo ma nel principio della sua vittoria, che l’ha reso vittorioso non tanto dei suoi nemici quanto del peccato.

163 Ho odiato e aborrito l’ingiustizia

ma ho amato la tua legge.

Noi non siamo confermati nella pietà se non in proporzione dell’odio che abbiamo per il peccato. Se non l’abbiamo grandemente in orrore siamo vicini al cadervi. L’orrore per l’iniquità non è grande noi se non in quanto siamo fondati nell’amore della legge di Dio.

164 Sette volte al giorno ti ho

lodato per i giudizi della tua giustizia.

La lode è una conseguenza dell’amore. Chi dunque ama la legge di Dio, dà lode a Dio molte volte al giorno per i giusti giudizi e i precetti della sua legge.

165 Grande pace per quanti amano

la tua legge, e non c’è per loro inciampo.

Quelli che amano la legge del Signore godono molta pace e per essi non vi è inciampo. Possono essere assaliti dalla violenza degli uomini ed agitati dalle varie tentazioni del demonio, ma in mezzo a tutte le persecuzioni e a tutte le tentazioni conservano la pace del cuore, quella pace divina che supera come dice San Paolo ogni sentimento e vince ogni prova.

166 Aspettavo la tua salvezza, Signore, e ho

amato i tuoi comandamenti.

167 Ha custodito la mia anima

le tue testimonianza e le ho amate con ardore.

168 Ho custodito i tuoi comandamenti e le tue

testimonianze perché tutte le mie vie sono davanti a te.

Davide amando i comandamenti del Signore era in pace allorché i principi lo perseguitavano: non desiderava alcuna propria vendetta. Aspettava la  salvezza solo dal Signore e custodiva le testimonianze della sua legge nel suo cuore e nella sua anima.  Quando operiamo sotto gli occhi e alla presenza di Dio che ha lo sguardo così acuto che penetra e misura l’abisso del cuore dell’uomo siamo fedeli all’osservanza dei suoi precetti e ci asteniamo con somma cura dal camminare nelle vie del secolo poiché temiamo di fare cosa che possa dispiacere a chi non cessa mai di rimirarci e ci sforziamo di fare tutto quello che può essere a lui gradito.

Thav

169 Si accosti la mia supplica

al tuo cospetto, Signore,

secondo la tua  parola dammi intelletto.

170 Entri al tuo cospetto la mia

supplica, secondo la tua parola liberami.

171 Faranno risuonare

le mie labbra un inno, quando mi

avrai insegnato i tuoi decreti.

172 Proclamerà la mia lingua

la tua parola, perché tutti i tuoi

comandamenti sono giustizia.

173 Venga la tua mano a

salvarmi perché  ho scelto i tuoi comandamenti.

174 Ho bramato la tua salvezza,

Signore, e la tua legge è la mia meditazione.

175 Vivrà l’anima mia e

ti loderà e i tuoi giudizi mi aiuteranno.

176  Ho errato come una pecora

perduta , cerca il tuo servo

perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.

169 Si accosti la mia supplica

al tuo cospetto, Signore,

secondo la tua  parola dammi intelletto.

170 Entri al tuo cospetto la mia

supplica, secondo la tua parola liberami.

Questa preghiera suppone una grande consapevolezza del bisogno che abbiamo dell’aiuto di Dio. Domandando il profeta al Signore che la sua preghiera si accosti al suo cospetto, gli chiede in certo modo di purificarlo sempre più per essere degno di presentargli la sua supplica.

171 Faranno risuonare

le mie labbra un inno, quando mi

avrai insegnato i tuoi decreti.

172 Proclamerà la mia lingua

la tua parola, perché tutti i tuoi

comandamenti sono giustizia.

Il profeta è persuaso che bisogna essere ammaestrati dallo Spirito Santo riguardo alla divina giustizia, per essere in grado di lodare Dio in una maniera degna di lui. Gli dichiara alla fine che le sue labbra faranno risuonare un inno alla sua gloria appena gli avrà accordato la grazia che egli chiede con tanto ardore.

173 Venga la tua mano a

salvarmi perché  ho scelto i tuoi comandamenti.

174 Ho bramato la tua salvezza,

Signore, e la tua legge è la mia meditazione.

Il profeta dicendo a Dio che egli ha eletto i suoi comandamenti dichiara che li amava sopra ogni cosa. In virtù dello stesso amore che ha per loro Davide chiede dunque al Signore che gli manifesti la potenza del suo braccio per salvarlo dai suoi nemici. Noi possiamo aggiungere secondo un senso più spirituale che, dopo la scelta fatta dei comandamenti di Dio, bisogna riconoscere con Davide che abbiamo bisogno dell’aiuto della sua mano onnipotente per esser salvi e per adempiere le cose a cui ci siamo obbligati.

175 Vivrà l’anima mia e

ti loderà e i tuoi giudizi mi aiuteranno.

Prendendo dunque Davide nuova fiducia dopo tutte le preghiere da lui fatte dice che spera che l’anima sua vivrà e loderà eternamente il Signore e che egli troverà nei suoi giudizi, cioè nei suoi divini precetti, tutto il suo appoggio e tutta la sua speranza.

176  Ho errato come una pecora

perduta , cerca il tuo servo

perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.

Gli uomini sono come pecore smarrite ed esposte al furore delle bestie feroci e non appartiene se non al buon pastore il cercarle e il toglierle da uno stato così pericoloso. Cerca dunque, dice Davide a Dio, cerca il tuo servo.

Ogni traviamento può condurre a dimenticare i comandamenti di Dio se lo stesso Dio non cerca e non segue ogni momento le sue pecore quale buon pastore, allorché si allontanano da lui, per condurle di nuovo all’ovile. A ragione dunque Davide ha diversificato in tutto questo salmo, in tante maniere le preghiere che egli fa in esso a Dio per chiedergli che lo ammaestri nella sua legge e gli insegni la giustizia dei suoi precetti. Egli conosceva il bisogno che ha l’uomo di essere sempre sostenuto dalla mano di Dio e dalla unzione interiore del suo spirito. Sapeva di essere da se stesso capace soltanto di smarrirsi e di perdersi, se cessa di camminare sotto la sua guida e di essere illuminato dalla luce della sua grazia.

19 - SALMO 118 Agostino

 

Commento da Agostino, forma abbreviata

 

salmo 118

Aleph

1 Beati gli immacolati nella via, che

camminano nella legge del Signore.

2 Beati quelli che scrutano le sue

testimonianze: con tutto il cuore lo cercheranno.

3 Non certo gli operatori di iniquità hanno

camminato nelle sue vie.

4 Tu hai prescritto di custodire

i tuoi comandamenti con ardore.

5 Oh, siano dirette le mie vie

a custodire i tuoi decreti;

6 allora non sarò confuso, se

terrò lo sguardo rivolto a tutti i tuoi comandamenti.

7 Ti confesserò con rettitudine

di cuore per il fatto che ho appreso

i giudizi della tua giustizia;

8 custodirò i tuoi decreti: non abbandonarmi fino in fondo

Il presente amplissimo salmo,  fin dall'inizio ci invita alla beatitudine: la quale, si sa, è nelle speranze di ogni uomo. Può mai, infatti, esserci qualcuno (o ci fu o ci sarà) che non desideri essere beato?:

1 Beati quelli che sono senza macchia nella via, quelli che camminano nella legge del Signore. Sembra voler dire: So cosa tu vuoi; so che vai in cerca della beatitudine: ebbene, se vuoi essere beato, sii esente da ogni macchia. Dove poi si dovrà essere immacolati se non nella via? La quale altro non è se non la legge del Signore. Beati pertanto quelli che sono senza macchia nella via, quelli che camminano nella legge del Signore! Abbandonate la malizia e le sue vie traverse, voi tutti che non potete deporre il desiderio della felicità. Fatica sprecata sarà la vostra se tenderete a una meta che, raggiunta, vi coprisse di sporco.

Osservate cosa aggiunge

2 Beati coloro che scrutano le testimonianze di lui e lui cercano con tutto il cuore. Difatti " scrutare le testimonianze del Signore " e " cercar lui con tutto il cuore" è lo stesso che camminare immacolati in quella via che è la legge del Signore. L'autore di queste parole, cioè lo Spirito, ben sapeva infatti che molti scrutano le testimonianze dei Signore per secondi fini e non per conseguire i beni per i quali esse furono codificate. Per questo non si contentò di dire: Beati coloro che scrutano le sue testimonianze, ma aggiunse: E che lui cercano con tutto il cuore, volendo precisamente insegnarci in che modo e con quali intenzioni occorra scrutare le testimonianze del Signore.

Sta scritto e si legge nel nostro salmo  che quanti operano l'iniquità non camminano nelle vie del Signore.

3 Non certo gli operatori di iniquità hanno camminato nelle sue vie. Abbiamo  in noi della inclinazioni peccaminose, alle quali ci si vieta di obbedire. Sono quelle inclinazioni che producono in noi il peccato; e se a queste inclinazioni noi cediamo [con la volontà], siamo noi stessi a compiere il peccato; se invece, docili al precetto dell'Apostolo, ci rifiutiamo di obbedire, allora non siamo noi a compiere il male ma lo compie esclusivamente il peccato che abita in noi. Dunque, in quanto camminiamo nelle vie del Signore non siamo schiavi dei desideri del peccato; in quanto però non siamo ancora senza peccato portiamo in noi delle inclinazioni al peccato. Resta ancora da domandarsi quale sia il male che chiediamo ci venga perdonato allorché diciamo a Dio: Rimetti a noi i nostri debiti .  Per quanto mi è dato comprendere, io so che, per quel che concerne la colpa da cui procedono quel languore e quella debolezza che sono all'origine dei desideri e moti illeciti dell'animo che l'Apostolo chiama peccato , essa è stata completamente distrutta dal sacramento del battesimo. E so pure che sono state distrutte tutte le colpe che, asserviti al peccato, noi avevamo commesso in opere, parole e pensieri. So inoltre che un tal languore, anche continuando ad essere in noi, non ci nuocerebbe se noi non prestassimo mai ascolto alle sue voglie illecite e non l'assecondassimo con atti, parole o intimo consenso.

Alla fine poi, esso stesso verrà guarito, quando s'adempiranno le parole: Venga il tuo regno , e le altre: Liberaci dal male . Finché però la nostra vita trascorre sulla terra, essa è una tentazione e, per quanto noi siamo esenti da colpe mortali, tuttavia non mancano casi in cui, o con opere o con parole o con pensieri, assecondiamo le voglie del peccato: Rimetti a noi i nostri debiti . Sono infatti aspetti delle vie del Signore e la preghiera e la confessione, mentre non lo sono (evidentemente) i peccati. Le vie del Signore pertanto rientrano tutte nell'ambito dell'unica fede, per la quale si crede in colui che giustifica l'empio  e che un giorno disse: Io sono la via . Quando si cammina in esse, non si commette il peccato ma lo si confessa. Chi invece pecca si allontana dalla via del Signore: per cui il peccato commesso da chi è uscito da tale via non può ovviamente essere imputato alla via stessa. Finché, viceversa, si resta nella via della fede, vengono considerati senza peccato quei peccatori ai quali il peccato non viene imputato. Parlando di loro e volendo inculcare la giustizia operata dalla fede, l'apostolo Paolo dice che a loro si riferisce il testo del salmo in cui è scritto: Beati coloro le cui iniquità sono state rimesse e i cui peccati sono stati coperti. Beato l'uomo al quale il Signore non imputa il peccato . Questo risultato producono le vie del Signore e di conseguenza, siccome il giusto vive di fede , dalle vie del Signore allontana [solo] quella iniquità che consiste nel non credere. Viceversa, chi cammina per questa via, cioè nella fede sincera, o non commette peccato o, se deviando da essa ne commette, non gli viene imputato in grazia della via stessa, sicché lo si ritiene come uno che non l'abbia commesso.

Per cui il testo del salmo: Non camminano infatti nelle sue vie coloro che compiono l'iniquità, lo si potrebbe benissimo intendere come riferito a quell'iniquità che è l'abbandono della fede o il non voler aderire alla fede.

In tal senso diceva il Signore ai Giudei: Se io non fossi venuto, non avrebbero il peccato . Non che essi prima della sua venuta nella carne fossero esenti da peccato, mentre cominciarono ad averne dopo che egli venne. Voleva riferirsi a un peccato ben individuato e preciso, cioè alla loro incredulità per cui rifiutarono di prestargli fede. In Cristo dunque c'è la misericordia, perché ci ha redenti; e in lui c'è anche la verità, perché ha adempiuto le promesse fatte e adempirà le future. Quanto invece a coloro che operano iniquità (cioè agli increduli), essi non camminano nelle vie del Signore, poiché si rifiutano di credere in Cristo. Si convertano dunque e credano sinceramente in colui che giustifica l'empio . In questo modo esperimenteranno che le vie del Signore sono tutte misericordia (vedendosi rimessi i peccati) e verità (vedendo realizzate le promesse). Camminino per tali vie e così non commetteranno l'iniquità, poiché non persisteranno nell'incredulità ma abbracceranno la fede. Quella fede che mediante la carità opera il [bene]  e alla quale non viene imputata alcuna colpa.

4 Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura. Se vogliamo intenderla esattamente, non possiamo darle altro senso che " molto ". Lo stesso, quando a un amico carissimo diciamo: " lo ti amo oltre misura ". Non intendiamo dirgli che l'amiamo più del consentito ma che l'amiamo profondamente. 

5 Oh, siano i miei passi diretti a custodire le vie della tua giustizia! Tu hai impartito degli ordini: oh, si realizzi in me quanto hai ordinato! Ascoltando l'esclamazione Oh, riconosci la voce di uno che esprime desiderio, e ascoltando questa voce scrollati di dosso la superbia della tua presunzione. Perché infatti esprimere il desiderio di una cosa che sia in potere del libero arbitrio quando la si possa effettuare senza alcun aiuto esterno? Se invece si dà il caso d'un uomo che desidera ciò che Dio comanda, è segno che occorre pregare Dio perché doni lui stesso quel che comanda. A chi infatti ha da volgersi il nostro desiderio se non al Padre della luce dal quale - come attesta la Scrittura - discende ogni beneficio eccellente e ogni dono perfetto ?

6 Allora io non sarò confuso, quando avrò lo sguardo rivolto a tutti i tuoi comandamenti. I comandamenti di Dio, e quando  si leggono e quando  si meditano, debbono essere guardati come si guarda a uno specchio, ricordando le parole dell'apostolo Giacomo: Uno che ascolta la Parola ma non la mette in pratica, sarà simile all'uomo che mira allo specchio il nativo suo volto e, dopo essersi mirato, se ne va e dimentica subito quale egli sia. Invece chi si specchia nella legge perfetta della libertà e in essa persevera, non come uditore smemorato ma come operatore di fatti, questi sarà beato nel suo operare

7 Ti confesserò, o Signore, nella rettitudine del cuore per aver imparato i decreti della tua giustizia. Non è questa una confessione dei peccati ma una confessione di lode. Ma che senso ha l'aggiunta:

8 Non mi abbandonare fino al molto, o, come leggono alcuni codici, fino al troppo . Non sembrerebbe quasi che gli piaccia essere abbandonato da Dio, a patto che non lo abbandoni troppo? Assolutamente no! Si riferisce al fatto che Dio aveva abbandonato il mondo a causa dei peccati, e l'avrebbe abbandonato fino al molto se al mondo non avesse giovato nemmeno quella medicina efficacissima che fu la grazia di Dio per l'opera di nostro Signore Gesù Cristo. Al contrario - secondo questa orazione del corpo di Cristo - Dio non l'abbandonò fino al molto, poiché Dio era nel Cristo per riconciliare con sé il mondo . Quest'uomo, ritrovando se stesso e deposta ormai ogni presunzione, grida: Non mi abbandonare fino al molto! Se mi hai abbandonato perché mi si palesi quanto sia grande la mia debolezza senza il tuo soccorso, non abbandonarmi però fino al molto, perché non perisca.

Beth

9 In che modo correggerà il

giovane la sua via? Custodendo le tue parole.

10 Con tutto il mio cuore

ti ho cercato: non allontanarmi dai tuoi comandamenti.

11 Nel  mio cuore ho nascosto le

tue parole per non peccare contro di te.

12 Benedetto sei tu Signore: insegnami i tuoi  decreti!

13 Con le mie labbra ho proclamato

tutti i giudizi della tua bocca.

14 Nella via delle tue testimonianze

ho trovato diletto così come in tutte le ricchezze.

15 Mi eserciterò nei tuoi comandamenti e

considererò le tue vie.

16 Mediterò sui tuoi decreti non dimenticherò le tue parole.

9 In base a che raddrizzerà il giovanetto la propria via? Osservando le tue parole. Si pone un interrogativo e se ne dà la risposta. In base a che raddrizzerà il giovanetto la propria via? È la domanda. Segue poi la risposta: Osservando le tue parole. Ove per " osservanza delle parole di Dio " è da intendersi la pratica dei comandamenti. Sarebbe infatti inutile avere nella mente le parole di Dio se non le si attuassero nella vita via secondo quel che altrove insegna la Scrittura: Figlio, comincia dalla tua giovinezza ad accogliere la dottrina e fino alla canizie scoprirai la sapienza . Nell'uomo avanzato negli anni io vedrei l'uomo vecchio , mentre nel giovanetto l'uomo nuovo. Col primo identificherei quanti portano l'effigie dell'uomo terreno, con l'altro coloro che portano l'immagine dell'uomo celeste. E questo perché non è prima lo spirituale ma l'animale; lo spirituale è posteriore . Per quanto dunque l'uomo sarà decrepito a causa degli anni e della vecchiaia per quel che concerne il suo corpo, egli sarà giovane dinanzi a Dio se si converte e riceve il rinnovamento, opera della grazia.

Ecco chi è il popolo giovane: il figlio della grazia l'uomo nuovo che canta il nuovo cantico, l'erede del Nuovo Testamento. Ecco il giovanetto. Non Caino ma Abele, non Ismaele ma Isacco, non Esaù ma Israele, non Manasse ma Efraim, non Eli ma Samuele, non Saul ma David. E ora state attenti alle parole che aggiunge. Dice:

10 Con tutto il mio cuore ti ho cercato; non allontanarmi dai tuoi comandamenti. Egli prega per essere aiutato ad osservare le parole di Dio, poiché, a quanto aveva detto, è in tal maniera che il giovane raddrizza la sua via. In realtà proprio a questo equivalgono le parole: Non allontanarmi dai tuoi comandamenti. Che significa infatti essere scacciati da Dio se non venire privati del suo aiuto? La fragilità umana infatti non potrà adeguarsi ai comandamenti di Dio, che sono giusti ma difficili, se non le venga incontro l'aiuto del suo amore preveniente.

E dell'uomo privato dell'aiuto divino si dice [nel salmo] che Dio giustamente lo allontana, quasi riprendendo l'immagine della spada fiammeggiante che, a chi se ne è reso indegno, impedisce di stendere la mano all'albero della vita . Ma chi ne sarà degno, dopo che per la colpa di quel solo uomo è entrato nel mondo il peccato e, tramite il peccato, anche la morte, la quale è così dilagata in tutti gli uomini per colpa di colui nel quale tutti hanno peccato ? Ma la misericordia di Dio, senza nostri meriti, sana la nostra miseria e condona il nostro debito; e a questo si riferisce colui che nel salmo pronunzia le parole: Io ti ho ricercato con tutto il cuore.

Come avrebbe potuto far ciò se, quando era rivolto in tutt'altra direzione, non l'avesse richiamato colui al quale è detto: O Diotu ci convertirai e ci darai la vita ? Come l'avrebbe potuto, se quand'era smarrito non l'avesse ricercato? e quand'era fuori strada non l'avesse richiamato, colui che dice: Io cercherò chi s'è smarrito e richiamerò chi ha perso la strada ?

13 Con le mie labbra ho proclamato tutti i giudizi della tua bocca. Che significa questo, o carissimi? Che significa? Chi sarà in grado di proclamare tutti i giudizi di Dio, quando non si è in grado nemmeno di penetrarli? Dovremmo forse mettere in dubbio l'esclamazione dell'Apostolo: O profondità delle ricchezze della sapienza e scienza di Dio! Come imperscrutabili sono i suoi giudizi e inesplorabili le sue vie ? L'apostolo Paolo è perentorio nel dire che la nostra conoscenza è parziale . Sicché dobbiamo concludere che, sebbene mediante lo Spirito Santo, di cui abbiamo ricevuto il pegno, noi siamo introdotti nella conoscenza di tutta la verità, questa pienezza si realizzerà quando saremo passati all'altra vita: quando cioè, terminata la conoscenza speculare ed enigmatica della vita presente, vedremo Dio faccia a faccia. Occorrerà intendere la frase nel senso che il salmista vuole imparare in quanto vuole praticare, e non soltanto tenere a mente e parlarne: mostrandoci in tal modo che anche noi dobbiamo chiedere a Dio la stessa cosa, sapendo che senza di lui non possiamo far nulla.

14 Nella via delle tue testimonianze io mi sono rallegrato, quasi possedessi tutti i tesori. Per " via delle testimonianze di Dio " non intendiamo se non il Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza divina. Sono testimonianze di Dio tutte le prove mediante le quali egli si degna dimostrarci quanto ci ami. Ora, l'amore di Dio per noi è documentato dal fatto che, mentre noi si era peccatori, Cristo è morto per noi . Parlando di se stesso il Signore diceva: Io sono la via ; e praticamente l'umiltà che accompagna la sua nascita nella carne e la sua passione attestano con estrema evidenza la grandezza dell'amore che Dio ha per noi. Sicché la via delle testimonianze di Dio è senza alcun dubbio il Cristo. In virtù delle testimonianze divine che vediamo già adempiute in lui, attendiamo con fiducia che si adempiano anche quelle che riguardano il nostro avvenire, cioè le promesse eterne.

12 Sei benedetto, o Signore! Insegnami le vie della tua giustizia. Si ricava da ciò che egli non intende chiedere altro se non il soccorso della grazia.

Gimel

17 Ricompensa il tuo servo, dammi  vita e custodirò le tue parole.

18 Togli il velo dai miei occhi e

considererò  le meraviglie dalla tua Legge.

19 Pellegrino io sono

sulla terra, non nascondermi i tuoi comandamenti.

20 Ha bramato l’anima mia di

desiderare i tuoi decreti in ogni tempo.

21 Hai minacciato i superbi, maledetti quelli che

deviano dai tuoi comandamenti.

22 Togli via da me obbrobrio e

disprezzo perché ho ricercato le tue testimonianze.

23 Ecco che i principi si sono

seduti e parlavano contro di me,

ma il tuo servo si esercitava nei tuoi decreti.

24 Infatti le tue testimonianze

sono la mia meditazione e mio consiglio sono i tuoi decreti

17 Ricompensa il tuo servo; vivrò e osserverò le tue parole. Se chiedesse a Dio la ricompensa per un bene compiuto, significherebbe che ha già osservato le parole del Signore. Ma il testo non dice: " Dammi la ricompensa perché io ho osservato le tue parole ", esigendo (per così dire) la ricompensa d'un bene compiuto obbedendo. Al contrario dice: Ricompensa il tuo servo; vivrò e osserverò le tue parole. E questo cos'altro è se non riconoscere che chi è morto non le può osservare? Mentre per "vivi" intendiamo i credenti, poiché il giusto vive mediante la fede , né c'è altra risorsa per osservare le parole di Dio all'infuori della fede, che opera attraverso l'amore . È proprio questa fede che domanda colui che pronunzia le parole: Ricompensa il tuo servo; io vivrò e osserverò le tue parole. Paolo. Dice: Dio ci ha salvati non in vista di opere di giustizia da noi compiute ma in base alla sua misericordia attraverso il lavacro della rigenerazione . E ancora: Un tempo io fui bestemmiatore e persecutore e violento, ma ottenni misericordia perché agii per ignoranza nella mia incredulità . E ancora: Vi do però questo consiglio come uno che dal Signore ha ricevuto la misericordia sì da essere fedele , da ottenere cioè la vita, poiché il giusto vive di fede . Dunque, per la sua iniquità, prima che egli vivesse per la grazia di Dio, egli era morto; e di questa sua morte parla apertamente quando dice: Sopraggiungendo il precetto, il peccato prese vita, e io morii; e così risultò per me che il precetto, che mi doveva condurre alla vita, mi fu causa di morte . Ebbene, a Paolo Dio accordò un bene invece di un male: la vita invece della morte. Gli diede, cioè, una ricompensa quale invoca il salmista con le parole: Ricompensa il tuo servo, e io vivrò e osserverò le tue parole. Eccolo infatti vivere e osservare le parole del Signore ed entrare in quell'altra categoria di ricompensati, dove si accordano beni in sostituzione di beni. Ne parla lui stesso: Ho combattuto la buona battaglia, ho compiuto la corsa, ho conservato la fede; quanto al resto, è pronta per me la corona della giustizia, che darà a me in quel giorno il Signore, giusto giudice . Precisamente! Giusto, in quanto accorda beni in premio di beni; ma prima misericordioso, quando gli aveva accordato i beni al posto dei mali. Anzi, la stessa giustizia per la quale si rendono beni in compenso di altri beni non esclude la misericordia, come sta scritto: Egli ti corona per la sua compassione e misericordia . Difatti è vero che Paolo afferma: Io ho combattuto la buona battaglia , ma come l'avrebbe vinta se non fosse intervenuto col suo dono colui al quale rivolgeva le parole: Siano rese grazie a Dio, che dà a noi la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo ? Egli portò a termine la sua corsa, è vero; ma come avrebbe corso o raggiunto il traguardo se non l'avesse aiutato colui che gli faceva dire: Veramente il successo non è di chi vuole né di chi corre, ma di Dio che usa misericordia . E se poté conservare la fede, come vi riuscì se non perché (come lui si esprime) ottenne misericordia per cui divenne fedele ? Non si inorgoglisca quindi l'uomo nella sua superbia! Quando Dio premia, ricompensa i suoi stessi doni. Quanto a colui che nella preghiera esclama: Ricompensa il tuo servo e io vivrò, se fosse totalmente morto non potrebbe pregare. In effetti egli ha ricevuto, almeno allo stadio iniziale, un desiderio di bene, e l'ha ricevuto da colui al quale egli domanda la vita nella obbedienza. In tal senso possedevano una certa qual fede quei tali che dicevano: Signore, accresci la nostra fede . Il salmista sa poi che la parola di Dio non può essere osservata docilmente nella vita pratica se prima non viene percepita con la mente. Per questo nella sua preghiera aggiunge le parole:

18Togli il velo ai miei occhi e considererò le meraviglie della tua legge. Alla stessa esigenza si riferiscono le parole che seguono: Ospite io sono sulla terra, o - come riportano alcuni codici

– 19 forestiero io sono sulla terra: non nascondere a me i tuoi precetti. Quanto prima aveva detto con le parole: Togli il velo ai miei occhi, ora lo ripete dicendo: Non nascondere a me; e dove prima aveva detto: Le meraviglie della tua legge, ora in termini alquanto diversi dice: I tuoi precetti. Per evitare ogni controversia voglio, però, supporre che le parole del salmo non possano essere pronunziate da tutti gli uomini ma solo da coloro che hanno ricevuto la promessa d'una patria eterna nei cieli. Anche gli infedeli sono, è vero, pellegrini e ospiti, ma non nei riguardi della terra. Lo sono nei riguardi del popolo di Dio, da cui sono estranei. Viceversa, ai credenti, che godono sia pur inizialmente del diritto di cittadinanza in quella santa città che non è di questo mondo, l'Apostolo poteva dire: Voi non siete né pellegrini né ospiti, ma concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio . Pertanto occorre conoscere Dio per saperlo amare; e per saper amare il prossimo come noi stessi prima occorre saper amare noi stessi nell'amore di Dio. Ma come riuscire in questo se non si conosce né Dio né noi stessi? Giustamente quindi si dice a Dio: Forestiero son io sulla terra; non celarmi i tuoi comandamenti. È logico infatti che questi comandamenti siano nascosti a quanti in terra non si sentono pellegrini. Costoro, anche se ascoltano i precetti divini, non ne posseggono la sapienza poiché hanno il gusto per le [sole] cose terrene. Viceversa, quando uno vive nei cieli , il fatto stesso di dover vivere sulla terra costituisce per lui un esilio. Sopra ci aveva detto:

20 L'anima mia ha bramato avere in ogni tempo il desiderio delle vie della tua giustizia, averlo cioè tanto nelle prosperità come nelle avversità, poiché il gusto della giustizia dobbiamo averlo anche in mezzo ai disagi e ai dolori.. È quanto ci inculca il salmo aggiungendo immediatamente:

21 Tu hai rimproverato i superbi; maledetto chi si allontana dai tuoi comandamenti. Allontanarsi dai comandamenti di Dio è quel che fanno i superbi. Una cosa infatti, è trasgredire i comandamenti di Dio per fragilità o ignoranza e un'altra abbandonarli per superbia, come fecero i progenitori che, generandoci a questa vita mortale, ci immersero nei mali che sopportiamo. Li incantarono le parole: Sarete come dèi e così si allontanarono dal comandamento di Dio.

Deleth

25 Ha aderito al pavimento l’anima

mia. Fammi vivere secondo la tua parola.

26 Ti ho esposto le mie vie

e mi hai esaudito, insegnami i tuoi decreti.

27 Fammi comprendere la via dei

tuoi decreti e mi eserciterò nelle tue meraviglie.

28 ha sonnecchiato per il tedio

l’anima mia. Confermami nelle le tue parole!

29 Allontana da me la via della

iniquità e  per la tua legge abbi misericordia di me!

30 Ho scelto la via della verità,

i tuoi giudizi non ho dimenticato.

31 Ho aderito alle tue testimonianze

Signore non farmi arrossire.

32 Ho corso la via dei tuoi

comandamenti , quando hai dilatato  il mio  cuore .

25La mia anima è stesa sul pavimento; dammi la vita secondo la tua parola. Cosa vuol dire: La mia anima è stesa sul pavimento? Lo si ricava dal seguito. Dicendo infatti: Dammi la vita secondo la tua parola, in quello che precede (cioè quando dice: La mia anima è stesa sul pavimento) esprime la causa che l'induce a chiedere d'essere riportato in vita. Chiede di tornare in vita perché la sua anima era stesa al suolo. In altri termini l'intera frase non significa altro che: "Io sono morto, ridammi la vita". Ma allora cos'è quel pavimento [su cui è prostrato]? Se volessimo raffigurarci il mondo come un'immensa casa, troveremmo che il cielo è, per così dire, la volta, mentre la terra ne è il pavimento. Pertanto il salmista esprime la volontà di essere liberato dall'asservimento alle cose terrene per poter dire con l'Apostolo: La nostra dimora è nel cielo .

26 Ti ho palesato le mie vie - dice - e tu mi hai esaudito. È vero che alcuni codici leggono: Le tue vie, ma la maggioranza, soprattutto dei greci, legge: Le mie vie, senza dubbio cattive. Non mi sembra quindi che voglia dir altro che questo: " Io ti ho confessato i miei peccati e tu mi hai esaudito, cioè me li hai perdonati Continuando dice: Suggeriscimi la tua via la via della tua giustizia o - come leggono alcuni codici - insegnami: senso che traspare più chiaramente dal testo greco ove si ha:

27 Fammi comprendere. E io mi eserciterò nelle tue meraviglie. Chiama meraviglie di Dio le conquiste più ampie che egli intende raggiungere progredendo nella via della giustizia. Il Salmista è provato: si sente in certo qual modo oppresso dalla loro stessa difficoltà, e quindi insiste: 28 Per il tedio la mia anima si è addormentata; rafforzami nelle tue parole. Che significa: Si è addormentata, se non che un freddo l'ha intirizzita al segno che essa ricusa di sperare quelle promesse che prima aveva fiducia di conseguire? Ma continua: Rafforzami nelle tue parole, sicché non abbia ad addormentarmi né decada da quelle mete che mi sento d'aver conseguito. Rafforzami dunque nelle tue parole, che io già posseggo e pratico, affinché sulla loro base progredendo possa tendere ad altre mete. [v 29.] Ma cos'è che impedisce all'uomo d'avanzare sulla via della giustizia divina e di raggiungerne facilmente le mirabili o altezze? Che cosa, se non quel che [il salmista] nel verso successivo invoca gli venga sottratto? Eccolo infatti dire:  29 Allontana da me la via dell'iniquità. E siccome la legge delle opere subentrò perché il delitto raggiungesse il colmo, egli proseguendo esclama: E nella tua legge abbi pietà di me. In quale tua legge se non quella della fede? Ascolta l'Apostolo: Dov'è dunque il tuo vanto? È eliminato. In forza di quale legge? Forse quella delle opere? No, ma per la legge della fede . Per questa legge della fede noi crediamo e preghiamo Dio che con la sua grazia ci doni la possibilità di compiere quel bene che con le nostre forze non siamo in grado di compiere; e non succeda che noi, ignorando la giustizia di Dio e volendo stabilire una nostra giustizia, ci sottraiamo alla giustizia di Dio . 30 La via della verità ho scelto, i tuoi giudizi non dimentico. 31 Mi sono attaccato alle tue testimonianze; o Signore, non farmi arrossire. Mi sono attaccato alle tue testimonianze mentre correvo. O Signore, non farmi arrossire, ma fa' che io tenda continuamente alla meta della mia corsa e vi giunga. Non conta infatti né colui che vuole o né colui che corre, ma Dio che usa misericordia . 32 Ho corso nella via dei tuoi comandamenti quando tu dilatasti il mio cuore. Non avrei corso se tu non mi avessi dilatato il cuore. La dilatazione del cuore altro non è che il gusto per la giustizia; e questo è un dono di Dio, mediante il quale camminiamo nei suoi precetti non compressi dal timore ma dilatati dall'amore e dall'attrattiva della giustizia.

He

33 Imponimi per legge, Signore, la

via dei tuoi decreti e la ricercherò  sempre.

34 Dammi intelligenza e scruterò

la tua legge e la custodirò con tutto il mio cuore.

35 Guidami nel sentiero

dei tuoi comandamenti perché questo ho voluto.

36 Piega il mio cuore alle tue

testimonianze e non alla cupidigia.

37 Distogli i miei occhi perchè

non vedano la vanità; nella tua via fammi vivere.

38 Conferma nel tuo servo la tua

parola nel tuo timore!

39 Togli il mio obbrobrio

che ho paventato, perché i tuoi giudizi sono soavi.

40 Ecco, ho bramato i tuoi comandamenti,

nella tua giustizia fammi vivere.

33 O Signore, imponimi la [tua] legge, [palesami la] via che conduce alla tua giustizia, e io la ricercherò sempre. Dice l'Apostolo: La legge non fu posta per i giusti ma per gli ingiusti e i ribelli e gli altri che elenca fino al punto dove dice: E per tutto quanto (se ce n'è ancora) si oppone alla sana dottrina, cioè alla dottrina conforme a quel Vangelo della gloria del Dio beato che è stato affidato a me . Orbene, l'uomo che esclama: O Signore, imponimi la legge, era forse simile a coloro ai quali il beato Paolo dice che fu necessario imporre la legge? No davvero! Se infatti fosse stato così peccatore, non avrebbe potuto dire più sopra: Ho corso nella via dei tuoi comandamenti, quando tu dilatasti il mio cuore. In che senso allora prega che il Signore gli imponga la legge, se la legge non si può imporre al giusto? O non sarà piuttosto vero che la legge non viene imposta al giusto allo stesso modo come venne imposta a quel popolo ostinato, al quale la si diede scritta in tavole di pietra  e non su tavole di cuori umani ? Sì, la legge che si esclude dal giusto è la legge tipo quella del Vecchio Testamento, stipulato sul monte Sinai e che genera alla schiavitù . Non è la legge che si adegua al Nuovo Testamento, del quale scriveva il profeta Geremia: Ecco venire i giorni - oracolo del Signore - e io stringerò con la casa di Israele e la casa di Giuda una nuova alleanza: non un'alleanza alla maniera di quella che avevo stretta coi loro padri, nel giorno che li presi per mano per condurli fuori dalla terra di Egitto, alleanza che essi violarono e [per questo] io li abbandonai, dice il Signore. Ma questa sarà l'alleanza che io stringerò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore; Io metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò nel loro cuore. In questo senso il salmista vuole che il Signore gli imponga la legge. Notiamo a questo punto che nessuno, se non ha ricevuto dal Signore il dono dell'intelletto, è in grado di conoscere adeguatamente la legge, cioè di comprendere cosa si prefigga la legge, per quale ragione sia stata imposta anche a coloro che non l'avrebbero osservata e che vantaggio abbia l'essere la legge subentrata perché abbondasse il delitto . Avendo dinanzi allo sguardo questa problematica prosegue dicendo:

34 Dammi l'intelletto e scruterò la tua legge, e la custodirò con tutto il mio cuore. Per una tale conquista non gli sono sufficienti le proprie forze ma dev'essere aiutato da colui che, dopo avergli dato il precetto, lo sostenga nell'adempiere il precetto stesso. Per questo dice:

35 Conducimi lungo il sentiero dei tuoi comandamenti, perché questo [sentiero] io ho prescelto. Insufficiente è la mia volontà se tu non mi conduci alla meta che mi sono prefisso. Si riferisce senza dubbio al sentiero, cioè alla via, dei comandamenti di Dio nella quale più avanti diceva di correre col cuore dilatato dal Signore; e se la chiama sentiero, è perché si tratta della via stretta che conduce alla vita , in essa però, per quanto sia stretta, non corre se non chi ha largo il cuore. Siccome lo stesso volere è di Dio che lo opera in noi - dal Signore infatti viene preparata la volontà -, per questo prosegue e dice: 36 Piega il mio cuore verso le tue testimonianze e non verso l'avarizia. Che significa avere il cuore rivolto ad una cosa se non volere quella tal cosa? Egli dunque già prima la voleva, e ora prega per volerla. Le testimonianze di Dio, cos'altro sono se non le attestazioni che Dio dà di se stesso? Infatti la testimonianza è qualcosa che serve a provare, e pertanto attraverso le testimonianze di Dio sono provate le vie della sua giustizia e i suoi comandamenti. Ogni cosa che Dio vuole farci accettare ce la presenta convalidata con le sue testimonianze.

37 Distogli i miei occhi dal vedere la vanità, nella tua via ridammi vita. Diametralmente opposte sono fra loro vanità e verità. Il mondo con le sue cupidigie è vanità; la verità invece è Cristo, che ci libera dal mondo. Egli è anche la via, nella quale il salmista si augura d'essere vivificato, in quanto il medesimo Cristo è anche la vita. Diceva infatti: Io sono la via, la verità e la vita . Provvisoriamente quindi noi siamo soggetti alla vanità, anche se abbiamo la speranza che un giorno contempleremo la verità e le saremo totalmente uniti. Difatti tutta la creazione di cui l'Apostolo parla, cioè tanto gli esseri spirituali quanto quelli materiali, animati o no, si ritrovano nell'uomo, o meglio sono l'uomo. La creazione quindi peccò deliberatamente e divenne nemica della verità e per questo fu giustamente punita divenendo, sia pure contro sua voglia, soggetta alla vanità.

37 Distogli i miei occhi affinché non vedano la vanità; nella tua via fammi vivere. E siccome la via [di Dio] non è vanità ma verità, eccolo soggiungere:

38 Conferma nel tuo servo la tua parola affinché progredisca nel tuo timore. Cosa significa questa invocazione se non: " Dammi la forza di eseguire ciò che mi ordini? ". La parola di Dio infatti non è stabile in coloro che se la scrollano di dosso e la trasgrediscono, ma in coloro che l'osservano costantemente. Dio, comunque, conferma la sua parola, sicché conduce al [possesso del] suo timore, in coloro ai quali dà lo spirito di questo suo timore: non quel timore di cui l'Apostolo dice: Voi non avete ricevuto lo spirito di servi per cui dobbiate ancora essere nel timore (il quale timore viene escluso dalla carità perfetta ), ma quel timore che il Profeta chiama spirito del timore di Dio . È un timore casto, un timore che rimane in eterno . È il timore per il quale si teme di offendere la persona amata. Diverso infatti è il timore che hanno nei riguardi del marito la moglie adultera e la moglie casta: la prima teme che torni a casa, la seconda teme che se ne vada e la lasci sola. Quale allora il significato delle parole:

39 Fa' cessare il mio disonore che io ho sospettato? Occorre ricavarlo dal testo precedente. Ascoltiamo il Signore. Parlando del fine per il quale dobbiamo compiere la nostra giustizia, egli volle impedire che i nostri occhi fissassero la vanità, e per questo ci proibì di compiere il bene per ottenere lodi dagli uomini. Diceva: Badate di non fare le vostre opere buone dinanzi agli uomini per essere veduti da loro. Ci proibì ancora di essere giusti per accumulare ricchezze, dicendo: Non ammassate tesori sulla terra; e ancora: Voi non potete servire Dio e mammona. Anzi, giunse a direi che nemmeno per procurarci le cose indispensabili come il vitto e il vestito dobbiamo compiere il bene. Non preoccupatevi - diceva - per la vostra vita di cosa mangerete né per il vostro corpo di cosa vestirete . Dopo tutte queste prescrizioni aggiunse: Non giudicate per non essere voi stessi giudicati . Motivo di questa aggiunta è da ricercarsi nel fatto che noi quando vediamo gli altri compiere il bene, non sapendo con quale intenzione lo facciano, potremmo sospettare che nelle opere buone siano animati da finalità mondane. Non diversamente il salmista. Avendo detto: Fa' cessare il mio disonore che io ho sospettato, aggiunge: poiché, i tuoi giudizi sono soavi, cioè: i tuoi giudizi sono veri. Da innamorato della verità egli grida che quanto è vero è anche soave; mentre i giudizi degli uomini nei confronti dei propri simili e dei loro segreti sono temerari e quindi non soavi. Questo disonore, che aveva avvertito in se stesso e sospettato negli altri, chiede ora il salmista che gli venga tolto, per non diventare simile al diavolo che, volendo penetrare nell'intimo del santo Giobbe, avanzò il sospetto che egli onorasse Dio per secondi fini. Tant'è vero che chiese il permesso di tentarlo per trovare una colpa da rinfacciargli .Anche il salmista desidera che gli venga reciso il disonore del suo sospetto, e per questo dice:

40 Ecco, io ho amato i tuoi comandamenti; nella tua giustizia fammi vivere. Ecco, ho desiderato amare te con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente; ho desiderato amare il mio prossimo come me stesso. Nella tua giustizia fammi vivere, non nella mia. Cioè: riempimi di carità, della quale io ho desiderio. Aiutami a praticare ciò che mi inculchi; dammi tu stesso quel che mi comandi. Nella tua giustizia fammi vivere: poiché io ho trovato in me di che morire ma di che vivere non lo trovo se non in te. La tua giustizia è Cristo, il quale da Dio è stato reso per noi e sapienza e giustizia e santificazione e redenzione, affinché, come sta scritto, chi si gloria si glori nel Signore . In lui trovo i tuoi precetti, che io ho desiderato affinché tu nella tua giustizia, cioè in Cristo, mi conducessi alla vita. Egli infatti è il Verbo, è Dio, e se egli, il Verbo, si è fatto carne vi si è fatto per essermi vicino.

Vav

41 E venga su di me la tua

misericordia, Signore, la tua salvezza secondo la tua parola,

42 e risponderò una parola a quelli

che mi insultano, perché ho sperato nelle tue parole.

43 Non togliere mai dalla mia bocca

la parola di verità perché nei tuoi giudizi ho tanto sperato;

44 e custodirò la tua legge sempre nel secolo

e nel secolo dei secolo.

45 E camminavo al largo,

perché ho ricercato i tuoi comandamenti

46 e parlavo delle tue testimonianze davanti ai re

e non ne avevo vergogna;

47 e meditavo i tuoi comandamenti che ho amato,

48 e ho alzato le mie mani verso i

tuoi comandamenti che ho amato,

e mi esercitavo nei tuoi decreti.

42 E risponderò a coloro che mi rinfacciano la parola. È incerto se si debba leggere: Mi rinfacciano la parola, ovvero: Risponderò la parola; ma in ogni caso il testo parla di Cristo. È lui infatti che ci rinfacciano coloro per i quali il Crocifisso è uno scandalo o una insensatezza .. È vero che quanti ci rinfacciano la Parola non si rendono conto di quale Parola si tratti, come è vero che non conoscevano la sua divinità quanti ne disprezzavano la debolezza quando era sulla croce. Noi tuttavia rispondiamo che si tratta proprio della Parola; e non spaventiamoci né vergogniamoci degli insulti. Se infatti essi avessero potuto riconoscere quella Parola, mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria . Val poco quindi lo stesso fatto di avere Cristo nel cuore quando ci si rifiuta di confessarlo per timore dell'insulto. Occorre rispondere la Parola a coloro che ce la rinfacciano. I martiri ci sono riusciti, e ci sono riusciti in forza di quella promessa: Non siete voi che parlate ma è lo Spirito del Padre che parla in voi. Nello stesso senso anche il salmo, dopo aver detto: Risponderò a coloro che mi rinfacciano la parola, subito aggiunge: Poiché confido nelle tue parole, cioè nelle tue promesse. Ci sono stati moltissimi che, pur appartenendo a quel corpo che pronuncia queste parole, dinanzi all'insorgere della persecuzione non ressero all'urto né seppero accettare gli insulti, ma vennero meno e rinnegarono Cristo. Per questo continua il salmo:

43 E non togliere dalla mia bocca la parola della verità fino all'estremo. Si esprime in prima persona, perché chi parla è l'unità del corpo di Cristo, fra le cui membra sono da annoverarsi anche coloro che, dopo essere venuti meno e averlo momentaneamente rinnegato, poi si sono pentiti, son tornati in vita e col martirio hanno perfino conquistato, in una nuova confessione della fede, la palma che antecedentemente avevano perduta. Non fu dunque loro tolta la Parola della verità fino all'estremo o, come legge qualche codice, completamente, cioè totalmente.

44 E custodirò per sempre la tua legge. Cioè: Se tu non sottrarrai dalla mia bocca la Parola della verità, io custodirò per sempre la tua legge. A spiegare meglio la parola sempre specifica: Nel secolo e nel secolo del secolo. A volte infatti sempre significa: Finché si vive quaggiù; ma questo non è il senso della frase: Nel secolo e nel secolo del secolo. Questa lezione è preferibile all'altra contenuta in certi codici che recano: In eterno e nel secolo del secolo, non avendo potuto tradurre: " E nell'eterno dell'eterno ". Quanto alla legge di cui si parla, è da intendersi quella ricordata dall'Apostolo: Pienezza della legge è la carità . È infatti la carità una legge che i santi (coloro cioè dalla cui bocca non sarà mai sottratta la Parola di verità), ovvero la Chiesa di Cristo, custodiranno non solo in questo secolo (cioè finché durerà il mondo attuale) ma anche nel secolo avvenire, designato con la perifrasi: Il secolo del secolo. In cielo, è vero, non ci saranno imposte delle prescrizioni legali da osservare, ma della legge custodiremo, come ho detto, la pienezza, e questo senza alcun timore di peccato. Infatti vedendo Dio lo ameremo senza riserve; e ameremo anche il prossimo, essendo Dio tutto in tutti . Né ci sarà più posto, allora, per falsi sospetti sul conto del prossimo, dal momento che ognuno sarà totalmente palese a tutti.

Zain

49 Ricordati della tua parola

al tuo servo nella quale mi hai dato speranza

50 Questa mi ha consolato nella

mia umiliazione, poiché la tua parola mi ha fatto vivere.

51 I superbi si comportavano in

modo iniquo, ma dalla tua legge non ho deviato.

52 Mi sono ricordato, Signore, dei

tuoi giudizi che sono da sempre, e sono stato consolato.

53 Sgomento mi ha preso per i

peccatori che abbandonano la tua legge.

54 Tema di canto erano per me i tuoi decreti

nel luogo del mio esilio.

55 Mi sono ricordato di notte del

tuo nome, Signore, e ho custodito la tua legge.

56 Questo mi è avvenuto perché

ho ricercato i tuoi decreti

49 Ricordati, a vantaggio del tuo servo, della tua parola con la quale mi hai dato speranza. 50 Questa mi ha consolato nella mia umiliazione poiché la tua parola mi ha rimesso in vita. Forse che Dio al pari dell'uomo può incorrere in dimenticanze? Perché allora dirgli: Ricordati? Eppure tale parola ritorna inequivocabilmente in altri testi della Scrittura, fra cui questi: Perché mi hai dimenticato? E: Ti dimentichi forse della nostra miseria? E Dio stesso per mezzo del Profeta dice: Nulla ricorderò di tutte le sue iniquità . E così in altri numerosissimi testi: i quali tuttavia non sono da intendersi, se riferiti a Dio, come quando le cose accadono fra gli uomini. È un caso identico al cosiddetto pentirsi di Dio. Dio si pente quando, aldilà delle previsioni umane, cambia il corso delle cose, ovviamente senza che cambino le decisioni della sua volontà, poiché la volontà del Signore è stabile in eterno . Parimenti si dice che Dio dimentica quando sembra tardare a dare l'aiuto o a mantenere le promesse o a castigare come meriterebbero i malvagi, e così via. Si ha l'impressione, allora, che quanto da noi sperato o temuto gli sia sfuggito di mente e perciò non accada. Sono modi di dire consueti, desunti dai moti della sensibilità umana, poiché certamente Dio agisce sempre secondo un ordinamento infallibile, né gli falla la memoria o gli si oscura l'intelligenza o muta la volontà. Quando dunque un orante dice a Dio di ricordarsi, mostra, ingrandendolo, il desiderio con cui reclama l'adempimento delle promesse; non intende suggerire la cosa a Dio quasi che se la sia dimenticata. Dicendo quindi: Ricordati della tua parola a vantaggio del tuo servo, è come se dicesse: Adempi la tua promessa a vantaggio del tuo servo. Con la quale mi hai dato speranza, cioè: con la quale parola. È stato infatti per la tua promessa che mi hai fatto sperare. Questa mi ha consolato nella mia umiliazione. L'umiltà di cui si parla nel versetto, se lo capiamo bene, non è tanto quella con cui ci si umilia confessando i peccati o non attribuendoci opere di giustizia, ma piuttosto quella per cui ci sentiamo abbattuti se ci incoglie una qualche tribolazione o smacco, tanto se meritati dalla nostra superbia quanto se mandatici per esercitare e provare la nostra pazienza. È quell'umiltà di cui un po' più oltre dirà il nostro salmo: Prima d'essere umiliato io ero caduto in peccato. E nel libro della Sapienza: Nel dolore soffri da forte, nell'umiliazione abbi pazienza. Perché nel fuoco si saggiano l'oro e l'argento, e gli uomini accetti nel crogiolo dell'umiliazione del premio eterno.

51 I superbi agivano iniquamente fino all'eccesso, ma io non ho deviato dalla tua legge. Per superbi intende coloro che perseguitano i fedeli a Dio, e per questo aggiunge: Ma io non ho deviato dalla tua legge, cosa alla quale mi voleva costringere la loro persecuzione. Dei persecutori egli dice che si comportavano iniquamente fino all'eccesso; e ciò perché non soltanto erano empi loro personalmente ma costringevano anche i pii a diventare altrettanto empi.

53 Lo sgomento mi oppresse a causa dei peccatori che abbandonavano la tua legge. 54 Oggetto dei miei canti divennero per me le vie della tua giustizia nel luogo del mio esilio, ovvero, come leggono alcuni codici: Nel luogo della mia peregrinazione. Ecco l'umiliazione in cui cadde l'uomo scacciato dal paradiso e dalla Gerusalemme celeste e costretto a peregrinare nel regno della mortalità, simile in questo a quel tale che, scendendo a Gerico, incappò negli assassini . Ma dal buon Samaritano gli venne usata misericordia  e per questo nel luogo del suo peregrinare divennero oggetto dei suoi canti le vie della giustizia di Dio. Ciononostante egli resta sempre oppresso dallo sgomento a causa dei peccatori che abbandonano la legge di Dio, perché in questo mondo è costretto a vivere con loro, anche se temporaneamente, finché cioè non ci sarà la pulitura dell'aia.

55 Io mi ricordai del tuo nome, o Signore, nella notte e osservai la tua legge. Notte è quella umiliazione dove si trascina l'uomo mortale con il cumulo delle sue sventure; ed è notte per i superbi che fino all'eccesso agiscono con cattiveria. È notte per lo sgomento causato dai peccatori che abbandonano la legge di Dio. E finalmente è anche notte a motivo del luogo ove si protrae il presente esilio fino alla venuta del Signore, il quale illuminerà i recessi delle tenebre e paleserà i disegni del cuore, e allora ciascuno riceverà da Dio la sua lode. Finché dura questa notte, l'uomo deve ricordarsi del nome di Dio, sicché chi sì gloria si glori nel Signore. Proseguendo il discorso aggiunge:

56 Questa mi è accaduta perché ricercavo le tue giustizie. Sì, le tue giustizie, con le quali tu giustifichi l'empio; non le mie, che in nessun modo mi renderebbero pio ma solamente superbo. Senza cadere nell'assurdo, per " notte " intenderemo quindi l'umiliante condizione della nostra mortalità per cui il cuore dei singoli mortali è celato al proprio simile. Ebbene, questa umiliazione che l'uomo incontra nel suo peregrinare sulla terra e che giustamente è figurata nella notte, torna a vantaggio di coloro che ne escono salutarmente provati e vi imparano a deporre la superbia, che è quel male per cui l'uomo fu cacciato nella notte. L'espressione: Questa è accaduta a me, è suscettibile anche di un'altra spiegazione dove non occorre sottintendere né " legge " né " notte ". Si potrebbe, cioè, intendere il pronome questa come lo si intende in quell'altro salmo dove si legge: Una sola chiesi al Signore, questa ricercherò . Non precisa in che consista o come sia fatta quell'unica [cosa] di cui dice: Questa ricercherò; ma è come se il femminile venga usato a posto del neutro. Che se poi ci domandiamo quale essa sia, subito la nostra mente va alle parole precedenti: Io mi sono ricordalo del tuo nome, o Signore, nella notte e osservai la tua legge. Ecco cosa mi è accaduto: l'aver io osservato la tua legge non me lo son procurato io stesso ma è stato operato da te ed è tornato a mio vantaggio, perché io ho ricercato non le mie ma le tue vie di giustizia.

Het

57 Mia porzione sei tu, Signore, ho

detto di custodire la tua legge,

58 ho supplicato il tuo volto

con tutto il mio cuore. Abbi pietà di me secondo la tua parola.

59 Ho pensato alle mie vie e hai

volto i miei piedi nelle tue testimonianze.

60 Sono pronto e non

sono turbato per  custodire i tuoi comandamenti.

61 Le funi dei peccatori mi hanno

avvinto, ma non ho dimenticato la tua legge.

62 Nel mezzo della notte mi

alzavo a lodarti, per i giudizi della tua giustificazione.

63 Partecipe io sono di tutti quelli

che ti temono e custodiscono i tuoi comandamenti.

64 Della misericordia del Signore

è piena la terra, insegnami i tuoi decreti.

Mia parte è il Signore, o, come recano certi codici:

57 Mia porzione sei tu, Signore. Ciò si afferma in quanto chiunque è unito a Dio ne diviene partecipe, come sta scritto: Cosa buona è per me l'essere unito a Dio . Non è infatti in virtù della loro natura che gli uomini sono dèi ma divengono tali partecipando alla natura dell'unico vero Dio.

Signore, mia porzione, io ho detto: voglio osservare la tua legge? Non forse che il Signore sarà nostra porzione quando si sarà osservata la sua legge? Ma come sarà possibile osservarla se non ce lo dona lo Spirito della vita aiutandoci a ben riuscire?. Occorre quindi invocare il Signore, perché in tale maniera la fede ottiene quel che la legge può solo ordinare. Infatti sta scritto al riguardo: Chi invocherà il nome del Signore sarà salvo . Nota pertanto cosa aggiunga:

58 Ho scongiurato il tuo volto con tutto il mio cuore. E specificando in che modo abbia supplicato il Signore, continua: Abbi pietà di me secondo la tua parola. E poi, come per sottolineare che è stato esaudito e aiutato da colui che aveva supplicato, prosegue:

59 Ho pensato alle mie vie e ho distolto i miei piedi [per indirizzarli] verso le tue testimonianze. Li ho distolti, ovviamente dalle mie vie di cui ho provato dispiacere, per indirizzarli verso le tue testimonianze dove avrebbero trovato la via. Io ho distolto, in ogni caso la riuscita viene sempre da colui del quale il salmista nel suo cuore ha scongiurato il volto e al quale ha detto: Abbi pietà di me secondo la tua parola, cioè in conformità della tua promessa.

Ottenuto questo dono di grazia, dice:

60 Son pronto (e non turbato) ad osservare i tuoi comandamenti. Il testo greco, che reca , è stato reso da alcuni con: Per osservare i tuoi comandamenti; da altri con: Affinché osservassi; e da altri ancora con: Osservare. Descrivendo quanta prontezza abbia conseguita in ordine all'osservanza dei comandamenti di Dio, così si esprime:

61 Le funi dei peccatori mi hanno stretto all'intorno, ma non ho dimenticato la tua legge. Funi dei peccatori sono gli ostacoli frapposti dai nemici tanto spirituali (quali il diavolo e i suoi angeli) quanto carnali, vale a dire i figli dell'incredulità nei quali agisce il diavolo stesso . E certamente il termine peccatorum non è da prendersi come un caso declinato dal nome " peccato " ma lo si deve piuttosto derivare da " peccatore ", come appare con ogni evidenza dal corrispondente greco. Orbene quando questi peccatori minacciano con dei mali i buoni e li spaventano, facendoli ritrarre dall'affrontare i patimenti per la legge di Dio, in certo qual modo li avviluppano con delle funi, Sono una corda robusta e resistente quella che tendono. Trascinano infatti i propri peccati come una lunga corda , con la quale si sforzano di avviluppare anche i santi; e a volte questo viene loro accordato. Se però essi ne legano il corpo, non ne avviluppano l'anima, a meno che non si tratti di uno che abbia dimenticato la legge di Dio. Infatti la parola di Dio non si lascia legare .

62 A, mezzanotte mi levavo a lodarti per i giudizi della tua giustizia. Infatti uno dei giudizi della giustizia di Dio è anche il potere concesso ai peccatori di avviluppare il giusto con le loro funi. Per cui l'accenno alla mezzanotte penso doversi intendere dei momenti in cui la tribolazione raggiunse il culmine dell'atrocità. Che se dice: Allora io mi levavo, indica che la prova non lo tormentava fino a schiacciarlo ma lo allenava a rimettersi in piedi. Egli, cioè, dalla stessa prova traeva profitto per una confessione più coraggiosa. Tutto questo è frutto della grazia divina per l'azione del nostro Signore Gesù Cristo. Ecco pertanto che nella profezia di questo salmo il divino Salvatore aggiunge i suoi accenti personali a quelli del suo corpo. Ritengo infatti che le parole che seguono, e cioè:

63 Io sono partecipe di tutti coloro che ti temono e osservano i tuoi comandamenti, appartengano in proprio al nostro Capo. Né diversamente si legge nella Lettera intitolata " agli Ebrei": E colui che santifica e coloro che sono santificati [provengono] tutti da uno: per questo non si vergogna di chiamarli fratelli . E un po' più avanti: "Siccome i servi partecipano della carne e del sangue, per questo anche lui in qualche modo s'è reso solidale con loro " . Le quali parole cos'altro significano se non che egli si è reso partecipe della loro stessa sorte? Difatti noi non saremmo mai diventati partecipi della sua divinità se egli non si fosse reso partecipe della nostra mortalità. Attraverso questa partecipazione della divinità ci viene conferita la grazia per la quale temiamo castamente Dio e ne osserviamo i comandamenti. È quindi Gesù colui che parla in questa profezia; ma alcune cose le dice in persona delle sue membra o in unione col suo corpo (come un unico uomo sparso per tutto il mondo e in continua crescita nel volgere dei secoli), altre invece le dice il nostro Capo in persona propria. Così è del nostro verso: lo sono partecipe di tutti coloro che ti temono e osservano i tuoi comandamenti. Siccome poi egli si è reso partecipe della sorte dei propri fratelli, Dio compartecipe degli uomini, l'immortale dei mortali, per questo poté parlare di quel grano caduto per terra, che messo a morte portò frutto abbondante. È in riferimento a questo frutto che continuando dice:

64 Della tua misericordia, o Signore, è piena la terra. E quando avviene questo? Quando l'empio viene giustificato. Per poter poi progredire nella conoscenza di questa grazia continua: E insegnami le vie della tua giustizia

Teth

65 Hai usato bontà col tuo servo,

Signore, secondo la tua parola.

66 Insegnami bontà e disciplina

e conoscenza perché ho creduto ai tuoi comandamenti.

67 prima di essere umiliato io ho

sbagliato, per questo ho custodito il tuo dire.

68 buono sei tu e nella tua bontà

insegnami i tuoi decreti.

69 Si è moltiplicata contro di me

l’ingiustizia dei superbi,

ma io con tutto il cuore scruterò i tuoi comandamenti.

70 Si è rappreso come latte

il loro cuore, ma io ho meditato la tua legge.

71 E’ bene per me che tu mi abbia

umiliato perché impari i tuoi decreti.

72 E’ un bene per me la legge della

tua bocca, più che l’oro e l’argento a migliaia.

65 Hai operato la dolcezza verso il tuo servo, o Signore, secondo la tua parola, o meglio: secondo il tuo dire.  Quando dunque qui si dice: Hai operato la dolcezza verso il tuo servo, penso che non si debba intendere altro se non: Tu hai fatto sì che mi gustasse fare il bene. È infatti un gran dono di Dio provare l'attrattiva del bene. Se invece l'opera buona, comandataci dalla legge, la si compie per timore del castigo e non per il gusto del bene, non si ama Dio ma lo si teme soltanto. L'opera è compiuta con animo di servi, non di figli; e il servo non resterà in eterno nella casa [del padrone], mentre il figlio vi rimarrà in eterno .

66 Insegnami la dolcezza e l'istruzione e la scienza perché ho creduto nei tuoi comandamenti. Chiede che questi doni crescano in lui fino a raggiungere la perfezione. Aveva detto infatti già in precedenza: Hai operato la dolcezza verso il tuo servo. E quindi cos'altro vorrà dire con le parole: Insegnami la dolcezza, se non che la grazia divina gli si palesi sempre più assaporando la dolcezza della bontà? Come quei tali che, pur avendo la fede, chiedevano: Signore, accresci la nostra fede . Quello del salmo è un canto di gente che avanza [verso Dio] vivendo in questo mondo. Sicché continua: E l'istruzione o, come recano numerosi codici, la disciplina. Questa disciplina è dai greci chiamata  e di norma, quando la troviamo usata nelle nostre Scritture, dobbiamo intenderla nel senso di ammaestramento a base di asperità, secondo il detto scritturale: Il Signore riprende severamente colui che ama e sferza ogni figlio che accoglie . Nella letteratura ecclesiastica è invalso l'uso di chiamare questo tipo di ammaestramento col termine "disciplina", preso dal corrispondente greco . Incontriamo la parola nel testo greco dell'Epistola agli Ebrei, e il traduttore latino l'ha resa come segue: Ogni disciplina non sembra lì per lì esser di gioia, bensì di dolore; ma più tardi porta, a chi è per mezzo di essa esercitato, pacifico frutto di giustizia . Quando dunque Dio opera la dolcezza nell'animo di qualcuno, significa che nella sua misericordia gli ispira il gusto del bene o, per spiegarmi con più chiarezza, gli dona l'amore per Iddio stesso e per il prossimo, amato per amore di Dio. Chi è stato così favorito deve pregare insistentemente perché un tal dono aumenti nel suo cuore, al segno che per conservarlo sappia non solo disprezzare tutte le altre gioie ma anche sopportare ogni sorta di tribolazioni. Ecco perché è salutare che alla dolcezza si aggiunga la disciplina. È, questa, una disciplina che non si chiede né si brama per conseguire una dolcezza o bontà qualunque, per avere cioè un amore santo comune. La si vuole per raggiungere un grado di amore così elevato che, anche sotto il peso della disciplina, non si spenga ma, come fiamma possente al soffiare di vento impetuoso, quanto più viene compressa tanto più si accenda e divampi.  La scienza posta dal salmista come terza fra le prerogative che desidera gli siano insegnate, viene data  mediante l'insegnamento. Che significa infatti insegnare se non impartire la scienza? Son due cose così intimamente congiunte, la scienza e l'insegnamento, che l'una non può essere senza l'altro. Non s'insegna infatti se non quando l'altro riesce ad imparare, né si impara se non quando uno ci comunica il suo insegnamento. Quando Dio vuole insegnare qualcosa, prima dona l'intelletto, senza del quale l'uomo non può comprendere quanto ha attinenza con la dottrina di Dio. Per questo un po' più oltre il salmo dice: Dammi l'intelletto affinché apprenda i tuoi comandamenti .L'avere  i discepoli compreso le parole del Maestro dipese dal fatto che egli aprì loro la via alla comprensione. Dio dunque insegna la dolcezza ispirandone il gusto, insegna la disciplina mitigandone il peso, insegna la scienza comunicandone la cognizione. Siccome poi ci sono cose che s'imparano solo per saperle e altre che s'imparano per praticarle, Dio insegna le une in modo che le conosciamo come occorre conoscerle, e questo fa manifestandoci la verità; quanto alle altre invece, egli ce le insegna in modo che noi riusciamo a praticare ciò che è nostro dovere praticare, e questo fa ispirandocene la dolcezza.

67 Prima che io fossi umiliato, ho commesso falli; perciò la tua parola (ovvero, come altri recano più apertamente, il tuo dire) ho osservato. Evidentemente per non essere di nuovo umiliato. È preferibile riferire l'espressione al decadimento in cui incorse l'umanità tutta intera quando in Adamo  venne come viziata nella sua stessa radice. Non avendo voluto restare soggetta alla verità, venne assoggettata alla vanità

68 Sei soave, o Signore. Molti codici leggono: Soave sei tu, o Signore; alcuni altri: Soave sei tu, oppure: Buono sei tu, nel senso che abbiamo spiegato trattando sopra queste parole. E nella tua dolcezza insegnami le vie della tua giustizia. Vuol veramente praticare le vie della giustizia di Dio se vuole apprenderle, insieme con la sua soavità, da colui al quale or ora ha detto: Soave sei tu, o Signore. Continua poi:

69 S'è moltiplicata contro di me l'iniquità dei superbi. Di coloro, cioè, ai quali nessun vantaggio ha recato l'umiliazione in cui è decaduta la natura umana per aver peccato. Ma io con tutto il mio cuore scruterò i tuoi comandamenti. Dice: Abbondi pure fino all'inverosimile la cattiveria; non per questo si raffredderà in me la carità . Chi parla in questa maniera è un uomo che sta imparando le vie della giustizia di Dio per averne gustato la soavità. In realtà, quanto maggiore è la dolcezza dei comandamenti dati da Dio soccorritore, altrettanto cresce nell'amante l'impegno di scrutarli. E conoscendoli li metterà in pratica, e praticandoli li conoscerà [ancora meglio], poiché veramente col praticarli se ne acquista una cognizione più perfetta.

70 Il loro cuore s'è rappreso come latte. Di chi si parla, se non dei superbi che, come notava prima, avevano accumulato su di lui la loro malvagità? Con la parola che usa in questo verso vuole indicarci ancora una volta che essi hanno indurito il loro cuore. Osserva cosa il salmista da parte sua contrapponga alla durezza del loro cuore. Dice: Io viceversa ho meditato la tua legge. Quale legge? Una legge sommamente giusta e misericordiosa, tanto che di essa può dire al Signore: E nella tua legge usami pietà

71 Buon per me che tu mi abbia umiliato, affinché impari le vie della tua giustizia. Una cosa molto affine aveva detto poco prima: Prima che io fossi umiliato, ho commesso falli; perciò ho custodito la tua parola . Dal frutto che ne ha ricavato lascia comprendere quanto vantaggiosa gli sia stata l'umiliazione. Là tuttavia ne indicava anche la causa, in quanto fu per le sue colpe antecedenti che s'era meritato la umiliazione penale. Che se nel primo testo dice: Perciò io ho custodito la tua parola, e nel seguente: Affinché io impari le vie della tua giustizia, è - mi sembra - un indizio abbastanza chiaro per concludere che conoscere i comandamenti è lo stesso che custodirli, e custodirli è lo stesso che conoscerli. Questa pratica non si ottiene senza la spinta dell'amore; e chi riesce a praticare la legge è segno che ha quell'attrattiva a proposito della quale si diceva prima: Nella tua soavità insegnami le vie della tua giustizia . È quel che risulta dal verso seguente dove è detto:

72 Buona è per me la legge della tua bocca, più che tonnellate d'oro e d'argento. Veramente la carità suscita nel cuore, per la legge di Dio, un amore più intenso di quello che l'avidità vi suscita per tonnellate di oro e di argento

Ioth

73 Le tue mani mi hanno fatto e

plasmato, dammi intelligenza e

imparerò i tuoi comandamenti.

74 Quelli che ti temono mi

vedranno e gioiranno perché nelle

tue parole ho tanto sperato.

75 Ho conosciuto, Signore, che

giustizia sono i tuoi giudizi e

secondo verità mi hai umiliato.

76 Sia la tua misericordia

A consolarmi secondo la tua parola al tuo servo.

77 Vengano a me le tue compassioni

e vivrò, perché la tua legge

è la mia meditazione.

78 Siano confusi i superbi,

perché ingiustamente hanno

commesso iniquità contro di me,

ma io mi eserciterò nei tuoi comandamenti.

79 Si volgano a me quelli che ti temono e conoscono

le tue testimonianze.

80 Diventi il mio cuore immacolato

nelle tue giustificazioni così che io non sia confuso

In questo salmo per bocca del Profeta parla il Signore Gesù e chiede per il suo corpo, cioè per la Chiesa, come per un altro se stesso, che Dio gli doni l'intelletto con cui apprendere i comandamenti del Signore. La vita del suo corpo, cioè del suo popolo, è infatti nascosta [con Cristo] in Dio , mentre è nel medesimo suo corpo che Cristo si trova nel bisogno e chiede ciò che è necessario alle sue membra. Dice:

73 Le tue mani mi hanno fatto e plasmato: dammi l'intelletto affinché impari i tuoi comandamenti. Intende dire: Siccome tu mi hai formato, tu trasformami [in nuova creatura], affinché nel corpo di Cristo s'adempiano le parole dell'Apostolo: Riformatevi nella novità del vostro sentire . Prosegue: 74 Coloro che ti temono mi vedranno e gioiranno (o, come leggono altri codici: Si allieteranno), perché io ho sperato nelle tue parole. Ho sperato cioè nelle tue promesse, secondo le quali quanti ti temono sono figli della promessa e discendenza di Abramo, nel quale son benedette tutte le genti . Ma chi sono questi timorati di Dio? Chi vedranno e in che senso si allieteranno perché egli ha sperato nelle parole di Dio? Se è il corpo di Cristo, cioè la Chiesa, di chi sono questi accenti posti in bocca a Cristo? Sono certamente di chi è nella Chiesa e fa parte di essa; sono come una voce di Cristo che parla di se stesso. Considerando tutto questo dice:

75 Ho conosciuto, Signore, che giustizia sono i tuoi giudizi e nella tua verità tu mi hai umiliato. 76 Venga la tua misericordia a consolarmi, secondo la tua parola rivolta al tuo servo. La misericordia e la verità sono inculcate spessissimo nel Libro divino. Le si incontrano in frequenti passi, specie dei salmi; anzi una volta si legge proprio questo: Tutte le vie del Signore sono misericordia e verità . Nel nostro salmo è posta per prima la verità, perché noi siamo stati umiliati con il castigo della morte inflittoci da quel giudice i cui giudizi sono giustizia. Subito dopo però si menziona la misericordia, per la quale siamo risollevati e riacquistiamo la vita in forza della promessa di colui che ci benefica accordandoci la grazia. Dopo le traversie della vita presente, e attraverso queste, arriveranno le gioie che ci sono state promesse. Per questo continua:

77 Vengano su di me le tue misericordie e vivrò. Difatti solo allora vivrò la vera vita, quando non avrò alcun timore di morire. In effetti quando si parla di vita senza aggiunte, si ha da intendere necessariamente la vita eterna e beata, la quale sola merita il nome di vita. A confronto con tale vita, la vita presente sarebbe da chiamarsi non vita ma morte. Ma con quali meriti la si consegue? Dice: Poiché la tua legge è la mia meditazione. È questa una meditazione dettata dalla fede che opera mediante la carità , poiché se non fosse così nessuno per essa potrebbe arrivare alla vita eterna. Ci tengo a dire questo per ammonire chiunque abbia magari imparato a memoria tutta la legge e l'abbia ricordata e cantata chissà quante volte. Ebbene, se uno avrà avuto sulle labbra i precetti della legge ma non sarà vissuto in conformità dei medesimi, non pensi minimamente d'aver adempiuto le parole lette [nel salmo]: Poiché la tua legge è la mia meditazione. Continua dicendo:

78 Siano confusi i superbi, che ingiustamente hanno commesso l'iniquità ai miei danni; io però mediterò sui tuoi comandamenti. Ecco cosa chiamava meditazione della legge di Dio, o meglio in che senso la legge di Dio era la sua meditazione. Dice:

79 Si convertano rivolgendosi a me quelli che ti temono e conoscono le tue testimonianze. In alcuni codici, greci e latini, troviamo: Si convertano a me, che, a quanto sembra, equivale a: Si convertano, rivolgendosi a me. Ma chi è che pronuncia queste parole? Infatti non ci potrà mai essere fra gli uomini uno che osi dire parole come queste. Che se le dicesse, nessuno dovrebbe ascoltarlo. In realtà, chi parla così è colui che prima, prestando la sua voce e parlando in proprio, diceva: Io sono partecipe di tutti quelli che ti temono . Questo, poiché egli si è reso partecipe della nostra mortalità al fine di rendere noi partecipi della sua divinità: noi, divenuti partecipi di quell'Unico per conseguirne la vita; lui, divenuto partecipe dei molti per condividerne la morte. È infatti a lui che si rivolgono coloro che temono Dio e conoscono le sue testimonianze: cioè quelle testimonianze, rese a lui, delle quali tanto tempo prima avevano parlato i Profeti e che, in tempi non molto remoti, quand'egli era fra noi, furono convalidate mediante i miracoli.

80 Divenga il mio cuore immacolato nelle vie della tua giustizia, affinché io non sia confuso. Torna a parlare con la voce del suo corpo, cioè del suo popolo santo. Chiede che divenga immacolato il suo cuore, cioè il cuore delle sue membra, nelle vie della giustizia di Dio. E questo non per le proprie forze. È infatti una cosa che chiede, non che pretende. Concludendo: il cuore delle membra di Cristo, cioè del suo corpo, diventa immacolato per la grazia di Dio, e questo ad opera del Capo dello stesso corpo, il nostro Signore Gesù Cristo, mediante il lavacro della rigenerazione  dove tutti i nostri peccati antecedenti vengono cancellati.

Caf

81 Si è consumata per la tua

salvezza l’anima mia, nella tua

parola ho tanto sperato.

82 Si sono consumati i miei occhi

per la tua parola dicendo:

quando mi consolerai?

83 Poiché sono divenuto come un

otre al gelo; non ho dimenticato

i tuoi decreti.

84 Quanti sono i giorni del tuo servo?

Quando farai giustizia dei miei persecutori?

85 Mi hanno raccontato favole gli iniqui, tutt’altro

che la tua legge!

86 Tutti i tuoi comandamenti sono verità;

ingiustamente mi hanno perseguitato. Aiutami!

87 Per poco non mi hanno finito

sulla terra , ma io non ho

abbandonato i tuoi comandamenti.

88 Secondo la tua misericordia

fammi vivere e custodirò le

testimonianze della tua bocca.

81 La mia anima è calata verso la tua salute e io ho sperato nella tua parola.  La mia anima è calata verso la tua salute, cioè dirigendosi verso la tua salute. È quindi un calo benefico, e chi l'esperimenta palesa un desiderio di bene non ancora raggiunto ma bramato con intensissima passione.

82 I miei occhi si son calati verso la tua parola, dicendo: quando mi consolerai? Ecco di nuovo quel calo encomiabile e felice di cui sopra, attribuito questa volta agli occhi, evidentemente occhi interiori. Esso non deriva da debolezza d'animo ma dall'intensità del desiderio per le promesse di Dio. Lo dice espressamente: Verso la tua parola. In che senso poi questi occhi dicono: Quando mi consolerai?, se non perché sono lo slancio [interiore] e l'attesa [di tali promesse] che c'inducono a pregare e gemere? Infatti chi parla è la lingua, non l'occhio; ma il desiderio che anima la preghiera è in certo qual modo voce degli occhi.  Quando mi consolerai?

Come in quell'altro salmo ove si diceva: Ma tu, Signore, fino a quando? Il rinvio mira a rendere più dolce la gioia dilazionata; o forse si tratta di una impressione della persona che nutre il desiderio, alla quale, come a ogni innamorato, è lungo il tempo dell'attesa, anche quando al soccorritore sembra breve. Ora, il Signore sa certamente non solo quel che deve fare ma anche il momento giusto per farlo, lui che dispone ogni cosa secondo misura, numero e peso . Crescendo l'ardore dei desideri spirituali, ovviamente si smorza quello dei desideri carnali. Per questo continua [il salmo]:

83 Infatti io son divenuto come un otre esposto alla brina; pertanto non ho dimenticato le vie della tua giustizia. Non v'è dubbio che nell'otre ci invita a intendere la nostra carne mortale, mentre nella brina il dono celeste per il quale, come per un freddo che congela, vengono sopite le passioni carnali.

84 Quanti sono i giorni del tuo servo? Quando farai il giudizio dei miei persecutori? Nell'Apocalisse si ode questa voce dei martiri, e in risposta si impone loro di pazientare finché non si completi il numero dei loro fratelli . È dunque il corpo di Cristo che domanda quanti saranno i giorni che ancora gli restano da trascorrere in questo mondo. Nella risposta si vuol escludere l'opinione di chi pensasse che la Chiesa scomparirà dal mondo prima della fine dei tempi o che ci sarà quaggiù un certo periodo di tempo senza che vi sia la Chiesa. Al riguardo il salmista, dopo aver chiesto dei suoi giorni, aggiunge la menzione del giudizio: evidentemente per dimostrare che la Chiesa durerà sulla terra fino al giorno del giudizio, in cui si farà vendetta dei persecutori.

85 Gli iniqui mi hanno narrato di certe delizie, ma non erano come la tua legge, Signore. Con la parola delizie i nostri interpreti hanno voluto rendere ciò che i greci chiamano ; parola, questa, che è impossibile tradurre in latino con un unico termine, tanto è vero che alcuni hanno preferito delizie, altri favole. Cose di questa genere, in più campi e in più materie, hanno anche le letterature profane, come le hanno pure i Giudei (che le chiamano Deuterosis); e vi si contengono, oltre al canone delle Scritture, migliaia di racconti favolosi. Le hanno anche gli eretici, noti per la loro loquacità vana e ingannatrice. Il salmo allude a tutti questi iniqui, e da loro dice che gli sono narrate delle , cioè " esercitazioni " formulate con parole allettanti. Ma non erano - dice - come la tua legge, o Signore, nella quale il gusto non mi viene dalle parole ma dalla verità. Continua:

86 Tutti i tuoi comandamenti sono verità; mi hanno perseguitato ingiustamente: aiutami. Il senso dipende totalmente dalle parole antecedenti: Quanti sono i giorni del tuo servo? Quando farai il giudizio dei miei persecutori? Per perseguitarmi essi mi hanno raccontato delle " delizie " che altro non erano se non parole; ma io ho preferito ad esse la tua legge, nella quale ho provato maggiore delizia, perché tutti i tuoi comandamenti sono verità, e non come i loro discorsi dove abbonda la vanità. Comportandomi così, essi mi hanno perseguitato, ma ingiustamente perché in me essi non perseguitavano altro che la verità. Aiutami quindi, affinché io combatta fino alla morte per la verità. Anche questo infatti è tuo comando, e quindi è verità. Mentre la Chiesa si comportava così, subiva le angherie di cui subito dopo:

87 Per poco non mi hanno finito [qui] sulla terra. In effetti grande fu la strage dei martiri mentre loro confessavano e predicavano la verità. Ma siccome non era stata pronunziata invano l'invocazione: Aiutami, per questo può ora dire: Io però non ho abbandonato i tuoi comandamenti.

88 Secondo la tua misericordia rimettimi in vita, e osserverò le testimonianze della tua bocca, dove il testo greco legge: , parola da non passarsi sotto silenzio perché richiama il dolcissimo nome di martire. Quando infieriva la crudeltà incontenibile dei persecutori (al segno che la Chiesa stava per essere cancellata dalla faccia della terra), i santi non avrebbero certamente custodito i  di Dio se non si fosse adempiuta in essi la preghiera di questo salmo: Secondo la tua misericordia rimettimi in vita. E in realtà essi furono vivificati: non rinnegarono la Vita per amore di questa vita, né persero la vita per aver rinnegato la Vita. In tal modo, rifiutandosi di tradire la verità per amore della vita, conseguirono la vita morendo per la verità.

Lamed

89 In eterno Signore la tua parola

permane nel cielo,

90 la tua verità  di generazione in generazione.

Hai fondato la terra e permane.

91 Per tuo ordine persiste

il giorno, perché tutte le cose servono a te.

92 Se la tua legge non fosse la mia

meditazione, già forse nella mia

umiliazione sarei perito.

93 In eterno non dimenticherò

le tue giustificazioni perché in esse

mi hai fatto vivere.

94 Tuo sono io, salvami perché

ho ricercato le tue giustificazioni.

95 Mi hanno aspettato i peccatori

per rovinarmi; ho compreso le tue testimonianze.

96 Di ogni compimento ho visto il termine,

immenso è il tuo comandamento

La persona che parla in questo salmo appare angosciata per la mutabilità umana, che rende la vita presente piena di tentazioni. Immerso nelle afflizioni che poc'anzi lo avevano costretto a dire: Gli iniqui mi hanno perseguitato, e ancora: Per poco non mi hanno finito [qui] sulla terra , eccolo ora infiammato di desiderio per la Gerusalemme celeste. Dice:

89 O Signore, la tua parola perdura in eterno nel cielo, cioè negli angeli che son rimasti nel loro rango in cielo senza disertare. Il verso seguente, posto dopo menzionato il cielo, logicamente si riferisce alla terra. È un verso che fa parte degli otto elencati sotto l'identica lettera. Sotto ogni lettera ebraica infatti si succedono otto versi, sino alla conclusione del salmo veramente lungo.

90 La tua verità di generazione in generazione; hai fondato la terra e sta salda. Egli ha mirato il cielo: dopo di che, guardando alla terra con l'occhio della mente illuminato dalla fede, trova in essa delle generazioni che non erano in cielo. E dice: La tua verità di generazione in generazione. Con tale ripetizione vuol significare tutte le generazioni, durante le quali mai è venuta meno la verità di Dio nei suoi santi, fioriti in numero ora più ora meno elevato, quanti ne ha dati o ne darà il succedersi dei vari tempi [della Chiesa]. O forse ha voluto significare due tipi di generazione: una svoltasi al tempo della Legge e dei Profeti, l'altra al tempo del Vangelo. Per indicare in certo qual modo la causa per cui mai in queste generazioni manchi la verità, dice: Tu hai fondato la terra e sta salda, chiamando " terra " coloro che popolano la terra.

91 Per tuo ordine dura il giorno. Tutte queste cose sono il giorno: il giorno che il Signore ha fatto. Esultiamo e rallegriamoci finché dura , e camminiamo nell'onestà, come chi è nel giorno . Tutte le cose infatti sono al tuo servizio. Tutte le cose, cioè le cose di cui ha parlato, tutte queste cose, riferentisi al giorno, sono al tuo servizio. Non ti servono invece gli empi, di cui è detto: Ho paragonato la vostra madre alla notte .Guarda poi al modo come viene liberata questa " terra " e dove poggia il fondamento che la rende stabile, e soggiunge:

92 Se la tua legge non fosse la mia meditazione, già forse sarei perito nella mia miseria. È questa la legge della fede: non della fede vuota ma operante per mezzo della carità . Per essa si impetra la grazia che rende forti nella tribolazione temporale e impedisce di soccombere nella miseria della mortalità.

93 In eterno non mi dimenticherò delle vie della tua giustizia, perché per esse mi hai rimesso in vita. Ecco come è riuscito a non soccombere nella miseria della sua mortalità. Se infatti Dio non vivificasse, cosa sarebbe dell'uomo? Egli ha potuto darsi la morte, ma non può ridonarsi la vita. Continuando dice:

94 Tuo io sono, salvami, perché io ho cercato le vie della tua giustizia. Non è da sorvolarsi sul significato di quanto qui è affermato, e cioè: lo sono tuo. Chi infatti non è di Dio?

Cosa mai, quindi, avrà voluto inculcare il nostro salmo quando, riferendosi ad una particolare famigliarità con Dio, ha detto: Io sono tuo, salvami? Non avrà per caso voluto indicarci che fu per sua colpa se ambì d'essere autonomo, cosa che della disobbedienza è il male primo e più radicale? È come se avesse detto: Volli essere mio e mi rovinai. Per questo dice ora: Io sono tuo; salvami, perché io ho cercato le vie della tua giustizia. Non le mie voglie, con le quali pretesi di essere mio ma le vie della tua giustizia, per essere sempre tuo.

95 Mi hanno aspettato i peccatori per rovinarmi; ma io ho compreso le tue testimonianze. Cosa vuol dire dunque: Mi hanno aspettato, se non che hanno aspettato che io consentissi al male? Con questo infatti l'avrebbero veramente ucciso. Come però egli sia sfuggito alla rovina lo manifesta dicendo: Ho compreso le tue testimonianze. Nonostante tutto egli si manteneva fedele a quanto aveva compreso; e fissando lo sguardo alla fine che non ha fine, egli perseverava sino alla fine. Prosegue e dice:

96 Di tutte le conclusioni ho visto un fine; larghissimo è il tuo comandamento. Era entrato nel santuario di Dio e aveva compreso gli eventi della fine . Per " tutte le conclusioni " mi sembra che in questo verso si debbano intendere e il combattere fino alla morte in difesa della verità  e il sopportare ogni sorta di mali per il bene vero e sommo. Tratto finale di una tale conclusione è la esaltazione nel regno di Cristo, che sarà senza fine, dove si godrà una vita esente da morte e da dolori, colma anzi dei più grandi onori. Vie per raggiungere questa vita sono la morte i dolori e le umiliazioni della vita presente. Quanto alle altre parole: Larghissimo è il tuo comandamento, non vi intendo se non la carità. Largo è dunque il precetto della carità: quel duplice precetto con cui ci si comanda di amare Dio e il prossimo. Cosa infatti ci può essere di più ampio, se in esso si contengono tutta la Legge e i Profeti ?

Mem

97 Quanto ho amato la tua legge,

tutto il giorno è la mia meditazione.

98 Più dei mie nemici mi hai fatto

sapiente col tuo comandamento, perché in eterno è mio.

99 Più di tutti i miei maestri ho

compreso, perché le tue

testimonianze sono la mia meditazione.

100 Più degli anziani

ho compreso, perché ho cercato i  tuoi comandamenti.

101 Da ogni via cattiva ho trattenuto i miei

piedi per custodire le tue parole.

102 Dai tuoi giudizi non ho deviato

perché tu mi hai dato la legge.

103 Come sono dolci al mio palato

le tue parole, più del miele alla mia bocca.

104 Dai tuoi comandamenti

ho compreso, per questo ho odiato ogni via di ingiustizia.

Collegandosi al precedente aggiunge:

98 Più dei miei nemici tu mi hai fatto gustare il tuo precetto, perché in eterno esso mi appartiene. Loro hanno certamente lo zelo di Dio, ma non secondo scienza. Non conoscendo infatti la giustizia di Dio e volendo affermare la propria, non soggiacciono alla giustizia di Dio . Il salmista, a differenza di questi suoi nemici, è in grado di gustare la legge di Dio e, a somiglianza dell'Apostolo, vuol trovarsi sprovvisto di giustizia personale, derivatagli dall'osservanza della legge, per possedere la giustizia, dono di Dio, che si acquista mediante la fede in Cristo .

99 Ho compreso più di tutti coloro che mi istruivano?

Chi sarà mai questo uomo che ha compreso più di tutti i suoi maestri? Chi sarà, dico, l'uomo che in fatto di capire osa anteporsi ai Profeti (tutti i Profeti), i quali non solo istruirono con la parola i propri coetanei ma con gli scritti divennero anche per i posteri maestri dotati di incomparabile autorità? Consideriamo Salomone. A lui fu data una sapienza tale che, a quanto sembra, lo si debba ritenere superiore a tutti i suoi antecessori . Tuttavia, non è da pensarsi che in questo passo David, suo padre, profetizzi di lui, tanto più che sulla bocca di Salomone non potrebbero stare le parole che qui si leggono: Ho tenuto i miei piedi lontani da ogni via del male. È quindi più ovvio ritenere che il profeta autore del salmo si riferisca a Cristo, descrivendo con le sue parole profetiche ora la persona del Capo, cioè il nostro Salvatore, ora invece il suo corpo, cioè la Chiesa.

Perché le tue testimonianze sono la mia meditazione. Comprendeva più di tutti i suoi maestri perché meditava le testimonianze di Dio, che da se stesso conosceva meglio di loro. Tanto è vero che poteva dire: Avete mandato ad interrogare Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità. Io però non ricevo la testimonianza da un uomo, e vi dico questo per la vostra salute. Egli è stato una lampada che arde e brilla, e voi vi siete compiaciuti di godere per un po' della sua luce. Io però ho una testimonianza maggiore di Giovanni . Ecco le testimonianze che meditava e per le quali aveva un'intelligenza maggiore di quella di tutti i suoi maestri. Non è assurdo identificare tali maestri con gli anziani di cui subito dopo afferma:

100 Ho compreso più degli anziani. La ripetizione - a quanto mi sembra - mira a richiamare l'attenzione di noi che leggiamo sull'età del fanciullo, riferitaci dal Vangelo. Egli era in tenera età e sedeva fra gente adulta. Cioè: sebbene giovanetto, egli sedeva fra gli anziani e comprendeva più di tutti i suoi maestri. In effetti, giovane e anziano usualmente significano rispettivamente minore e maggiore in età, anche se non si tratti di persone giunte alla vecchiaia o ad essa vicine.

101 Da ogni cattivo sentiero ho sottratto i miei piedi per custodire le tue parole, non sembra convenire al nostro Capo ma deve applicarsi al corpo. Infatti non può il nostro Capo, il salvatore del corpo, essere condotto da passioni disordinate a battere le vie del male, per cui debba trattenere i suoi piedi già in qualche modo incamminati verso quella direzione. È però questo quel che facciamo noi tutte le volte che freniamo i nostri desideri disordinati (di cui Egli era esente) affinché non calchino le vie del male. Infatti in tanto riusciamo ad osservare la parola di Dio in quanto rifiutiamo di seguire le nostre voglie disordinate , impedendo loro di compiere il male a cui aspirano; al contrario, le teniamo a freno in virtù dello Spirito che ha desideri contrari a quelli della carne , e in questo modo riusciamo a non farci trascinare per le vie del male, rapiti e travolti dal loro impeto.

102 Non mi sono allontanato dai tuoi giudizi, perché tu mi hai imposto la legge. Manifesta quale sia il timore che gli impedisce di far scivolare i suoi piedi nelle vie del male. Cosa significa infatti: Non mi sono allontanato dai tuoi giudizi, se non: Ho temuto i tuoi giudizi? Vi ho creduto con fede stabile, perché tu mi hai imposto la legge. Tu, che sei a me più intimo del mio intimo stesso, tu mi ponesti dentro, nel cuore, la tua legge, scrivendovela col tuo Spirito, come col tuo dito.

103 Quanto dolci sono al mio palato le tue parole! (o, come con più efficacia reca il greco: I tuoi detti). Sono alla mia bocca più gradite del miele e del favo [di miele]. Questa è la soavità che Dio dona perché la nostra terra produca il suo frutto : perché, cioè, noi operiamo il bene veramente bene; non quindi per paura di mali temporali ma per l'attrattiva che possiede in se stesso il bene spirituale.

104 Dai tuoi comandamenti ho compreso. Una cosa infatti è: Ho compreso i tuoi comandamenti; e un'altra: Ho compreso dai tuoi comandamenti. Indica certamente che egli dai comandamenti di Dio ha compreso una non so quale altra cosa. Per quanto posso arguire, ci lascia intendere che egli, osservando i comandamenti del Signore, è giunto a comprendere appieno le cose che desiderava conoscere. Come sta scritto: Desideri la sapienza? Osserva i comandamenti e Dio te la concederà .

Per questo io odio ogni via d'iniquità. L'amore della giustizia deve, infatti, odiare ogni sorta d'iniquità: quell'amore che è tanto più intenso quanto più l'infiamma la dolcezza d'una maggiore sapienza. Ma questa sapienza è accordata solo a chi è soggetto a Dio e comprende meglio la portata dei suoi comandamenti.

Nun

105 Lampada ai miei piedi è la tua

parola e luce ai miei sentieri.

106 Ho giurato e stabilito di

custodire i giudizi della tua giustizia.

107 Sono stato umiliato fino all’estremo,

Signore, fammi vivere secondo la tua parola.

108 Fa’ che ti siano gradite le offerte volontarie della

mia bocca Signore  e

insegnami i tuoi giudizi.

109 La mia anima è nelle tue mani

sempre e non ho dimenticato la tua legge.

110 I peccatori mi hanno teso un

laccio e dai tuoi comandamenti

non mi sono sviato.

111 Ho acquistato in eredità le tue

testimonianze per sempre, perché

sono l’esultanza del mio cuore.

112 Ho inclinato il mio cuore a compiere

le tue giustificazioni in eterno, per la ricompensa.

105 Una lampada ai miei piedi è la tua parola e una luce ai miei sentieri. La parola lampada è ripetuta con luce, e quanto si dice con ai miei piedi è ripetuto con ai miei sentieri. Ma cosa sarà, in tal caso, la tua parola? Forse quel Verbo che era in principio, Dio presso Dio, e per il quale tutte le cose furono create ? No. Difatti quel Verbo è, sì, luce ma non è lampada, in quanto la lampada non è il Creatore, ma una creatura che viene accesa attraverso una partecipazione della luce immutabile. Tale era Giovanni, a proposito del quale il Verbo-Dio diceva: Egli era una lampada accesa e rilucente . È vero che anche la lampada è un qualcosa di luminoso, ma, in confronto col Verbo del quale è detto: Il Verbo era Dio , Giovanni non era la luce ma fu inviato a rendere testimonianza alla luce. Il Verbo al contrario era la luce vera: non una luce illuminata dal di fuori, come lo è l'uomo, ma una luce che illumina ogni uomo. Non c'è infatti creatura, nemmeno fra quelle dotate di ragione e d'intelletto, che abbia da se stessa l'illuminazione, ma tutte sono illuminate per la partecipazione della verità eterna. E anche se talvolta le si chiama " giorno”  non sono quel giorno che è il Signore ma il giorno che il Signore ha fatto. Per questo risuona [nel salmo]: Accostatevi a lui e sarete illuminati .Risulta, dunque, che il termine "luce" può dirsi del Verbo unigenito uguale al Padre e può dirsi anche dell'uomo illuminato dal Verbo.

106 Ho giurato ed ho stabilito di osservare i giudizi della tua giustizia, Chiama giuramento ciò che ha deciso, nel senso che la nostra mente deve essere così stabile nell'osservare i decreti della giustizia divina che quanto si è proposta deve assolutamente equivalere a un giuramento. I decreti della giustizia di Dio vengono osservati mediante la fede, per la quale si crede che dinanzi a Dio, giudice giusto, nessun'opera buona rimane infruttuosa e nessuna colpa rimane impunita.

107 Sono stato umiliato fino all'estremo. Non dice: " Io mi sono umiliato ", per cui la frase debba riferirsi all'umiltà comandataci [dal Signore], ma al contrario: Io sono stato umiliato fino all'estremo. Siccome però una tal fede non doveva venir meno, nonostante la profonda umiliazione, per questo prosegue: Signore, dammi la vita secondo la tua parola, cioè, secondo la tua promessa. È infatti l'annunzio delle promesse divine che costituisce una lampada ai piedi e una luce al sentiero.

108 O Signore, fa' che le offerte volontarie della mia bocca incontrino il tuo beneplacito: fa' cioè che ti piacciano. Non rigettarle ma accettale. Per offerte volontarie della bocca si intendono bene i sacrifici di lode offerti non per timore o necessità ma come spontanea attestazione d'amore, conforme al detto: Ti sacrificherò volontariamente . Ma che significato hanno le parole successive: E insegnami i tuoi giudizi? Non ha già detto nei versi precedenti: Io non mi sono allontanato dai tuoi giudizi ? Abbiamo risolto interpretando le parole come pronunciate da uno che progredisce e che chiede gli venga accresciuto ciò che già possiede.

109 La mia anima è sempre nelle tue mani. E questo è ovvio, in quanto le anime dei giusti sono nella mano di Dio , nelle cui mani siamo noi e tutti i nostri discorsi .

mi sono dimenticato della tua legge, quasi a dirci che la sua memoria, sede dell'anima, è stata aiutata dalle mani di Dio a non dimenticare la sua legge

110 I peccatori mi hanno teso lacci, ma non ho deviato dai tuoi comandamenti. Perché questo, se non perché la mia anima era nelle mani di Dio, ovvero, tenendola egli nelle sue mani, la offriva a Dio perché la vivificasse?

111 Ho acquistato in eredità le tue testimonianze in eterno. Qualche traduttore, per rendere con una sola parola il verbo usato dal greco, ha scritto: Ho ereditato. Il senso genuino della frase, comunque, si specifica meglio ricorrendo a due parole, dicendo cioè o: Ho posseduto in eredità, ovvero: Ho acquistato in eredità, sempre quindi: In eredità, non: La eredità. Se poi gli si domanda cosa abbia acquistato in eredità, ci dice: Le tue testimonianze. Con questa espressione ci manifesta che è stato per un dono accordatogli dal Signore se egli ha potuto essere testimone di Dio e confessare le sue testimonianze.

Per questo il salmista proclama d'aver acquistato in eredità le testimonianze del Signore, e ciò in eterno. Infatti non si trova in esse una gloria temporale qual è quella degli uomini, di solito smaniosi di vanità, ma una gloria eterna, fatta per chi sa patire per un breve tempo al fine di regnare in eterno. Esse infatti sono la gioia del mio cuore. Comportano afflizione fisica, ma per il cuore sono esultanza.

112 Ho inclinato il mio cuore ad eseguire i tuoi statuti in eterno, a motivo della ricompensa.

Se  compiamo le opere di Dio mossi dall'amore, quest'amore sarà certamente eterno, come eterna sarà la ricompensa ad esso dovuta. Ora, è in vista di questa ricompensa che il salmista dice d'aver chinato il suo cuore all'osservanza delle prescrizioni di Dio. In tal modo, amando in eterno, merita di avere in eterno quello che ama.

Samech

113 Ho odiato i malvagi e ho amato la tua legge.

114 Mio aiuto e mio sostegno

sei tu; nella tua parola ho tanto sperato.

115 Allontanatevi da me malvagi! E

scruterò i comandamenti del mio Dio.

116 Sostienimi secondo la tua

parola e vivrò, e non

confondermi nella mia attesa.

117 Aiutami e sarò salvo e

mediterò sulle tue giustificazioni sempre.

118 Hai disprezzato tutti quelli che

si allontanano dalle tue giustizie,

perché ingiusto è il loro pensiero.

119 Prevaricatori ho reputato tutti

i peccatori della terra, per questo

ho amato le tue testimonianze.

120 Inchioda col tuo timore le mie

carni, infatti ho temuto per i tuoi giudizi

113 Ho odiato gli iniqui e ho amato la tua legge. Non dice: " Ho odiato gli iniqui e amato i giusti ", e nemmeno: " Ho odiato l'iniquità e amato la tua legge "; ma, dopo aver detto che ha odiato gli iniqui, come per mostrarne il motivo soggiunge: ho amato la tua legge. Ciò dicendo, precisa che negli iniqui egli non odia la natura umana ma l'iniquità che li rende nemici della legge 114 Mio aiuto e sostegno sei tu. Aiuto, per compiere il bene; sostegno, per evitare il male.

115 Allontanatevi da me, o maligni, e scruterò i comandamenti del mio Dio? Non dice  Eseguirò ", ma: Scruterò. Desidera che i malvagi si allontanino da lui, e in effetti li scaccia via da sé anche ricorrendo alla forza, per poter conoscere perfettamente e diligentemente i comandamenti di Dio. Ciò perché i cattivi, se ci mettono alla prova dandoci modo di praticare i comandamenti, ci distraggono dal penetrarne le profondità.

116 Accoglimi secondo la tua parola e vivrò, e non mi fare arrossire nella mia attesa. Colui che aveva chiamato [Dio] mio sostegno, chiede ora che venga sorretto con aiuti sempre maggiori per poter giungere alla meta per la quale sopporta tante molestie.

Quanto al futuro: E vivrò, è detto per significare che, mentre si è legati a un corpo di morte qual è ora il nostro, noi non siamo vivi.

Aspettiamo con pazienza ciò che speriamo senza vedere . Ora questa speranza non ci deluderà se nei nostri cuori è diffusa la carità di Dio per opera dello Spirito che ci è stato donato . È proprio per ricevere in maggior copia questo Spirito che si grida al Padre:

116 Non mi fare arrossire nella mia attesa. Gli si lascia intendere questa tacita risposta: Se non vuoi essere confuso nella tua attesa, non interrompere la meditazione delle vie della mia giustizia. E lui, constatando che una tale meditazione spesse volte gli viene impedita da languori spirituali, invoca: 117 Aiutami e sarò salvo, e mediterò sempre sulle vie della tua giustizia. 118Tu hai disprezzato (o, come da altri è stato reso sembra con maggiore aderenza al greco: Tu hai ridotto al nulla tutti quelli che si allontanano dalle vie della tua giustizia, perché il loro pensare è ingiusto. Ecco perché ha gridato: Aiutami e sarò salvo, e mediterò sempre sulle vie della tua giustizia. Perché Dio annienta quanti da tali vie si allontanano. Ma perché se ne allontanano? Dice: Perché il loro pensare è ingiusto. È nel pensiero che ci si avvicina o ci si allontana [da Dio]. Ogni atto, buono o cattivo, ha origine dal pensiero, e nel pensiero ciascuno è o innocente o colpevole.

119 Nel salmo seguono queste parole: Io ho considerato (ovvero creduto o anche stimato) trasgressori tutti i peccatori della terra. (e cioè: Per questo io ho amato sempre le tue testimonianze) . Conosciuta la grazia di Dio, unico mezzo per essere liberati dalla prevaricazione in cui si incorre attraverso la conoscenza della legge, prega e dice:

120 Fissa con i chiodi del tuo timore le mie carni

Fissa con chiodi. Riguardo poi al senso dell'espressione, non è altro se non quello di cui l'Apostolo: Quanto a me sia lungi dal gloriarmi d'altro che della croce del Signore nostro Gesù Cristo, per opera del quale il mondo è stato per me crocifisso, e io per il mondo . E ancora: Sono stato crocifisso con Cristo; e vivo non più io, ma vive in me Cristo. Ora questo cos'altro vuol dire se non: In me non c'è una mia giustizia, derivatami dalla legge (la quale legge anzi mi ha reso trasgressore), ma la giustizia di Dio, quella giustizia che mi è stata donata da Dio  e non deriva da me? In questo modo non vivo più io ma vive in me Cristo, che è divenuto per noi sapienza da Dio e giustizia e santificazione e redenzione, affinché, come sta scritto, chi si gloria, nel Signore si glori . E ancora: I seguaci di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze . Nel brano di Paolo si dice che essi hanno crocifisso la loro carne, nel salmo si invoca Dio perché lo faccia lui, e per questo gli si dice: Fissa con i chiodi del tuo timore le mie carni. Ciò è per farci intendere che quanto compiamo di bene deve attribuirsi alla grazia di Dio, il quale opera in noi e il volere e l'agire conforme alla buona volontà .

Ain

121 Ho operato l’equità e la

giustizia , non consegnarmi ai mei calunniatori.

122 Sostieni il tuo servo

nel bene. Non mi calunnino i superbi.

123 I miei occhi si sono consumati

per la tua salvezza e per la parola della tua giustizia

124 Agisci col tuo servo

secondo la tua misericordia

e insegnami le tue giustificazioni.

125 Tuo servo sono io, dammi intelletto e

conoscerò le tue testimonianze.

126 E’ tempo di agire per il Signore,

hanno dissolto la tua legge.

127 Per questo ho amato i tuoi

comandamenti più dell’oro e del topazio.

128 Per questo mi dirigevo a tutti i tuoi

comandamenti, ogni via ingiusta ho odiato

121 Ho operato il giudizio e la giustizia: non consegnarmi a chi vuol farmi del male. Nel nostro passo "giudizio" è detto in maniera tale che non lo si chiamerebbe appunto giudizio se non fosse retto. Se così non fosse, non si sarebbe contentato di dire: Ho operato il giudizio, ma avrebbe detto: Ho operato con retto giudizio. Una espressione di questo tipo usò anche il Signore Gesù quando disse: Voi avete dimenticato i punti più gravi della legge: il giudizio, la misericordia e la fedeltà. Anche qui si parla di giudizio in maniera che tutto lascia sottintendere come un giudizio non retto non sarebbe giudizio. E molti altri sono i passi delle Scritture divine in cui ci si esprime così. Ad esempio: La misericordia e il giudizio io canterò a te, o Signore . E ancora presso Isaia: Mi aspettavo che facesse il giudizio e invece operò l'iniquità . Non dice: " Ho atteso che operasse secondo un giudizio giusto, essa invece ha operato secondo un giudizio iniquo"; ma si esprime lasciando intendere che un giudizio in tanto è giudizio in quanto è giusto, mentre non sarebbe giudizio se fosse ingiusto. Riguardo alla giustizia, invece, non c'è una giustizia che sia buona e un'altra che sia cattiva, a differenza del giudizio che talvolta è buono tal altra cattivo. Essendo giustizia, è per ciò stesso buona. È dunque la giustizia una grande virtù dell'animo, una virtù degna di lode quanto altre mai, della quale non abbiamo ora agio di dissertare a lungo. Tornando quindi al giudizio, esso, se il rigore della espressione usata lo lascia intendere esercitato nel bene, è l'operazione della giustizia. Chi infatti ha la giustizia giudica rettamente; anzi, secondo la parola del nostro salmo, chi ha la giustizia giudica, poiché, se non giudicasse secondo giustizia non giudicherebbe affatto. Col nome di giustizia poi in questo passo si indica non la virtù in se stessa ma le opere che essa fa compiere. Chi, poi, opera nell'uomo la giustizia se non colui che giustifica l'empio, che cioè con la sua grazia lo rende, da empio, giusto? Come dice l'Apostolo: [Siete stati] giustificati gratis per la grazia di lui . Opera dunque la giustizia, cioè compie opere di giustizia, colui che ha in sé la giustizia, la quale a sua volta è opera della grazia.

Non consegnarmi a chi mi perseguita. Ebbene, pregando il Signore che non lo consegni agli avversari, cosa gli chiede se non quello stesso che chiediamo noi quando nella nostra preghiera diciamo: Non c'indurre in tentazione? Si tratta infatti di quell'avversario a proposito del quale l'Apostolo dice: Affinché non vi tenti colui che tenta . È a lui che Dio dà in mano quanti sono da lui abbandonati. Il nemico, infatti, non potrà mai sedurre se non colui che Dio abbandona: quel Dio che, nel suo beneplacito, conferisce all'uomo, oltre che la bellezza, anche il vigore.

122 Abbi cura del tuo servo per il suo bene; non lancino i superbi calunnie contro di me. Loro mi spingono a cadere nel male; tu abbi cura di me per il mio bene. Molte sono le calunnie con le quali i superbi vilipendono l'umiltà cristiana. Ma tra queste, sempre che il termine superbi sia qui riferito ad uomini, la più grande è senza dubbio quella per cui ci rinfacciano di adorare un morto. In effetti, con la morte di Cristo si va alla radice stessa dell'umiltà cristiana che da essa riceve un suggello divino. Viceversa, per gli increduli è occasione di calunnia, e ciò tanto per i Giudei come per i pagani. Ebbene, le calunnie di tutti questi superbi son come veleno di serpenti, e le si vince mirando con pietà sommamente vigile e amorosa Cristo crocifisso. A raffigurare questo, Mosè nel deserto, eseguendo il comando di Dio misericordioso , fece sollevare su un'asta di legno l'effigie di un serpente . Significava così in anticipo come la carne del peccato ha da essere crocifissa in Cristo. Guardando dunque questa croce salutare, noi allontaneremo ogni sorta di veleno inoculatoci dai superbi calunniatori. Guardava infatti ad essa, e con molta attenzione (se così è lecito dire), anche colui che diceva:

123 I miei occhi son venuti meno guardando alla tua salvezza e alla parola della tua giustizia. Infatti, per amor nostro Dio ha reso Cristo peccato, dandogli una carne peccatrice come la nostra , perché noi in lui siamo giustizia di Dio .

124 Opera nel tuo servo conforme alla tua misericordia, non conforme alla mia giustizia; e insegnami - dice - le vie della tua giustizia: certamente quelle con cui Dio ci rende giusti, non quelle con cui l'uomo giustifica se stesso.

125 Io sono tuo servo: non mi giovò, infatti, l'aver preteso di essere libero e padrone di me stesso, e non tuo servo. Dammi intelletto per conoscere le tue testimonianze. È una richiesta che non deve mai interrompersi. Non basta, infatti, aver ricevuto una volta l'intelligenza e aver appreso le testimonianze di Dio. Occorre riceverla di continuo e, per così dire, bere di continuo alla fonte della luce eterna. Le testimonianze di Dio, infatti, si conoscono in maniera sempre più completa man mano che uno diviene più dotato di intelligenza.

126 E’ tempo d'operare per il Signore. Così la maggior parte dei codici: non, come qualcuno reca: O Signore. Qual è dunque questo tempo a cui si riferisce? E cos'è ciò che, secondo lui, deve essere fatto dal Signore? Senza dubbio ciò che aveva indicato con le parole precedenti: Opera nel tuo servo conforme alla tua misericordia. Di operare questo è ora tempo per il Signore. E di che si tratta, se non della grazia che a suo tempo si è rivelata in Cristo? Di questo tempo dice l'Apostolo: Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò suo Figlio . Allo stesso riguardo l'Apostolo cita una testimonianza profetica che suona: Nel tempo propizio ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso . E precisa: Eccolo ora il tempo favorevole, eccolo ora il giorno della salvezza . Ma che senso hanno le parole che il salmista, quasi a mostrare perché sia per il Signore giunto il momento d'operare, immediatamente aggiunge dicendo:

Essi hanno dissipato la tua legge? Sembra che in tanto è giunto al Signore il tempo d'agire in quanto i superbi hanno annullato la sua legge: quei superbi che, misconoscendo la giustizia di Dio e volendo affermare la propria, non si assoggettano alla giustizia di Dio . Che significa infatti: Hanno dissipato la tua legge, se non che, rendendosi colpevoli di trasgressione, essi non ne hanno conservata l'integrità? Era quindi necessario che a questi orgogliosi, presuntuosamente fieri delle risorse del proprio libero arbitrio, fosse imposta una legge causa di trasgressioni. Trovandosi in tale situazione, essi si sarebbero umiliati e compunti e avrebbero ricorso all'aiuto della grazia, guidati non dalla legge ma dalla fede. Quando poi fu annullata la legge, era ormai tempo che fosse inviata la misericordia ad opera dell'unigenito Figlio di Dio. Infatti la legge subentrò perché il delitto, ad opera del quale la legge stessa sarebbe stata annullata, raggiungesse il colmo; ma allora, essendo i tempi ormai maturi, apparve il Cristo, per il quale là dove il delitto era stato abbondante la grazia divenne più abbondante ancora .

127 Per questo io ho amato i tuoi precetti più dell'oro e del topazio. La grazia tende a questo: far eseguire con la forza dell'amore quei precetti che mediante il timore non era possibile attuare. Infatti per tale grazia viene diffusa nei nostri cuori la carità ad opera dello Spirito Santo che c'è stato dato . In vista di ciò diceva il Signore: Non sono venuto per abolire la legge ma per compierla . E l'Apostolo: Pienezza della legge è la carità . Ecco perché più che l'oro e il topazio o, come si legge in un altro salmo, più che l'oro e le pietre preziosissime . Dicono infatti che il topazio sia una pietra delle più pregiate. Purtroppo però ci furono di quelli che non compresero la grazia che si celava nel Vecchio Testamento, quasi che [fra i due Testamenti] si fosse calato un velo, ben rappresentato nel fatto che essi non osavano guardare al volto di Mosè . Costoro per conseguire una ricompensa terrena e materiale s'arrabattavano a mettere in pratica la legge di Dio, ma non riuscivano appunto perché non amavano la volontà di Dio ma qualcos'altro.

128 Perciò secondo tutti i tuoi comandamenti io mi raddrizzavo. Mi raddrizzavo perché li amavo e mediante l'amore m'immedesimavo con loro, affinché, essendo loro retti, divenissi retto anch'io. Era logico, quindi, s'avverasse quel che aggiunge, e cioè: Ho odiato ogni via dell'iniquità. Come poteva infatti non odiare la via iniqua se amava quella diritta?

Fe

129 Meravigliose sono le tue

testimonianze, per questo le ha

scrutate l’anima mia;

130 la manifestazione delle tue  parole

illumina e dà intelligenza ai piccoli.

131 Ho aperto la mia bocca e ho

attirato lo spirito perché bramavo

i tuoi comandamenti.

132 Guarda su di me ed abbi pietà

di me secondo il giudizio per gli amanti del tuo nome.

133 Dirigi i miei passi

secondo la tua parola e non mi

mi domini alcuna ingiustizia.

134 Riscattami dalle calunnie

degli uomini e custodirò i  tuoi comandamenti.

135 Fa’ splendere il tuo volto sul

tuo servo e insegnami le tue giustificazioni.

136 Rivi di acque hanno fatto scendere

i miei occhi perché non hanno

custodito la tua legge.

129 Mirabili sono le tue testimonianze; perciò l'anima mia le ha scrutate. Chi potrebbe enumerare anche per sommi capi le testimonianze di Dio? Il cielo e la terra, le creature visibili e invisibili di Dio testimoniano, per così dire, della bontà e grandezza di lui. Altrettanto il succedersi periodico degli eventi naturali, sebbene frequenti al punto da esser divenuti abituali; e così il tempo che passa strappando via ogni cosa, qualunque essa sia. Pur trattandosi di realtà temporali e caduche, di cose che per esservici assuefatti noi non calcoliamo, tuttavia se chi le considera ha senso religioso, esse rendono testimonianza al Creatore. In effetti, tra le varie creature che esistono al mondo, ce n'è forse qualcuna che non sia mirabile, se la si misuri non con la logica dell'abitudine ma con quella di una [illuminata] razionalità?

130 La manifestazione delle tue parole illumina e dà intelligenza ai piccoli. Che vuol dire " piccolo " se non umile e debole? Non insuperbirti dunque; non presumere della tua virtù (che poi non esiste), e comprenderai perché Dio, che è buono, abbia dato una legge buona ma incapace di portare alla vita. Te l'ha data per renderti piccolo, da grande che ti credevi, per farti toccare con mano che tu di tuo non avevi le forze per osservare la legge. In tal modo, sprovvisto e spoglio di risorse personali saresti ricorso alla grazia e avresti gridato: Signore, abbi pietà di me perché sono debole .

131 Aprii la mia bocca e presi fiato, perché dei tuoi precetti avevo brama. Cosa desiderava se non osservare i comandamenti di Dio? Ma, essendo debole, non aveva mezzi per compiere cose ardue; essendo piccolo, non bastava a cose grandi. Aprì allora la bocca, confessando la propria incapacità, e si attirò la forza per riuscire. Aprì la bocca chiedendo, cercando e picchiando , e nella sua sete si abbeverò di quello Spirito buono che lo mise in condizione d'osservare il comando divino, santo giusto e buono , che da solo non aveva potuto osservare. Tanto più si diventa figli buoni [di Dio] quanto maggiore è l'abbondanza di Spirito buono che il Padre ci dona. E chiede ancora. Ha aperto, è vero, la bocca e ha attirato in sé lo Spirito, ma seguita a picchiare e a cercare. Ha bevuto, ma quanto maggiore è stata la soavità che ha assaporato tanto più ardente ne è divenuta la sete. Ascolta le parole dell'assetato. Dice: 

132 Guardami e abbi pietà di me, conforme al giudizio per quei che amano il tuo nome, cioè secondo il giudizio che hai usato con coloro che amano il tuo nome: poiché prima che potessero amarti tu li avevi amati. Così dice infatti l'apostolo Giovanni. Noi amiamo Dio, dice, ma, come se qualcuno gli chiedesse la causa per cui siamo stati in grado di amarlo, soggiunge: Poiché lui ci ha amati per primo . Osserva cosa dice in maniera quanto mai esplicita anche costui:

133 I miei passi guida secondo il tuo dire, e non mi domini ingiustizia alcuna. Cosa dunque chiede se non di potere, con l'aiuto di Dio, amare Dio? Amando Dio, amerà anche se stesso e sarà in grado d'amare salutarmente il prossimo come se stesso: precetti nei quali si compendiano tutta la Legge e i Profeti . Insomma, cosa chiede nella sua preghiera se non che Dio con il suo aiuto gli faccia adempiere quei precetti che gli impone come legislatore? Ma che senso hanno le parole:

134 Liberami dalle calunnie degli uomini, e io osserverò i tuoi comandamenti?

Se mi tratterai così, se cioè, dandomi la pazienza, mi redimerai dalle loro calunnie e non mi farai tremare dinanzi alle falsità che calunniosamente mi rovesciano addosso, allora certamente, nonostante le loro calunnie, io rimarrò fedele ai tuoi comandamenti.

135 Fa' risplendere la tua faccia sul tuo servo; cioè: Manifesta la tua presenza soccorrendomi e aiutandomi. insegnami le vie della tua giustizia. Insegnamele affinché le metta in pratica, come più chiaramente si legge nell'altro testo: Insegnami a fare la tua volontà . Se infatti uno ascolta i comandamenti ma non li mette in pratica, non si può dire che li abbia imparati, anche se tiene a mente ciò che ha ascoltato.

136 I miei occhi sono discesi in scaturigini di acque, poiché loro stessi, i miei occhi, non hanno rispettato la tua legge.i Ma perché, dopo che si è trasgredita la legge, si ha da piangere così, se non perché questo vale ad impetrare la grazia?

Sade

137 Giusto sei tu, Signore, e retto è il tuo giudizio.

138 Tu hai prescritto le tue testimonianze come giustizia

e tua verità perfetta.

139 Mi ha consumato il mio zelo

perché hanno dimenticato le tue parole i miei nemici.

140 Tutta infuocata è la tua parola

e il tuo servo l’ha amata.

141 Giovane sono e disprezzato,

non ho dimenticato le tue giustificazioni.

142 La tua giustizia è giustizia in

eterno e la tua legge è verità.

143 Tribolazione e angoscia mi

hanno colto. I tuoi comandamenti

sono la mia meditazione.

144 Giustizia sono le tue

testimonianze in eterno, dammi intelletto e vivrò.

Il cantore di questo salmo aveva detto antecedentemente: I miei occhi sono discesi in scaturigini di acque, perché non hanno rispettato la tua legge, parole che attestano come egli abbia pianto copiosamente la sua trasgressione. Volendo ora indicare la ragione per cui abbia dovuto piangere tanto e dolersi così profondamente del suo peccato, dice:

137 Giusto tu sei, o Signore, e retto è il tuo giudizio; 138 hai ingiunto le tue testimonianze, che sono giustizia; hai prescritto severamente la tua verità. In effetti, chiunque pecca deve temere la giustizia di Dio e così pure il suo giusto giudizio e la sua verità. Infatti è per tale giustizia che vengono condannati tutti coloro che sono condannati, né c'è alcuno che con fondatezza possa lagnarsi della giustizia di Dio che gli ha inflitto la condanna.

139 Il mio zelo mi ha consumato Questo passo è - come sappiamo - citato anche nel Vangelo . Riguardo alla parola: Mi ha consumato, essa è simile all'altra che si legge anche nel salmo or ora citato: Mi ha divorato. Quel che poi leggono parecchi codici, e cioè: Il mio zelo, non crea alcun problema. Cosa c'è infatti di sorprendente ad essere consumati dal proprio zelo? Questo zelo è ispirato da Dio nell'anima dei suoi fedeli ad opera dello Spirito Santo; è infatti uno zelo frutto di amore, non di livore. Passa poi a considerare la fiamma di amore che gli arde in petto per la parola di Dio, e conclude: 

140 Purificato a intenso fuoco è il tuo parlare, e il tuo servo lo ama. È ovvio che fosse zelante per i nemici se vedeva in essi un cuore impenitente per cui avevano dimenticato le parole di Dio. Ardeva elevarli a quei beni che egli amava con estremo ardore.

141 Io sono assai giovane e disprezzato, ma le vie della tua giustizia non ho dimenticato. Non ho fatto come i miei nemici che hanno dimenticato le tue parole. Sembrerebbe quasi che sia più giovane di età questo tale che non ha dimenticato le vie della giustizia di Dio e che si duole perché le hanno dimenticate i suoi nemici più avanzati negli anni. Cosa infatti significano le parole: Io che sono più giovane non me ne sono dimenticato, se non: " Gli altri invece, che sono più adulti, se ne sono dimenticati "?

Bisogna intendere nel nostro testo due popoli: quei due cioè che si dibattevano in grembo a Rebecca , quando non in vista delle opere ma per volere di chi li chiamava le fu detto che il maggiore sarà servo del minore . Ora, questo figlio minore dice di essere disprezzato, ma è proprio per questo che diviene più grande: poiché Dio ha scelto le cose ignobili e spregevoli del mondo, e le cose inesistenti come se esistessero, per annullare le cose esistenti .

142 La tua giustizia è giustizia in eterno, e la tua legge è verità. Come infatti non sarebbe stata verità quella legge che fa conoscere il peccato  e che rende testimonianza alla giustizia di Dio? Così infatti si esprime l'Apostolo: Si è manifestata la giustizia di Dio, attestata dalla Legge stessa e dai Profeti .Per amore di questa [legge] il figlio minore ebbe a subire persecuzioni da parte del maggiore, e al riguardo eccolo uscire nelle parole:

143 Tribolazione e angustia m'hanno incolto: i tuoi precetti sono la mia meditazione. Si accaniscano pure contro di me e mi perseguitino; basta che io non abbandoni i comandamenti di Dio e che, in conformità con tali precetti, sappia amare anche i miei persecutori.

144 Giustizia [sono] le tue testimonianze in eterno: dammi intelletto e vivrò. Il nostro giovinetto chiede l'intelligenza, senza la quale non potrebbe comprendere più degli anziani. E la chiede quando si trova nella tribolazione e nell'angustia, al fine di comprendere quanto sia insignificante ciò che possono strappargli i nemici che lo perseguitano e, a quanto egli dice, lo disprezzano. In ordine a ciò dice: E io vivrò. E cioè: anche se la tribolazione e l'angustia arrivassero a quell'estremo che la vita presente fosse stroncata per mano di nemici persecutori, continuerebbe a vivere in eterno colui che alle cose terrene antepone la giustizia, la quale è stabile per tutta l'eternità.

Cof

145 Ho gridato con tutto il cuore:

Esaudiscimi, Signore!

Ricercherò le tue giustificazioni;

146 ho gridato a te: Salvami !

E custodirò i tuoi comandamenti.

147 Nella notte fonda ho

prevenuto e ho gridato, ho tanto

sperato nelle tue parole.

148 I miei occhi hanno prevenuto

l’alba per meditare le tue parole.

149 Ascolta, Signore, la mia voce

secondo la tua misericordia,

secondo il tuo giudizio fammi vivere.

150 Si sono avvicinati quelli

che mi perseguitano iniquamente

mentre  dalla tua legge si sono allontanati.

151 Vicino sei tu,

Signore, e tutte le tue vie sono verità.

152 Fin dall’inizio ho

conosciuto dalle tue testimonianze

che in eterno le hai fondate .

Quando preghiamo, possiamo gridare a Dio o con la voce esterna (se così esige il dovere) o anche rimanere in silenzio; comunque, in ogni preghiera deve esserci il grido del cuore. Ora questo grido del cuore consiste, manifesta il profondo desiderio e l'ardore che sorreggono l'orante a non disperare del risultato. E si grida con tutto il cuore quando nel pensiero non si ha altro [che la preghiera].

145 Io ho gridato con tutto il mio cuore: ascoltami, o Signore. Per dirci poi quale vantaggio abbia conseguito con il suo gridare, soggiunge: Le vie della tua giustizia ricercherò. Ecco perché ha gridato con tutto il suo cuore; ecco cosa ha desiderato gli fosse concesso dal Signore, qualora avesse ascoltato la sua preghiera: poter ricercare sempre le vie della sua giustizia.

146 Ho gridato: salvami! O, come leggono alcuni codici greci e latini: Ti ho gridato salvami! Che significa: Ti ho gridato, se non: " Ti ho invocato gridando? ". Ma dopo aver esclamato: Salvami, cosa aggiunge? E custodirò le tue testimonianze. Cioè non ti rinnegherò a causa della mia fragilità.  Le parole successive contengono dell'oscurità e devono essere spiegate un po' più diffusamente.

147 A notte fonda ho anticipato e gridato Il testo greco in se stesso dice: Durante la notte fonda, espressione che equivale a: In ora inopportuna, cioè quando le ore della notte non sono propizie [all'azione].

147 Durante la notte fonda ho anticipato e gridato: ho sperato nelle tue parole. Se riferiamo queste parole ai singoli fedeli e le prendiamo in senso proprio, capita spesso che durante tali ore notturne vigili l'amore per il Signore e, dietro la forte spinta che esercita il gusto della preghiera, non si aspetti ma si anticipi il tempo di pregare, che suol essere dopo il canto del gallo. Se poi per " notte " intendiamo tutta la durata del tempo presente, è certamente notte profonda tutte le volte che gridiamo a Dio prevenendo il tempo adatto, che è quello in cui egli ci accorderà quanto ci ha promesso, come altrove si legge: Preveniamo la sua faccia con la confessione . Questo appunto dicono le parole successive:

148 Prevengono i miei occhi il crepuscolo, per meditare i tuoi detti. Ammettiamo che sia stato mattino il periodo in cui spuntò una luce a coloro che giacevano nell'ombra di morte . Ebbene, non prevennero forse quest'ora mattutina gli occhi della Chiesa nella persona di quei santi che vissero antecedentemente sulla terra? Essi previdero l'avverarsi di questi fatti, meditando le parole di Dio che allora venivano dette e che nella Legge e nei Profeti annunziavano queste altre realtà future.

149 La mia voce ascolta, o Signore, secondo la tua misericordia, e secondo il tuo giudizio rimettimi in vita. Prima, infatti Dio nella sua misericordia rimette al peccatore la pena, poi, una volta che l'ha reso giusto, nella sua giustizia gli accorda la vita.

150 Si sono avvicinati i miei persecutori all'iniquità, o, come leggono alcuni codici, iniquamente. I persecutori si avvicinano quando giungono a tormentare e a uccidere il corpo. Si avvicinarono dunque i persecutori, quando sottoposero a tormenti il corpo di coloro che perseguitavano. Ma nota cosa segue: Dalla tua legge si sono allontanati. Quanto più s'avvicinavano ai giusti volendoli colpire, tanto più si allontanavano dalla giustizia.

151 Vicino sei tu, o Signore, e tutte le tue vie [sono] verità. Rientra nel costume dei santi e della loro confessione riconoscere la verità di Dio anche nei loro tormenti, in quanto cioè non li soffrono senza esserseli meritati.

152 [Fin] dall'inizio ho saputo, circa le tue testimonianze, che in eterno le avevi fondate. Quali sono queste testimonianze, se non quelle in cui Dio ha attestato di voler dare ai suoi figli un regno eterno? Ora questo [regno] egli ha testificato di volercelo dare nel suo Unigenito, del quale fu detto: Il suo regno non avrà fine . Dice dunque che tali testimonianze sono fondate per l'eternità in quanto è eterno ciò che per esse Dio ha promesso.

Res

153 Guarda la mia umiliazione e

scampami  perché non ho

dimenticato la tua legge.

154 Fa’ il mio giudizio

e riscattami, per la tua parola fammi vivere.

155 Lontana dai peccatori è la

salvezza, perché non hanno

Ricercato le tue giustificazioni.

156 Le tue misericordie sono molte

Signore, secondo il tuoi giudizi fammi vivere.

157 Molti sono i miei persecutori e i

miei oppressori, dalle tue

testimonianze non ho deviato.

158 Ho visto i prevaricatori e mi

struggevo perché non hanno

custodito le tue parole.

159 Vedi che ho amato i tuoi

comandamenti, Signore; nella tua

misericordia fammi vivere.

160 Principio delle tue parole la

verità e in eterno tutti i giudizi

della tua giustizia.

Nessuno che appartenga al corpo di Cristo può considerare a sé estranea la voce con cui si apre il brano del salmo che ora ci accingiamo ad esporre. In realtà, chi parla così è l'intero corpo di Cristo, situato nelle bassure della condizione mortale. Dice infatti:

153 Guarda alla mia miseria e liberami, perché la tua legge non ho dimenticato. Ad essere esatti, in queste parole non possiamo intendere altra legge divina se non quella per cui fu stabilito che chiunque si esalta sia umiliato e chiunque si umilia sia esaltato . Pertanto il superbo viene avviluppato nel male perché ne risulti umiliato, l'umile viene sottratto al male sicché ne è esaltato.

154 Giudica la mia causa e riscattami. È, in certo qual modo, la ripetizione dell'idea precedente. Quel che là suonava: Guarda alla mia miseria, qui è lo stesso che: Giudica la mia causa; e quel che prima diceva: Liberami, qui lo si ripete con: E riscattami. Al rimanente della prima frase: Perché la tua legge non ho dimenticato, corrisponde nella successiva: A motivo del tuo detto rimettimi in vita. Questo detto è infatti la legge di Dio, che il salmista non ha dimenticato perché nella umiliazione voleva essere esaltato, e in tale glorificazione rientra quel che egli chiede, cioè essere vivificato, poiché la gloria dei santi è la vita eterna.

155 Lungi dai malvagi è la salvezza, perché le vie della tua giustizia non hanno cercato. Queste parole sono  del corpo di Cristo, di cui noi siamo le membra.

156 Le tue misericordie sono molte, o Signore. In realtà anche il poter ricercare le vie della tua giustizia rientra nell'ambito della tua multiforme misericordia. Secondo il tuo giudizio rimettimi in vita. So infatti che nemmeno il tuo giudizio m'incoglierà senza che l'accompagni la tua misericordia.

157 Molti sono coloro che mi perseguitano e mi affliggono, ma dalle tue testimonianze non ho deviato. Sono cose avvenute. Le sappiamo, le commemoriamo, le tocchiamo con mano. La terra intera fu imporporata del sangue dei martiri.

158 Ho visto gli insensati e me ne struggevo, o, come recano altri codici: Ho visto coloro che non osservavano il patto. Ora a tale patto non sono stati fedeli coloro che, non resistendo al furore della persecuzione, hanno rinnegato le testimonianze di Dio e se ne sono allontanati. Il salmista li vedeva e se ne struggeva, poiché li amava. Aveva, cioè, lo zelo buono: quello zelo che viene dall'amore, non dall'astio. In che senso poi avessero mancato al patto, lo precisa in quel che aggiunge: Difatti i tuoi detti non hanno custodito.

159 Vedi che i tuoi comandamenti io ho amato. Descrive la radice da cui provengono i frutti di ogni martirio, poiché, se io dessi alle fiamme il mio corpo, ma non avessi la carità, non mi gioverebbe a nulla. Ora è questa carità che inculcano le parole del salmo: Vedi che i tuoi comandamenti io ho amato. In seguito ne richiede il premio: O Signore, nella tua misericordia rimettimi in vita. I nemici uccidono, tu dammi la vita.

160 Principio delle tue parole è la verità e in eterno sono tutti i giudizi della tua giustizia. E vuol dire: Le tue parole procedono da verità e quindi sono veraci ne' ingannano alcuno. Tali appunto quelle parole che predicono la vita al giusto e la pena all'empio. Ed esse sono gli eterni giudizi della giustizia divina.

Sen

161 I principi mi hanno perseguitato

senza ragione e il mio cuore ha temuto le tue parole.

162 Io esulterò per le tue parole

come chi ha trovato grande preda.

163 Ho odiato e aborrito l’ingiustizia

ma ho amato la tua legge.

164 Sette volte al giorno ti ho

lodato per i giudizi della tua giustizia.

165 Grande pace per quanti amano

la tua legge, e non c’è per loro inciampo.

166 Aspettavo la tua salvezza, Signore, e ho

amato i tuoi comandamenti.

167 Ha custodito la mia anima

le tue testimonianza e le ho amate con ardore.

168 Ho custodito i tuoi comandamenti e le tue

testimonianze perché tutte le mie vie sono davanti a te.

Sappiamo quali persecuzioni abbia subito da parte dei re della terra il corpo di Cristo, cioè la santa Chiesa. Riconosciamo quindi la sua voce nelle parole che qui dice:

161 I principi mi hanno perseguitato senza ragione, ma delle tue parole ha avuto paura il mio cuore.

Di fronte a queste tue parole il mio cuore ha temuto, e così non ho badato all'uomo che mi perseguitava e ho vinto il diavolo che voleva sedurmi. Successivamente prosegue:

162 Gioirò a motivo dei tuoi detti, come chi abbia trovalo una gran preda. .Il salmista ha avuto un certo timore per la parola di Dio; non per questo però noi dobbiamo pensare che in lui si sia insinuato dell'odio per la stessa parola. Egli infatti ha già detto: Ho esultato a motivo dei tuoi detti, parole che non avrebbe pronunciato se avesse provato dell'odio; inoltre, continuando, ecco cosa dice:

163 L'iniquità ho avuto in odio e ho aborrito, ma la tua legge ho avuto cara. Insomma, il timore derivato in lui dalle parole divine non produsse dell'odio per le stesse parole ma ne conservò intatto l'amore. Identica cosa sono infatti la legge di Dio, le sue parole e la sua rivelazione. Impossibile, dunque, che a causa del timore venga a distruggersi l'amore, quando quel timore è un timore casto.

164 Sette volte al giorno ti ho lodato per i giudizi della tua giustizia. Le parole: Sette volte al giorno, significano " sempre ". Infatti il numero sette sta di solito ad indicare la totalità.

165 Molta pace per quelli che amano la tua legge e non v'è scandalo per essi. Che dire? È la legge che non diviene scandalo per chi la ama; ovvero, per chi ama la legge, non c'è nessuna occasione di scandalo? L'una e l'altra interpretazione va bene. Difatti chi ama la legge di Dio venera anche ciò che in essa non comprende; e se qualcosa gli suona come assurdo, pensa essere lui stesso a non comprenderlo; quanto invece alla legge in se stessa pensa esservi nascosti grandi [misteri]. In tal modo la legge di Dio non gli crea scandalo.

166 Io speravo nella tua salvezza, o Signore, e ho amato i tuoi precetti. Che giovamento avrebbe recato agli antichi giusti l'aver amato i comandamenti di Dio, se non li avesse liberati Cristo, che è la salvezza di Dio? Fu anzi per un dono dello Spirito di Cristo che essi poterono amare i comandamenti di Dio.

167 La mia anima ha custodito le tue testimonianze e io le ho amate intensamente, o, come recano alcuni codici, le amò, con sottinteso l'anima mia. Le testimonianze di Dio vengono custodite quando non le si rinnega. Ma siccome lo stesso lasciarsi bruciare dalle fiamme per le testimonianze di Dio non varrebbe a nulla se mancasse la carità , per questo soggiunge: E le ho amate intensamente. Prima aveva detto: Ho amato i tuoi comandamenti; poi nel verso seguente: Ho custodito amato le tue testimonianze. Procedendo ancora, dice: Ho custodito i tuoi comandamenti le tue testimonianze.

168 Ho custodito i tuoi comandamenti e le tue testimonianze. E come se fossimo andati a chiedergli il perché della riuscita, prosegue: Poiché tutte le mie vie sono davanti a te, o Signore.

Thav

169 Si accosti la mia supplica

al tuo cospetto, Signore,

secondo la tua  parola dammi intelletto.

170 Entri al tuo cospetto la mia

supplica, secondo la tua parola liberami.

171 Faranno risuonare

le mie labbra un inno, quando mi

avrai insegnato le tue giustificazioni.

172 Proclamerà la mia lingua

la tua parola, perché tutti i tuoi

comandamenti sono giustizia.

173 Venga la tua mano a

salvarmi perché  ho scelto i tuoi comandamenti.

174 Ho bramato la tua salvezza,

Signore, e la tua legge è la mia meditazione.

175 Vivrà l’anima mia e

ti loderà e i tuoi giudizi mi aiuteranno.

176  Ho errato come una pecora

perduta , cerca il tuo servo

perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.

169 Si avvicini la mia preghiera al tuo cospetto, o Signore. Cioè: La preghiera che pronuncio sotto il tuo sguardo si avvicini a te. Infatti il Signore è vicino a coloro che hanno il cuore contrito .  Dicendo infatti: Secondo il tuo dire, è come se dicesse: " Secondo la tua promessa ".

170 Penetri la mia supplica al tuo cospetto, o Signore; secondo il tuo dire liberami. Ripete su per giù la richiesta di prima. Difatti alle parole precedenti: Si avvicini la mia preghiera al tuo cospetto, o Signore, sono simili quelle che aggiunge successivamente: Penetri la mia supplica al tuo cospetto, o Signore; e alla prima richiesta: Secondo il tuo dire dammi intelletto, corrisponde l'altra: Secondo il tuo dire liberami.

171 Proromperanno le mie labbra in inni, se tu m'insegnerai le vie della tua giustizia. Chi si gloria non si glori  di se stesso ma nel Signore , e prorompa in inni [di lode].Egli ha ormai appreso da Dio e lodato il suo Maestro. Ora vuole insegnare. Dice:

172 Celebrerà la mia lingua i tuoi detti, perché tutti i tuoi precetti sono giustizia. Affermando il proposito di diffondere le parole di Dio, diventa ministro della Parola. Difatti, sebbene a insegnare interiormente pensi Dio, tuttavia la fede nasce dall'ascolto. E come ascolteranno se non c'è chi predica ? In effetti, non si pensi che, per essere Dio colui che dà la crescita, per questo non occorra né piantare né irrigare . Divenuto banditore della parola di Dio, egli è consapevole dei pericoli che dovrà incontrare da parte degli oppositori e persecutori. Per questo soggiunge:

173 Intervenga la tua mano a salvarmi, perché ho scelto i tuoi comandamenti. Per vincere il timore e far sì che non solo il mio cuore custodisse la tua parola, ma anche la mia lingua la pronunziasse con franchezza, per questo io scelsi i tuoi comandamenti e con l'amore repressi il timore. Intervenga dunque la tua mano a salvarmi dalle mani degli avversari.

175 la mia anima, nonostante questo, vivrà e ti loderà, e i tuoi giudizi mi aiuteranno. Si tratta ovviamente di quei giudizi che già prima era tempo cominciassero dalla casa del Signore . Ma essi - dice - mi aiuteranno. Giunto ormai alla fine, ci si scopre completamente e ci manifesta chi sia stata la persona che ha parlato per tutto il salmo. Dice:

176 Io ho errato come pecorella smarrita; ricerca il tuo servo, perché i tuoi precetti non ho dimenticato.. Occorrerà sempre ricercare la pecora perduta e riportarla in vita: dico di quella pecora per la quale il pastore lasciò sui monti le altre novantanove e per rintracciarla fu piagato dalle spine della siepe giudaica . Quindi, anche se la si sta ricercando, si continui a ricercarla; anche se parzialmente ritrovata, la si ricerchi ancora. È vero, infatti, che è stata ritrovata per quel tanto che ai salmista consente di dire: I tuoi precetti non ho dimenticato; tuttavia la si ricerca ancora ad opera di coloro che, sceltisi i comandamenti di Dio, li accolgono e li amano. E viene ritrovata in mezzo a tutte le genti per i meriti del sangue versato dal suo Pastore che continua ad essere sparso ovunque. Per quanto potevo, ho esaminato ed esposto con l'aiuto del Signore questo lungo salmo. È un'impresa che hanno già compiuto (e con maggior successo) altri più sapienti e dotti di me, mentre altri la tenteranno in seguito. Non per questo però noi potevamo sottrarci a questo servizio, tanto più che me lo chiedevano con insistenza i fratelli verso i quali io ho il debito di tali prestazioni.

 

17 - salmi 136-150

Salmi numero e pagina

Salmo 136        pag 2

Salmo 137        pag 17

Salmo 138        pag 31

Salmo 139        pag 60

Salmo 140        pag 78

Salmo 141        pag 92

Salmo 142        pag 104

Salmo 143        pag 121

Salmo 144        pag 142

Salmo 145        pag 163

Salmo 146        pag 174

Salmo 147        pag 189

Salmo 148        pag 200

Salmo 149        pag 212

Salmo 150        pag 222

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

salmo 136

( di Davide, di Geremia )

1 Presso i fiumi di Babilonia,

là ci sedemmo e piangemmo ricordando Sion.

2 Ai salici in mezzo ad essa

appendemmo i nostri strumenti,

3 perché là quelli che ci avevano

fatto prigionieri;  ci chiesero parole di canti,

e quelli che ci avevano deportato

un inno: Cantateci dei canti di Sion!

4 Come canteremo il cantico del

Signore in terra straniera?

5 Se mi fossi dimenticato di te,

Gerusalemme, sia data all’oblio la mia destra.

6 Si attacchi la mia lingua al palato,

se non mi ricorderò di te,

se non avrò posto prima

Gerusalemme al principio della mia gioia.

7 Ricordati, Signore,

dei figli di Edom che nel giorno di

Gerusalemme dicono: Distruggete,

distruggete, fino alle sue fondamenta!

8 Figlia di Babilonia, miserabile.

Beato chi ti renderà il

contraccambio di ciò che tu hai fatto a noi.

9 Beato chi afferrerà e sbatterà

i tuoi piccoli contro la pietra.

Da Sacy

( di Davide, di Geremia )

1 Presso i fiumi di Babilonia,

là ci sedemmo e piangemmo ricordando Sion.

2 Ai salici in mezzo ad essa

appendemmo i nostri strumenti,

3 perché là quelli che ci avevano

fatto prigionieri;  ci chiesero parole di canti,

e quelli che ci avevano deportato

un inno: Cantateci dei canti di Sion!

4 Come canteremo il cantico del

Signore in terra straniera?

Il dolore estremo che ebbero gli israeliti, essendo condotti schiavi in un paese straniero, li faceva piangere per la memoria di Sion, cioè di Gerusalemme. Non si udivano più fra loro gli inni di giubilo che erano soliti cantare nella loro patria. Deplorando la sciagura del loro esilio sospendevano ai salici piantati lungo la sponda dei fiumi che bagnano quel regno, tutti i loro strumenti musicali, cioè si astenevano da ogni musica e da ogni sorta di inni di gioia. I loro nemici in tale situazione li insultavano E li beffeggiavano stimolandoli a cantare loro alcuni degli inni che prima si udivano in Sion: cosa che gli israeliti rifiutavano di fare per non esporre agli scherni dei nemici del Dio d’Israele le sante sinfonie e le canzoni divine. La risposta che danno loro può indicare nel tempo stesso che non potevano cantare inni di giubilo essendo in esilio e che non dovevano far udire sante canzoni dove non era servito il loro Dio. Ci sono dice Sant’Agostino due Città: l’una ha per oggetto la pace eterna e l’altra la felicità mondana. Se noi siamo cittadini di Gerusalemme e se nel secolo non viviamo come i cittadini di Babilonia, dobbiamo nutrire gli stessi sentimenti di pietà che nutrivano gli antichi ebrei nel corso del loro esilio ed essere accesi al pari di loro di un santo desiderio della città eterna. I fiumi di Babilonia sono tutti gli oggetti che si amano in questo mondo e che passano col mondo. Questi fiumi scorrono con una grande rapidità e si trascinano dietro quelli che si affidano ad essi. I veri cittadini della Santa Gerusalemme, comprendendo qual è la schiavitù dei figli di Adamo, considerano con gli occhi della fede le varie cupidigie che trasportano gli uomini del secolo e si guardano dal precipitarsi nei fiumi di Babilonia, ma sedendo sulla sponda degli stessi, umiliandosi e piangendo la propria schiavitù e quella degli altri sono infiammati da un santo ardore per giungere alla celeste Sion. Sono essi convinti che in tempo di questa vita non è quello di servirsi di strumenti musicali, cioè di rallegrarsi con il mondo. Perciò tengono essi questi strumenti come appesi sulla sponda dei fiumi di Babilonia, aspettando a servirsene in Sion , l’immagine del cielo, ove regnerà una gioia eterna.

5 Se mi fossi dimenticato di te,

Gerusalemme, sia data all’oblio la mia destra.

6 Si attacchi la mia lingua al palato,

se non mi ricorderò di te,

se non avrò posto prima

Gerusalemme al principio della mia gioia.

È questa una imprecazione che ciascuno schiavo fa contro di sé, caso mai che l’oblio della città di Gerusalemme lo porti   a farsi partecipe dell’allegria dei babilonesi, servendosi della sua mano per suonare strumenti musicali e della sua lingua per cantare gli inni di Sion nel tempo della sua schiavitù. La mia destra, dice egli, sia posta in obblio, cioè perisca e divenga assolutamente inutile come cosa di cui non si fa più menzione; la mia lingua resti attaccata al palato, cioè, sia io privo di voce e di parola come una persona che non ha più l’uso della favella, non solo se mi dimentico di Gerusalemme, ma anche se non  la pongo come oggetto di ogni mia letizia. Così è, dice Sant’Ilario, di ogni cosa, che occupa l’amore del nostro cuore. Un ubbriaco non pensa che a bere, un avaro che al denaro, un impudico che ai brutti piaceri. Ognuno si rallegra di quello che forma il suo piacere: bisognava dunque che i figli di Gerusalemme trovassero la principale loro letizia nel ricordarsene e nel parlarne. Coloro che amano di un amore particolare la celeste Sion non pensano se non alla beata immortalità che qui troveranno, alla felicità che riceveranno dall’essere ammessi alla società degli angeli santi, per entrare a far parte del regno del Signore e della sua gloria

7 Ricordati, Signore,

dei figli di Edom che nel giorno di

Gerusalemme dicono: distruggete, distruggete

fino alle sue fondamenta!

8 Figlia di Babilonia, miserabile.

Beato chi ti renderà il

contraccambio di ciò che tu hai fatto a noi.

9 Beato chi afferrerà e sfbatterà

i tuoi piccoli contro la pietra.

Il profeta che qui parla, dopo aver posto sulle labbra al popolo suo i giusti motivi che aveva esso di rattristarsi, trovandosi lontano dal suo paese e schiavo fra i barbari, pronuncia tutto d’un tratto la sentenza di condanna contro tutti i nemici del popolo medesimo, che trionfavano e si rallegravano nella sua schiavitù. I figli di Edom erano gli Idumei usciti da Esaù, fratello di Giacobbe e di conseguenza dovevano costoro considerarsi come fratelli degli Ebrei. Ciò nonostante si unirono ai loro nemici e contribuirono alla loro rovina. Davide domanda qui dunque a Dio che si ricordi di vendicare l’iniquità dei figli di Edom, che nel giorno, cioè nel tempo della rovina di Gerusalemme dicevano ai babilonesi che sterminassero ed abbattessero quella città fino dalle fondamenta. Davide poi, rivolgendosi contro Babilonia stessa le predice quale doveva essere la sua sciagura, allorché dichiara che sarebbe beato colui che la trattasse come essa  aveva trattato gli Israeliti e  percuotesse contro la pietra i suoi pargoletti. Ma il vero senso di queste parole è quello che riguarda lo stabilimento del regno eterno della Chiesa di Gesù Cristo, che veramente è stata beata allorché ha percosso i figli di Babilonia, cioè i pagani contro la pietra che altro non è, secondo San Paolo che Gesù Cristo

Da Agostino

 

( di Davide, di Geremia )

1 Presso i fiumi di Babilonia,

là ci sedemmo e piangemmo ricordando Sion.

Cosa sono dunque i fiumi di Babilonia e cosa rappresenta il nostro piangere seduti al ricordo di Sion? Se infatti siamo cittadini di quella patria, non si tratta, poi, d'un semplice canto ma di tutto un orientamento di vita. Se siamo cioè cittadini di Gerusalemme, che è lo stesso di Sion, e dobbiamo vivere in questa terra, nella confusione del mondo presente, nella presente Babilonia dove non dimoriamo da cittadini ma siamo tenuti prigionieri, bisogna che quanto detto dal salmo non solo lo cantiamo ma lo viviamo: cosa che si fa con una aspirazione profonda del cuore pienamente e religiosamente desideroso della città eterna. Anche la città terrestre chiamata Babilonia ha persone che, mosse da amore per lei, si industriano per garantirne la pace - pace temporale - non nutrendo in cuore altra speranza, riponendo anzi in questo tutta la loro gioia, senza ripromettersi altro. E noi li vediamo fare ogni sforzo per rendersi utili alla società terrena. Ora se si adoperano con coscienza pura in queste mansioni, Dio non permetterà che periscano con Babilonia, avendoli predestinati ad essere cittadini di Gerusalemme: a patto però che, vivendo in Babilonia, non ne ambiscano la superbia, il fasto caduco e l'indisponente arroganza, ma diano testimonianza di vera fede come possono, nei limiti che possono e con chi possono, valutando rettamente i beni terreni che vedono e sforzandosi di capire per quanto è in loro potere la bellezza della città [eterna]. In tale stato di cose, dunque, Dio non li lascerà perire con Babilonia, avendoli predestinati ad essere cittadini di Gerusalemme. Egli vede il loro asservimento e mostrerà loro quell'altra città, verso la quale debbano veramente sospirare e indirizzare ogni sforzo. Non solo ma dovranno anche esortare con ogni mezzo al possesso di lei i propri concittadini, ora compagni di prigionia.

2 Ai salici in mezzo ad essa

appendemmo i nostri strumenti,

Abbiamo sospeso ai salici, in mezzo a lei, i nostri strumenti musicali. I cittadini di Gerusalemme hanno i loro strumenti musicali, le Scritture divine, i comandamenti del Signore, le sue promesse, la contemplazione, sia pur relativa, del mondo avvenire. Ma, dovendo vivere in mezzo a Babilonia, sospendono questi loro strumenti ai salici di lei. Il salice è una pianta che non dà frutto.  Come ci sono persone avide di possesso, avare e infeconde in fatto di opere buone, così i cittadini di Babilonia sono come le piante di quella regione: si pascono dei piaceri che offrono le cose passeggere come fanno le piante bagnate dai fiumi di Babilonia. Vi cerchi dei frutti e mai ve li trovi. Quando c'imbattiamo in essi li troviamo così brulli che difficilmente si lascia intravedere un qualche aggancio per condurli alla vera fede, alle opere buone, alla speranza dell'aldilà, o almeno al desiderio d'essere liberati dalla prigionia della loro mortalità.

Coloro che ci avevano presi prigionieri ci chiedevano parole di cantici e l'inno. Chi, o fratelli, ci ha preso prigionieri? Quali sono stati i nemici dai quali, talvolta almeno, ci siamo sentiti condurre in prigionia? Quanto alla Gerusalemme storica, anche lei ebbe nemici che ne deportarono gli abitanti. Tali i babilonesi, i persiani, i caldei, e altri popoli delle stesse razze e regioni. Ma tutto questo le successe più tardi, non nell'epoca in cui venivano cantati questi salmi. Come però abbiamo già detto  tutte le vicende occorse storicamente a quella città sono figure che simboleggiano noi, ed è facile dimostrare che noi siamo prigionieri. Non respiriamo infatti in quell'atmosfera di vera libertà, non godiamo della purezza di quella verità né di quella sapienza che immutabile in se stessa, rinnova tutte le cose . Siamo sotto la tentazione che ci porta a godere delle realtà temporali, e dobbiamo ogni giorno lottare con l'attrattiva di piaceri illeciti. Siamo prigionieri, lo comprendiamo. Ma chi è stato a imprigionarci? quali uomini? quale nazione? quale re?  Ma chi ci ha riscattati? Cristo. E da chi ci ha riscattati? Dal diavolo. Sono stati dunque il diavolo e i suoi angeli a prenderci prigionieri, cosa che non avrebbero fatto se noi non avessimo loro consentito.

Ad essere condotti prigionieri siamo stati noi. Dei nostri conquistatori ho già parlato: sono quegli stessi assassini che ferirono il viandante che da Gerusalemme scendeva a Gerico, lo coprirono di piaghe e lo lasciarono mezzo morto. Pensò a raccoglierlo il nostro Custode, cioè il Samaritano, poiché samaritano significa appunto " custode ". Un giorno i giudei glielo rinfacciarono dicendo: Noi diciamo forse il vero che sei samaritano e indemoniato?  Delle due cose rinfacciategli egli ne respinse una mentre accettò l'altra. Disse: Io non sono un indemoniato. Non disse: Io non sono samaritano. Se infatti non ci fosse stato quel samaritano a custodirci noi saremmo andati in rovina. Passò dunque quel samaritano, vide il meschino che i briganti avevano lasciato là coperto di ferite da sembrare tutto una piaga e, come ben sapete, lo raccolse.

3 perché là quelli che ci avevano

fatto prigionieri;  ci chiesero parole di canti,

e quelli che ci avevano deportato

un inno: Cantateci dei canti di Sion!

Questi tali, dunque, che ci han portato in prigionia, cioè il diavolo e i suoi angeli, quando ci han rivolto la parola per chiederci le parole dei [nostri] cantici? Come spiegare questo passo? Quando coloro che ci pongono simili richieste son gente nella quale agisce il diavolo, si può intendere benissimo che la richiesta ci sia fatta direttamente da colui che opera in essi. Lo dice l'Apostolo: Anche voi, che eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo siete vissuti secondo lo spirito di questo mondo, secondo il principe delle potenze dell'aria, lo spirito che ora agisce nei figli della ribellione, fra i quali un tempo anche noi eravamo . Ci presenta se stesso riscattato ormai dalla cattività babilonese e in via d'uscirne fuori. Eppure cosa dice? Che abbiamo ancora da combattere con i nostri nemici. E per impedire che noi ce la prendessimo con le persone che ci perseguitano, distoglie la nostra volontà dall'odio che stavamo per concepire contro l'uomo e l'indirizza a una lotta contro certi spiriti invisibili contro i quali ci tocca combattere. Dice: Non dovete lottare contro la carne e il sangue , cioè: non contro uomini che vedete, che vi sembrano causa dei mali che subite, che vi muovono persecuzioni. Per costoro, in effetti, stando al precetto [del Signore] voi dovete pregare. Dice: Non dovete lottare contro la carne e il sangue, cioè non contro esseri umani, ma contro i principi, le potestà e i dominatori di questo mondo di tenebre. Cosa intese dire parlando di mondo? Quanti sono affezionati al mondo, che egli chiama anche tenebre.. È assodato dunque che la nostra lotta è contro principi di questo genere. Gli stessi sono stati a condurci in cattività.

4 Come canteremo il cantico del

Signore in terra straniera?

Ma tu, o popolo di Dio, o corpo di Cristo, o schiera nobile di pellegrini (non siete infatti di quaggiù, siete di un'altra patria), tu, dico, esamina la condotta che tieni in mezzo a costoro. Essi ti dicono: Cantateci le parole dei cantici, cantateci l'inno, cantateci dei cantici di Sion, e potrebbe succedere che, quasi quasi, tu li ami, ne ambisca l'amicizia e tema di urtarli. Ciò significherebbe che cominci a provar gusto per Babilonia e a dimenticarti di Gerusalemme. Temendo una simile sventura, osserva cosa aggiunge [il salmo], osserva come prosegue. Chi canta queste cose è uno che le ha sperimentate: siamo noi, se lo vogliamo. Ora un tale uomo ha dovuto affrontare un po' dovunque gente che lo interrogava così, gente che l'accarezzava con l'adulazione, che lo rimproverava con detti mordaci o gli tributava false lodi, gente pretenziosa nel chiedere cose che non capisce e per nulla disposta a svuotarsi di ciò che la riempie.

5 Se mi fossi dimenticato di te,

Gerusalemme, sia data all’oblio la mia destra.

Se mi sarò dimenticato di te, Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra. E in realtà succede proprio così. È una predizione, non un augurio. A tutti coloro che dimenticano Gerusalemme succede proprio questo: la loro destra si dimentica di loro. La vita eterna rimane isolata in se stessa, essi al contrario sono tutti presi dai gusti della vita temporale; e così fanno diventare destro ciò che invece è sinistro.

6 Si attacchi la mia lingua al palato,

se non mi ricorderò di te,

se non avrò posto sopra prima

Gerusalemme al principio della mia gioia.

S'attacchi la mia lingua al mio palato, se io di te non mi ricordo. Cioè: che io resti muto - dice - se mi dimenticherò di te. Perché infatti dovrebbe parlare, perché far rumore uno che non canta i cantici di Sion? Il cantico di Gerusalemme è il nostro linguaggio. Ogni cantico d'amore, per il mondo è un linguaggio straniero, è una lingua barbara da noi imparata durante la prigionia. Quindi uno che dimentica Gerusalemme è muto dinanzi a Dio. Né basta ricordarsi di lei. Anche i nemici se ne ricordano, vogliosi di distruggerla. Dicono: Ma che sorta di città è mai questa? E cosa sono i cristiani? come vivono i cristiani? Oh, se non ci fossero i cristiani! I prigionieri, diventati moltitudine, hanno ormai riportato vittoria sui loro conquistatori, anche se costoro continuano a brontolare e a minacciare crudeltà, progettando addirittura di uccidere la società dei santi, la città che vive pellegrina al loro fianco.

È per questo motivo che, dopo aver detto: Se mi sarò dimenticato di te, Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra; s'attacchi la lingua al mio palato, se io di te non mi ricordo, subito aggiunge: Se non avrò posto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia. Ecco dov'è la nostra suprema letizia: là dove godremo Dio, dove con ogni sicurezza vivremo nella più intima fraternità e nella compagnia dei [nostri veri] concittadini. Non ci sarà più, in quella sede, né tentatore che ci molesti o ci richiami a qualche piacere [fuori posto]. Nulla, all'infuori del bene, ci darà gioia. Ogni necessità sarà scomparsa e inizierà la perfetta beatitudine.

7 Ricordati, Signore,

dei figli di Edom che nel giorno di

Gerusalemme dicono: distruggete,

distruggete, fino alle sue fondamenta!

Ricordati, Signore, dei figli di Edom nel giorno di Gerusalemme. Qual è questo giorno di Gerusalemme? quello delle sue angustie, quello in cui fu presa prigioniera, ovvero il giorno felice della sua liberazione, il giorno in cui arriva alla meta e passa all'eternità. Dice: Signore, ricordati (cioè: Non dimenticarti) dei figli di Edom. Di chi? Di quelli che dicono: Distruggete, distruggete fin nelle sue fondamenta. Ricordati, dunque, di quel giorno in cui essi erano intenzionati a distruggere Gerusalemme. Quante persecuzioni non ha subite la Chiesa! Quante volte non si son detti i figli di Edom, cioè gli uomini carnali, sudditi del diavolo e dei suoi angeli, adoratori degli idoli di pietra e di legno, asserviti alle loro voglie materiali: Sopprimete i cristiani! sbarazzatevi dei cristiani, sicché non ne rimanga neppure uno! I figli di Edom dicono: Distruggete, distruggete; Dio al contrario dice: Servite. Quale delle due sentenze prevarrà? Non prevarrà forse la parola di Dio, che ha detto: Il maggiore sarà servo del minore?

8 Figlia di Babilonia, miserabile.

Beato chi ti renderà il

contraccambio di ciò che tu hai fatto a noi.

Figlia di Babilonia, te infelice! Infelice per la tua esultanza, la tua presunzione e le tue ostilità. Figlia di Babilonia, te infelice! La stessa città vien chiamata Babilonia e figlia di Babilonia, come Gerusalemme e figlia di Gerusalemme, Sion e figlia di Sion. Con denominazione consimile si parla di Chiesa e figlia della Chiesa: figlia a motivo della successione, madre in segno di deferenza. Ci fu in antico una Babilonia, ma forse che il popolo rimase per sempre in essa? Mediante la successione da Babilonia ebbe origine la figlia di Babilonia.

9 Beato chi afferrerà e sbatterà

i tuoi piccoli contro la pietra.

Che cosa infatti hai tu combinato e quale sarà la tua ricompensa? Ascolta: Beato chi ti renderà la ricompensa che tu hai reso a noi. Di quale ricompensa parla? Quella con cui si chiude il salmo: Beato chi prenderà e sbatterà i tuoi pargoli contro la rupe. Dichiara infelice la città nemica e beato colui che la ripaga con la stessa moneta con cui ella ha pagato noi. Interroghiamolo su questa ricompensa. Dice: Beato chi prenderà e sbatterà i tuoi pargoli contro la rupe. Ecco la paga. Cosa ci aveva fatto questa Babilonia? L'abbiamo già cantato nell'altro salmo: I motteggi degli iniqui si rivolsero contro di noi . Quando nascemmo, ci accolse bambini la confusione del mondo presente e, ancora bambini, minacciò di soffocarci con le vane dottrine di molteplici errori.

Babilonia pertanto ci ha perseguitato fin da bambini, ma, divenuti grandi, Dio ci ha dato la conoscenza di sé, non permettendo che noi seguissimo gli errori dei nostri antenati. Ecco quel che dicono, diventati giovani, i bambini che un tempo erano stati uccisi seguendo tali vanità. Siano soffocati i suoi piccoli! Sì! In compenso [del male arrecatoci] siano sfracellati i suoi piccoli e muoiano. Chi sono i piccoli di Babilonia? Le cattive passioni appena nate. C'è infatti della gente che contrasta le tendenze cattive quando sono invecchiate. Ma tu quando vedi nascere in te una passione, prima che si irrobustisca e divenga abitudine cattiva, mentre è ancora piccola, non consentirle di acquistar forza di abitudine perversa. Schiacciala mentre è ancora piccola. Ma tu forse temi che anche schiacciata non muoia. Ebbene, sbattila sulla pietra, la quale pietra è Cristo.

Dai Padri

1 Cirillo Alessandrino: la terra in mezzo ai fiumi è Babilonia.

Crisostomo: Dio aveva cacciato i giudei dalla loro città per eccitare in loro un affetto più vivo per lei. Siamo così… Bisogna che le cose ci siano sottratte perché le amiamo.

Teodoreto: quanti ritornano da Babilonia raccontano ciò che vi è accaduto.

Ilario: non c’è alcun dubbio che tutto ciò che è accaduto ai nostri padri era la figura del futuro e anche il libro dei salmi lo attesta. Infatti il salmo 77, allorché narra ciò che è accaduto in Egitto nel deserto e in seguito, mostra chiaramente che questo racconto è una parabola: attendi, popolo mio… Aprirò la mia bocca in parabole (Salmo 77,1). Anche l’apostolo dice: queste cose accaddero loro a modo di esempio e furono scritte per ammonimento a noi cui doveva toccare la fine dei secoli (1 Corinzi 10,11). I fatti dunque sono un esempio e gli scritti un insegnamento. La lamentazione del profeta si riferisce soprattutto alla schiavitù del peccato. È prigioniero di Babilonia chiunque si sia esiliato dalla Gerusalemme celeste a causa del peccato di Adamo.

Cassiodoro: queste cose accaddero loro in figura. In questo mondo vi sono due città: quella del Signore, Gerusalemme che vuol dire visione di pace è umiliata e afflitta in questo mondo per la sua speranza nell’eternità. Vi è pure quella del diavolo, Babilonia, che vuol dire confusione: è superba e spensierata in questo mondo, irrigata dai fiumi del vizio. Sulle rive di questi fiumi sono seduti i fedeli che soffrono la prigionia di questo mondo e sospirano verso la patria, versando lacrime perché non possono trovare quaggiù la pace promessa.

Cassiodoro: ci sedemmo: nell’umiltà o nell’umiliazione.

Girolamo: il peccatore cacciato dal Paradiso viene nella valle di lacrime, che è Babilonia, il cui nome significa confusione. Benché cacciati dal Paradiso, non possiamo perdere il ricordo della nostra antica felicità.

Ruperto: finché siamo nel corpo peregriniamo lontano dal Signore (2 Corinzi 5,6). Siamo prigionieri, schiavi del peccato di Adamo. Figli di Sion, piangiamo per questa schiavitù, seduti sulle rive dei fiumi di Babilonia, cioè sui vizi che dilagano nel mondo: vediamo che molti vi si perdono e anche noi dobbiamo avere paura di affondare.

2 Origene: cetre o lire, che sono oggetti per il culto. Li avevano portati con sé, provvidenzialmente, ed erano il solo ricordo della loro religione che restava loro in esilio. Questo simbolo della loro religione teneva aperta la piaga della loro anima.

Crisostomo: questi strumenti di musica sacra ricordano loro il culto di Dio.

Teodoreto: appendemmo ai salici gli strumenti musicali: infatti a loro non servivano perché la legge ordinava di celebrare il culto in un solo luogo: Gerusalemme.

Crisostomo: questi  giudei che erano venuti meno ai loro doveri verso Dio, quando erano in patria, ora si comportano molto bene in mezzo ai pagani: non canteranno per loro i canti di Sion, incuranti di qualsiasi beneficio che avrebbero potuto ottenere dalla benevolenza del vincitore. Quindi i nemici vedevano che i giudei non si ribellavano, ma gemevano per una sola cosa: per essere decaduti dal culto loro Dio.

Cassiodoro è il colmo della derisione! I nemici vogliono sentire, per loro svago, i canti del Signore che non erano mai stati ascoltati da nessuno al di fuori del popolo consacrato.

Crisostomo: non è permesso! Siamo decaduti ma custodiamo la legge di Dio. Siete padrone dei nostri corpi, non delle nostre anime.

Teodoreto: il profeta vuole che il popolo conservi un vivo ricordo della città santa e non contragga le abitudini malvagie dei vincitori. La destra è simbolo del soccorso di Dio. Mi venga meno questo soccorso, se ti dimentico.

6 Crisostomo: porrò Gerusalemme al principio dell’inno. Mi ricorderò di te con inni e cantici che esprimono l’amore e il desiderio di te. Pensiamoci a proposito della Gerusalemme celeste. Comportiamoci in modo da non essere esclusi, a causa degli atti della vita presente, da questa grande città.

Teodoreto: per me il colmo della gioia è il rivederti e il rivedere le tue feste.

Cassiodoro: se ti dimentico, che io non possa più cantare la lode di Dio… Cantare a Dio è la più grande ricompensa dei cristiani. L’esserne privati è perdere ogni consolazione.

Teodoreto: ricordati! Il profeta si limita a questo. Lascia il giudizio a Dio.

8 Origene: imprecazione dei prigionieri, non del salmista che ha detto: se ho ripagato quelli che mi facevano del male… (Salmo 7,4).

Teodoreto: cosa ti renderà ciò che ci hai fatto? È Ciro che è predetto come beato.

Cassiodoro: qui, come altrove, dobbiamo leggervi un annuncio profetico, non una imprecazione. In senso spirituale, Babilonia può essere la nostra carne, che ci spinge al peccato. I santi sanno bene renderle il contraccambio: la fanno digiunare, la mortificano, la privano di ogni godimento in modo da condurla infine alla gloria dei beati. Quale modo ammirevole di vendicarsi!

9 Origene: l’anima può concepire e generare, da parte dello spirito malvagio, dei piccoli di Babilonia, che sono i pensieri cattivi anche se questo piccolo babilonese concepito in noi non ha fatto ancora nulla di male, non bisogna aver pietà di lui anzi bisogna ucciderlo subito e spezzarlo contro la pietra che è Cristo.

Gregorio Nazianzeno: i piccoli di Babilonia appartengono allo stesso mistero al quale appartengono i primogeniti d’Egitto.

Atanasio: contro le pietre: contro il Cristo.

Cassiodoro: La pietra è il Cristo. I piccoli sono le divagazioni della carne. Quando sono piccole si possono afferrare facilmente e spezzarle; adolescenti, sarebbero già troppo forti per noi. Quando il pensiero è appena stato concepito, un buon colpo basta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

salmo 137

( salmo di Davide )

Ti confesserò Signore con tutto il mio cuore,

perché hai ascoltato le parole della

mia bocca. Davanti agli angeli salmeggerò a te.

2 Adorerò rivolto al tuo tempio santo

e confesserò il tuo nome

per la tua misericordia e la tua

verità, perché hai magnificato

sopra ogni cosa il tuo santo nome.

3 In qualunque giorno in cui ti

invocherò, esaudiscimi;  mi

accrescerai nella mia anima in virtù.

4 Ti confessino Signore, tutti i re della terra,

perché hanno ascoltato tutte le

parole della tua bocca

5 e cantino nelle vie del Signore

perché grande è la gloria del Signore.

6 Perché eccelso è il

Signore e guarda le cose umili.

e quelle alte le conosce da lontano.

7 Se camminerò in mezzo

alle tribolazioni mi farai vivere;

contro l’ira dei miei nemici hai steso la tua mano

e mi ha salvato la tua destra.

8 Il Signore ripagherà per me.

Signore, la tua misericordia è in

eterno. Non scrutare le opere delle tue mani.

 

Da Sacy

( salmo di Davide )

Ti confesserò Signore con tutto il mio cuore,

perché hai ascoltato le parole della

mia bocca. Davanti agli angeli salmeggerò a te.

2 Adorerò rivolto al tuo tempio santo

e confesserò al tuo nome

per la tua misericordia e la tua

verità, perché hai magnificato

sopra ogni cosa il tuo santo nome.

Si vede un uomo pieno di gratitudine, che vuol porgere a Dio i suoi rendimenti di grazie e che non può esprimere come vorrebbe ciò che egli sente nell’intimo del suo cuore. Perciò tutte le espressioni di cui si serve altro non significano che un grande desiderio che egli aveva di manifestare la sua gratitudine al divino benefattore. Allorché afferma che gli darà lode con tutto il suo cuore, vuol dire con tutto il suo amore, perché era suo intendimento di consacrarlo tutto intero a riconoscerle le sue grazie. Ciò che il profeta aggiunge, che egli celebrerà la sua gloria al cospetto degli angeli, ci indica che egli non può fermarsi alla vita degli uomini, ma che opererà pensando di avere per testimoni gli angeli stessi che ardono di amore divino. Non può egli neppure separare la misericordia dalla fedeltà delle promesse del Signore, essendo convinto che sebbene il Signore non possa mancare di soddisfare alla verità di quanto ha promesso, non l’abbia però promesso se non per un effetto della sua infinita misericordia. Egli ammira ugualmente nell’una e nell’altra la gloria del santo suo nome superiore ad ogni cosa e vi trova motivo di una lode e di una gratitudine illimitata.

3 In qualunque giorno  ti invocherò

invocherò, esaudiscimi;  mi

accrescerai nella mia anima in virtù.

L’esperienza del passato ha creato nel profeta una santa fiducia. Egli dice a Dio coraggiosamente che lo invoca e lo prega di esaudirlo, non per moltiplicare le sue ricchezze ma per aumentare la forza della sua anima. Abbiamo ragione di sperare che saremo esauditi in qualunque giorno invocheremo Dio, se invocandolo gli chiediamo l’aumento della virtù dell’anima, che è la sua carità, virtù che la rende invincibile contro la morte stessa.

4 Ti confessino Signore, tutti i re della terra,

perché hanno ascoltato tutte le

parole della tua bocca

5 e cantino nelle vie del Signore

perché grande è la gloria del Signore.

6 Perché eccelso è il

Signore e guarda le cose umili.

e quelle alte le conosce da lontano.

7 Se camminerò in mezzo

alle tribolazioni mi farai vivere;

contro l’ira dei miei nemici hai steso la tua mano

e mi ha salvato la tua destra.

È questo un desiderio degno della pietà di Davide: che tutti i re della terra si rechino ad annunciare la grandezza  del Signore e le meraviglie delle sue vie e riconoscano quanto è grande la sua gloria, quanto è eccelso oltre il pensare di umana mente, quanto guardi con occhio benigno i più bassi e più piccoli nel mondo, come aveva fatto verso Davide, togliendolo dalla custodia della mandria per collocarlo sul trono. Al contrario rigetta e non vede che da lontano le persone più alte, come aveva fatto con Saul re d’Israele.. Egli non guarda se non da lontano e con disprezzo ciò che sembra alto agli occhi degli uomini, al tempo stesso egli si rivolge con uno sguardo di misericordia sui piccoli e sugli uomini.

Questa è la nostra consolazione, questa la nostra fortezza. Quanto più sono potenti i nostri nemici tanto più noi dobbiamo sperare che tu stenderai  la tua mano per opporsi alla loro ira. Quanto più grande ci sembra il pericolo tanto più tu vuoi che noi ci affidiamo alla tua destra.

8 Il Signore ripagherà per me.

Signore, la tua misericordia è in

eterno. Non scrutare le opere delle tue mani.

Rafforzando Davide la sua fiducia in Dio, non pensa, dice Sant’Ilario a vendicarsi, ma si abbandona a colui che ha riservato a sé la vendetta. Senza fare caso alla ingiustizia di quelli che lo perseguitano egli considera soltanto la misericordia di chi lo protegge. Siccome ha gli occhi rivolti a questa eterna misericordia prega Dio che benevolmente guardi all’opera delle sue mani. Quello che Davide diceva di se stesso a parlando Dio, lo diceva di tutti coloro che dovevano partecipare alla sua eterna misericordia e che il Signore doveva considerare opera delle sue proprie mani e della sua destra onnipotente.

Da Agostino

( salmo di Davide )

Ti confesserò Signore con tutto il mio cuore,

perché hai ascoltato le parole della

mia bocca. Davanti agli angeli salmeggerò a te.

Confesserò a te, Signore, con tutto il mio cuore. Generalmente il titolo del salmo ci indica cosa si racchiuda nel salmo stesso. Qui però il titolo non ci indica nulla eccetto la persona per la quale si canta. Sarà il primo verso ad esporci la trama dell'intero salmo: Confesserò a te, Signore, con tutto il mio cuore. Ascoltiamo questa confessione. Tuttavia voglio ricordarvi che nelle Scritture la confessione con la quale confessiamo qualcosa a Dio può intendersi in due sensi: confessione dei peccati o confessione intesa come lode. Quanto alla confessione dei peccati, tutti la conoscono, mentre invece pochi si rendono conto della confessione in senso di lode. Ma forse che era peccatore il nostro Signore Gesù Cristo, il quale nel Vangelo afferma: Confesso a te, Padre, Signore del cielo e della terra ? Continuando il suo dire palesa cosa confessasse, e ci fa capire che non era una confessione di colpe, ma di lode. Dice: Confesso a te, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai prudenti e le hai rivelate ai piccoli. Loda il Padre, loda Dio perché non rigetta gli umili mentre umilia i superbi. Anche nel nostro salmo ascolteremo una confessione di questo genere: confessione di lode e di plauso a Dio. Confesserò a te, Signore, con tutto il mio cuore. Pongo nell'altare della tua confessione tutto il mio cuore, lo offro a te in olocausto di lode…

Per olocausto infatti si intende un sacrificio in cui l'intera vittima viene bruciata: difatti il greco corrisponde al latino totum (tutto intero).

Qual è questa mia bocca se non quella del mio cuore? È là che noi abbiamo una voce che Dio ascolta, mentre rimane del tutto impercettibile ad ogni orecchio umano. Al cospetto degli angeli salmeggerò a te. Non salmeggerò dinanzi agli uomini ma dinanzi agli angeli.

2 Adorerò rivolto al tuo tempio santo

e confesserò al tuo nome

per la tua misericordia e la tua

verità, perché hai magnificato

sopra ogni cosa il tuo santo nome.

Adorerò presso il tuo tempio santo. Qual è questo tuo santo tempio? Quello in cui abiteremo, in cui adoreremo. Alla sua adorazione tende infatti la nostra corsa. Il nostro cuore è gravido, sul punto di partorire, e cerca un posto per partorire. Orbene, quale sarà il luogo dove Dio deve essere adorato? Qual è quel mondo o quell'edificio o quel trono in cielo e fra le stelle? Lo cercheremo ricorrendo alle Sacre Scritture, e la risposta sarà nelle parole della Sapienza, là dove dice: Io ero con lui; io ero colei di cui egli si compiaceva quotidianamente.

Poiché hai glorificato il tuo santo nome sopra ogni cosa. Come intendere, fratelli, questo elogio? Egli glorificò il suo santo nome in Abramo. Difatti Abramo credette a Dio e gli fu imputato a giustizia ; tutti gli altri popoli invece sacrificavano agli idoli, adoravano i demoni. Da Abramo nacque Isacco, e anche in quella famiglia fu glorificato Dio. Dopo di lui venne Giacobbe e anche in lui fu glorificato Dio, il quale poté dire: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Giacobbe generò dodici figli, capostipiti del popolo d'Israele che, liberato dall'Egitto, condotto attraverso il mar Rosso, tentato nel deserto, alla fine fu sistemato nella terra promessa da cui erano stati scacciati vari popoli. Il nome del Signore fu dunque glorificato in Israele. Ma c'è di più. Da quel popolo trasse origine la vergine Maria; dal medesimo nacque Cristo nostro Signore, messo a morte per i nostri peccati e risorto a nostra giustificazione : lui che riempì di Spirito Santo i suoi fedeli e li mandò a predicare fra tutte le genti: Fate penitenza perché il regno dei cieli è vicino . Ecco come Dio ha glorificato il suo santo nome sopra ogni cosa.

3 In qualunque giorno ti

invocherò, esaudiscimi;  mi

accrescerai nella mia anima in virtù.

In qualunque giorno ti invocherò, presto esaudiscimi. Perché presto? Perché me lo hai detto tu. Mentre ancora tu parli ti dirò: Eccomi . Perché presto? Perché non ti chiedo una felicità terrena, avendo appreso dal Nuovo Testamento qual santo desiderio debba nutrire. Non ti chiedo la terra, non la prolificità, non la salute del corpo, non l'assoggettamento dei nemici, non le ricchezze né gli onori. Nulla di tutto questo ti chiedo. Dunque esaudiscimi presto. Mi hai insegnato cosa chiederti: dammi dunque quanto ti chiedo…

Vediamo dunque cosa chiede e a che proposito dice: Esaudiscimi presto. Cosa chiedi per essere esaudito subito? Mi moltiplicherai. In molti sensi può intendersi una moltiplicazione. Ci si moltiplica, ad esempio, mediante la generazione carnale a seguito della benedizione primordiale, impartita alla nostra natura, della quale noi abbiamo sentito parlare: Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra e dominatela . È forse in questo senso che voleva essere moltiplicato colui che chiedeva d'essere presto esaudito? Certo, anche questa moltiplicazione è causa di fecondità e non ha altra origine se non la benedizione del Signore. Che dire poi delle altre maniere di moltiplicarsi? Uno si moltiplica accumulando sempre più oro, un altro accumulando argento, un altro bestiame, un altro familiari, un altro averi, un altro aumentando in tutte queste cose insieme. Molte le possibilità di moltiplicarsi sulla terra, fra le quali la più gioconda è quella che avviene mediante la procreazione di figli, sebbene da certi individui schiavi dell'avarizia la prolificità sia considerata cosa molesta… Quale moltiplicazione chiede colui che prega: Esaudiscimi presto? Dice infatti: Tu mi moltiplicherai. Ci aspettiamo di ascoltare dove. Eccotelo! Nella mia anima. Non nella mia carne ma nella mia anima. Tu mi moltiplicherai nella mia anima…È palese ormai quale sia il suo voto, il suo desiderio; non può esserci più adito a confusione. Se avesse detto: Tu mi moltiplicherai, avresti potuto pensare a non so quale moltiplicazione di cose terrene. Per ovviare a questo ha aggiunto: Nella mia anima. Per impedirti poi di pensare a una moltiplicazione di vizi, che sarebbe avvenuta nella sua anima aggiunge: Nella virtù. Nessun'altra cosa devi desiderare da Dio, se vuoi dirgli a viso aperto e cuore sereno le parole: Esaudiscimi presto!

4 Ti confessino Signore, tutti i re della terra,

perché hanno ascoltato tutte le

parole della tua bocca

Confessino a te, Signore, tutti i re della terra. Così avverrà e così sta avvenendo, e sta avvenendo ogni giorno. Confessino a te, Signore, tutti i re della terra. Ma anche loro, ora che ti confessano e lodano, non desiderino da te vantaggi terreni. Cosa potranno infatti desiderare i re della terra? Non è loro infatti il dominio supremo? Qualunque cosa voglia l'uomo desiderare qui in terra, oltre alla dignità imperiale non può spingersi il suo desiderio. Cosa infatti potrebbe volere di più? Ci vorrebbe una dignità più alta. Ma forse, quanto più è sublime una dignità tanto più è pericolosa, per cui i sovrani quanto più sono in alto nell'onore terreno tanto più debbono umiliarsi dinanzi a Dio. Ma perché questo? Poiché hanno udito tutte le parole della tua bocca. O Signore, tutte le parole della tua bocca. La legge e i profeti, l'insieme delle parole uscite dalla tua bocca, furono un tempo nascoste entro i limiti di una nazione. Tutte le parole della tua bocca rimasero nascoste nel solo popolo giudaico…

Venne in seguito il tempo nel quale la pioggia si svelò per tutta la superficie circostante: si manifestò, non fu più cosa celata. E allora si avverò quel che era stato detto:

Confessino a te, Signore, tutti i re della terra, poiché hanno udito tutte le parole della tua bocca. Cosa volevi nascondere, o Israele? Fino a quando avresti voluto nasconderlo? Il vello fu spremuto e la pioggia uscì fuori di te. Cristo solo è la soavità di quella pioggia, e tu ti rifiuti di riconoscerlo nelle Scritture, mentre le Scritture sono state composte proprio in vista di lui e di lui solo! Al contrario, che tutti i re ti confessino, Signore, poiché hanno udito tutte le parole della tua bocca.

5 e cantino nelle vie del Signore

perché grande è la gloria del Signore.

E cantino nelle vie del Signore, poiché grande è la gloria del Signore. Cantino nelle vie del Signore i re della terra. In quali vie dovranno cantare? Quelle di cui si parlava sopra, cioè: Nella tua misericordia e nella tua verità, poiché tutte le vie del Signore sono misericordia e verità . Non siano dunque superbi i re della terra, ma umili. Se saranno umili canteranno nelle vie del Signore: amino e canteranno.

6 Perché eccelso è il

Signore e guarda le cose umili.

e quelle alte le conosce da lontano.

Nota come, secondo la volontà del Signore, debbano cantare i re per restare nelle sue vie. Debbono con umiltà portare il [giogo del] Signore, non inorgoglirsi contro il Signore. Se infatti monteranno in superbia, cosa seguirà?  Forse che, se si innalzeranno gonfi di superbia, resteranno nascosti al suo sguardo?... Come si comporta  con le cose sublimi? Le conosce da lontano. Che risultato ottiene allora il superbo? quello d'essere veduto da lontano, non quello di non essere veduto. Né devi ritenerti sicuro pensando che, per essere guardato da lontano, non ti veda bene ugualmente. Questo succede a te: se guardi da lontano a una cosa, non la vedi bene. Quanto a Dio invece, pur guardandoti da lontano ti vede perfettamente: anche se non è vicino a te. Ecco dunque cosa ottieni [con la tua superbia]: non d'essere visto [da Dio] in maniera imperfetta, ma d'essere lontano da colui che sempre ti vede. L'umile al contrario qual vantaggio ottiene? È vicino il Signore a chi ha il cuore contrito . Vuoi che Dio ti sia vicino? Sii umile. Poiché, se sarai superbo, più ti innalzerai più egli resterà alto sopra di te, egli che conosce da lontano le cose sublimi.

7 Se camminerò in mezzo

alle tribolazioni mi farai vivere;

contro l’ira dei miei nemici hai steso la tua mano

e mi ha salvato la tua destra.

Se avrò camminato nella tribolazione, tu mi darai la vita. È la verità. In qualunque angustia ti troverai, confessalo, invocalo, ed egli ti libererà e darà la vita.

Ama la vita futura e vedrai come tutta la vita presente è una tribolazione. Sia pure splendida per ogni sorta di prosperità, sia pure colma di delizie fino a traboccarne: finché non sarà giunto quel godimento certissimo ed esente da ogni tentazione che Dio ci tiene in serbo per la fine, [la vita] sarà indubbiamente una tribolazione. Cerchiamo dunque, fratelli, d'intendere a fondo questa tribolazione. Se avrò camminato nella tribolazione, tu mi darai la vita.  Non mi darai la vita se non dopo che abbia camminato in mezzo alla tribolazione.  Guai a chi ride, beato chi piange! Se avrò camminato nella tribolazione, tu mi darai la vita.

Hai steso la tua mano contro l'ira dei miei nemici. Si accanisca pure il nemico contro di me: mai riuscirà a separarmi da Dio. Tu invece, Signore, mentre tardi ad accogliermi presso di te, mi tormenti prolungando l'esilio e non concedendomi il tuo dolcissimo godimento. Non mi hai ancora inebriato dell'abbondanza della tua casa né dissetato al torrente delle tue delizie, poiché è presso di te che si trova la sorgente della vita e nel tuo fulgore vedremo la luce .

8 Il Signore ripagherà per me.

Signore, la tua misericordia è in

eterno. Non scrutare le opere delle tue mani.

Signore, li ripagherai in vece mia. Io non li ripago, tu li ripagherai in vece mia. Si accaniscano pure quanto vogliono i nemici contro di me; tu li ripagherai come io non sarei capace.  Guardate la cosa nel nostro stesso Capo, il quale ci ha lasciato l'esempio perché ne calcassimo le orme. Egli, che non ha commesso peccato e sulla cui bocca non s'è trovato inganno, che ingiuriato non rispondeva con ingiurie , giudicato non minacciava ma si rimetteva a colui che giudica rettamente… Scrive l'Apostolo: Non vi vendicate, carissimi, ma cedete il posto all'ira divina : poiché sta scritto: "A me la vendetta, io darò ciò che spetta" dice il Signore .

Egli dunque ha pagato in vece nostra.  Egli non aveva alcun debito: non pagò per sé ma per noi. Così infatti odo dalla bocca del tuo Apostolo: Siete stati salvati gratuitamente per la fede, e ciò non per merito vostro ma per dono di Dio; né è frutto delle opere, affinché nessuno se ne possa gloriare. Siamo, infatti, opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone . Pertanto, sia in riferimento al nostro essere uomini sia in riferimento alla nostra giustificazione, per la quale siamo stati mutati da peccatori [in giusti], Signore, non scrutare le opere delle tue mani.

Dai Padri

1 Atanasio: salmo della chiamata universale: in senso spirituale è il salmo dei battezzati, di coloro che sono stati illuminati.

Teodoreto: inno d’azione di grazie.

Cassiodoro: questo salmo si applica soprattutto al Signore Salvatore.

Beda: la Chiesa universale confessa il Cristo in tutto il salmo.

Crisostomo: lo dice come un rendimento di grazie. Ti ringrazio perché hai cura di me.

Origene: cantare davanti agli angeli: cantare con uno slancio infaticabile. Può significare anche: cantare con i sacerdoti.

Crisostomo: cantare davanti agli angeli: danze e canti spirituali che si fanno con loro in cielo e con la stessa agilità degli angeli.

Atanasio: gli angeli sono presenti. Per tutto il tempo osservano la vittoria che gli uomini riportano con la grazia di Dio. In rapporto al battesimo: al cospetto degli angeli che stanno davanti alla tua luce, quella di coloro che sono stati illuminati.

Teodoreto: imitiamo sulla terra i cori degli angeli del cielo.

Ilario: gli angeli sono presenti accanto ai fedeli. La Scrittura lo afferma più volte. Citiamo come esempio il salmo 33,7: Si accamperà l’angelo del Signore intorno…

2 Crisostomo: non basta piegare le ginocchia, bisogna essere presenti non solo col corpo ma anche con lo spirito.

Atanasio: per quanto riguarda il battesimo: adorerò nel tempio quando sarò stato illuminato.

Cassiodoro: tempio: è la beata incarnazione che la Chiesa adora ancora oggi nel sacramento del corpo e del sangue del Signore. L’adorazione è perfetta quando la confessione l’accompagna.

Girolamo: Gerusalemme celeste.

Crisostomo: ti rendo grazie anche per la tua gloria.

3 Crisostomo: mi rendi coraggioso: richiama Atti 5,41: gli apostoli, flagellati, se ne tornarono pieni di gioia. È uno dei più grandi doni di Dio che l’anima non sia piegata dalla tribolazione.

Teodoreto: conformemente alla tua grande potenza, avrai cura della mia anima.

Ilario: il giusto non è mai senza timore. Ma è certo di essere sempre esaudito.

Cassiodoro: moltiplicherai: mostra che il cristiano passerà attraverso molti mali, contro i quali chiede aiuti moltiplicati.

4 Crisostomo: il profeta non vuole ringraziare solo: invita i re. La loro potenza non è nulla rispetto alla tua… I tuoi doni sono visibili agli occhi di tutti: chi vuole parteciparvi lo può. I loro regni non possono offrire loro una ricchezza paragonabile alle tue parole.

Teodoreto: dopo l’incarnazione, i re e i principi di tutta la terra hanno udito la predicazione evangelica e confessano Dio.

5 Origene: vie del Signore: le virtù

Atanasio: canteranno i cantici del Signore.

Ilario: vie del Signore sono i profeti e gli apostoli.

Girolamo: per diverse vie, giungiamo all’unica via. Io sono la via  (Giovanni 14,6).

6 Atanasio: Dio che così grande e abita nei cieli, si prende cura di peccatori come noi… Non è estraneo alle cose dell’uomo. Dalla creazione del mondo ha deciso la chiamata delle genti e il loro innalzamento alle cose dell’alto, dalla creazione del mondo ha conosciuto e predestinato i suoi santi.

Teodoreto: per natura è sublime ma non trascura le più piccole cose e le assiste con la sua provvidenza.

7 Origene: la tribolazione produce la pazienza, la pazienza produce la speranza; questa opera in noi la conoscenza di Dio che è la nostra vita (Romani 5,3).

Crisostomo: non dice: sopprimerai la tribolazione ma tu mi farai vivere anche in mezzo ad essa.

Teodoreto: sono gli accenti di una fede sincera: qualsiasi calamità mi sopraggiunga confido di superarla con il tuo aiuto e che tu mi faccia vivere.

Ilario: il giusto non rifiuta la tribolazione.

7 Atanasio: il Padre ha inviato contro di loro la sua destra, cioè il Figlio che ci ha salvati.

Teodoreto: la mano di Dio su di me è di salvezza, ma la mano di Dio contro i miei nemici è un supplizio.

8 Crisostomo: il Signore pagherà per me ciò che devo se sono un debitore insolvente. Infatti il Cristo ha pagato per noi.

Ilario: il profeta lascia a Dio la vendetta.

Cassiodoro: il popolo santo prega per sé e per i propri nemici quando dice: non trascurare le opere delle tue mani. Chiede che i suoi nemici diventino suoi compagni. Seguiamo questo buon esempio, amiamo quelli che ci affliggono. Talvolta quelli che ci affliggono ci procurano più beni di quanto non facciano amici troppo indulgenti. Ama quindi la pazienza e troverai più facilmente, nel tuo nemico qualcosa da amare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo138

( Per la fine salmo di Davide )

1 Signore mi hai provato e mi hai conosciuto.

2 Tu  hai conosciuto quando siedo e quando mi alzo,

3 tu hai inteso i miei pensieri

da lontano, hai investigato il mio sentiero e la mia via.

4 E tutte le mie vie hai preveduto,

poiché non c’è parola sulla mia lingua.

5 Ecco, Signore, tu hai conosciuto

tutto, le cose ultime e le antiche,

tu mi hai plasmato e hai

posto sopra di me la tua mano.

6 Mirabile è la tua scienza,  al di

sopra delle mie forze, non potrò penetrare in essa.

7 Dove andrò lontano dal tuo Spirito, e

dove fuggirò dal tuo volto?

8 Se salirò in cielo, là tu  sei.

Se discenderò nell’inferno tu sei presente.

9 Se prenderò le mie ali all’aurora

e abiterò alle estremità del mare,

10 anche là la tua mano

mi guiderà e mi terrà la tua destra.

11 E ho detto: forse le tenebre

mi copriranno e la notte

sarà luce nelle mie delizie.

12 Perché le tenebre non saranno

oscure per te e la notte come il giorno sarà illuminata.

Come le sue tenebre così anche la sua luce.

13 Perché tu hai posseduto i miei

reni, mi hai preso dal grembo di mia madre.

14 Ti loderò  perché sei stato

magnificato in modo terribile ,

meravigliose le tue opere e l’anima

mia le conosce bene.

15 Non ti è nascosto il mio osso

che hai fatto nel segreto e  la mia sostanza

nelle parti più basse della terra.

16 Informe mi hanno visto i

tuoi occhi e sul tuo libro

tutti saranno scritti. Nel giorno

saranno formati e nessuno in essi…

17 Per me sono stati molto

onorati i tuoi amici, o Dio

molto sono stati rafforzati i loro domini.

18 Li conterò e più della sabbia si moltiplicheranno.

Sono risorto e sono ancora con te.

19 Se tu avessi ucciso o Dio i peccatori

e voi uomini sanguinari allontanatevi da me!

20 Perché dici nel pensiero:

invano prenderanno le tue città?

21 Quelli che ti odiano Signore,

non li ho forse odiati e contro

i tuoi nemici non mi struggevo?

22 Di odio perfetto li odiavo,

nemici sono diventati per me.

23 Provami o Dio e conosci il mio cuore,

interrogami e conosci i miei sentieri.

24 Vedi se vi è in me  via

d’iniquità e guidami nella via eterna.

 

Da Sacy

( Per la fine salmo di Davide )

1 Signore mi hai provato e mi hai conosciuto.

2 Tu  hai conosciuto quando siedo e quando mi alzo,

3 tu hai inteso i miei pensieri

da lontano, hai investigato il mio sentiero e la mia via.

4 E tutte le mie vie hai preveduto,

poiché non c’è parola sulla mia lingua.

5 Ecco, Signore, tu hai conosciuto

tutto, le cose ultime e le antiche,

tu mi hai plasmato e hai

posto sopra di me la tua mano.

6 Mirabile è la tua scienza,  al di

sopra delle mie forze, non potrò penetrare in essa.

Dio non ha bisogno, dice Giovanni Crisostomo di provarci per conoscerci, poiché egli conosce tutte le cose ancor prima che siano. Quindi si può dire con i padri che la prova fa conoscere l’uomo non tanto a Dio, quanto all’uomo stesso: che non si conosce propriamente se non dopo che è stato provato. Dio ha dunque una perfetta conoscenza dell’uomo in tutti gli stati della sua vita. Questo ci viene detto dal profeta in quelle parole “seduto o alzato”. Ma per evitare che alcuni o per semplicità o per ignoranza si immaginasse che Dio non conoscesse gli uomini se non mediante la prova e l’esperienza delle cose, il profeta soggiunge: che Egli ha scoperto da lontano i suoi pensieri e ha previsto tutte le sue vie, che ha osservato non solo il suo sentiero dove camminava, ma anche tutta intera la sua vita. Le sue parole sono a lui note prima che le abbia proferite la sua lingua e  i tempi futuri sono a lui presenti come tutti i tempi antichi. Questo fa vedere che essendo di una infinita estensione la luce di Dio illumina tutto e penetra quanto vi è di più oscuro in tutte le cose e in tutti i tempi, senza che abbia per ciò bisogno di prendere altrove in prestito ciò che possiede in se stessa in un grado supremo. Se Dio dunque conoscendo persino i pensieri degli uomini si serve anche della prova che non si ottiene se non dalle opere, lo fa, dice Crisostomo, affinché quelli che egli sottopone a tale prova, siano provati veramente e trovati conformi alla Sua volontà. Ne sia una prova l’aver provato la virtù di Giobbe, di cui era già a conoscenza. La dichiarazione da lui fatta al demonio dicendogli che Giobbe era un uomo giusto, sincero e pio era fondata sulla certissima conoscenza che Egli ne aveva. Dio aggiunse la prova a questa testimonianza tanto per confermare ancor meglio il suo servo Giobbe, quanto per confondere la malizia del demonio e per rendere tutti più vigilanti e più ardenti con un esempio così illustre. Ma come non potrebbe conoscere Dio l’uomo, poiché l’uomo tutto intero è opera sua? Egli l’ha creato e ha posto sopra di lui la sua mano onnipotente o per formarlo o per metterlo in salvo e condurlo con la sua provvidenza. Dopo essere stati creati abbiamo bisogno del suo sommo potere per sussistere ogni momento, e in lui, come dice San Paolo, troviamo e la vita e il moto e l’essere. Scendendo il profeta in un certo modo nell’abisso della scienza così vasta dello spirito di Dio esclama tutto d’un tratto: o quanto è mirabile e a me superiore! Quanto è sublime per poterla io raggiungere! Così quanto più ci avviciniamo a quella luce divina con un umile abbassamento, tanto più ne scopriamo l’infinita immensità e ci troviamo come oppressi sotto il peso della sua gloria.

7 Dove andrò lontano dal tuo Spirito, e

dove fuggirò dal tuo volto?

8 Se salirò in cielo, là tu  sei.

Se discenderò nell’inferno  tu sei presente.

9 Se prenderò le mie ali all’aurora

e abiterò alle estremità del mare,

10 anche là la tua mano

mi guiderà e mi terrà la tua destra.

Come presumerà l’uomo di nascondersi alla luce di quello spirito supremo che era presente in ogni luogo? Ci nascondiamo alla luce del sole entrando nella profondità della terra. Ma quale mezzo c’è per nascondersi alla luce del tutto spirituale che penetra tutti gli spiriti e tutti i corpi che è presente in cielo e nell’inferno, che si trova ugualmente in tutte le varie estremità del mare e dell’universo?

11 E ho detto: forse le tenebre

mi copriranno e la notte

sarà illuminazione nelle mie delizie.

12 Perché le tenebre non saranno

oscure per te e la notte come il giorno sarà illuminata.

Come le sue tenebre così anche la sua luce.

Le tenebre altro non sono che la privazione della luce; ma non sono le tenebre incompatibili con l’autore stesso della luce? Tremate dunque peccatori, in mezzo ai vostri piaceri e nella maggiore oscurità della notte. Non vi lusingate dicendo: forse mi potrò nascondere nelle tenebre. Non ci sono tenebre di sorta alcuna per colui che è tutto luce e che illumina ogni uomo che viene nel mondo. Sappiate che la notte per quanto possa essere oscura non ha niente di oscuro per il divino sole di giustizia. Penetra esso con i suoi luminosi raggi e scopre ciò che vi è di più nascosto nei vostri piaceri. La notte e il giorno sono la stessa cosa per il padre della luce.

13 Perché tu hai posseduto i miei

reni, mi hai preso dal grembo di mia madre.

Tu sei in possesso dei miei più reconditi affetti: io sono in tua mano fin dal seno di mia madre. In che modo, Dio mio, potrebbe un uomo nascondersi alla tua luce?  La grandezza di Dio nella creazione delle opere dell’universo e in modo particolare in quella dell’uomo, riempie il profeta di stupore. Quantunque egli abbia già dichiarato che la scienza del Signore supera infinitamente la sua capacità di comprensione e che egli non può giungere ad essa, non tralascia di aggiungere che la sua anima è tutta compresa della magnificenza delle sue opere. La stessa ignoranza in cui egli è di quello che riguarda il suo essere infinito gli diventa in certa maniera un mezzo per meglio conoscere qual è la sua grandezza.

14 Ti loderò  perché sei stato

magnificato in modo terribile ,

meravigliose le tue opere e l’anima

mia le conosce bene.

15 Non ti è nascosto il mio osso

che hai fatto nel segreto e  la mia sostanza

nelle parti più basse della terra.

Le mie ossa non sono nascoste a te che le hai fatte nel segreto, né tutta la mia sostanza che hai formato come nel profondo della terra. I tuoi occhi mi videro quando ero ancora informe e tutti i miei anni erano scritti nel tuo libro; i loro giorni sono segnati e non ve ne manca alcuno. Il profeta mostra di nuovo la perfetta conoscenza che il Signore ha di tutto ciò che si trova nell’uomo. Le mie ossa e tutta la mia mirabile struttura, non possono esserti ignote, poiché tu hai fatto quest’opera in segreto e in una maniera misteriosa per tutti gli uomini. Tutta la mia sostanza, cioè tutto quello che io sono è un effetto della tua mano onnipotente che si è adoperata a formarmi  poco a poco come nel fondo della terra; cioè nel segreto seno della madre mia. Se questo è vero per quel che riguarda la nascosta formazione del corpo umano, niente meno lo è per quello che spetta alla soprannaturale formazione del corpo mistico di Gesù Cristo che è la Chiesa in generale e ciascun fedele in particolare. Tutte queste cose sono scritte nel libro della divina conoscenza e nulla sfugge all’infinita sua luce che tutto scopre e vede ciò che ancora non è come se già fosse.

16 Informe mi hanno visto i

tuoi occhi e sul tuo libro

tutti saranno scritti. Nel giorno

saranno formati e nessuno in essi…

17 Per me sono stati molto

onorati i tuoi amici, o Dio

molto sono stati rafforzati i loro domini.

Io vedo, Dio mio, tu hai onorato in modo del tutto singolare i tuoi amici e il loro impero ha preso grande valore. Se io mi accingo a contarli, il loro numero sorpassa quello della sabbia.  Se tu, Dio mio, hai una così perfetta conoscenza di tutti gli uomini e se tanto ti sta  a cuore ogni cosa che appartenga a loro, poiché tu stesso li hai formati, estendi nondimeno in maniera del tutto singolare la tua provvidenza sopra quelli che sono il tuo popolo. Tu avevi promesso ad Abramo e a Giacobbe di moltiplicare la loro posterità come le stelle del cielo e come la sabbia che è sulla spiaggia del mare, che non si può certamente contare. Tu, Signore, hai adempiuto la tua promessa facendo crescere in questo modo la moltitudine del popolo che tu onori con la tua amicizia. Hai accresciuto la sua potenza in un  modo che può sembrare eccessivo. Questo sentimento di gratitudine aveva Davide, considerando tutto ciò che Dio aveva fatto per Israele. Quanto più dobbiamo noi essere grati a Gesù Cristo per quello che ha fatto per la Chiesa! Quelli che egli si è degnato chiamare suoi amici, sono stati sublimati nella gloria, tanto dinanzi a Dio quanto dinanzi agli uomini. La Chiesa è diffusa in tutto il mondo e composta di un numero infinito tanto di quelli che sono passati nel corso di tutti i secoli quanto di quelli che vivono al presente o che devono succedere gli uni agli altri nel corso di tutti i secoli, fino alla fine dei tempi. Si smarrisce la mente umana pensando alla innumerevole moltiplicazione degli amici di Dio e del così meraviglioso stabilimento dell’impero apostolico in mezzo alla potenza del paganesimo.

18 Li conterò e più della sabbia si moltiplicheranno.

Sono risorto e sono ancora con te.

19 Se tu avessi ucciso o Dio i peccatori

e voi uomini sanguinari allontanatevi da me!

Se è vero, Dio mio, che come hai singolarmente onorato i tuoi amici, abbatterai e distruggerai allo stesso modo i tuoi nemici, che sono i peccatori, fa’ Signore, che io non abbia alcuna parte con loro. Voi che siete uomini sanguinari allontanatevi da me, perché io ho in abbominio i vostri empi disegni e i vostri crudeli progetti, frutto del vostro orgoglio. Pensano infatti gli empi che invano il popolo di Dio si gloria nella presa delle sue città. Non resterà per lungo tempo padrone e noi lo scacceremo, malgrado il Dio che lo ha fatto possessore. Questo è il linguaggio vano ed empio che allora tenevano i nemici del popolo di Dio. Questo è pure il linguaggio da sempre tenuto dal principe degli spiriti superbi, da quando le città su cui egli aveva dapprima stabilito il suo dominio gli sono state tolte dalla fede vittoriosa dei discepoli di Gesù Cristo che hanno trionfato del suo orgoglio. Stiamo dunque molto vigilanti e preghiamo con una fede ardente, per non lasciare spazio all’opera del Maligno, per non aver invano ricevuto la grazia di Gesù Cristo.

20 Perché dici nel pensiero:

invano prenderanno le tue città?

21 Quelli che ti odiano Signore,

non li ho forse odiati e contro

i tuoi nemici non mi struggevo?

22 Di odio perfetto li odiavo,

nemici sono diventati per me.

23 Provami o Dio e conosci il mio cuore,

interrogami e conosci i miei sentieri.

24 Vedi se vi è in me  via

d’iniquità e guidami nella via eterna.

La persona che ha detto all’inizio del Salmo che il Signore l’aveva provato e conosciuto e che aveva scoperto il sentiero su cui cammina gli chiede ora alla fine del Salmo  che  lo provi ed esamini il suo cuore, che lo interroghi e osservi i sentieri per i quali cammina, come se non avesse già provato e non avesse conosciuto le sue vie. Il cuore dell’uomo è un abisso che può soltanto essere penetrato dalla luce di Dio. Bisogna dunque che Dio molto spesso lo interroghi o con le persecuzioni o con le tentazioni o con le varie tribolazioni della vita presente. C’è una via che sembra giusta all’uomo, ma che alla fine conduce alla morte. Ora mediante la prova il Signore gli fa scoprire quali siano le sue vie, lo rimette nel giusto sentiero, e lo conduce e rassicura nella via eterna cioè nella via della carità che non perirà mai mentre la via dei peccatori e degli empi deve necessariamente perire.

Da Agostino

Salmo138

( Per la fine salmo di Davide )

1 Signore mi hai provato e mi hai conosciuto.

2 Tu  hai conosciuto quando siedo e quando mi alzo,

Signore, mi hai messo alla prova e conosciuto. Dica questo lo stesso Signore Gesù Cristo. Sì, proprio lui dica al Padre: Signore. Suo Padre infatti gli è Signore, ma solo in quanto egli si è degnato nascere secondo la carne. Della sua divinità Dio è Padre, della sua umanità invece è Signore. Vuoi sapere come gli sia Padre? Per l'uguaglianza che con lui ha il Figlio. Lo dice l'Apostolo: Egli, essendo di natura divina, non considerò questa sua uguaglianza con Dio come una rapina . Nei riguardi di questa natura Dio è Padre, essendo una natura identica alla sua, in quanto il Figlio unigenito è nato dalla stessa sostanza divina. Egli però, per amor nostro, si è fatto partecipe della nostra condizione mortale. Tu mi hai conosciuto quando siedo e quando sorgo. Cos'è nel nostro contesto il sedersi e il sorgere? Chi si mette seduto s'umilia. Così il Signore si assise nella passione, si alzò nella resurrezione. Dice: Tu hai conosciuto questo, cioè tu l'hai voluto, l'hai approvato: è accaduto in conformità col tuo volere. Che se vorrai intendere la voce del Capo come applicata al corpo, diciamo anche noi: Tu mi hai conosciuto quando siedo e quando sorgo. L'uomo si mette seduto quando si umilia nella penitenza; sorge quando, rimessi i peccati, si solleva alla speranza della vita eterna. Per questo anche in un altro salmo è detto: Alzatevi dopo d'essere stati seduti, voi che mangiate il pane del dolore . Mangiano il pane del dolore i penitenti, coloro che cantando in un altro salmo dicono: Le mie lacrime sono a me pane giorno e notte . Che significa allora: Alzatevi dopo d'essere stati seduti? Non tentate d'elevarvi se prima non vi siete umiliati.

Ci sono infatti molti che vogliono sollevarsi prima d'essersi posti a sedere; vogliono apparire giusti, prima di confessare che sono peccatori. In conclusione, se le parole: Tu mi hai conosciuto quando siedo e quando sorgo le riferisci al nostro Capo, intendi che tu hai conosciuto la mia passione e la mia resurrezione. Se le parole: Tu mi hai conosciuto quando siedo e quando sorgo le riferisci al complesso del corpo significano che io ho confessato i miei peccati dinanzi ai tuoi occhi e sono stato giustificato per la tua grazia. ( Agostino )

3 tu hai inteso i miei pensieri

da lontano, hai investigato il mio sentiero e la mia via.

4 E tutte le mie vie hai preveduto,

poiché non c’è parola sulla mia lingua.

Intendi i miei pensieri da lontano; il mio cammino e il mio giacere tu scruti, e tutte le mie vie ti son note. Che significa: Da lontano? Tu hai conosciuto il mio pensiero mentre io mi trovo ancora nell'esilio, prima che raggiunga quella patria… Dio infatti si prende la rivalsa su tutti i moti del nostro cuore, in qualsiasi direzione ci muoviamo allontanandoci [da lui]. Ecco ora questo fuggiasco, in un certo qual modo scoperto, parlare e dire: Tu hai scandagliato la mia via e il mio confine. Cos'è la mia via? La direzione in cui mi ero avviato. Cos'è il mio confine? Il punto dov'ero arrivato. Tu hai scandagliato la mia via e il mio confine. Il confine da me raggiunto, per quanto avanzato, non era lontano ai tuoi occhi: avevo fatto molta strada ma [là dov'ero arrivato] tu c'eri ancora. Tu hai scandagliato la mia via e il mio confine…Tu hai preveduto tutte le mie vie. Non dice: Tu hai veduto, ma: Tu hai preveduto. Tu le hai previste prima che io le percorressi, prima che ci camminassi; e hai permesso che io mi inoltrassi fra gli stenti per quelle mie vie, suggerendomi insieme, però, che, se mi fosse piaciuto essere esente da fatica, tornassi a percorrere le vie tue. Poiché non vi è inganno nella mia lingua. Qual è il motivo di queste parole? È una confessione che ti faccio: percorrendo la mia via io mi sono allontanato da te; ti ho abbandonato mentre sarebbe stata mia felicità restare con te. Per fortuna però ho avvertito quale sventura sia stata la mia lontananza da te. Se infatti mi fossi trovato bene senza di te, forse avrei ricusato di tornare a te. Chi pertanto confessa in questa maniera i suoi peccati, chi parla [così] è il corpo di Cristo dopo che ha conseguito la giustizia, non per le proprie risorse ma per la grazia di lui. Eccolo [quindi] dire: Non vi è inganno nella mia lingua.

5 Ecco, Signore, tu hai conosciuto

tutto, le cose ultime e le antiche,

tu mi hai plasmato e hai

posto sopra di me la tua mano.

Ecco, o Signore, tu sai [già] tutto, le cose più recenti e le più antiche. Tu conoscesti la mia condizione finale, quando stavo pascendo i porci; avevi anche conosciuto la mia condizione di prima, quando venni a chiederti la porzione della mia eredità. Le vicende iniziali furono l'origine dei mali successivi. Vicenda iniziale fu il peccato che ci fece decadere; sorte conclusiva è la pena, per la quale ci troviamo nel presente stato di mortalità penosa e pericolosa… Tu mi hai modellato e hai posto su di me la tua mano. Quando mi hai modellato? Quando mi collocasti nella presente condizione mortale destinandomi agli stenti tra i quali tutti nasciamo. È vero infatti che nessun uomo nasce senza che Dio lo plasmi nel grembo di sua madre e che non c'è alcuna creatura di cui egli non sia l'artefice. Tuttavia [qui] Mi hai modellato [si riferisce] al presente affanno, e hai posato su di me la tua mano [è detto del] la mano punitrice che grava sui superbi. Dio infatti ha voluto in questa maniera abbattere l'orgoglioso per sollevare l'umile. Tu mi hai modellato e hai posto su di me la tua mano.

6 Mirabile è la tua scienza,  al di

sopra delle mie forze, non potrò penetrare in essa.

È diventata sorprendente nei miei riguardi la tua sapienza; è troppo forte: non riuscirò a raggiungerla. Ecco ora una cosa in se stessa alquanto oscura ma che, quando la si è compresa, reca non poca dolcezza. Aprite la mente e ascoltatemi. Mosè fu un santo servo di Dio e Dio parlava con lui dalla nube; poiché, per esprimersi in un linguaggio creato, doveva necessariamente parlare col suo servo assumendo una creatura. Non poteva parlare, cioè, direttamente con la sua sostanza ma doveva assumere un qualche essere corporale attraverso il quale emettere quelle voci ed indirizzarle ad orecchi umani e mortali. In questa maniera Dio parlava a quei tempi: non parlava comunicandosi attraverso la sua sostanza. In che senso si dice che Dio parla mediante la sua propria sostanza? Parola di Dio è il Verbo di Dio, e Verbo di Dio è Cristo. Ora questo Verbo non risuona un istante e poi passa; al contrario, rimane sempre e immutabilmente Verbo: quel Verbo mediante il quale tutte le cose sono state create . A questo Verbo (che poi è la stessa Sapienza di Dio) viene detto: Tu le muterai ed esse saranno mutate; tu viceversa sei sempre lo stesso. E in un altro passo scritturale, riferito ancora alla Sapienza, si dice: Restando immobile in se stessa, rinnova tutte le cose . C'è dunque una Sapienza stabile (se pure è ben detto questo " stabile "), intendendo il termine nel senso di immutabile, non nel senso di immobile. È una Sapienza che rimane sempre la stessa, che non cambia per variare né di luogo né di tempo: mai si presenta in un modo qui e in un modo là, mai in un modo adesso, in un altro modo in passato. Questa è la [vera] Parola di Dio. Quanto alla parola indirizzata a Mosè, era una parola destinata a un uomo, e risultava di sillabe, di suoni transeunti: cosa impossibile se Dio non avesse assunto un essere creato capace di emettere tali accenti e così parlare.

7 Dove andrò lontano dal tuo Spirito, e

dove fuggirò dal tuo volto?

Ecco, ora t'accorgi come colui che era scappato lontano non sfuggiva allo sguardo di colui che aveva abbandonato. E in qual parte del mondo si sarebbe potuto recare, se tutte le estremità [della terra] sono a lui note? Osservate cosa dice: Dove andrò per sottrarmi al tuo spirito? Lo Spirito del Signore riempie infatti tutta la terra , e chi, nel mondo, può fuggire lontano da quello Spirito che riempie il mondo? Dove andrò per sottrarmi al tuo spirito? E dove per sfuggire alla tua faccia? Cerca un posto dove rifugiarsi per sfuggire all'ira di Dio. Ma ci sarà un luogo capace di ospitare uno che fugge lontano da Dio?

8 Se salirò in cielo, là tu  sei.

Se discenderò nell’inferno tu sei presente.

Se salirò in cielo, là tu sei; se scenderò nell'inferno, là pure tu sei. Ti sei accorto finalmente, o perfido fuggiasco, che in nessuna maniera puoi allontanarti da colui che volevi abbandonare. Guarda! egli è dappertutto; e tu dove andrai? Ha risolto; e la risoluzione gliel'ha ispirata colui che per sua degnazione ormai lo sta richiamando. Se salirò in cielo, là tu sei; se scenderò nell'inferno, là pure tu sei. Se vorrò innalzarmi, mi imbatterò in te che mi abbassi; se vorrò nascondermi, mi imbatterò in te che mi cerchi, e non soltanto mi cerchi ma mi scopri. Se monterò in superbia a causa della mia giustizia, ivi sei tu, autore della vera giustizia. Se mi abbandonerò al peccato scendendo fino al fondo del male e trascurerò di confessare le mie colpe  (dicendo: Ma chi mi vede?  e: Nell'inferno c'è forse qualcuno che confessa a te? ), anche laggiù mi sei vicino per castigarmi. Dove dunque me ne andrò, per sfuggire il tuo volto, cioè per non sentirti adirato [con me]?

9 Se prenderò le mie ali all’aurora

e abiterò alle estremità del mare,

10 anche là la tua mano

mi guiderà e mi terrà la tua destra.

Gli è balenata alla mente una idea. Dice: Così fuggirò lontano dal tuo volto; così fuggirò lontano dal tuo Spirito. Dal tuo Spirito vendicatore, dal tuo volto minacciante castighi fuggirò così. Come? Se riprenderò le mie penne per [andare] diritto e abiterò negli estremi confini del mare, allora potrò fuggire e sottrarmi al tuo volto. Se per sottrarsi al volto di Dio vuol fuggire fino agli estremi confini del mare, sarà, questo, segno che laggiù non c'è colui dal quale fugge e del quale or ora diceva: Se scenderò nell'inferno, là pure tu sei? Strano che non sia agli estremi confini del mare colui che si trova presente anche negli inferi. Ma, dice, ora ho capito in che modo possa fuggire lontano dalla tua ira. Debbo riprendere le mie penne, non però per orientarmi in direzioni sbagliate ma giuste, senza cioè inorgoglirmi per superba presunzione e senza deprimermi in fatale disperazione. E quali sono le penne che vuol riprendere, se non quelle due ali che sono i due precetti della carità, quei precetti in cui si compendiano tutta la legge e i profeti ? Dice: Basta che recuperi queste ali, queste penne, e le usi in questa maniera, andando con esse ad abitare presso gli estremi confini del mare. Facendo così potrò insieme fuggire lontano dal tuo volto e dirigermi verso il tuo volto: potrò fuggire il tuo volto adirato e contemplare il tuo volto placato. In effetti, cos'è l'estremo confine del mare se non la fine del mondo? Voliamo a quella meta con la speranza e il desiderio, avendo come ali i due precetti della carità. Non permettiamoci soste se non quando avremo raggiunto l'estremo confine del mare. Se infatti pretenderemo fermarci altrove, precipiteremo in mare. Voliamo fino al punto dove il mare finisce, sospesi con le penne del duplice amore. Nel frattempo voliamo a Dio con la speranza, e contempliamo anticipatamente con religiosa fiducia quella meta [lusinghiera] in cui termina il mare.

11 E ho detto: forse le tenebre

mi copriranno

Considerando la lunghezza della via, cosa dice dentro di sé? E dissi: Almeno le tenebre mi coprano! Ecco, io ormai ho creduto in Cristo e volo verso l'alto sulle due ali del duplice precetto della carità. Tuttavia vedo abbondare l'iniquità del mondo e [so che], abbondando l'iniquità, la carità di molti si raffredderà. Son parole del Signore: Poiché abbonderà l'iniquità, si raffredderà la carità di molti . La mia vita in questo mondo scorre fra scandali tutt'altro che piccoli, fra una quantità enorme di peccati, fra una moltitudine spaventosa di tentazioni e di richiami al male (sono all'ordine del giorno). Ora in tal situazione - dice - cosa dovrò fare? come arriverò agli estremi confini del mare? Mi atterriscono le parole che ascolto dal Signore: Poiché abbonderà l'iniquità, si raffredderà la carità di molti; e anche le altre che aggiunge: Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvo . Pertanto, in vista della via così lunga [da percorrere], dicevo fra me: Almeno le tenebre mi coprano. E la notte [sia] luce nelle mie delizie. La notte mi si è cambiata in luce, poiché era proprio notte quando disperavo di poter traversare un mare così immenso, di percorrere una via così lunga e, perseverando sino alla fine, raggiungere il traguardo. Siano pertanto rese grazie a colui che mi ha cercato mentre ero fuggiasco, che mi ha sferzato col suo flagello piagandomi le spalle, che chiamandomi mi ha sottratto alla rovina e ha illuminato la mia notte.

e la notte

sarà illuminazione nelle mie delizie.

E la notte [sia] luce nelle mie delizie. La notte mi si è trasformata in gaudio. Nostro gaudio è infatti Cristo, e notate come già al presente godiamo di lui. Le vostre grida, codesta vostra gioia da che cosa proviene se non dalla delizia del vostro cuore? E cos'è che vi dà tanta dolcezza, se non il sapere che la vostra notte è diventata piena luce, che anche a voi è annunziata la buona novella di Cristo Signore? Che egli vi ha cercati prima ancora che voi cercaste lui e vi ha trovati permettendo che anche voi a vostra volta trovaste lui? E la notte [sia] luce nelle mie delizie.

12 Perché le tenebre non saranno

oscure per te e la notte come il giorno sarà illuminata.

Come le sue tenebre così anche la sua luce.

Poiché le tenebre non sono oscure per te. È compito tuo quindi non accrescere le tue tenebre; quanto a Dio infatti, non te le aumenta ma viceversa le rischiara. Così gli si dice in un altro salmo: Tu illuminerai la mia lucerna, Signore; Dio mio, rischiarerai le mie tenebre. Ma chi sono coloro che, in contrasto con l'azione di Dio, rendono più dense le proprie tenebre? Ovviamente si tratterà di uomini cattivi, perversi: i quali peccando diventano tenebre e poi, ricusandosi di confessare il peccato commesso, volendolo anzi difendere intensificano le proprie tenebre. Pertanto, se hai peccato sei nelle tenebre, ma meriterai di veder illuminate le tue tenebre se le confessi; se al contrario vuoi difenderle, le rendi ancora più fitte. E come potrai uscire da tenebre raddoppiate tu che stentavi tanto a liberarti da una sola tenebrosità?

Riguardo invece a Dio, perché [dire che] non accresce le nostre tenebre? Perché non tollera che i nostri peccati restino impuniti. Egli ci flagella con le presenti tribolazioni e così ci sottopone a disciplina. Sapete bene, infatti, che tutte le miserie che sopporta l'umanità e che fanno gemere il mondo sono un dolore medicinale, non una punizione vendicativa.  Se dunque Dio con tali flagelli vuol renderci saggi e impedire che le nostre tenebre crescano di spessore benediciamo Dio che alle dolcezze della vita terrena mescola dell'amaro, affinché non ci accechi l'attrattiva delle gioie mondane e per esse smettiamo di desiderare le gioie eterne. .

13 Perché tu hai posseduto i miei

reni, mi hai sostenuto dal grembo di mia madre.

Poiché tu hai posseduto i miei reni, o Signore. Non è senza motivo che, come [sono] le sue tenebre, così [è] anche la sua luce. Egli è uno che possiede interiormente, che occupa non soltanto il cuore ma anche i reni, non solo il pensiero ma anche il gusto. Egli possiede la facoltà di rendermi piacevole quel raggio di luce che mi illumina nella notte: egli occupa i miei reni, per cui non mi riesce di provare gusto diverso da quello che proviene dalla luce interiore della sua sapienza.

Il rovescio è per chi rimane chiuso nel grembo di sua madre Babilonia: gode per le prosperità mondane e si abbatte per le medesime avversità; non sa godere se non quando gli sopraggiunge qualche fortuna di tipo secolaresco, né sa rattristarsi se non quando gli capitano avversità dello stesso tipo. Esci una buona volta dal grembo di Babilonia e comincia a cantare l'inno al Signore! Esci e vieni alla luce! Uscito dal grembo di tua madre ti accoglierà Dio.

Quale Dio? Il Dio dell'apostolo Paolo, che poteva dire: Ma quando piacque a Dio, che mi aveva scelto fin dal seno di mia madre, di rivelare in me suo Figlio .

Orbene, colui che separò per sé Paolo fin dal grembo di sua madre, per sé ha separato anche noi fin dal seno di nostra madre. E qual è questa nostra madre? Babilonia. Accolti da Dio fin dal seno materno, decidiamoci a sperare altre cose. Egli ci ha promesso, fratelli, dei [veri] godimenti. Per noi ormai non esiste altro male se non offendere Dio ed essere esclusi dalle sue promesse, né altro bene se non raggiungere quel premio che è Dio e conseguire le sue promesse.

14 Ti loderò  perché sei stato

magnificato in modo terribile ,

meravigliose le tue opere e l’anima

mia le conosce bene

Confesserò a te, Signore, perché ti sei dimostrato terribilmente mirabile. Tu sei terribile nell'atto stesso che noi ti ammiriamo, per cui il nostro godimento è misto a timore. Temiamo infatti che, montando noi in superbia per i tuoi doni, perdiamo meritatamente quanto avevamo conseguito con l'umiltà. Confesserò a te, Signore, perché ti sei dimostrato terribilmente mirabile: meravigliose sono le tue opere, e l'anima mia le conosce perfettamente. Adesso l'anima conosce perfettamente che tu mi hai raccolto dal grembo di mia madre; antecedentemente la tua scienza era per me cosa sorprendente. Era eccessiva né io potevo far nulla per comprenderla. Sì, era eccessiva per me né io potevo comprenderla. Ma allora, come fa adesso l'anima mia a conoscerla appieno, se non perché quella notte si è illuminata riempiendomi di gaudio? se non perché m'ha investito la tua grazia e ha illuminato le mie tenebre? se non perché tu hai preso possesso dei miei reni? se non perché tu mi hai raccolto dal grembo di mia madre?

15 Non ti è nascosto il mio osso

che hai fatto nel segreto e  la mia sostanza

nelle parti più basse della terra.

Non è nascosto a te il mio osso, che hai creato nel segreto. Menziona il suo osso. Ciò che nel linguaggio popolare si chiama ossatura nel latino classico si chiama osso. Dice dunque: Non è nascosto a te il mio osso, che hai creato nel segreto. Ho nell'intimo una certa ossatura: è un'ossatura, questa che ho dentro dove nessuno vede, che tu mi hai formato e che non sfugge ai tuoi occhi. L'hai formata, è vero, in un posto occulto, ma forse che l'hai occultata anche a te stesso? Questa ossatura, formata da te e collocata in posto occulto, gli uomini non possono vederla, non ce la fanno; ma ben la sai tu, che l'hai formata. Cosa sarà mai quella che chiama ossatura, fratelli? È una robustezza interiore, poiché ben si raffigurano nelle ossa la robustezza e la forza. Sì, è una robustezza interiore dell'anima che le impedisce d'andare in frantumi. Ci si accaniscano contro i più svariati tormenti, le tribolazioni, le avversità che da ogni parte solleva il mondo. Ciò che nel nostro intimo Dio ha formato e reso stabile non può spezzarsi, non cede. Ora il Signore stesso ha posto in noi una robustezza, consistente nella nostra pazienza, della quale in un altro salmo è detto: Tuttavia a Dio resterà soggetta la mia anima, poiché da lui deriva la mia pazienza. L'apostolo Paolo palesa una tale ossatura, formata da Dio nel segreto, quando dice: Non solo, ma ci gloriamo pure delle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce la pazienza. Osserva come si sia formata dentro al suo cuore quella robustezza. Sappiamo che la tribolazione produce la pazienza, la pazienza la virtù provata, la virtù provata la speranza; or la speranza non inganna: poiché la carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo, che ci è stato dato . Così nell'intimo si forma e irrobustisce quell'ossatura che ci fa gloriare perfino delle tribolazioni.

16 Informe mi hanno visto i

tuoi occhi e sul tuo libro

tutti saranno scritti. Nel giorno

saranno formati e nessuno in essi…

17 Per me sono stati molto

onorati i tuoi amici, o Dio

molto sono stati rafforzati i loro domini.

I tuoi occhi videro quanto in me c'è d'imperfetto; e nel tuo libro tutti saranno scritti. Non solo i perfetti ma anche gli imperfetti. Non tema quindi chi è imperfetto; cerchi solo di avanzare. Non che, per aver io detto di non temere, essi amino la loro imperfezione e s'arrestino nel punto dove sono stati incontrati [dal buon Pastore]. Avanzino quanto possono. Ogni giorno crescano [nel bene] e si avvicinino [a Cristo]. Soprattutto però non si stacchino dal corpo del Signore, ma, uniti con le altre membra, possano meritare che anche per loro sia stata pronunziata quella voce: I tuoi occhi videro quanto in me c'è d'imperfetto; e nel tuo libro tutti saranno scritti.

Ma cosa significa: Di giorno andranno errando? Forse che andranno in rovina? Come allora resterebbe valida l'altra parola: I tuoi occhi videro quanto in me c'è d'imperfetto e nel tuo libro tutti saranno scritti? Quando dunque errarono di giorno? Quando non compresero il Signore dimorante quaggiù. E che seguì? Dice: Sono stati da me molto onorati i tuoi amici, o Dio. Quegli stessi che errarono di giorno e fra loro non ci fu nessuno, divennero tuoi amici e, visti da me, ottennero grandissimi onori. Dopo la resurrezione del Signore si formò in loro, là dove nessuno vede, quel misterioso osso, sicché, mentre durante la sua passione erano stati timorosi, poi loro stessi affrontarono la morte per il nome di lui. Sono stati da me molto onorati i tuoi amici, o Dio; sono stati resi ben saldi i loro principati. Divenuti Apostoli, divenuti capi delle chiese, divenuti quegli arieti che fanno strada alle greggi, sono stati resi ben saldi i loro principati.

18 Li conterò e più della sabbia si moltiplicheranno.

Sono risorto e sono ancora con te.

Li conterò e diventeranno numerosi più della rena. Ad opera di coloro che di giorno erano andati errando e fra loro non c'era nessuno, ecco è nata tutta questa sterminata moltitudine che, simile alla rena, nessuno all'infuori di Dio riesce a numerare. Così infatti diceva: Diventeranno numerosi più della rena. Eppure poco prima aveva detto: Li conterò. Diventeranno numerosi più della rena quelli stessi che vengono contati. Se infatti a Dio è noto il numero dei capelli della nostra testa, dev'essergli noto anche il numero dei granelli di rena . Li conterò e diventeranno numerosi più della rena.

Sono risorto e tuttora sono con te. Che vuol dire: Sono risorto e tuttora sono con te? Dice: Ho terminato la mia passione e sono stato sepolto; ecco son risorto ma essi non si rendono conto che io sono con loro.

Lo si legge nel Vangelo: il Signore nostro Gesù Cristo, dopo la sua resurrezione, apparve loro ma essi non subito lo riconobbero . Ma potrebbe avanzarsi un'altra interpretazione. Son risorto e tuttora sono con te sarebbe, cioè, da riferirsi al tempo presente quando il Figlio è occulto alla destra del Padre, prima che si manifesti in quello splendore di gloria con cui verrà a giudicare i vivi e i morti.

19 Se tu avessi ucciso o Dio i peccatori

e  voi uomini sanguinari allontanatevi da me!

20 Perché dici nel pensiero:

invano prenderanno le tue città.

Continua poi a descriverci cosa accada in questo frattempo, nel periodo cioè che segue la sua resurrezione, mentre lui è presso il Padre. Ci narra dei patimenti che qui in terra soffre nel suo corpo che è la Chiesa per la mescolanza dei peccatori e per le lacerazioni operate dagli eretici. Continuando infatti dice:  Se tu, o Dio, ucciderai i peccatori, essi conquisteranno nella vanità le loro città. Dicendoli " uccisi ", ce li lascia intendere uccisi dalla superbia di cui son gonfi e che li priva della grazia per cui sono in vita. Infatti il Santo Spirito della disciplina fugge l'ipocrita, e si allontana dai pensieri privi di senno . E questo è il modo in cui vengono uccisi i peccatori: la loro intelligenza si oscura e si estraniano alla vita di Dio. A causa dell'orgoglio non riescono a confessare [il proprio peccato] e quindi in loro, uccisi, si avvera il detto scritturale: Il morto, che non è più, ha perduto la possibilità di confessare . In questa maniera essi nella vanità conquistano le loro città, cioè le popolazioni loro soggette, vane e imitatrici della loro vanità.

Uomini sanguinari, via da me! Queste parole vengono loro dette da Dio, la cui voce è racchiusa nell'interno del pensiero, quasi che fosse Dio ad emetterla servendosi del pensiero del suo popolo santo.

21 Quelli che ti odiano Signore,

non li ho forse odiati e contro

i tuoi nemici non mi struggevo?

Chi sono infatti i tuoi nemici se non coloro che dalla vita che conducono lasciano intravedere quanto odiano la tua legge? Ebbene, se io odiavo tutta questa gente malvagia, come fanno i nemici (che son poi coloro che nella vanità conquistano le loro città), come fanno - dico - ad imputare a me i peccati di coloro che io odiavo e di fronte ai quali mi sentivo struggere di zelo per la casa di Dio

22 Di odio perfetto li odiavo,

nemici sono diventati per me.

Li odiavo con un odio perfetto. Che significa: Con un odio perfetto? In loro io odiavo le colpe da loro commesse, ma amavo la creatura tua. Ecco come si odia con odio perfetto: non odiando la persona a causa dei suoi vizi e non amando i vizi in vista della persona. Ed ora osserva come continua: Mi son diventati nemici. Nemici non soltanto di Dio ma suoi nemici personali.

Lo dichiara espressamente. Come, allora, metterà in pratica nei loro riguardi le parole  del Signore che comanda: Amate i vostri nemici? Come adempirà il suo dovere, se non ricorrendo a quell'odio perfetto, per il quale nei cattivi si odia il fatto che sono cattivi e si ama la loro condizione di uomini? C'è un esempio che risale ai tempi del Vecchio Testamento quando a quel popolo carnale venivano applicate sanzioni e pene esterne: si tratta di un uomo, che per l'intelligenza [del mistero] apparteneva al Nuovo Testamento, dico di Mosè, servo di Dio. Come poteva egli odiare quanti erano caduti in peccato, se nello stesso tempo pregava per loro? e come non li odiava se li condannava a morte? Li odiava con odio perfetto. E per la perfezione del suo odio, pur odiando le colpe che puniva, amava l'uomo per il quale pregava.

23 Provami o Dio e conosci il mio cuore,

interrogami e conosci i miei sentieri.

Mettimi alla prova, o Dio, e conoscerai il mio cuore. Sì, tu, o Dio. Tu mi metterai alla prova; tu mi conoscerai. Non l'uomo, non l'eretico, il quale non saprebbe né mettermi alla prova né conoscere il mio cuore. Se al contrario sei tu che mi provi, riscontrerai subito che io non consento alle opere dei cattivi, per quanto essi ritengano che io sia macchiato dai peccati altrui. In realtà mentre si prolunga il mio peregrinare sulla terra, faccio quel che gemendo affermo in quell'altro salmo: sono pacifico con coloro che odiano la pace , finché non giunga a quella visione di pace che corrisponde a Gerusalemme, la madre di tutti noi, la città eterna che ci attende nel cielo. Quanto a loro, invece, continuino pure a contestare, a calunniare e a separarsi [dall'unità]; conquistino pure, non nell'eternità certo, ma nella vanità le loro città. Dunque, mettimi alla prova, o Dio, e conoscerai il mio cuore; scrutami e conoscerai le mie strade

24 Vedi se vi è in me  via

d’iniquità e guidami nella via eterna

E vedi se in me c'è la via dell'iniquità e conducimi nella via eterna. Dice: Scruta le mie strade, cioè i miei propositi e i miei pensieri, e vedi se in me c'è la via dell'iniquità, da me commessa o accettata col consenso e conducimi nella via eterna. Cos'altro dice [con queste parole] se non: Conducimi in Cristo? Chi è infatti la via eterna se non colui che è la vita eterna? Eterno è colui che diceva: Io sono la via, la verità e la vita . Se pertanto nella mia via trovi qualcosa che non è gradito ai tuoi occhi, poiché la mia via è mortale, intervieni e conducimi nella via eterna, dove non c'è ombra di male, poiché, qualora ci fosse capitato di peccare, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto. Egli è l'espiazione per i nostri peccati. È lui la via eterna dove non c'è peccato, come anche la vita eterna esente da castigo.

Dai Padri

Ilario: il Signore stesso mostra che tutto il mistero della sua incarnazione è contenuto nei salmi quando dice: era necessario che tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei salmi fossero adempiute (Luca 24,44). Poiché tutte le cose sono in Cristo e per Cristo, anche se nei salmi si trovano spesso riferimenti ai patriarchi e ai profeti, tutto deve essere rapportato a lui. Tutto ciò che è detto in diversi modi, lo deve rivelare. Era necessario ricordare questi principi, per non essere tacciati di presunzione quando rapportiamo alla persona di Cristo tutta la profezia di questo salmo. Tutto l’esordio di questo salmo è una preghiera dell’uomo assunto. Mi hai provato e mi hai conosciuto: la sua prova fu l’umiliazione che gli meritò di essere adorato in cielo, sulla terra e negli inferi. Per la sua obbedienza fino alla morte, l’infermità della carne assunta ha ricevuto il nome e la gloria di Dio: gli ha dato il nome che è sopra ogni nome (Filippesi 2,9). Prendendo su di sé tutta l’umiliazione della carne caduta, il Cristo scende nel Giordano, insieme alla folla dei peccatori. Là è provato e conosciuto: infatti una voce scende dal cielo: questi è il mio Figlio diletto (Matteo 3,17). È ancora provato e conosciuto nella tentazione del deserto. Tu hai compreso i miei pensieri da lontano. Da lontano rispetto al tempo, non al luogo. Da molto tempo i profeti hanno annunciato: porrò il mio spirito sopra di lui… Non disputerà e non griderà (Matteo 12,18). Le mie vie… Il Cristo ha percorso una via annunciata dai profeti: Gerusalemme che uccidi i profeti… Matteo 23,37). Lui stesso afferma di aver seguito un cammino tracciato: ho compiuto l’opera che tu mi hai dato da fare (Giovanni 17,4). Il Padre conosceva tutte le sue vie: che la sua tunica sarebbe stata tirata a sorte (Salmo 21,8), che sarebbe stato crocifisso tra due ladroni (Isaia 53,12). Tu conosci tutto, le cose ultime: sono le prove umilianti del versetto 1; e le prime: in principio era il Verbo (Giovanni 1,1). Tu mi hai plasmato richiama Filippesi 2,6: sussistendo in natura di Dio… Assunse la natura di schiavo. La tua scienza. Ilario dà questa interpretazione: è per mezzo mio che ti si conosce pienamente. Ho manifestato il tuo nome (Giovanni 17,6). Se salgo in cielo: solo Dio può salire in cielo. Nessuno è salito in cielo all’infuori di colui che è disceso dal cielo Giovanni 3,13). E per mostrare la verità della natura assunta, il Signore ha accettato di discendere nel soggiorno dei morti (versetto 8). Le mie ali all’aurora sono una espressione simbolica della risurrezione (versetto 9). Le tenebre, simbolo della passione, non esprimono un timore del Cristo: si tratta piuttosto di una sfida lanciata alle tenebre. Infatti la vera luce non è soffocata dalle tenebre né dalla notte (Giovanni 1,5). Come potrebbe esser vinto dalle tenebre il Cristo la cui morte fu illuminazione nelle delizie? La notte della passione è delizia per il Cristo perché riscatta gli uomini e li restituisce alle delizie del paradiso. Suscepisti me de utero: è la nascita del Cristo e la sua incarnazione. Il fatto che Dio lo sostenga fin dalla nascita mostra che tutta la volontà del Cristo sarà far conoscere il Padre, di compiere la sua volontà e di bere il calice che egli  gli tende. Tutto questo è meraviglioso. È pure una cosa meravigliosa quando, al momento della morte in croce del Cristo, le tenebre coprono la terra, le rocce si spaccano… E ancora l’ascensione, la Pentecoste, i miracoli… Meravigliose le tue opere e l’anima mia le conosce a fondo. Il Cristo riferisce al Padre tutta la gloria delle opere che compiono insieme; la conoscenza che l’uno ha dell’altro è perfetta, perché il Padre è nel Figlio e il Figlio nel Padre (Giovanni 14,10). Non ti erano nascoste le mie ossa. In senso spirituale è riferito alla Chiesa. Il mistero delle nozze è grande: dico questo riguardo a Cristo e alla Chiesa (Efesini 5,32). Sono risorto: la risurrezione del Cristo è annunciata come già avvenuta. Sono uscito dal Padre e venuto nel mondo, di nuovo lascio il mondo e vado al Padre (Giovanni 16,28). Odio perfetto: dobbiamo odiare chi odia Dio. Ci viene ordinato di amare i nostri nemici, ma non i nemici di Dio. Vedi se vi è in me alcuna via di iniquità: una tale sicurezza non può essere dell’uomo ma solo del Cristo che ha detto: il principe di questo mondo non ha nulla in me (Giovanni 14,30).

1 Origene come l’oro nella fornace, così gli uomini nel crogiolo dell’umiliazione.

Atanasio: salmo dedicato a Davide, come la maggior parte dei salmi che riguardano l’avvento del Signore.

Cassiodoro: salmo pieno di mistero. È detto a nome del Cristo.

Beda: tutti i padri affermano che nella prima parte del salmo il Cristo parla della sua morte e risurrezione.

2 Origene: risvegliarsi è passare a una vita spirituale.

Cassiodoro: riposo: esprime bene la morte del Signore che fu un riposo e non il castigo comune a tutti gli uomini.

3 Origene: il verbo impiegato non evoca qualcuno che cerca e scruta ma qualcuno che conosce tutto.

Cassiodoro: hai previsto le mie vie al punto da farle scrivere tutte dai profeti. Molto tempo prima, questi hanno scritto: come un agnello davanti al tosatore (Isaia 53,7).

5 Origene: hai posto su di me la tua mano: è il dono dello spirito.

6 Basilio: mirabile è la conoscenza di te che io traggo da me. Vedendo la scienza dispiegata in me, con quale sapienza il mio corpo è stato costruito, partendo da questa povera creatura comprendo la grandezza di colui che l’ha plasmata.

Crisostomo possiamo arrivare a comprendere che Dio esiste, ma ciò che egli è lo ignoriamo.

Girolamo: non posso penetrare le profondità della tua sapienza.

7 Origene: non solo non fuggirà Dio, ma in lui ritrova il suo creatore.

8 Crisostomo: non dice: tu mi seguirai dovunque ma tu sei presente in ogni luogo

9 Teodoreto: all’aurora: oriente. All’estremità del mare: a occidente.

Cassiodoro: le ali sono il simbolo della risurrezione e l’aurora è l’ora della risurrezione.

Girolamo raccomanda la traduzione di Simmaco. La notte mi circonda come una luce. Anche i versetti che seguono hanno lo stesso significato.

12 Teodoreto: per te, che sei luce spirituale, la notte stessa è perfettamente luminosa e più chiara del giorno.

13 Atanasio: possiedi i miei reni: questo stico esprime il timore di Dio. Io ti temo sempre.

Crisostomo: hai cura di me da sempre.

Teodoreto: ti sei fatto mio pedagogo, mio precettore, mia guida; alla mia nascita la tua misericordia è stata la prima a raggiungermi.

14 Teodoreto: immergendomi nella luce della tue meraviglie, ti lodo.

Cassiodoro: il Padre ha compiuto delle meraviglie terribili e mirabili quando la morte di Cristo è stata accompagnata dalle tenebre, dal terremoto, dalla risurrezione dei morti. E poi la risurrezione del Cristo, la sua ascensione… È la Trinità che ha fatto questo, ma secondo il suo solito il Cristo lo attribuisce alla potenza del Padre, per manifestare la loro unità.

15 Origene: la formazione dello scheletro sfugge a tutti tranne che a Dio. Lui vede tutto.

Atanasio: mentre venivo formato, i tuoi occhi mi hanno visto, e non solo: sono stato annoverato nel tuo libro, coi miei connotati.

Crisostomo: mi hai visto quando ero ancora informe e mi hai visto anticipatamente, come un essere completamente formato, il quale non mancava neppure un giorno al suo pieno sviluppo.

18 Origene cita Efesini 5,14: risvegliati, o tu che dormi e risorgi dai morti.

Crisostomo: sono risorto e sono ancora con te.

19 Cassiodoro: prima di tutto e soprattutto non credere che il Cristo chieda la morte dei peccatori: è venuto per salvarli (Matteo 9,13). Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori. Uccidere il peccatore vuol dire farlo morire al peccato perché viva per Dio (confronta Romani 6,10).

20 Crisostomo: chi si ribella a te, si innalza invano.

21 Origene: l’odio perfetto è quello che non ha altra motivazione che lo zelo di Dio. È parallelo alla carità perfetta che ama per puro amore di Dio.

Teodoreto: dipendo dal tuo amore, Signore; amo ciò che tu ami e odio ciò che tu odi. Tuttavia non li perseguito col mio odio ma soffro per loro, mi addoloro e muoio.

Cassiodoro: il Signore nel Vangelo ci invita ad amare i nemici: quelli che ci affliggono personalmente e quelli che ce l’hanno con noi perché forse noi stessi abbiamo dei torti. Il caso è diverso quando questi disprezzano Dio ostinatamente.

22 Cassiodoro: odio perfetto: amare l’uomo e odiare il vizio.

24 Ruperto: il Cristo, cantore per eccellenza di ogni confessione e lode, canta al Padre questo salmo che parla di sé. Protagonista di tutto il salmo è il Cristo. Egli esprime la sua perfetta giustizia, conforme alla sua umanità e alla sua grandezza, conforme alla sua divinità, affinché i fedeli lo credano vero Dio e vero uomo e, attirati dal suo esempio, non rifiutino di essere perseguitati e disprezzati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 139

1 ( per la fine, salmo di Davide )

2 Liberami, Signore, dall’uomo

malvagio, dall’uomo ingiusto liberami.

3 Questi hanno tramato

ingiustizie nel cuore; tutto il giorno

preparavano battaglie.

4 Hanno aguzzato la loro lingua

come quella di un serpente.

Veleno di aspidi è sotto le loro labbra.          pausa

5 Custodiscimi Signore dalla mano

del peccatore, dagli uomini ingiusti

liberami, questi hanno tramato

di far inciampare i miei passi.

6 Mi hanno nascosto un laccio i

superbi e funi hanno teso come

laccio ai miei piedi; lungo il

cammino mi hanno posto un inciampo.           pausa

7 Ho detto al Signore:

Dio mio sei tu. Ascolta Signore

la voce della mia supplica.

8 Signore, Signore, potenza della

mia salvezza hai steso la tua ombra

sopra il mio capo nel giorno della guerra.

9 Non consegnarmi, Signore, al

peccatore per il mio desiderio.

Hanno tramato contro di me,

non abbandonarmi perché non si esaltino

Pausa

10 Il principio del loro girare

intorno, la fatica delle loro labbra li coprirà.

11 Cadranno su di loro carboni.

Li getterai nel fuoco.

Nelle miserie non sussisteranno.

12 L’ uomo linguacciuto non

camminerà dritto sulla terra. L mali

cattureranno l’uomo ingiusto nella rovina.

13 So che il Signore farà il giudizio del misero

e la vendetta dei poveri.

14 Ma i giusti confesseranno

il tuo nome, abiteranno i retti col  tuo volto.

 

Da Sacy

1 ( per la fine, salmo di Davide )

2 Liberami, Signore, dall’uomo

malvagio, dall’uomo ingiusto liberami.

3 Questi hanno tramato

ingiustizie nel cuore; tutto il giorno

preparavano battaglie.

Per uomo iniquo e malvagio non intende il profeta solamente Saul, ma anche tutti i suoi nemici, di cui parla subito dopo. Questi non pensavano in cuore loro che a commettere iniquità, tutto il giorno attaccavano battaglia, soprattutto con le loro lingue, che aguzzavano come quella del serpente per dare la morte con un veleno quale è quello degli aspidi, lacerando con le parole avvelenate delle loro labbra. Bisogna sempre osservare con San Giovanni Crisostomo che i giusti nelle loro preghiere chiedono soprattutto di essere liberati dal peccato, solo male che offenda l’uomo.

4 Hanno aguzzato la loro lingua

come quella di un serpente.

Veleno di aspidi è sotto le loro labbra.          pausa

5 Custodiscimi Signore dalla mano

del peccatore, dagli uomini ingiusti

liberami, questi hanno tramato

di far inciampare i miei passi.

6 Mi hanno nascosto un laccio i

superbi e funi hanno teso come

laccio ai miei piedi; lungo il

cammino mi hanno posto un inciampo.           pausa

Se queste parole si intendono di Davide perseguitato da Saul e da tutti gli altri suoi nemici, non hanno bisogno di spiegazione alcuna, denotando esse chiaramente tutti gli artifici da loro adoperati per sorprendere il santo uomo, che da loro non era odiato se non per compiacere a Saul. Se nella persona di Davide noi vediamo Gesù Cristo e le sue membra troveremo che il peccatore, che è propriamente il principe delle tenebre del peccato e tutti gli uomini iniqui o superbi che egli riempie del suo orgoglio, è continuamente impegnato a tendere lacci ai buoni in una maniera così nascosta che questi vi cadono senza neppure avvedersene. Crudele consolazione dei ministri dell’Angelo superbo che dopo essere caduti non pensano che a tendere agguati per ogni dove per sorprendere quelli che sono in piedi! Lezione importantissima per tutti i giusti che devono imparare dalle parole del Santo profeta che c’è bisogno di una profonda umiltà che li obblighi a ricorrere all’assistenza di colui che solo è capace di preservarli dalla mano, cioè dalla potenza del peccatore!

7 Ho detto al Signore:

Dio mio sei tu. Ascolta Signore

la voce della mia supplica.

8 Signore, Signore, potenza della

mia salvezza hai steso la tua ombra

sopra il mio capo nel giorno della guerra.

9 Non consegnarmi, Signore, al

peccatore per il mio desiderio.

Hanno tramato contro di me,

non abbandonarmi perché  non si esaltino.       Pausa

L’impenetrabile scudo che il santo uomo opponeva a tutti gli strali dei suoi nemici era la fiducia piena di fede, che egli aveva nel Signore. Parlava non con le labbra ma con l’intimo del cuore: tu sei il mio Dio, cioè non conosco e non amo altri fuori di te, mi appoggio sopra te solo. Esaudiscimi quando ti farò la mia preghiera con ardore; esaudisci colui che non spera la sua salvezza se non dalla forza del tuo braccio onnipotente e che riconosce che nelle guerre da lui sostenute sino al giorno d’oggi tu hai protetto il suo capo con la tua ombra e lo hai difeso contro tutti i suoi nemici. Non mi dare in balia al desiderio che ha il peccatore di rovinarmi. Se tu mi abbandoni io sono consegnato in potere dei miei nemici. Abbi riguardo alla tua gloria, considerando che se tu abbandoni il tuo servo ai suoi persecutori questi potranno gonfiarsi di orgoglio contro di te ed attribuire alla loro forza il vantaggio da essi ottenuto… Questa preghiera è mirabile nella bocca di tutti i cristiani a cui la fede ha insegnato che i nemici della vita e della corona di Davide rappresentavano in modo eccellente i nemici spirituali della nostra salute.

10 Il principio del loro girare

intorno, la fatica delle loro labbra li coprirà.

11 Cadranno su di loro carboni.

Li getterai nel fuoco.

Nelle miserie non sussisteranno.

Tutta la malignità dei loro raggiri e tutto il male che le loro labbra si sforzano di fare, opprimerà loro stessi. Cadranno carboni sopra di loro e li precipiterai nel fuoco; nelle miserie non potranno più reggersi. Tale è il funestissimo fine ove andranno a finire tutti i progetti, gli artifici e i lacci dei malvagi. Accendono essi stessi col soffio delle loro lingue il fuoco entro cui per sempre li farà cadere la divina giustizia. Non pensando che a rendere miseri gli altri si preparano miserie eterne. Si può inoltre dire con Sant’Agostino che anche in questo mondo i carboni ardenti o i flagelli della divina giustizia cadono spesso sul capo degli empi e si vedono essi precipitati nel fuoco delle varie tribolazioni. Ma la differenza che si trova tra i malvagi e i giusti è che là dove la tribolazione è rispetto agli ultimi come un fuoco che li prova e purifica come l’oro, essa è anche al contrario rispetto agli altri come una fornace ardente che li consuma e in cui non possono sussistere non essendo se non come legna o fieno o paglia che non possono resistere alle fiamme

12 L’ uomo linguacciuto non

camminerà dritto sulla terra. I mali

cattureranno l’uomo ingiusto nella rovina.

13 So che il Signore farà il giudizio del misero

e la vendetta dei poveri.

14 Ma i giusti confesseranno

il tuo nome, abiteranno i retti col  tuo volto.

L’uomo linguacciuto non sarà ben stabilito sulla terra. L’uomo ingiusto si troverà oppresso dai mali alla sua morte. Parla qui Davide principalmente di quelli che non ponendo alcun freno alla loro lingua si abbandonano a screditare il loro prossimo con le loro calunnie, come facevano i nemici del santo profeta che per invidia o per compiacere al re Saul, ne facevano scempio in continuazione con le loro maldicenze… Davide è afflitto e perseguitato: è privo di soccorso da parte degli uomini come uno di quei poveri che si trascurano e si disprezzano. Ciò nonostante afferma il profeta con certezza: che il Signore gli farà giustizia e vendicherà i poveri ed abbandonati al par suo. Pochi uomini lo ammettono e si sostengono con una fede così viva in simili afflizioni. I giusti renderanno sempre grazie a Dio e loderanno il suo nome senza prendersi pensiero di chiedergli le ragioni della sua condotta: lo ringrazieranno e loderanno in ogni tempo ed in ogni cosa. Quelli che hanno il cuore retto, aggiunge Giovanni Crisostomo,  avendolo sempre presente nel loro cuore, non si allontanano mai da lui. In questo senso egli spiega le parole: che abiteranno essi sempre alla presenza di Dio, cioè si terranno fermi accanto a lui senza staccarsene per alcuna sopravveniente tribolazione. Si può anche intendere alla lettera come segue: il Signore farà giustizia e vendetta di quelli che hanno afflitto i poveri, i giusti al contrario e quelli che hanno il cuore retto loderanno incessantemente il nome di colui che avrà preso la loro difesa e godranno degli sguardi propizi del suo volto,  e godranno eternamente della sua presenza, cosa che costituisce tutta la beatitudine degli spiriti celesti.

Da Agostino

1 ( per la fine, salmo di Davide )

Per la fine. Salmo, per lo stesso David. Per fine non intendere altro se non quanto ti è stato già fissato con autorità dall'Apostolo: Fine, infatti, della legge è Cristo, a giustizia per ogni credente . Se pertanto in un salmo odi le parole: Per la fine, indirizza il cuore a Cristo. Il titolo del salmo, in realtà, è una specie di araldo rispetto al salmo stesso. Esso ti dice: Ecco che viene; di lui parlerò, canterò di Cristo. Anzi le stesse parole: Per lo stesso David, non voglio intenderle riferite ad altri se non a colui che secondo la carne fu tratto dalla stirpe di David . A motivo di questa appartenenza certo gli si adatta bene il nome [del capostipite]. Per discendenza carnale egli, dunque, procede da David, ma per la genealogia soprannaturale egli supera David. È infatti anteriore non solo a David ma anche ad Abramo , né solo ad Abramo ma anche ad Adamo, né solo ad Adamo ma anche al cielo e alla terra, a tutti gli angeli, le potestà e le virtù, a tutte le cose visibili e invisibili. Perché questo? Perché, nel trarre all'esistenza queste cose, tutte le cose furono create per mezzo di lui e senza di lui nulla fu fatto . Se quindi lo si dice della discendenza di David, questo non riguarda la sua divinità, per la quale è creatore di David, ma riguarda la sua carne. È comunque un fatto che egli nella profezia si degnò lasciarsi chiamare col nome di David; e, siccome il salmo si canta per lo stesso David, intendilo riferito a colui che è anche nostra fine. Ascolta [in esso] la voce del suo corpo e procura di essere membro di quel corpo. Prega e di' quanto segue.

2 Liberami, Signore, dall’uomo

malvagio, dall’uomo ingiusto liberami.

Liberami, Signore, dall'uomo malvagio. Non da un singolo uomo ma da tutta la categoria; né solo dagli strumenti [esecutori del male] ma dallo stesso caporione, il diavolo. Ma perché dire: Dall'uomo, se [è da intendersi]: Dal diavolo? Perché con linguaggio figurato anche lui fu chiamato uomo. Diceva: Venne l'uomo malvagio e vi ha seminato sopra la zizzania. E quando i servi andarono dal padrone di casa per chiedergli: Non hai forse seminato del buon seme? Come dunque c'è la zizzania? si sentirono rispondere: L'uomo malvagio ha fatto questo . Ebbene, da questo " uomo malvagio " prega con tutto l'ardore affinché venga liberato. La tua lotta infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i principi e le potestà e i dirigenti del mondo di queste tenebre , cioè contro i dirigenti dei peccatori.

3 Questi hanno tramato

ingiustizie nel cuore; tutto il giorno

preparavano battaglie.

Quelli che covarono ingiustizie nel cuore. Che dire di coloro che non osano manifestare a parole [la propria malizia] ma se la covano in cuore? Dice infatti così riferendosi a coloro che in via ordinaria parlano rettamente. Ne ascolti le parole e sono parole da uomo giusto; il cuore però non è da giusto. Altrimenti con che utilità avrebbe aggiunto le parole: Quelli che covarono ingiustizie nel cuore? Da costoro liberami; in tali frangenti intervenga la tua mano onnipotente e mi salvi. Poiché è facile evitare le inimicizie manifeste, è facile sfuggire a un nemico dichiarato e palese, nel quale la cattiveria s'è spinta fino alle labbra. L'altro invece, quello occulto, è veramente dannoso ed è difficile evitarlo, poiché mentre con la bocca presenta il bene, nel cuore nasconde il male.

Quelli che covarono ingiustizie nel cuore. Da cuori siffatti nasce, in realtà, tutto ciò che offre al cristiano motivo di combattimento. Sedizioni, scismi, eresie, contestazioni tumultuose: tutto ciò, non prolifera se non da quei pensieri occulti. E anche quando ti rivolgevano parole amichevoli, essi per tutto il giorno macchinavano guerre. Odi parole di pace, ma dal cuore non esulano trame di guerra. Quanto all'espressione: Tutto il giorno, essa significa: senza tregua, cioè di continuo.

4 Hanno aguzzato la loro lingua

come quella di un serpente.

Veleno di aspidi è sotto le loro labbra.          pausa

Aguzzarono le loro lingue come serpenti. Se ancora cerchi di chi si tratti, osserva bene il paragone. Doti specifiche del serpente sono l'astuzia e l'abilità di nuocere fraudolentemente. Non per altro infatti esso striscia. Non ha nemmeno i piedi, sicché possano udirsi i suoi passi quando si avvicina. Nel suo incedere c'è un fare, diresti, morbido, che però non è diritto. Così dunque strisciano e s'insinuano quei tali che vengono a nuocerci: portano un veleno nascosto e lo comunicano con impercettibile contatto. Per questo continua [il salmo]: Han veleno di aspidi sotto le loro labbra. Ecco, questo veleno è [nascosto] sotto le labbra, per cui dobbiamo riflettere che una cosa tengono nascosta sotto le labbra e un'altra ne tengono sulle labbra.

5 Custodiscimi Signore dalla mano

del peccatore, dagli uomini ingiusti

liberami, questi hanno tramato

di far inciampare i miei passi.

Guardami dalla mano del peccatore, o Signore: liberami dagli uomini ingiusti.  Non occorrono ricerche ma fatti e preghiere. Ricercarli è superfluo. Quanto poi alla preghiera da farsi contro tali uomini, te la suggerisce nel testo seguente, in cui si ovvia all'imperizia di molti che non sanno pregare contro i nemici. Dice: Essi han pensato di farmi lo sgambetto. Potrebbe certo intendersi in senso materiale, in quanto ognuno ha un nemico che cerca o di defraudarlo negli affari o di sottrargli il denaro, pur svolgendo un'attività in comune; e potrebbe esser nostro nemico anche il vicino che trama di danneggiare la nostra casa o portar via qualcosa di nostra appartenenza. Lo trama con inganno, con frode, s'affretta ad attuarlo servendosi di vari artifizi diabolici. Nessuno dubita [dell'esistenza di questi nemici]. Tuttavia, da gente siffatta non si deve star lontani per questi motivi, ma perché non succeda che con le loro insidie ti attirino a sé, ti separino cioè dal corpo di Cristo e ti inseriscano nella loro congrega. Come infatti dei buoni capo è Cristo, così dei cattivi capo è il diavolo. Dice: Essi han pensato di farmi lo sgambetto. Che significa: Farmi lo sgambetto?. Ti avrà sgambettato nel tuo incedere, se ti avrà ostacolato nella via di Dio, per cui quel bene che tu ti eri proposto di conseguire ti diventa problematico, ti sfugge lungo la via o ti cade per terra, o ti si allontana dalla via o ti si arresta lungo la via, o torna indietro verso il luogo di partenza. Qualunque risultato, fra questi elencati, abbia ottenuto, egli ti ha fatto lo sgambetto, ti ha ingannato. Ebbene, contro tutte queste insidie tu prega affinché non perda il patrimonio che ti è serbato nei cieli, né ti allontani da quel tuo coerede che è Cristo, poiché è stato lui a farti erede [dei beni eterni] e sarà con lui che vivrai in eterno. Non ti ha fatto erede nel senso che tu debba succedergli quando morrà, ma nel senso che vivrai eternamente insieme con lui.

6 Mi hanno nascosto un laccio i

superbi e funi hanno teso come

laccio ai miei piedi; lungo il

cammino mi hanno posto un inciampo.           pausa

I superbi nascosero la trappola per me. Parlando di superbi ti ha laconicamente presentato l'intera compagine dei membri del diavolo. Perché superbi, essi, pur essendo iniqui, si qualificano normalmente come giusti. Perché superbi, non c'è per loro nulla di più gravoso che la confessione dei peccati.

Ebbene, tutti costoro vorrebbero far la figura di giusti senza esserlo; e se vedono che uno è realmente giusto, necessariamente ne provano invidia e fanno del tutto perché perda ogni titolo di gloria.

Tale l'origine di tutte le lusinghe e gli sgambetti. Questo il proposito che primo fra tutti concepì il diavolo: caduto lui provò invidia per l'uomo che ancora si reggeva in piedi. E avendo lui perso il regno dei cieli, non volle che l'uomo lo .raggiungesse, e non lo vuole nemmeno adesso, anzi fa del tutto per impedire che l'uomo arrivi al possesso della patria da cui lui fu cacciato . È un essere superbo e, perché superbo, anche invidioso.

E chi potrà troncare la fune dei peccati? Veramente con molta proprietà la si chiama fune. Difatti per comporre una fune si procede aggiungendo filo a filo, e i fili aggiunti non son dritti ma torti. Così della malizia. Si aggiunge malizia a malizia e la si allunga. Non si pensa a troncare il male che si era tessuto, ma ve se ne aggiunge dell'altro, lo si protrae e lo si allunga. Con la conseguenza che, alla fine, chi l'ha tessuto vi si trova legato mani e piedi e viene gettato fuori nelle tenebre . Intanto però, [questi perversi] gettano verso i giusti le funi dei loro peccati ogni qual volta tentano di persuaderli a commettere le stesse loro colpe. Per questo dice [il salmo]: E allungarono le funi come laccio ai miei piedi, cioè: per mezzo dei loro peccati vollero atterrarmi…

7 Ho detto al Signore:

Dio mio sei tu. Ascolta Signore

la voce della mia supplica.

Che fare quindi? dove trovare un rimedio per mali così gravi, per le tentazioni e i pericoli che ci attorniano? Ho detto al Signore: Tu sei il mio Dio.   Bel grido di preghiera! eccita a fiducia. Ma forse che Dio non è Dio anche per loro? Se egli è il vero Dio, c'è forse qualcuno di cui egli non sia Dio? Eppure, a parlare con proprietà, egli è Dio per quanti sanno godere di lui, per quanti lo servono e volontariamente si assoggettano a lui. È vero che anche i cattivi son soggetti a Dio, sia pure controvoglia; ma i buoni ricorrono a lui per esserne coronati, mentre i cattivi, che pur sono sotto di lui, cercano di fuggirlo per paura d'essere condannati

8 Signore, Signore, potenza della

mia salvezza hai steso la tua ombra

sopra il mio capo nel giorno della guerra.

Signore, Signore, forza di mia salvezza. Cioè: tu che mi dai la forza per la mia salvezza. Ma che significa questo forza di mia salvezza? Poc'anzi si lamentava degli scandali e delle insidie causategli dai peccatori, dai malvagi che, veri strumenti diabolici, gli latravano tutt'all'intorno e ovunque gli tendevano insidie. Intraprese lo sforzo per perseverare, ma vide che la via era lunga. Vide che perseverare sarebbe stato cosa ardua e difficile; quindi, per ottenere la perfetta perseveranza cominciò a pregare colui che gli aveva comandato di perseverare. Ebbene, la fortezza che mi salverà sei tu: tu mi farai perseverare finché non abbia raggiunto la salvezza. Signore, Signore, forza di mia salvezza.

Affranto da tal guerra il profeta volse lo sguardo alla grazia di Dio, e, siccome già cominciava a bruciarsi e inaridire, trovò come un'ombra sotto la quale avrebbe potuto vivere. Hai steso la tua ombra sopra la mia testa nel giorno della guerra, cioè nell'ardore [della battaglia], e così non fui oppresso dalla fatica né divenni arido.

9 Non consegnarmi, Signore, al

peccatore per il mio desiderio.

Hanno tramato contro di me,

non abbandonarmi perché guarda

caso non si esaltino.       Pausa

O Signore, non consegnarmi a causa del mio desiderio al peccatore. Ecco il vantaggio che mi arrecherà la tua ombra: non mi farà incendiare da me stesso. Quanto al peccatore che è al di fuori, cosa potrà farmi anche se vorrà sfogare contro di me tutta la sua ferocia? Gli iniqui si accanirono contro i martiri: li strascinarono, li incatenarono, li incarcerarono; tagliarono loro la testa, li fecero sbranare dalle belve, li bruciarono vivi. Tutto questo fecero, ma Dio non li consegnò nelle mani dei peccatori. Per questo dunque prega con tutto l'ardore possibile: perché Dio non ti consegni al peccatore a causa del tuo proprio desiderio.

10 Il principio del loro girare

intorno, la fatica delle loro labbra li coprirà.

Dice: Mi coprirà l'ombra delle tue ali, poiché tu stendesti su di me la tua ombra nel giorno della guerra. Ma loro chi li coprirà? Il principio del loro girare: cioè la superbia. E quel loro girare cos'è? La superbia li farà circolare senza mai fermarsi; li caccerà nel gorgo dell'errore dove il muoversi non ha fine. Quando infatti si cammina per diritto, c'è un punto di partenza e un punto di arrivo; ma quando si gira attorno, il moto non finisce mai.

11 Cadranno su di loro carboni.

Li getterai nel fuoco.

Nelle miserie non sussisteranno.

In terra cadranno su loro carboni infuocati e li sterminerai. Cosa significa: In terra? Quaggiù, durante la vita presente. È quaggiù che cadono su loro carboni infuocati e li sterminerai. Cosa sono i carboni infuocati?

I carboni  son materia tenebrosa - lo indica lo stesso loro colore - ma, non appena li tocca la fiamma della carità, da morti divengono vivi . Sono questi, o fratelli, i carboni che osserviamo quando, colpiti dal dardo di Dio, decidiamo di cambiar vita. Ebbene? Sarà in questo senso che anche nel nostro salmo intenderemo i carboni infuocati che cadono sopra i malvagi e li abbattono?

Tali carboni li abbattono prima che arrivi il fuoco eterno.

Nella miseria non resisteranno. Li sorprende la miseria ed essi non la sopportano; il giusto, al contrario, resiste, come seppe resistere quel tale che diceva: Ma ci gloriamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce la pazienza, la pazienza la virtù provata, la virtù provata la speranza. Ora la speranza non inganna, poiché la carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per opera dello Spirito Santo che ci è stato dato .

Il rovescio è degli empi: se s'abbatte su loro una sventura, una disgrazia qualsiasi, non si reggono ma cadono. Se debbono soffrire afflizioni come quelle del giusto, non hanno la forza per sopportarle e cadono in colpe e iniquità perché son dominati dalle proprie passioni che li consegnano nelle mani del peccatore.

12 L’ uomo linguacciuto non

camminerà dritto sulla terra. I mali

cattureranno l’uomo ingiusto nella rovina.

L'uomo linguacciuto non righerà dritto sulla terra. L'uomo linguacciuto ama la menzogna. Che cosa infatti lo attrae, se non parlare? Non bada a ciò che dice; basta che parli. Impossibile quindi che costui righi dritto. Come invece dovrà essere il servo di Dio, acceso da quei carboni [che sapete] e diventato lui stesso carbone salutare? Come si comporterà? Deve ascoltare più che non parlare, come sta scritto: Sia ogni uomo veloce ad ascoltare, lento a parlare . Anzi nei limiti del possibile, desideri non esser posto nella necessità di dover parlare, predicare e insegnare… Dell'uomo ingiusto i mali andranno a caccia [per condurlo] a rovina. Giungono i mali ed egli non regge. Per questo ha detto: Andranno a caccia per condurlo a rovina.

13 So che il Signore farà il giudizio del misero

e la vendetta dei poveri.

Io so che il Signore farà giustizia al bisognoso.  Sono  bisognosi coloro cui è detto: Bussate e vi sarà aperto; cercate e troverete; chiedete e vi sarà dato . È bisognoso colui del quale si dice: Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, poiché saranno saziati . Costoro gemono tra gli scandali suscitati dai malvagi e pregano il loro Capo che li scampi dall'uomo cattivo, li liberi dall'uomo malizioso e lì strappi dalle mani degli ingiusti. La loro causa sarà certamente presa a cuore dal Signore e, se ora soffrono angustie, verrà il giorno in cui si rivelerà la loro gloria.

Io so che il Signore farà giustizia al bisognoso. Costui era certo che il Signore farà giustizia al bisognoso e vendicherà i poveri. Allora mostrerà ai peccatori quanto amore aveva per i suoi giusti; mostrerà ai ricchi quanto amore aveva per i suoi poveri.

14 Ma i giusti confesseranno

il tuo nome, abiteranno i retti col  tuo volto.

Allora i giusti confesseranno al tuo nome. Quando tu tratterai la loro causa e li giudicherai, essi confesseranno al tuo nome. Nulla attribuiranno ai propri meriti ma tutto alla tua misericordia. Allora i giusti confesseranno al tuo nome. Confessando al tuo nome, per quanto siano giusti non si arrogheranno nulla, quasi fosse loro proprietà; nulla attribuiranno a sé. Ma come faranno a raddrizzare il cuore? Come ripiegandolo su se stessi lo distorcono, così dirigendolo al Signore lo raddrizzano. E dove sarà la loro delizia, il loro riposo, il loro gaudio, la loro beatitudine? Forse in loro stessi? No, ma in colui nel quale trovano la loro luce. Dice: Ora siete luce nel Signore . Osserva allora come prosegue e conclude: E gli uomini retti abiteranno di fronte al tuo volto. Fu un male per loro aver fissato il proprio volto; sarà un bene poter fissare il tuo volto. Quando amarono il proprio volto, furono costretti a mangiare il pane con il sudore della loro fronte . Tornino indietro e, asciugato il sudore, cessate le fatiche, sparito il gemito, si farà loro incontro la tua faccia con l'abbondanza d'ogni bene.

Dai Padri

1 Crisostomo: l’uomo malvagio. È inutile andare a cercare vipere e scorpioni: a causa del peccato l’uomo è divenuto il più nocivo di tutti gli animali. È per questo che il profeta lo nomina per primo. Il malvagio è il diavolo, e l’uomo malvagio è l’uomo che commette il male.

Atanasio: l’uomo malvagio: sono i demoni e i nemici visibili.

Ilario: questo salmo è appropriato a Davide, ai fedeli ma più ancora al Cristo. L’uomo malvagio è Giuda il traditore.

Cassiodoro: in tutto il salmo è la Chiesa che parla e prega per le sue membra che sono tentate. L’uomo malvagio è il diavolo.

Ruperto: qui comincia l’ultima suddivisione del Salterio. Il profeta chiede di essere preservato dal malvagio che spia la fine della vita. In questa ultima parte infatti pensiamo alla nostra fine, all’ora in cui il principe di questo mondo verrà e cercherà in ognuno di noi ciò che è suo.

2 Origene: si tratta dei demoni.

Crisostomo: le macchinazioni sono una cosa che le bestie feroci non possono fare. Tutti i giorni uomini disarmati sono esposti ai raggiri dei malvagi che sono peggiori di frecce.

3 Crisostomo: lingua affilata, velenosa.

Atanasio: come il serpente con Eva.

Girolamo: sono parole apparentemente amichevoli ma piene di veleno mortale.

4 Atanasio: gli empi sono la mano del diavolo

Teodoreto: il giusto non chiede la morte dell’empio ma solo la propria salvezza.

Ilario: il Cristo risuscita Lazzaro e per questo cercano di ucciderlo. Guarisce il cieco nato e lo maledicono. Gli tendono insidie ancora quando l’interrogano sul tributo a Cesare, sul divorzio.

6 Ilario: qui parlano i santi ma soprattutto il Signore, che ha invocato molte volte il Padre con questi titoli. Il Cristo può sperimentare insieme e la paura della passione e la fiducia di colui che si sa esaudito.

Girolamo: per dire queste parole, bisogna che il peccato non regni nel cuore.

7 Origene: hai adombrato, cioè hai protetto.

Atanasio: la tua passione è stata la causa della mia salvezza.

Crisostomo: potrebbe invocare Dio come potenza che castiga ma preferisce invocarlo come salvezza. Adombrare è la parola concreta per esprimere una protezione amante: Dio lo protegge anche contro il sole. Gli dona non solo la protezione ma il riposo: basta che tu sia presente e tutti i problemi sono risolti.

Teodoreto: questa duplice invocazione è di qualcuno che crede e ama.

8 Crisostomo: non assecondare il desiderio dell’empio nei miei confronti. Il diavolo desidera impadronirsi dell’uomo: Satana ha chiesto di vagliarvi come il grano (Luca 22,31).

Teodoreto: non soddisfare il desiderio dell’empio verso di me.

Ilario: il Cristo vuole compiere la sua missione e fare la volontà del Padre: si affretta perché l’empio non frapponga ostacoli. Obbedendo al Padre, il Cristo ha una sola volontà: desidera ardentemente mangiare questa Pasqua (Luca 22,15); affretta quindi questa Pasqua e questa cena; desidera bere il calice (Giovanni 18,11); lui stesso avanza incontro a quelli che lo cercano (Giovanni 18,4). Sa che deve bere aceto: per berlo lo chiede lui stesso quando dice consummatum est, (Giovanni 19,30 ), questa parola contiene la gioia di un desiderio desiderato e realizzato. Desidera che ogni profezia sia compiuta: che il soldato gli trafigga il costato, che le sue ossa non siano spezzate e infine che nessuna delle cose che egli desidera sia abbandonata all’empio. Hanno tramato contro di lui molte cose in particolare, volevano far dire a dei soldati prezzolati che il suo corpo era stato rubato. Ma i loro pensieri furono vani e la profezia si è adempiuta: la loro vita pende davanti a loro, è abbeverata di fiele ed aceto. Nessun osso gli viene spezzato; si tira a sorte la sua tunica. Tutti i desideri del Figlio Unigenito di Dio si sono compiuti.

9 Girolamo: allude al serpente (Genesi 3,4). Altri: si tratta del serpente e della sua testa; il serpente descrive un cerchio: la testa si congiunge con la coda.

10 Origene: carbone e fuoco che bruceranno legno, fieno e paglia.

Atanasio: la tua collera è come un fuoco che li consumerà e anche: le parole di grazia che io dico loro siano come carboni ardenti su di loro.

Teodoreto: la collera di Dio è come un fuoco.

Ilario: carboni di fuoco: è la punizione degli empi.

Cassiodoro: castigo salutare, fiamma di carità.

11 Atanasio: l’uomo litigioso, maldicente. Non potrà reggere davanti alla verità.

Crisostomo: il vizio dei peccati basta per distruggerli. L’uomo linguacciuto: in questo caso è l’insolente, il capriccioso, che denuncia il peccato del prossimo, chi abbaia come un cane. Crisostomo conosce due lezioni: non avrà successo o sarà rigettato, perirà. Come il mite, il paziente, colui che sa tacere è gradito a tutti, così l’arrogante, chi sparla del prossimo si fa dei nemici ovunque. I suoi stessi mali lo imprigionano per mandarlo in rovina. Cita: all’uomo ingiusto i mali daranno la caccia per distruggerlo. Alcuni sono presi nella rete per la loro salvezza, come l’apostolo Paolo, altri per la loro rovina; ma la rovina non li raggiunge subito, perché il Signore è buono e fa credito. Se volesse far giustizia subito, il genere umano sparirebbe quasi completamente.

12 Origene: giudizio futuro: castigo degli uni e felicità degli altri. So: per mezzo dello spirito profetico ha conosciuto i misteri del Cristo vivente nella carne.

13 Crisostomo: i giusti celebreranno il tuo nome, qualunque cosa possa loro accadere: anche quando vedranno l’ingiustizia degli uomini, non ne domanderanno conto a Dio ma ringrazieranno sempre. Sempre occupati di te nel loro animo, non si allontanano mai e non si lamentano mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 140

( Salmo di Davide )

1 Signore, ho gridato a te, esaudiscimi,

volgiti alla mia voce quando griderò a te.

2 Sia diretta la mia preghiera

come incenso davanti a te,

l’alzarsi delle mie mani sacrificio vespertino.

3 Poni Signore, una custodia alla

mia bocca, e una porta intorno alle mie labbra.

4 Non piegare il mio cuore a parole di malizia

per scusare le giustificazioni

nei peccati insieme con gli uomini

che operano iniquità e non

avrò parte con le loro scelte.

5 Mi corregga il giusto con

misericordia e mi rimprovererà,

ma l’olio del peccatore non

unga il mio capo perché ancora

c’è anche la mia preghiera nelle

cose di cui si compiacciono.

6 Sono stati inghiottiti congiunti

alla pietra i loro giudici.

Ascolteranno le mie parole perché

sono state potenti.

7 Come  una zolla di  terra  è stata spaccata sopra la

terra, così sono state sparse

le nostra ossa presso l’inferno.

8 Poiché verso di te, Signore, Signore

i miei occhi: in te ho  sperato,

non portare via la mia anima.

9 Custodiscimi dal laccio che

mi hanno teso e dagli inciampi

degli operatori di iniquità.

10 Cadranno nella sua rete i

peccatori. Da solo sono io finchè io passi.

 

Da Sacy

( Salmo di Davide )

1 Signore, ho gridato a te, esaudiscimi,

volgiti alla mia voce quando griderò a te.

2 Sia diretta la mia preghiera

come incenso davanti a te,

l’alzarsi delle mie mani sacrificio vespertino.

L’esclamazione iniziale, dice Sant’Ilario, non è della voce, ma della fede. La mia preghiera, prosegue Davide, salga direttamente come il profumo alla tua presenza. Non sia essa distornata da alcun malvagio pensiero, né da alcuna rea passione, ma tendendo a te direttamente, o mio Dio, come un profumo di gradito odore, sia degna di essere accolta dinanzi a te. Le mie mani, a te innalzate nella mia preghiera, ti offrono un sacrificio gradito, come quello che ti viene offerto ogni sera nel tuo santo tabernacolo. Si offriva  pure un sacrificio ogni mattina, ma Davide parla di quello della sera forse perché egli cantò il presente salmo sulla sera, o perché il sacrificio vespertino era il più eccellente per essere l’immagine del sacrificio della croce che fu offerto sulla sera. L’elevazione delle mani può significare, secondo i santi padri l’esercizio delle opere buone.

3 Poni Signore, una custodia alla

mia bocca, e una porta intorno alle mie labbra.

4 Non piegare il mio cuore a parole di malizia

per scusare le giustificazioni

nei peccati insieme con gli uomini

che operano iniquità e non

avrò parte con le loro scelte.

5 Mi corregga il giusto con

misericordia e mi rimprovererà,

ma l’olio del peccatore non

unga il mio capo perché ancora

c’è anche la mia preghiera nelle

cose di cui si compiacciono.

Metti Signore una custodia la mia bocca ed una porta che mi stia sulle labbra. Non lasciarmi declinare il cuore a cose malvagie, per cercare scuse ai miei peccati…

Giovanni Crisostomo afferma che la custodia è la porta più sicura che possiamo porre alla nostra bocca, per impedire che da essa escano parole sconsiderate o ingiuriose e colpevoli. Ma il profeta chiede a Dio che ponga egli stesso questa custodia e questa porta alla sua bocca, poiché sente la volubilità della lingua che è sempre disposta a scivolare, se Dio non la frena col suo timore e con il suo amore. La maggiore malizia nel cuore dell’uomo è quella che gli fa cercare diverse scuse per giustificarsi del suo peccato. Questa malizia Dio ha sempre tenuta lontana dal cuore di Davide, poiché avendo poi egli peccato si confessò colpevole nel momento stesso in cui fu ripreso e meritò subito di ottenere il perdono. Il giusto mi riprenda e mi ammonisca con carità, ma l’olio del peccatore non mi unga il capo…

Non che Davide volesse cercare pretesti per giustificarsi nei suoi peccati, egli anzi considera una misericordia essere ripreso e corretto da giusti; mostra una somma avversione alle lodi e alle adulazione dei peccatori, che sono da lui espresse nell’olio da profumo dei malvagi, del quale prega Dio che mai sia profumato il suo capo, perché egli vuole essere ripreso con misericordia piuttosto che falsamente lodato.

6 Sono stati inghiottiti congiunti

alla pietra i loro giudici.

Ascolteranno le mie parole perché

sono state potenti.

I loro giudici saranno precipitati lungo una rupe…

Nella spiegazione del presente versetto, che è uno dei più oscuri della Sacra Scrittura abbiamo abbracciato il senso che ha dato ad esso Giovanni Crisostomo. Davide dice di essere così lontano dal ricercare l’applauso dei peccatori che egli si inasprisce contro tutto ciò che da loro si desidera. Oppone ai loro falsi piaceri una preghiera piena di fede, che egli innalza di continuo a Dio per avere la forza di resistervi fino alla fine con uguale fermezza. Per confermare ancor più se stesso nella fede, egli si immagina che i loro giudici, cioè i primi di loro e i loro principi siano precipitati lungo una rupe. È forse una espressione figurata che indica la pronta e funesta rovina di tutti i grandi che ripongono i loro piaceri nelle cose che sono la sorgente della loro perdizione. Sembra pure, secondo alcuni, che Davide attribuisca all’effetto della sua preghiera la rovina di quei giudici e di quei principi e che sia questa una specie di profezia che si vide accadere tempo dopo a Saul, quando egli perì miseramente con la maggior parte dei suoi ufficiali. Ed essi ascolteranno le mie parole, perché sono efficaci.

7 Come  zolla di  terra  è stata spaccata sopra la

Terra, così sono state sparse

le nostra ossa presso l’inferno.

8 Poiché verso di te, Signore, Signore

i miei occhi: in te ho  sperato,

non portare via la mia anima.

9 Custodiscimi dal laccio che

mi hanno teso e dagli inciampi

degli operatori di iniquità.

Come una terra grossa si  fende con l’aratro ed è rovesciata sopra un’altra terra, così le nostre ossa sono sparse sulla bocca del sepolcro, ma, poiché a te sono intenti i miei occhi o Signore, in te spero: non togliermi la vita.

Come una terra dura viene rovesciata e spezzata col vomere dell’aratro, così tutte le sue ossa sono state spezzate e slogate, fino a vedersi vicino alla morte. Avendo tenuto sempre i suoi occhi innalzati verso Dio, per la fermissima speranza che aveva nel suo aiuto, si assicurava che non l’avrebbe abbandonato né avrebbe dato la sua anima e la sua vita in balia dei suoi nemici, perché gliela togliessero. Ascoltate e comprendete bene la potenza delle parole di un innocente che non si rivolge se non a Dio nei suoi patimenti; ascoltate comprendete voi tutti che fate soffrire i giusti nel corso di questa vita.

Guardami dal laccio che mi hanno costoro teso e dalle insidie degli operatori di iniquità. Il laccio da cui Davide chiedeva a Dio di essere guardato, non era senza dubbio soltanto quello che gli tendevano per togliergli la vita del corpo, ma ancor più quello che il diavolo gli tendeva maliziosamente mediante il loro ministero, al fine di rovinarlo dinanzi a Dio e gettarlo nella impazienza, nella mormorazione e nell’aborrimento di quelli che lo odiavano.

10 Cadranno nella sua rete i

peccatori. Da solo sono io finchè io passi.

I peccatori mi tendono lacci incessantemente, ma cadranno essi stessi nella rete o di Dio che deve severamente castigarli o del demonio che non aspetta che il momento di precipitarli in una rovina comune con lui. Tutta la sicurezza e la forza del cristiano, dice un santo vescovo, è di passare tutto il tempo della sua vita in una fuga e in una separazione continua dai malvagi e da tutti quelli di cui potrebbe temere la corruzione e di vivere raccolto con se stesso in una santa solitudine, che è quella del cuore infiammato dall’amore. Non il deserto, dice egli, rende l’uomo solitario. Si può esserlo in mezzo alla città, allorché si ha tanta premura di allontanarsi dalle corrotte assemblee del secolo, per unirsi alla santa società degli uomini giusti.

Da Agostino

( Salmo di Davide )

1 Signore, ho gridato a te, esaudiscimi,

volgiti alla mia voce quando griderò a te.

Signore, ho gridato a te: ascoltami. Presta attenzione alla voce della mia supplica, mentre io grido a te. Dicendo: Ho gridato a te, tu pensavi che la faccenda del gridare fosse ormai terminata. Hai gridato, è vero, ma anche adesso non crederti al sicuro. Se fosse terminata la tribolazione, sarebbe finito anche il gridare; ma se la tribolazione della Chiesa e del corpo di Cristo durerà sino alla fine dei tempi, dica non soltanto: Ho gridato a te, ascoltami; ma anche: Presta attenzione alla voce della mia supplica, mentre io grido a te.

2 Sia diretta la mia preghiera

come incenso davanti a te,

l’alzarsi delle mie mani sacrificio vespertino.

S'innalzi la mia preghiera come incenso al tuo cospetto: l'elevazione delle mie mani [sia] come il sacrificio vespertino. Queste parole di solito vengono applicate al capo. Fu infatti quando il giorno volgeva ormai alla sera che il Signore sulla croce esalò l'anima per riprenderla, senza che alcuno gliela strappasse contro sua voglia. Tuttavia anche in quell'occasione c'è del simbolismo per noi. Di Cristo infatti cosa fu sospeso al patibolo se non quel che egli aveva assunto da noi? Ovvero come poté succedere che Dio Padre abbandonasse e lasciasse solo, sia pur temporaneamente, l'unico [suo] Figlio, che insieme con lui è un unico Dio? Egli tuttavia confisse alla croce la nostra fragilità, e lì, come dice l'Apostolo, il nostro uomo vecchio fu confitto alla croce insieme con lui . Per questo, parlando con accenti della nostra umanità, gridava: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?  Ecco dunque qual è il sacrificio vespertino: la passione del Signore, la croce del Signore, l'offerta della vittima di salvezza, l'olocausto accetto a Dio.

Quel sacrificio vespertino si tramutò, mediante la resurrezione, in dono mattutino. Quando dunque dal cuore dei credenti si innalza con purezza la preghiera, è come un incenso che si solleva dal santo altare. Non c'è cosa più deliziosa del profumo del Signore, e così debbono essere profumati tutti i credenti.

3 Poni Signore, una custodia alla

mia bocca, e una porta intorno alle mie labbra.

Dice: Poni, Signore, una custodia alla mia bocca: un uscio, quello della continenza, intorno alle mie labbra. Non dice: Un muro di contenimento, ma: Un uscio. L'uscio si apre e si chiude. Quindi, se è un uscio, occorre aprirlo e chiuderlo: aprirlo alla confessione del peccato e chiuderlo alla scusa del peccato. In tal modo sarà una porta di contenimento, non di rovina.

4 Non piegare il mio cuore a parole di malizia

per scusare le giustificazioni

nei peccati insieme con gli uomini

che operano iniquità e non

avrò parte con le loro scelte.

Qual vantaggio ci arreca una tal porta di contenimento? Cosa chiede Cristo pregando a nome del suo corpo? Dice: Per non piegare il mio cuore a parole maligne. Cos'è questo Mio cuore? Il cuore della mia Chiesa; sì, il cuore del mio corpo… Bisogna però che il tuo cuore, o membro di Cristo, non devii: non devii verso le parole maligne, per trovare scuse ai tuoi peccati insieme con gli uomini che operano l'iniquità, e che non faccia lega con i loro eletti. Così infatti prosegue: Non farò lega con i loro eletti. Chi sono i loro eletti? Quelli che si ritengono giusti e disprezzano gli altri.

5 Mi corregga il giusto con

misericordia e mi rimprovererà,

ma l’olio del peccatore non

unga il mio capo perché ancora

c’è anche la mia preghiera nelle

cose di cui si compiacciono.

Il giusto mi riprenderà con misericordia e mi sgriderà. Ecco un peccatore che confessa [la sua colpa]: preferisce essere caritatevolmente redarguito anziché essere lodato con false lusinghe. Il giusto mi riprenderà con misericordia, appunto perché è giusto e misericordioso, quando mi vedrà cadere in peccato. È il Signore che parla degnandosi di presentarsi come colui che rimprovera, senza per questo rifuggire d'identificarsi con chi è o dev'essere rimproverato. Difatti tutte le membra si unificano in lui, e intanto egli dice: Il giusto mi riprenderà. Qual è il giusto che ti riprenderà? Il capo rimprovera tutte le membra. Il giusto mi riprenderà con misericordia e mi sgriderà. Mi sgriderà, ma spinto da misericordia; mi sgriderà, ma senza odiarmi; anzi tanto più forte sarà la riprensione quanto meno è dettata dall'odio… Ma l'olio del peccatore non ungerà la mia testa. Che significano le parole: Ma l'olio del peccatore non ungerà la mia testa? La mia testa non ingrosserà per le adulazioni. È adulazione ogni lode falsa; e la lode falsa dell'adulatore è olio del peccatore.

In tal senso anche fra la gente, quando si mena per il naso qualcheduno tributandogli lodi false, si dice di lui che gli si è unta la testa. Ebbene, amate essere ripresi caritatevolmente dal giusto e non compiacetevi delle lodi che beffandovi vi tributa il peccatore. Siate voi stessi forniti di olio, per non doverne cercare presso il peccatore.

6 Sono stati inghiottiti congiunti

alla pietra i loro giudici.

Ascolteranno le mie parole perché

sono state potenti.

Sono stati inghiottiti accanto alla pietra i loro giudici. Che significa: Sono stati inghiottiti accanto alla pietra? E la pietra era Cristo. Sono stati inghiottiti accanto alla pietra. Accanto, cioè furono confrontati [con tal pietra] i [loro] giudici, vale a dire i grandi, i potenti, i dotti, poiché è a costoro che si dà il nome di giudici del popolo, essendo le persone qualificate nel giudicare i costumi e formularne le norme.

7 Come  zolla di  terra  è stata spaccata sopra la

Terra, così sono state sparse

le nostra ossa presso l’inferno.

Il concime della terra si sparge sopra la terra? Sappiamo che concime della terra è ogni sorta di rifiuti. I rifiuti dell'uomo rendono fertile il terreno. E in effetti c'è un salmo in cui, dei santi uccisi, si dice che giacquero senza che alcuno li seppellisse . Ma la morte di tutti questi santi è diventata concime della terra. Come la terra riceve l'umore che la fertilizza da cose spregevoli quali i rifiuti, così da ciò che il mondo presente disprezzava la terra è stata concimata, e più copiosa è spuntata dal suolo la messe della Chiesa.

8 Poiché verso di te, Signore, Signore

i miei occhi: in te ho  sperato,

non portare via la mia anima.

A te, Signore, [son rivolti] i miei occhi. Non curo le minacce di chi mi attornia; i miei occhi [son rivolti] a te, Signore. Fisso lo sguardo più sulle tue promesse che non sulle loro minacce. So infatti cosa tu abbia sofferto per me e cosa mi abbia promesso: A te, Signore, [son rivolti] i miei occhi: in te ho sperato; non togliermi la mia anima.

9 Custodiscimi dal laccio che

mi hanno teso e dagli inciampi

degli operatori di iniquità.

Preservami dalla trappola che mi hanno preparato. Qual era la trappola? Se consenti, ti lascio libero. Sulla trappola c'era un'esca, la vita presente. Se l'uccello ama quest'esca cade nella trappola; se invece ha le risorse per dire: E il giorno dell'uomo non ho bramato, tu lo sai , allora i suoi occhi non si distolgono da Dio, e Dio libererà dal laccio i suoi piedi . Preservami dalla trappola che mi hanno preparato e dagli scandali di coloro che commettono l'iniquità. Menziona due cose, che occorre distinguere l'una dall'altra. Dice che i persecutori gli hanno preparato una trappola, mentre una serie di scandali gli è stata causata da coloro che, cedendo [al persecutore], hanno apostatato. Dai due [mali] vuol essere preservato. Da un lato c'è chi si accanisce minacciando, dall'altro il pericolo di scivolare consentendo.

10 Cadranno nella sua rete i

peccatori. Da solo sono io finchè io passi.

Cadranno nelle sue reti i peccatori. Cosa significheranno mai, o fratelli, le parole: Cadranno nelle sue reti i peccatori? Non tutti i peccatori. Nella trappola cadono solo quei peccatori che si rendono colpevoli al punto da innamorarsi della vita presente e da anteporla alla vita eterna. Ma cosa dici? Credi sul serio che [solo] costoro cadano nelle sue reti? Cosa dire allora dei tuoi stessi discepoli, o Cristo?

Ecco anche i tuoi più intimi vennero meno nella prova e nella persecuzione che t'incolse, quando cioè i tuoi nemici ti cercavano per crocifiggerti. Ce ne fu uno più audace il quale ti assicurò che sarebbe stato con te fino alla morte; tuttavia, essendo malato, gli toccò udire dal medico cosa maturava nel suo interno. Era infatti febbricitante e si diceva sano, mentre il medico gli tastava il polso. Venne quindi la tentazione, venne la prova; ed egli fu posto sotto accusa. Fu interrogato non da un grande dignitario ma dall'ultimo degli schiavi, anzi delle schiave. Interrogato da una servetta, fece un capitombolo: rinnegò tre volte. Negò una volta, ma, richiamatogli alla mente [il suo dire], negò di nuovo; e dopo la seconda negazione, richiamatogli ancora alla mente [quanto detto prima], negò per la terza volta. Così aveva predetto il Signore: predetto, non comandato, non costretto. Badiamo  al comportamento di Pietro. Se non avesse peccato, perché mettersi a piangere? Nei riguardi di Pietro non indaghiamo altro fuorché le lagrime. Su di lui nessun'altra testimonianza troveremmo che sia più fedele [di quelle lagrime]. Dice: Pianse amaramente . Non era in grado di affrontare la passione; difatti gli era stato detto: Mi seguirai più tardi . Ma sarebbe diventato robusto fra poco, quando la resurrezione del Signore gli avrebbe somministrato la forza.

Dai Padri

Crisostomo: salmo oscuro, che tutti cantano senza comprenderlo, ma sarebbe sufficiente a risvegliare chi non dorme troppo profondamente o anche chi dorme profondamente. I padri hanno deciso di recitare questo salmo la sera, per il rimedio espiratorio che vi si trova e non solo a motivo delle parole sacrificio vespertino. Tra i sacrifici dell’antica legge c’era il sacrificio del mattino e il sacrificio della sera (Numeri 28,1), che i sacerdoti dovevano offrire ogni giorno, qualunque cosa accadesse. Altri sacrifici erano saltuari, come ad esempio quello per il peccato (Leviti con 4:05), mentre quello del mattino e quello della sera erano la preghiera pura. Il sacrificio del peccato non era sempre gradito, ma i sacrifici del mattino e della sera erano sempre graditi, perché erano una preghiera pura. Qui il salmista chiede che la sua preghiera sia pura e accetta e che per mezzo di essa siano allontanate dal suo animo tutte le passioni e tutti i rancori. Il salmista evoca soprattutto il sacrificio della sera perché, a sera, il culto della giornata è terminato e compiuto: non si attende più nulla. L’alzarsi delle mani può essere simbolo di atti purificati. Ha chiesto che la sua preghiera sia pura, che le sue mani tese siano pure. Prima precauzione necessaria: la lingua. Da questa potrebbe uscire ogni sorta di malvagità. Come la porta di una casa non serve a niente se non la si chiude, così è della lingua, se la ragione non la governa. Ciò che contamina l’uomo è quanto esce dalla sua bocca. Tuttavia non bisogna tacere sempre: bisogna aprire a volte la porta, ma custodendola e vigilando su ciò che ne esce: hai udito una parola contro il tuo prossimo? Muoia in te: sta’ tranquillo non ti farà crepare (Ecclesiastico 19,10). Pensa che la tua lingua è il membro col quale lodi Dio ed anche il membro sul quale ricevi il mistero venerabile. I fedeli comprendano ciò a cui alludo. La lingua non sopporta nulla che offenda Dio. Il fariseo della parabola ha aperto la bocca per vantarsi: si è così lasciato sfuggire tutto il suo tesoro che non ha saputo custodire e si è ritrovato povero davanti a Dio. Abramo mentre conduceva Isacco al sacrificio non risponde alla domanda che gli sorgeva nell’intimo: ciò che faceva, lo faceva solo per il Solo. Non lasciar piegare il mio cuore a parole malvagie, per trovare scuse ai peccati. Simmaco riporta un’altra lezione: non pensare cose malvagie. Le scuse consistono nel negare il peccato commesso, nel gettarlo sugli altri. Questa è una delle principali vie di perdizione. Il peccato è già un male, negare ciò che si è fatto è peggio. Questa è una delle più potenti armi del diavolo: così Adamo rinfacciò il peccato ad Eva ed Eva accusò il serpente. La difesa migliore è quella di dire sempre: ho peccato, come fece Davide dopo aver commesso adulterio e dopo il censimento del popolo. Insieme agli uomini che commettono iniquità e non avrò parte con ciò che essi scelgono: il giusto fugge la compagnia dei malvagi. Rifiutando la compagnia dei peccatori, scelgo quella del giusto che mi corregge, perché quella è la vera misericordia. Lo stico 5 presenta molte varianti: in mezzo alle loro compiacenze, in mezzo ai loro vizi, tra le loro malvagità. Mi opporrò ai loro desideri, cercherò di ostacolarli, pregherò perché non si realizzino. I due stichi precedenti erano domande del salmista, qui egli fa ciò che dipende da lui. I loro giudici sono caduti come una pietra viene inghiottita dall’acqua. Sono fatti spariti, cioè mandati in rovina senza che resti neppure una traccia di loro. Ho cercato il luogo ove c’era l’empio, ma non l’ho trovato (Salmo 36,10). Avevano ascoltato le mie parole, parole di esortazione al bene. In tutte le calamità, spero in te. Cadranno nella sua rete. È la rete di Dio.

2 Atanasio: come incenso. La nostra preghiera è paragonabile all’incenso che è fine e non si offre che a Dio. La tua grazia fa salire la mia preghiera, l’attira con dolcezza e la trattiene presso di sé. L’alzarsi delle mie mani: sono le opere che vengono paragonate al sacrificio, perché più visibili della volontà dell’anima. Il sacrificio vespertino: quello che offrono gli angeli quando salgono a te di ritorno dal loro ministero presso gli uomini che debbono ereditare la salvezza.

Girolamo incenso: è simbolo della preghiera. L’alzarsi delle mie mani: le braccia del Cristo in croce.

Cassiano: il Cristo ha teso le mani verso il Padre per il vero sacrificio vespertino, supplicando per la salvezza del mondo.

3 Origene: il timore di Dio è la custodia migliore del nostro cuore.

Girolamo tutta la casa sia così custodita; l’avversario non abbia alcuna breccia per cui entrare.

Cassiodoro: lo scusare e il giustificare i propri peccati è il peggior male di cui soffre l’umanità.

Simmaco: i loro giudici saranno estirpati fino alla radice per la potenza del verbo.

Atanasio: la roccia è il Cristo che li farà affondare nell’abisso.

Ilario: sono inghiottiti dalla roccia, perché la morte e la corruzione sono state inghiottite.

Girolamo: è stata assorbita la morte nella vittoria.

7 Teodoreto come la zolla di terra spaccata dall’aratro ricade in briciole, così le loro ossa saranno disperse.

Simmaco: come l’agricoltore che ara la terra.

Atanasio: i peccatori cadono nelle loro stesse reti ma io vivrò solo, separato da loro, senza timore né inquietudine finché non giunga alla fine della mia vita, cioè finché io passi.

Ilario: la rete del diavolo.

Cassiodoro: c’è una rete cattiva, che è quella del diavolo, e una rete buona che è quella del Signore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

salmo 141

1 ( della comprensione di David,

mentre era nella grotta, preghiera )

2 Con la mia voce al Signore ho

gridato, con la mia voce il Signore ho supplicato.

3 Effondo davanti a lui la mia supplica

a lui espongo la mia tribolazione,

4 al venir meno da me del mio

Spirito, e tu hai conosciuto i miei

sentieri. Su questa via in cui

camminavo mi hanno nascosto un laccio.

5 Osservavo a destra e guardavo: e non c’era chi mi

conoscesse; è perduta la via di

fuga per me e non c’è chi ricerca l’anima mia.

6 Ho gridato a te Signore, ho detto:

Tu sei la mia speranza la mia

porzione nella terra dei viventi.

7 Volgiti alla mia supplica

perché sono umiliato molto.

Liberami dai miei persecutori,

perché si sono rafforzati sopra di me

8 trai dal carcere l’anima

mia, perché confessi il tuo nome, mi aspettano i

giusti finchè tu mi retribuisca.

 

Da Sacy

1 ( della comprensione di David,

mentre era nella grotta, preghiera )

2 Con la mia voce al Signore ho

gridato, con la mia voce il Signore ho supplicato.

3 Effondo davanti a lui la mia supplica

a lui espongo la mia tribolazione,

Con la mia voce esclamo al Signore, con la mia voce supplico il Signore. Mi sfogo con la preghiera al suo cospetto e dinanzi a lui espongo la mia tribolazione…

Davide nella tribolazione in cui si trova comprende con la luce della divina dottrina, di cui si parla nel titolo di questo salmo, che egli si deve indirizzare al solo Dio per uscire da un così grande pericolo. Egli grida perché si sente incalzato. Il sentimento vivissimo della nostra miseria ci induce a gridare come il profeta. Davide grida, come dice San Giovanni Crisostomo, con la voce che è a lui propria: una voce di soavità e di carità, una voce simile a quella di Gesù Cristo di cui egli era figura, che non chiedeva la morte ma la salute dei suoi nemici. La preghiera del santo uomo non era superficiale, come quella di una moltitudine di cristiani, che hanno il cuore freddo e arido quando pregano con le labbra, ma era uno sfogo del suo cuore alla presenza di Dio. L’abbandono in cui si trovava il profeta ci indica quello in cui si trovano talvolta i giusti. Ci sono poche persone, dice Giovanni Crisostomo che assistano i tribolati nelle loro afflizioni, soprattutto quando non si possa farlo senza pericolo. Il sentimento stesso della nostra impotenza deve incoraggiarci, come Davide, a ricorrere a Dio e a dirGli anche noi sinceramente con quel santo uomo: tu sei la nostra unica porzione nella terra dei viventi, cioè il nostro tutto e l’unico nostro tesoro o in questo mondo che viene chiamato terra o nell’altro, che è la vera terra dei viventi per coloro che hanno posto quaggiù in Dio tutte le loro ricchezze.

4 al venir meno da me del mio

Spirito, e tu hai conosciuto i miei

sentieri. Su questa via in cui

camminavo mi hanno nascosto un laccio.

5 Osservavo a destra e guardavo: e non c’era chi mi

conoscesse; è perduta la via di

fuga per me e non c’è chi ricerca l’anima mia.

6 Ho gridato a te Signore, ho detto:

Tu sei la mia speranza la mia

porzione nella terra dei viventi.

7 Volgiti alla mia supplica

perché sono umiliato molto.

Liberami dai miei persecutori,

perché si sono rafforzati sopra di me

8 trai dal carcere l’anima

mia, perché confessi il tuo nome, mi aspettano i

giusti finchè tu mi retribuisca.

Essendo Davide esiliato e fuggiasco, a motivo della persecuzione di Saul, egli dava spesso il nome di morte allo stato in cui era. Domandando a Dio di ritornare fra il suo popolo, gli diceva che non cercava se non lui solo nella terra dei viventi, cioè nella terra degli israeliti. La Chiesa che ha applicato questo salmo a Gesù Cristo nella sua passione, ha creduto in modo particolare di udire la sua voce in queste parole. Io consideravo e guardavo alla mia destra e non c’era alcuno che io conoscessi… Questo accadde, dice Sant’Ilario quando, camminando verso la morte, Gesù si vide abbandonato da quegli stessi che aveva scelto per il suo regno, togliendoli, per così dire dalla sinistra e collocandoli alla sua destra. Essendo il suo corpo pendente dalla croce non si diedero pensiero di cercare la sua anima, cioè di contemplare la potenza di quell’anima che aveva dimostrato con tanti segni miracolosi e con tante opere soprannaturali che egli era Figlio di Dio. Quanto dunque i potenti assaltano con orgoglio ed opprimono con violenza i piccoli, altrettanto questi hanno diritto di sperare in Dio e di supplicarlo di liberarli dai loro persecutori. Tira fuori, dice Davide, dalla prigione la mia persona, cioè liberami dal grave rischio in cui sono di perdere la vita, essendo assediato e relegato in questa caverna come in una prigione. Non ti domando questa grazia se non per glorificare in faccia a tutto il mondo la maestà e la potenza del tuo nome. Se queste parole si vogliono spiegare di Gesù Cristo, è vero il dire che quando egli era ancora in questo mondo come in una prigione, egli domandava al Padre suo di esserne tratto fuori. Egli vedeva in ciò la gloria stessa del Padre suo e l’adempimento dei voti dei santi patriarchi e di tutti i giusti che da tanti secoli aspettavano gli effetti della potenza e della giustizia che Dio avrebbe fatto risplendere nella persona del Messia, Figlio suo, quando dopo aver patito per gli uomini nella sua santa umanità, sarebbe entrato nella gloria del Padre suo.

Da Agostino

1 ( della comprensione di David,

mentre era nella grotta, preghiera )

2 Con la mia voce al Signore ho

gridato, con la mia voce il Signore ho supplicato.

Con la mia voce ho gridato al Signore. Sarebbe bastato dire: Con la voce ho gridato al Signore, ma forse non senza motivo vi è stato aggiunto quel mia. Sono infatti molti a gridare al Signore non con la loro voce ma con la voce del loro corpo. Ne segue che l'uomo interiore, nel quale Cristo ha cominciato ad abitare mediante la fede , ha da gridare al Signore con la propria voce: non cioè con lo strepito delle labbra ma con l'affetto, del cuore. Ivi non è uditore l'uomo ma Dio. L'uomo non ti ode se tu non gridi con la voce che esce dai polmoni, dalle viscere e dal moto della lingua; mentre dinanzi al Signore lo stesso pensiero è già un grido. Con la mia voce ha gridato al Signore; con la mia voce ho elevato suppliche al Signore. La parola: Ho gridato viene specificata dall'aggiunta: Ho elevato suppliche. In effetti elevano il proprio grido al Signore anche i bestemmiatori. Il salmo però, dopo aver segnalato nel verso che precede il fatto del gridare, nel verso successivo spiega in che cosa consista questo grido. Suppone che gli sia chiesto: Che sorta di grido hai elevato al Signore? e risponde: Al Signore ho elevato la mia supplica. Mio grido è la mia supplica: non si tratta di ingiuria, di protesta, di bestemmia.

3 Effondo davanti a lui la mia supplica

a lui espongo la mia tribolazione,

Effondo davanti a lui la mia preghiera. Che significa: Davanti a lui? Al suo cospetto. E per " suo cospetto " cosa s'intende? Là dov'egli vede. Ma  c'è forse un qualche luogo in cui non veda? Parliamo infatti di luogo posto sotto il suo sguardo quasi che ce ne sia un altro dove il suo sguardo non arrivi. Ma nell'ordine materiale delle cose vedono anche gli uomini, anche gli animali. Lui invece vede anche dove l'uomo non vede: ad esempio, nel tuo pensiero.

Con la mia voce ho gridato al Signore, con la mia voce ho elevato al Signore la mia supplica; l'altra è: Effondo davanti a lui la mia preghiera, paleso al suo cospetto la mia tribolazione. La stessa cosa infatti significano: Davanti a lui e: Al suo cospetto; e la stessa cosa: Effondo la mia supplica e: Paleso la mia tribolazione. Ma quand'è che compi questo? Chi parla così è nella persecuzione, come s'affretta a precisare: Mentre viene meno il mio spirito. Ma perché viene meno il tuo spirito, o martire provato dalla persecuzione? Perché io non attribuisca a me stesso le forze di cui dispongo, ma mi renda conto che ogni successo deriva da un altro.

4 al venir meno da me del mio

Spirito, e tu hai conosciuto i miei

sentieri. Su questa via in cui

camminavo mi hanno nascosto un laccio.

Su questa via in cui cominciavo a camminare mi hanno nascosto un laccio. La via in cui iniziava a camminare è Cristo: lì nascosero un laccio coloro che perseguitano chi è in Cristo, e ciò fecero a motivo del nome cristiano. Lì dunque mi hanno nascosto un laccio. Che c'è in me che possa eccitare la loro gelosia o spingerli alla persecuzione? Il fatto che sono cristiano. Se veramente perseguitano la mia condizione di cristiano, mi hanno nascosto un laccio nella via in cui cominciavo a camminare. Per quanto è in loro, mi hanno nascosto un laccio nella via in cui mi disponevo a entrare; per quanto concerne la loro voglia, il loro sforzo, il loro desiderio, essi volevano che nella stessa via io inciampassi nel laccio e vi fossi preso. Ma il Signore conosce la via dei giusti , e ancora: Tu hai conosciuto i miei sentieri. È vero che essi avevano tali intenzioni, ma tu non permetti che si servano di te per crearmi scandalo, poiché tu sei la mia via…  Quanto si dice qui, e cioè: Nella via, lo si dice in relazione alla loro volontà e al loro desiderio; l'altra espressione, cioè: Presso la via o, meglio, presso i sentieri, corrisponde invece alla realtà. In effetti è impossibile porre lacci nel sentiero o all'interno della via in se stessa, perché la via è Cristo . Per forza quindi li pongono ai margini della via. Cristo infatti non tollera che pongano inciampi nella via sicché ci sia ostacolato il passaggio; lascia solo che li pongano ai margini della medesima per impedire che ne usciamo fuori.

5 Osservavo a destra e guardavo: e non c’era chi mi

conoscesse; è perduta la via di

fuga per me e non c’è chi ricerca l’anima mia.

Guardavo a destra e vedevo. Guardava verso destra e vedeva: chi guarda verso sinistra diventa cieco. Che significa guardare a destra? Guardare là dove saranno coloro ai quali verranno rivolte le parole: Venite, benedetti del Padre mio! possedete il regno . Ci saranno poi degli altri, posti a sinistra, ai quali verrà detto: Andate al fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli . Mentre dunque tutto il mondo, fremente d'ira, minacciava persecuzioni, mentre da ogni parte si levavano numerosi gli insulti e le minacce degli uomini, egli non si curava del presente ma guardava all'avvenire: fissava l'occhio [del cuore] alla destra dove sarebbe venuto un giorno a trovarsi. Considerava d'essere già in quel luogo e vi fissava la mente: vedendone [la magnificenza], sopportava ogni dolore. Quelli invece che lo perseguitavano non vedevano. Osserva ancora, però, che quando ti volgerai a guardare verso destra non ci sarà chi ti apprezzi. Chi ti consolerà infatti, se non il Signore, al quale tu dici: E tu hai conosciuto i miei sentieri ? Né c'era chi mi conoscesse.

6 Ho gridato a te Signore, ho detto:

Tu sei la mia speranza la mia

porzione nella terra dei viventi.

Ho gridato a te, Signore; ho detto: Tu sei la mia speranza. Quando pativo, quando ero nella tribolazione ho detto: Tu sei la mia speranza. Mia speranza adesso: per questo resisto alla sofferenza; mia porzione [ereditaria] invece, non adesso, ma nella terra dei viventi. Dio ci darà la porzione [di eredità] nella terra dei viventi, e non sarà qualcosa distinto da lui o estraneo a lui. Cosa darà a chi lo ama se non se stesso?

7 Volgiti alla mia supplica

perché sono umiliato molto.

Liberami dai miei persecutori,

perché si sono rafforzati sopra di me.

Presta attenzione alla mia preghiera poiché sono stato umiliato grandemente. Umiliato dai persecutori, umiliato nella confessione. Umilia se stesso all'insaputa di tutti; dai nemici viene umiliato pubblicamente. Da Dio, al contrario, viene sollevato e in pubblico e nell'intimo della coscienza.

Liberami dai miei persecutori. Da chi credete voglia essere liberato attraverso la preghiera? Da persecutori umani? Ma è proprio vero che i nostri nemici sono gli uomini? Abbiamo altri nemici, nemici invisibili, che ci perseguitano sotto altra forma. L'uomo ci perseguita volendo uccidere il corpo, l'altro nemico ci perseguita volendo accalappiare l'anima. Egli dispone anche di strumenti essendo scritto di lui che opera mediante i figli dell'incredulità . Servendosi, di questi suoi strumenti nei quali agisce lui personalmente, perseguita il corpo per ottenere la rovina interiore del cuore. Se infatti pur cadendo il corpo, l'anima resta salda, la trappola va in frantumi e noi siamo liberi .

Ci son dunque altri nemici che ci minacciano e dai quali dobbiamo supplicare Dio che ci liberi, che non permetta veniamo sedotti né per la stanchezza causataci dalle tribolazioni mondane né per l'attrattiva di [false] lusinghe. Chi sono questi nemici? Vediamo se non ce ne abbia lasciata una chiara descrizione un servo del Signore, un soldato perfetto che con loro sostenne gravi combattimenti. Ascolta l'Apostolo, che ti dice: La vostra lotta non è contro la carne e il sangue. Non convogliate - sembra dirci - il vostro rancore contro esseri umani, credendoli vostri nemici o supponendo che a demolirvi [spiritualmente] sia la loro inimicizia. Questi uomini che voi temete sono carne e sangue; ora la vostra lotta non è contro la carne e il sangue. Contro chi allora? Dice: Contro i principati e le potestà, contro i reggitori di questo mondo tenebroso . All'udire: Reggitori del mondo t'eri spaventato. Sì tratta di " reggitori di questo mondo ": per non subirne quindi gli assalti dovrai forse uscire dal mondo? Dovrai uscire dal mondo per essere sottratto al loro potere? Intendi dunque reggitori del mondo e reggitori di queste tenebre non nel senso di dominatori del cielo e della terra, poiché l'universo è opera di Dio. Col nome di " mondo " ci si chiamano il cielo e la terra ma ci si chiamano anche gli uomini cattivi. Perché anche questi son chiamati mondo? Perché amano il mondo, e, se si chiamano tenebre, lo si deve alla loro empietà. Cosa dice infatti l'Apostolo alle moltitudini dei credenti provenienti di frammezzo a loro? Un tempo foste tenebre, ora però siete luce nel Signore . Prima di essere luce eravate tenebra, e notate chi fosse allora il vostro dominatore. Qual principe infatti hanno gli empi se non il diavolo, a quel modo che i buoni, i fedeli, hanno per capo Cristo? Chiama dunque reggitori del mondo il diavolo e i suoi angeli, nel senso che sono essi a dominare su coloro che amano il mondo, sui peccatori, qualificati come le tenebre di quaggiù. Ecco chi sono i nemici da cui dobbiamo scongiurare il Signore che ci voglia liberare.

8 trai dal carcere l’anima

mia, perché confessi il tuo nome. Mi aspettano i

giusti finchè tu mi retribuisca.

Trai fuori dal carcere la mia anima, affinché confessi al tuo nome. Varie le interpretazioni degli antichi nei confronti di questo carcere. Non è, forse, errato identificare questo carcere con la spelonca di cui si parla nell'iscrizione del salmo, che ha per titolo: Intelligenza, per lo stesso David quando era nella spelonca, orazione. Questa spelonca sarebbe la stessa cosa che il carcere. Orbene, a certi commentatori è sembrato opportuno identificare questa spelonca, o carcere, col mondo presente. In tal senso prega anche la Chiesa quando chiede di essere tratta fuori dal carcere, cioè da questo mondo collocato sotto il sole, dove tutto è vanità. Fuori di questo mondo quindi Dio ci promette d'essere un giorno in non so quale pace; e sarebbe, nell'ipotesi, questo mondo il luogo da cui gridiamo: Trai fuori dal carcere la mia anima.

Voglio finalmente, fratelli, dirvi un'altra opinione. Forse ha detto: Trai fuori dal carcere la mia anima nel senso di: Libera[mi] dall'angustia.  È vero infatti che nella speranza gode la spaziosità [del regno celeste], in concreto però attualmente egli è nella strettezza.

Proprio di questo trattano le parole: Trai fuori dal carcere la mia anima, affinché confessi al tuo nome.

Dai Padri

Ilario: il titolo di questo salmo: della comprensione, di Davide mentre era nella grotta, preghiera, deve essere inteso spiritualmente, perché se non dovessimo scorgervi che l’avventura di Davide, la parola preghiera sarebbe stata sufficiente. Sappiamo che esiste un Davide, il cui tempio è caduto e risorto: il Giusto, l’Oriente, nostro Signore, il Figlio di Dio. Lui pure è fuggito, si è nascosto, ha pregato, ha pianto, ha gridato a Dio, non per paura della passione ma per mostrare in tal modo che era uomo. Questa preghiera è la sua. Infatti Davide parla nella grotta, ma profetizza nel Cristo. Davide fugge e profetizza, non tanto con parole quanto con la sua stessa fuga, la fuga del suo Signore. Davide sente venir meno il suo spirito e l’anima del Signore è triste fino alla morte (Matteo 26,38). Dio conosce le vie di Davide, ma nessuno conosce il Figlio se non il Padre. Al Signore, come a Davide, si tendono tranelli. Il servo annuncia il maestro: il primo Davide, per mezzo di tutte le sue sofferenze, profetizza il secondo. Dobbiamo osservare tuttavia che, per annunciare il Cristo, il profeta rivela qualità che sono proprie del Salvatore. Il versetto 4, ad esempio: non c’è chi ricerchi l’anima mia e il versetto 7: mi attenderanno i giusti, finché tu mi abbia retribuito presentano caratteristiche che si realizzano solo nel Cristo, similmente la sua porzione, il suo regno, la sua eredità sono nella terra dei viventi (versetto 5) ed egli promette al ladrone di introdurvelo quel giorno stesso. Benchè il Cristo abbia il potere di deporre la sua anima e di riprenderla, abbandona nelle mani del Padre la sua salvezza e la sua glorificazione: trai dal carcere l’anima mia, per onorare la maestà paterna. Sia che il Cristo dica: Padre, glorificami (Giovanni 17,5) o: Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Salmo 21,1) queste non sono confessioni di debolezza ma annuncio della potenza paterna; perché confessi il tuo nome: infatti la sua risurrezione renderà manifesta la potenza del Padre. L’apostolo ci insegna quale ricompensa gli ha dato il Padre: Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome (Filippesi 2,9). Ciò vuol dire che, alla carne che ha assunto, è donata l’eternità della gloria del Padre. Quanto all’attesa dei giusti, lo stesso apostolo ci dice in che cosa consiste: essi attendono di essere resi conformi al suo corpo di gloria.

1 Girolamo: è il Cristo che dice questo salmo: grida verso il Padre, nell’umiltà della sua incarnazione.

2 Origene: annuncia la sua tribolazione, lui che non ne è schiacciato ma che si gloria nelle tribolazioni (Romani 5,3) sapendo che la via stretta e ripida conduce alla vita.

Teodoreto: effonderò: esprime l’intensità della preghiera.

3 Atanasio sono parole di un uomo pieno di fede, mentre corre la corsa della vita.

4 Origene: è il contrario di: mi ha tratto fuori al largo. Il combattimento di questo uomo non è contro la carne il sangue, ma contro le potenze delle tenebre.

Crisostomo rinnegamento di Pietro: supremo abbandono. Nessuno lo difende, nessuno gli viene in aiuto.

Ilario: nessuno accompagnò il Signore nella sua passione, nessuno lo riconobbe come Dio. E poiché la sua offerta era volontaria non c’era alcuna possibilità di fuga per lui.

Cassiodoro: è il tempo in cui si porta la croce: percuoterò il pastore e le pecore saranno dispersa.

5 Crisostomo: il male non raggiunge altro scopo che quello di farlo salire fino a Dio.

6 Atanasio: sono umiliato molto: è l’uomo sotto la schiavitù del peccato. Come conseguenza del peccato i nemici sono più forti di lui.

Ilario: sono umiliato molto, prendendo la forma di schiavo. I nemici sono più forti di lui quando osano crocifiggerlo.

Cassiodoro: svuotò se stesso.

7 Atanasio: libera dalla prigionia la mia anima.

Girolamo: prega il Padre per poterlo onorare con la sua resurrezione.

Girolamo darò soddisfazione all’attesa dei giusti quando risorgerò.

Cassiodoro: gli apostoli, sebbene sconvolti per la morte del Cristo, attendevano. La retribuzione fu la sua risurrezione: perciò Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è sopra ogni nome (Filippesi 2,9).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 142

( salmo di Davide

quando il figlio lo perseguitava )

1 Signore ascolta la mia preghiera,

porgi le orecchie alla mia supplica nella tua verità.

Esaudiscimi nella tua giustizia

2 e non entrare in giudizio col tuo servo,

perché non sarà giustificato

davanti a te nessun vivente,

3 Poiché il nemico ha perseguitato l’anima mia,

ha umiliato fino a terra la mia vita,

mi ha collocato nelle tenebre come i morti per sempre.

4 Ed è stato preso da sconforto in

me il mio spirito, dentro di me è turbato il mio cuore.

5 Mi sono ricordato dei giorni

antichi, ho meditato su tutte

le tue opere, sulle azioni delle tue mani meditavo.

6 Ho steso verso di te le mie mani,

l’anima mia a te come terra arida           pausa

7 Presto esaudiscimi Signore, è

venuto meno il mio spirito,

non distogliere da me il tuo volto

che subito sarò simile a quelli che  discendono nella fossa.

8 Fammi sentire al mattino

la tua misericordia perché in te ho sperato.

Fammi conoscere la via

in cui camminare perché a te

ho levato l’anima mia.

9 Strappami dai miei nemici,

Signore, in te mi sono rifugiato.

10 Insegnami a fare la tua volontà,

perché il mio Dio sei tu.

Il tuo spirito buono mi guiderà in una terra retta.

11 Per il tuo nome Signore

mi farai vivere, nella tua giustizia

trarrai dalla tribolazione l’anima mia.

12 E nella tua misericordia disperderai i miei nemici

e farai perire tutti quelli

che tormentano l’anima mia, perché io sono tuo servo.

 

Da Sacy

( salmo di Davide

quando il figlio lo perseguitava )

1 Signore ascolta la mia preghiera,

porgi le orecchie alla mia supplica nella tua verità.

Esaudiscimi nella tua giustizia

2 e non entrare in giudizio col tuo servo,

perché non sarà giustificato

davanti a te nessun vivente,

Signore, esaudisci la mia preghiera, porgi le orecchie alla mia supplica con la tua fedeltà. Esaudiscimi secondo la tua giustizia… Dio, per bocca di Nathan, aveva promesso a Davide di perdonargli. Si appoggia egli dunque sulla verità della promessa di Dio allorché lo supplica di esaudirlo e di ascoltare la sua supplica piena di fervore che a lui presenta. Si appoggia egli dunque sulla verità della sua giustizia verso i penitenti, ovvero sopra la sua bontà come spiega Giovanni Crisostomo e non sulla rigorosa giustizia che richiede la punizione dei peccatori. Egli sa che dopo averlo offeso con così grandi delitti non può ricorrere se non alla sua clemenza. Quindi lo supplica di non entrare in giudizio con lui, cioè di non volere giudicarlo secondo il rigore della sua giustizia, dal momento che nessun uomo in questo mondo, essendo giudicato rigorosamente secondo i precetti dati  dal Signore, può essere perfettamente giusto ai suoi occhi. Quando Dio cava fuori dai tesori della sua verità la regola rettissima e purissima della sua giustizia, appare quanto siamo ancora lontani dall’essere giusti davanti a lui. Essendo questo vero degli stessi più giusti, quanto devono annientarsi al cospetto divino i peccatori quale era Davide allorché compose questo salmo!

3 Poiché il nemico ha perseguitato l’anima mia,

ha umiliato fino a terra la mia vita,

mi ha collocato nelle tenebre come i morti per sempre.

4 Ed è stato preso da sconforto in

me il mio spirito, dentro di me è turbato il mio cuore.

Può questo essere riferito al nemico che allora lo incalzava, che noi abbiamo detto essere Assalonne e del diavolo che in una maniera più crudele era il nemico della sua salute. Secondo la prima spiegazione Assalonne perseguitava l’anima di Davide, cioè voleva togliergli la vita e l’aveva umiliato sino a terra avendolo costretto a fuggire vergognosamente da Gerusalemme e avendolo disonorato alla presenza di tutto il popolo nella persona delle sue donne. Davide con una espressione metaforica ed iperbolica paragona tale stato a quello delle persone morte da molti secoli che giacciono nell’obblio e in una perfetta oscurità. Benché l’ordine di Dio fosse sempre davanti ai suoi occhi come fece egli credere rispetto a Semei, allorché l’oltraggiava questi così insolentemente, non smise però di sentire interiormente le più terribili angosce e di essere turbato nell’intimo del cuore, dal momento che tali angosce e tale turbamento dovevano far parte della sua penitenza e nel tempo stesso figurare il turbamento e l’agonia che poi ha sofferto Gesù Cristo all’approssimarsi della sua passione… Davide non si era accorto della oscurità così funesta che i suoi delitti avevano prodotto nella sua anima, ma dopo che il profeta Natan gli ebbe parlato da parte di Dio, incominciò egli ad essere inorridito dalle tenebre così spaventose di cui il suo nemico aveva riempito tutta la sua anima per il tempo così lungo in cui egli era stato davanti a Dio nel numero dei morti sepolti nell’amore del secolo. E una siffatta vista produsse in lui un’ angustia e un salutare turbamento per la sua profonda miseria nella quale era languito, senza accorgersi della sua disavventura o almeno senza dare ad essa tutta la sua debita attenzione. Beati quelli a cui l’angoscia di questo peccatore convertito è capace di ispirare un così santo turbamento per i propri disordini; coloro in cui simili tenebre diventano come una sorgente di luce e fanno nascere il timore dei peccati che sempre sono accompagnati da tenebre.

5 Mi sono ricordato dei giorni

antichi, ho meditato su tutte

le tue opere, sulle azioni delle tue mani meditavo.

6 Ho steso verso di te le mie mani,

l’anima mia a te come terra arida           pausa

Chiamo a memoria i tempi antichi; medito su tutte le opere tue; medito sulle opere delle tue mani. Stendo a te le mie mani… Per mitigare l’amarezza del suo cuore e calmare il turbamento Davide si ricordò dei tempi antichi cioè dei secoli passati in cui il Signore aveva tante volte fatto risplendere la sua misericordia verso il suo popolo… Se egli supplica il Signore di esaudirlo prontamente lo fa perché confessa la sua estrema infermità, perché sente il bisogno di un pronto soccorso, perché teme che Dio da lui distolga la sua faccia abbandonandolo del tutto per farlo alla fine discendere nella fossa cioè nel sepolcro o nel profondo abisso dell’inferno. La faccia di Dio, come più volte si è detto, è la luce della sua presenza e della sua grazia. Se noi abbiamo meritato che essa sia lontana da noi, diventiamo simili immediatamente a coloro che scendono nella fossa, cioè l’anima nostra cade nella morte poiché la sua vita è l’unione con Dio.

7 Presto esaudiscimi Signore, è

venuto meno il mio spirito,

non distogliere da me il tuo volto

che subito sarò simile a quelli che  discendono nella fossa.

8 Fammi sentire al mattino

la tua misericordia perché in te ho sperato.

Fammi conoscere la via

in cui camminare perché a te

ho levato l’anima mia.

9 Strappami dai miei nemici,

Signore, in te mi sono rifugiato.

10 Insegnami a fare la tua volontà,

perché il mio Dio sei tu.

Il tuo spirito buono mi guiderà in una terra retta.

11 Per il tuo nome Signore

mi farai vivere, nella tua giustizia

trarrai dalla tribolazione l’anima mia.

12 E nella tua misericordia disperderai i miei nemici

e farai perire tutti quelli

che tormentano l’anima mia, perché io sono tuo servo.

Fammi conoscere la via nella quale devo camminare perché a te alzo la mia anima… Quanto più egli sente l’estremo bisogno del soccorso di Dio, tanto più lo supplica di soccorrerlo. Egli si considerava allora come un fanciullo o come un cieco che aveva bisogno di guida dopo aver sperimentato quanto avesse errato seguendo il  proprio intelletto. Rinunciando alla sua sapienza non vuole più consultare altra luce che quella di Dio e sollevando la sua anima , cioè sollevandola sopra tutti sentimenti della carne, Lo supplica di volergli far conoscere per quale via debba egli camminare o per liberarsi da quel grande pericolo in cui si trovava a causa dei suoi sudditi ribelli o per non cadere più nel peccato che gli aveva tirato addosso così grandi sollevazioni. Parla dunque sia dei nemici spirituali, quanto degli altri quando scongiura il Signore di liberarlo e di volergli insegnare a fare il suo volere…Se è vero, dice Sant Ilario, che noi ignoriamo come dobbiamo pregare, certamente il profeta non chiede senza ragione a Dio che gli insegni a compiere la sua volontà. Il peccato ha talmente offuscato la mente dell’uomo che egli è, per così dire, nelle tenebre in mezzo alla luce e la verità dei divini precetti, così risplendente come è, non lo illumina salutarmente se non gliela scopre lo Spirito Santo che il Figlio di Dio promise di mandare ai suoi discepoli… Davide implora lo spirito buono, lo spirito che è dottore della verità non solo per tornare nella terra di rettitudine e di giustizia, cioè a Gerusalemme, ove era il regno di pietà e della religione dei giudei, ma ancor più per essere condotto come per mano nella via della verità che è la sola diritta, essendo storte tutte le altre, oppure nella terra da lui considerata come la sua vera patria cioè nel cielo ove regna una somma rettitudine e la perfezione della giustizia.…

Da Agostino

( salmo di Davide

quando il figlio lo perseguitava )

Ecco il titolo del salmo: Per lo stesso David, quando il suo figlio lo perseguitava. Dai libri dei Re sappiamo che si tratta di fatti realmente avvenuti. Assalonne pretese ergersi a nemico di suo padre e contro di lui intraprese una guerra che fu non solo civile ma addirittura domestica. David, pur nell'abbattimento, non si comportò iniquamente ma si umiliò piamente: ricevette dalle mani del Signore la severa lezione, ne accettò la medicina, non ripagò il male col male ma tenne il cuore preparato a compiere la volontà del Signore . Per questo merita lodi il David della storia; ma noi dobbiamo qui riconoscere un altro David, che davvero fu robusto di mano (questo infatti significa la parola " David "), e costui è il nostro Signore Gesù Cristo. In effetti, quegli avvenimenti del passato erano simboli di quanto sarebbe più tardi avvenuto; né occorre che spendiamo molte parole per rammentarvi cose da voi spesso udite e ottimamente conservate nella memoria. Esaminando dunque il presente salmo, indaghiamo come il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo in questa profezia preannunzi se stesso e come, attraverso i fatti di allora, predica quel ché sarebbe accaduto ai giorni nostri.

1 Signore ascolta la mia preghiera,

porgi le orecchie alla mia supplica nella tua verità.

Esaudiscimi nella tua giustizia

Nella tua verità esaudiscimi, nella tua giustizia, non nella mia, affinché venga trovato in lui privo di ogni mia giustizia, proveniente dalla legge, ma con quella giustizia che è dalla fede. Ecco cosa significa: Nella tua giustizia esaudiscimi. Guardando infatti a me stesso, di mio non trovo altro all'infuori del peccato.

Sei un pervertito quando attribuisci a Dio ciò che è male e a te ciò che è bene. Se vuoi essere retto, attribuisci a te il male che compi e a Dio il bene. Eri infatti un empio, né ti sarebbe dato di vivere nella giustizia se non fossi stato reso giusto da colui che giustifica l'empio .

2 e non entrare in giudizio col tuo servo,

perché non sarà giustificato

davanti a te nessun vivente,

E non entrare in giudizio col tuo servo. Chi son coloro che vogliono entrare con lui in giudizio se non quei tali che, ignorando la giustizia di Dio, vogliono affermare la propria?  Noi abbiamo adempiuto i tuoi comandi; perché non ci accordi la ricompensa promessa? Dio ti risponde: Quel che t'ho promesso lo riceverai; io te lo darò come sono stato io a darti la possibilità di compiere quelle opere per cui ora ricevi la ricompensa. A questi superbi si rivolge il profeta quando dice: Cosa vi passa per la testa? contendere con me in giudizio? Tutti mi avete abbandonato, dice il Signore . Come presumete d'intentare a me un processo, elencandomi le vostre giustizie? Elencatele pure queste vostre giustizie; io conosco i vostri misfatti.  Molto opportunamente parla invece questo umile fra le membra di Cristo, che dal Capo ha imparato ad essere mite ed umile di cuore . Dice: Non entrare in giudizio con il tuo servo.

3 Poiché il nemico ha perseguitato l’anima mia,

ha umiliato fino a terra la mia vita,

mi ha collocato nelle tenebre come i morti per sempre.

Poiché il nemico ha perseguitato la mia anima, ha umiliato in terra la mia vita.  Certo, il diavolo perseguitò l'anima di Cristo e lo stesso fece Giuda: perseguitò l'anima del Maestro; ma anche ai nostri giorni non ha smesso il diavolo di perseguitare il corpo di Cristo, come pure altri Giuda son successi a Giuda [iscariota]. Non mancano quindi motivi per cui anche il corpo [di Cristo] dica: Poiché il nemico ha perseguitato la mia anima, ha umiliato in terra la mia vita.

Dice: Ha umiliato in terra la mia vita, mentre in un altro passo aveva detto: Hanno curvato la mia anima . Cosa si propone infatti ogni nostro persecutore se non che, dimenticando la speranza di quel che ci attende in cielo, nutriamo sentimenti terreni e, cedendo al persecutore, attacchiamo il nostro cuore alle cose di quaggiù?

Mi hanno confinato in luoghi tenebrosi come i morti del secolo. Chi sono i morti di questo secolo? Morti di questo secolo son coloro che si sono meritati la morte, nella quale ricevono il compenso della loro iniquità; son coloro che han contratto la morte per l'appartenenza a una stirpe peccatrice.  Lui viceversa venne prendendo la carne da una vergine; quindi della carne non contrasse la colpevolezza, avendo preso una carne monda e capace di render mondi gli altri.

4 Ed è stato preso da sconforto in

me il mio spirito, dentro di me è turbato il mio cuore.

E il mio spirito in me ha sofferto ansietà. Ricordate: La mia anima è triste fino alla morte . Notate come unica sia la voce; ma forse che non appare evidente il passaggio dal capo alle membra e dalle membra al capo? Dice: Il mio spirito ha in me sofferto ansietà.  La mia anima è triste fino alla morte . Ma anche in quell'occasione eravamo presenti noi. Egli aveva assunto in se stesso la forma del nostro corpo miserabile e l'aveva modellata sull'immagine del suo corpo glorioso. Così il nostro uomo vecchio fu confitto alla croce insieme con lui. In me il mio cuore è conturbato. Dice: In me, non negli altri. Gli altri infatti mi abbandonarono, e perfino i miei fedelissimi se la svignarono. Vedendomi morire, mi credettero qualcosa di diverso [da ciò che realmente ero] e furono superati dal ladrone, in quanto lui credette, gli altri non ressero [alla prova] .

5 Mi sono ricordato dei giorni

antichi, ho meditato su tutte

le tue opere, sulle azioni delle tue mani meditavo.

Adesso si passa alle membra. Mi son ricordato dei giorni antichi. Forse che a ricordarsi di questi giorni antichi è stato colui che creò tutti i giorni? Ma a parlare qui è il corpo: parla ogni uomo giustificato dalla grazia del Signore e a lui unito intimamente mediante la carità e l'umiltà devota. Parla e dice: Mi son ricordato dei giorni antichi; ho meditato su tutte le tue opere. Tu infatti hai creato buone tutte le cose e nulla avrebbe l'esistenza se non l'avesse ricevuta da te. Che senso ha tutto questo, se non per far capire all'uomo che, quanto ha in sé di buono, è stato creato da lui? Quindi, in tutte le opere di Dio e nella contemplazione di tali opere inserisce il richiamo alla grazia di Dio, inculca la grazia, si gloria per aver trovato la grazia: quella grazia per la quale siamo stati salvati gratuitamente, poiché è incontestabile che siamo stati salvati gratuitamente.

6 Ho steso verso di te le mie mani,

l’anima mia a te come terra arida           pausa

7 Presto esaudiscimi Signore, è

venuto meno il mio spirito,

non distogliere da me il tuo volto

che subito sarò simile a quelli che  discendono nella fossa.

Per tuo dono vidi che ogni elargizione di massimo pregio e ogni dono perfetto viene dall'alto, scende dal Padre di ogni luce presso il quale non c'è mutamento né oscuramento, sia pur temporaneo . E allora cosa feci? Vedendo tutto questo, volsi le spalle alle opere cattive da me compiute e in me esistenti e protèsi le mie mani a te. Dice: Protèsi a te le mie mani; l'anima mia [era] dinanzi a te come terra senz'acqua. Par che dica: Irrorami affinché produca buon frutto. Chi infatti dà la dolcezza per cui la nostra terra produce il suo frutto è il Signore . Protesi le mie mani a te; l'anima mia [era] dinanzi a te, non dinanzi a me, come terra senz'acqua. Posso aver sete di te, non posso irrigare me stesso. La mia anima [era] dinanzi a te come terra senz'acqua, perché l'anima mia aveva sete del Dio vivente . Quando andrò [da lui] se non quando lui verrà a me? La mia anima ha sete del Dio vivente, perché la mia anima [è] dinanzi a te come terra senz'acqua. Il mare è immenso e dilaga con le sue onde; è sterminato e solleva flutti, ma è amaro. L'acqua fu separata e apparve nella sua aridità l'anima mia . Irrorala poiché è dinanzi a te come terra senz'acqua.

7 Presto esaudiscimi Signore, è

venuto meno il mio spirito,

non distogliere da me il tuo volto

che subito sarò simile a quelli che  discendono nella fossa.

Prontamente esaudiscimi, Signore. Se sono così assetato, che motivo c'è di farmi aspettare? Forse perché la mia sete divenga più ardente? Tu rimandavi ad altro tempo la pioggia affinché io la accogliessi e me ne inzuppassi, e non rigettassi l'acqua con cui venivi a bagnarmi. Se questo era il motivo del tuo differire, dammela pure perché ora la mia anima [è] dinanzi a te come terra senz'acqua. Esaudiscimi prontamente, Signore; il mio spirito è venuto meno. Mi riempia il tuo spirito.

Non rivolgere da me la tua faccia.  Un tempo infatti io nella mia abbondanza  dissi: Non sarò smosso; invece ogni cosa di cui abbondavo mi proveniva da te. E per dimostrarmi che derivava proprio da te, hai distolto la tua faccia da me e io ne sono stato sconvolto.  Io divenni dinanzi a te come terra senz'acqua.

Se la volgi lontano, sarò simile a coloro che scendono nella fossa.  Scendono nella fossa coloro che non riescono a confessare, mentre il rovescio è descritto nelle parole: Non chiuda sopra di me il pozzo la sua bocca .

La Scrittura dà il nome di fossa a quell'abisso nel quale giunto il peccatore diviene sprezzante.

Che vuol dire: Diviene sprezzante? Non crede più ormai nemmeno alla Provvidenza, o, se crede che ce ne sia, non ritiene di considerarla. Si propone di peccare sfrenatamente e di correre a briglie sciolte, senza speranza di perdono, nella via dell'iniquità. Non dice: Tornerò a Dio, affinché Dio torni in me, né fa caso alle parole: Convertitevi a me e io tornerò a voi , perché, giunto nel profondo del male, è divenuto sprezzante. Dice infatti [la Scrittura]: Da chi è morto, come da chi non esiste, esula la confessione .

8 Fammi sentire al mattino

la tua misericordia perché in te ho sperato.

Fammi conoscere la via

in cui camminare perché a te

ho levato l’anima mia.

Fa' che senta fin dal mattino la tua misericordia, perché in te ho sperato. Ecco, sono nella notte; ma spero in te finché non sia passata l'iniquità della notte .  Chiama quindi mattino il periodo che succederà alla fine del mondo, quando ci sarà dato vedere ciò che nel tempo abbiamo creduto. Per questo dice: Al mattino esaudirai la mia voce; al mattino starò accanto a te e contemplerò . Fa' che senta fin dal mattino la tua misericordia, perché in te ho sperato. Se infatti speriamo cose che non vediamo, le aspettiamo con pazienza . La notte esige pazienza, il giorno arrecherà letizia. Fa' che senta fin dal mattino la tua misericordia, perché in te ho sperato.

9 Strappami dai miei nemici,

Signore, in te mi sono rifugiato.

Liberami dai miei nemici, Signore, poiché presso di te mi sono rifugiato. Un giorno fuggii da te, ma ora mi sono rifugiato presso di te. In effetti, Adamo fuggì dalla presenza di Dio e si nascose fra gli alberi del paradiso . Fuggì dalla presenza del suo Signore e finì nell'ombra: fu infatti ombra ciò che raggiunse fuggendo fra gli alberi del paradiso. Guai a lui se fosse rimasto nell'ombra! Sarebbero state per lui le parole: Ogni cosa è passata come ombra . Liberami dai miei nemici. Non mi riferisco qui a nemici uomini . Ma allora contro chi? Contro i principi e le potenze che reggono il mondo . Quale mondo? Il mondo di queste tenebre . È contro costoro che dovete lottare. Grande battaglia vi si para dinanzi: vincere un nemico invisibile. Contro i reggitori di questo mondo, di queste tenebre , Cioè il diavolo e i suoi angeli. Liberami dai miei nemici, Signore, poiché presso di te mi sono rifugiato. Dai miei nemici: non da Giuda, ma da colui che invase il cuore di Giuda. Quanti Giuda son posseduti da satana, e ricevono indegnamente il boccone di pane a loro condanna! Chi infatti mangia e beve indegnamente [a quella mensa] si mangia e beve la propria condanna . Pertanto, liberami dai miei nemici poiché presso di te mi sono rifugiato. Dove infatti mi sarei dovuto rifugiare? Dove andrò lontano dal tuo spirito? Se salirò in cielo, lì tu ci sei; se scenderò nell'inferno, sei presente. Cos'altro rimane? Se prenderò le mie penne come colomba e volerò fin nelle estremità del mare - per abitare cioè mediante la speranza nella fine del mondo -, anche lì è la tua mano che mi ci accompagna e la tua destra che mi ci conduce .

10 Insegnami a fare la tua volontà,

perché il mio Dio sei tu.

Il tuo spirito buono mi guiderà in una terra retta.

Insegnami a fare la tua volontà, poiché tu sei il mio Dio. O confessione, o ammonimento [salutare]! Dice: Poiché tu sei il mio Dio. Correrò da un altro perché, mi riformi se è stato un altro a formarmi. Ma tu sei il mio tutto, poiché tu sei il mio Dio. Cercherò un padre per ottenere l'eredità? Tu sei il mio Dio: non solo quindi colui che mi dona l'eredità ma colui che costituisce l'eredità stessa. Il Signore è la porzione della mia eredità . Cercherò un padrone per il riscatto? Tu sei il mio Dio. Cercherò un patrono per la liberazione? Tu sei il mio Dio. E finalmente, voglio essere una nuova creatura dopo essere stato già una prima volta creato?  Mi creasti col tuo Verbo esistente presso di te, mi hai ricreato con lo stesso Verbo fattosi carne per amore nostro. Orbene, insegnami a fare la tua volontà, poiché tu sei il mio Dio. Se tu non mi farai da maestro, io seguirò la mia volontà e il mio Dio si allontanerà da me.  Notate come venga sottolineata la necessità della grazia! Tenetelo a mente, imprimetevelo nella memoria e che nessuno ve lo cacci dal cuore, se non volete avere, verso Dio, uno zelo non guidato da scienza, se non volete essere di quelli che, misconoscendo la giustizia di Dio e volendo affermare la propria, non sottostanno alla giustizia di Dio .

Il tuo Spirito buono, non il mio spirito cattivo, il tuo Spirito buono mi condurrà nella terra piana. Il mio spirito cattivo mi condusse infatti nella terra della perversione, e cosa ci guadagnai?

11 Per il tuo nome Signore

mi farai vivere, nella tua giustizia

trarrai dalla tribolazione l’anima mia.

12 E nella tua misericordia disperderai i miei nemici

e farai perire tutti quelli

che tormentano l’anima mia, perché io sono tuo servo.

Per amore del tuo nome, Signore, mai darai la vita. Osservate con tutto il vigore che potete come venga inculcata la grazia per la quale gratuitamente avete conseguito la salvezza. Per amore del tuo nome, Signore, mi darai la vita. Non a noi, Signore, non a noi ma al tuo nome dà gloria . Per amore del tuo nome, Signore, mi darai la vita. Nella tua giustizia, non nella mia. Non perché io abbia meritato qualcosa ma perché tu hai avuto compassione di me. Nella tua giustizia libererai la mia anima dalla tribolazione e nella tua misericordia condurrai al supplizio i miei nemici. E disperderai tutti coloro che tormentano la mia anima, poiché io sono tuo servo.

Dai Padri

1 Origene: nella tua verità: è la preghiera di colui che adora in spirito e verità (Giovanni 4,23).

Atanasio: esaudiscimi: invia il tuo Figlio unigenito. Nella tua giustizia: nel Figlio tuo.

Ilario: Davide con le sue sofferenze, profetizza le sofferenze del Cristo. Nella lettura attenta di questo salmo, ricordiamoci che tutto ciò che è detto del profeta si riferisce alla persona del Cristo. Nella tua verità: tu che sei il vero Dio, anzi proprio perché sei il vero Dio.

Girolamo: è la voce del Cristo nella forma di servo.

2 Origene: come Giobbe: è impossibile rispondere a Dio una parola su mille (Giobbe 9,3).

Crisostomo: Giobbe ha detto la stessa cosa, eppure Dio ha avuto la condiscendenza di discutere con lui.

Teodoreto: non voglio giustificarmi davanti a te, ma voglio essere giudicato davanti a te con i miei nemici, perché sono loro che mi hanno spinto fuori dal regno e mi hanno cacciato dalla mia patria (Salmo 35,12).

3 Atanasio: il nemico è il diavolo: mi ha fatto sedere nelle tenebre: come si seppelliscono i morti.

Crisostomo: nelle tenebre, sono quelle del peccato.

Ilario: il salmista sa che Adamo è stato fatto prigioniero dal diavolo; sa che è stato spogliato delle promesse di Dio e del paradiso e ricorda i giorni antichi (versetto 5).

5 Crisostomo: queste cose furono scritte per ammonimento a noi cui doveva toccare la fine dei secoli (1 Corinzi 10,11). Dalla Scrittura ci giunge una grande consolazione e una grande filosofia.

6 Origene: terra arida è quella che cerca la scienza spirituale. Ho sete di te in modo sincero e puro, non solo come la cerva ma come una terra arida che ha sete di pioggia.

7 Origene: una angoscia troppo grande fa venir meno lo spirito dell’uomo.

8 Ilario e Cassiodoro: mattino: tempo della risurrezione.

9 Cassiodoro: Adamo era fuggito lontano da Dio, il profeta fugge verso Dio.

12 Ruperto: poiché nessun vivente può essere giustificato davanti a te (Romani 3,20), ti chiedo la vita per amore del tuo nome: tutto sia un dono della tua grazia. Mi farai sentire al mattino, giorno del giudizio, la tua misericordia che va al di là della giustizia e che dirà: venite, benedetti del Padre mio (Matteo 25,34). Le ferventi benedizioni, confessioni e lodi di questo salmo, la fede le suggerisce, la speranza le genera e la carità le versa a piene mani.

Gregorio Magno: in questo salmo il capo prega per le membra, il Cristo per la Chiesa; e la Chiesa prega per le sue membra inferme. Esaudiscimi nella tua giustizia: infatti è solo per la giustizia di Dio che possiamo essere esauditi, e non per la nostra giustizia, come pretendeva il fariseo della parabola (Luca 18,10). Non entrare in giudizio… Colui che si affida totalmente alla giustizia di Dio, pensa che le avversità, che si abbattono su di lui siano giuste, mentre il mormorare contro i flagelli e le prove equivale a entrare in giudizio con Dio (versetto1 – 2). Il nemico… La parabola della zizzania ci dice chi è il nemico del genere umano: è il diavolo. Tenebre e morte dei versetti 3 – 4 sono, per Gregorio, le tenebre spirituali e la morte spirituale. I giorni antichi, felici, senza tenebre  l’anima li aveva in paradiso, prima della sua caduta, prima della prevaricazione che aprì gli occhi adi Adamo. Ma colui che dice: è venuto meno il mio spirito, si riconosce povero di spirito e vuole offrire a Dio il sacrificio di un cuore umiliato (versetto 7). Non distogliere da me il tuo volto: infatti lo sguardo misericordioso del Signore impedisce la disperazione: Pietro non avrebbe pianto, se il Signore non l’avesse guardato. Ci sono tenebre là ove il Cristo non volge lo sguardo, là ove non penetra la vera luce (Giovanni 1,9). La faccia del Signore: è una certa luminosità della conoscenza di lui; quelli che non conoscono la misericordia del Signore non vedono questa luminosità. La tua misericordia al mattino: il mattino è il giorno senza tramonto, la risurrezione futura, quando apparirà il Cristo che è la nostra vita. In quel mattino il Signore ci farà sperimentare la sua misericordia dicendo: venite benedetti dal Padre mio. Allora si compirà questa misericordia di Dio che lo spirito umano non è in grado di concepire in questa vita.

In te ho sperato… A te ho levato l’anima mia. Ecco qual è l’ordine seguito dal profeta: anzitutto bisogna sperimentare il venir meno del proprio spirito e porre la propria speranza in Dio solo. Getta lontano da te tutto ciò che ha un’apparenza di gloria in questa vita. Poi innalza a Dio la tua anima nuda. Chi conosce l’insufficienza del suo spirito è condotto dallo spirito di Dio. Lo spirito diffuso nei nostri cuori, la cui unzione ci istruisce su ogni cosa ci insegni quale sia la buona, accettevole perfetta volontà di Dio. Bisogna prima morire come il chicco di grano, poi il Signore ci renderà la vita. Insegnami a fare la tua volontà: condotto dal tuo spirito buono fa’ che giunga a questa città ove il giorno è eterno, ove un solo spirito è lo spirito di tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 143

( di Davide contro Golia )

1 Benedetto il Signore mio Dio,

che addestra le mie mani alla

battaglia, le mie dita alla guerra.

2 Mia misericordia e mio rifugio,

mio soccorso e in cui ho sperato,

tu che sottometti a me il mio popolo.

3 Signore, che cos’è l’uomo, poiché

ti sei fatto conoscere a lui? O il

figlio dell’uomo che tu ne faccia conto?

4 L’uomo è divenuto come vanità, i suoi giorni

come ombra passano.

5 Signore, piega i tuoi cieli

e discendi, tocca i monti e fumeranno.

6 Fa balenare il fulmine e li

disperderai, scaglia le tue frecce e li sconvolgerai.

7 Manda la tua mano dall’alto,

strappami e liberami

dalle grandi acque, dalla mano di figli stranieri.

8 La cui bocca ha parlato

vanità e la cui destra è destra di iniquità.

9 O Dio un cantico nuovo a te

canterò, sull’arpa a dieci corde salmeggerò a te,

10 che dai la salvezza ai re,

quello che redime Davide, suo

servo, dalla spada malvagia.

11 Liberami e strappami dalla mano

dei figli degli stranieri,

la cui bocca ha parlato vanità e la cui destra è

destra di ingiustizia.

12 I loro figli, come piantagione

novella nella sua giovinezza.

Le loro figlie agghindate,

ornate a somiglianza di un tempio,

13 i loro granai sono pieni,

traboccanti da questo in quello

le loro pecore  feconde, abbondanti  nelle loro uscite.

14 I loro buoi pingui, non c’è crollo di muro

né passaggio né grido nelle loro piazze.

15 Hanno detto beato il popolo

che possiede questi beni;  beato

è il popolo il cui Dio è il Signore.

 

da Sacy

( di Davide contro Golia )

1 Benedetto il Signore mio Dio,

che addestra le mie mani alla

battaglia, le mie dita alla guerra.

2 Mia misericordia e mio rifugio,

mio soccorso e in cui ho sperato,

tu che sottometti a me il mio popolo.

Si può considerare questo salmo come un trofeo che Davide innalza alla gloria dell’Onnipotente, spogliandosi di tutta la gloria delle sue maggiori azioni. Riguardando dunque la vittoria ottenuta da lui giovinetto contro il gigante Golia e in tale vittoria tutte le altre che poi egli riportò, si abbassa profondamente dinanzi a Dio e dichiara che il Signore merita di essere benedetto, poiché ha insegnato alle sue mani l’arte di combattere e alle sue dita quella della guerra. L’espressione del profeta sembra indicarci che egli ha usato sapienza piuttosto che forza in tale conflitto. E questa è pure la maniera con cui Gesù Cristo, rappresentato dalla persona di Davide si è condotto nella grande battaglia contro il demonio. La sua divina sapienza gli ha insegnato l’arte del tutto nuova di vincere l’orgoglio del suo crudele nemico più con la sua sapienza e con la sua profonda umiltà che con la sua potenza e di trionfare di lui morendo. Il profeta riconosce dunque di non aver vinto con la sua forza i suoi nemici, ma in virtù della misericordia di colui che egli ha considerato come il suo rifugio, il suo difensore, il suo liberatore e il suo protettore e per la speranza  in lui riposta. In ogni cosa, in tutti i suoi travagli e in tutti i suoi conflitti, in tutte le difficoltà in cui si è trovato ha sperato sempre in colui che gli ha sottomesso il suo popolo; o che intenda parlare del comando che gli diede il re Saul sopra una parte delle sue soldatesche poco tempo dopo che gli ebbe ucciso Golia, ovvero parli di quello che vide accadere tempo dopo, quando il Signore effettivamente lo costituì re di Israele. Ma la soggezione del popolo conviene molto meglio, secondo il senso spirituale, al figlio di Davide, Gesù Cristo, a cui Dio ha sottoposto tutti i popoli della terra dopo la distruzione dell’impero del demonio, per farne un solo popolo consacrato al suo servizio…

3 Signore, che cos’è l’uomo, poiché

ti sei fatto conoscere a lui? O il

figlio dell’uomo che tu ne faccia conto?

4 L’uomo è divenuto come vanità, i suoi giorni

come ombra passano.

Signore che cosa è l’uomo che ti sei fatto conoscere a lui? Ovvero che cosa è il figlio dell’uomo che tu fai conto di lui?…Tali devono essere i sentimenti che produce la fede in un’anima veramente umile come era quella di Davide. Non che vanti merito per le grandi cose operate da Dio per suo ministero, ma si inabissa in un certo modo in una  profonda ammirazione , perché non essendo l’uomo che un nulla in confronto a Dio, Egli nondimeno si è degnato non solo di farsi conoscere a quest’uomo, ma ha dimostrato tanta stima perché così poco lo meritava. Ma donde nasce dice Giovanni Crisostomo che Davide esclama: che cosa è l’uomo, poiché essendo stato l’uomo creato ad immagine di Dio può essere considerato per una cosa assai grande. Ma ciò nonostante che cosa è l’uomo in confronto a Dio? Inoltre avendo l’uomo corrotta l’immagine del suo Creatore col  peccato, cosa altro gli rimaneva per sua porzione fuorché la vanità e il nulla, poiché si era allontanato dalla verità, allontanandosi dal Signore? I suoi giorni, che scorrono e passano come l’ombra, possono essere mai paragonati all’eternità di Dio? Con somma ragione dunque pieno di stupore è Davide per i luminosi segni che Egli ha dato all’uomo della sua stima e del suo amore. Ma cosa diremo noi dell’altra ineffabile maniera con cui è a lui piaciuto  farsi conoscere all’uomo nel mistero della sua incarnazione? E quali sentimenti di gratitudine dobbiamo noi avere , allorché unendosi alla nostra natura ha voluto redimerci dalla schiavitù del demonio col prezzo del suo sangue? Questa considerazione ci deve fare rientrare veramente nel nostro nulla e indurci a considerare l’uomo per una pura vanità, soprattutto quando la sua ingratitudine ci fa dimenticare l’inestimabile prezzo con cui un uomo Dio ci ha redento.

5 Signore, piega i tuoi cieli

e discendi, tocca i monti e fumeranno.

6 Fa balenare il fulmine e li

disperderai, scaglia le tue frecce e li sconvolgerai.

7 Manda la tua mano dall’alto,

strappami e liberami

dalle grandi acque, dalla mano di figli stranieri.

8 La cui bocca ha parlato

vanità e la cui destra è destra di iniquità.

Benché l’uomo non sia che un nulla alla tua presenza, o mio Dio, egli però è così vano che insorge contro te e contro i tuoi servi. Abbassa dunque, se ti piace, i tuoi cieli e discendi. È questa una espressione figurata la quale ci indica in quale modo il Signore abbia assunto la difesa di quelli che erano suoi. Abbassa egli i cieli e discende quando nelle grandi tempeste pare che faccia avvicinare i cieli alla terra mediante le nubi, che sembrano quasi congiungere al firmamento e fa agli uomini conoscere la sua presenza in una maniera più sensibile coi lampi che risplendono da ogni parte e con le folgori che egli scaglia come saette contro la terra. In questo modo dunque Davide chiede a Dio che faccia risplendere dall’alto del cielo l’onnipotenza del suo braccio contro tutti i suoi nemici poiché non c’è cosa che agli uomini provi quanto egli sia terribile più di questi segni esteriori della sua potenza. Egli chiama un’ inondazione di acqua la moltitudine di nemici che egli spesso doveva combattere e i grandi pericoli che lo circondavano. Gli uomini tutti si abbassino, dai più grandi fino ai più piccoli davanti al Dio così terribile di Israele. Tremino le montagne più eccelse poiché se Egli vuole toccarle e percuoterle con il fuoco della sua folgore si ridurranno in fumo. Secondo il senso spirituale che i santi padri hanno dato a questo luogo, il Signore ha abbassato i cieli ed è disceso allorché si è annichilito fino ad unirsi all’uomo. Ha percosso le montagne allorché ha umiliato i superbi e tutti grandi della terra. Ha fatto risplendere su loro i suoi lampi con lo splendore dei suoi miracoli e li ha trafitti in maniera salutare con le saette divine della sua parola. Finalmente ha fatto risplendere dall’alto cielo l’onnipotenza del suo braccio ed ha salvato i suoi servi dalla inondazione delle acque e dalla mano degli stranieri allorché con la virtù della sua risurrezione ha tratto la sua chiesa di mezzo ai popoli idolatri che la circondavano, che si sforzavano di opprimerla, che preferivano mille bestemmie contro la verità della sua fede e che adoperavano tutto il loro potere per commettere l’iniquità, perseguitando Gesù Cristo nella persona dei suoi servi.

9 O Dio un cantico nuovo a te

canterò, sull’arpa a dieci corde salmeggerò a te,

10 che dai la salvezza ai re,

quello che redime Davide, suo

servo, dalla spada malvagia.

11 Liberami e strappami dalla mano

dei figli degli stranieri,

la cui bocca ha parlato vanità e la cui destra è

destra di ingiustizia.

Ti canterò mio Dio un cantico nuovo e salmeggerò a te, a tua gloria, sul decacordo. O tu, che procuri la salvezza ai re, che hai redento il tuo servo Davide dalla spada malvagia liberami... Il profeta promette a Dio di cantargli un cantico nuovo e di aggiungere l’arpa decacorde in riconoscenza della grazia che gli chiedeva di salvarlo dalla inondazione delle acque… Vero è, dice Giovanni Crisostomo, che è piccola cosa quella che Davide promette in confronto a ciò che vuole ricevere. Non può  dare se non quello che ha e noi stessi quando assistiamo i poveri, chiediamo loro soltanto la benedizione e un cuore grato. Ma mentre la riconoscenza dei poveri ridonda a nostra gloria, tutte le lodi che gli uomini danno a Dio o i loro cantici niente aggiungono alla Sua e procurano al contrario il nostro vantaggio. Se si adoperavano già un tempo gli strumenti per cantare cantici a Dio, noi dobbiamo al presente usare gli organi del nostro corpo per formare un santo concerto non di parole ma di azioni alla gloria del Signore. I nostri occhi, le nostre mani, i nostri piedi, le nostre orecchie ci possano servire per cantargli un cantico nuovo:  quando i nostri sguardi sono regolati dalla purità; quando si aprono le nostre mani per far parte delle nostre cose ai poveri; quando le nostre orecchie sono sempre pronte ad ascoltare cantici spirituali ed istruzioni di pietà e non empie canzoni, quando i nostri piedi camminano con zelo nella via dei divini precetti; quando il nostro cuore si occupa non a tessere inganni ma a produrre opere di carità. Dopo che Davide ha promesso a Dio di cantargli un cantico nuovo come suo Salvatore e gli ha protestato di riconoscere che gli stessi re non sono salvi che per la sua potenza come la stessa potenza l’aveva salvato dalla spada malvagia tanto di Golia quanto di Saul, egli rinnova daccapo la preghiera  di liberarlo dalla mano degli stranieri, cioè dei nemici del popolo di Dio. Egli ci insegna con il suo esempio che la riconoscenza migliore per le grazie che Dio ci ha fatto salvandoci molte volte dalle mani dei nostri nemici è di rivolgerci solo a lui in tutti i nuovi pericoli.

12 I loro figli, come piantagione

novella nella sua giovinezza.

Le loro figlie agghindate,

ornate a somiglianza di un tempio,

13 i loro granai sono pieni,

traboccanti da questo in quello

le loro pecore  feconde, abbondanti  nelle loro uscite.

14 I loro buoi pingui, non c’è crollo di muro

né passaggio né grido nelle loro piazze.

Davide parlando degli stranieri, dei nemici del popolo di Dio fa nel tempo stesso la descrizione della loro grande prosperità, delle loro ricchezze e del pacifico godimento di ogni sorta di beni temporali in cui facevano essi consistere tutta la loro felicità. I loro figli simili a nuove piante erano tutti pieni di vigore. Le loro figlie aggiungevano ogni sorta di ornamenti alla nativa loro bellezza. Abbondavano essi di tutti i beni che si possano desiderare. Le loro greggi e per la fecondità e per la pinguedine producevano loro ampie ricchezze. Le loro case e le loro mura non erano in rovina e stando essi dentro la loro città in perfetta sicurezza godevano pacificamente dei loro tesori, senza che un nemico straniero o domestico desse loro alcun motivo di lamentarsi. Tale è la felicità a cui aspirano i figli del secolo, il cui cuore essendo terreno non respira che l’amore dei beni della terra.

Quelli che qui sono biasimati dal profeta non erano malvagi, non erano vani perché erano nell’abbondanza di tali beni, ma perché ponevano alla destra quelle che doveva porsi alla sinistra. Usiamo dunque nel tempo presente dei beni temporali ma desideriamo ardentemente i beni eterni e diamo ad essi la preferenza del nostro cuore.

15 Hanno detto beato il popolo

che possiede questi beni;  beato

è il popolo il cui Dio è il Signore.

Diciamo col profeta: beato chiamano essi il popolo che ha tali cose; ma io dico beato chi ha il Signore per suo Dio: cioè si ingannano coloro che fanno consistere in queste cose la loro felicità, poiché la vera felicità dei popoli consiste nel conoscere, nell’ adorare e nel servire il Signore vero Dio, come colui al quale appartiene l’amore del loro cuore, dal quale devono dipendere come  loro sovrano e che sono essi necessariamente obbligati a preferire a ogni cosa. Qualunque altra beatitudine è passeggera e caduca;  questa gli assicura  una vera beatitudine per tutta l’eternità. Tale era il discorso di Davide, illuminato dallo spirito di Dio. Tale deve essere a più forte ragione quello di un cristiano a cui non è più lecito considerare le ricchezze come una beatitudine dopo che il Figlio di Dio ha dichiarato che i poveri sono beati perché a loro appartiene il regno dei cieli.

Da Agostino

( di Davide contro Golia )

Il titolo di questo salmo è breve per numero di parole ma impegnativo per la quantità di misteri. Per lo stesso David, contro Golia. Andando con la mente alle Scritture,  ricordate come  questo duello è  avvenuto al tempo dei nostri padri. Gli stranieri erano in guerra col popolo di Dio e durante la guerra uno, Golia, sfidò un altro, David. Da quel duello sarebbe dovuto risultare da che parte, secondo la volontà di Dio, stesse la vittoria. Ma perché ricercare chi avrebbe riportato vittoria, se ci è noto chi sia lo sfidante e chi lo sfidato? L'empietà lanciò la sfida alla pietà, la superbia all'umiltà, il diavolo a Cristo. E vi meravigliate che il diavolo sia stato vinto? L'uno era grande per la mole del corpo; l'altro, sebbene piccolo di corporatura, aveva grande la fede. Il santo David si rivestì dell'armatura solita a portarsi in guerra e cominciò ad avanzare contro Golia; tuttavia non riuscì a portare quelle armi essendo giovane d'età e piccolo, come dicevamo, di statura. Essendo per lui non un aiuto ma un peso, buttò via quelle armi e prese dal fiume cinque pietre, che cacciò nella sua borsa da pastore. Armato materialmente di quelle pietre e forte spiritualmente del nome di Dio, mosse all'assalto e vinse. Questo l'operato del David della storia, ma noi dobbiamo indagare i misteri. Avevamo infatti presentato il titolo di questo salmo come breve per numero di parole ma denso per la quantità dei misteri. Ripensate all'espressione dell'Apostolo quando dice: Tutte queste cose accadevano loro con valore di simboli .  In David viene simboleggiato Cristo, ma, come siete soliti comprendere quanti avete fatto progressi alla sua scuola, Cristo capo e corpo. Non ascoltate dunque nulla che si riferisca alla persona di Cristo pensando che non interessi voi che di Cristo siete membra. Premesso questo come fondamento, notate come prosegua.

1 Benedetto il Signore mio Dio,

che addestra le mie mani alla

battaglia, le mie dita alla guerra.

Benedetto il Signore mio Dio, che addestra le mie mani alla battaglia, le mie dita alla guerra. È la nostra voce, se siamo del corpo di Cristo. Benediciamo il Signore nostro Dio che addestra le nostre mani per la battaglia, le nostre dita per la guerra. A prima vista sembrerebbe trattarsi di una ripetizione: ciò che infatti sono le nostre mani per la battaglia sono le nostre dita per la guerra. O c'è una qualche differenza fra mano e dita? È un fatto che ad agire mediante le dita sono le mani; quindi non è assurdo identificare mani e dita. Tuttavia nelle dita notiamo un'azione distinta [d'un dito rispetto all'altro], pur conservando tutti la radice dell'unità. Nota l'affinità con la grazia. Dice l'Apostolo: Dallo Spirito infatti a uno è dato il linguaggio della sapienza; ad un altro il linguaggio della scienza secondo il medesimo Spirito; ad un altro la fede nel medesimo Spirito; ad un altro carismi di guarigioni nell'unico Spirito; ad un altro la diversità delle lingue; ad un altro la profezia; ad un altro il discernimento degli spiriti. Tutte queste cose le compie l'unico e medesimo Spirito, distribuendo a ciascuno in particolare com'egli vuole . Ad uno questo, a un altro quello: è la diversità delle operazioni. Tutte queste cose le opera l'unico e medesimo Spirito: è la radice dell'unità. Con tali dita combatte il corpo di Cristo, quando avanza verso la guerra, verso la battaglia.

2 Mia misericordia e mio rifugio,

mio soccorso e in cui ho sperato,

tu che sottometti a me il mio popolo.

Sei dunque in guerra; e siccome finché dura la guerra sei in pericolo, trovandoti appunto nel pericolo e nel cimento, di' quanto segue: Mia misericordia. Non sarò vinto. Ma che vuol dire questo Mia misericordia? Che tu mi usi misericordia e sei misericordioso con me, ovvero che tu mi hai perdonato affinché io, a mia volta, sia misericordioso? Non c'è infatti modo più facile per vincere il nemico che l'essere misericordiosi. Ecco il nemico ordire calunnie da obiettarci nel giudizio, ma non può ordirne di false perché il giudice non è tale da accettarle. Ogni colpa viene cancellata se con cuore sincero e piena fiducia diciamo a colui che ci vede: Rimetti a noi come anche noi rimettiamo. Dillo con tutto il cuore, dillo con fiducia illimitata, dillo senza titubazioni: Rimetti a noi come anche noi rimettiamo.  Non sarà mai infatti che lui sia fallace nel promettere, sicché tu, peccatore, rimanga impunito. Ti dice: Vuoi che io ti perdoni? Perdona. Ma c'è un'altra opera di misericordia. Vuoi ricevere i miei doni? Dona. Nel Vangelo [i due precetti] stanno insieme: Rimettete e sarà rimesso a voi; date e sarà dato a voi . Dice: Io ho un credito con te, e tu hai un credito con un'altra persona. Condonale e io condono a te. Tu vieni a chiedermi qualcosa, ma c'è quell'altro che chiede qualcosa a te. Dà a lui e io darò a te. Ma chi è che rimette? chi è che dona? Non forse la carità? E donde procede la carità se non dallo Spirito Santo che ci è stato dato ? In conclusione, la vittoria sul nostro nemico è frutto delle opere di misericordia, che noi mai potremmo compiere se non avessimo in noi la carità. Quanto poi alla carità, noi non l'avremmo se non ci fosse stata donata ad opera dello Spirito Santo. È quindi lo Spirito colui che addestra le nostre mani alla battaglia, le nostre dita alla guerra; e pertanto è a lui che diciamo: Mia misericordia

3 Signore, che cos’è l’uomo, poiché

ti sei fatto conoscere a lui? O il

figlio dell’uomo che tu ne faccia conto?

Signore, che cosa è l'uomo perché ti sia fatto a lui conoscere? Tutto quello che è, lo è perché tu ti sei a lui fatto conoscere. Lo stimi, lo valuti e lo calcoli tanto e tanto; lo collochi in un certo qual ordine e ben conosci le cose al di sotto o al di sopra delle quali lo collochi. La stima infatti altro non è se non il calcolo del prezzo di qualsiasi cosa. Ebbene, quale stima non ha avuto Dio dell'uomo se per lui ha disposto che versasse il sangue il suo Unigenito?

Nello stimare l'uomo Dio non fa come fa l'uomo quando stima un altro uomo. Quando, ad esempio, si trova esposto alla vendita uno schiavo, l'uomo sborsa più denaro per un cavallo che per un uomo. Osserva bene invece quanto ti abbia stimato Dio, quanto ti ha creduto prezioso se non ha risparmiato il suo proprio Figlio ma lo ha consegnato [alla morte] per tutti noi? Come non ci ha donato insieme con lui anche tutte le cose? Io sono il pane vivo che discesi dal cielo . Questo è il vitto dei combattenti, preso dalle dispense del padrone di casa, a cui attingono gli angeli, come sta scritto: L'uomo ha mangiato il pane degli angeli . Una volta poi cessati i combattimenti, quando non ci verranno più distribuite le razioni di vitto, cosa ti tiene da parte? Cosa darà Dio ai vincitori se non quel che è descritto in quell'altro salmo a voi noto? Dice: Una sola cosa ho chiesto al Signore, questa ricercherò: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la felicità del Signore ed essere protetto quale suo tempio .

4 L’uomo è divenuto come vanità, i suoi giorni

come ombra passano.

L'uomo somiglia alla vanità. Quale vanità? Quella del tempo col suo continuo dileguarsi e fluire. Si chiama vanità, quella del tempo, in confronto con la verità, che è perfettamente stabile e mai vien meno. Tutti gli esseri terreni sono un soffio, tanto fuggono veloci, se li si paragona a quella Verità della quale fu detto: Io sono colui che sono . Ora tutto ciò che passa lo chiamiamo vanità: svanisce infatti nel tempo come il fumo nell'aria. E cosa potrei qui aggiungere se non quanto diceva l'apostolo Giacomo per inculcare l'umiltà a certi uomini superbi? Ecco le sue parole: Che cos'è infatti la vostra vita? È un fumo che per poco appare e poi si dilegua . È quindi comprovato che l'uomo somiglia alla vanità. Le somiglia da quando commise il peccato. Quando infatti fu creato somigliava alla verità, ma dopo il peccato, avendo ricevuto la pena che meritava, divenne simile alla vanità. Si dice in un altro salmo: Tu trattasti severamente l'uomo per la [sua] iniquità, e facesti consumare come un ragno la sua anima . Lo stesso qui: L'uomo somiglia alla vanità. E poi in quel salmo cosa si diceva? Ecco, hai fatto vecchi i miei giorni ; e nel nostro salmo cosa si dice? I suoi giorni passano come ombra. Per l'uomo cosciente poi il giorno della presente vanità è giorno di tribolazione. Voglio dire pertanto: l'uomo che si trova a vivere i giorni della sua oscurità quali sono i giorni presenti, faccia qualcosa che sia degno della luce che desidera. Durante la [sua] notte cerchi Dio come sta scritto: Nel giorno della mia tribolazione ho cercato Dio con le mie mani di notte dinanzi a lui, e non sono stato deluso .

5 Signore, piega i tuoi cieli

e discendi, tocca i monti e fumeranno.

Signore, abbassa i tuoi cieli e discendi; tocca i monti e fumeranno. Fa' lampeggiare le tue folgori e disperdili; scocca le tue saette e gettali nello spavento. Stendi la tua mano dall'alto e salvami e liberami dalle grandi acque. Il corpo di Cristo, (David nella sua umiltà), pieno di grazia e fidente in Dio, invoca l'aiuto divino mentre combatte in questo mondo: Abbassa i tuoi cieli e discendi. Chi sono questi cieli abbassati? Gli Apostoli nella loro umiliazione. Essi infatti sono i cieli che narrano la gloria di Dio, e di questi cieli, narratori della gloria di Dio, subito appresso è detto: Non sono discorsi e non sono parole di cui non si oda il suono; in tutta la terra è uscito il loro suono e sino ai confini dell'universo le loro parole . Ci fu dunque un tempo in cui questi cieli spandevano la loro voce per tutte le regioni della terra e compivano strepitosi miracoli. Era Dio che in loro e per loro scoccava fulmini e tuonava, per mezzo di miracoli e di precetti, al segno che gli stessi Apostoli furono presi per delle divinità scese dal cielo. Si riferisce infatti che certi pagani, convinti di questo, vollero un giorno offrir loro un sacrifizio. Appena però essi se ne avvidero, sapendo come un simile omaggio fosse indebito nei loro confronti, rimasero esterrefatti e disapprovarono l'iniziativa. Volendo poi distogliere dall'errore quella gente, per manifestare meglio i sentimenti del loro animo, si strapparono le vesti dicendo: Cosa mai state facendo? Anche noi siamo uomini mortali come voi. Dopo queste parole cominciarono a descrivere la grandezza incomparabile del nostro Signore Gesù Cristo: umiliavano se stessi per glorificare Dio, perché s'erano abbassati i cieli affinché vi scendesse Dio.

Tocca i monti e fumeranno. Intendiamo per " monti " gli uomini superbi, i dignitari di questa terra, le eccellenze gonfie di sé. Dice: Tocca questi monti, toccali. Dà a questi monti un tantino della tua grazia e fumeranno, cioè confesseranno i loro peccati. Tocca i monti e fumeranno. Finché non li tocchi si crederanno grandi, ma poi diranno anch'essi: Tu [solo] sei grande, o Signore : Tu solo l'Altissimo su tutta la terra .

6 Fa balenare il fulmine e li

disperderai, scaglia le tue frecce e li sconvolgerai.

Ci son tuttavia dei ribelli che cospirano e di comune intesa complottano contro il Signore e contro il suo Consacrato . Complottano, cospirano. Fa' lampeggiare le tue folgori e disperdili. Moltiplica i tuoi miracoli e si dissolverà il loro complottare. Fa' lampeggiare le tue folgori e disperdili. Spaventati dai miracoli, non oseranno muovere contro di te e, presi dal timore, si troveranno imbarazzati sul fatto stesso dei miracoli.

7 Manda la tua mano dall’alto,

strappami e liberami

dalle grandi acque, dalla mano di figli stranieri.

Stendi la tua mano dall'alto. Cosa accadrà in seguito? cosa alla fine? Come vincerà il corpo di Cristo? Con l'aiuto celeste. Verrà infatti lo stesso Signore nella voce dell'arcangelo e scenderà dal cielo con la tromba di Dio . Verrà lo stesso Salvatore, lui che è la mano di Dio. Stendi la tua mano dall'alto e salvami e liberami dalle grandi acque. Che significa: Dalle grandi acque? Dalla moltitudine dei popoli. Quali? Gli estranei, gli increduli, tanto quelli che mi assaltano dal di fuori quanto quelli che mi insidiano dal di dentro. Liberami dalle grandi acque, in mezzo alle quali mi mettevi alla prova e mi agitavi per spogliarmi di ogni abito insudiciato. Questa è anche la ben nota acqua della contraddizione . Salvami e liberami dalle grandi acque.

8 La cui bocca ha parlato

vanità e la cui destra è destra di iniquità.

Ascoltiamo ancora qualcosa a proposito di queste acque copiose dalle quali Dio libererà il corpo del suo Cristo, dalle quali libererà l'umile David. Che significa: Dalle grandi acque? Cos'è che hai inteso dire, affinché non interpretiamo in maniera arbitraria? Cosa hai chiamato " acque grandi "? Ascolta cosa ho voluto dire. Dalla mano di figli stranieri. Ascoltate, fratelli, qual sia la gente fra cui viviamo e da cui desideriamo essere liberati. La cui bocca ha proferito vanità. Voi tutti quest'oggi, se non foste convenuti a questo divino spettacolo, dove vi è presentata la parola di Dio, ma vi foste mescolati agli altri e vi trovaste fra loro in questo momento, quante stupidità non udreste! La loro bocca proferisce vanità. E ancora: proferendo essi a gran voce la loro vanità, come avrebbero potuto ascoltare il vostro annunzio di verità? La loro bocca proferisce vanità e la loro destra è una destra di iniquità.

9 O Dio un cantico nuovo a te

canterò, sull’arpa a dieci corde salmeggerò a te,

O Dio, ti canterò un cantico nuovo. Il cantico nuovo è l'inno alla grazia; il cantico nuovo è il canto dell'uomo nuovo, del Testamento Nuovo. Dice: Ti canterò un cantico nuovo.  Nel salterio a dieci corde, cioè nella legge compendiata nei dieci comandamenti. Lì io salmeggerò a te, lì godrò in te, lì voglio cantarti il cantico nuovo, poiché pienezza della legge è la carità che viene dal Cristo.

10 che dai la salvezza ai re,

quello che redime Davide, suo

servo, dalla spada malvagia.

Egli dà la salute ai re, quando ormai fumano i monti. Egli redime David suo servo. Riconoscete [questo] David; siate voi stessi David! Da che cosa redime Dio il suo servo David?, da che cosa redime Cristo, da che cosa redime il corpo di Cristo? Liberami dalla spada maligna. Non gli basta [dire]: Dalla spada, ma aggiunge: Maligna. C'è infatti, senza dubbio, anche una spada benigna. E qual è? Quella di cui dice il Signore: Non son venuto sulla terra a mettere la pace ma [a portare] la spada . Avrebbe infatti separato i credenti dagli increduli, i figli dai genitori, troncando tutti gli altri legami di parentela con quella spada che resecava il marcio e sanava le membra di Cristo. C'è dunque una spada benigna: è la spada a due tagli carica di potenza nell'un verso e nell'altro, la spada del Vecchio e del Nuovo Testamento, efficace con i racconti delle gesta passate e le promesse dei beni futuri. Ecco la spada benigna.

11 Liberami e strappami dalla mano

dei figli degli stranieri,

la cui bocca ha parlato vanità e la cui destra è

destra di ingiustizia.

12 I loro figli, come piantagione

novella nella sua giovinezza.

Le loro figlie agghindate,

ornate a somiglianza di un tempio,

I loro figli [sono] come piante novelle rigogliose nella loro giovinezza. Vuol descriverci la loro felicità. Voi, figli della luce e della pace, state bene attenti. Prestate attenzione voi, figli della Chiesa e membra di Cristo, e osservate chi siano coloro che chiama stranieri e figli di stranieri, chi siano coloro che chiama acque della contraddizione e spada maligna. Statemi attenti, vi prego, poiché è in mezzo a loro che vivete continuamente esposti al pericolo. Le loro lingue vi scrutano nel combattimento che sostenete con i vostri desideri carnali: esposti alle [insidie delle] loro lingue manovrate dal diavolo, che si serve di esse per combattervi, voi sostenete la lotta non contro la carne e il sangue ma contro i principi e le potestà e i reggitori del mondo di queste tenebre, cioè degli iniqui. State attenti e separatevi [da loro]. State attenti per non cacciarvi in testa che la vera felicità sia quella che si ripromettono gli uomini o deboli o perversi.

13 i loro granai sono pieni,

traboccanti da questo in quello

le loro pecore  feconde, abbondanti  nelle loro uscite.

14 I loro buoi pingui, non c’è crollo di muro

né passaggio né grido nelle loro piazze.

I loro figli sono come piante novelle rigogliose nella loro giovinezza; le loro figlie agghindate e adorne a somiglianza del tempio; le loro dispense piene, abbondanti di questo e di quello; le loro pecore feconde moltiplicano i loro parti; i loro bovi grassi; non c'è apertura né uscita nelle loro siepi, né grida nelle loro piazze. Non son dunque tutte queste cose la felicità? Mi rivolgo ai figli del Regno dei cieli, mi rivolgo a una stirpe risorta per l'eternità, mi rivolgo al corpo di Cristo, alle membra di Cristo, al tempio di Dio. Non è davvero questa la felicità: avere figli in piena salute, figlie vezzose, dispense piene, molto bestiame, nessuno squarcio non dico nelle mura ma nemmeno nella siepe, nessun tumulto né baccano nelle piazze; ma nelle case, nelle città, ovunque pace, abbondanza e sovrabbondanza d'ogni cosa? Non è davvero questa la felicità? E dovrebbero i giusti evitare questo tipo di felicità? Ma non t'imbatti [a volte] in case di giusti dove tutte queste cose abbondano, dove regna proprio questa felicità? Abramo non aveva forse in casa abbondanza di oro, argento, figli, servi e bestiame ? Non capitò altrettanto al santo patriarca Giacobbe? Fuggì in Mesopotamia per evitare [di scontrarsi con] suo fratello Esaù. Servendo divenne ricco, al segno che, tornando in patria, poté ringraziare il Signore suo Dio perché, mentre all'andata aveva attraversato il fiume avendo soltanto il suo bastone, adesso se ne tornava ricco di copiosissimo bestiame e di numerosi figli . Che diremo? Che tutto questo non sia felicità? Ammettiamo che lo sia, ma è la felicità posta a sinistra. Che vuol dire: Posta a sinistra? È una felicità temporale, mortale, corporale. Non t'impongo di evitarla a tutti i costi, ma non devi confonderla con la felicità della destra. Difatti, se la gente in parola è detta maligna e vana, non è per il fatto che possedeva l'abbondanza di tutte quelle cose ma perché poneva a destra ciò che invece sarebbe dovuto rimanere a sinistra. Per questo la loro destra [è] destra di iniquità; per questo la loro bocca ha proferito vanità: perché collocarono a destra ciò che avrebbero dovuto conservare sempre a sinistra. E nella destra cosa avrebbero dovuto porci? Dio, l'eternità, gli anni di Dio che non vengono mai meno, come sta scritto: E i tuoi anni non verranno meno . In queste cose dev'essere la nostra destra, in esse il nostro desiderio. Serviamoci di quel che si trova a sinistra limitatamente alla vita temporale; desideriamo di possedere in eterno ciò che sta a destra.

15 Hanno detto beato il popolo

che possiede questi beni;  beato

è il popolo il cui Dio è il Signore.

O uomini dalla bocca piena di vanità! Beato dissero il popolo che ha tali cose. Han perduto quel che veramente è la destra: malvagi, perversi, si son vestiti a rovescio dei benefici di Dio. O gente malvagia, predicatori della vanità, figli stranieri! Beato dissero il popolo che ha tali cose. Hanno spostato a destra ciò che sarebbe dovuto stare a sinistra. Beato dissero il popolo che ha tali cose. Tu viceversa, o David, cosa dici? Cosa dici tu, corpo di Cristo? cosa voi, membra di Cristo? cosa voi, figli di Dio e non progenie forestiera? Se i figli stranieri, ciancioni come sono, han detto beato il popolo che ha tali cose, voi cosa dite? Beato il popolo che ha come suo Dio il Signore.

Dai Padri

Ilario: questo salmo parla del Cristo che, nella Scrittura, spesso è chiamato Davide. Ha visibili affinità col salmo 17 che è tutto riferito alla persona del Cristo. Basta confrontare il versetto 1: Che addestra le mie mani alla battaglia col salmo 17,34 che ripete lo stesso versetto; il versetto 2: che sottomette a me il mio popolo col salmo 17,44:un popolo che non conoscevo mi ha servito; il versetto 5: piega i tuoi cieli col salmo 17,9; piegò il cielo e discese; il versetto 6: scaglia le tue frecce col salmo 17,14: ha scagliato frecce; il versetto 7: manda la tua mano dall’alto col salmo 17,16: Ha mandato dall’alto e mi ha preso.

Piega i tuoi cieli e discendi: è l’incarnazione: quando il figlio di Dio discende, il cielo si piega nel senso che i suoi ministri celesti gli sono vicini, lo assistono e lo servono. Un angelo lo annuncia a Maria, degli angeli lo annunciano ai pastori e dopo la tentazione nel deserto gli angeli lo servono. Infatti sebbene avesse preso la forma di schiavo, in lui è presente tutta la potenza della maestà divina. È così che il cielo si piega quando il Figlio di Dio viene sulla terra.

Il cantico nuovo che tutta la terra deve cantare celebra questo Davide che è il Cristo e che sfugge alla spada malvagia. Il Cristo è sfuggito a questa spada: ha deposto la sua anima quando ha voluto; non ha atteso per questo il colpo di lancia che gli è stato inflitto: infatti quella mano empia non aveva potere sulla sua anima. Quando il soldato gli trafisse il costato, il potere che Gesù aveva di deporre il suo spirito quando voleva, non aveva lasciato l’anima esposta alla violenza.

Origene: guerra contro l’avversario.

Crisostomo richiama Efesini 6,12: è la guerra contro le potenze.

2 Girolamo: mia forza, mio scudo… Sono tutti attributi di Dio. Sottomette a me il mio popolo: può essere detto a nome del Cristo.

3 Crisostomo interpreta: ti sei fatto conoscere a lui e raccomanda di non dire: l’uomo ti conosce. Possiamo e dobbiamo sapere che Dio esiste, ma non possiamo conoscere la sua sostanza.

Girolamo: in quanto uomo, l’uomo è nulla in sé: la sua grandezza sta nel conoscere il suo Creatore. Ma non disprezziamo la carne con la quale il Cristo regna in cielo.

Cassiodoro: Dio si fece conoscere all’uomo quando egli apparve nella umiltà della sua incarnazione.

4 Origene: accosta questo versetto al salmo 48,12 in cui l’uomo era divenuto simile alle bestie; per questo i suoi giorni come ombra passano. Ciò che facciamo sulla terra assomiglia a un gioco da bambini: un tale oggi giudica e domani viene giudicato: un ricco diventa povero e uno sconosciuto di ieri diviene imperatore.

5 Eusebio: piega i tuoi cieli e discendi. Il Verbo stesso è disceso perché l’uomo, anche se Dio gli insegnasse a combattere, non ha forze sufficienti contro i suoi nemici.

Girolamo: piega: invoca l’incarnazione.

6 Origene: le frecce infuocate si oppongono a quelle del nemico.

9 Origene: un cantico nuovo: è il Nuovo Testamento e il nuovo sacrificio del pane e del vino.

Eusebio: il cantico nuovo è il simbolo della vita nuova.

Crisostomo: espressione di gratitudine. Un povero a cui viene fatta l’elemosina non può dare in cambio niente di meglio di un cuore riconoscente: la sola cosa che posso fare è salmeggiare a te. Anche l’uso stesso che facciamo degli altri nostri sensi, dei nostri occhi, delle nostre mani, può cantare Dio.

Cassiodoro: un cantico nuovo: la novità dell’uomo nuovo, che è la pienezza dell’antica legge. Questa novità comprende il sacramento del corpo del sangue del Signore, l’acqua della nuova nascita che è il battesimo.

10 Eusebio: colui che ci salva ci dona pure di essere re nel suo regno.

Ruperto: ecco le parole di chi sa di avere un vero amico che combatte con lui. Pensando all’ora dell’ultimo combattimento che avrà col principe di questo mondo, venuto certamente per assalirlo, dice al suo difensore: tu che hai liberato Davide dalla spada malvagia, liberami! E, pieno di fiducia, benedice il Signore.

12 Origene e Crisostomo: La vera beatitudine è il poter invocare il Signore come proprio Dio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

salmo 144

( lode di Davide )

1 Ti esalterò, Dio, mio re e benedirò il tuo nome

nel secolo e nel secolo del secolo.

2 Ogni giorno ti benedirò

e loderò il tuo nome, nel secolo del secolo.

3 Grande è il Signore e degno di

somma lode e la sua grandezza non ha limite.

4 Generazione e generazione loderà

le tue opere e proclameranno la tua potenza.

5 Parleranno della magnificenza di

gloria della tua santità e  racconteranno le tue meraviglie.

6 Diranno la potenza delle tue

opere terribili e racconteranno la tua grandezza.

7 Proclameranno il ricordo della

abbondanza della tua dolcezza

ed esulteranno per la tua giustizia.

8 Misericordioso e pietoso il Signore

paziente e pieno di misericordia.

9 Dolce il Signore con tutti e le sue

compassioni su tutte le sue opere.

10 Ti confessino, Signore,

tutte le tue opere e i tuoi santi ti confessino.

11 Diranno la gloria del tuo regno

e parleranno della tua potenza,

12 per far conoscere ai figli degli

uomini la tua potenza e la gloria

della magnificenza del tuo regno.

13 Il tuo regno è regno

di tutti i secoli e il tuo dominio

in ogni generazione e progenie.

Fedele il Signore in tutte le sue parole e santo

in tutte le sue opere.

14 Rialza il Signore tutti quelli

che cadono e solleva tutti gli abbattuti.

15 Gli occhi di tutti in te sperano

e tu dai il loro cibo nel tempo opportuno.

16 Tu apri la tua mano e

riempi ogni creatura di benedizione.

17 Giusto il Signore in tutte le sue

vie e santo in tutte le sue  opere.

18 Vicino è il Signore a tutti

quelli che lo invocano,

a tutti quelli che lo invocano con verità.

19 Farà la volontà di quelli che lo

temono, esaudirà la loro supplica e li salverà.

20 Custodisce il Signore

tutti quelli che lo amano

e disperderà tutti i peccatori.

21 La mia bocca dirà la lode del

Signore e benedica ogni carne

il suo santo nome nel secolo e nel secolo del secolo.

 

Da Sacy

( lode di Davide )

1 Ti esalterò, Dio, mio re e benedirò il tuo nome

nel secolo e nel secolo del secolo.

2 Ogni giorno ti benedirò

e loderò il tuo nome, nel secolo del secolo.

3 Grande è il Signore e degno di

somma lode e la sua grandezza non ha limite.

4 Generazione e generazione loderà

le tue opere e proclameranno la tua potenza.

5 Parleranno della magnificenza di

gloria della tua santità e  racconteranno le tue meraviglie.

6 Diranno la potenza delle tue

opere terribili e racconteranno la tua grandezza.

7 Proclameranno il ricordo della

abbondanza della tua dolcezza

ed esulteranno per la tua giustizia.

Un cuore tutto pieno della grandezza e della gloria di Dio non fa che contemplarlo e lodarlo. Dal momento che nel mondo egli non vede niente che meriti le sue ammirazioni e le sue lodi all’infuori del solo Dio, si persuade pure che tutti gli altri abbiano gli stessi sentimenti. Perciò Davide, esprimendo perfettamente la disposizione in cui si trovava, dopo aver affermato che avrebbe celebrato la gloria di colui che egli riconosceva per suo Dio e per suo re e che avrebbe benedetto e lodato il suo nome in tutti i secoli; dopo aver esclamato con profonda ammirazione quanto è grande il Signore  al di sopra di tutte le nostre lodi, egli dichiara,  con varie espressioni che le sue opere, la sua potenza, la magnificenza della sua gloria, della sua santità, che le sue meraviglie, la virtù delle sue opere così terribili, che l’infinita sua grandezza e l’abbondanza della ineffabile sua dolcezza rispetto agli uomini saranno argomento dello stupore e delle lodi di tutte le future generazioni. Ma oltre al fatto che le parole di Davide significavano l’ardente desiderio che egli aveva che tutta la posterità riconoscesse e rendesse nota con le sue lodi la grandezza di Dio, le medesime erano anche profetiche e indicavano ciò che doveva accadere, allorché tutte le nazioni avrebbero esultato a motivo della giustizia del Signore, di quella giustizia per cui Dio avrebbe giustificato gli uomini in Gesù Cristo. Giovanni Crisostomo ci avverte che quando diciamo: ti  esalterò, o mio Dio e mio re, dobbiamo unirci così strettamente a Dio che Egli dica a noi, come già disse ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe, che veramente è il nostro Dio. Se diciamo, egli aggiunge, o mio Dio e mio re  ad esempio di quegli antichi patriarchi , dirà di noi come di loro che siamo i suoi servi.

Per lodare nel modo conveniente la grandezza di Dio è necessario innalzarsi sopra la bassezza delle cose presenti, non per insuperbire vanamente, ma al fine di essere in grado di concepire tanto più una così infinita grandezza, quanto meno stimeremo tutte le cose di quaggiù.

8 Misericordioso e pietoso il Signore

paziente e pieno di misericordia.

9 Dolce il Signore con tutti e le sue

compassioni su tutte le sue opere.

Questo diranno tutte le generazioni: che Dio è pieno di misericordia e di pazienza. Davide stesso dice queste parole attonito di fronte alla dimostrazione della infinita bontà che Dio porge in tutte le sue opere rispetto ad ogni persona. Come dice San Giovanni Crisostomo non solo i giusti, non solo i peccatori convertiti a Dio mediante la penitenza, ma anche i perversi sono prove viventi della sua pazienza e della sua bontà. Egli fu buono, dice il santo, anche rispetto a Caino e a tutti quelli che perirono nel diluvio. Fu un effetto della sua bontà verso il primo  condannare nella sua persona un temerario fratricida. Il castigo più che una pena era un avvertimento che potendo servirgli di espiazione per il suo delitto ammaestrava tutti gli altri uomini con un tale esempio. Fu un effetto della sua misericordia verso quelli che perirono col diluvio che uomini che commettevano i più gravi delitti e che né da esortazioni né da minacce non si erano potuti ridurre al loro dovere, fossero almeno fermati nel corso di tante iniquità.

10 Ti confessino, Signore,

tutte le tue opere e i tuoi santi ti confessino.

11 Diranno la gloria del tuo regno

e parleranno della tua potenza,

12 per far conoscere ai figli degli

uomini la tua potenza e la gloria

della magnificenza del tuo regno.

13 Il tuo regno è regno

di tutti i secoli e il tuo dominio

in ogni generazione e progenie.

La magnificenza delle opere di Dio annuncia la sua grandezza ed un tale linguaggio parla agli occhi nostri in una maniera efficacissima, per farci comprendere quanto sia di esse maggiore colui che le ha create. Ma inutile sarebbe agli uomini conoscere dall’aspetto delle sue creature quanto grande sia il creatore, se gli uomini non fossero mossi da tale conoscenza a glorificarlo come devono. Ciò sarebbe al dire di San Paolo un ritenere la verità nell’ingiustizia. Perciò Davide aggiunge: e ti benedicano i devoti, o i tuoi santi, cioè coloro tra gli uomini che sono santi e consacrati alla pietà… Dice Giovanni Crisostomo che la sua gloria e la sua maestà sono superiori non solo a quanto mai si possa dire ma anche a quanto si possa pensare. Ma così risplendente come è la sua gloria, essa nondimeno ha bisogno a motivo della stupidità di molti che alcuni la facciano conoscere ad altri. Perciò dice qui Davide che i santi narreranno la gloria del regno di Dio per fare conoscere ai figli degli uomini la sua potenza. In quel modo che il sole è tutto sfolgorante di luce e pure non possono questa vedere coloro che hanno gli occhi malati, parimenti tutto lo splendore della divina provvidenza non può essere scorto da quelli che hanno la ragione accecata dal peccato, se altri non si danno una grande premura di illuminare il loro intelletto e di aprire il loro cuore, ammaestrandoli di quello che ignorano e togliendo a poco a poco gli ostacoli che ad essi non permettono di scoprire la verità della fede.

Fedele il Signore in tutte le sue parole e santo

in tutte le sue opere.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole e santo in tutte le sue opere. Davide parlando del regno di Dio rappresenta qui le eminenti qualità del re supremo infinitamente maggiore di tutti i re della terra e dice innanzitutto che siccome eterno ed immutabile è il suo regno, così ugualmente stabile ed infallibile è la sua parola.  Egli è santo in tutte le sue opere. Essendo egli la santità stessa, tutto ciò che egli fa non può  non essere santo benché la debolezza della mente dell’uomo non possa sempre sollevarsi per concepirne la santità e la giustizia.

14 Rialza il Signore tutti quelli

che cadono e solleva tutti gli abbattuti.

Il Signore sostiene tutti quelli che cadono e rialza quelli che cadendo si sono fracassati… Tutti quelli che non cadono nella tentazione, non cadono perché vengono sostenuti dalla mano di Dio e allo stesso modo tutti quelli che si sono fracassati cadendo e che si rialzano dalla loro caduta, si rialzano per opera di Dio stesso. Nessuno esclama santo Ilario confidi  talmente in sé da credersi sicuro e da non più temere di cadere e di fracassarsi dal momento che bisogna sperare da Dio la grazia di non cadere e di non fracassarsi cadendo.

15 Gli occhi di tutti in te sperano

e tu dai il loro cibo nel tempo opportuno.

16 Tu apri la tua mano e

riempi ogni creatura di benedizione.

Tutti, Signore, hanno gli occhi a te rivolti e tu dai loro da cibarsi in tempo opportuno. Tu apri la tua mano e riempi gli animali degli effetti della tua benevolenza. Tale è lo stato in cui si trovano naturalmente le creature rispetto a Dio e purché abbiano esse continuamente gli occhi a lui rivolti e aspettino il tempo opportuno per ricevere il loro cibo hanno esse motivo di sperare che lo darà loro… Alcuni spiegando molto semplicemente quello che qui si dice che il Signore dà a tutti il loro cibo nel tempo opportuno hanno creduto come san Giovanni Crisostomo che Davide parlasse di quella ammirabile economia che Dio mostra nella produzione successiva dei vari frutti della terra che nascono ciascuno nella stagione da lui determinata come la più opportuna per l’utilità delle sue creature.

17 Giusto il Signore in tutte le sue

vie e santo in tutte le sue le sue opere.

18 Vicino è il Signore a tutti

quelli che lo invocano,

a tutti quelli che lo invocano con verità.

19 Farà la volontà di quelli che lo

temono, esaudirà la loro supplica e li salverà.

20 Custodisce il Signore

tutti quelli che lo amano

e disperderà tutti i peccatori.

Il Signore è giusto in tutte le sue vie e santo in tutte le sue opere. Il Signore è vicino a tutti quelli che lo invocano in verità. Il Signore è santo in tutte le sue opere ed  è giusto in tutte le sue vie cioè la giustizia è la regola di tutta la sua condotta. Se gli uomini non possono spesso scoprirla devono accusarne  se stessi e non Dio, la cui luce più sfolgorante del sole acceca  gli occhi di coloro che non si umiliano per adorare quello che non possono comprendere. Benché il Signore sia dappertutto, egli nondimeno, dice il profeta, in un senso particolare è vicino a quelli che lo invocano e che lo invocano non solo con le labbra, ma in verità, cioè secondo quanto intende Sant’Agostino che altro non cercano all’infuori di lui ma che lo invocano per amore di lui stesso e che lo desiderano come il sommo loro bene. Di tali persone, che tanto lo temono quanto l’amano,  si dice poi che egli adempirà la loro volontà.  Temendo il Signore altro non domandano se non che sopra di loro non domini la morte eterna.. Se egli permette talvolta che quelli che l’amano siano esposti alla morte, come Abele al principio del mondo, nondimeno è vero dire che egli custodisce tutti quelli che l’amano. I peccatori che quaggiù si considerano superiori per la loro potenza periranno miseramente e si vedranno spogliati della gloria passeggera in cui riponevano la loro fiducia.

21 La mia bocca dirà la lode del

Signore e benedica ogni carne

il suo santo nome nel secolo e nel secolo del secolo.

La mia bocca narra le lodi del Signore. Ogni carne benedica il suo santo nome in questo secolo e in eterno. Termina il profeta dove ha cominciato. Dopo aver esposto tutti i motivi che aveva di lodare Dio, dichiara che narrerà e non cesserà di narrare le sue lodi, ma invita egli tutti gli uomini nel tempo stesso a benedire eternamente il suo santo nome.

 

Da Agostino

( lode di Davide )

1 Ti esalterò, Dio, mio re e benedirò il tuo nome

nel secolo e nel secolo del secolo.

Ti esalterò, mio Dio [e] re mio, e benedirò il tuo nome nel secolo e nel secolo del secolo. Ecco iniziata la lode di Dio, che si protrarrà fino al termine del salmo. Quanto al titolo del salmo, esso reca: Lode, per lo stesso David. Siccome però col nome di David è stato chiamato colui che è venuto a noi dalla stirpe di David , cioè il nostro Re, colui che ci governa e introduce nel suo regno, per questo le parole: Lode, per lo stesso David significano lode a Cristo. Riguardo poi a Cristo, egli secondo la carne è David perché figlio di David, ma secondo la divinità è Creatore e Signore di David.

Vien qui da pensare all'onore che l'Apostolo tributa all'antico popolo di Dio, dal quale provennero gli Apostoli, primi fra i credenti, e le numerose comunità delle origini. L'Apostolo, dunque, volendo tessere l'elogio di quell'antico popolo, dice così: Da loro [sono] i padri, e da loro [è] Cristo secondo la carne, che è al di sopra di tutto Dio benedetto nei secoli .

Se pertanto Cristo secondo la carne discende da loro, certo egli è David; siccome però egli è al di sopra di tutto Dio benedetto nei secoli, per questo ti esalterò, mio Dio [e] mio re, e benedirò - dice - il tuo nome nel secolo e nel secolo del secolo. Probabilmente nel secolo corrisponde a " quaggiù " mentre nel secolo del secolo corrisponde a " in eterno ". Comincia quindi adesso a lodare Dio se vuoi lodarlo in eterno.  In effetti nei versi che seguono il salmo dice, su per giù, proprio questo.

2 Ogni giorno ti benedirò

e loderò il tuo nome, nel secolo del secolo.

Ti benedirò di giorno in giorno. Non passerà giorno nel quale non ti benedica. Non è da stupirsi che tu benedica il tuo Dio nei tuoi giorni lieti. Ma che farai se spunterà un qualche giorno triste, quali ne comportano le vicende umane, come quando abbondano gli scandali e si moltiplicano le tentazioni? Come ti comporterai quando a te uomo capiterà qualche sventura? Cesserai forse di lodare Dio e di benedire il tuo Creatore? Se interromperai la tua lode, mentivi quando affermavi: Signore, ti benedirò di giorno in giorno. Che se al contrario non interromperai [la tua lode], anche se ti sembra che le cose vadano male, trattandosi d'un giorno infelice, in realtà dinanzi a Dio ti va bene.

3 Grande è il Signore e degno di

somma lode e la sua grandezza non ha limite.

Grande [è] il Signore e straordinariamente degno di lode. In che misura avrebbe dovuto dirlo [degno di lode]?, o quali parole avrebbe dovuto cercare? Quanta ricchezza di contenuto non avrà inteso racchiudere in quello straordinariamente? Immagina quanto ti pare, ma, se è un essere che non siamo in grado di afferrare, come riusciremo a pensarlo? Egli è straordinariamente degno di lode e la sua grandezza non ha limiti. Ha detto: Straordinariamente perché la sua grandezza non ha limiti. Se pertanto fai un atto della volontà e cominci a lodarlo, non credere che possa esaurire la tua lode, se è vero che è senza limiti la grandezza di lui. Se la sua grandezza è illimitata, non crederti capace di lodarlo adeguatamente. Non è quindi meglio che, com'egli è senza limiti, così sia senza limiti la lode che gli tributi? La sua grandezza è illimitata: sia quindi illimitata anche la tua lode.

4 Generazione e generazione loderà

le tue opere e proclameranno la tua potenza.

Ogni generazione loderà le tue opere. È infatti probabile che generazione e generazione significhi tutte le generazioni.  La semplice ripetizione usata da chi parla è, per la mente di chi riflette sulle sue parole, una proiezione verso l'infinito. Ecco la presente generazione, quella che adesso è sulla terra: come è venuta così se ne andrà; comunque è lei che ora loda le opere di Dio. Poi ne succederà un'altra a cui la prima farà posto: anche questa loderà certamente le opere di Dio. Dopo di questa ce ne sarà un'altra ancora, e sino alla fine del mondo quante generazioni! O non sarà vero piuttosto che, ripetendo la parola, ci ha voluto inculcare due particolari generazioni? Cioè: la presente generazione nella quale siamo figli di Dio e l'altra generazione in cui saremo figli della resurrezione? La Scrittura stessa parla di figli della resurrezione e chiama la resurrezione nuova generazione.

5 Parleranno della magnificenza di

gloria della tua santità e  racconteranno le tue meraviglie.

6 Diranno la potenza delle tue

opere terribili e racconteranno la tua grandezza.

E proclameranno la tua potenza. Non per altro motivo infatti gli uomini loderanno le tue opere se non per proclamare la tua potenza. Nella scuola si presentano ai fanciulli cose da lodare, e tutte queste cose che si propongono per essere lodate son opere di Dio. S'invita l'uomo a lodare il sole, il cielo, la terra, e, per scender a cose più modeste, gli si fa lodare la rosa, l'alloro. Son tutte opere di Dio, e si presentano, si accettano, si lodano. Si elogiano le opere, senza dir nulla dell'artefice! Io al contrario voglio che attraverso le opere venga lodato il Creatore: non mi piace il lodatore ingrato. Come fai, del resto, a lodare l'opera e a non dir nulla di colui che l'ha fatta? Nelle cose visibili cos'è che tu lodi? La bellezza, l'utilità, qualche energia o potere proprio di tali cose. Orbene, se ti incanta la loro bellezza, cosa c'è di più bello di chi le ha fatte? Se ne decanti l'utilità, cos'è più utile del Creatore dell'universo? Se ne lodi il vigore, cos'è più potente di colui dal quale tutto fu creato? Anche dopo create, le creature non vengono abbandonate ma vengono tutte sorrette e ordinate. Quando dunque la generazione e generazione dei tuoi servi loda le tue opere loda te. Come dunque ti loda? E proclameranno la tua potenza. Lodando le tue opere proclamano la tua potenza. Questi lodatori, fedeli santi e buoni, sono lodatori veraci, non ingrati verso la grazia. Se lodano le diverse opere di Dio, eccelse o umili, celesti o terrestri, fra queste varie opere divine che lodano trovano anche se stessi, che son certamente opera di Dio. Lodando quindi le opere di Dio, dovrai lodare anche te stesso in quanto anche tu sei opera di Dio. Ma allora come la metterai con le parole: Non ti lodi la tua bocca ?  In te loda Dio, non te stesso. Lodati non perché tu sei così e così, ma perché lui ti ci ha fatto; non perché tu sia in grado di fare questo o quello, ma perché in te e per te è lui che lo può. In questo modo loderanno te e proclameranno la tua potenza.

7 Proclameranno il ricordo della

abbondanza della tua dolcezza

ed esulteranno per la tua giustizia.

8 Misericordioso e pietoso il Signore

paziente e pieno di misericordia.

Misericordioso e compassionevole [è] il Signore, longanime e molto misericordioso; il Signore [è] buono verso di tutti e le sue misericordie [si estendono] a tutte le sue opere. Se egli non fosse così, nulla potrebbe esigere da noi. Osserva te stesso! Peccatore qual eri, cosa meritavi? Avendo disprezzato Dio, cosa meritavi? Pensaci e vedrai che null'altro ti sarebbe spettato se non la punizione e il supplizio. Ti è stato dato il perdono quand'eri peccatore; ti è stato dato lo Spirito che giustifica; ti sono stati dati l'amore e la carità con cui sei in grado di compiere ogni bene; inoltre egli ti darà la vita eterna in compagnia degli angeli. Tutto per sua misericordia. Non vantare in alcun modo i tuoi meriti, poiché anche questi tuoi meriti sono doni suoi. E per la tua giustizia esulteranno .  Misericordioso e compassionevole [è] il Signore in coloro che ha già perdonati, invece in coloro che non ha ancora perdonati [è] longanime perché non condanna ma aspetta e mentre aspetta grida: Convertitevi a me e io mi volgerò a voi ; anzi, esagerando nel pazientare dice: Non voglio la morte dell'empio ma che si converta e viva .

9 Dolce il Signore con tutti e le sue

compassioni su tutte le sue opere.

Buono [è] il Signore verso di tutti e le sue misericordie [si estendono] a tutte le sue opere. Perché allora condanna? perché flagella? O che forse coloro che, condanna e flagella non sono sue opere? Lo sono senz'altro. Vuoi quindi constatare come sopra tutte le sue opere [si estendano] le sue misericordie? Si tratta di quella longanimità per cui fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi. Non si tratta qui delle sue misericordie verso tutte le sue creature? Solo quando dirà: Andate al fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli , non vi sarà più misericordia ma severità.

10 Ti confessino, Signore,

tutte le tue opere e i tuoi santi ti confessino.

Confessino a te, Signore, tutte le tue opere e i tuoi santi ti benedicano. Tutte le tue opere confessino a te. Cosa dice mai? Non è forse opera di lui la terra? o non son opera di lui le piante, gli animali, le bestie feroci, i pesci, gli uccelli? Forse che non son tutti opera di lui? Certo, tutti questi esseri sono opera di Dio. In che modo, allora, potranno questi esseri confessare a lui? Ben vedo come nell'angelo - poiché anche l'angelo è opera di Dio - la creatura confessi al Creatore. Così anche per l'uomo: è un'opera di Dio e quando confessa a lui è un'opera di Dio che confessa. Ma forse che le piante e le pietre hanno una voce che loro consenta la confessione?

Ma in che senso l'universo creato loda Dio? In quanto tu, mirando la creatura e trovandola bella, in essa lodi Dio. Non è forse vero che, se ti metti a considerare la bellezza sparsa nell'intero mondo creato, la stessa bellezza come con un unico accento ti risponde: Non sono stata io a farmi ma Dio?

11 Diranno la gloria del tuo regno

e parleranno della tua potenza,

[Narreranno la gloria del tuo regno e parleranno della tua potenza. Quant'è potente Dio, che ha creato la terra! quant'è potente Dio, che ha riempito la terra di cose buone, che ha dato a ciascuno degli animali una vita sua propria, che ha immesso nelle profondità della terra semi così svariati da produrre tutta questa diversità di arbusti, tutta questa magnificenza di piante! Quanto è potente Dio! quanto è grande! Tu interroghi la creatura ed essa ti risponde, e dalla sua risposta, come da una confessione fatta dalla creatura, tu, santo di Dio, prendi lo spunto per benedire Dio e annunziare la sua potenza.

12 per far conoscere ai figli degli

uomini la tua potenza e la gloria

della magnificenza del tuo regno.

Per far conoscere ai figli degli uomini la tua potenza e la gloria del grande splendore del tuo regno. I tuoi santi celebrano la gloria dello splendore, veramente grande, del tuo regno. Se è vero che tutto ciò che splende ha da te il suo splendore, quale splendore non dovrà avere il tuo stesso regno!

Riflettete, fratelli, e, se potete e per quanto potete, pensate allo splendore del regno che ha da venire, di quel regno a proposito del quale è detto nella nostra preghiera: Venga il tuo regno . Questo è il regno che ci auguriamo venga; questo è il regno che i santi annunziano come prossimo a venire. Osservate il mondo presente: ha un suo splendore. Quale splendore non hanno la terra, il mare, l'aria, il cielo, gli astri! Tutte queste meraviglie non sbigottiscono chiunque si pone a considerarle? La loro bellezza non è talmente elevata da far pensare che nulla possa trovarsi di più bello? Eppure, in questo mondo, immersi in tanto splendore e in una bellezza che quasi non dubiteresti a qualificare come ineffabile, accanto a te vivono anche i vermiciattoli e i topi e tutti gli esseri che strisciano sulla terra: esseri di questa levatura vivono insieme con te in questo magnifico splendore. Quale non sarà lo splendore di quel regno dove insieme con te non vivranno se non gli angeli?

Dicendo [la gloria] dello splendore, veramente grande del tuo regno, inculca qualcosa che ora non vediamo ma che pur senza vedere crediamo, e credendolo desideriamo

13 Il tuo regno è regno

di tutti i secoli e il tuo dominio

in ogni generazione e progenie.

Il tuo regno. Di qual regno parlo? È il regno di tutti i, secoli. Anche il regno dell'era presente ha un suo splendore, ma non è quella grandezza che rifulge nel regno di tutti i secoli. E il tuo dominio [si estende] per ogni generazione e generazione. È la solita ripetizione, con cui ci si indica o tutta la serie delle generazioni ovvero quella generazione che verrà, terminata la presente generazione.

Fedele il Signore in tutte le sue parole e santo

in tutte le sue opere.

Il Signore [è] fedele nelle sue parole e santo in tutte le sue opere. Fedele [è] il Signore nelle sue parole. Infatti, non ci ha forse dato tutto quello che aveva promesso? Fedele il Signore nelle sue parole. Ci sono, è vero, delle cose che ci ha promesse e non ancora date, ma sulla base di quel che ci ha dato ci si fidi di lui! Il Signore [è] fedele nelle sue parole. Anche se avesse soltanto parlato, noi potremmo fidarci di lui; lui però non s'è contentato di parole: ha voluto farci avere in mano anche la sua Scrittura. Ha fatto come quando tu, promettendo qualcosa, dici all'interessato: Se non ti fidi, ecco che te lo metto per iscritto. In realtà, una generazione va e un'altra viene, e, mentre i secoli passano, i mortali si avvicendano andandosene gli uni e succedendone altri. Per questo fu necessario che la Scrittura di Dio rimanesse immutata, quasi documento autografo lasciato da Dio che tutti i viventi sulla terra potessero leggere, ciascuno a suo tempo, e tutti incamminarsi sulla via delle promesse divine. E delle cose scritte in questo autografo quante sono quelle che già ha attuate! Certuni stentano a credergli per quanto riguarda la resurrezione dei morti e il mondo a venire, che sono le uniche cose che restano a verificarsi.

Non c'è dubbio che, contando le promesse già realizzate, puoi persuaderti che realizzerà anche quanto gli resta da mantenere. In quel documento autografo trovi come  aveva promesso il suo unico Figlio; ebbene, non l'ha risparmiato ma l'ha immolato per tutti noi . Metti questo fra le promesse adempiute: il pegno dello Spirito Santo .

Non gli si presterà fede nemmeno dopo che ha mantenuto tante promesse? Cosa rimane? Ecco, hai potuto fare i conti. Ha mantenuto un gran numero di promesse capitali, e sarà diventato immeritevole di fiducia per quel che concerne le poche che rimangono? Certo no! Perché? Perché fedele è il Signore nelle sue parole e santo in tutte le sue opere.

14 Rialza il Signore tutti quelli

che cadono e solleva tutti gli abbattuti.

il suo santo nome nel secolo e nel secolo del secolo.

Il Signore dona stabilità a tutti coloro che cadono. Ma chi sono coloro che cadono? Tutti assolutamente siamo gente che cade, ma cadiamo ciascuno in modo diverso.

Coloro che pur di rimanere santi, in questo mondo subiscono perdite e sono disprezzati a livello umano; coloro che da ricchi si fanno poveri, da nobili si fanno meschini, e ciononostante si conservano santi dinanzi a Dio: tutti costoro son come gente che cade. C'è però il Signore che dona stabilita a tutti coloro che cadono. Sette volte cade il giusto e si risolleva, mentre gli empi restano sfibrati nel [loro] male . Se il male si abbatte sugli empi, questi ne restano affranti; se invece si abbatte sui giusti, il Signore dona stabilità a tutti quelli che cadono.

15 Gli occhi di tutti in te sperano

e tu dai il loro cibo nel tempo opportuno.

Gli occhi di tutti sperano in te e tu dai a loro il cibo a tempo debito. Proprio come chi distribuisce il cibo ai malati, tu lo dai al tempo opportuno, cioè quando il malato lo deve prendere; e dai quel cibo che l'altro deve prendere.

Chi dunque ricorre a Dio chiedendo cose giuste, se non viene esaudito non deve perdersi d'animo, non deve abbattersi. I suoi occhi aspettino il cibo che egli dà al tempo opportuno. Se non [lo] dà, lo fa perché non diventi dannoso ciò che dà. Non chiedeva infatti una cosa cattiva l'Apostolo quando scongiurava il Signore che gli togliesse lo stimolo della carne, l'angelo di satana da cui era schiaffeggiato. Eppure, per quanto supplicasse, non ottenne [ciò che chiedeva] perché era ancora tempo di esperimentare la propria debolezza e non ancora il momento giusto per ricevere il cibo. Gli disse: Ti basta la mia grazia, poiché la virtù si perfeziona nella debolezza . Il diavolo chiese di tentare Giobbe e l'ottenne . Riflettete, miei fratelli, su questo grande mistero: un mistero che dovete apprendere, meditare di frequente, tener fisso nell'animo, né mai dimenticarlo, quando soprattutto abbondano le tentazioni di questo mondo.

Imparate a non brontolare contro Dio, nemmeno nel caso che egli si rifiuti di esaudirvi; e che non succeda che cessino sulle vostre labbra le parole scritte sopra: Ogni giorno ti benedirò.

16 Tu apri la tua mano e

riempi ogni creatura di benedizione.

Apri la tua mano e riempi di benedizione ogni vivente. Sebbene qualche volta ti rifiuti di dare, tuttavia al momento opportuno dài. Rimandi, non neghi, per dare al momento opportuno.

17 Giusto il Signore in tutte le sue

vie e santo in tutte le sue le sue opere.

Giusto [è] il Signore in tutte le sue vie. Sia che colpisca sia che risani, egli è giusto e presso di lui non c'è ingiustizia. Non per altro tutti i santi, quando vennero a trovarsi nella prova, lodarono la sua giustizia e poi chiesero i suoi doni. Prima dissero: È giusto quello che fai. Così pregò Daniele e così altri santi ancora: Giusti sono i tuoi decreti; a buon diritto soffriamo, meritamente soffriamo . Non accusarono Dio d'ingiustizia, né d'iniquità, né di insipienza. Prima, anche sotto i suoi flagelli, lo lodarono e così lo esperimentarono pronto a nutrirli. Giusto [è] il Signore in tutte le sue vie. Nessuno lo ritenga ingiusto, quando avesse a soffrire qualche male; lodi piuttosto la sua giustizia e accusi la propria colpevolezza. Giusto [è] il Signore in tutte le sue vie e santo in tutte le sue opere.

18 Vicino è il Signore a tutti

quelli che lo invocano,

a tutti quelli che lo invocano con verità.

Vicino è il Signore a tutti coloro che lo invocano. Come la mettiamo allora con quell'altro detto: Accadrà che, quando mi invocheranno, io non li esaudirò ? Bada bene però a come continua: A tutti coloro che lo invocano nella verità. Molti infatti non lo invocano nella verità. Ricorrono a lui, ma cercano altro, non lui. Perché ami Dio? Perché mi ha dato la salute. È ovvio, te l'ha data lui: da nessun altro infatti ci viene la salute, se non da lui. Dice ancora: A me, che non possedevo nulla, ha procurato una moglie ricca e sottomessa. Sì, anche questo te l'ha dato lui, è vero. Continui: Mi ha dato molti figli e tutti buoni; mi ha dato dei familiari, insomma ogni sorta di beni mi ha dato. E per questo lo ami? E, contento di questo, non aspiri ad altro? Sii affamato! continua a picchiare alla porta del padrone di casa. Ha ancora dell'altro da darti. Pur possedendo tutte le cose che dici d'aver ricevuto, sei ancora un mendico, anche se non te ne accorgi. Porti ancora con te quel cencio del tuo corpo mortale né hai ricevuto la stola della gloriosa immortalità; e, ritenendoti quasi sazio, non continui a chiedere? Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia perché essi saranno saziati . Se pertanto Dio è buono perché ti ha dato gli altri beni, quanto non sarai più beato quando ti avrà dato se stesso?

Lo hai importunato desiderando da lui tante cose; per favore, desidera anche lui. E non ti credere che le cose richieste siano più dolci di lui o che, anche da lontano, possano essere paragonate a lui.

19 Farà la volontà di quelli che lo

temono, esaudirà la loro supplica e li salverà.

Farà la volontà di coloro che lo temono. La farà, la farà. Anche se non subito, la farà certamente. Sta' sicuro! Se temi Dio facendo la sua volontà, ecco, lui da parte sua viene in qualche modo a servirti e fa la tua volontà. Vedi al riguardo come il medico ascolta [i malati] perché abbia a salvarli. Ascolta l'Apostolo. Dice: Nella speranza siamo stati salvati. Ora la speranza [di ciò] che si vede non è speranza; se invece speriamo ciò che non vediamo, lo aspettiamo con pazienza , aspettiamo cioè la salvezza che, a detta di Pietro, è pronta per essere manifestata nei tempi della fine .

20 Custodisce il Signore

tutti quelli che lo amano

e disperderà tutti i peccatori.

Di tutti coloro che lo amano ha cura il Signore; egli disperderà tutti i peccatori. Vedete come in Dio, pur così ricco di dolcezza, ci sia anche la severità. Egli salverà tutti coloro che sperano in lui, tutti i credenti, tutti quelli che lo temono e lo invocano nella verità. E disperderà tutti i peccatori. Chi son questi peccatori, se non tutti coloro che persistono nel peccato, coloro che muovono rimproveri non a se stessi ma a Dio, coloro che ogni giorno han da litigare con Dio, che, ripromettendosi falsamente il perdono, per questa sicurezza non abbandonano il peccato e l'empietà? Verrà giorno in cui tutti costoro saranno divisi e si faranno quei due ben noti gruppi, che saranno collocati l'uno a destra e l'altro a sinistra. Allora riceveranno i giusti il regno eterno, mentre gli altri andranno al fuoco eterno .

21 La mia bocca dirà la lode del

Signore e benedica ogni carne

Così stanno le cose, e noi ci siamo sentiti descrivere la benedizione del Signore, le opere del Signore, le gesta mirabili del Signore, i tratti della sua misericordia e gli interventi della sua severità. Ci siam sentiti parlare della sua Provvidenza verso tutte le sue opere e la lode che a lui tutte le opere tributano. Ora notate come, sempre a lode di lui, concluda: La mia bocca narrerà la lode del Signore, e  ogni carne benedica il suo santo nome nel secolo e nel secolo del secolo.

Dai Padri

1 Origene: salmo di rendimento di grazie  .

Crisostomo: il figlio adottivo che gioisce della tavola spirituale rende gloria al Padre. Mio Dio, mio re: queste parole mostrano che è intimo della famiglia: un po’ come Dio è il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe.

Teodoreto: lo chiama mio re per uno slancio d’amore.

Ilario: tutti i profeti ci annunciano che il Cristo è il protagonista di questo salmo. Il salmista comincia col dire che Dio è il suo re; una volta deposto il suo corpo mortale, sarà reso conforme al suo re per tutta l’eternità.

Cassiodoro: questo salmo apre la serie dei sette salmi che sono sette laudes, cioè lodi al Cristo. Mio re: il salmista dichiara di essere al servizio di questo.

Ruperto: il titolo di questo salmo è lode di Davide: l’anima piena di amore di Dio lo canta al Cristo, il vero Davide, il vero re. Il canto comincia con benedizioni, si svolge di benedizione in benedizione e termina con le benedizioni eterne.

2 Origene: le nostre lodi non aggiungono nulla a Dio ma la lode riempie noi di luce.

Crisostomo: consacrarsi alla lode è proprio di un animo filiale.

Cassiodoro: chi loda il Signore tutti i giorni lo loderà per sempre nel giorno eterno.

3 Teodoreto il salmista esprime, con i mezzi che gli sono propri, che il Signore non è circoscritto entro limiti.

5 Teodoreto: le espressioni ridondanti del profeta mostrano come sia al di là della sua forza ciò che egli vuole lodare.

7 Origene: l’uomo celebra le opere di Dio ripetendo ciò che Dio stesso ha detto nei giorni della creazione: tutto è buono, molto buono (Genesi 1,31).

9 Eusebio: le sue misericordie sono più grandi di tutte le sue altre opere.

Crisostomo: ricco di misericordia, infatti non può essere misurata né compresa fino in fondo, anche verso i peccatori e quanti vivono una vita malvagia.

Crisostomo gli esseri che non hanno l’uso della parola benedicono Dio con la loro stessa esistenza e lo benedicono ancora per mezzo della voce dell’uomo.

13 Girolamo: il Signore è fedele: ha portato a compimento tutto ciò che aveva promesso per mezzo dei profeti.

14 Crisostomo: se qualcuno non si rialza, Dio non può essere chiamato in causa, lui che vuole rialzarlo. In quel caso è l’uomo che non vuole stare in piedi. Infatti Dio dona ciascuno ciò di cui ha bisogno. Le vie di Dio e le sue opere sono tutta l’economia divina. A tutti egli dona il necessario, ma a quanti lo invocano dona anche la vicinanza divina. Il profeta termina con la lode dopo aver menzionato tutte le creature di Dio, perché tutto il mondo è pieno della sua bontà.

21 Origene: ogni carne che benedice il nome di Dio nei secoli dei secoli vedrà la salvezza di Dio nei secoli dei secoli.

Teodoreto: qui il profeta non attribuisce solo ai giudei il compito di lodare Dio, come aveva detto altrove, ma profeticamente invita alla lode ogni carne, cioè ogni uomo

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 145

1 ( Alleluia , di Aggeo e Zaccaria )

2 Loda anima mia il Signore.

Loderò il Signore nella mia vita,

salmeggerò al mio Dio finchè sarò.

Non confidate nei principi,

3 nei figli degli uomini per i quali non c’è salvezza.

4 Uscirà il suo spirito, ritornerà alla

sua terra. In quel giorno

periranno tutti i loro pensieri.

5 Beato colui del quale è suo aiuto

il Dio di Giacobbe, la sua speranza nel Signore suo Dio,

6 che ha fatto il cielo e la terra,

il mare e tutto ciò che è in essi,

7 che custodisce la verità in eterno,

opera il giudizio per coloro che

patiscono ingiustizia, dà il cibo agli

affamati. Il Signore scioglie gli uomini in ceppi.

8 il Signore illumina i ciechi, il Signore rialza quelli che

sono caduti. Il Signore ama i giusti.

9 Il Signore custodisce i forestieri,

solleverà l’orfano e la vedova, e la

via dei peccatori manderà in rovina.

10 Regnerà il Signore in eterno,

il tuo Dio, Sion, di generazione in generazione.

 

Da Sacy

1 ( Alleluia , di Aggeo e Zaccaria )

2 Loda anima mia il Signore.

Loderò il Signore nella mia vita,

salmeggerò al mio Dio finchè sarò.

Non confidate nei principi,

3 nei figli degli uomini per i quali non c’è salvezza.

4 Uscirà il suo spirito, ritornerà alla

sua terra. In quel giorno

periranno tutti i loro pensieri.

Anima mia, loda il Signore: io loderò il Signore finché vivrò, salmeggerò al mio Dio finché esisterò…Tutta la gloria appartiene unicamente al Signore. Invano si ripone la fiducia nei principi e negli uomini come se gli altri potessero salvare coloro che non possono salvare se stessi. Ma perché non possono essi salvarsi né salvare gli altri? Perché sono mortali e perché nel tempo stesso che la loro anima si separa dal loro corpo la loro carne ritorna alla terra donde è uscita ed allora tutti si dileguano e vanno a perire i pensieri che essi avevano o che avevano quelli che in loro vanamente confidavano. Vengano dunque ad udire, dice Giovanni Crisostomo, coloro che mettono tutto il loro appoggio sopra un soccorso così fragile qual è quello degli uomini, che non possono difendere se stessi dalla morte e che essendo morti diventano muti ed insensibili alla pari delle pietre.

5 Beato colui del quale è suo aiuto

il Dio di Giacobbe, la sua speranza nel Signore suo Dio,

6 che ha fatto il cielo e la terra,

il mare e tutto ciò che è in essi,

Beato colui che ha per suo aiuto il Dio di Giacobbe, che spera nel Signore suo Dio che ha fatto il cielo e la terra… Dopo aver dissuaso gli uomini dal riporre la loro speranza in altri uomini fragili e mortali come loro, il profeta scopre ad essi il vero luogo di rifugio ove possono trovare una totale sicurezza. Togliendo loro tutti gli appoggi vani ed inutili fa loro conoscere al tempo stesso quale sia quello che si deve considerare come saldo e incrollabile, quello che non distrugge la menzogna se non per stabilire la verità. L’unico appoggio della umana fiacchezza è il Signore, il Dio di Giacobbe e della stirpe di Giacobbe. Beato dunque è colui che ha per protettore non i principi né alcuno dei figli degli uomini, ma Dio stesso e che stabilisce la sua speranza nel Creatore dell’universo e di tutti gli uomini. Essendo onnipotente creatore non può venir meno alla verità delle promesse che ha fatto a quelli che lo temono e sperano in lui.

7 che custodisce la verità in eterno,

opera il giudizio per coloro che

patiscono ingiustizia, dà il cibo agli

affamati. Il Signore scioglie gli uomini in ceppi.

8 il Signore illumina i ciechi, il Signore rialza quelli che

sono caduti. Il Signore ama i giusti.

9 Il Signore custodisce i forestieri,

solleverà l’orfano e la vedova, e la

via dei peccatori manderà in rovina.

Trovandosi gli Ebrei schiavi e stranieri in Babilonia e come ciechi e spezzati dall’oppressione di ogni sorte di miserie  non dovevano riporre le loro speranze se non in colui che come Dio aveva il potere di dare la libertà agli schiavi, di rendere la vista ai ciechi, di ristabilire per una virtù onnipotente le membra spezzate e di proteggere i pellegrini, gli orfani e le vedove in mezzo a loro. Ciò nonostante affinché qualcuno non si ingannasse e non si immaginasse che bastava essere schiavo, cieco, spezzato nelle membra e straniero per essere certo del divino aiuto, il profeta aggiunge: che il Signore ama i giusti. Cioè per essere amato da Dio bisogna fare in modo di essere giusti e che innanzitutto per la giustizia si merita di aver Dio per protettore. Egli esorta dunque gli israeliti a rendersi degni nell’amore di Dio col diventare giusti. Ci sono, dicono i santi padri, altre catene oltre quelle che legano le membra ed altre tenebre oltre quelle che offuscano gli occhi del corpo. Queste catene e queste tenebre sono quelle del peccato. Questi vincoli spirituali sono rotti dal Signore con la sua grazia e le tenebre del nostro cuore sono da lui dissipate con la luce della sua verità. La caduta del primo uomo e le particolari cadute di ogni uomo hanno fiaccato tutta l’umanità. Ma il medico onnipotente, il caritatevole samaritano è venuto a spargere i veri rimedi nelle piaghe dei figli di Adamo: è venuto a ristabilirli e a rialzarli, essendosi egli stesso profondamente abbassato con la sua incarnazione. Tutte le vie, tutti i pensieri, tutti i desideri, tutti i vani progetti dei peccatori e dei nemici del popolo di Dio periranno, quando si vedranno adempiute le ultime seguenti parole del nostro salmo…

10 Regnerà il Signore in eterno,

il tuo Dio, Sion, di generazione in generazione.

Regnerà il Signore per sempre: il tuo Dio o Sion regnerà nel corso di tutte le generazioni… Il regno temporale di Gesù Cristo nella chiesa della terra e l’eterno suo impero nei cieli ci possono egualmente essere significati dalle parole del profeta. Se le spieghiamo nel primo, le vie dei peccatori, che dovevano essere distrutte significano tutte le persecuzioni degli infedeli che non hanno potuto impedire l’affermazione del regno suo nella chiesa. Se le intendiamo del secondo ci indicano esse il finale sconvolgimento di tutti i disegni e di tutte le opere  dei perversi, la cui passeggera potenza finirà per far luogo al supremo ed eterno impero di Gesù Cristo. Il profeta si rivolge a Sion, cioè a Gerusalemme, perché dovendo essere queste città ristabilita dopo la schiavitù, colui che da lei si riconosceva per suo Dio, doveva incominciare ad introdurvi il regno spirituale ed eterno del suo Figlio che si sarebbe esteso sopra tutte le generazioni e sopra tutte le nazioni della terra.

Da Agostino

1 ( Alleluia , di Aggeo e Zaccaria )

I cantici divini sono la letizia del nostro spirito quaggiù dove nemmeno il pianto è privo di gioia. Per il fedele che peregrina in questo mondo non c'è ricordo più soave di quello della città da cui è lontano; nello stesso tempo però il ricordo di quella città durante l'esilio non lo lascia senza dolore e gemito. Meno male che c'è la speranza certa del nostro ritorno, la quale consola e sospinge anche chi si sente triste nel suo peregrinare. Che le parole di Dio afferrino il vostro cuore, e il vostro padrone rivendichi per sé la roba sua, cioè le vostre menti, in modo che non si volgano ad altre mete.

2 Loda anima mia il Signore.

Loderò il Signore nella mia vita,

salmeggerò al mio Dio finchè sarò.

Ecco come canta il salmo. È la voce di uno (se volete, è la vostra voce), di uno che esorta la sua anima a lodare Dio e dice a se stesso: Loda, anima mia, il Signore. Nelle tribolazioni e nelle prove della vita presente succede a volte che, vuoi o non vuoi, l'anima assapori il turbamento… Se ne parla in un altro salmo, dove è detto: Perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi? 1 Per sgombrarla dal suo turbamento le si suggerisce una gioia, motivata non dal possesso reale di un bene ma dalla sua speranza… Orbene, questa speranza noi l'abbiamo ricevuta e per conseguenza, possedendo questa speranza, non possiamo non essere nella gioia. Per quanto la vita presente ci riservi delle difficoltà e sia piena di uragani e di tempeste, la nostra anima è impavida perché sostenuta da questa speranza; anzi gode nella speranza, come dice l'Apostolo: Lieti nella speranza, pazienti nella tribolazione .

Ecco l'anima dotata d'una forza che, per così dire, la solleva a Dio e la pone in condizione di lodarlo. Le si dice infatti: Loda, anima mia, il Signore. Nella mia vita? Mia speranza tu sei quaggiù. Lo ripetiamo: Quaggiù tu sei la mia speranza; mia porzione invece non lo sei quaggiù ma nella terra dei viventi . Questa infatti è terra di morienti: da qui dobbiamo andarcene; l'importante è per quale destinazione.

Difatti vivi in forza della speranza: quindi loda [Dio] per la speranza, canta per la speranza. Non cantare per ciò che ti è causa di morte; canta per ciò che ti fa vivere. Causa della tua morte è il mondo presente con le sue tristezze; nella speranza del mondo a venire hai la vita. Dice: Loderò il Signore nella mia vita

Non confidate nei principi,

Non confidate nei potenti. Fratelli, è un affare serio quello che ci viene affidato. È parola divina e dall'alto risuona ai nostri orecchi. Capita infatti in questo mondo, ve lo dico subito, che l'anima umana quando è messa alla prova da non so quale sventura disperi del Signore e preferisca sperare nell'uomo. Comincia a ricercare e a riconoscere il tuo Creatore. Egli non abbandonerà la sua creatura, a meno che non sia la creatura stessa ad abbandonarlo.

Il salmista: pieno com'è dello Spirito in tutta la sua abbondanza, viene a darci dei suggerimenti. Ci vede distanti mille miglia, vede il nostro peregrinare lontano, osserva che non solo ci rifiutiamo di lodare Dio ma non vogliamo nemmeno sperare in lui. Per questo ci dice: Non confidate nei potenti né nei figli dell'uomo, in cui non c'è salvezza. La salvezza è nell'unico Figlio dell'uomo che è  Figlio di Dio.

3 nei figli degli uomini per i quali non c’è salvezza.

4 Uscirà il suo spirito, ritornerà alla

sua terra. In quel giorno

periranno tutti i loro pensieri.

Secondo il parere della maggior parte degli uomini, cosa sono, insomma, questi figli dell'uomo? Vuoi sapere cosa siano? Uscirà il suo spirito e tornerà nella sua terra. Ecco, l'uomo parla e questo è tutto: egli non sa quanto tempo gli resti per parlare. Ecco uno che minaccia: egli non sa quanto tempo potrà vivere. Improvvisamente uscirà il suo spirito ed egli se ne tornerà alla sua terra. Forse che il suo spirito uscirà quando lui vorrebbe? Uscirà, e uscirà anche quando lui non vorrebbe, e a sua insaputa se ne tornerà alla terra. Uscito lo spirito, il corpo ritorna alla terra. Orbene in quel giorno periranno tutti i suoi pensieri.

5 Beato colui del quale è suo aiuto

il Dio di Giacobbe, la sua speranza nel Signore suo Dio,

6 che ha fatto il cielo e la terra,

il mare e tutto ciò che è in essi,

La sua speranza [è] nel Signore suo Dio. Chi è questo Signore suo Dio? Statemi attenti, fratelli! Ci son molti che hanno una pleiade di divinità e le chiamano loro signori e loro dèi. Ma dice l'Apostolo: Sebbene ci siano dei cosiddetti dèi sia in cielo sia sulla terra, come ci sono molti dèi e molti signori, tuttavia per noi c'è un Dio solo, il Padre, da cui provengono tutte le cose e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale esistono tutte le cose . Sia dunque lui, il Signore tuo Dio, la tua speranza. La tua speranza sia riposta in lui.

7 che custodisce la verità in eterno,

opera il giudizio per coloro che

patiscono ingiustizia, dà il cibo agli

affamati. Il Signore scioglie gli uomini in ceppi.

Or dunque, il mio Dio, colui nel quale è riposta la mia speranza, è quel Dio che ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che in essi si trova. Per quanto riguarda poi me personalmente, cosa fa verso di me? Egli custodisce la verità in eterno. Inculca l'amore e il timore di Dio. Egli custodisce la verità in eterno? Egli è giudice di coloro che ricevono ingiustizia. Si prende la vendetta di coloro che, fratelli, subiscono ingiustizie; in loro favore farà il giudizio. Se pertanto egli protegge chi è oggetto d'ingiustizia ed è pronto a castigare gli ingiusti, esaminati prontamente e vedi in quale delle due categorie vuoi essere.

8 il Signore illumina i ciechi, il Signore rialza quelli che

sono caduti. Il Signore ama i giusti.

Fu illuminato dal Signore colui che fu risanato da Gesù dopo che gli ebbe spalmato gli occhi con del fango formato con lo sputo . Perché tu non ti ripromettessi qualcosa del genere, mentre in realtà il salmo parla di cose spirituali, ti ha mostrato come c'è una luce della sapienza con cui vengono illuminati i ciechi.

9 Il Signore custodisce i forestieri,

solleverà l’orfano e la vedova, e la

via dei peccatori manderà in rovina.

Il Signore custodisce i proseliti. I proseliti sono forestieri: e tutta la Chiesa dei gentili è una proselita. Rispetto ai patriarchi infatti è una comunità aggiunta, non generata dal loro sangue ma divenuta figlia imitando [la loro fede]. A custodirla c'è comunque il Signore, non un qualsiasi uomo. Egli accoglierà l'orfano e la vedova. Nessuno pensi trattarsi di pupilli a motivo dell'eredità o di vedove per non so quale privata faccenda. In effetti, è vero che anche a costoro Dio provvede e che, fra tutte le iniziative che si possono prendere dall'uomo, opera eccellente compie colui che si prende cura del pupillo e non abbandona la vedova. Tuttavia, da un punto di vista un po' particolare, tutti siamo dei pupilli: non perché il nostro padre sia morto, ma perché è lontano.

Finché siamo uniti al corpo mortale e dimoriamo nel luogo del nostro esilio, è assente il nostro Padre, a cui gridiamo: Padre nostro che sei nei cieli . E anche la Chiesa è vedova: perché lo sposo, il marito, è ora assente. Un giorno però tornerà colui che adesso, non veduto ma desiderato, la protegge. Grande infatti è il desiderio che ci rapisce a lui, e, sebbene non lo vediamo, lo desideriamo mossi dall'amore. Fruiremo stabilmente dei suoi amplessi quando lo vedremo, se ora che non lo vediamo conserviamo la fede in lui.

Cosa volle dunque intendere, o fratelli, parlandoci di orfano e di vedova? La gente priva di ogni risorsa e di ogni aiuto. L'anima che nel mondo si sente abbandonata da tutto conti pure sull'aiuto di Dio. Sei un pupillo di Dio, una vedova di Dio. Egli in effetti accoglie chi è derelitto. Così infatti diceva: Accoglie il pupillo e accoglie la vedova.

10 Regnerà il Signore in eterno,

il tuo Dio, Sion, di generazione in generazione

Il Signore regnerà in eterno; il tuo Dio, o Sion. O Sion, il tuo Dio regnerà in eterno, e potrà accadere che il tuo Dio regni senza di te? Nella generazione e generazione. L'ha ripetuto due volte perché gli era impossibile ripeterlo sempre; ma tu non credere che, per essere finite le parole, finisca anche l'eternità. La parola " eternità " è composta di quattro sillabe, ma l'eternità in se stessa è senza fine. Non poteva però essere inculcata a te se non in questa maniera: Il tuo Dio regnerà nella generazione e generazione. Ha detto poco. Se avesse detto: Per tutto il giorno, sarebbe stata un'espressione ancora troppo delimitata. Se avesse detto: Per tutta la sua vita, non avrebbe dovuto forse alla fine tacere? Ama l'eternità. Regnerai senza fine, se tuo fine sarà Cristo, col quale tu regnerai nei secoli dei secoli.

Dai Padri

1 Crisostomo: infiammato dal desiderio di Dio, il salmista visita tutte le creature, trascinando tutti a formare un solo coro con lui. La più grande lode, la più grande gloria di Dio è il cercare ovunque coloro che parteciperanno in futuro alla salvezza.

Ruperto: con tutto l’amore e l’affetto che lo spingono a cantare, il salmista si rivolge alla sua anima: loda, anima mia, il Signore! E l’anima risponde: loderò il Signore nella mia vita, salmeggerò al mio Dio finché esisto. Ma perché? Lo loderò per la sua potenza che ha fatto il cielo, terra e il mare; per la sua misericordia che scioglie gli incatenati e dà la vista ai ciechi.

Eusebio: l’anima è immortale; vive ancora dopo aver lasciato il corpo. Questo versetto vuol dire che essa loderà Dio per tutta l’eternità.

Atanasio: lo loderò finché non accolga il mio spirito; e quando l’avrà accolto, lo loderò ancora.

Girolamo: della mia vita: nel Cristo che è la mia vita.

Atanasio: mettete la vostra speranza nel solo Figlio dell’uomo che ha salvato il genere umano.

4 Origene: quando lo spirito esce dal corpo, perché la vita è giunta al suo termine, anche tutti i pensieri terrestri periscono, perché l’uomo dimentica allora tutte le cose inerenti alla terra.

Cassiodoro: rende lo spirito, lo spirito che al momento della morte, lascia il corpo. Padre nelle tue mani, raccomando lo spirito mio (Luca 23,46).

5 Crisostomo: al contrario, il Dio di Giacobbe contrasta con i limiti angusti di un protettore umano.

Teodoreto: Giacobbe è citato qui come simbolo della speranza in Dio solo.

Cassiodoro: la speranza è pazienza nelle circostanze presenti e desiderio dei beni futuri.

Teodoreto: il cielo e la terra comprendono tutta la creazione, anche gli angeli.

Cassiodoro: ogni uomo è bugiardo (Salmo 115,2) ma il Cristo è la verità.

7 Atanasio: dà il cibo ad ogni carne e la sua grazia a chi la desidera.

Ilario: il cibo per il corpo e il cibo spirituale. Dio dona questo cibo per mezzo della predicazione.

Girolamo: il pane quotidiano e il pane che è il corpo del Cristo.

8 Teodoreto questo versetto annuncia il Cristo come lo descrivevano i versetti di Isaia che il Signore lesse nella sinagoga.

9 Crisostomo: non manda in perdizione il peccatore, non odia la natura, ma manda in rovina la via del peccatore, la sua azione.

10 Origene: prima dei secoli il Cristo regnava senza la carne, ora regna ugualmente per i secoli dei secoli, nella carne.

Cassiodoro: attualmente il Cristo non regna perfettamente nelle sue membra perché i loro cuori sono occupati in parte da pensieri vani… Ma quando questo corpo mortale sarà rivestito di immortalità e avrà abbandonato questi pensieri lasciando il mondo, allora in Cristo regnerà perfettamente nei suoi santi e Dio sarà tutto in tutti.

Teodoreto: il tuo Dio, o Signore, regnerà di generazione in generazione su tutti i popoli, lui che, fino ad ora, è stato considerato esclusivamente il tuo Dio.

Ilario: il Signore: è la Gerusalemme celeste.

 

 

salmo 146

alleluia di Aggeo e Zaccaria

1 Lodate il Signore perché è buona cosa il salmo

al nostro Dio; sia dolce e bella la lode.

2 È il Signore che edifica Gerusalemme;

radunerà i dispersi di Israele.

3 È  lui che guarisce i contriti di

cuore e fascia le loro ferite,

4 che conta la moltitudine delle

stelle e le chiama tutte per nome.

5 Grande è il Signore nostro e

grande la sua potenza e la sua

sapienza è senza misura.

6 Il Signore sostiene i miti

ma umilia i peccatori fino a terra.

7 Intonate al Signore la confessione,

salmeggiate al nostro Dio con la cetra.

8 A  lui che ricopre il cielo di

nubi e prepara alla terra la pioggia,

che fa crescere sui monti il fieno

e le erbe a servizio degli uomini

9 e dà agli animali il loro cibo e ai piccoli

dei corvi che lo invocano.

10 Non amerà il vigore del

cavallo e non si compiacerà

delle gambe dell’uomo.

11 Si compiace il Signore di quelli

che lo temono e di

quelli che sperano nella sua misericordia.

 

Da Sacy

alleluia di Aggeo e Zaccaria

1 Lodate il Signore perché è  buona cosa il salmo

al nostro Dio; sia dolce e bella la lode.

2 È il Signore che edifica Gerusalemme;

radunerà i dispersi di Israele.

3 È  lui che guarisce i contriti di

cuore e fascia le loro ferite,

4 che conta la moltitudine delle

stelle e le chiama tutte per nome.

Volendo il profeta invitare i popoli a lodare Dio, li eccita a ciò mediante la considerazione del vantaggio che ne viene a loro stessi. Fa loro vedere a un tempo, che per esser loro utile la lode, che gli danno, bisogna che sia grata e degna di lui; cioè che non basta lodarlo ma che le nostre lodi devono nascere da un cuore pieno di amore ed essere un frutto della fede che opera per mezzo della carità. La nostra lode sarà dunque accettevole a Dio, dice Santo Agostino, e degna di lui se la nostra vita medesima è una lode continua che noi gli rendiamo.

Il particolare motivo per cui il santo profeta esortava il suo popolo a lodare Dio era che il Signore edificava Gerusalemme e doveva radunare Israele allora disperso. Questo ha fatto credere a Giovanni Crisostomo che questo salmo si debba riferire al tempo del ritorno da Babilonia, allorché fabbricandosi per ordine di Ciro il tempio e la città di Gerusalemme, a poco a poco i Giudei dispersi si andavano radunando da ogni dove.

Ma la Gerusalemme che  costruiva il Signore ci raffigura la Chiesa di Gesù Cristo, la cui costruzione doveva essere, in una maniera del tutto, singolare l’opera di Dio, dal momento che solo il Signore aveva il potere di radunare in un solo corpo tutti i veri figli di Israele dispersi fra tutte le nazioni della terra. Egli risana quelli che hanno il cuore trafitto e fascia tutte le loro piaghe. Questo in un linguaggio figurato ci dice letteralmente ciò che aveva fatto per liberare il suo popolo dal così misero stato in cui si era visto nel corso di tanto tempo e secondo il senso spirituale ciò che Gesù Cristo è venuto a fare nel mondo mediante la sua incarnazione, quando simile a samaritano a cui si è paragonato nel Vangelo, egli con carità ha medicato e guarito le piaghe dei peccatori spezzando il loro cuore con la penitenza.

Egli conosce come sue creature il numero così prodigioso delle stelle e tutte le chiama con i loro nomi cioè le conosce perfettamente. Ma egli pure, come Salvatore, sa il numero delle stelle della sua chiesa, quelli che devono risuscitare gloriosi e trionfanti come le membra di Gesù Cristo. Egli conosce veramente chi sono e dà  a ciascuno il suo nome, chiamandoli come dice San Paolo ai vari ministeri e alle varie funzioni a cui li destina, della sua chiesa. Il Signore nostro è grande e grande è la sua potenza e non ha limiti la sua sapienza. Il Signore solleva i mansueti…

5 Grande è il Signore nostro e

grande la sua potenza e la sua

sapienza è senza misura.

6 Il Signore sostiene i miti

ma umilia i peccatori fino a terra.

Deduce il profeta dalle cose dette questa giustissima conseguenza poiché ecco qual è pressa poco il suo discorso. Non il re dei persiani, non la potenza di Israele costruisce Gerusalemme, ma il Signore ed egli deve pure radunare tanti israeliti dispersi. Non si deve dubitare della divina potenza poiché colui che sa numerare la moltitudine delle stelle e che tutte le conosce una ad una può senza dubbio conoscere anche tutti quelli del suo popolo che sono ovunque dispersi. È dunque cosa giusta riconoscere la grandezza, la potenza e la infinita sapienza del nostro Dio, del Dio di Israele che si è finalmente dichiarato il protettore dei mansueti, cioè di quelli che si sono umiliati sotto di lui e che al contrario umilia i peccatori, cioè i malvagi che perseguitano i suoi servi e li abbattono sino a terra. La sua potenza e la sua sapienza sono infinite. Se la potenza e la sapienza del Signore ci sembrano infinite nella creazione e nel governo dell’universo, quanto più lo sono nella sua nuova creazione e nel mistero della sua incarnazione, ove la sua sapienza del tutto divina ha in un certo modo legato la sua onnipotente potenza per disarmare i principati del secolo con la debolezza e con la follia apparente della sua croce.

7 Intonate al Signore la confessione

salmeggiate al nostro Dio con la cetra.

8 A  lui che ricopre il cielo di

nubi e prepara alla terra la pioggia,

che fa crescere sui monti il fieno

e le erbe a servizio degli uomini

9 e dà agli animali il loro cibo e ai piccoli

dei corvi che lo invocano.

Intonate al Signore canti di lode, salmeggiate con la chitarra al nostro Dio. Egli copre il cielo di nubi e prepara la pioggia per la terra, produce il fieno sui monti. Il profeta invita i popoli a manifestare la loro riconoscenza verso Dio con santi inni e con il suono degli strumenti. Il Signore ricopre il cielo di nubi per formare le piogge così necessarie alla terra, fa produrre ai monti più aridi il fieno adatto a pascere le bestie e agli altri luoghi le erbe che servono a nostro uso.

Può facilmente accadere che l’uomo davanti a ciò che colpisce gli occhi non consideri se non come cosa puramente naturale gli effetti della provvidenza e della onnipotenza di Dio. Perciò è necessario che egli salga più in alto con lo sguardo della sua fede e che in tutte queste cose consideri la virtù divina e segreta del creatore. A lui si rivolgono i piccoli del corvo quando abbandonati dal padre e dalla madre gracchiano e sembrano chiedergli per un naturale istinto il cibo ad essi necessario.  Noi siamo in un certo modo quei piccoli corvi, essendo usciti dalla stirpe dei gentili, che per la loro infedeltà erano neri ed immondi agli occhi di Dio. Ma abbiamo la consolazione di essere certi che egli non mancherà di cibare spiritualmente le nostre anime se noi lo invochiamo con tutto il nostro cuore…

10 Non amerà il vigore del

cavallo e non si compiacerà

delle gambe dell’uomo.

11 Si compiace il Signore di quelli

che lo temono e di

quelli che sperano nella sua misericordia.

Egli non ama che l’uomo confidi nel vigore del cavallo e meno ancora nella forza delle proprie gambe. Guardati, sopra ogni cosa, o Israele di non riporre la tua fiducia nella tua forza o nella potenza dei tuoi cavalli, poiché non può piacere a Dio alcuno di quelli che confidano in questi vani appoggi. Possono essere sicuri del suo amore e della sua protezione solo coloro che lo temono e che considerano la sua misericordia come fondamento delle loro speranze.

Da Agostino

alleluia di Aggeo e Zaccaria

1 Lodate il Signore perché è buona cosa il salmo

al nostro Dio; sia dolce e bella la lode.

Lodate il Signore perché buona cosa è lodare il Signore. Noi siamo troppo sbrigativi nel lodare il Signore. Si recita qualcosa e subito finito; si fa qualcosa e subito si interrompe; lodiamo e poi tacciamo; cantiamo e presto smettiamo. Se la tua lingua [lo] loda per un po' di tempo, la tua vita lo lodi ininterrottamente. Per questo è buono il salmo. La lode sia gradita al nostro Dio. Quando sarà gradita a Dio la nostra lode? Quando lo si loda mediante la vita buona. Ascolta come allora la nostra lode gli è gradita. In un altro passo è detto: Non è bella la lode in bocca al peccatore . Si gradisce infatti ciò che è bello. Vuoi pertanto che la tua lode sia gradita a Dio? Non turbare il tuo canto buono con lo strepito dei cattivi costumi.

2 È il Signore che edifica Gerusalemme;

radunerà i dispersi di Israele.

Ecco, il Signore ricostruisce Gerusalemme, raccoglie i dispersi del suo popolo, cioè del popolo di Gerusalemme. Ma cosa c'entra Israele? Se approfondiamo i il significato del nome, in quanto lo stesso Giacobbe fu chiamato Israele per un cambiamento di nome, a molto maggior ragione troveremo appropriato per lassù il nome Israele .  Cosa significa infatti Israele? Colui che vede Dio. Ed è proprio perché vedono Dio che godono tutti i cittadini di quella città grande, spaziosa, celeste: Dio stesso forma l'oggetto della loro visione. Quanto a noi, invece, siamo esuli, lontani da quella città dalla quale fummo cacciati per il peccato, dopo il quale non ci fu consentito di rimanervi; inoltre, siccome portiamo il peso della nostra mortalità, siamo impediti di tornarci. Dio però guardò al nostro peregrinare e colui che restaura Gerusalemme riparò quella porzione [della città] che era caduta. Come riparò la parte caduta? Raccogliendo i dispersi d'Israele. Una parte di lei cadde e divenne pellegrina. Dio vide con occhio di misericordia questa pellegrina e, senza che gli uomini lo ricercassero, si mise in loro ricerca. Come li ricercò? Chi mandò nel luogo della nostra prigionia? Mandò il Redentore, nella persona del suo Figlio. Col suo sangue raccolse i dispersi d'Israele.

3 È  lui che guarisce i contriti di

cuore e fascia le loro ferite,

Egli risana quelli che hanno il cuore spezzato. Ecco come, vengono raccolti i dispersi d'Israele: risanando coloro che hanno il cuore spezzato. Chi non spezza il cuore non viene risanato. Che significa: spezzare il cuore? Sappiatelo bene, o carissimi, e praticatelo affinché possiate essere risanati. È una cosa di cui si parla in molti altri passi delle Scritture e principalmente in quel passo dove un tale, cantando con la nostra voce, diceva: Poiché se avessi voluto un sacrificio, senz'altro te lo avrei offerto. Lo diceva a Dio: Se avessi voluto un sacrificio, senz'altro te lo avrei offerto: ma tu non ami gli olocausti . E allora? Ci dispenseremo dall'offrire sacrifici? Ascolta cosa egli t'impone d'offrire. Continuando dice: Sacrificio gradito a Dio è lo spirito affranto. Dio non disprezza il cuore spezzato e umiliato . Egli dunque sana chi ha il cuore spezzato nel senso che sta loro vicino per risanarli. Come anche in un altro passo è detto: Il Signore è vicino a quelli che spezzano il cuore . Chi son coloro che spezzano il cuore? Gli umili. E coloro che non lo spezzano? I superbi. Il cuore spezzato viene guarito, il cuore gonfio d'orgoglio viene abbattuto. Anzi, con probabilità, se viene abbattuto è proprio perché, una volta spezzato, possa essere guarito.

4 che conta la moltitudine delle

stelle e le chiama tutte per nome.

Egli che numera la moltitudine delle stelle, e tutte le chiama per nome. Sarà forse impresa difficile a Dio contare la moltitudine delle stelle? L'hanno tentato anche gli uomini. Essi sapranno se son riusciti nell'impresa; sta però di fatto che non ci avrebbero provato se non avessero sperato di riuscirci. Ma lasciamo a loro [l'incombenza di precisare] cosa son riusciti a concludere e fino a che punto ci son riusciti. Quanto a Dio, non penso gli sia cosa complicata contare tutte le stelle. E se ne fa l'elenco, lo fa forse per non dimenticarsene? Ma cosa c'è di straordinario per Iddio contare le stelle, se dinanzi a lui son contati i capelli della testa di tanti uomini?  È chiaro, fratelli, che Dio dicendo quelle parole vuol farci intendere qualcos'altro. Dice: Egli che numera la moltitudine delle stelle, e tutte le chiama per nome. Sono stelle certi luminari posti nella Chiesa per consolarci durante la nostra notte. Son coloro di cui dice l'Apostolo: Fra i quali voi risplendete come luminari nel mondo. E ancora: In mezzo a questa generazione ribelle e perversa, fra cui voi risplendete come luminari nel mondo, avendo la parola di vita . Queste son le stelle che Dio conta: tutti coloro che regneranno con lui, tutti coloro che dovranno essere aggregati al corpo dell'Unigenito.

5 Grande è il Signore nostro e

grande la sua potenza e la sua

sapienza è senza misura.

Grande [è] il nostro Signore e grande la sua potenza, e la sua intelligenza è incalcolabile. Colui che enumera la moltitudine delle stelle non è numerabile.  Chi potrebbe spiegare questa realtà? chi sarà in grado di farsi una qualunque idea di ciò che vien detto [con le parole]: E la sua intelligenza è incalcolabile? Riflettete un istante, fratelli! È forse calcolabile la rena [del mare]? Per noi è incalcolabile, ma non lo è per Iddio. Se dinanzi a lui son numerati i capelli della nostra testa, è numerata anche la rena del mare. Sì, veramente, tutto ciò che il mondo presente abbraccia di incalcolabile, se è incalcolabile per l'uomo non lo è per Iddio. Tutte le cose che vengono contate, le si conta col numero; ma se tutto ciò che si conta vien contato col numero, non esiste numero per contare il numero e non c'è alcuna maniera di assegnare un numero al numero. Orbene, che senso ha ricercare in Dio da che cosa e dove abbia fatto tutte le cose quando a lui si dice: Hai disposto tutte le cose secondo misura, numero e peso? E d'altra parte ci sarà forse qualcuno in grado di enumerare, o misurare, o soppesare la misura e il numero e il peso secondo cui Dio ha disposto tutte le cose? Se ne conclude che la sua intelligenza è incalcolabile.

Tacciano le voci umane e si rassegnino i pensieri umani. L'uomo non osi protendersi verso le cose incomprensibili con l'idea di volerle comprendere, [si contenti] solo di parteciparne [in qualche modo]: poiché in effetti ne parteciperemo.

6 Il Signore sostiene i miti

ma umilia i peccatori fino a terra.

Il Signore accoglie i mansueti. Non opporre resistenza di fronte alle cose che Dio ti nasconde: sii mansueto, affinché egli ti accolga. Che se vorrai resistergli, ascolta quel che vien dopo: Ma umilia fino a terra i peccatori. Ci son molte categorie di peccatori, ma le parole: Ma umilia fino a terra i peccatori a quali peccatori si riferiscono se non alla categoria opposta ai mansueti? Il fatto stesso che dice: Il Signore accoglie i mansueti, ma umilia fino a terra i peccatori significa che ha inteso riferirsi a una particolare categoria di peccatori rapportandola con la mansuetudine nominata poco prima. In questo passo dunque per "peccatori" intendiamo gli uomini privi di mitezza, cioè i non mansueti… Dio dunque umilia i peccatori fino a terra. E noi, per non essere umiliati fino a terra, cosa dobbiamo fare?

7 Intonate al Signore la confessione

salmeggiate al nostro Dio con la cetra.

Ascolta il seguito del salmo. Dice: Iniziate col confessare al Signore. Da qui comincia se vuoi pervenire alla comprensione illuminante della verità. Se dalla via della fede vuoi arrivare al possesso attraverso la visione, incomincia col confessare. Prima accusati! Accusa te e loda Dio. Invoca colui che non ancora conosci, affinché venga e ti si manifesti e ti conduca a sé… Iniziate col confessare al Signore. E dopo la confessione cosa ci resta ancora? Seguano le opere buone!

8 A  lui che ricopre il cielo di

nubi e prepara alla terra la pioggia,

che fa crescere sui monti il fieno

e le erbe a servizio degli uomini

Su dunque! confessate, compite le opere di misericordia: Salmeggiate al nostro Dio. A quale nostro Dio? Egli che copre di nubi il cielo. E che significa: Egli che copre di nubi il cielo? Che cela la Scrittura dietro figure e sacramenti. Colui che umilia i peccatori fino a terra, colui che accoglie i mansueti copre di nubi il cielo. E chi riuscirà a vedere il cielo quando è coperto da nubi? Non temere! Ascolta il seguito. Egli che copre di nubi il cielo e alla terra prepara la pioggia. Egli copre di nubi il cielo: sei spaventato perché non vedi il cielo. Non appena sarà piovuto, porterai frutto e rivedrai il sereno. Copre di nubi il cielo e alla terra prepara la pioggia. Forse il Signore nostro Dio ha già fatto questo. Se infatti nella Scrittura non ci fossero state delle difficoltà, noi non avremmo avuto l'occasione di esporvi queste cose e voi non ne avreste goduto. Forse dunque è proprio questa la pioggia che vi rallegra. Né ci sarebbe stato motivo di spiegarvi la verità con le nostre parole, se Dio non avesse coperto con le nubi del simbolismo il cielo delle Scritture. Se dunque egli copre il cielo con delle nubi, lo fa per preparare la pioggia che bagni la terra. Se volle che le espressioni dei profeti fossero oscure, lo fece per dare ai servi di Dio materia da spiegare, come per irrorare gli orecchi e il cuore degli uomini, i quali proprio da queste nubi di Dio avrebbero attinto in abbondanza il nutrimento della letizia spirituale.

Egli che copre di nubi il cielo e alla terra prepara la pioggia. Egli che fa sorgere il fieno sui monti, e l'erba a servizio degli uomini. Ecco i frutti della pioggia. Dice: Egli che fa sorgere il fieno sui monti. Forse che non lo farà nascere anche nelle bassure? Ma, quel che è eccezionale, anche sui monti. Chiama monti i grandi del secolo; e tu in questo passo devi intendere per " monti " coloro che rivestono qualche dignità [veramente] grande.

9 e dà agli animali il loro cibo e ai piccoli

dei corvi che lo invocano.

E dà il suo cibo al bestiame. Chiama bestiame i numerosi greggi di Dio. Dio non priva del cibo il suo gregge ma glielo fornisce per mezzo di uomini, facendo spuntare l'erba per i servi dell'uomo. Ne parla l'Apostolo dicendo: Chi pasce il gregge e non se ne ciba del latte?  Egli dà il suo cibo al bestiame e ai pulcini dei corvi che lo invocano. Crederemo sul serio che i corvi invocano Dio affinché dia loro da mangiare? Prendete l'espressione in senso figurato e non credete, come dicono certi empi, che le anime umane trasmigrino negli animali, cani, porci, corvi. Cosa significa allora: E ai pulcini dei corvi che lo invocano? Chi sono i pulcini dei corvi? Pulcini dei corvi son coloro ai quali l'apostolo Pietro dice: Poiché voi sapete che non per mezzo dell'argento e dell'oro corruttibili siete stati riscattati dalla vana maniera di vivere ereditata dai vostri padri . Questi pulcini dei corvi infatti, che a prima vista sembravano adorare i simulacri come i loro padri, in realtà han fatto dei progressi e si son convertiti a Dio; ed ecco tu ascolti il pulcino del corvo che invoca l'unico Dio

10 Non amerà il vigore del

cavallo e non si compiacerà

delle gambe dell’uomo.

Egli non farà conto del vigore del cavallo. Il vigore del cavallo è la superbia. Il cavallo infatti sembra fatto apposta per essere una specie di supporto dell'uomo, il quale così incede più alto. Inoltre ha il collo elevato, mostrando in questo una nota di superbia. Non si inorgogliscano gli uomini per le loro dignità né si ritengano altolocati per gli onori [che ricevono]! Badino piuttosto a non precipitare dal loro cavallo indomito. Osserva cosa si dice in un altro salmo: Questi nei carri, quelli nei cavalli, noi invece saremo glorificati nel nome del Signore Dio nostro. E vuol dire: loro si gloriano degli onori temporali, noi ci glorieremo nel nome del Signore nostro Dio. E come conseguenza, a loro cosa succede? Notate il seguito: Essi furono presi al laccio e caddero ma noi ci rialzammo e ci drizzammo in piedi.

11 Si compiace il Signore di quelli

che lo temono e di

quelli che sperano nella sua misericordia.

Infine cosa aggiunge? Si compiace il Signore di chi lo teme, di chi spera nella sua misericordia. Il Signore nutre sentimenti benevoli verso coloro che lo temono. Ma che forse si teme Dio come si teme un brigante? In effetti anche del brigante si ha timore, e lo si ha delle belve, e ancor più dell'uomo ingiusto e potente. Si compiace il Signore di chi lo teme. Di chi spera nella sua misericordia. Ecco, lo temette anche Giuda, traditore di Cristo, ma non sperò nella sua misericordia. Più tardi si pentì d'aver tradito il Signore e disse: Ho peccato, ho tradito il sangue innocente. Va bene che hai temuto, ma avresti dovuto insieme sperare nella misericordia di colui che temevi. Invece lui disperato andò ad impiccarsi. Temi dunque il Signore, ma sperando nella sua misericordia.

Dai padri

Eusebio: la verità, è dolce e molto gradita a Dio la lode che gli viene da un’anima spirituale e pura. Dio ne gioisce e riceve volentieri questo frutto dello spirito umano.

Crisostomo: il salmo precedente esaltava la gloria del Signore; in questo salmo, la lode è buona in se stessa, il canto è la fonte di beni infiniti. Distoglie lo spirito dalle cose terrene e solleva l’anima, rende lo spirito più leggero.

Teodoreto: cantare inni è una cosa buona e gradita a Dio. Egli non ha bisogno dei nostri canti, ma vede lo slancio dei nostri cuori.

Cassiodoro: la lode del Signore ha in se stessa una ricompensa: ci troviamo in compagnia degli angeli il cui solo compito è di cantare a Dio in eterno. Non ci deve essere contraddizione tra le parole che pronunciamo e i nostri atti: lodiamo forse Dio inneggiando all’umiltà e gonfiandoci d’orgoglio? Il Signore vedrà la nostra intima contraddizione. La lode egli è gradita quando la voce e la vita si armonizzano.

Ruperto: il salmista non si accontenta di lodare solo, invita gli altri alla lode: lodate il Signore, perché è bene salmeggiare!

2 Crisostomo: è il Signore che edifica Gerusalemme e radunerà i dispersi; infatti quando Ciro li libera, ciò viene dal Signore. Gerusalemme è la Gerusalemme celeste.

Teodoreto: il Signore ricostruirà Sion e vi riunirà i dispersi di Israele. Alcuni, per colpa loro, non sono tornati dalla prigionia; l’editto di Ciro invitava tutti a tornare, ma alcuni hanno preferito la terra dell’esilio alla patria.

Ilario: si tratta della costruzione della Gerusalemme celeste. Il profeta loda il Signore che edifica Gerusalemme, città del gran re. Quando il Signore è entrato in Gerusalemme cavalcando un puledro, entrava materialmente nella città che uccide i profeti, ma la gioia del suo trionfo proveniva dall’altra Gerusalemme.

Cassiodoro: ama l’armonia il Signore che edifica Gerusalemme riunendo i dispersi: riunisce i cuori spezzati e li fonde per costituire la santa unità, cominciando dai popoli di tutto il mondo. Raduna gli eletti da tutti gli angoli della terra (Matteo 24,31).

Ilario: Israele è disperso ovunque: manderà i suoi angeli a radunare i suoi eletti dai quattro venti. Questo raduno costituirà la massa compatta della città santa, che ora si costruisce presso di noi con l’opera della fede e della speranza. La costruzione è dunque anteriore al raduno finale, poiché la misericordia di Dio ci edifica per mezzo della grazia che giustifica.

3 Ilario: nel raduno escatologico tutte le infermità umane saranno soppresse. In parte, tutto ciò è cominciato; in specchio e in enigma abitiamo già la città; ma non è ancora la pienezza di cui parla il salmo 114,7: ritorna, anima mia, al tuo riposo. In futuro ritorneremo a questo riposo, donde ci ha esiliati la caduta di Adamo.

Cassiodoro: se questa restaurazione dei cuori spezzati ci attira e ci sollecita, spezziamoci al più presto: questo dolore profondo conduce all’integrazione in un corpo sano, grazie alle cure del medico eterno.

4 Origene: poiché era una promessa immensa quella di radunare i giudei dispersi in tutto il mondo, il profeta porta esempi per mostrare la grande potenza di Dio: conta la moltitudine delle stelle.

Eusebio: dopo aver guarito gli infermi, li pone in questo mondo come delle luci.

Crisostomo: se conosce le stelle per nome, può anche riunire i dispersi.

Ilario: che centrano qui le stelle? Si tratta delle stelle che Abramo ha guardato in cielo (Genesi 15,5) e che Paolo ha visto diverse tra loro quanto a splendore (1 Corinzi 15,41). Saranno chiamate con loro nome. Ascoltiamo colui che le chiama: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la voce del Figlio di Dio e usciranno (Giovanni 5,28). Solo il Signore può fare una cosa simile: dopo aver curato le ferite, chiama gli eletti per nome e li rende partecipi della gloria celeste.

Girolamo: il legame del pensiero tra questi versetti è che Dio muta i suoi afflitti in stelle, le stelle di Abramo.

Leone Magno: una discendenza che non si poteva contare fu promessa ad Abramo, fu paragonata alla moltitudine delle stelle per fargli sperare una discendenza non terrestre ma celeste.

7 Eusebio questo versetto ci comanda di confessare Dio con lo spirito, con i pensieri dell’anima e con le opere del corpo.

Ilario: è una esortazione perché noi siamo pigri ed esitanti.

8 Atanasio: c’è un senso ovvio e un senso spirituale. In senso spirituale la pioggia è simbolo dei santi.

Ilario: Dio ricorda spesso che egli è il creatore del mondo e l’autore della legge, affinché sappiamo che si tratta sempre dello stesso Dio. Il versetto 8 e i seguenti lodano la provvidenza di Dio e la sua bontà; anche essi hanno un significato allegorico.

Teodoreto: per gli animali a servizio dell’uomo: è Dio che ha posto gli animali a servizio dell’uomo.

Origene: il corpo in questo caso è simbolo di tutti gli uccelli.

Eusebio i corvi. I loro genitori non li nutrono. Sono simbolo di coloro che non hanno altro padre al di fuori di Dio.

Crisostomo: nutre anche coloro che non sono buoni a nulla.

Atanasio: i piccoli dei corvi sarebbero simbolo delle genti.

11 Atanasio il Signore si compiace di coloro che sperano nella sua misericordia e non in quelli che si credono giusti.

Cassiodoro: il timore gradito a Dio è il timore unito a un grande amore e alla confidenza filiale. Questo salmo allude alla fine del mondo, tempo in cui le pietre vive saranno cementate nella basilica celeste e nell’eterna beatitudine. Allora ogni santo troverà troppo lieve la sua fatica passata: le lacrime avranno generato la consolazione, la persecuzione avrà generato il riposo eterno, la povertà abbracciata per Dio avrà procurato il regno dei cieli

Salmo 147

Alleluia

12 Loda, Gerusalemme, il Signore

loda il tuo Dio  Sion,

13 perché ha rafforzato le sbarre

delle tue porte, ha benedetto

i tuoi figli dentro di te.

14 Lui che ha posto la pace

come tuoi confini  e col midollo del frumento ti sazia,

15 che manda la sua parola alla

terra, veloce corre il suo detto.

16 Che dà la neve come lana,

sparge la nebbia come cenere.

17 Manda il suo ghiaccio

come bocconcini; di fronte al suo

freddo chi potrà resistere?

18 Manderà la sua parola e

scioglierà queste cose, soffierà il

suo spirito e scorreranno le acque.

19 Annuncia la sua parola

a Giacobbe, i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele

20 Non ha fatto così a nessuna nazione e i suoi

giudizi non ha manifestato a loro.

 

Da Sacy

Alleluia

12 Loda, Gerusalemme, il Signore

loda il tuo Dio  Sion,

13 perché ha rafforzato le sbarre

delle tue porte, ha benedetto

i tuoi figli dentro di te.

14 Lui che ha posto la pace

come tuoi confini  e col midollo del frumento ti sazia,

Loda, Gerusalemme, il Signore; Sion loda il tuo Dio, perché  fortifica le sbarre delle tue porte e benedice i figli che tu rinchiudi nel tuo recinto… Voi che abitate ora in Gerusalemme dopo essere stati liberati dalla schiavitù di Babilonia, voi popoli di Sion, lodate il Signore e rendetegli grazie come al vostro Dio, che vi riconosce per suo popolo e che avendovi così miracolosamente procurato la libertà di fabbricare di nuovo le mura della vostra città, malgrado tutte le opposizioni dei vostri nemici, ha reso le vostre porte invincibili a tutti i loro sforzi. A lui e non a voi stessi dovete attribuire una sorte così lieta, poiché egli ha colmato in Gerusalemme i tuoi figli di ogni sorta di beni, riunendo insieme in mezzo a te coloro che prima erano dispersi nei paesi stranieri. Non il tuo braccio, ma il braccio del Dio onnipotente ha reso tranquilli i tuoi stati. Egli dà la sua benedizione ai frutti della terra per farne ad essa produrre con abbondanza e per saziarti del miglior frumento. Nel parlare che faceva il profeta di Gerusalemme porgeva lo sguardo fino alla chiesa di Gesù Cristo, da essa figurata, e le dice secondo il Crisostomo: loda Santa città il Signore tuo Dio perché egli ti ha fortificata non con porte e sbarre ma con la virtù onnipotente della sua croce, allorché ti ha reso invincibile a tutte le porte e a tutte le potestà dell’inferno e allorché i principi e i popoli essendosi insieme uniti coi demoni per opprimerti non hanno potuto nuocerti con tutti i loro sforzi. Dio ha versato una abbondante benedizione sopra i tuoi figli che sono rimasti a te uniti. Egli con un miracolo della sua grazia faceva godere ai tuoi figli la pace dello Spirito Santo in mezzo alle guerre e alle persecuzioni suscitate contro loro ed ha finalmente stabilito il suo pacifico regno in tutta la terra allorché i loro imperatori si sono sottomessi alle tue leggi. Egli pure ti sazia del migliore frumento, cibandoti col pane di vita che è la sua parola e la sua carne sacrosanta.

15 che manda la sua parola alla

terra, veloce corre il suo detto.

Egli manda alla terra la sua parola e la sua parola corre veloce. Riconosci o Gerusalemme la onnipotenza e la infallibilità del comando del tuo Dio e non stupirti che egli ti abbia posto in salvo con la sua parola. Egli manda alla terra la sua parola e la sua parola corre veloce.  Questo passo si può in un senso spirituale intendere anche della predicazione della parola di Dio, poiché avendo il Signore mandato il suo Verbo sopra la terra, la parola che egli ha predicato da se stesso e mediante i suoi apostoli e discepoli ha percorso prontamente tutto l’universo. E per virtù di questa divina parola che percorreva tutta la terra, la Santa città, dice Sant’Ilario, figurata da Gerusalemme è stata edificata con pietre vive che sono i fedeli sparsi in tutto il mondo.

16 Che dà la neve come lana,

sparge la nebbia come cenere.

17 Manda il suo ghiaccio

come bocconcini; di fronte al suo

freddo chi potrà resistere?

18 Manderà la sua parola e

scioglierà queste cose, soffierà il

suo spirito e scorreranno le acque.

Dà neve come lana, sparge brina come cenere…Il profeta secondo Giovanni Crisostomo ci viene rappresentando la divina onnipotenza di cui aveva parlato. Non sono forse altrettanti miracoli questi sforzi naturali che sono mirabili, perché siano sempre esposti ai nostri occhi. La neve che egli fa cadere sulla terra come gomitoli di lana, la brina bianca che vi sparge come cenere, la grandine che fa piovere come granelli di ghiaccio sono prove della sua sovrana volontà che rende tutto ad un tratto, quando egli vuole, l’aria di un rigore e di un freddo insopportabili. Per un effetto ancora dello stesso potere assoluto il freddo così rigido, che rende solido l’elemento più liquido, cambia al punto che al primo soffio di vento meridionale la neve, la candida brina e il ghiaccio si liquefanno e scorrono in acqua. Quello che inoltre è degno di meraviglia è che la divina provvidenza fa rivolgere in utilità della terra le cose medesime che sembrerebbero ad essa più contrarie, quali sono la neve e la brina bianca e il ghiaccio, che sebbene siano di natura così fredda riscaldano in un certo modo i grani, servendo loro come di un vestimento di lana per coprirli, disseccando come la cenere e bruciando le erbe cattive che soffocherebbero il frumento. Ingrassano altresì la terra  facendo in essa come da alimento, allo stesso modo che il pane alimenta l’uomo. In questo modo continua a dire Giovanni Crisostomo tratta Dio i suoi servi e trattò Israele. Dopo che l’antica schiavitù di quel popolo poteva essere considerata come un inverno di un rigore e di un freddo insopportabile, quando ogni cosa era piena di nevi, di brine bianche e di ghiacci, quando piacque a Dio far soffiare, per così dire il vento propizio della sua bontà e della sua misericordia, tutti i ghiacci si liquefecero e tutte le cose furono ristabilite in una perfetta dolcezza con quella facilità con cui il soffio del vento meridionale riporta un’aria temperata e fa disciogliere in limpida onda tutti i ghiacci e tutte le nevi che ricoprono la terra nella stagione invernale. Come il più rigoroso freddo, come abbiamo detto, riesce utile ai frutti della campagna, così la lunga, penosa schiavitù di Israele diventò parimenti, a lui vantaggiosa per un effetto della divina misericordia, poiché mortificandolo ed umiliandolo sotto la mano dell’Onnipotente, lo rese idoneo a ricevere le sue grazie, delle quali si era prima reso immeritevole. È facile fare l’applicazione di questo esempio del popolo di Dio a tutti gli altri suoi servi. Chi potrebbe, dice Sant’Ilario, sostenere eternamente il rigore dell’inverno della vita presente e tutte le varie tribolazioni o tentazioni a cui sono esposti i più giusti? La via della vita è una via molto stretta e piena di croci e non si arriva al regno dei cieli se non superando una grande quantità di ostacoli e di tribolazioni. Ma questo inverno così rigido passerà e gli succederà un altro tempo di una grande serenità e di una perfetta dolcezza. Consoliamoci ricordando che la vita della nostra fede è molto più sicura sotto le nevi e sotto le brine che sono la prova e l’alimento della nostra virtù. Diciamo anche con un grande santo che, considerando il profeta tutta la terra come ricoperta delle nevi e dei ghiacci della sua infedeltà, con l’immagine di un vento soave, che Dio fa soffiare per sciogliere e far correre in acque gli stessi ghiacci, esprimeva egli mirabilmente ciò che doveva accadere, quando scendendo lo Spirito Santo sopra la Chiesa avrebbe distrutto con la carità del divino fuoco del suo amore i cuori di ghiaccio e induriti di tanti infedeli sparsi per tutta la terra.

19 Annuncia la sua parola

a Giacobbe, i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele

20 Non ha fatto così a nessuna nazione e i suoi

giudizi non ha manifestato a loro.

Egli annuncia la sua parola a Giacobbe, i suoi statuti e i suoi giudizi ad Israele. Non ha il Signore trattato in questo modo tutte le altre nazioni e non ha loro manifestato i suoi giudizi. Il popolo di Israele, disceso da Giacobbe, sopra tutte le altre nazioni ha il privilegio che il Signore gli ha annunciato la sua parola, i suoi precetti con la legge che gli ha dato, avendolo in ciò trattato con un amore del tutto singolare, non dimostrato da lui verso alcun altro popolo. Vero è, dice Giovanni Crisostomo, che tutti gli uomini avevano dentro di sé medesimi la legge scritta nell’intimo del loro cuore, la quale diceva loro quello che era e quello che non era buono. Ma i Giudei furono il solo popolo a cui egli si degnò di far conoscere in modo particolare la sua volontà con la legge scritta che diede loro. Questo, dice lo stesso Santo, li ha resi meritevoli di una maggiore condanna, quando non hanno essi temuto di violare, oltre la legge naturale, la legge scritta. Noi lasciamo che altri ne deduca la conseguenza contro i cristiani ai quali è toccata in sorte la fortuna di possedere la verità di cui quell’antico popolo non aveva che le ombre. Non avendo Dio loro parlato soltanto per mezzo di Mosè e degli altri profeti, come ai Giudei, ma avendo loro mandato il suo Verbo e la sua eterna parola, cioè il suo proprio Figlio, il disprezzo che essi fanno di una giustizia molto più perfetta, li renderà degni di un giudizio molto più terribile.

Da Agostino

Alleluia

12 Loda, Gerusalemme, il Signore

loda il tuo Dio  Sion,

Ascoltiamo ora qual sia la città cantata dal salmo. Ascoltiamo e cantiamo. E la gioia che proviamo all'udire le parole del salmo è già un cantico al nostro Dio. Non cantiamo infatti solamente quando con la voce e le labbra pronunziamo il cantico; anche all'interno c'è un cantico, come all'interno son rivolti gli orecchi di Qualcuno. Cantiamo con la voce per animare noi stessi: cantiamo col cuore per piacere a lui.

13 perché ha rafforzato le sbarre

delle tue porte, ha benedetto

i tuoi figli dentro di te.

Dice: Ha rafforzato le spranghe delle tue porte. Il rafforzamento delle spranghe non lo si predica di porte aperte ma chiuse; tant'è vero che alcuni codici leggono: Ha rafforzato le serrature delle tue porte.  Perché questo? Perché si è ancora sull'aia, non dentro al granaio. Loda in coro, Gerusalemme, il Signore; loda, Sion, il tuo Dio; poiché ha rafforzato le spranghe delle tue porte. Ha rafforzato, dice, non soltanto: Ha posto. Ha rafforzato le spranghe delle tue porte. Nessuno uscirà, nessuno entrerà. Godiamo perché nessuno potrà più uscire; temiamo, perché nessuno potrà più entrare. Anzi, nemmeno questo dovrai temere. Sono infatti, queste, parole che verranno dette quando sarai entrato: sii soltanto del numero di quelle vergini che portarono con sé l'olio .

14 Lui che ha posto la pace

come tuoi confini  e col midollo del frumento ti sazia,

Ha benedetto i tuoi figli in te. Chi? Colui che ha posto la pace nei tuoi confini Ci rallegriamo vivamente tutte le volte che l'amore per la pace strappa grida al vostro cuore… La pace è una realtà invisibile, e qual occhio può vederla sicché ne segua l'amore? Eppure non avreste applaudito verso di lei se non l'aveste amata. Son questi gli spettacoli di realtà invisibili che ci offre Dio. Di quanta bellezza non ha colpito il vostro cuore l'idea della pace! E cosa potrò io aggiungere in tema di pace o a lode della pace? Orbene, cercate e desiderate sempre questa pace che, appena vi è stata nominata s'è visto quanto l'amiate e teniate cara. Abbiate a cuore la pace in casa, nel lavoro, con la moglie, con i figli, con i servi, con gli amici e con i nemici.

15 che manda la sua parola alla

terra, veloce corre il suo detto.

Egli invia la sua parola alla terra, e la sua parola venne sulla terra. In che maniera? Al limite della velocità. Non dice: La sua parola è veloce ma: Al limite della velocità corre la sua parola. .. Ingigantisci quanto ti pare la velocità della parola. È più veloce di questo e di quell'elemento, più degli uccelli, più del vento, più dell'angelo.

16 Che dà la neve come lana,

sparge la nebbia come cenere.

Egli infatti dà la neve come la lana. Che significa: Come la lana? Eccolo. Della neve che ha dato, cioè di questa gente ancora pigra e fredda spiritualmente che egli ha predestinata, egli farà qualcosa. La lana infatti serve per confezionare vestiti, e quando si vede la lana è come un'anticipazione della veste. Avendo dunque Dio predestinato coloro che per un certo tempo strisciano freddi sopra la terra e non ardono ancora dello spirito di carità (parla infatti ancora della predestinazione), Dio ha reso questi tali come lana. Da loro ricaverà una veste.

17 Manda il suo ghiaccio

come bocconcini; di fronte al suo

freddo chi potrà resistere?

Manda il suo ghiaccio come pezzi di pane. Ricordiamo come quella sua neve raffigura i predestinati, e quella sua nebbia quei predestinati alla salvezza, che vengono chiamati alla penitenza. Così, in certo qual modo, è del suo ghiacciaio. Cos'è un ghiacciaio? Neve molto dura, molto congelata, tanto che non si scioglie così facilmente come la neve comune. La neve indurita col passare di molti anni o di secoli uno dopo l'altro si chiama ghiacciaio. Questo ghiacciaio Dio ci invia come tozzi di pane. Che significa? Ci sono stati dei tipi assai duri, da paragonarsi non alla neve ma al ghiacciaio. Eppure furono anche loro predestinati e chiamati; anzi alcuni di loro ricevettero l'incarico di pascere gli altri e di contribuire all'utilità altrui. E che bisogno c'è di elencare i molti che forse noi stessi abbiamo conosciuti? di ricordare questo o quello? Basta che ci pensiamo un istante e subito ce ne vengono in mente, fra le persone stesse da noi conosciute: gente dura, ostinata e resistente di fronte alla verità. Eppure adesso predicano la verità: son diventati pezzi di pane.

18 Manderà la sua parola e

scioglierà queste cose, soffierà il

suo spirito e scorreranno le acque.

Invierà la sua parola e li squaglierà. Che significa li squaglierà?  Vuol dire: Li struggerà, li scioglierà. Essi son duri a causa della superbia. E giustamente la superbia è chiamata irrigidimento, e tutto ciò che è rigido è anche freddo. Quando gli uomini si sentono intirizzire dal freddo, dicono: Sono irrigidito. Quindi la superbia è un irrigidimento; ma invierà la sua parola e li squaglierà. In effetti quando sui mucchi di neve si spande il calore [del sole] si liquefanno e abbassano.

19 Annuncia la sua parola

a Giacobbe, i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele

20 Non ha fatto così a nessuna nazione e i suoi

giudizi non ha manifestato a loro.

Annunzia la sua parola a Giacobbe, le sue giustizie e i suoi giudizi ad Israele. Quali giustizie e quali giudizi? Annunzia che quanto il genere umano ha patito quaggiù nei periodi antecedenti, quando cioè era neve nebbia e ghiacciaio, lo ha patito a motivo della superbia e della ribellione contro Dio. Non l'ha annunziato alla totalità delle genti ma solo a Giacobbe, a Israele? Dove saremmo noi? Nella persona di Giacobbe e d'Israele.

Dai Padri

Atanasio: Gerusalemme, tu che sei “visione di pace”, loda il Signore!

Ilario insiste sulla pace che è il luogo del Signore e il nome di Gerusalemme.

Ruperto: tutti i dispersi che sono stati riuniti, tutti i feriti che sono stati salvati, tutte le stelle che sono state chiamate per nome e contate, formano una sola città: la Gerusalemme celeste. Il salmista li invita ora alla lode: loda, Gerusalemme, il Signore, loda il tuo Dio! E infine quando i cori sono, per così dire, completamente fusi, questa moltitudine intona la lode universale, tutte le creature di Dio uniscono ad essa la loro voce in un inno ininterrotto che comprende anche i tre ultimi salmi.

2 Origene: le porte di Gerusalemme sono le virtù; le porte di Babilonia sono i vizi.

Atanasio: le sbarre delle tue porte: è la potenza degli apostoli.

Girolamo: come vorrei essere una porta di Sion per respingere gli eretici!

Cassiodoro: un giorno queste porte saranno chiuse non come quelle di una prigione, ma saranno chiuse sulla beatitudine eterna. Nessun santo uscirà da questa beatitudine e nessun nuovo arrivato vi entrerà più. Nessuno potrà più perdere la beatitudine e nessuno ne vorrà più uscire.

2 Origene: il Signore benedice i figli che sono in te; e non quelli che ancora non sono voluti tornare a te col pentimento.

Crisostomo li ha moltiplicati in te: non sono più dispersi, divisi, ma sono riuniti in te.

3 Origene: fuori dal territorio di Gerusalemme non c’è pace.

Crisostomo: tutto il tuo territorio, tutto il tuo popolo sono in pace. Il tempo presente: pace è senza fine.

Teodoreto: la pace la circonda da ogni lato.

3 Origene: il midollo del frumento. Il grano di frumento è il Salvatore: tale è il grano con cui Dio sazia Gerusalemme.

Teodoreto: midollo del frumento: tutti i beni messianici.

Cassiodoro: midollo del frumento: il Cristo. E se fin da quaggiù il Cristo ci dà forza dandoci da mangiare il suo corpo, come sazierà lassù coloro che avrà riempito di tutta la luce della sua divinità?

Girolamo: ti nutre di sé, lui che è il grano caduto in terra. Il pane è, a un tempo, il corpo di Cristo e il suo insegnamento.

Crisostomo: la terra: il mondo intero. Il suo Verbo corre veloce per la predicazione degli apostoli.

Ilario: per costruire la città di Dio, il Verbo di Dio percorre la terra. La predicazione degli apostoli si è diffusa rapidamente.

5 Ilario: questi versetti simboleggiano la sofferenza sulla terra. Ma Dio annienta tutte le sofferenze e avremo il riposo e la felicità. Dopo i rigori della notte di questo mondo, verrà ciò che non possiamo né descrivere né immaginare.

Atanasio: la sua parola è il Figlio unigenito.

Cassiodoro: l’incarnazione. Il Verbo incarnato fa fondere tutto il ghiaccio dei versetti precedenti: non c’è chi si nasconderà al suo calore (Salmo 18,6).

Baldovino di Ford: il sole diviene più caldo allorché  il nostro cuore si infiamma del desiderio dell’amore divino.

Atanasio: ha manifestato il Figlio al popolo più piccolo, di cui Giacobbe è il simbolo.

Cassiodoro gli ultimi quattro salmi hanno tutti come titolo alleluia: il loro unico oggetto è la lode di Dio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 148

( Alleluia )

1 Lodate il Signore dai cieli

lodatelo nei cieli altissimi.

2 Lodatelo, voi tutti angeli

suoi, lodatelo voi tutte sue schiere.

3 Lodatelo sole e luna,

lodatelo voi tutte stelle e luce.

4 Lodatelo, cieli dei cieli

e  acqua che è al di sopra del cielo.

5 Lodino il nome del Signore,

perché egli disse e le cose furono

fatte, egli comandò e furono create.

6 Le ha stabilite nel secolo e nel secolo del secolo.

Ha posto un precetto e non passerà.

7 Lodate il Signore dalla terra,

voi draghi e tutti gli abissi,

8 fuoco, grandine, neve, ghiaccio,

vento di tempeste che eseguono la sua parola.

9 Voi monti e colli tutti,

alberi fruttiferi e tutti i cedri,

10 voi fiere e tutti gli animali,

rettili e uccelli alati.

11 I re della terra e i popoli tutti,

i principi e tutti i giudici della terra,

12 giovani e vergini,

anziani e giovanetti

lodino il nome del Signore,

13 perché è  esaltato il nome di lui solo.

14 La sua confessione  nel cielo

e sulla  terra e lo esalterà

il corno del suo popolo:

un inno da tutti i suoi santi

dai figli di Israele, dal popolo

che si avvicina a lui.

 

Da Sacy

 

( Alleluia )

1 Lodate il Signore dai cieli

lodatelo nei cieli altissimi.

2 Lodatelo, voi tutti angeli

suoi, lodatelo voi tutte sue schiere.

3 Lodatelo sole e luna,

lodatelo voi tutte stelle e luce.

4 Lodatelo, cieli dei cieli

e  acqua che è al di sopra del cielo.

5 Lodino il nome del Signore,

perché egli disse e le cose furono

fatte, egli comandò e furono create.

6 Le ha stabilite nel secolo e nel secolo del secolo.

Ha posto un precetto e non passerà.

Un cuore pieno d’amore e veramente grato desidera avere molti compagni nelle lodi e nei rendimenti di grazie che porge al Signore. Per questo il santo profeta invita tutte le creature ad unirsi a lui per lodare insieme il loro Creatore. Un santo vescovo ci fa osservare altre ragioni che l’hanno indotto a così fare. Innanzitutto invitando il sole e la luna, le stelle, la luce, i cieli dei cieli, cioè i cieli più sublimi e le acque che stanno sopra i cieli, ha voluto abbattere l’errore di quelli che hanno osato affermare che il mondo si trovò fatto, tale e quale lo vediamo, per un puro accidente. In secondo luogo ha egli confutato la stravaganza di alcuni altri che si sono immaginati che questo mondo sia un Dio che si muove e che da se stesso si dà tutti i movimenti così regolati che sono oggetto delle nostre ammirazioni. In terzo luogo ha egli confuso l’ignoranza di molti popoli che si sono fatti vari numi di alcune parti di questo mondo. Il profeta ha dunque tolto ogni pretesto all’ignoranza e all’errore, allorché invitando i cieli, sole, luna le stelle… a lodare Dio, ne rende sul fatto stesso la ragione con le seguenti parole: perché, dice, al suo parlare queste cose furono fatte, al suo comando furono create; e perciò esse non sono né l’opera del caso né propria opera loro e tutte essendo creature del Signore non solo non devono essere onorate come dei, ma sono destinate a lodare il loro Creatore cioè a far conoscere agli uomini con la loro bellezza che Dio solo merita le lodi di tutti gli spiriti celesti e di tutti gli uomini.

7 Lodate il Signore dalla terra,

voi draghi e tutti gli abissi,

8 fuoco, grandine, neve, ghiaccio,

vento di tempeste che eseguono la sua parola.

9 Voi monti e colli tutti,

alberi fruttiferi e tutti i cedri,

10 voi fiere e tutti gli animali,

rettili e uccelli alati.

Il profeta passa dal cielo alla terra e nominando le creature sia animate che inanimate fa conoscere a tutti gli uomini che invece di servirsi delle sue creature per offendere Dio devono al contrario trarne continuo motivo di lode secondo il disegno avuto da Dio nel crearle. Fra tutte le creature che devono spingerci a lodare Dio sembra che il profeta nomini innanzitutto quelle che ci sono contrarie o nemiche, quali sono i draghi, i serpenti, la grandine, il ghiaccio, la tempesta . Questo egli fa perché conosca l’uomo che Dio è ugualmente creatore di tutte le cose; che i serpenti stessi e le altre bestie  più feroci e più crudeli occupano il loro posto nel mondo e contribuiscono, come le ombre nel quadro, a farne risaltare maggiormente la bellezza e l’ordine così ammirabile. Esse ci rimproverano in un certo modo la nostra disobbedienza agli ordini di Dio, con la inviolabile fedeltà con cui eseguono il suo comando, quantunque siano senza ragione. Ogni volta, dice Giovanni Crisostomo, che voi vedrete con tremore o draghi, o mostri marini, o serpenti o leoni, ricordatevi con dolore dello stato di innocenza in cui Dio vi aveva creati, perché regnaste con sovrano impero su tutte quelle bestie; stato da cui siete decaduti per il peccato. Se tutte le creature, se le bestie che sono sopra la terra nelle acque e nei mari, se le cose stesse inanimate ed insensibili, tutte devono lodare il Signore quanto più obbligati a lodarlo sono gli uomini, per i quali è stato creato tutto l’universo!

13 perché è stato esaltato il nome di lui solo.

14 La sua confessione  nel cielo

e sulla  terra e lo esalterà

il corno del suo popolo:

un inno da tutti i suoi santi

dai figli di Israele, dal popolo

che è  vicino a lui.

Il cielo e la  terra sono segni della gloria del Signore e motivo di lode. Egli deve essere particolarmente lodato per aver esaltato la potenza del suo popolo sopra tutti i suoi nemici. Sia dunque egli lodato da tutti i suoi santi, cioè da tutti quelli che sono da lui santificati e consacrati al suo servizio e che altri non sono secondo il senso letterale che i figli di Israele. Dal momento che San Paolo ci ha dichiarato che tutti quelli che discendono da Israele non sono perciò stesso israeliti e che quelli che sono figli di Abramo secondo la carne non sono perciò stesso figli di Dio, noi possiamo dire con i santi padri che la lode del Signore, di cui qui si parla, conviene propriamente a quelli che sono santi, ai veri figli di Israele secondo lo spirito della fede, al popolo che essendo stato un tempo lontano da Dio per i suoi delitti,  si è a lui avvicinato per effetto della sua grazia: popolo che non si è accontentato di onorarlo con le  labbra ma gli ha dato l’amore del suo cuore. In questa lode ed interiore pietà consiste principalmente la lode dovuta a Dio, il quale  dichiara di rigettare quella delle persone che hanno il cuore da lui lontano anche se pronunciano con la bocca le sue lodi.

 

Da Agostino

( Alleluia )

1 Lodate il Signore dai cieli

lodatelo nei cieli altissimi.

Nella nostra vita dobbiamo pensare costantemente alla lode di Dio, poiché l'eterno giubilo della nostra vita futura sarà la lode di Dio, e nessuno può essere in grado di vivere la vita futura se al presente non vi si sarà allenato. Al presente quindi noi lodiamo Dio ma insieme lo supplichiamo; e, se la lode ci procura godimento, la preghiera include gemito. Ci è stato promesso qualcosa che ora non possediamo e, siccome l'autore delle promesse è veritiero, godiamo nella speranza; per il fatto però che non siamo nel possesso, gemiamo di desiderio. Buon per noi se persevereremo in questo desiderio finché non conseguiamo ciò che ci è stato promesso, quando ogni gemito sarà passato e al suo posto subentrerà la sola lode. Son due periodi: uno quello attuale, pieno di tentazioni e tribolazioni quante ce ne riserva la vita presente, l'altro quello dell'aldilà, nella tranquillità e nella gioia eterna. In rapporto a questi due periodi è stata anche introdotta nelle nostre costumanze ecclesiastiche la celebrazione di due tempi [liturgici]: uno prima e, un altro dopo Pasqua. Il periodo che precede la Pasqua raffigura la tribolazione in cui ci troviamo al presente; quello che invece celebriamo adesso, dopo Pasqua, raffigura la beatitudine, in cui saremo nell'eternità. Pertanto, quel che celebriamo prima di Pasqua è il tempo che trascorriamo adesso, invece quel che celebriamo dopo Pasqua è una anticipazione figurativa di ciò che non possediamo. Proprio per questo trascorriamo quel [primo] tempo in digiuni e preghiere, mentre nel periodo pasquale, ridotti i digiuni, indugiamo piuttosto nelle lodi [di Dio]. Questo indica l'Alleluia che cantiamo: parola che, come ben sapete, in latino si traduce con " Lodate il Signore ". Quel periodo precede la resurrezione del Signore, questo la segue, e raffigura la vita futura che ancora non possediamo.

Lodate il Signore dai cieli. Esorta gli abitanti del cielo a levarsi e cantare la lode del Signore, quasi che li abbia trovati in silenzio. Gli esseri celesti non interrompono mai la lode del loro CreatoreIl salmista comincia dal cielo. Tutte le creature lo lodano e lui dice: Lodate.

Se già lo lodano, perché dire: Lodate? Perché gioisce di questa lode tributata dalle creature e vuol come aggiungere il suo incoraggiamento.

2 Lodatelo, voi tutti angeli

suoi, lodatelo voi tutte sue schiere.

Lodate il Signore dai cieli: lodatelo negli eccelsi. Prima menziona il cielo, poi la terra.  Le realtà celesti sono tranquille, in pace. In cielo continua è la gioia, assente la morte, assenti la malattia e ogni molestia. I beati lodano sempre Dio. Quanto a noi invece siamo sulla terra; tuttavia ogni volta che pensiamo come Dio venga lodato in cielo, collochiamo lassù il nostro cuore, e non ascoltiamo infruttuosamente l'invito: In alto i cuori! Eleviamo fino al cielo il cuore, affinché non imputridisca sulla terra, se ci piace partecipare a quel che lassù fanno gli angeli. Adesso siamo in cielo con la speranza; più tardi, quando vi saremo arrivati, con il possesso effettivo.

3 Lodatelo sole e luna,

lodatelo voi tutte stelle e luce.

4 Lodatelo, cieli dei cieli

e  acqua che è al di sopra del cielo.

5 Lodino il nome del Signore,

perché egli disse e le cose furono

fatte, egli comandò e furono create.

Lodatelo, voi tutti, suoi angeli; lodatelo, voi tutte sue schiere. Lodatelo, sole e luna; lodatelo, voi tutte, stelle e luce. Lodatelo, o cieli dei cieli, e le acque che sono al di sopra dei cieli lodino il nome del Signore. Come elencare tutte le cose passandole in rassegna? Intanto però ha redatto come un compendio che include, ristrette, quasi tutte le cose e in tal modo ha abbracciato tutte le creature celesti che lodano il loro Creatore.

6 Le ha stabilite nel secolo e nel secolo del secolo.

Ha posto un precetto e non passerà.

Li ha stabiliti nel secolo e nel secolo del secolo. Egli ha dato stabilità a tutti gli esseri celesti, a tutti gli esseri superiori, a tutte le virtù e gli angeli. Ha fondato una città celeste, buona, santa, beata. Da tale città noi siamo esuli e per questo siamo anche miseri. Dovendovi però tornare, siamo beati nella speranza e quando vi saremo effettivamente giunti saremo beati nella realtà. Li ha stabiliti nel secolo e nel secolo del secolo: ha posto un precetto che non cadrà. Quale precetto pensate possano avere gli esseri celesti e gli angeli santi? quale precetto avrà loro dato Iddio? Quale, se non quello di lodarlo? Beati coloro la cui occupazione è lodare Dio!

7 Lodate il Signore dalla terra,

voi draghi e tutti gli abissi,

Terminate le lodi delle creature celesti, è ora ormai che si volga a quelle terrene. Lodate il Signore dalla terra. Come infatti aveva cominciato la parte precedente? Lodate il Signore dai cieli , e aveva elencato le creature celesti. Ascolta ora la enumerazione di quelle terrestri. Draghi e tutti gli abissi. Gli abissi sono le profondità delle acque: appartengono all'abisso tutti i mari e l'atmosfera caliginosa che ci attornia. L'ambiente dove si trovano le nubi, i venti, le tempeste, le piogge, i fulmini, i tuoni, la grandine, la neve e tutto ciò che Dio vuole avvenga sulla terra traendolo da quest'atmosfera umida e caliginosa, tutto questo l'ha chiamato col nome di terra… Lodate il Signore dalla terra, draghi e tutti gli abissi. I draghi vivono presso le acque, escono dai loro antri e si librano nell'aria, tanto che a causa loro si creano turbini nell'aria. Animali giganteschi son questi draghi, né sulla terra c'è sorta di animali più grandi di loro. Per questo comincia la sua rassegna con draghi e tutti gli abissi. Gli abissi sono grotte dove si nascondono le acque; da essi nascono le fonti e i fiumi, dei quali alcuni scorrono sopra la terra, mentre altri fluiscono nascosti sotto terra. Tutto questo, cioè tutta la sostanza umida delle acque, insieme col mare e gli strati inferiori dell'atmosfera, si chiama abisso o abissi; ed è lì che vivono i draghi e lodano Dio. Ma cosa? crederemo davvero che i draghi formino dei cori per lodare Dio? No di certo! Si tratta di voi, che, considerando i draghi, elevate la mente all'Artefice dei draghi, al Creatore dei draghi, e ammirando i draghi dite: Grande è Iddio che ha fatto opere di questo genere. In tal modo, cioè attraverso la vostra voce, i draghi lodano Dio.

8 fuoco, grandine, neve, ghiaccio,

vento di tempeste che eseguono la sua parola.

Fuoco, grandine, neve, ghiaccio, venti di tempesta, che eseguono la sua parola. Perché ora ha aggiunto: Che eseguono la sua parola? Gente tanto numerosa quanto priva di senno, trovandosi nell'incapacità di contemplare le varie creature distinguendo di ciascuna il posto e l'ordine suo proprio, come pure il moto che percorre in conformità col volere e il comando di Dio, s'è creata la persuasione che Dio governi, sì, le creature superiori ma non calcoli le inferiori, anzi le scansi da sé e le tenga lontane, al segno che non se ne curi, non le governi né le diriga. Esse sarebbero rette dal caso, come e fin dove è possibile… Chi ha disposto le membra della pulce e della zanzara, sì che abbiano un loro ordine, una loro vita, un loro moto? Considera un animaletto, il più piccolo, il più minuto che ti pare. Se esamini attentamente l'ordine delle sue membra e l'animazione vitale per cui si muove vedrai come rifugga dalla morte, ami la vita, cerchi i piaceri, eviti gli incomodi, tenga in esercizio i diversi sensi, goda di un moto a sé rispondente. Chi ha dato alla zanzara l'aculeo con cui succhia il sangue? Quant'è sottile questo filo con cui sorbisce [i liquidi]! Chi ha disposto queste cose? chi le ha fatte? Ti atterriscono le cose infinitamente piccole; loda colui che è grande. Tenetevi saldi a queste verità, miei fratelli!

9 Voi monti e colli tutti,

alberi fruttiferi e tutti i cedri,

10 voi fiere e tutti gli animali,

rettili e uccelli alati.

11 I re della terra e i popoli tutti,

i principi e tutti i giudici della terra,

12 giovani e vergini,

anziani e giovanetti

lodino il nome del Signore,

Dice quindi, invitando tutti a lodare il Signore: Monti e colline tutte, piante da frutto e cedri tutti; fiere e armenti tutti, rettili e uccelli pennuti. Poi, rivolto agli uomini, i re della terra e i popoli tutti, i principi e i giudici tutti della terra; i giovani e le vergini, i vecchi e i fanciulli lodino il nome del Signore. È così esposta diffusamente la lode che deve levarsi dal cielo e quella che deve levarsi dalla terra.

13 perché è stato esaltato il nome di lui solo.

Poiché solo il suo nome è esaltato. Nessun uomo cerchi l'esaltazione del suo nome. Vuoi essere esaltato? Assoggettati a colui che non può essere abbassato. Solo il suo nome è esaltato.

14 La sua confessione  nel cielo

e sulla la terra e lo esalterà

il corno del suo popolo:

un inno da tutti i suoi santi

dai figli di Israele, dal popolo

che è vicino a lui.

Che significa: La sua confessione sulla terra e nel cielo? Forse la confessione che esce dalle labbra di lui? No; ma quella per la quale tutte le creature lo confessano, tutte gridano. Loro voce è, in certo qual modo, la bellezza che tutte posseggono e con cui confessano Dio. Il cielo grida a Dio: Tu mi hai fatto, non sono stato io a farmi. La terra grida: Tu mi hai modellato, non io. Come gridano queste creature? Ogni volta che l'uomo le considera e scopre queste verità. Gridano con la tua ricerca, gridano con la tua voce. La sua confessione sulla terra e nel cielo. Osserva il cielo: è bello; osserva la terra: è bella; tutt'e due insieme sono assai belli. Ebbene, lui li ha fatti e li dirige, dal suo cenno sono governati; lui sospinge il corso delle stagioni, stabilisce i momenti e li stabilisce da se stesso. Tutti questi esseri dunque lo lodano, sia che stiano fermi sia che si muovano, sia che si tratti della terra quaggiù sia che si tratti del cielo su in alto; sia col loro invecchiarsi sia col loro rinnovarsi. Quando tu osservi queste creature e ne godi e ti sollevi all'Artefice di tutto e dalle cose create per via d'intelletto contempli i suoi attributi invisibili , allora si leva la sua confessione sulla terra e nel cielo. Cioè: tu confessi a lui procedendo dalle creature tanto del cielo quanto della terra… Ed esalterà il corno del suo popolo. Ecco cosa profetizzavano Aggeo e Zaccaria. Adesso il corno del suo popolo è abbassato, trovandosi nella trebbiatura, nella tribolazione, nella tentazione, costretto a battersi il petto. Quando esalterà il corno del suo popolo? Quando verrà il Signore e sorgerà il nostro sole: non il sole visibile con gli occhi che si leva sui buoni e sui cattivi , ma il sole del quale è detto: Per voi che temete il Signore sorgerà il sole della giustizia, e la sanità sulle sue penne . Di questo sole diranno un giorno i superbi e gli empi: Il lume della giustizia non ci illuminò, e il sole non è sorto per noi . Quella sarà la nostra estate. Adesso che siamo nella stagione invernale i frutti sono nella radice e non sono visibili: d'inverno, infatti, guardi gli alberi e ti sembrano secchi. Chi non ha l'occhio assuefatto potrebbe pensare che quella vite sia ora un arido sterpo e, forse, lì vicino ce n'è un'altra che per davvero s'è seccata. D'inverno son due piante simili, eppure l'una vive, l'altra è morta. La vita dell'una e la morte dell'altra sono però occulte d'inverno; quando arriverà l'estate, apparirà in pieno splendore la vita dell'una come pure si manifesterà la morte dell'altra. Ecco spuntare la dovizia delle foglie, la fecondità dei frutti. La vite si veste in modo palese di ciò che teneva nascosto nella radice. Così è di noi, fratelli. Adesso siamo simili a tutti gli altri uomini. Gli uomini nascono, mangiano, bevono, si vestono, tirano avanti la vita. Così i santi..

Dai Padri

Gregorio di Nissa: Davide dice che Dio è lodato da tutte le potenze, e ancora da tutto ciò che c’è nel cielo: la luce delle stelle, il sole, luna, il cielo dei cieli e le acque al di sopra dei cieli. Il respiro comune, l’armonia di tutti questi elementi nell’ordine e nella bellezza perfetta, sono la prima e vera musica. Il mondo intero è una musica, di cui l’autore e l’artista è Dio. Questo canto della vita guarisce la nostra natura. La sua melodia è come un simbolo che ci sollecita a volgerci a un’esistenza più elevata. Nei suoni della sua armonia ci comunica un segreto, per placare i turbamenti dell’animo.

1 Origene: il cielo è, in questo caso, la creatura dotata di ragione.

Ilario: tutta la creazione che è stata liberata dalle fatiche e respira nel regno dell’eternità, assunta essa stessa nella gloria della beatitudine, infine saziata e felice, canta al suo Dio. Infatti la creazione stessa attende la manifestazione dei figli di Dio… Essa stessa sarà liberata dalla schiavitù e assunta nella libertà della gloria dei figli di Dio (Romani 8,19).

Girolamo: la natura umana da sola non basta per lodare Dio; dai cieli: voi, angeli ed eletti del cielo.

3 Atanasio gli elementi naturali hanno obbedito a Dio e lo hanno servito in ogni circostanza: nel diluvio, all’ascensione, al battesimo.

Eusebio: tutte queste creature non hanno il dono della parola per lodare Dio, ma Dio ordina agli uomini di guardare la sua creazione, di riconoscervi la sapienza del Creatore e di celebrarla con inni.

Girolamo: sole, luna e stelle lodano il Signore, non allontanandosi ma dal compito che è stato loro assegnato. Il loro servizio è la lode di Dio.

5 Eusebio: lodino come loro re il nome di Gesù Cristo, il Verbo di Dio.

Ilario: egli disse: nulla è fortuito, nulla è lasciato al caso: la materia non ha una esistenza eterna.

Girolamo: ha dato un ordine al sole e anche dopo tanti anni, il sole non è mai venuto meno a questa sua obbedienza.

9 Girolamo: gli alberi danno il loro frutto meglio di noi.

14 Ilario: questo inno è quello dei santi che si avvicinano a Dio. Lodano Dio e gli rendono grazie per la beatitudine che è stata resa perfetta in loro.

 

 

 

 

 

Salmo 149

( alleluia )

1 Cantate al Signore un canto nuovo,

la sua lode nell’assemblea dei santi.

2 Gioisca Israele in colui che lo fece

e i figli di Sion esultino nel loro re.

3 Lodino il suo nome

in coro, col timpano e l’arpa

salmeggino a lui.

4 Perché si compiace il Signore del suo popolo,

ed esalterà i miti nella salvezza.

5 Esulteranno i santi nella gloria,

gioiranno nei loro giacigli.

6 Le esaltazioni di Dio nella loro

bocca e spade a due tagli nelle loro mani.

7 Per fare vendetta tra le genti,

castighi fra i popoli;

8 per legare in ceppi i loro re

e i loro nobili in catene di ferro.

9 Perché si esegua su di essi il giudizio

scritto: questa è la gloria per tutti i suoi santi.

 

Da Sacy

1 Cantate al Signore un canto nuovo,

la sua lode nell’assemblea dei santi.

2 Gioisca Israele in colui che lo fece

e i figli di Sion esultino nel loro re.

3 Lodino il suo nome

in coro, col timpano e l’arpa

salmeggino a lui.

4 Perché si compiace il Signore del suo popolo,

ed esalterà i miti nella salvezza.

Il nuovo inno di cui parla qui il profeta e che egli chiede al popolo di Dio, per attestare la sua riconoscenza verso il suo divino legislatore è un inno eccellente, composto per questa speciale occasione che esprime in una maniera nuova i favori da essi ricevuti. Il profeta pone pure l’eccellenza di un tale inno nell’assemblea di quelli che lo cantano tutti insieme, poiché l’unione innanzitutto dei cuori forma un concerto gradito Dio e veramente santo. Egli vuole che si rallegrino  non già in se stessi ma nel loro artefice supremo che è il Cristo, il quale li ha fatti quello che sono ed è il fondamento della loro letizia non solo nell’averli creati, ma assai più nell’aver voluto essere loro re e riconoscerli per popolo suo. Ora questa allegrezza, secondo la riflessione di Giovanni Crisostomo, ci indica che bisogna che il rendimento di grazie sia accompagnato da ardore e da amore e che tutto intero si consacri a Dio colui che accinge a lodarlo degnamente. In quanto agli strumenti di cui qui si parla alcuni si spiegano in senso spirituale e dicono che il cembalo significa la mortificazione della carne e il Salterio, che si suonava nella parte superiore, significa l’elevazione della nostra mente verso il cielo: cose che sono necessarie a rendere perfetta la lode dovuta a Dio. San Giovanni Crisostomo dichiara di essere del parere che lo spirito rozzo e carnale di quell’antico popolo, uscito poco prima dall’idolatria, rendeva in un certo modo necessario l’uso degli strumenti e che come Dio aveva permesso una moltitudine innumerevole di sacrifici, aveva parimenti concesso l’uso dei timpani e di tutti gli altri strumenti musicali per pura accondiscendenza e per volersi adattare alla loro debolezza. Dal momento che Dio è puro spirito non è egli propriamente lodato né glorificato se non dall’amore e dall’adorazione del cuore, che sono cose puramente spirituali e degne di lui. Tutto ciò che è esteriore e corporale non può riuscirgli accettevole se non in quanto gli viene offerto sopra l’altare di un cuore infiammato dalla carità. Qual è dunque la ragione addotta dal profeta per esigere un inno nuovo dal popolo di Dio? Perché, dice egli, Dio si compiace del suo popolo. Quale altra sorte si può paragonare a quella di un popolo eletto da Dio per sua pura bontà ad essere interamente suo, da lui continuamente onorato dei suoi favori e che Egli ha deciso di innalzare sopra gli altri popoli, purché esso con la sua umile mansuetudine si renda degno di ricevere la salute che gli è preparata? L’argomento però di tutte le lodi che i veri Israeliti danno a Dio è per l’appunto l’infinita misericordia con cui gli è piaciuto separarli da tanti altri popoli per essere in una maniera particolare il loro Dio e il loro re. E non devono essi mai dimenticare le parole del profeta: che il Signore li esalterà per la loro salvezza se sono mansueti ed umili, se umilmente si mantengono sottomessi sotto la sua mano onnipotente e se come gli antichi israeliti non si insuperbiscono della loro esaltazione. Poiché ci sono molti che sono esaltati per la loro perdizione e non per la loro salvezza: sono coloro che non pensano ad umiliarsi tanto innanzi a Dio, quanto Dio li esalta dinanzi agli uomini.

5 Esulteranno i santi nella gloria,

gioiranno nei loro giacigli.

6 Le esaltazioni di Dio nella loro

bocca e spade a due tagli nelle loro mani.

7 Per fare vendetta tra le genti,

castighi fra i popoli;

8 per legare in ceppi i loro re

e i loro nobili in catene di ferro.

Esulteranno i santi in gloria: si rallegreranno nel riposo dei loro letti. Le lodi del Signore saranno sempre nella loro bocca: i santi nella gloria si rallegreranno nel riposo dei loro letti. Le lodi del Signore saranno sempre nella loro bocca. I santi o pii, secondo il senso storico e letterale, sono anche gli Israeliti che Dio aveva santificato con la circoncisione, perché fossero il suo popolo. Dice dunque il profeta che essendo diventati mansueti ed umili e sottomessi alla volontà di Dio egli li colmerà di gloria in faccia ai loro nemici e procurerà loro una pace perfetta, facendoli innanzitutto riposare nei loro letti, senza alcun timore di quelli che li avevano fino ad allora perseguitati. Le lodi del divino loro protettore saranno sempre nella loro bocca. I santi o pii, secondo il senso storico letterale sono ancora gli israeliti che Dio aveva santificato con la circoncisione perché fossero il suo popolo. Dice dunque il perché verranno convinti, che non era merito delle loro proprie armi né delle loro forze ma un effetto dell’aiuto di Dio se godevano uno stato di tale sicurezza… Le spade a due tagli che essi devono avere nelle loro mani  significano e la potenza che Dio doveva dare a loro contro tutti i loro nemici e la maniera in cui li avrebbe stabiliti nel riposo di cui si è parlato. La sicurezza e il riposo del popolo di Dio poggia su un conflitto continuo in cui Dio rende invincibili ponendo fra le mani spade a due tagli, cioè spade che sbranino per ogni lato i loro nemici a cui essi non possono resistere. Per questo il santo profeta aggiunge subito: che essi si sarebbero vendicati delle nazioni e avrebbero castigato i popoli, che avrebbero legato il loro re con ceppi e i loro nobili con manette di ferro. Tutto ciò che qui si dice si spiega in un senso spirituale anche della gloria e della potenza in cui saranno stabiliti i santi dopo i patimenti di questa vita, allorché godendo un perfetto riposo, che può esserci indicato dai letti, riceveranno essi dal Signore spade a due tagli, cioè un pieno potere nel giorno finale per giudicare insieme con Cristo le nazioni e i principi che li hanno perseguitati, per richiamarli e convincerli  della loro ingiustizia e condannarli a un castigo eterno. Molti cercano quaggiù il riposo di questi letti. Gli uni vorrebbero non aver più a combattervi e gli altri desidererebbero abitarvi come in un luogo di riposo dicendo quello che disse Pietro sulla montagna: è bene per noi essere qui. Ma costoro non sanno cosa chiedono. I letti dei santi non si trovano sulla terra dove non c’è che affanno, miseria e conflitti, ma nell’altra vita, ove ogni guerra avrà fine e ove Dio li farà eternamente riposare di tutte le loro fatiche.

9 Perché si esegua su di essi il giudizio

scritto: questa è la gloria per tutti i suoi santi.

Aveva Dio espresso nelle sue Scritture che egli avrebbe vendicato alla fine i suoi servi e avrebbe avuto pietà dei loro patimenti: che egli avrebbe punito i loro nemici e si sarebbe reso propizio alla terra e al popolo che aveva eletto. Questo è dunque il giudizio prescritto. E Dio stesso metteva in atto la sua vendetta sulle nazioni allorché si dice in questo luogo dei suoi santi che essi esercitavano un tale giudizio verso i popoli. Così gli empi rispetto ai santi, come i santi rispetto agli empi sono soltanto i ministri o della sua giustizia o della sua misericordia, quantunque in una maniera diversa, poiché gli empi perseguitando i giusti contribuiscono, loro malgrado, per un effetto della sua bontà alla santificazione degli stessi giusti; i santi invece esercitando il giudizio da lui stesso prescritto contro gli empi, rendono alla loro ingiustizia e alla loro impenitenza la pena giustissima loro dovuta. Tale è, soggiunge il profeta, la gloria propria di tutti i suoi santi, cioè degli israeliti, che in qualità di popolo suo gli erano consacrati. Ma noi possiamo aggiungere che tale è pure la gloria che è riservata ai santi nel cielo, allorché insorgendo, come sta espresso nella Scrittura contro quelli che li hanno perseguitati li riempiranno un giorno  di un incomprensibile spavento. Il tempo della vita presente è un tempo di obbrobri e di patimenti per i santi: il tempo della loro gloria non è se non quello della loro morte. Non pensiamo dunque a sconvolgere l’ordine dei tempi. Siamo ora nel numero delle persone umiliate, perseguitate, vilipese, schernite, se aspiriamo alla gloria riservata ai santi nel cielo.

Da Agostino

( alleluia )

1 Cantate al Signore un canto nuovo,

la sua lode nell’assemblea dei santi.

Lodiamo il Signore con la voce, con la mente, con le opere buone; a lui cantiamo un cantico nuovo, come ci esorta il presente salmo che così comincia: Cantate al Signore un cantico nuovo. Uomo vecchio, cantico vecchio; uomo nuovo, cantico nuovo. Testamento vecchio, cantico vecchio; Testamento nuovo, cantico nuovo. Nel vecchio Testamento c'erano delle promesse temporali e terrene: e chiunque ama le cose terrene canta il cantico vecchio. Chi vuol cantare il cantico nuovo deve amare i beni eterni. E lo stesso amore è nuovo ed eterno, e in tanto è sempre nuovo in quanto non invecchia mai… E questo è un cantico di pace, un cantico d'amore. Chiunque si separa dalla comunione dei santi non canta il cantico nuovo: segue infatti la via dell'animosità che è roba vecchia, non quella della carità, che è nuova. E cosa c'è nella carità, virtù nuova? La pace, il vincolo di una società santa, la compattezza spirituale, l'edificio fatto di pietre vive. E questo, dove? Non in un paese soltanto ma in tutto l'universo.

2 Gioisca Israele in colui che lo fece

e i figli di Sion esultino nel loro re.

Israele si allieti in colui che l'ha creato. Che significa Israele? " Colui che vede Dio ". Tale il significato del nome Israele. Colui che vede Dio si allieti in colui dal quale è stato creato. Ma cosa diremo, fratelli? Per il fatto che apparteniamo alla Chiesa dei santi, forse che già vediamo Dio? E se non lo vediamo, in che senso siamo Israele? C'è una visione che si attua nel tempo presente, e ce n'è un'altra che si attuerà nel futuro. La visione del tempo presente si attua mediante la fede, la visione futura sarà visione facciale. Se crediamo vediamo, se amiamo vediamo. Cosa vediamo? Dio! Interroga Giovanni. Dio è carità . Benediciamo il suo santo nome, e godiamo in Dio, se godiamo nella carità. Quando uno ha la carità, perché inviarlo lontano per fargli vedere Dio? Penetri nella sua coscienza e lì vedrà Dio. Se lì non alberga la carità, non vi abita nemmeno Dio; se invece vi alberga la carità, Dio certamente vi abita. Ma l'uomo forse vorrebbe vederlo come quando siede nel cielo. Abbia la carità e abiterà in lui come nel cielo. Siamo dunque Israele e allietiamoci in colui che ci ha creati.

3 Lodino il suo nome

in coro, col timpano e l’arpa

salmeggino a lui.

Lodino il suo nome in coro. Che cosa rappresenta il coro? Molti sanno cosa sia un coro, anzi, dal momento che parliamo in [questa] città, lo sanno quasi tutti. Il coro è un complesso di cantori che cantano insieme. Se cantiamo in coro dobbiamo cantare d'accordo. Quando si canta in coro, anche una sola voce stonata ferisce l'uditore e mette confusione nel coro stesso.

Ormai tutto il mondo è un coro di Cristo: e questo coro di Cristo canta in perfetta armonia dall'oriente all'occidente… Salmeggino a lui sul timpano e sul salterio. Perché prende in mano il timpano e il salterio? Affinché non soltanto la voce [lo] lodi, ma anche le opere. Quando si prendono il timpano e il salterio, le mani s'accordano alla voce.

4 Perché si compiace il Signore del suo popolo,

ed esalterà i miti nella salvezza.

Poiché il Signore ha beneficato il suo popolo. Qual beneficio più grande che morire per gli empi? Qual beneficio più grande che distruggere col sangue giusto il rescritto [di condanna] del peccatore? Qual beneficio più grande che dire: Non m'interessa ciò che siete stati finora; siate ciò che finora non siete stati? Il Signore ha beneficato il suo popolo, rimettendo i peccati, promettendo la vita eterna.

Ed ha elevato i mansueti a salvezza. Anche i superbi, in effetti, vengono elevati ma non a salvezza. I mansueti a loro salvezza, i superbi a loro perdizione. Cioè: i superbi si innalzano e il Signore li umilia, i mansueti si umiliano e Dio li esalta.

5 Esulteranno i santi nella gloria,

gioiranno nei loro giacigli.

Esulteranno i santi nella gloria. Voglio dire qualcosa sulla gloria dei santi.  Non c'è nessuno che non ami la gloria. Gli stolti però amano una gloria (la cosiddetta gloria popolare), la quale contiene un'attrattiva ingannevole. L'uomo, invogliato delle lodi di uomini vuoti [di senno], vorrebbe vivere in modo da andare sulla bocca di tutti, non importa come. Per questo diventano anche dissennati, e, tronfi d'orgoglio, vacui dentro e gonfi fuori, concepiscono propositi come quello di disfarsi del proprio patrimonio, donandolo ai commedianti, agli istrioni, ai gladiatori e agli aurighi. Che somme regalano! che somme spendono! Sperperano le risorse non solo del loro patrimonio ma anche del loro animo. Gente di tal fatta ha in uggia il povero, perché il popolo non acclama quando si dà qualcosa al povero, mentre grida quando lo si dà al gladiatore.

Come viceversa esultino i santi (che esultano nella gloria), non c'è bisogno che lo descriviamo noi. Ascoltate il seguente verso del nostro salmo: Esulteranno i santi nella gloria, si rallegreranno nei propri letti. Non nei teatri, non negli anfiteatri, non nei circhi, non nelle bazzecole, non nelle piazze ma nei propri letti. Che significa: Nei propri letti? Nei loro cuori. Ascolta come esultasse nel suo letto l'apostolo Paolo. La nostra gloria è questa: la testimonianza della nostra coscienza .

6 Le esaltazioni di Dio nella loro

bocca e spade a due tagli nelle loro mani.

Dopo le parole: Si rallegreranno nei propri letti, subito aggiunge: Le glorificazioni di Dio sulla loro bocca. Questo per evitare ogni impressione di vana compiacenza. Se infatti si rallegrano nei loro letti, lo fanno non attribuendo a sé il merito di essere buoni, ma lodando colui dal quale han ricevuto ciò che sono. Dal medesimo, inoltre, essi son chiamati a giungere là dove ancora non son pervenuti, e da lui ancora si attendono la perfezione. In quanto lo ringraziano per aver iniziato [l'opera], le glorificazioni di Dio sulla loro bocca. Osservate i santi, osservate la loro gloria; volgete lo sguardo a tutto il mondo e vedete come le glorificazioni di Dio sono sulla loro bocca.

7 Per fare vendetta tra le genti,

castighi fra i popoli;

Ormai, fratelli, v'è dato vedere i santi nella loro armatura, Osservatene le stragi, osservate le gloriose battaglie. Dove infatti c'è il comando supremo [d'un esercito] là ci sono anche i soldati; dove sono i soldati, ci sono anche i nemici; e se c'è la guerra, c'è anche la vittoria. Cosa fecero questi tali che avevano in mano brandi affilati da tutt'e due le parti? A compiere la vendetta fra le genti. Osservate se fra le genti non sia stata compiuta effettivamente questa vendetta. La si compie ogni giorno: è quello che facciamo anche noi col nostro parlare. Osservate come siano state abbattute le popolazioni di Babilonia.

8 per legare in ceppi i loro re

e i loro nobili in catene di ferro.

I re delle genti han d'essere legati e posti in ceppi, e - aggiunge - i loro nobili in vincoli di ferro. Sappiamo di re divenuti cristiani e di nobili del paganesimo divenuti anch'essi cristiani. Ce ne sono oggi, ce ne sono stati in passato e ce ne saranno in avvenire: non hanno interrotto la loro opera le spade a due tagli maneggiate dai santi.

9 Perché si esegua su di essi il giudizio

scritto: questa è la gloria per tutti i suoi santi.

Per eseguire su di essi il giudizio già scritto. Questo è il giudizio che i santi esercitano su tutte le genti. Perché: Già scritto? Perché tutte queste cose sono state descritte antecedentemente e ora si adempiono. Ecco avvengono adesso, mentre prima le si leggeva ma non erano fatti accaduti. E conclude: E questa è la gloria per tutti i suoi santi. Questo fanno i santi in tutto il mondo, fra tutte le genti, e così vengono glorificati. Così esaltano Dio con la loro voce, così godono nei loro giacigli, così esultano nella loro gloria, così vengono elevati e salvati, così cantano il cantico nuovo, così dicono l'Alleluia col cuore, con la bocca, con la vita.

Dai Padri

Ilario: il motivo di questo cantico nuovo è che Dio si compiace del suo popolo. Tutta la creazione era buona, ma l’uomo, creato buono e a immagine di Dio, aveva peccato. È stato riconciliato dal sangue del Cristo e per questo Dio può compiacersi in lui.

Ruperto il motivo della lode di questo salmo è che il Signore giudicherà il mondo e che, in questo giudizio, glorificherà i suoi santi.

2 Girolamo e Agostino: loro re è il Cristo.

5 Eusebio: i giacigli sono simbolo del riposo e la morte dei santi è la loro dannazione.

6 Eusebio: la spada contro le potenze avverse è la predicazione del Vangelo.

Girolamo cita Apocalisse 1,16: dalla sua bocca usciva una spada a due tagli. Quindi è dalla  bocca del Signore che i santi hanno ricevuto la loro spada.

8 Eusebio: il forte armato è stato legato (Luca 11,21) e il Cristo si è impadronito dei suoi prigionieri.

Girolamo: li castigano per salvarli; li incatenano e li portano alla Chiesa

 

 

 

Salmo 150

1 Lodate Dio nei suoi santuari,

lodatelo nel firmamento della sua potenza,

2 lodatelo nelle le sue opere potenti,

lodatelo secondo l’immensità della sua grandezza.

3 Lodatelo al suono della tromba,

lodatelo con l’arpa e la cetra.

4 Lodatelo col timpano e con il

coro, lodatelo sulle corde e sul flauto,

5 lodatelo con cembali armoniosi,

lodatelo con cembali di giubilo.

6 Ogni spirito lodi il Signore.

 

Da Sacy

Lodate il Signore nel suo santuario: lodatelo nel firmamento della sua potenza: lodatelo nelle sue virtù: lodatelo secondo la sua mirabile grandezza.

Dio può essere considerato in sé medesimo o relativamente alle sue creature. Si può considerarlo o in cielo, che è come il suo santuario e il trono della sua potenza, o sopra la terra negli effetti di quella onnipotente virtù e nella moltitudine di testimonianze che ci dà della sua infinita grandezza. Secondo queste due mire diverse il profeta esorta i popoli a lodare Dio. Altri spiegano questo passo riferendo il primo versetto agli spiriti celesti nel seguente modo: lodate il Signore voi che siete nel santo luogo: lodatelo voi che siete nel firmamento ove risplende la sua potenza e il secondo versetto agli uomini come segue: lodatelo o Israele nelle prove che egli manifesta della sua virtù onnipotente in vostro favore: lodatelo a motivo testimonianze che egli vi reca della sua infinita grandezza. Lodatelo a suono di tromba, lodatelo con salterio e con la cetra, lodatelo col cembalo. Giova osservare con  alcuni interpreti che non si può determinare con precisione quali fossero tutti questi strumenti degli Ebrei. Gli strumenti che servivano alla loro musica avevano pochissimo a che fare con i nostri e si nominano secondo la più probabile idea che possiamo formarcene. L’utilità che dobbiamo ricavare da questi versetti ci viene additata da Giovanni Crisostomo là dove egli dice riguardo ad essi: che il profeta esortando gli Israeliti a cantare le lodi del Signore con tanti, diversi strumenti ci ammonisce, come si è già altrove osservato, a lodarlo in una maniera molto più santa con tutte le membra del nostro corpo, servendoci e degli occhi nostri e della nostra lingua e delle nostre orecchie e delle nostre mani, per glorificare il nostro Creatore e Salvatore, rendendo secondo quello che dice San Paolo i nostri corpi un’ostia vivente, santa ed accettevole mediante il ragionevole ossequio con cui a Lui sottomettiamo tutte queste membra e ne consacriamo l’uso alla pietà.

Alla fine, conclude il profeta, lodi il Signore tutto ciò che ha vita e spirito. Alcuni lo restringono ai soli uomini, altri intendono parimenti degli angeli e degli uomini, molti lo attribuiscono a tutti i viventi o angeli o uomini o animali. Forse con queste parole adombrava egli profeticamente, secondo il parere del Crisostomo, ciò che doveva accadere, quando essendo sparso per tutto l’universo il seme della parola di Dio e del Nuovo Testamento, hanno risuonato per tutta la terra le lodi del Signore. Tale è e deve essere il desiderio di un’anima vivamente penetrata dalla maestà e dalla grandezza di Dio. Non è la stessa soddisfatta se tutti gli uomini non lo lodano e riconoscono degno infinitamente di essere amato. Il sacrificio delle lodi di tutti gli uomini è pur sempre troppo ristretto e troppo sproporzionato a un Dio così grande. Si unisce l’anima per quanto può a tutti gli spiriti celesti e il suo zelo si estende fino alle creature irrazionali, volendo che tutta la natura insieme concorra per offrire un universale sacrificio di rendimento di grazie al Creatore.

Da Agostino

1 Lodate Dio nei suoi santuari,

lodatelo nel firmamento della sua potenza,

Lodate il Signore nei suoi santi.  Lodatelo nel consolidamento del suo vigore. Lodatelo nelle sue potenze, (o, come altri hanno tradotto, nei suoi poteri sovrani). Lodatelo secondo la moltitudine della sua grandezza. Tutto questo sono i suoi santi, come dice l'Apostolo: Affinché noi siamo giustizia di Dio in lui . Se sono la giustizia di Dio, giustizia che egli ha in loro operata, perché non dovrebbero essere anche la forza di Dio? quella forza che egli ha in essi esercitato risuscitandoli dai morti? In realtà, la forza [o potenza] di Dio si segnala in maniera superlativa nella resurrezione di Cristo, come nella sua passione era apparsa la debolezza. Lo dice l'Apostolo: Che se egli fu crocifisso per la sua debolezza, vive però per la potenza di Dio . E in un altro passo: Per conoscere lui e la potenza della sua resurrezione . Perfetta è poi l'affermazione: Nel consolidamento del suo vigore. [Nella resurrezione] ci fu proprio questo consolidamento di vigore, perché egli non morrà più, la morte non avrà più su di lui alcun potere. Perché poi gli interventi da lui operati nei santi non dovrebbero chiamarsi anche poteri sovrani? Anzi, i santi stessi sono i suoi principi sovrani, come fu detto: Noi siamo giustizia di Dio in lui . C'è forse, in realtà, qualche potere che superi quello di regnare in eterno, ponendosi sotto i piedi tutti i nemici? Perché non saranno, gli stessi santi, anche la moltitudine della sua grandezza? Non della grandezza per cui egli è grande, ma per la quale egli ha reso grandi tante persone, o meglio miriadi di persone. Non diversamente in alcuni luoghi si tratta della giustizia per la quale egli è giusto, mentre altrove della giustizia che egli produce in noi affinché noi siamo giustizia in lui…Gli stessi santi son poi simboleggiati in tutti gli strumenti musicali elencati più avanti per lodarvi Dio. In effetti, l'espressione d'apertura, cioè: Lodate il Signore nei suoi santi , ritorna sempre nel seguito del testo, indicando in varie maniere gli stessi santi.

2 lodatelo nelle sue opere potenti,

lodatelo secondo l’immensità della sua grandezza.

3 Lodatelo al suono della tromba,

lodatelo con l’arpa e la cetra.

Lodatelo al suono della tromba, per l'insuperabile sonorità della lode. Lodatelo sul salterio e sulla cetra. Il salterio è chi loda Dio muovendo dall'alto, la cetra chi loda Dio muovendo dal basso: quasi a dirci che chi ha fatto il cielo e la terra dev'essere lodato dalle creature celesti e da quelle terrestri. In un altro salmo infatti abbiamo esposto come il salterio ha nella parte più alta quel legno sonoro sul quale poggia la serie delle corde per rendere migliore il suono. Lo stesso legno è, nella cetra, dalla parte più bassa.

4 Lodatelo col timpano e con il

coro, lodatelo sulle corde e sul flauto,

Lodatelo nel timpano e nel coro. Il timpano loda Dio in quanto nella carne trasformata non c'è più ormai alcuna miseria derivante dalla corruzione terrena. Il timpano infatti si fabbrica con pelli essiccate e tese robustamente. Il coro loda Dio quando lo loda una società in pace. Lodatelo con le corde e con l'organo. Hanno le corde tanto il salterio quanto la cetra, già sopra ricordati. Quanto all'organo, è un nome generico per indicare tutti gli oggetti producenti armonia, sebbene ormai sia invalsa la consuetudine di chiamare propriamente organo lo strumento che si gonfia con mantici. Tuttavia, io non penso che qui si tratti di questo specifico strumento. In effetti, la parola " organo " è greca, come ho già detto, e si applica genericamente a tutti gli strumenti musicali. L'organo che va a mantice i greci lo chiamano con vocabolo diverso, e chiamarlo senz'altro "organo" è piuttosto un'usanza latina e popolare. Dove pertanto dice: Con le corde e con l'organo, io ritengo che egli abbia voluto intendere uno strumento fornito di corde. Non sono infatti solo il salterio e la cetra ad avere le corde; ma, siccome nel salterio e nella cetra a motivo del suono che esce dal basso e dall'alto è stato trovato qualcosa che quadra bene con questa distinzione, qui attraverso la menzione delle corde in se stesse ci si invita a cercare qualche altro significato. Anche le corde infatti son carne, ma ormai esente da corruzione. Alle corde poi ha aggiunto l'organo, forse per dirci che esse non debbono suonare isolatamente, ma, nonostante la diversità, produrre un accordo perfettamente armonioso, come quando sono disposte nell'organo. Questo, perché anche di là i santi saranno diversi gli uni dagli altri, ma tutti saranno in armonia, non in disaccordo: saranno cioè tutti d'un unico sentire, non di diversi sentimenti. Si avrà così un soavissimo concerto, risultante di numerosi suoni diversi ma non contrastanti fra loro. Una stella infatti differisce in splendore dall'altra, così sarà pure della resurrezione dei morti .

5 lodatelo con cembali armoniosi,

lodatelo con cembali di giubilo.

6 Ogni spirito lodi il Signore.

Lodatelo nei cembali armoniosi, lodatelo nei cembali del giubilo. I cembali per suonare devono urtarsi l'uno con l'altro, e per questo motivo da certuni sono stati paragonati alle nostre labbra. Ma suppongo che sia meglio intendere la cosa in quest'altra maniera: si loda Dio con i cembali quando uno riceve l'onore da un altro, non ne va a caccia da sé, e così i due, onorandosi scambievolmente, lodano Dio. Quanto all'aggiunta: Nei cembali del giubilo, penso vi sia stata posta per impedire che si intendessero i cembali che suonano senza avere l'anima. In effetti il giubilo, cioè la lode inesprimibile, non nasce se non dall'anima. Né giudico opportuno passare sotto silenzio quanto ci dicono gli esperti di musica (tanto più che si tratta d'una cosa di per sé nota), e cioè che tre sono i tipi di suono: della voce, degli strumenti a fiato, degli strumenti a percussione. Il suono vocale si produce attraverso il palato e le corde vocali dell'uomo che canta, senza l'uso di alcuno strumento. Il suono a fiato è quello dato, ad esempio, dal flauto o da strumenti similari. Il suono a percussione è quello prodotto, ad esempio, dalla cetra o da simili strumenti. Nessuno di questi tre tipi di suono è stato omesso dal salmo: si ha infatti la voce nel coro, lo strumento a fiato nella tromba, quello a percussione nella cetra. Sembra quasi un'allusione alla mente, allo spirito e al corpo: naturalmente in un linguaggio non proprio ma figurato. Aveva detto peraltro in apertura: Lodate il Signore nei suoi santi ; ma a chi dice queste parole se non ai santi stessi? e in chi lo loderanno come Dio se non in se stessi? Dice: Voi dunque, o santi di Dio, siete il suo vigore, ma perché egli l'ha prodotto in voi; voi siete i suoi poteri sovrani e l'abbondanza della sua grandezza, perché ciò egli ha operato e mostrato in voi. Voi siete la tromba, il salterio, la cetra, il timpano, il coro, le corde e l'organo, e i cembali del giubilo che emettono bei suoni, che cioè suonano armoniosamente. Voi siete tutte queste cose. Non si pensi, ascoltando il salmo, a cose di scarso valore, né a cose transitorie, né a oggetti teatrali. E siccome aver sentimenti carnali è [causa di morte], ogni spirito lodi il Signore. Volgiamoci al Signore Dio Padre onnipotente e con cuore puro, per quanto è concesso alla nostra pochezza, ringraziamolo immensamente e con tutta verità. Invochiamo con tutta l'anima la sua misericordia senza pari affinché, nel suo beneplacito, si degni di esaudire le nostre preghiere. Si compiaccia ancora d'intervenire con la sua forza a scacciare il nemico dai nostri atti e dai nostri pensieri. Aumenti in noi la fede, governi la nostra mente, ci conceda pensieri spirituali, e ci conduca alla sua beatitudine. Per Gesù Cristo, Figlio suo e Signore nostro, che è Dio e con Dio [Padre] nell'unità dello Spirito Santo vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen

L'ordine dei salmi contiene, a mio avviso, un sacramento grande e occulto: finora a me non è stato rivelato. Nel loro complesso i salmi sono centocinquanta e, con questo numero, anche a noi che non siamo riusciti a penetrare con l'acume della nostra mente la loro profondità, insinuano qualcosa su cui non sarà azzardato trattenerci alquanto, con l'aiuto del Signore. Iniziamo coll'esaminare il numero quindici, di cui centocinquanta è un multiplo. Ciò che rappresenta il numero quindici nell'ordine delle unità, lo rappresenta il centocinquanta nell'ordine delle decine, poiché centocinquanta è il risultato di dieci per quindici. La stessa cosa esprime il numero millecinquecento nell'ordine delle centinaia: è infatti cento moltiplicato per quindici; e lo stesso ancora è di quindicimila, cioè quindici volte mille. Ebbene, il numero quindici significa l'armonia dei due Testamenti. Nel primo [Testamento] infatti si osservava il sabato, che vuol dire " quiete " ; nel secondo si osserva la domenica, che ricorda la resurrezione. Ora, se il sabato è il settimo giorno e la domenica viene dopo il settimo giorno, cos'è se non il giorno ottavo, ovvero, secondo un'altra valutazione, il primo [della settimana]? Difatti la domenica si chiama anche primo [giorno] dopo il sabato , al quale poi seguono il secondo, il terzo, il quarto e così via fino al settimo, che è lo stesso sabato. Da una domenica fino alla successiva domenica ci sono otto giorni, segno che in essa si palesa la rivelazione del Nuovo Testamento, mentre nel Vecchio Testamento la stessa rivelazione era occultata come da promesse terrene. Notate come sette più otto fa quindici e come quindici sono anche i salmi cosiddetti "dei gradini", proprio perché tanti di numero erano gli stessi gradini del tempio. Inoltre lo stesso numero cinquanta rappresenta di per se stesso un grande sacramento. È infatti la risultanza di una settimana di settimane con l'aggiunta di una unità, come d'un ottavo giorno, per completare la cinquantina: sette per sette fa quarantanove, a cui, per fare cinquanta, occorre aggiungere una unità. E', questo cinquanta, un numero denso di significato: terminati infatti tutti questi giorni a cominciare dalla resurrezione, cioè nel giorno cinquantesimo, venne lo Spirito Santo su coloro che erano radunati in Cristo . Ora, lo Spirito Santo nella Scrittura è celebrato in maniera preminente attraverso l'uso del numero sette, e questo tanto in Isaia quanto nell'Apocalisse. In questi passi si descrivono anzi in maniera estremamente chiara sette Spiriti di Dio, a motivo dell'azione che in sette direzioni svolge l'unico e medesimo Spirito . Queste sette operazioni così son descritte nel profeta Isaia: Riposerà su di lui lo Spirito di Dio, lo Spirito di sapienza e di intelligenza, lo Spirito di consiglio e di fortezza, lo Spirito di scienza e di pietà, lo Spirito del timore del Signore . Per " timore " deve intendersi il timore casto che sopravvive nei secoli dei secoli . Quanto invece al timore servile, la carità perfetta lo esclude: quella carità che ci fa liberi, impedendoci di compiere le opere servili proibite di sabato. Ora la carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per opera dello Spirito Santo che ci è stato dato . Pertanto col numero sette si indica lo Spirito Santo. Anzi, il Signore stesso divise il numero cinquanta in quaranta più dieci. Quaranta giorni dopo la resurrezione infatti ascese al cielo e poi, al termine di altri dieci giorni, mandò lo Spirito Santo . Voleva, regolandosi così, insegnarci a vedere nel numero quaranta la nostra dimora in questo mondo. Nel numero quaranta prevale il numero quattro: e quattro sono le parti del mondo e le stagioni dell'anno. Aggiungendovi però il dieci, quasi percepita la ricompensa dovuta alle opere buone e all'osservanza della legge, si ha la figura dell'eternità. Questo numero cinquanta ha il suo triplo nel numero centocinquanta, quasi che a moltiplicarlo sia stata la Trinità. Sicché sotto questo punto di vista comprendiamo non essere disdicevole che tale sia il numero dei salmi. Ricordiamo il numero dei pesci presi dopo la resurrezione quando [al comando di Cristo] furono calate le reti. A centocinquanta se ne aggiunsero tre , come per farci attenti al numero delle parti in cui si sarebbe dovuto dividere il centocinquanta: vale a dire che il numero bisognava prenderlo per tre volte cinquanta. Tuttavia quel numero dei pesci contiene anche un altro computo molto molto più sottile e attraente. Lo si fa disponendo il diciassette a triangolo, cioè computando tutti i numeri da uno fino a diciassette, e si ottiene lo stesso numero centocinquantatre. Ora nel numero dieci si raffigura la legge, nel numero sette la grazia, poiché la legge non si adempie se non per la carità che è stata diffusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo, simboleggiato dal numero sette.

Uno o cinque i libri del salterio?

Alcuni hanno ritenuto essere cinque i libri dei salmi, e lo hanno stabilito sulla base della finale di certi salmi, quando cioè vi si dice: Così sia, così sia . Quanto a me, per quanto volessi comprendere il motivo di una simile divisione, non c'è l'ho fatta: le stesse cinque parti non sono uguali fra loro, non dico per l'estensione degli scritti, ma nemmeno per il numero dei salmi, che sarebbe dovuto essere di trenta ogni libro. E se la finale di ogni libro è: Così sia, così sia, vien giustamente fatto di chiedersi perché il quinto libro, che è anche l'ultimo, non si chiuda con identica conclusione. Noi seguiamo l'autorità della Scrittura canonica, dove si legge: È stato scritto nel libro dei salmi , e pertanto riteniamo che il libro dei salmi è uno solo. Vedo però come questa, che è la verità, non sarebbe in contraddizione con l'altra ipotesi, supposta vera. È infatti possibile che, sulla base di un'usanza propria della letteratura ebraica venga chiamato unico libro un libro che effettivamente consta di diversi libri. Come si parla di una Chiesa, la quale tuttavia risulta di più Chiese, e di un unico cielo, anche se formato da moltissimi cieli… Così colui che dice: È stato scritto nel libro dei salmi  può essersi adattato al modo comune di esprimersi e così dare l'impressione che unico è il libro [dei salmi]. Si potrebbe rispondere che è detto: Nel libro dei salmi nel senso di: In uno dei quei cinque. Tuttavia ciò non è nel linguaggio corrente o lo è molto di rado, al segno che la stessa cosa potrebbe, allora, tirarsi in ballo a proposito dei dodici profeti. Ci si potrebbe cioè convincere che unico è il loro libro per il fatto che si legge, come nel caso dei salmi: Come è stato scritto nel libro dei profeti . Ci son di quelli che chiamano libro unico tutte quante le Scritture, a motivo del loro accordo che davvero è mirabile e divino. Per questo motivo sarebbe stato detto: In apertura del libro è stato scritto di me, che io faccia la tua volontà , intendendo con ciò la verità che il Padre creò il mondo mediante il Figlio: della quale creazione si parla nel libro della Genesi, che costituisce l'inizio delle Scritture. Inoltre, questa profezia sembra non raccontare fatti avvenuti ma preannunziare eventi futuri. (Non dice infatti: Ecco io ho fatto, ma: Affinché faccia, o facessi, la tua volontà); per questo sembra piuttosto l'espressione doversi riferire a ciò che è scritto nelle parti iniziali di quel libro, e precisamente alle parole: Saranno due in una carne sola . Sacramento grande, questo - al dire dell'Apostolo - in rapporto a Cristo e alla Chiesa . A dir il vero poi, nelle parole: In apertura del libro è stato scritto di me, che io faccia la tua volontà, si potrebbe trovare un richiamo proprio a questo libro dei salmi. Continua infatti: Dio mio, ho voluto, e la tua legge è in mezzo al mio cuore . La profezia, riguardante lui, si prende cioè proprio dall'inizio di questo libro, ed è esattamente il primo salmo. Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi e non si ferma nella via dei peccatori, e non siede nella cattedra delle pestilenze; ma nella legge di Dio si compiace e nella sua legge medita giorno e notte . Questo sarebbe il corrispondente di: Dio mio, ho voluto, e la tua legge è in mezzo al mio cuore . Quanto poi alle parole successive, e cioè: Ho annunziato la tua giustizia in una grande assemblea , più opportunamente le si riferiscono all'altro passo: E saranno due in una carne sola .

Predestinazione e glorificazione.

Le parole: In apertura del libro possono essere intese nell'una o nell'altra maniera. Sta però di fatto che questo libro dei salmi, presi cinquanta per cinquanta, se lo si esamina nelle sue articolazioni di cinquanta per cinquanta, presenta un fenomeno notevole e veramente degno d'essere considerato. Non mi sembra infatti casuale che il salmo cinquantesimo parli della penitenza, il centesimo della misericordia e del giudizio, il centocinquantesimo della lode di Dio nei suoi santi. Questo infatti è l'ordine secondo il quale tendiamo alla vita eterna e beata: prima detestiamo i nostri peccati, poi viviamo rettamente, affinché, disapprovando la vita cattiva e praticando la vita buona, ci meritiamo la vita eterna. Dio infatti, secondo un proposito della sua occultissima giustizia e bontà, quelli che ha predestinati, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati, li ha anche glorificati . La nostra predestinazione non è avvenuta in noi ma segretamente presso di lui, nella sua prescienza. Le altre tre [componenti del processo], la vocazione, la giustificazione, la glorificazione, avvengono invece in noi. Siamo chiamati attraverso la predicazione della penitenza. Così infatti cominciò il Signore a proclamare la sua lieta novella: Fate penitenza perché il regno dei cieli è vicino. Quanto alla giustificazione, essa avviene nella chiamata, che è opera della misericordia [divina], e mediante il timore del giudizio. Per questo si dice: Dio, nel tuo nome salvami e nella tua potenza giudicami . Non teme d'essere giudicato colui che antecedentemente ha ottenuto salvezza. Chiamati, rinunziamo al diavolo nella penitenza, per non restare sotto il suo giogo; giustificati, veniamo risanati dalla misericordia per non dover temere il giudizio; glorificati, passiamo alla vita eterna, dove loderemo Dio senza fine. A questo penso si riferiscano le parole del Signore: Ecco, scaccio i demoni e opero guarigioni oggi e domani, e il terzo giorno sarò consumato . La qual cosa egli comprovò anche nei tre giorni della sua passione, dormizione e risveglio. Infatti fu crocifisso, sepolto e risorse. Sulla croce trionfò dei principi e delle potestà [del male], nel sepolcro riposò, nella resurrezione esultò. La penitenza tormenta, la giustizia tranquillizza, la vita eterna glorifica. Voce della penitenza è: Dio, abbi pietà di me secondo la tua grande misericordia, e cancella la mia iniquità secondo la moltitudine delle tue misericordie . Compito della penitenza infatti è offrire a Dio, come sacrificio, uno spirito contrito, un cuore spezzato e umiliato. Voce della giustizia di Cristo nei suoi eletti è: Signore, celebrerò in te la misericordia e il giudizio; salmeggerò e comprenderò nella via dell'innocenza, quando verrai a me . Dalla misericordia infatti ci viene l'aiuto per compiere la giustizia e così giungere tranquilli al giudizio. Nel giudizio poi vengono dispersi dalla città del Signore tutti gli operatori d'iniquità . Con questo verso si chiude il presente salmo: è la voce della vita eterna.

 

Dai Padri

Gregorio di Nissa: attraverso i cinque libri dei salmi l’anima sale sempre più in alto e poi giunge alla suprema felicità che sarà comune a tutti e che non è altro che la celebrazione della lode divina, allorché essa si realizzerà in tutti i santi senza alcun pericolo di peccato. La natura umana canterà questa lode in modo conforme alla maestà di Dio e non canterà più una lode povera e limitata come quella di quaggiù. L’immensa moltitudine di tutte le perfezioni degli eletti realizzerà per Dio come una musica composta da diversi strumenti, un concerto di armonie e melodie. Dopo aver elencato la tromba, il salterio e la cetra, il suono più gioioso del cembalo evoca gli angeli e la nostra comunione con loro. Infatti, quando la natura umana sarà giunta al suo fine, la riunione degli angeli e degli uomini compirà il rendimento di grazie nella sua armonia ultima. I due cembali gioiosi che si incontrano sono l’uno la natura angelica e l’altro la natura umana. Il peccato li ha separati, ma quando la benevolenza divina li riunirà, insieme faranno riecheggiare l’inno di cui parla l’apostolo: ogni lingua confesserà in cielo, sulla terra… (Filippesi 2,10). I due cembali canteranno allora il canto di vittoria perché non ci sarà più guerra: e con un fervore comune canteranno e loderanno Dio per tutta l’eternità. Alla sommità di questa quinta ascensione, il profeta contempla tutto il piano della salvezza: canta tutti i benefici di Dio e gli innumerevoli motivi di azione di grazie. Tutto ci è dato dalla bontà di Dio e noi non abbiamo nulla per attirare i suoi benefici. Gli angeli e gli uomini che vogliono seguire Dio, non debbano fare altro che trasformare la loro vita in una lode perenne a Dio

Crisostomo: il profeta ha chiamato gli abitanti del cielo, poi tutti gli uomini di tutti i tempi e infine tutti gli strumenti musicali. Lodare Dio ininterrottamente è il nostro sacrificio, la nostra offerta, il nostro ministero più alto che riproduce la vita degli angeli.

Ruperto: l’oggetto della lode di questo salmo è la beatitudine ineffabile del secolo futuro. Per dieci volte il profeta dice: lodate, senza aggiungere spiegazioni perché nè l’occhio ha visto nè l’orecchio ha udito.

Ilario: gli ultimi salmi lodavano Dio per le sue opere, questo lo loda per i santi che avrà posto nella sua eternità, dopo il giudizio che è scritto. Lodatelo nel firmamento della sua potenza, perché ha assorbito la morte: l’incorruttibilità ha divorato la corruzione.

Lodatelo con cembali di acclamazione, perché ha riplasmato i santi a immagine del loro Creatore, ed essi cominciano già a essere conformi al suo corpo, di gloria, sono arricchiti di tutta la pienezza di Dio.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

18 - salmo 118 Ilario

Commento salmo 118  Ilario  forma abbreviata

Quanti vengono preparati alla dottrina della sapienza spirituale e perfetta devono apprendere subito proprio l’alfabeto, per attingere la piena e vera comprensione fin dai primi passi della loro formazione di base. Il santo apostolo Paolo, consapevole che la sapienza vera e di contenuto utile è soltanto quella che comincia fin dalla tenera età e dai primi momenti nell’infanzia, scrive a Timoteo nella seconda lettera tra grandi e luminosi elogi per la fede e l’impegno: tu però resta fermo in ciò che hai appreso e creduto, consapevole da chi l’hai appreso e che fin dall’infanzia hai conosciuto le sacre scritture, che ti possono istruire per la salvezza. Questo vale anche per il presente salmo, il cui messaggio, dato che la conoscenza della verità va proposta per vincere l’ignoranza umana, è articolato in base alle iniziali alfabetiche. Infatti le lettere dell’alfabeto ebraico costituiscono le iniziali di ciascuno degli otto versetti di ogni strofa. La somma totale è di 176 versetti. Se infatti la lingua ebraica è composta di 22 lettere e ogni lettera copre otto versetti, il numero delle lettere moltiplicato per i versetti dà questo risultato. Ritengo che il motivo per cui questo salmo segue l’ordine alfabetico sia il seguente: come i bambini, senza istruzione e analfabeti dovrebbero conoscere prima le lettere dell’alfabeto per leggere i vocaboli, così anche chi non conosce, attraverso questa ripetizione per otto volte di ogni lettera dell’alfabeto, quali primi passi di un processo di apprendimento infantile, dovrebbe essere formato alla morale, alla disciplina, alla conoscenza di Dio. È arduo ed estremamente difficile per l’uomo cogliere con le proprie forze o con maestri profani il senso dei precetti celesti: né la debolezza della nostra natura accetta di essere istruita da direttive divine, se non per la grazia di colui che li ha proposti. Infatti coloro che leggono superficialmente ciò che loro capitano tra le mani, ritengono che non ci sia alcuna differenza tra i vari termini, di nome, di contenuti. Ma, se l’opinione comune non ammette che ai diversi appellativi non corrispondano significati diversi, dobbiamo credere che le parole di Dio siano così infondate o così confuse, da patire la povertà di vocaboli utilizzati o da ignorare le categorie in cui vanno distinte? Molti infatti quando sentono parlare di legge, giustificazione, precetti, testimonianze, giudizi, tutti termini che Mosè ha classificato tenendo conto del diverso valore di ogni singola categoria, ritengono che si tratti dell’unica e identica realtà, ignorando che altro è legge, altro giustificazione, altro precetto, altro testimonianza, altro giudizio. Di quanta differenza e diversità esista fra loro ne è testimone il salmo 118, in cui è specificata la proprietà di ogni termine e di ogni genere. Infatti la legge del Signore ora, converte l’anima. La testimonianza del Signore è fedele, istruisce i fanciulli. La giustizia del signore è retta, dà gioia ai cuori. Il precetto del signore è chiaro, dà luce agli occhi. Il timore del signore è santo, dura nei secoli. I giudizi del Signore sono veri, giustificati in sè. C’è dunque distanza tra le singole realtà considerate e chi è prudente e intelligente sa discernere nella scrittura dove si tratta di legge o di precetto o di testimonianze o di regole di giustizia o di giudizi, perché ciò che il testo profetico ha saputo distinguere con ammirevole proprietà per ciascun termine, la debolezza della nostra ignoranza non lo confonda con un giudizio superficiale da incompetente. Molti pensano che la semplicità della fede basti a garanzia di una speranza di eternità, come se, secondo l’opinione comune, una vita irreprensibile non abbia bisogno della formazione di un insegnamento celeste. Poiché le cose stanno diversamente, è stato trattato con grande abbondanza di parola profetica ciò che occorre sapere per vivere in Dio senza macchia e rimanere nell’innocenza in modo conforme alla religione, perché è difficile che qualcuno raggiunga da se stesso, cioè con i mezzi che gli offre il mondo, questa conoscenza dell’innocenza religiosa e la vera esperienza della vita pia e innocente. L’apostolo sa anche che la natura umana è incapace di raggiungere la scienza di questo stile di vita. Infatti quando trattava dei doni, di carismi e grazie, ha premesso prima l’argomento della sapienza e subito ha aggiunto quello della scienza. Questo della scienza, successivo a quello della sapienza è dono di Dio, perché l’esercizio della sapienza trova il suo compimento nella pratica della scienza…

salmo 118

Aleph

1 Beati gli immacolati nella via, che

camminano nella legge del Signore.

2 Beati quelli che scrutano le sue

testimonianze: con tutto il cuore lo cercheranno.

3 Non certo gli operatori di iniquità hanno

camminato nelle sue vie.

4 Tu hai prescritto di custodire

i tuoi comandamenti con ardore.

5 Oh, siano dirette le mie vie

a custodire i tuoi decreti;

6 allora non sarò confuso, se

terrò lo sguardo rivolto a tutti i tuoi comandamenti.

7 Ti confesserò con rettitudine

di cuore per il fatto che ho appreso

i giudizi della tua giustizia;

8 custodirò i tuoi decreti: non abbandonarmi fino in fondo

.

1 Beati gli immacolati nella via, che

camminano nella legge del Signore.

2 Beati quelli che scrutano le sue

testimonianze: con tutto il cuore lo cercheranno.

Non viene prima: Beati coloro che meditano le testimonianze di Dio, ma piuttosto: Beati gli immacolati in via. Prima viene infatti l’ingresso nella via della verità con una condotta morale comprovata e orientata a una vita irreprensibile a partire da un’onestà di base riconosciuta; poi viene la meditazione delle testimonianze di Dio e con l’animo purificato e limpido, il dedicarsi alla loro contemplazione…Questa dunque è la prima beatitudine: che siano beati quanti sono immacolati in via, ma non in una via qualunque o incerta o sbagliata, ma in quella via nella quale si cammina nella legge del Signore… È perciò beato chi, percorrendo questa via, dimentico del passato, dilata la speranza dei beni futuri. E quale sia questa via nella quale chiunque cammina è beato, il Signore la indica dicendo: io sono la via…L’aggiunta nella legge del Signore, non è superflua. C’è infatti anche la legge del peccato, di cui parla il beato apostolo . Essendoci dunque anche una legge del peccato per questo motivo si parla di legge del Signore. Cosa è la legge? Ombra, come dice l’apostolo, dei beni futuri. Non sta scritto da nessuna parte che siano ombra dei beni futuri la regola di giustizia, le testimonianze, i comandamenti, ma è specifico della sola legge, come insegna l’apostolo a più riprese, che la legge non va interpretata in senso letterale, ma che in essa va riconosciuta l’ombra dei beni futuri secondo un insegnamento spirituale. Dice infatti: non metterai la museruola al bue che trebbia; e aggiunge: forse Dio si prende cura del bestiame? Non è per noi che è detto  e scritto tutto ciò? E di nuovo: voi che leggete la legge non avete inteso che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla libera? Ma quello avuto dalla schiava è nato secondo la carne; quello avuto dalla libera, secondo la promessa. E poiché la legge è ombra dei beni futuri, aggiunse: si tratta di allegorie, sono infatti i due testamenti. Perciò tutto quanto contiene l’ombra degli insegnamenti spirituali, deve essere chiamato legge; perché la legge è spirituale e ombra dei beni futuri. Il comandamento del Signore è quello che impegna all’osservanza e alla custodia dei precetti, come ad esempio: non uccidere, non commettere adulterio, e altri simili. E poiché sono semplici e luminosi e, se messi in pratica, ci guidano alla vera luce, a questo proposito è detto: il precetto del Signore è splendente, dà luce agli occhi. Non era invece conveniente dire questo della legge, perché essa è santa in quanto ombra dei beni futuri e converte le anime con la conoscenza delle realtà future; il comandamento invece illumina con la sua osservanza. Poiché sono beati coloro che meditano le testimonianze di Dio e altro è la legge, altro il comandamento, altro le testimonianze come abbiamo detto, occorre conoscere che cosa siano queste testimonianze di Dio. Infatti il libro di tutta la legge è stato consegnato in presenza di testimoni. Mosè, quando stava per consegnare il libro dell’alleanza, chiamò come testimone cielo e terra. Sono molte le realtà stabilite come testimonianze, quando Giacobbe dice: sarà testimonianza per voi questo mucchio, e sarà testimonianza per voi questa stele. E in Giosuè sta scritto: scegliete dodici pietre, perché siano testimonianza per i vostri figli. Dopo la guarigione del lebbroso il Signore dice: presenta la tua offerta come testimonianza che Mosè ha stabilito per essi. Sono molti gli argomenti di cui parla l’apostolo a Timoteo per lettera e per essi lo scongiura alla presenza di testimoni dicendo: di fronte a molti testimoni e al cospetto di Dio che dà la vita a tutto, di Gesù Cristo, degli angeli eletti, ti scongiuro di osservare queste cose. Varie e innumerevoli sono le testimonianze di Dio. Chi volesse scrutarle coltivando la conoscenza della legge, dei profeti, dei Vangeli, degli apostoli, rimarrebbe nella beatitudine, e sarebbe consapevole che poiché non vive in un mondo vuoto e solitario, non pecca se non alla presenza di testimoni. Tutto è pervaso dalla presenza di queste divine testimonianze; e tutto quanto è ritenuto vuoto è pieno di angeli di Dio e non c’è nulla che non sia abilitato dalla presenza di questi ministeri divini. Chi è stato formato alla conoscenza di queste cose sa di vivere alla presenza di testimoni. E poiché la natura dell’umana debolezza è incline al male, evita di peccare almeno in presenza di testimoni. Ce lo insegna la stessa esperienza comune… Quando siamo spinti dagli assalti della nostra debolezza ad acconsentire a qualche torbido affetto, non dobbiamo forse temere le schiere degli angeli ovunque presenti attorno a noi e il mondo pieno di misteri celesti? Se infatti gli angeli dei piccoli vedono ogni giorno il Padre nostro, che è nei cieli, possiamo temere le testimonianze di coloro che, lo sappiamo, sono tra noi e stanno ogni giorno presso Dio. Ma ancor più dobbiamo temere proprio quel diavolo, che procura le lusinghe stesse dei nostri vizi, e dobbiamo temere tutti i suoi testimoni. Egli in un attimo percorre tutta l’estensione di questo mondo, gode dei nostri peccati per gloriarsi della testimonianza dei nostri peccati. Questa è la sua arte: istigare al peccato e accusare i peccatori. È detto infatti: o non sai cosa è il diavolo, accusatore dei vostri fratelli? (Apocalisse 12, 10). E poiché queste potenze a noi ostili permangono mescolate alle altre nella testimonianza, era opportuno che il profeta ricordasse quelle sante, dicendo: Beati coloro che meditano le sue testimonianze, cioè non altre, ma quelle che sono di Dio. Occorre poi che la meditazione delle testimonianze di Dio non sia negligente; per questo è detto: con tutto il cuore lo cercano. Non può essere assunto parzialmente l’impegno di approfondire la dottrina celeste, ma con tutto il cuore occorre indagare le testimonianze di Dio, così che, essendocene altre che non sono di Dio, meditiamo con cuore libero da altre occupazioni quelle testimonianze che abbiamo imparato essere di Dio.

3 Non certo gli operatori di iniquità hanno

camminato nelle sue vie.

Nel primo versetto si parla di via al singolare, in questo terzo si parla di più vie, il che significa che attraverso molte vie si arriva all’unica via, nella quale è beato chiunque sia immacolato. Geremia non ha fatto differenza tra la pluralità di vie e l’unica via, dicendo: Tenetevi sulle vie e interrogate le vie eterne del Signore e cercate quale sia la via buona. Bisogna dunque stare su più vie e interrogarne diverse. Queste varie vie sono del Signore ed eterne, e tra di esse occorre distinguere quale sia l’ottima. Le vie sono molte e molti sono i comandamenti del Signore, molti I profeti attraverso i quali si imbocca l’unica via, ma in esse gli operatori di iniquità non hanno camminato. Infatti se fossero rimasti nella legge, sarebbero arrivati all’ottima via del Nuovo Testamento. C’è la via attraverso Mosè, quella attraverso Giosuè, quella attraverso Davide, quella attraverso Isaia, quella attraverso Geremia, ce n’è attraverso gli apostoli e attraverso tutte queste vie è necessario arrivare a conoscere colui che ha detto: io sono la via e nessuno va al Padre se non attraverso di me.

4 Tu hai prescritto di custodire

i tuoi comandamenti con ardore.

Dobbiamo dunque agire non con animo distratto o indifferente, ma è bene che noi ci prendiamo cura con sollecitudine e premura dei comandamenti di Dio, affinché ciò che facciamo per la crescita della nostra fede lo compiamo nel rispetto di colui per il quale operiamo. Altrimenti, se avremo agito con svogliatezza e con la mente occupata altrove, le facoltà fisiche saranno impegnate nell’agire, ma per la negligenza non conseguiremo il merito della devozione.

5 Oh, siano dirette le mie vie

a custodire i tuoi decreti;

Dopo la custodia dei comandamenti, abbiamo l’osservanza delle disposizioni di giustizia. Le norme di giustizia sono molteplici e diverse da applicare in relazione alle singole categorie di doveri da osservare; per la nostra natura saremo incapaci di custodirle, se non ci guida Dio. Dobbiamo dunque essere guidati dalla sua grazia e da lui diretti, per arrivare a cogliere l’ordine delle regole di giustizia prescritte…

Quando raggiungeremo tutto questo, allora si potrà dire ciò che è contenuto nel seguente versetto:

6 allora non sarò confuso, se

terrò lo sguardo rivolto a tutti i tuoi comandamenti.

Se infatti non porremo attenzione a tutti i suoi comandamenti e non li praticheremo, e alcuni saranno trascurati, mentre altri saranno osservati a piacimento, non sarà rispettato l’ordine della regola di giustizia. Diversamente, se la custodia dei comandamenti sarà pari e identica in tutti su vie rette, non saremo confusi per vergogna di dimenticanza o negligenza, ma piuttosto godremo fiduciosi per l’osservanza di tutti i comandamenti.

7 Ti confesserò con rettitudine

di cuore per il fatto che ho appreso

i giudizi della tua giustizia;

8 custodirò i tuoi decreti: non abbandonarmi fino in fondo

Va rimossa ogni malizia dell’anima e va professata la fede con cuore retto e inflessibile, perché l’animo non sia irretito dagli interessi terreni né si perda fuori dai sentieri dell’insegnamento di Dio… Questo è il frutto della giustizia conosciuta: il rispetto delle disposizioni di giustizia di Dio; e per questo ha aggiunto: custodirò le tue regole di giustizia. Quale sarebbe il frutto dell’apprendimento dei giudizi di Dio, se l’osservanza delle norme di giustizia non succedesse alla nostra conoscenza?…

Secondo il profeta bisogna chiedere che il Signore non ci abbandoni del tutto; dice infatti:

8 custodirò i tuoi decreti: non abbandonarmi fino in fondo

E questa domanda si trova anche nei passaggi della preghiera di Gesù, quando si dice: non abbandonarci nella tentazione che non riusciamo a sopportare. L’apostolo sa che siamo abbandonati perché dobbiamo essere tentati, ma sa anche che Dio conosce la misura della nostra fragilità quando dice: Fedele è Dio, che non permette che siamo tentati al di sopra delle nostre forze. Dio, consegnando Giobbe alla tentazione, ha sottratto al potere del diavolo la sua anima e ha lasciato al tentatore un diritto proporzionato alla misura della fragilità umana. Perciò il profeta, consapevole della propria debolezza, chiede di non essere abbandonato del tutto.

Beth

9 In che modo correggerà il

giovane la sua via? Custodendo le tue parole.

10 Con tutto il mio cuore

ti ho cercato: non allontanarmi dai tuoi comandamenti.

11 Nel  mio cuore ho nascosto le

tue parole per non peccare contro di te.

12 Benedetto sei tu Signore: insegnami i tuoi  decreti!

13 Con le mie labbra ho proclamato

tutti i giudizi della tua bocca.

14 Nella via delle tue testimonianze

ho trovato diletto così come in tutte le ricchezze.

15 Mi eserciterò nei tuoi comandamenti e

considererò le tue vie.

16 Mediterò sui tuoi decreti non dimenticherò le tue parole.

.Nella seconda lettera dei successivi otto versetti il profeta ha rivolto a se stesso una domanda per coloro ai quali avrebbe dato una risposta dicendo:

9 In che modo correggerà il

giovane la sua via? Custodendo le tue parole.

Queste sono parole di chi formula la domanda. E subito arriva l’affermazione di chi risponde: custodendo le tue parole …

È auspicabile che ogni età passi dai vizi del proprio corpo all’impegno per una vita irreprensibile, perché è utile per la scomparsa dei vizi la correzione anche tardiva. Ma il profeta che educa l’uomo a piacere a Dio non aspetta a formarlo con la dottrina di Dio e i precetti del suo timore dopo una lunga e quotidiana consuetudine con i peccati, ma vuole che cresca fin dagli anni innocenti e dall’età ancora ignara del peccato, non solo con qualche episodico impegno di innocenza, ma anche con un comportamento senza macchia lungo l’adolescenza. Difficile è infatti smettere le abitudini, difficile è distogliersi da ciò che ci è familiare. La consuetudine comporta un grande vincolo; e quindi sarà ottimo adoratore non solo colui che il perdono dei peccati avrà reso senza colpa, ma colui che l’assenza stessa di peccati avrà dichiarato innocente.

Il profeta Geremia dimostra di conoscere la beatitudine di questa età quando dice: è bene per un giovane assumere un giogo pesante nella sua giovinezza; starà seduto in solitudine e tacerà. Non aspetta gli anni gelidi della vecchiaia né l’età in cui viene meno la dimestichezza col peccato. Vuole un soldato pronto a lotta prolungata; vuole un servo di Cristo che non sia macchiato neppure dal ricordo di colpe passate. Infatti in coloro che hanno creduto in età avanzata è presente, per dono di grazia, il perdono delle colpe passate; ma non manca, per naturale consapevolezza, il ricordo di ciò che hanno fatto. Bene, dice, è portare un giogo pesante. L’adulto che non è stato educato all’obbedienza mal sopporta questo peso. Al contrario la tenera età, grazie all’esercizio progressivo nella virtù, non avverte la fatica di un carico pesante. Ma una volta assunto il peso in giovinezza, che farà? Starà seduto, dice, da solo e tacerà. Raro è un soggetto del genere dove il passare degli anni procuri il perfezionamento del timore di Dio. Per questo siederà in solitudine, lontano dalle compagnie dissolute dell’adolescenza, come anche da quelle degli anziani da poco convertiti; perché non gli si addice l’espressione: Non ricordare Signore i peccati della mia giovinezza… Ritorna quindi alla sua persona il profeta, perché si riconoscesse riferito a lui quanto precedentemente affermato e dice:

10 Con tutto il mio cuore

ti ho cercato: non allontanarmi dai tuoi comandamenti.

Dio non respinge nessuno se non è l’interessato che si oppone, non rigetta nessuno se non è lui che non vuole. La ragione che il profeta ha avanzato per chiedere di non essere respinto dai comandamenti di Dio sta nel fatto che ha cercato Dio non parzialmente né con pigrizia, ma con tutto il cuore; per cui comprendiamo che viene tenuto lontano dai comandamenti di Dio chi è indegno di essere ammesso per il suo grande disimpegno…

11 Nel  mio cuore ho nascosto le

tue parole per non peccare contro di te.

Ricordiamo che si è soliti leggere qualcosa di simile, là dove si dice: è bene tenere nascosto il segreto del re… Leggiamo anche nel Vangelo di un tesoro scoperto in un campo fertile e fecondo, dove è stato nascosto, una volta acquistato il campo. Sappiamo che non bisogna gettare le perle ai porci, né dare ciò che è santo ai cani. Perciò comprendiamo che sono da conservare nel segreto del nostro cuore alcune cose, la cui divulgazione costituirebbe un reato paragonabile al peccato non remissibile. Così infatti disse: Ho nascosto nel mio cuore le tue parole, per non peccare contro di te. Se generalmente i peccati, secondo le circostanze differenti, sono commessi o contro di sé o contro di altre, tuttavia si possono ritenere commessi contro Dio, quando ciò che è destinato alla riservatezza segreta dei cuori, viene invece dato in pasto alla curiosità dell’opinione pubblica…

12 Benedetto sei tu Signore: insegnami i tuoi  decreti!

La più grande e principale impresa è conseguire questa scienza delle regole di giustizia di Dio. La debolezza della umana natura con difficoltà consegue la conoscenza di tante e tanto grandi realtà; e chiede di essere istruito perché è dono della divina bontà abilitare la debolezza dell’animo umano a un’osservanza dei doveri conforme e appropriata a ciascuna categoria.Viene quindi a discorrere anche dei giudizi di Dio, dicendo:

13 Con le mie labbra ho proclamato

tutti i giudizi della tua bocca.

Prima si parla dei comandamenti di Dio custoditi fin dalla giovinezza, poi di Dio cercato con tutto il cuore, quindi delle parole di Dio conservate nel segreto e delle regole di giustizia che si desidera imparare e ora dei giudizi che vengono proclamati. Si potrebbe forse pensare che il profeta non sia stato coerente e che si sia scordato di parole sue o di altri. Leggiamo infatti in questo libro dei salmi: i tuoi giudizi sono come il vasto abisso. L’apostolo Paolo dice: Imperscrutabili sono i giudizi di Dio e ancora il profeta: grande infatti sono i tuoi giudizi e innumerevoli. Come oserà il profeta dire: Sulle mie labbra ho pronunciato tutti i giudizi della tua bocca? Ma il profeta qui non contraddice se stesso né altri ugualmente ispirati. Non dice infatti: Sulle mie labbra ho pronunciato tutti i tuoi giudizi, ma dice: tutti i giudizi della tua bocca, consapevole della differenza esistente tra i giudizi di Dio e i giudizi della bocca di Dio… Ciò che ha potuto essere conosciuto attraverso i profeti o dalle parole di Dio, questo costituisce i giudizi che il profeta non ha tenuto nascosto; ed è quanto è stato predicato per farlo conoscere.

Dopo i giudizi della bocca di Dio, cioè la pubblica e costante predicazione, segue:

14 Nella via delle tue testimonianze

ho trovato diletto così come in tutte le ricchezze.

Il profeta non è lieto per la soddisfazione di una gioia ordinaria; gioisce infatti come in mezzo a ogni ricchezza: non semplicemente in mezzo alle ricchezze, ma in mezzo a ogni ricchezza. Le ricchezze consistono nell’oro, nell’argento, nel denaro, nell’abito,  nelle case, nei campi e nelle vigne, oliveti o prodotti. Ma il profeta del Signore è carico del raccolto degli insegnamenti ed è ricco di indicazioni efficaci della legge e dei profeti e ancor prima del tempo non è all’oscuro neppure dei precetti evangelici e apostolici. Conosce anche queste ricchezze Paolo parlando ai Corinti: Rendo grazie al mio Dio sempre per voi, per la grazia di Dio, che è stata data a voi in Cristo Gesù: perché in tutto siete stati arricchiti in lui, in ogni parola e in ogni scienza. In questo è ricco e di questo gioisce il profeta; ma non si deve pensare che abbia goduto di accumulare beni terreni, lui che ha potuto essere ricco del Signore solo con il disprezzo e la privazione del mondo.

Allietato nelle vie delle testimonianze di Dio, doveva impegnarsi in ciò che gli piaceva; e non c’è dubbio che vi attenda. Dice infatti nel settimo versetto:

15 Mi eserciterò nei tuoi comandamenti e

considererò le tue vie.

Ci vuole esercizio e perseveranza, per mantenere le attitudini alle funzioni necessarie; perché l’instabilità degli spiriti umani è pericolosa e dannosa… Ma anche qui si osserva un procedere ordinato. Infatti prima si richiede l’esercitazione nei comandamenti di Dio e solo dopo la considerazione delle sue vie. Se non precede la pratica fedele delle opere, non si acquista la conoscenza della dottrina e bisogna prima agire con fedeltà per conseguire la scienza

16 Mediterò sui tuoi decreti non dimenticherò le tue parole.

Il profeta non si discosta dall’ordine della dottrina perfetta. Medita sulle regole di giustizia su  cui aveva chiesto di essere istruito, come si esercita nei comandamenti.

Coloro che non hanno una chiara coscienza della purezza di cuore non possono pregare con queste parole del profeta: Ricompensa il tuo servo (v.17). Se infatti ci fosse una ricompensa proporzionata alle nostre opere, rimarremmo nella pena dei nostri peccati e delle nostre colpe. È già tanto se qualcuno ha avuto almeno la fiducia di ringraziare Dio così: Non secondo i nostri peccati ci ha trattato, e non secondo le nostre colpe ci ha ripagato, poiché quanto dista il cielo dalla terra ha allontanato da noi le nostre iniquità, perché egli conosce di cosa siamo fatti. È importante riconoscere l’abbondanza della misericordia di Dio su di sé e sapere che si sta perdendo l’abitudine di peccare e che per la misericordia si è cominciato a essere degni di Dio…

Gimel

17 Ricompensa il tuo servo, dammi  vita e custodirò le tue parole.

18 Togli il velo dai miei occhi e

considererò  le meraviglie dalla tua Legge.

19 Pellegrino io sono

sulla terra, non nascondermi i tuoi comandamenti.

20 Ha bramato l’anima mia di

desiderare i tuoi decreti in ogni tempo.

21 Hai minacciato i superbi, maledetti quelli che

deviano dai tuoi comandamenti.

22 Togli via da me obbrobrio e

disprezzo perché ho ricercato le tue testimonianze.

23 Ecco che i principi si sono

seduti e parlavano contro di me,

ma il tuo servo si esercitava nei tuoi decreti.

24 Infatti le tue testimonianze

sono la mia meditazione e mio consiglio sono i tuoi decreti

17 Ricompensa il tuo servo, dammi  vita e custodirò le tue parole.

Vivrò, dice, e osserverò le tue parole (v. 17 variante).

Vivrò e osserverò non riguarda il presente, ma il senso dell’espressione si estende al futuro. Il profeta infatti sa quando sarà il tempo della beata e vera vita dei viventi. Ora infatti restiamo in polvere di morte e siamo in un corpo di morte, dal quale l’apostolo chiede di essere liberato quando dice: me misero, chi mi libererà dal corpo di questa morte. Portiamo ancora frammista a noi una materia soggetta alla legge della morte e del peccato. Della dimora di questa carne fragile e malata noi contraiamo per partecipazione il contagio della corruzione e non può esserci noi la natura della vera vita se non in un corpo che ha raggiunto la gloria di una natura spirituale. Ascoltiamo colui che ricordò di abitare in un corpo di morte quando dice che la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Ma quando Cristo apparirà, nostra vita, allora anche voi apparirete con lui della gloria. Questa è dunque la ricompensa che il profeta chiede per sé, cioè di vivere, indicando altrove il tempo di questa vita futura, quando dice: E sarò gradito Dio nella regione dei viventi… Poiché la legge è ombra dei beni futuri ci ha insegnato attraverso questa significativa prefigurazione che in questa abitazione del corpo terreno e soggetto a corruzione non possiamo essere puri, se non otteniamo attraverso il lavacro della celeste misericordia la purificazione, una volta raggiunta una condizione di gloria superiore da parte del nostro corpo terreno dopo il cambiamento della risurrezione…

18 Togli il velo dai miei occhi e

considererò  le meraviglie dalla tua Legge.

Il profeta sa che una nube di oscurità si erge davanti agli occhi mortali del corpo. Sa che quanto è prescritto alla lettera dalla legge è ombra e specchio delle realtà future. Egli legge sì la legge, ma preferisce contemplare le meraviglie della legge. Ricorda che i sabati sono santi, ma desidera essere nel riposo dei sabati eterni. Usa certo i pani azzimi, ma si affretta a gettare via il fermento della vecchia natura. Immola l’agnello pasquale, ma brama stare alla presenza di quell’agnello rivelato da Giovanni. Osserva la legge del settimo anno, ma trascorsi i settemila anni si aspetta di essere libero dal mondo. Adempie la legge del giubileo del cinquantesimo anno, ma si affretta a ottenere la remissione e il rinnovamento di Pentecoste. Sa che per disposizione di Dio, secondo l’esemplare celeste, è stato istituito da Mosè un altare e Aronne è stato vestito con ambito e ornato sacerdotale, ma si affretta a trovarsi tra i ministeri del principe dei sacerdoti, in figura del quale queste cose avvenivano. Prega di essere introdotto in una Terrasanta, terra dove scorre latte e miele, lui che si sente straniero in tutto questo mondo… Queste sono dunque le meraviglie della legge, nascoste a occhi velati, e il profeta chiede di vedere: vedere cioè liberato dal corpo corruttibile e infermo, quelle realtà grandi, mirabili dei cieli che vengono preannunciate attraverso l’osservanza letterale della legge… Non cambia lo stato d’animo dell’orante. Dopo queste parole infatti dice:

19 Pellegrino io sono

sulla terra, non nascondermi i tuoi comandamenti.

Lo straniero non abita una terra sulla quale abbia diritto, ma aspetta da essa come straniero e pellegrino il frutto di una attività provvisoria. Esperto di questa modalità di residenza è l’apostolo secondo cui bisogna emigrare dal corpo e rimanere con Cristo. Perciò il profeta intuendo nella fede alcuni aspetti della vita futura, benché abiti nel corpo, si trova già altrove con lo sguardo dello spirito fisso al cielo… Il profeta professandosi straniero prega che i comandamenti di Dio non gli siano nascosti. Solo infatti chi è esule dal proprio corpo, è degno di conoscere comandamenti di Dio.

20 Ha bramato l’anima mia di

desiderare i tuoi decreti in ogni tempo.

Le espressioni di questo profeta non si confondono con il linguaggio corrente o del mondo. Egli ha acutamente penetrato il significato del linguaggio usuale con la profondità della sua intelligenza dicendo: la mia anima arse dal desiderio dei tuoi giudizi in ogni tempo. A molti sarà sembrato più giusto che dicesse: l’anima mia desidera i tuoi giudizi in ogni tempo. E forse alcuni ritengono che queste parole vadano interpretate così. Ma il profeta ricorda che è arduo e assai pericoloso per la natura umana desiderare i giudizi di Dio. Se nessuno di coloro che vivono al suo cospetto è puro, come può essere desiderabile il suo giudizio?… Il profeta si è attenuto al livello della natura e della coscienza umana quando dice: la mia anima arse dal desiderio dei tuoi giudizi in ogni tempo. Infatti non desidera il giudizio, ma arde al punto da desiderare: era mosso dalla brama del desiderio, non del giudizio… Sa che costante e senza posa deve essere l’aspirazione a questo desiderio; per questo ha aggiunto: in ogni tempo, insegnando che deve essere incessante così da essere sempre animati dalla brama di questo desiderio…

21 Hai minacciato i superbi, maledetti quelli che

deviano dai tuoi comandamenti.

O infelice superbia, che disdegna vivere sotto precetti celesti, che prova fastidio dei comandamenti divini per degenerazione di animo senza fede! Molte sono le mancanze dei vizi umani e diverse e innumerevoli le azioni di peccato, ma nessuna più della superbia provoca contro di noi l’ira di Dio.…

22 Togli via da me obbrobrio e

disprezzo perché ho ricercato le tue testimonianze.

I peccati sono degni di vergogna: per questo i peccatori risorgeranno per la vergogna eterna. Che poi tutti i peccati siano degni di vergogna, lo impariamo dai Vangeli, allorché il Signore incominciò a minacciare quelle città nelle quali erano stati compiuti diversi miracoli e non si erano convertite: Chorazain e Bethsaida. Ciò che ha avuto inizio da quelle città è necessario che avvenga in tutte quelle assimilate dalla stessa colpa e che per l’umanità che non si converte e che non persevera nella via del Vangelo risuoni la riprovazione contenuta nel salmo: Quale utilità nel mio sangue mentre discendo nella corruzione? Rimprovera infatti superbi e maledetti di ritenere che non ci fosse alcuna utilità nel ministero del suo sangue e della morte, quando invece egli per noi è nato, ha patito ed è morto. Il profeta poi cerca le testimonianze di Dio non nella tranquillità né nell’arroganza procurata dai successi, ma cerca anche se molti prendono posizione contro di lui, complottano contro di lui:

23 Ecco che i principi si sono

seduti e parlavano contro di me,

ma il tuo servo si esercitava nei tuoi decreti.

Sa che la forza di una fede profetica è invisa ai re di questo mondo; sa che anche gli apostoli si sarebbero resi odiosi a tutti a causa del nome cristiano. I principi siedono contro il profeta e lo calunniano allorché ascoltano Isaia che dice: Ascoltate la parola del Signore principi di Sodoma, fate attenzione alla legge di Dio popolo di Gomorra. Per decisione loro Isaia fu segato, lo stesso Geremia è chiuso in carcere, Daniele è gettato ai leoni incitati alla crudeltà dalla fame, Zaccaria è ucciso tra il tempio e l’altare, gli apostoli sono feriti, mutilati, crocifissi per eliminare la predicazione di Dio, per impedire la dottrina profetica, per bloccare la via della vita eterna. Ma la fede ferma disprezza questi convegni di re e questi discorsi denigratori.

24 Infatti le tue testimonianze

sono la mia meditazione e mio consiglio sono i tuoi decreti

Deleth

25 Ha aderito al pavimento l’anima

mia. Fammi vivere secondo la tua parola.

26 Ti ho esposto le mie vie

e mi hai esaudito, insegnami i tuoi decreti.

27 Fammi comprendere la via dei

tuoi decreti e mi eserciterò nelle tue meraviglie.

28 ha sonnecchiato per il tedio

l’anima mia. Confermami nelle le tue parole!

29 Allontana da me la via della

iniquità e  per la tua legge abbi misericordia di me!

30 Ho scelto la via della verità,

i tuoi giudizi non ho dimenticato.

31 Ho aderito alle tue testimonianze

Signore non farmi arrossire.

32 Ho corso la via dei tuoi

comandamenti , quando hai dilatato  il mio  cuore .

25 Ha aderito al pavimento l’anima

mia. Fammi vivere secondo la tua parola.

Si può intendere riferito alla preghiera assidua, nel senso che il profeta sarebbe incollato alla terra in quanto prostrato a terra nella confessione dei peccati…

26 Ti ho esposto le mie vie

e mi hai esaudito, insegnami i tuoi decreti.

27 Fammi comprendere la via dei

tuoi decreti e mi eserciterò nelle tue meraviglie.

Coloro che si comportano secondo i piaceri del corpo, camminano nelle proprie vie. Quanti invece, lasciata ogni dimestichezza con i vizi della carne, vivono nella fedeltà ai precetti di Dio, ormai camminano non nella propria via, ma in quella di Dio…

28 ha sonnecchiato per il tedio

l’anima mia. Confermami nelle le tue parole!

Tutto il discorso precedente e conseguente ha in sé un’ammissione di umiltà e di debolezza: l’anima che sta incollata al pavimento, le vie dei peccatori che vengono riconosciute, la domanda di comprensione della via delle regole di giustizia. Si capisce perciò che ora si lamenti e che la sua anima si addormenti, stanca dell’abitazione mortale, mentre ancora non comprende la via delle regole di giustizia e rimane tuttora incollata al suolo. E prega di essere confermato nelle vie di Dio proprio perché si assopisce per stanchezza… Il profeta anche se assopito non dorme; e per questo, per non cadere  nel sonno aggiunge: conferma me nelle tue parole.  Così che, confermato dall’intelligenza di tutte le regole di giustizia che ha precedentemente richiamato, non solo non dorma, ma piuttosto rimanga sveglio senza alcuna sonnolenza.

29 Allontana da me la via della

iniquità e  per la tua legge abbi misericordia di me!

Chiede dunque di allontanare da sé la via di peccato, che conduce facilmente al peccato, cioè di eliminare ogni desiderio di piaceri corporali e che non l’ assalga alcuna tentazione di concupiscenza o di ignoranza, per la quale, come attraverso una strada si giunge al peccato…

30 Ho scelto la via della verità,

i tuoi giudizi non ho dimenticato.

Molti amano una via, ma non tutti amano quella della verità… Il profeta parla animato dallo spirito di colui che una volta incarnato avrebbe detto: io sono la via, la verità la vita. C’è sintonia tra il linguaggio dottrinale e la confessione profetica; dice infatti:

31 Ho aderito alle tue testimonianze

Signore non farmi arrossire.

perché ha meritato il perdono degli antichi e precedenti peccati aderendo alle testimonianze del Signore. Sa infatti che è stato detto nelle parole di Dio: ecco dissolverò come nube le tue ingiustizie e come nebbia i tuoi peccati. Il Signore ha il potere di rimuovere tutto ciò che ci riempie di vergogna e di confusione…

32 Ho corso la via dei tuoi

comandamenti , quando hai dilatato  il mio  cuore .

Gradualmente è arrivato a questo punto. Si passa dall’abbandono della via di iniquità all’amore per la via di verità, al legame indissolubile con le testimonianze, per correre nella via dei comandamenti di Dio. Ma la via che conduce alla vita è angusta e tormentata: angusta, perché bisogna introdursi in essa con diligenza e cautela; tormentata, perché la si percorre attraverso molte tribolazioni e sofferenze… Dopo aver detto: sulla via dei tuoi comandamenti ho corso, aggiunse: quando hai dilatato il mio cuore. Dilatato quel cuore che per la fede si espande alla capacità della dottrina di Dio. E questo è detto dei credenti: e abiterò e camminerò in essi. È dilatato dunque quel cuore in cui risiede il mistero del Padre e del Figlio, in cui lo spirito Santo si compiace di abitare a suo agio.

He

33 Imponimi per legge, Signore, la

via dei tuoi decreti e la ricercherò  sempre.

34 Dammi intelligenza e scruterò

la tua legge e la custodirò con tutto il mio cuore.

35 Guidami nel sentiero

dei tuoi comandamenti perché questo ho voluto.

36 Piega il mio cuore alle tue

testimonianze e non alla cupidigia.

37 Distogli i miei occhi perchè

non vedano la vanità; nella tua via fammi vivere.

38 Conferma nel tuo servo la tua

parola nel tuo timore!

39 Togli il mio obbrobrio

che ho paventato, perché i tuoi giudizi sono soavi.

40 Ecco, ho bramato i tuoi comandamenti,

nella tua giustizia fammi vivere.

33 Imponimi per legge, Signore, la

via dei tuoi decreti e la ricercherò  sempre.

34 Dammi intelligenza e scruterò

la tua legge e la custodirò con tutto il mio cuore.

35 Guidami nel sentiero

dei tuoi comandamenti perché questo ho voluto.

36 Piega il mio cuore alle tue

testimonianze e non alla cupidigia.

Per il fatto che gli uni abbiano detto: verso il profitto, mentre altri abbiano detto: verso l’avarizia, si capisce come sia qui soggiacente l’idea di utilità. Infatti gli uomini del mondo chiamano profitto il denaro, l’argento, l’oro, le altre fonti di ricchezza. Quindi poiché il profeta domanda il suo cuore sia inclinato verso le testimonianze di Dio e non verso il profitto, distoglie senza dubbio il proprio cuore, inclinato verso le testimonianze di Dio, da ciò che secondo il giudizio umano è ritenuto profitto… Non occorre cercare a lungo per sapere quale sia il premio per chi distoglie gli occhi dalla vanità: segue infatti: e vivrò nella tua via…

37 Distogli i miei occhi perchè

non vedano la vanità; nella tua via fammi vivere.

38 Conferma nel tuo servo la tua

parola nel tuo timore!

39 Togli il mio obbrobrio

che ho paventato, perché i tuoi giudizi sono soavi.

40 Ecco, ho bramato i tuoi comandamenti,

nella tua giustizia fammi vivere.

Vav

41 E venga su di me la tua

misericordia, Signore, la tua salvezza secondo la tua parola,

42 e risponderò una parola a quelli

che mi insultano, perché ho sperato nelle tue parole.

43 Non togliere mai dalla mia bocca

la parola di verità perché nei tuoi giudizi ho tanto sperato;

44 e custodirò la tua legge sempre nel secolo

e nel secolo del secolo.

45 E camminavo al largo

perché ho ricercato i tuoi comandamenti

46 e parlavo delle tue testimonianze davanti ai re

e non ne avevo vergogna;

47 e meditavo i tuoi comandamenti che ho amato,

48 e ho alzato le mie mani verso i

tuoi comandamenti che ho amato,

e mi esercitavo nei tuoi decreti.

41 E venga su di me la tua

misericordia, Signore, la tua salvezza secondo la tua parola,

Anzitutto dunque chiede misericordia, successivamente la salvezza. La nostra salvezza viene dalla misericordia di Dio e ciò è in noi dono della sua bontà. Perché è il profeta non sembrasse pregare mosso dalla speranza incerta e infondata, richiama anzitutto la misericordia, poi la salvezza. In terzo luogo soggiunge: secondo la tua parola, per mostrare che questa fiducia della preghiera scaturisce secondo la parola di Dio, cioè dall’insegnamento della legge.

42 e risponderò una parola a quelli

che mi insultano, perché ho sperato nelle tue parole.

43 Non togliere mai dalla mia bocca

la parola di verità perché nei tuoi giudizi ho tanto sperato;

Il profeta chiede che gli sia concesso ciò che ancora non ha dimostrato di meritare di ottenere. Vuole che tutto abbia inizio dalla bontà di Dio verso di lui. Dice infatti: e non togliere dalla mia bocca la parola di verità completamente… Ogni espressione della bocca è a servizio del sentire e dei movimenti del cuore. Il motivo per cui il profeta chiede che non sia tolta dalla sua bocca la parola di verità  lo insegna ciò che segue questo passo… Sperando nei giudizi di Dio non ha temuto che venisse tolta dal suo cuore la parola di verità. Conosce quali siano i peccati che tolgono dalla bocca la parola di verità. Al peccatore infatti Dio ha detto: perché tu racconti le mie regole di giustizia? Non dice infatti: Perché non ti ricordi dei miei atti di giustizia. Ma ha ammonito invece chi è rimasto nel peccato ad astenersi dal ministero della predicazione. Vuole infatti che sia libero dal peccato  il predicatore dell’insegnamento celeste; vuole che le sue parole siano presentate nella castità della bocca di un corpo casto… Riconoscendo cioè la propria pochezza, domanda che non sia tolta da sé la parola di verità a onore di colui che solo è senza peccato.

44 e custodirò la tua legge sempre nel secolo

e nel secolo del secolo.

Il profeta non ha assolutamente paura della fine della sua vita. Infatti la sua fede non è limitata dai secoli, ma nel compito di custodire la legge raggiunge l’infinito.

44 e custodirò la tua legge sempre nel secolo

e nel secolo del secolo.

45 E camminavo al largo

perché ho ricercato i tuoi comandamenti

Ed entravo in uno spazio ampio, perché ho cercato i tuoi comandamenti (v. 45) il profeta sa che in mezzo alle sofferenze delle prove umane è necessario stare rivolti a Dio con cuore largo. Lo stesso apostolo lo insegna dicendo: dappertutto siamo tribolati, ma non allo stretto… Angusti sono i cuori dei peccatori e uno spirito colpevole non accoglie Dio come ospite. Occorre infatti un’abitazione aperta per Dio che è incontenibile, perciò il profeta cammina nello spazio ampio, in quanto lui è l’abitazione di Dio che parla attraverso di lui. Indica anche il motivo della sua ampiezza quando dice: perché ho insistentemente cercato i tuoi comandi…

46 e parlavo delle tue testimonianze davanti ai re

e non ne avevo vergogna;

Il profeta parla infatti costantemente contro i signori della terra quando annuncia Dio. Per di più è duplice il significato di questa espressione; anzitutto nel senso che secondo i precetti del signore bisogna che noi predichiamo Cristo di fronte ai re e ai potenti e non c’è motivo per lasciarsi intimorire dall’autorità dei potenti della terra. L’espressione può essere riferita anche a coloro di cui anche l’apostolo parla: già senza di noi regnate ; cioè come se fosse al cospetto di santi che spesso sono chiamati re della terra.

47 e meditavo i tuoi comandamenti che ho amato,

Non solo conviene che noi parliamo delle testimonianze di Dio, ma che noi custodiamo con meditazione quotidiana tutti i comandamenti della legge. La meditazione da sola non serve, se la stessa legge, oggetto della meditazione, non è amata, e nemmeno basta amare con un amore ordinario, se non si ama con forte intensità ciò che è oggetto d’amore. Per questo il discorso del profeta è ordinato e completo nel suo percorso, quando dice: e meditavo sui tuoi comandamenti che ho amato intensamente… L’impegno assunto deve essere costantemente attuato e non deve mai essere interrotto da nessun inganno di pigrizia e di negligenza.

48 e ho alzato le mie mani verso i

tuoi comandamenti che ho amato,

e mi esercitavo nei tuoi decreti.

L’esercizio manifesta l’assiduità nell’azione. Insegna dunque di praticare un’ osservanza dei precetti costante e sempre rivolta alle realizzazioni di quelle regole di giustizia celeste di cui abbiamo prima parlato, mentre ora si esercita nelle regole di giustizia della legge presente e segnata dall’ombra dei beni futuri.

Zain

49 Ricordati della tua parola

al tuo servo nella quale mi hai dato speranza

50 Questa mi ha consolato nella

mia umiliazione, poiché la tua parola mi ha fatto vivere.

51 I superbi si comportavano in

modo iniquo, ma dalla tua legge non ho deviato.

52 Mi sono ricordato, Signore, dei

tuoi giudizi che sono da sempre, e sono stato consolato.

53 Sgomento mi ha preso per i

peccatori che abbandonano la tua legge.

54 Tema di canto erano per me i tuoi decreti

nel luogo del mio esilio.

55 Mi sono ricordato di notte del

tuo nome, Signore, e ho custodito la tua legge.

56 Questo mi è avvenuto perché

ho ricercato i tuoi decreti

49 Ricordati della tua parola

al tuo servo nella quale mi hai dato speranza

Il profeta che ha creduto alle promesse di Dio, non richiama Dio al ricordo della sua parola, ma chiede che si ricordi della sua parola nel suo servo, così da essere considerato il luogo idoneo in cui Dio si degna di ricordarsi della sua parola, nella quale ha donato speranza.

50 Questa mi ha consolato nella

mia umiliazione, poiché la tua parola mi ha fatto vivere.

Questa si riferisce alla speranza che Dio gli ha fatto sperimentare. Essa l’ha consolato nell’umiliazione, quando cioè era disprezzato, deriso, colpito da ingiuria, diffamato da calunnie, consapevole di essere in situazioni di lotta contro le prove presenti. Ma la speranza donata dal Signore lo consola nel mezzo di questi combattimenti sopportati dalla sua debolezza; è vivificato inoltre dalle parole di Dio.

51 I superbi si comportavano in

modo iniquo, ma dalla tua legge non ho deviato.

Tra le troppe ed eccessive iniquità dei superbi, agivano infatti assai iniquamente, il profeta non devia neppure con minimo scarto dalla legge di Dio.

52 Mi sono ricordato, Signore, dei

tuoi giudizi che sono da sempre, e sono stato consolato.

Qui ora dice soltanto dal secolo, e non dal secolo del secolo, perché tutti i giudizi di Dio che ci riguardano sono stati stabiliti dai tempi di questo secolo e di questo mondo.

53 Sgomento mi ha preso per i

peccatori che abbandonano la tua legge.

Ogni santo che sia colpito ha pietà non della debolezza propria di chi è colpito ma dell’insolenza di chi lo colpisce, così come un padre offeso da un figlio insano o come un medico offeso da un malato fuori di mente.

54 Tema di canto erano per me i tuoi decreti

nel luogo del mio esilio.

Con il suo esempio insegna che, una volta accolti nelle orecchie i cantici dei salmi, essi vanno conservati nel cuore e sempre ripresi attraverso la bocca. Ha letto e ascoltato non con negligenza , come egli stesso predica e non ha accolto le parole divine, come capita per la nostra mancanza di fede, con orecchie intente ad altro o facili a dimenticare; ma per lui sono cantabili cioè cantate incessantemente.

55 Mi sono ricordato di notte del

tuo nome, Signore, e ho custodito la tua legge.

Sa che soprattutto la notte è il tempo in cui ricordarsi del nome di Dio. Sa che soprattutto allora è da mantenere la custodia della legge di Dio, quando i desideri impuri assalgono l’anima, quando le suggestioni dei vizi agitano il corpo per l’alimentazione appena assunta; allora il nome di Dio va ricordato, allora va custodita  la sua legge che prescrive la purezza, la continenza, il timore di Dio.

56 Questo mi è avvenuto perché

ho ricercato i tuoi decreti

Questa è stata fatta per me, perché ho ricercato le tue regole di giustizia ( variante )

“Questa” si riferisce alla memoria, grazie alla quale nella notte mi sono ricordato del nome di Dio. Dicendo: è stata fatta per me, intende che non è comparsa improvvisamente nè è stata accolta saltuariamente, ma sempre è stata presente e radicata nel suo intimo per una certa vita di fede e quindi fatta per lui, in quanto egli ha cercato le regole di giustizia; è utile perciò indagare le regole di giustizia di Dio incessantemente, perché mediante la ricerca di lui conserviamo sempre la memoria di Dio, in Cristo Gesù, al quale va la gloria nei secoli dei secoli. Amen

Het

57 Mia porzione sei tu, Signore, ho

detto di custodire la tua legge,

58 ho supplicato il tuo volto

con tutto il mio cuore. Abbi pietà di me secondo la tua parola.

59 Ho pensato alle mie vie e hai

volto i miei piedi nelle tue testimonianze.

60 Sono pronto e non

sono turbato per  custodire i tuoi comandamenti.

61 Le funi dei peccatori mi hanno

avvinto, ma non ho dimenticato la tua legge.

62 Nel mezzo della notte mi

alzavo a lodarti, per i giudizi della tua giustificazione.

63 Partecipe io sono di tutti quelli

che ti temono e custodiscono i tuoi comandamenti.

64 Della misericordia del Signore

è piena la terra, insegnami i tuoi decreti.

57 Mia porzione sei tu, Signore, ho

detto di custodire la tua legge,

Raro è chiunque abbia questa fiducia per cui osi dire che Dio è la sua parte di eredità. Occorre rinunciare al mondo e a tutti i suoi beni, perché Dio diventi la nostra parte di eredità. Mentre se noi siamo prigionieri dell’ambizione, se siamo totalmente presi dall’assillo del denaro, se ci lasciamo vincere dalla seduzione dei piaceri, se ci trattiene la gestione dei beni familiari, Dio non sarà la parte di eredità per noi schiavi degli affanni mondani e dei vizi...

58 ho supplicato il tuo volto

con tutto il mio cuore. Abbi pietà di me secondo la tua parola.

Siccome sa che la legge dice che nessuno può vedere Dio e restare in vita e siccome dalla beatitudine evangelica risulta con certezza che tutti i puri di cuore vedranno Dio, ha espresso l’intensità del suo desiderio temperandola con la modestia perfetta di queste parole: ho supplicato il tuo volto con tutto il mio cuore.

59 Ho pensato alle mie vie e hai

volto i miei piedi nelle tue testimonianze.

Partendo da ciò che riferisce di fare o di aver fatto, il profeta insegna ciò che convenga fare anche a noi. Considera infatti le sue vie e, una volta considerate, rivolge i suoi passi verso le testimonianze di Dio. Non ha fatto nulla che non abbia prima analizzato nel pensiero. Non ha mosso la lingua per il suo servizio, non ha compiuto un passo verso il lavoro da fare, non ha allungato la mano per qualche iniziativa, senza prima ponderare tutto ciò e così ha portato a realizzazione e compimento ciò che ha valutato. Ha visto dunque, prima di tutto, le vie della sua vita e quando ha trovato quella gradita e preferibile, allora si inoltra in essa; cioè soppesate tutte le vie dell’attività umana, una volta vagliato cosa gli fosse utile, ha rivolto i passi della sua fede verso le testimonianze divine.

60 Sono pronto e non

sono turbato per  custodire i tuoi comandamenti.

Chi si prepara a qualcosa, si prepara con un prolungato esercizio a ciò che costituisce l’oggetto della sua riflessione, perché la forza di una crisi improvvisa non lo distolga per negligenza e leggerezza dalla decisione che ha preso...

Sia dunque noi questa fiducia e la sua voce, così che quando le lusinghe si insinuano, le passioni premono, i pericoli logorano, i supplizi mettono in croce, osiamo dire: sono preparato e non sono turbato, per custodire i tuoi comandamenti…

61 Le funi dei peccatori mi hanno

avvinto, ma non ho dimenticato la tua legge.

Apprendiamo da Isaia che ci sono le funi dei peccatori quando dice: Guai a quanti legano i peccati come una lunga fune, poiché intrecciano peccati come una lunga fune, sul modello cioè della corda che aumenta da piccoli nodi fino a considerevole spessore.

62 Nel mezzo della notte mi

alzavo a lodarti, per i giudizi della tua giustificazione.

Il profeta non passa tutto il tempo della notte a dormire e non rimane a letto a poltrire; si alza a lodare Dio non solamente durante la notte, ma nel mezzo della notte.

63 Partecipe io sono di tutti quelli

che ti temono e custodiscono i tuoi comandamenti.

E’ dunque partecipe di quanti temono Dio là dove soffre con chi soffre, piange con chi piange, condivide il dolore di un altro membro quasi fosse membro dello stesso corpo. Diventa perciò partecipe di coloro che temono Dio per la condivisione delle sofferenze.

64 Della misericordia del Signore

è piena la terra, insegnami i tuoi decreti.

Piena della misericordia di Dio è la terra contaminata, corrotta, senza religione, infedele, perduta. Il profeta non accetta che gli apra e gli consegni la chiave un dottore della legge, perché aspetta piuttosto come maestro della scienza celeste il Signore nostro Gesù Cristo.

Teth

65 Hai usato bontà col tuo servo,

Signore, secondo la tua parola.

66 Insegnami bontà e disciplina

e conoscenza perché ho creduto ai tuoi comandamenti.

67 prima di essere umiliato io ho

sbagliato, per questo ho custodito  il tuo dire

68 buono sei tu e nella tua bontà

insegnami i tuoi decreti.

69 Si è moltiplicata contro di me

l’ingiustizia dei superbi,

ma io con tutto il cuore scruterò i tuoi comandamenti.

70 Si è rappreso come latte

il loro cuore, ma io ho meditato la tua legge.

71 E’ bene per me che tu mi abbia

umiliato perché impari i tuoi decreti.

72 E’ un bene per me la legge della

tua bocca, più che l’oro e l’argento a migliaia.

65 Hai usato bontà col tuo servo,

Signore, secondo la tua parola.

66 Insegnami bontà e disciplina

e conoscenza perché ho creduto ai tuoi comandamenti.

67 prima di essere umiliato io ho

sbagliato, per questo ho custodito  il tuo dire

Non arriva la tribolazione delle sofferenze se non vengono prima i peccati, nè siamo umiliati dalle sofferenze prima di meritarle per colpa dei peccati. Il profeta insegna che la sua umiliazione è espiazione del peccato e per questo sa che è bene tutto quanto riceve da Dio, perché ha meritato di patire ciò che ha incominciato a patire. Sa anche che la disciplina è correzione dei vizi. Prima dunque ha peccato, successivamente è stato umiliato e attraverso l’esercizio dell’umiltà occorre che impari a non peccare e a rimanere nelle parole di Dio.

68 buono sei tu e nella tua bontà

insegnami i tuoi decreti.

Il profeta sa che le regole di giustizia di Dio sono buone, perché è buono colui che le ha stabilite

69 Si è moltiplicata contro di me

l’ingiustizia dei superbi,

ma io con tutto il cuore scruterò i tuoi comandamenti.

Il profeta, sopportando tutto con pazienza e con l’animo retto, è incappato nell’ostilità dei superbi e degli iniqui. Se qualcuno infatti ricorda i rimproveri dei tre re contro Giobbe, capirà da quale affronto e presa in giro egli sia esacerbato. Infatti quando alcuni non credenti vedono che i servi di Dio sono messi alla prova da alcune sofferenze, sono soliti fare questi rimproveri: “dov’è la fede? Dove la speranza in Dio? Dove la potenza di colui che aiuta? Dove la misericordia di un dio buono?”. Contro queste rimostranze occorre un animo fermo e fedele, intento ai comandamenti di Dio e da essi assorbito, per non cedere alle iniquità dei superbi moltiplicate contro di sé, ma per dire sempre: Sei stato buono con il tuo servo, Signore, come dice quel glorioso e beato vincitore delle sofferenze umane: il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore.

70 Si è rappreso come latte

il loro cuore, ma io ho meditato la tua legge.

Egli dice che il cuore dei superbi è come latte cagliato. Il latte, per qualità e sapore è gradevolissimo; quando è avariato da qualche fattore si condensa e perdendo il suo gusto naturale diventa acido e amaro. Perciò in un primo tempo gli iniqui, vedendo il profeta in condizioni favorevoli, amici nella buona sorte, sono stati gradevoli come il latte nella sua scioltezza. Ma quando l’umiltà del santo uomo ha provocato in loro superbia e fastidio, sono diventati latte cagliato e da gradevoli e dolci adulazioni sono passati all’amarezza di un sapore cattivo e acido. Mentre essi si sono ridotti a essere come latte cagliato, il profeta è rimasto fedele alla meditazione della legge di Dio.

71 E’ bene per me che tu mi abbia

umiliato perché impari i tuoi decreti.

Benché l’empietà dei superbi si moltiplichi e il loro cuore come il latte si condensi, il profeta sa tuttavia che la sua umiliazione è per lui un bene. Sa, seguendo l’apostolo, che la potenza si raggiunge nella debolezza. Ogni sofferenza è un bene, tutte le tribolazioni sono un bene e attraverso di esse si conoscono le regole di giustizia di Dio; per correggere i peccatori con l’umiltà, per riprendere quelli che sbagliano con la severità, per istruire gli ignoranti con la dottrina.

72 E’ un bene per me la legge della

tua bocca, più che l’oro e l’argento a migliaia.         

Le parole di questa conclusione non sono semplici. Sarebbe bastato infatti alla riconoscenza del profeta che avesse detto: per me è un bene la tua legge. Ma poiché aggiunge: la legge della tua bocca, ciò significa che ha inteso qualcosa di più profondo. Dio ha proclamato la legge attraverso Mosè, l’ha annunciata attraverso i profeti, ma questa è la legge di Dio, non la legge della bocca di Dio. Bocca di Dio è colui che è la potenza di Dio, la sapienza di Dio, il braccio di Dio, l’immagine di Dio,  cioè il nostro Dio e Signore Gesù Cristo.

73 Le tue mani mi hanno fatto e

plasmato, dammi intelligenza e

imparerò i tuoi comandamenti.

74 Quelli che ti temono mi

vedranno e gioiranno perché nelle

tue parole ho tanto sperato.

75 Ho conosciuto, Signore, che

giustizia sono i tuoi giudizi e

secondo verità mi hai umiliato.

76 Sia la tua misericordia

a consolarmi secondo la tua parola al tuo servo.

77 Vengano a me le tue compassioni

e vivrò, perché la tua legge

è la mia meditazione.

78 Siano confusi i superbi,

perché ingiustamente hanno

commesso iniquità contro di me,

ma io mi eserciterò nei tuoi comandamenti.

79 Si volgano a me quelli che ti temono e conoscono

le tue testimonianze.

80 Diventi il mio cuore immacolato

nelle tue giustificazioni così che io non sia confuso

73 Le tue mani mi hanno fatto e

plasmato, dammi intelligenza e

imparerò i tuoi comandamenti.

E senza dubbio bisogna ritenere che non a caso il profeta non si sia limitato a dire: le tue mani mi hanno fatto, e abbia invece aggiunto mi hanno plasmato o preparato, ma il profeta, cosciente della grandezza della propria condizione, ha potuto sottolineare in questo la speciale dignità della sua origine dicendo anzitutto: le tue mani mi hanno fatto… Tutto ciò da cui o con cui è stato creato il complesso di tutto il mondo, ha il suo inizio da una dichiarazione e ha incominciato a godere della esistenza di cui vive dalla parola di Dio. Ma per l’uomo Dio si è espresso così: facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza. Quindi la natura e l’origine dell’uomo è diversa dalla costituzione di tutto il creato; e proprio nel suo caso prima si valuta e si arriva a decisione in ordine alla sua creazione, mentre la vita delle altre creature è stata decisa senza previo confronto... Le mani del Signore non hanno fatto gli animali di terra, di mare e di cielo; le scritture non hanno mai parlato di ciò. E questo costituisce per l’uomo l’eccezionalità e l’onore, che lo distingue dagli altri per la dignità della sua creazione… Anche se il cielo è stato fatto con una mano, l’uomo invece è stato fatto con le mani. L’opera di due mani è superiore alla fatica di una sola. Quanto è sufficiente per il firmamento non basta per la condizione dell’uomo. L’uomo dotato di una natura interiore e una esteriore, diverse l’una dall’altra, che costituiscono però, pur essendo due elementi, un solo essere vivente partecipe della ragione, è creato con una doppia origine. Anzitutto infatti si dice: facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza, quindi segue: e Dio prese la polvere dalla terra e plasmò l’uomo. La prima opera non proviene da un’altra natura assunta altrove. È incorporeo ciò che comincia in quel momento per decisione frutto di consultazione; nasce infatti a immagine di Dio. Non immagine di Dio, perché l’immagine di Dio è il primogenito di ogni creatura; ma a immagine, cioè secondo il genere dell’immagine e della similitudine. Ciò che veniva creato secondo l’immagine e la somiglianza di Dio richiedeva un elemento divino e incorporeo. È stabilita con ciò in noi una specie di riproduzione dell’immagine e della somiglianza di Dio. La seconda parte dell’opera differisce dal primo intervento creativo. Dio prese la polvere della terra. Viene presa la polvere e il materiale terreno riceve forma o viene preparato per diventare uomo e grazie all’opera e all’abilità dell’artefice viene trasformato in qualcosa d’altro. All’inizio dunque non prese, ma fece; non viene prima il fare, ma il prendere e insieme il formare o preparare. E inspirò in lui lo spirito di vita e l’uomo divenne anima vivente. È stato dunque preparato o formato a questa ispirazione, grazie alla quale la natura dell’uomo e del corpo poteva raggiungere una pienezza di vita in forza del patto nuziale stabilito tra essi dallo spirito infuso… Si  può intendere Dio come se parlasse ad altri quando dice: facciamo l’uomo; e si può riconoscere una triplice perfezione all’atto della creazione e formazione dell’uomo, perché è fatto a immagine di Dio, è formato dalla terra ed è reso essere vivente con l’ispirazione dello spirito. Per questo il profeta attesta di essere fatto e formato con le mani e non con una mano soltanto perché insegna che la creazione non è stata l’opera di uno solo ed è stata una azione in  tre fasi...

74 Quelli che ti temono mi

vedranno e gioiranno perché nelle

tue parole ho tanto sperato.

Il profeta vuole che sia considerata la correttezza della sua vita, vuole che sia riconosciuta la sua giustizia. Quelli che temono Dio gioiranno non per il fatto del solo vedere, ma perché vedono colui che spera nelle parole di Dio.

75 Ho conosciuto, Signore, che

giustizia sono i tuoi giudizi e

secondo verità mi hai umiliato.

Qui si parla non dei giudizi eterni, ma di quelli presenti. Quei giudizi eterni secondo lo stesso profeta sono come un grande abisso:  sono ininvestigabili e inscrutabili.. Nei giudizi presenti tutto ciò che ci riguarda viene dal giudizio di Dio: tutte le tribolazioni, tutte le ristrettezze, tutte le ostilità avverse, tutte le molestie di persecuzioni arrivano da un giudizio di Dio sul suo conto perché attraverso di esse abbia l’occasione di essere messo alla prova… corretto esaminato come attraverso il fuoco e purificato… I giudizi di Dio sono giusti: sono quelli che riguardano il profeta:  umiliazione, tribolazione, disprezzo, ingiustizia, dolore. Così infatti dice: “Ho conosciuto Signore che i tuoi giudizi sono giustizia e con verità tu mi hai umiliato. Non senza ragione cioè egli è stato sottoposto alle tribolazioni, non senza ragione è esposto alle sofferenze, non senza ragione è umiliato dalle ingiustizie, ma è per espiare i peccati dovuti a vizi umani che è stato assoggettato all’umiliazione derivante da giusti e veri giudizi di Dio. .

76 Sia la tua misericordia

a consolarmi secondo la tua parola al tuo servo.

è la mia meditazione.

Chiede alla misericordia di Dio il conforto delle umiliazioni presenti, perché la debolezza umana non è in grado di sopportare le sofferenze. Ma si ricorda che è bene per lui essere umiliato, è bene per lui essere sottomesso alle sofferenze e che ciò da cui è tribolato costituisce la sua purificazione dai vizi terreni.

Non chiede di liberarlo da umiliazione e tribolazione, ma di ottenere per sè dalla misericordia di Dio il conforto nella tribolazione. Preferisce dunque persistere con una lunga lotta in queste debolezze corporali, si auspica di resistere con un costante combattimento contro le perversità di questo mondo. Ma spera il conforto dalla misericordia di Dio così che benché tribolato e afflitto sia irrobustito dall’aiuto del conforto.

77 Vengano a me le tue compassioni

e vivrò, perché la tua legge

La debolezza della natura umana ha bisogno delle misericordie di Dio. Né infatti potrà il profeta conseguire per suo merito l’eternità di quella vita beata se non sarà facilitato dalle misericordie di colui che è il Padre delle misericordie… Vivrò, non per la vita che sta vivendo adesso ma per quella che vivrà grazie alla misericordia di Dio. Ma spera questo, perché  la legge di Dio costituisce la sua meditazione. Dedichiamoci  dunque alla lettura divina, attendiamo all’osservanza dei precetti di Dio ed eseguiamo le opere della legge con l’impegno della nostra vita, perché grazie alla meditazione della legge il profeta spera in una vita futura per la misericordia del Signore a lui elargita. Il nostro profeta non si accontenta di preoccuparsi solo di sé o di ricordarsi soltanto di se stesso. Deve preoccuparsi del genere umano e interessarsi sollecito di tutti. Di tale cura  appassionata parla il versetto  seguente dicendo:

78 Siano confusi i superbi,

perché ingiustamente hanno

commesso iniquità contro di me,

ma io mi eserciterò nei tuoi comandamenti.

Non si tratta di una preghiera di maledizione, né si tratta di richiesta di riparazione per una ingiustizia subita. Lunghi dal profeta predicatore del Vangelo una logica estranea alla carità evangelica. Se si tiene conto infatti della parola del Signore: Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, non si tratta in questo passo di una richiesta di vendetta contro i superbi e gli ingiusti. Piuttosto, poiché chi smette di commettere peccati, di essi arrossisce, e chi abbandona i vizi bisogna che ne prenda le distanze, proprio per il fatto che li odia, il profeta prega che gli orgogliosi che hanno agito ingiustamente contro di lui arrossiscano di ciò che hanno compiuto a motivo della consapevolezza dei propri vizi. Finché uno pecca non si vergogna dei suoi atteggiamenti di peccato per l’abitudine e la volontà di peccare. Quando invece cessa di peccare, mette fine al peccato a motivo della sua vergogna del peccato. Egli stesso si esercita nei comandamenti di Dio vivendo nella giustizia, predicando con fede, non rispondendo alle ingiustizie e portando pazienza. Per questo egli ha sopportato le contraddizioni e le ingiustizie di molti superbi contro di lui. Ciò che abbiamo detto della confusione degli orgogliosi si comprende chiaramente nel suo significato con il versetto seguente. Segue infatti:

79 Si volgano a me quelli che ti temono e conoscono

le tue testimonianze.

Il profeta dunque vuole che coloro che hanno cominciato a temere Dio si rivolgano a lui, perché grazie al suo insegnamento arrossiscano dei propri vizi e colpe, se hanno conosciuto le testimonianze di Dio, di cui si è abbondantemente parlato, e confusi per le colpe passate si rivolgano alla scuola e all’ insegnamento del profeta; il loro è un passaggio dalla superbia e dai peccati alla pietà e alla modestia.

Ha concluso con la sua abituale modestia dicendo:

80 Diventi il mio cuore immacolato

nelle tue giustificazioni così che io non sia confuso

Chiede dunque che diventi puro ciò da cui provengono i germi di vizi così gravi come da un focolaio; sapendo che il cuore diventa puro solo se permane nella regola di giustizia di Dio. La confusione infatti dipende dalla consapevolezza dei peccati e dalla vergogna delle colpe. Dove non ci sarà dunque confusione, vera non ci sarà neppure peccato. Dove non ci sarà peccato, si dimorerà nelle regole di giustizia di Dio. Le regole di giustizia di Dio garantiranno la purezza di cuore.

Caf

81 Si è consumata per la tua

salvezza l’anima mia, nella tua

parola ho tanto sperato.

82 Si sono consumati i miei occhi

per la tua parola dicendo:

quando mi consolerai?

83 Poiché sono divenuto come un

otre al gelo; non ho dimenticato i tuoi decreti.

84 Quanti sono i giorni del tuo servo?

Quando farai giustizia dei miei persecutori?

85 Mi hanno raccontato favole gli iniqui, tutt’altro

che la tua legge!

86 Tutti i tuoi comandamenti sono verità;

ingiustamente mi hanno perseguitato. Aiutami!

87 Per poco non mi hanno finito

sulla terra , ma io non ho

abbandonato i tuoi comandamenti.

88 Secondo la tua misericordia

fammi vivere e custodirò le

testimonianze della tua bocca.

81 Si è consumata per la tua

salvezza l’anima mia, nella tua

parola ho tanto sperato.

Il profeta non ha niente altro che catturi il suo desiderio e l’aspirazione del santo non si rivolge alle cose del mondo. Si consuma perciò del desiderio di salvezza, e si consuma per questo, perché crede nelle parole di Dio. Fine della legge infatti è Gesù Cristo ed è di lui che hanno scritto  Mosè e i profeti. Egli è la salvezza proprio per quel nome con cui si chiama: Gesù infatti in ebraico significa salvezza. La consunzione dell’animo di chi desidera è spiegata da ciò che segue.

82 Si sono consumati i miei occhi

per la tua parola dicendo:

quando mi consolerai?

La consumazione degli occhi segue perciò la consumazione dell’anima. Considera l’attesa della sposa per un marito in viaggio o del padre per un figlio già da lungo tempo assente: non sono essi sempre rivolti verso quella strada da cui si pensa arriveranno? Non si consumerà forse nell’attesa della loro apparizione l’attenzione e lo sguardo fisso?. Questi occhi del profeta, benché abbiano desiderato vedere il Signore, non sono però gli occhi del corpo, sono infatti eloquenti e attenti, di una attesa ed eloquenza più spirituale che fisica. Dicono infatti: quando mi conforterai?

83 Poiché sono divenuto come un

otre al gelo; non ho dimenticato i tuoi decreti.

È una motivazione singolare quella secondo cui non ha dimenticato le regole di giustizia di Dio, perché è diventato come un otre nel ghiaccio. Chiunque si riscaldi per l’ardore dei vizi come un otre pieno e non raffreddi il suo calore col timore di Dio e la vita di fede, dimentica necessariamente le regole di giustizia di Dio. Il santo non le potrà dimenticare, perché come un otre nel ghiaccio che si indurisce esteriormente, rimane freddo di fronte all’eccitazione di ogni sorta di desideri interni.

84 Quanti sono i giorni del tuo servo?

Quando farai giustizia dei miei persecutori?

Quale giudizio da parte dei suoi persecutori chiede che si faccia ora? Non certo quello che avverrà in futuro al tempo della risurrezione. Il profeta prega che per la misericordia di Dio si compia il giudizio sui suoi nemici prima di quel tempo.

85 Mi hanno raccontato favole gli iniqui, tutt’altro

che la tua legge!

Quanti sono coloro che  mentendo di avere conoscenza delle sacre Scritture predicano dottrine eretiche e perverse! Il profeta non sopporta queste chiacchiere, sapendo che nulla è paragonabile all’annuncio della legge

86 Tutti i tuoi comandamenti sono verità;

ingiustamente mi hanno perseguitato. Aiutami!

Il profeta che si è ricordato che i comandamenti di Dio sono verità, sostiene con fedeltà la persecuzione di ingiusta iniquità. E poiché sa che la persecuzione è occasione per dimostrare la fede, non chiede che essa gli sia tolta, ma domanda di essere aiutato in essa e implora il soccorso e l’aiuto della misericordia di Dio.

87 Per poco non mi hanno finito

sulla terra , ma io non ho

abbandonato i tuoi comandamenti.

Come esiste un compimento per i beni, esiste anche il colmo delle malvagità. Ma benché questi nemici così pericolosi lo assalgano e lo perseguitino, egli non ha abbandonato i comandamenti di Dio e nonostante la sua natura sia debole e fragile, egli rimane nei precetti di Dio e rimane fedele ai comandamenti con tanta maggiore gloria, quanto più la debolezza della sua natura viene sottomessa.

88 Secondo la tua misericordia

fammi vivere e custodirò le

testimonianze della tua bocca.

Domanda di ricevere la vita come se non vivesse ancora e promette di custodire le testimonianze della bocca di Dio come se ora non le custodisse. Promette di custodire le testimonianze della bocca di Dio. Esse rinnovate dai precetti del Vangelo, portano a perfezione, con la sola consacrazione della fedeltà, coloro che si astengono non soltanto dall’adulterio ma anche dal desiderio di adulterio.

Lamed

89 In eterno Signore la tua parola

permane nel cielo,

90 la tua verità  di generazione in generazione.

Hai fondato la terra e permane.

91 Per tuo ordine persiste

il giorno, perché tutte le cose servono a te.

92 Se la tua legge non fosse la mia

meditazione, già forse nella mia

umiliazione sarei perito.

93 In eterno non dimenticherò

le tue giustificazioni perché infino all’estremo esse

mi hai fatto vivere.

94 Tuo sono io, salvami perché

ho ricercato i tuoi decreti.

95 Mi hanno aspettato i peccatori

per rovinarmi; ho compreso le tue testimonianze.

96 Di ogni compimento ho visto il termine,

immenso è il tuo comandamento

89 In eterno Signore la tua parola

permane nel cielo,

In cielo, egli dice, perché sa che essa non rimane in terra, per la falsità degli uomini. Là non c’è né trasgressione, nè cambiamento, nè debolezza, né sosta. Là non si dà alcuna variazione, alcuna irregolarità, alcuna negligenza; ma tutto rimane fedele alla legge della propria identità e assolve in modo instancabile il servizio richiesto dall’obbedienza.…La parola di Dio rimane come in cielo in coloro nei quali questa parola non è offesa dalla collera, dall’ebbrezza, dall’odio, dall’infedeltà dei piaceri. . Ora essa è vicina a ciascuno; sta infatti alla porta la parola di Dio e bussa alla porta della nostra anima.

90 la tua verità  di generazione in generazione.

Abbiamo conosciuto le due generazione nei due popoli di cui uno è quello della legge e dei profeti, l’altro è quello dei Vangeli e degli apostoli. La verità di Dio permane quindi in queste due sole generazioni. Ma quando la prima generazione comprendeva in sé la verità di Dio, nessun’altra allora la conteneva. C’erano infatti diverse generazioni di genti e di popoli. E ora dal momento che questa stessa generazione si è dimostrata indegno di possedere la verità di Dio, nessun’altra generazione possiede la medesima verità di Dio all’infuori di quella che ha creduto ai Vangeli.

Hai fondato la terra e permane.

Dopo  il cielo, nel quale permane la parola di Dio, la terra fondata è destinata a rimanere. Essa è stata fondata attraverso la sapienza, potenza e lo spirito di Dio per rimanere.

91 Per tuo ordine persiste

il giorno, perché tutte le cose servono a te.

Questo giorno attuale non persevera, perché  interrotto dal sopraggiungere della notte. Se avesse parlato del corso di questa giornata, ci voleva anche la menzione della notte, che ha pari spazio del giorno per disposizione di Dio. Ma poiché il giorno è luce e ogni santo è luce di questo mondo crediamo senza esitazione che il giorno di questa luce persevera per ordine di Dio ed è destinato a perseverare perché tutto sia a servizio di Dio. Dunque il giorno, cioè la luce dei santi, sarà permanente, quando il mondo intero incomincerà a essere a servizio di Dio. Il profeta chiede di perseverare come il giorno e ricorda di essere già servo del suo signore dicendo:

92 Se la tua legge non fosse la mia

meditazione, già forse nella mia

umiliazione sarei perito.

Non va trascurata la meditazione della legge di Dio quando siamo nella tribolazione e nelle angustie, ma piuttosto deve essere in noi costante la meditazione della legge quando siamo afflitti dalle varie infermità del corpo, quando siamo provati dall’ostilità delle persecuzioni. È veramente beato  chiunque mediterà nella legge di Dio e con questa meditazione sarà salvato nel mezzo dell’umiliazione delle tribolazioni.

93 In eterno non dimenticherò

le tue giustificazioni perché infino all’estremo esse

mi hai fatto vivere.

Poiché nessun obblio delle regole di giustizia di Dio può impadronirsi di lui, il profeta ha dichiarato con sicurezza ciò che segue con queste parole:

94 Tuo sono io, salvami perché

ho ricercato i tuoi decreti.

Non è di tutti una dichiarazione del genere, ed è raro che qualcuno osi dire di appartenere a Dio. Ne avrà l’audacia colui che disse: Per me vivere è Cristo e morire un guadagno e: Non sono più io che vivo ma vive in Cristo (Galati 2,20). E coloro che gli assomiglieranno nella fede, confesseranno senza presunzione di appartenere a Dio. Questa è la voce dell’anima sempre protesa Dio; questa è l’opera di una misericordia mai stanca, della continenza stabile, del digiuno abituale, della generosità che mai si ricrede… Mentre altri cercano la gloria mondana o cercano campi, case, denaro, Paolo cerca la giustizia di Dio e si vanta di appartenere Dio.

95 Mi hanno aspettato i peccatori

per rovinarmi; ho compreso le tue testimonianze.

Tutta la lotta del il diavolo e dei suoi servitori sta nel privare di tutta la gloria l’uomo fedele e impedirgli di appartenere a Dio e renderlo invece suo compagno di dannazione. Combatte con un lungo e quotidiano combattimento contro la fede del profeta. Ma questi, memore dei comandamenti di Dio e cosciente delle sue testimonianze ha resistito e perseverato. E ha deluso la speranza di quanti aspettavano la sua rovina semplicemente comprendendo che l’insegnamento per la sua vita stava nelle testimonianze di Dio.

96 Di ogni compimento ho visto il termine,

Il profeta che coglie le testimonianze della legge, non però nel loro significato letterale o terreno, secondo il senso del testo greco vede al di là di ogni compimento parziale. Sa che c’è un termine dei tempi della legge, quando dopo la pienezza del tempo Dio sarà visto nel corpo; ma vede al di là di questo termine; vede infatti il tempo della speranza evangelica. Non gli sfugge neppure  quest’ altro compimento: oltre di esso estende infatti lo sguardo della sua mente. Vede infatti il compimento della resurrezione, sa in realtà che è stabilito un ordine per questo cambiamento, sulla parola dell’apostolo. Sa che c’è anche il tempo del giudizio. E ha potuto conoscere questo dall’ampiezza dei comandamenti di Dio perché la parola divina si è dispiegata nell’insegnamento di una conoscenza senza misura. Dice infatti:

immenso è il tuo comandamento

È  sicuramente ampio, sia perché dilata all’ infinito la conoscenza dell’ignoranza umana, sia perché molte sono le possibilità di obbedire ai precetti di Dio e di piacere a lui secondo le categorie e i doni di grazie. Non è necessario che arrivino tutti  i doni a ciascuno, e non è di tutti raggiungere il massimo in tutto per piacere a Dio. Uno è gradito  per il digiuno, un altro acquista meriti per la semplicità della fede, un altro sconta le colpe con le elemosina, un altro si consuma nella carità. Come a uno è concessa la capacità di guarire a un altro è donata la scienza profetica, a un altro è concessa la fermezza della fede, a un altro è accordata la sapienza e la conoscenza. Ampio è dunque il comandamento di Dio e si estende a tutte le forme della nostra speranza, perché non sia difficile, se c’è la volontà, obbedire al comandamento di Dio.

Mem

97 Quanto ho amato la tua legge,

tutto il giorno è la mia meditazione.

98 Più dei mie nemici mi hai fatto

sapiente col tuo comandamento, perché in eterno è mio.

99 Più di tutti i miei maestri ho

compreso, perché le tue

testimonianze sono la mia meditazione.

100 Più degli anziani

ho compreso, perché ho cercato i  tuoi comandamenti.

101 Da ogni via cattiva ho trattenuto i miei

piedi per custodire le tue parole.

102 Dai tuoi giudizi non ho deviato

perché tu mi hai dato la legge.

103 Come sono dolci al mio palato

le tue parole, più del miele alla mia bocca.

104 Dai tuoi comandamenti

ho compreso, per questo ho odiato ogni via di ingiustizia.

97 Quanto ho amato la tua legge,

tutto il giorno è la mia meditazione.

Sarebbe stato più semplice dire come ho osservato la tua legge! Ma siccome maggiore è il merito di chi fa qualcosa per amore piuttosto che per timore, per questo dice: quanto ho amato la tua legge. C’è una bella differenza tra l’adesione per amore e il servizio per timore;  l’agire per costrizione manca della gratuità di una libera adesione. Sente che per arrivare alla pienezza della perfetta obbedienza non basta l’adempimento del proprio dovere: se è forzato, non ha merito, perché privo del pieno consenso personale…

98 Più dei mie nemici mi hai fatto

sapiente col tuo comandamento, perché in eterno è mio.

Il profeta comprende i comandamenti di Dio, ma cosa c’è di comune tra noi e i nostri nemici nei precetti di Dio, dal momento che essi non solo non ne hanno esperienza neppure mediocre, ma non si impegnano neanche a iniziarne la conoscenza? E dove starebbe la superiorità, se il profeta è più saggio dei suoi nemici nei comandamenti di Dio? Quando mai infatti dalla venerazione di pietre inanimate o di metalli o di legni avrebbero potuto conseguire qualche conoscenza del Dio vivente ed eterno, così che a loro confronto il profeta apparisse più sapiente? In realtà tutto questo errore degli empi misconosce perfino il nome di Dio insieme alla legge ai profeti e agli apostoli: lo bestemmia, prova orrore. Ma i veri nemici di questo santo profeta sono altri al cui confronto risulta dotato di maggiore saggezza nei comandamenti di Dio. Gli eretici hanno nei profeti e nella legge il comandamento di Dio, ma non serve loro affatto per l’incoerenza di una volontà non religiosa. I giudei rivendicano come bene proprio e diritto ereditario il comandamento della legge, ma senza l’autore della circoncisione spirituale cosa può giovare ad essi la circoncisione ridotta a semplice segno? Quale vantaggio potrà portare l’osservanza religiosa del sabato a quelli che non riconoscono il Signore del sabato? Quale aiuto potrà dare a quanti ignorano l’agnello Pasquale della soglia tinta di sangue e la festa degli azzimi, l’agnello di Dio e gli azzimi di sincerità e il sangue di salvezza? Praticano i comandamenti, ma ignorano il compimento dei comandamenti e il suo tempo. Leggono la legge, ma la comprende il cristiano, dato che il giudeo legge e non comprende. Palese nemico del profeta è costui che stende le mani parricide contro l’unigenito figlio di Dio condannando a morte per quanto è in suo potere il salvatore del genere umano e dispensatore della vita eterna. In relazione dunque a tutti costoro egli è più esperto nel comandamento di Dio. Perché si comprendesse che si riferiva esclusivamente a questi nemici, ha aggiunto ciò che segue:

99 Più di tutti i miei maestri ho

compreso, perché le tue

testimonianze sono la mia meditazione.

Poiché talvolta può capitare per una eccezione della natura che il discepolo sia più sapiente del maestro, in questo caso invece egli dimostra che ciò è frutto di diligenza e impegno personale. Dice infatti più degli anziani ho compreso, perché ho cercato i tuoi comandamenti.

100 Più degli anziani

ho compreso, perché ho cercato i  tuoi comandamenti.

Capisce più dei maestri e capisce più degli anziani, attestando il valore della sua dottrina e comprensione insieme alla stessa antichità nel tempo, indicando con ciò l’età del popolo che lo ha preceduto. In questo popolo entrambi gli aspetti si ritrovano, che cioè sia più anziano e si ritenga maestro. Ma più di lui capisce chi è allo stesso tempo alunno e più giovane, capisce veramente perché ha cercato i comandamenti di Dio, che colui che è maestro ignora, proprio mentre crede di insegnare.

Ho distolto i miei passi da ogni via di male per custodire la tua parola. (v. 101) Questa è la voce perfetta e degna di una persona evangelica, decisa ad astenersi da ogni via di malizia e, tra tanti e diffusi sentieri dell’errore, a non imboccarne alcuno dove ci sia il male. Il profeta indica qualcosa di più profondo, proprio quando dice: ho distolto i miei passi. La natura del nostro corpo ci porta in ogni percorso di peccato e la pressione delle passioni umane ci spinge in questa via. Ma colui che comprende più degli anziani e dei maestri, in nome del contenuto della compressione si è posto dei limiti e all’inizio, ma anche nel percorso, non ha accettato deviazioni. Occorre perciò resistere e opporsi per tenerci anzitutto lontano da ogni via di male, ma per avere poi, se l’istinto preme per portarci là, la forza di tirarci indietro e dobbiamo saperci prima frenare con il dominio di noi stessi, per custodire poi la parola di Dio.

Quale debba poi essere la custodia della parola di Dio, lo insegna  il versetto seguente. Segue infatti:

101 Da ogni via cattiva ho trattenuto i miei

piedi per custodire le tue parole.

Questa è dunque la vera custodia: non allontanarsi dai giudizi di Dio per nessuna altra direzione e non deviare con uno scarto anche solo leggero, ma rimanere sempre deciso e sempre fermo sulla posizione assunta. Non devia, perché Dio ha stabilito per lui la legge… Quella legge infatti che Mosè aveva scritto è stata per noi pedagoga in Cristo; e per questo ha capito più dei suoi maestri degli anziani perché capisce la legge evangelica, contenuta nella legge di Mosè..Il profeta attesta la dolcezza di questa predicazione del Vangelo nel versetto che segue. Dice infatti:

103 Come sono dolci al mio palato

le tue parole, più del miele alla mia bocca.

Quanto sono dolci alla mia gola le tue parole, più del miele della mia bocca

103 il miele è dolce in bocca ma anche in gola. Fuori dalla zona della bocca infatti non si avverte alcun sapore sensibile. Ma le parole di Dio sono dolci in gola, cioè nel loro passaggio nell’anima e nella loro penetrazione nell’intimo; non piacevoli come il cibo in bocca ma dolci là dove risiedono conoscenza, prudenza intelligenza.

104 Dai tuoi comandamenti

ho compreso, per questo ho odiato ogni via di ingiustizia.

i precetti ci aiutano a capire, ma i precetti praticati effettivamente: cioè bisogna adempiere il loro contenuto, per quanto ci è possibile. Quindi i precetti, per capirli, bisogna metterli in pratica. E benché la perfetta intelligenza venga da Dio, tuttavia tocca a noi cominciare, per poter meritare l’intelligenza perfetta.

Nun

105 Lampada ai miei piedi è la tua

parola e luce ai miei sentieri.

106 Ho giurato e stabilito di

custodire i giudizi della tua giustizia.

107 Sono stato umiliato fino all’estremo, Signore,

fammi vivere secondo la tua parola.

108 Fa’ che ti siano gradite le offerte volontarie della

mia bocca Signore e

insegnami i tuoi giudizi.

109 La mia anima è nelle tue mani

sempre e non ho dimenticato la tua legge.

110 I peccatori mi hanno teso un

laccio e dai tuoi comandamenti

non mi sono sviato.

111 Ho acquistato in eredità le tue

testimonianze per sempre, perché

sono l’esultanza del mio cuore.

112 Ho inclinato il mio cuore a compiere

i tuoi decreti in eterno, per la ricompensa.

105 Lampada ai miei piedi è la tua

Il profeta sa di non poter sopportare, senza la luce della parola di Dio, le tenebre dei corpi e la notte del mondo.

Sa che ovunque ci sono pietre di inciampo, lacci di funi, fosse trabocchetto. Come infatti chi uscito di notte tiene la lampada davanti a sé e vede dove mette il piede ed è vigile a ogni passo per la luce che lo precede, così la parola di Dio, quando rimane in ciascuno di noi, cammina davanti ai passi del nostro agire come lampada.

parola e luce ai miei sentieri.

Per quelli che fanno pochi passi e soltanto in casa c’è bisogno della lampada; per chi affronta invece una strada sconosciuta e pubblica è necessaria piuttosto la luce, per evitare le insidie dell’altro, per non sbagliare strada in caso di incertezza. Progressivamente si passa da un grado minore a uno maggiore; per cui la parola di Dio è dapprima lampada per i passi e poi la stessa parola diventa luce nei sentieri.

106 Ho giurato e stabilito di

custodire i giudizi della tua giustizia.

Il profeta ormai non è più smarrito nella notte del mondo e non ha paura di compiere un passo falso. Giura dunque il profeta e non soltanto giura, ma anche decide, perché l’impegno del giuramento costituisce la solidità delle decisioni. Colui che ha giurato e si è deciso a custodire i giudizi della giustizia di Dio deve presentare un atteggiamento degno del giuramento e della decisione di osservare i giudizi. Non è una cosa da poco ciò che si è impegnato a osservare sotto giuramento. Di cosa si tratti lo attesta il versetto seguente. Dice infatti:

107 Sono stato umiliato fino all’estremo, Signore,

fammi vivere secondo la tua parola.

Colui che solo è senza peccato e sulle cui labbra, unico, non ci fu inganno volle che si ricevesse da lui, quale lezione principale del suo insegnamento, la mansuetudine e l’umiltà, grazie alle quali si sarebbe trovata pace per le anime. Nulla è possibile senza la grazia vivificante del Cristo.

108 Fa’ che ti siano gradite le offerte volontarie della

mia bocca Signore e

insegnami i tuoi giudizi.

il profeta persegue ciò che è coerente con il giuramento della sua decisione. Dapprima infatti è stato reso molto utile, ora chiede che siano gradite le decisioni volontarie della sua bocca. Non si accontenta più di attenersi alle prescrizioni della legge e neppure di soggiacere al vincolo dell’obbedienza. Il profeta chiede che le sue decisioni volontarie incontrino il favore di Dio, perché le azioni compiute su prescrizione della legge sono realizzate per dovere di servizio ad essa. Invece egli premette sempre il motivo della sua preghiera. Infatti dopo che ha richiesto che le scelte volontarie della sua bocca fossero gradite, ha aggiunto: E insegnami i tuoi giudizi. Egli compie i giudizi della legge e, per quanto dipende da lui, li pratica nella condotta e nelle azioni, ma non li capisce ancora. Sa infatti che la legge è spirituale. E si affretta a conoscere ciò a cui rimanda l’aspetto esteriore dell’agire terreno; bisogna infatti chiedere di imparare ciò che non si conosce.

109 La mia anima è nelle tue mani

sempre e non ho dimenticato la tua legge.

Tutto ciò che vive, lo vive per Dio. Dio ritorna in tutte le azioni e i pensieri. La legge è nella memoria, nelle mani di Dio è sempre l’anima del vivente. Sa bene quanto ciò gli sia utile, sa quanto sia necessario affidarsi ogni giorno alle mani di Dio nella sua condotta e nelle opere e grazie all’incessante ricordo della legge. Dice infatti:

110 I peccatori mi hanno teso un

laccio e dai tuoi comandamenti

non mi sono sviato.

Sa che nella selva di questo mondo vengono tesi molti lacci, vengono ordite molte insidie alla sua vita. La nostra parola, il pensiero, l’azione hanno sempre accanto dei lacci, perché interviene un motivo di ira, una situazione dolorosa, una questione urgente, l’occasione di un desiderio cattivo. E tuttavia l’anima di colui che è nelle mani di Dio e che non dimentica mai la legge di Dio, anche in mezzo a questi lacci sparsi dovunque non ha deviato dai precetti. Sempre infatti pensando a Dio, li evita.

111 Ho acquistato in eredità le tue

testimonianze per sempre, perché

sono l’esultanza del mio cuore.

L’erede, secondo la consuetudine umana, ottiene tutto ciò che appartiene a colui dal quale eredita. Ma il profeta rifiuta le eredità umane; ha ereditato le testimonianze di Dio. E’ grazie a lui se diventa egli stesso testimone di Dio, perché l’esultanza del suo cuore consiste nel testimoniare Dio in mezzo alla lotta nelle persecuzioni.

112 Ho inclinato il mio cuore a compiere

i tuoi decreti in eterno, per la ricompensa.

Egli inclina il suo cuore e lo rivolge dai peccati della natura umana all’obbedienza di Dio. E lo inclina in ogni tempo della sua vita; non in un tempo ben determinato, ma in tutto il tempo della sua vita.

Samech

113 Ho odiato i malvagi e ho amato la tua legge.

114 Mio aiuto e mio sostegno

sei tu; nella tua parola ho tanto sperato.

115 Allontanatevi da me malvagi! E

scruterò i comandamenti del mio Dio.

116 Sostienimi secondo la tua

parola e vivrò, e non

confondermi nella mia attesa.

117 Aiutami e sarò salvo e

mediterò sui tuoi decreti sempre.

118 Hai disprezzato tutti quelli che

si allontanano dalle tue giustizie,

perché ingiusto è il loro pensiero.

119 Prevaricatori ho reputato tutti

i peccatori della terra, per questo

ho amato le tue testimonianze.

120 Inchioda col tuo timore le mie

carni, infatti ho temuto per i tuoi giudizi

113 Ho odiato i malvagi e ho amato la tua legge.

Il precetto del Vangelo ci insegna ad amare i nemici e  non solo quelli che ci amano, ma anche quelli che ci odiano. Quindi questa dichiarazione del profeta sembra contraddetta dai comandamenti del Signore. Tuttavia, la ragione di questa espressione si deve ricavare dai Vangeli. Infatti il Signore, che ha comandato di amare i nemici ma ha pure dichiarato che se qualcuno viene a me e non odia suo padre e sua madre e la moglie e i figli e i fratelli e le sorelle e per di più anche la propria vita, non può essere mio discepolo (Luca 14,26). Quindi queste proposte sembrano contraddirsi per il fatto che colui che stabilisce che non solo l’odio verso i genitori, ma la sola maledizione è già degna di morte, è lo stesso che, al contrario, afferma che nessuno può essere suo discepolo se non odia il padre, madre, moglie, i figli, i fratelli e la propria vita. In realtà niente di duro, contrario alla pietà, in contrasto con i precetti precedenti comandati da Dio. Non possono rivelarsi queste persone a noi carissime, cioè il padre, madre, moglie e i figli per il fatto che ci è comandato di odiarle, dal momento che abbiamo l’ordine di odiare noi stessi. Il Signore sa infatti che ci sono molti animati da un amore tanto incosciente da pregare i figli, quando li vedono persistere nella gloria del martirio, di arrendersi, di cambiar parere e da ricorrere a sentimenti di empietà verso di essi, quando la madre attempata e un padre anziano mostrano al figlio, con decisa avversione alla sua volontà ostinata, i capelli bianchi che suscitano compassione nel corso della lotta del martirio; e ancora quando si presenta a intercedere la sposa circondata dai figli con la richiesta che egli rimanga in vita per lei e per loro, quando fratelli e sorelle supplicano con la dolce familiarità dei loro nomi, quando l’interessato stesso a suo tempo prigioniero delle seduzioni della vita è tentato per la forza di qualche suggerimento interiore di consentire al cedimento della volontà. In questi frangenti il Signore ci ha comandato di odiare padre, madre, moglie, figli, fratelli,  sorelle e perfino se stessi. Infatti dopo aver richiamato l’odio verso tutti, ha così concluso il medesimo discorso dicendo: e se qualcuno non porta la sua croce e viene dietro a me, non potrà essere mio discepolo. Quindi sono da odiare coloro che non vogliono che noi portiamo la croce del martirio, quando ci distolgono dal seguire il Signore secondo l’esempio della passione. Questo è l’odio onesto e utile, che ci fa odiare coloro che tentano di distoglierci dall’amore di Cristo. Perciò qui il profeta non sembra aver detto nulla di contrario ai precetti evangelici che ci comandano di amare i nemici quando dice:

113 Ho odiato i malvagi e ho amato la tua legge.

Non odia infatti i suoi nemici, ma gli ingiusti, cioè i trasgressori della legge. Chi odia coloro che trasgrediscono la legge deve amare ciò di cui non sopporta la trasgressione; e perciò dice:

Chi ama la legge, deve odiare coloro che sono nemici della legge.

114 Mio aiuto e mio sostegno

sei tu; nella tua parola ho tanto sperato.

Noi abbiamo bisogno di grande aiuto da parte di Dio nel combattimento così duro e incessante di questo mondo. Infatti, secondo l’apostolo, la nostra battaglia non è contro la carne e il sangue, ma contro la potestà e i potenti del mondo di queste tenebre, contro gli spiriti del male nel cielo. Abbiamo dunque questi nemici, contro la quale Dio va pregato come aiuto, perché ci accolga sotto la sua protezione.

115 Allontanatevi da me malvagi! E

scruterò i comandamenti del mio Dio.

Il profeta sa che nel profondo del cuore umano ci sono molte forme di male. Infatti secondo la parola del Signore, dall’interno escono pensieri cattivi, omicidi, adulteri, fornicazione, furti, falsità, bestemmie. Sono queste cose infatti che rendono comune la condizione dell’uomo. Sono questi gli avversari della sua fede che egli chiede stiano lontano da sé. Pongono ostacoli infatti ai propositi di purezza, osteggiano l’ insegnamento spirituale e si intromettono con l’invadente insistenza dei loro consigli. Lo spirito non è libero di scrutare i comandamenti di Dio, perché la presenza di un uomo cattivo è di grave impedimento . Poiché c’è bisogno della misericordia di Dio, perché una volta accolti nella sua famiglia veniamo liberati dal dominio di questi malvagi, il profeta prega dicendo:

116 Sostienimi secondo la tua

parola e vivrò, e non

confondermi nella mia attesa.

Il profeta aspetta e spera; non cerca nulla dell’ora presente, nulla di questo tempo. In verità sono molti  che accusano e prendono in giro questa attesa della nostra fede, esprimendosi così: A che servono i digiuni, la continenza, la castità, la perdita dei beni? Dov’è la vostra speranza,  cristiani? La morte ha potere uguale su tutti. Il profeta chiede di non restare confuso in questa sua attesa, ma di conservare la fiducia e di ricevere i frutti di quella vera vita che attende. Sa infatti che non vive ancora, benché viva. Infatti la nostra vita, secondo l’apostolo, è nascosta in Cristo. E a proposito dice: Accoglimi secondo la tua parola e vivrò, perché è preso dall’attesa e dalla speranza di quella vita vera che non finisce. Spera infatti l’eternità, spera il regno dei cieli, spera il regno di Dio, spera le benedizioni spirituali in cielo in Cristo. In questa speranza, nella quale non c’è confusione, chiede di essere accolto e di vivere.

117 Aiutami e sarò salvo e

mediterò sui tuoi decreti sempre.

Precedentemente aveva detto: Mio aiuto e protettore, ora chiede l’attuazione di ciò che i nomi richiamano, cioè che il protettore protegga e l’aiuto aiuti. Chiede che non gli manchi l’aiuto di chi aiuta. Non chiede di non avere a che fare con i malvagi, perché la fede è temprata dalla sopportazione delle sofferenze, ma domanda di essere aiutato contro di loro, perché bisogna sempre domandare l’aiuto dal Signore. Ma come nel versetto precedente ha detto che sotto la sua protezione vivrà, così in questo afferma che con il suo aiuto sarà salvato.

118 Hai disprezzato tutti quelli che

si allontanano dalle tue giustizie,

perché ingiusto è il loro pensiero.

Qui si trova la ragione per cui non si dice: Tu hai riprovato tutti peccatori, bensì: tu hai riprovato tutti coloro che si sono allontanati. Se infatti Dio riprovasse i peccatori riproverebbe tutti, perché nessuno è senza peccato. Ma riprova quelli che si allontanano da lui, che chiamiamo apostati. E non importa se qualcuno ha vissuto per qualche tempo nelle regole di giustizia di Dio. Riprovabile infatti da Dio è chiunque si sia allontanato, perché perseverare fino alla fine assicura il merito di chi rimane fedele. La defezione è una cosa diversa dal peccato, perché al peccato è riservata la possibilità del perdono attraverso la penitenza. La defezione invece si condanna da sé con l’abbandono stesso della penitenza; questo nasce dal fatto che la volontà di coloro che intendono disertare è iniqua.

119 Prevaricatori ho reputato tutti

i peccatori della terra, per questo

ho amato le tue testimonianze.

Il discorso del profeta si dilata di molto e al di là del significato ordinario. Noi infatti consideriamo prevaricatori coloro che abbandonano la fede ricevuta e la conoscenza di Dio accolta, promettendo una cosa e facendone ora un’altra. Ma qui sono considerati prevaricatori tutti i peccatori della terra; non si fa nessuna eccezione: la categoria di prevaricazione viene riferita in generale a tutti.

120 Inchioda col tuo timore le mie

carni, infatti ho temuto per i tuoi giudizi

Dobbiamo dunque morire e tutti i vizi della nostra carne devono essere inchiodati alla croce del Signore. Moriamo infatti secondo l’apostolo con Cristo e siamo consepolti nel battesimo. Il profeta chiede che le sue carni siano trafitte dal timore di Dio, perché teme i giudizi di Dio. Teme infatti la sentenza del giudizio eterno, teme di non essere crocifisso, morto e sepolto con Cristo, perché capisce che non diventerà uomo nuovo, se non spogliato del vecchio con i suoi vizi e le sue concupiscenze.

Ain

121 Ho operato l’equità e la

giustizia , non consegnarmi ai mei calunniatori.

122 Sostieni il tuo servo

nel bene. Non mi calunnino i superbi.

123 I miei occhi si sono consumati

per la tua salvezza e per la parola della tua giustizia

124 Agisci col tuo servo

secondo la tua misericordia

e insegnami i tuoi decreti.

125 Tuo servo sono io, dammi intelletto e

conoscerò le tue testimonianze.

126 E’ tempo di agire per il Signore,

hanno dissolto la tua legge.

127 Per questo ho amato i tuoi

comandamenti più dell’oro e del topazio.

128 Per questo mi dirigevo a tutti i tuoi

comandamenti, ogni via ingiusta ho odiato

121 Ho operato l’equità e la

giustizia , non consegnarmi ai mei calunniatori.

Il profeta compie delle azioni che piacciono a Dio e poiché le ha fatte chiede di non essere consegnato a coloro che gli fanno del male. Viene previamente indicata l’azione meritoria e successivamente si domanda la ricompensa del merito. Prima infatti si compie ciò che è gradito; e poi ci si rivolge alla benevolenza di colui al quale si è graditi per l’azione compiuta. Ma noi nè facciamo qualcosa, nè siamo graditi, anzi con atteggiamenti empi e profani siamo motivo di offesa; e poiché così non possiamo essere graditi, ci adiriamo. Ma conviene comprendere quali siano le azioni in forza delle quali il profeta chiede di non essere consegnato a coloro che gli fanno del male.

122 Sostieni il tuo servo

nel bene. Non mi calunnino i superbi.

Il profeta progredisce nella sua speranza e sale a un gradino superiore della sua preghiera. Avendo infatti pregato di non essere consegnato a chi gli fa del male, ora chiede di essere accettato a titolo di servo, implorando per sé la fortuna di appartenere alla signoria di Dio, con la sua accoglienza favorevole. E chiede di essere accettato nel bene non per un motivo da poco, vale a dire affinché i superbi non muovano calunnie contro di lui.

123 I miei occhi si sono consumati

per la tua salvezza e per la parola della tua giustizia

Gli occhi vengono meno, quando lo sguardo fatica proteso verso l’oggetto della propria attesa. Il profeta dunque ha tenuto fissi gli occhi della sua anima nella salvezza di Dio. Mentre altri tengono occupati i propri occhi nei desideri terreni e rivolti verso i piaceri della realtà presente, il profeta è rimasto fisso nella salvezza di Dio.

124 Agisci col tuo servo

secondo la tua misericordia

e insegnami i tuoi decreti.

La debolezza umana è incapace da sola di combinare qualcosa e soltanto la decisione e il primo passo dell’inserimento nella famiglia di Dio è appannaggio della sua natura. Compete in verità alla misericordia divina aiutare chi si è deciso, confermare chi ha incominciato, accogliere che si è messo in cammino; da noi invece dipende l’inizio, perché ci sia poi il compimento che essa assicura.

125 Tuo servo sono io, dammi intelletto e

conoscerò le tue testimonianze.

Nessuno di noi è tale da non dichiararsi servo di Dio o nel corso della sua preghiera o nel linguaggio della conversazione ordinaria. È proprio del profeta dichiararsi servo di Dio vivendo la disponibilità a servire secondo la propria condizione in ogni stato di vita.

126 E’ tempo di agire per il Signore,

hanno dissolto la tua legge.

La legge è stata data al popolo davanti a testimoni; ma quando è stata resa vana e rigettata dai giudei allora giunse il tempo per il Signore di fare ciò che era contenuto nella legge. Hai infatti promesso nella legge di dare la salvezza ai pagani, di assumere personalmente corpo umano, fatto a immagine e somiglianza di Dio, di donare la grazia della fede una volta svanita la legge. Dissipata la legge è giunto il tempo della predicazione evangelica.

127 Per questo ho amato i tuoi

comandamenti più dell’oro e del topazio.

Ha quindi amato i comandamenti, perché in essi era contenuto il tempo di agire per il Signore. Tutta la legge infatti ha attestato la venuta del Signore, come dice egli stesso: Se credeste a Mosè, credereste anche a me, di me infatti egli ha scritto. Il profeta dunque ha amato i comandamenti di Dio per il fatto che in essi ha intravisto l’avvento dell’incarnazione del Signore.

128 Per questo mi dirigevo a tutti i tuoi

comandamenti, ogni via ingiusta ho odiato

Non si lascia piegare, non si lascia travolgere dalle passioni terrene, ma si volge in direzione di tutti i comandamenti di Dio; non si lascia distogliere da ciò che incontra. Resiste dunque ai vizi della sua natura, coalizzati contro di lui e odia ogni via di ingiustizia…per essere unito a colui che è la via, cioè il Signore nostro che à benedetto nei secoli dei secoli. Fe

129 Meravigliose sono le tue

testimonianze, per questo le ha

scrutate l’anima mia;

130 la manifestazione delle tue  parole

illumina e dà intelligenza ai piccoli.

131 Ho aperto la mia bocca e ho

attirato lo spirito perché bramavo

i tuoi comandamenti.

132 Guarda su di me ed abbi pietà

di me secondo il giudizio per gli amanti del tuo nome.

133 Dirigi i miei passi

secondo la tua parola e non mi

mi domini alcuna ingiustizia.

134 Riscattami dalle calunnie

degli uomini e custodirò i  tuoi comandamenti.

135 Fa’ splendere il tuo volto sul

tuo servo e insegnami i tuoi decreti.

136 Rivi di acque hanno fatto scendere

i miei occhi perché non hanno

custodito la tua legge.

129 Meravigliose sono le tue

testimonianze, per questo le ha

scrutate l’anima mia;

Infatti mentre secondo la consuetudine umana bisogna prima indagare e scoprire e poi ammirare ciò che si è trovato, per lui invece le testimonianze del Signore sono prima ammirabili e per questo sono degne di indagine approfondita. Ecco dunque il senso di questa affermazione perfetta e splendida. Anche se le testimonianze di Dio, cioè quelle redatte alla presenza di testimoni, attraverso l’osservanza della legge educano la debolezza umana alla conoscenza e al servizio di Dio, dato che vi si raccomandano castità, pietà pudore, carità, verità, innocenza, sobrietà, pratica religiosa e si prescrive il compito della lode a Dio attraverso alcuni riti religiosi e forme diverse di sacrifici… Tuttavia nelle testimonianze maggiore è l’ammirazione suscitata dalla speranza e dall’insegnamento dei beni futuri. Poiché attraverso l’ammirazione attuale è l’immagine dei beni futuri ed eterni che viene ammirata, egli indaga le testimonianze in profondità. E non solo merita profondamente, ma merita nel profondo dell’anima, associando allo sforzo della volontà l’adesione della anima.

130 la manifestazione delle tue  parole

illumina e dà intelligenza ai piccoli.

Le parole di Dio sono tutte quelle che i profeti hanno annunciato. Perciò sono parole di Dio quelle che sono state ascoltate anche se in una bocca soltanto umana. Ma la spiegazione delle parole è assolutamente necessaria. Ci sono infatti enunciati espressi nella forma di opinione altrui, ci sono figure allegoriche, come le chiama l’apostolo, ci sono espressioni polivalenti per diversi possibili significati. Il Signore è testimone che queste cose sono state dette ai giudei infedeli da Isaia quando li rimproverava dicendo: Ascolterete con l’udito e non comprenderete. La spiegazione delle parole spirituali è offerta attraverso i Vangeli dove, nel Signore che permane nel corpo, trovano spiegazione misteri della legge e dei profeti, prima scuola della fede. Ecco il tempo della spiegazione, dell’illuminazione, della comprensione. Queste realtà nascoste infatti fino a questi giorni sono spiegate, e spiegate rischiarano e facendo luce procurano la comprensione ai piccoli e con questa intelligenza  diventano già capaci dello Spirito Santo. Proprio questo sottintende l’espressione seguente dicendo:

131 Ho aperto la mia bocca e ho

attirato lo spirito perché bramavo

i tuoi comandamenti.

Non ha parlato della bocca del corpo umano, che con le labbra si chiude o si apre. Infatti aspiriamo lo spirito più per opera delle narici che della bocca. Ma la scrittura parla solitamente di bocca non soltanto per le labbra, ma anche per il cuore. Infatti la comprensione dell’insegnamento celeste si riceve con il cuore che si apre grazie alla fede e si bea di accrescere il desiderio. Questo non è compito dell’anima, ma del cuore. Dice infatti l’apostolo: L’uomo animale non percepisce ciò che è proprio dello spirito;  infatti è follia per lui. E ugualmente il dottore delle genti dice: La legge infatti non è scritta su tavole di pietra, ma solo tavole di carne del cuore. Aprendo dunque questa sua bocca il profeta ha attirato lo Spirito; non entra infatti altrimenti. È da chiedere, è da attirare ed è da bere come puro latte come bambini. Come infatti attraverso la bocca assumiamo i cibi come alimento del corpo,  così pure attraverso il cuore riceviamo vivande di insegnamento celeste per la vita dell’anima, che non potranno entrare senza una certa quale attrazione di un cuore dilatato e aperto.

132 Guarda su di me ed abbi pietà

di me secondo il giudizio per gli amanti del tuo nome.

A ciò che aveva detto: Rivolgi il tuo sguardo verso di me, subito ha aggiunto: E abbi pietà. Sa infatti che Dio rivolge il suo sguardo anche per fare vendetta sugli empi e punirli. Ha guardato infatti,  come sta scritto, sugli accampamenti degli egiziani e ha posto un freno alle ruote dei loro care. Guarda non solo per punire, ma anche per incutere terrore, quando si dice: Guardando sulla terra e facendola tremare. Il profeta dunque non chiede solo che Dio rivolga il suo sguardo su di lui, ma che lo guardi con pietà; nè solo con pietà, ma secondo il giudizio su coloro che amano il suo nome.

133 Dirigi i miei passi

secondo la tua parola e non mi

mi domini alcuna ingiustizia.

il profeta avanza secondo la sua volontà con i passi della giustizia, ma sa che da ogni parte lo minacciano potenze di ingiustizia . Ma dove ci sono ostacoli, dove c’è battaglia, occorre un aiuto superiore, perché non prevalga su di lui ogni ingiustizia… Il profeta ha temuto il prevalere dell’ingiustizia ma non ne rifiuta la prova. Si ricorda che i suoi passi devono essere diretti dal Signore secondo le sue parole, perché l’ingiustizia, che potrà tentarlo, non possa avere il potere di prevalere.

134 Riscattami dalle calunnie

degli uomini e custodirò i  tuoi comandamenti.

Vi è calunnia quando una buona opera viene chiamata col nome di una cattiva azione o quando il virus della malvagità interiore inoculata sotto un’apparenza ingannevole. È difficile guardarsi da coloro che sono nemici sotto il nome di fratelli, sono avversari sotto il nome di amici, sono parricidi sotto apparenza di figli, sono un male ineluttabile dietro la facciata dell’intesa coniugale. Il profeta promette di custodire i precetti di Dio nel caso fosse liberato dalle calunnie, perché queste calunnie di tutte le persone di casa spesso costituiscono ostacolo alla fede.

135 Fa’ splendere il tuo volto sul

tuo servo e insegnami i tuoi decreti.

Certamente il volto del Signore è sopra coloro che compiono il male, per cancellarne dalla terra il ricordo, ma come il Signore guarda per condannare, così guarda anche per perdonare; quindi rivolge il suo volto in entrambe le direzioni; ma il profeta domanda il volto del Signore per la propria illuminazione. E certamente quando verrà il giorno del giudizio, quando la sua presenza sarà per noi visibile nella gloria della maestà del Padre, allora ci illuminerà con la luce del suo volto.

136 Rivi di acque hanno fatto scendere

i miei occhi perché non hanno

custodito la tua legge.

Il profeta non cessa di lavare come lacrime di vera penitenza la colpa dell’antica condotta dicendo. I miei occhi hanno superato le sorgenti di acque; ciò significa che le sorgenti delle sue lacrime hanno superato le sorgenti dei fiumi. Questa è infatti la voce della penitenza: implorare con le lacrime, gemere nelle lacrime e avere la confidenza di dire: Laverò ogni notte il mio letto, bagnerò di lacrime il mio giaciglio.

Sade

137 Giusto sei tu, Signore, e retto è il tuo giudizio.

138 Tu hai prescritto le tue testimonianze come giustizia

e tua verità perfetta.

139 Mi ha consumato il mio zelo

perché hanno dimenticato le tue parole i miei nemici.

140 Tutta infuocata è la tua parola

e il tuo servo l’ha amata.

141 Giovane sono e disprezzato,

non ho dimenticato i tuoi decreti.

142 La tua giustizia è giustizia in

eterno e la tua legge è verità.

143 Tribolazione e angoscia mi

hanno colto. I tuoi comandamenti

sono la mia meditazione.

144 Giustizia sono le tue

testimonianze in eterno, dammi intelletto e vivrò.

137 Giusto sei tu, Signore, e retto è il tuo giudizio.

138 Tu hai prescritto le tue testimonianze come giustizia

e tua verità perfetta.

Qualunque cosa ha comandato il Signore, è giusta, attestata e vera, con una maggiorazione aggiuntiva. Grandemente infatti è vera.

139 Mi ha consumato il mio zelo

perché hanno dimenticato le tue parole i miei nemici.

Il profeta è animato da zelo per Dio contro tutti i nostri vizi e peccati. Quanta sofferenza proviamo quando vediamo che uno del popolo di Dio diventa servo del mondo e operaio del diavolo e vaso di morte e materiale da Geenna! Sappiamo che anche gli apostoli si sono ricordati di questo zelo quando il Signore entrato nel tempio, scacciò tutti i venditori e i mercanti con una sferza di corde, quello zelo di cui sta scritto: Lo zelo della tua casa mi ha divorato.

140 Tutta infuocata è la tua parola

e il tuo servo l’ha amata.

Sono tutte vere le parole di Dio e non messe insieme a caso o inutilmente; ma sono provate al fuoco per eliminare qualunque ambiguità di elementi inutili e superflui, e provate al fuoco al massimo grado, perché non si pensi che ci sia qualcosa in esse di perfetto e di improprio.

Il profeta dice queste cose a titolo personale, ma esse riguardano anche il popolo del nostro tempo. Era infatti immerso nei vizi del mondo, era nella notte dell’ignoranza, era nella dimora selvaggia, rustica e in abbandono del corpo terreno. Ma non dimentica le regole di giustizia di Dio ed è lui più giovane che, rigettato il popolo anziano, viene scelto per l’eredità della famiglia. Compra infatti Giacobbe il diritto di primogenitura di Esaù, che quest’ultimo considerò inutile. Il popolo più giovane sa che queste primizie eterne della sua nascita non possono essergli sottratte neppure dalla morte. Perciò non le dimentica, mentre il popolo anziano non ha avuto fiducia e le ha vendute.

141 Giovane sono e disprezzato,

non ho dimenticato i tuoi decreti.

142 La tua giustizia è giustizia in

eterno e la tua legge è verità.

Per questa confessione della verità il popolo più giovane sa che sarà sottoposto a molte persecuzioni. Da qui infatti deriva il martirio beato e santo di quanti hanno confessato la fede in ogni parte del mondo.

143 Tribolazione e angoscia mi

hanno colto. I tuoi comandamenti

sono la mia meditazione.

Venga pure la pressione dei combattimenti, le minacce di esilio, la notifica di proscrizioni, la condanna a morte non solo inflitta, ma riproposta con forme ingegnose di pena; ma la voce dell’uomo sempre fedele dovrà essere: mi hanno trovato la tribolazione e l’angoscia ma i tuoi comandamenti sono la mia meditazione. Né per il sopravvento della violenza, né per l’insinuarsi dell’oblio del tempo; può essere assente da noi la meditazione dei comandamenti di Dio.

144 Giustizia sono le tue

testimonianze in eterno, dammi intelletto e vivrò.

Come ora medita le testimonianze di Dio e i comandamenti per il presente, così attende quelli eterne; e come vive la vita del corpo, così chiede di vivere la gloria eterna grazie all’intelligenza che avrà ricevuto da Dio.

Cof

145 Ho gridato con tutto il cuore:

Esaudiscimi, Signore!

Ricercherò i tuoi decreti;

146 ho gridato a te: Salvami !

E custodirò i tuoi comandamenti.

147 Nella notte fonda ho

prevenuto e ho gridato, ho tanto

sperato nelle tue parole.

148 I miei occhi hanno prevenuto

l’alba per meditare le tue parole.

149 Ascolta, Signore, la mia voce

secondo la tua misericordia,

secondo il tuo giudizio fammi vivere.

150 Si sono avvicinati quelli

che mi perseguitano iniquamente

mentre  dalla tua legge si sono allontanati.

151 Vicino sei tu,

Signore, e tutte le tue vie sono verità.

152 Fin dall’inizio ho

conosciuto circa le tue testimonianze

che in eterno le hai fondate .

145 Ho gridato con tutto il cuore:

Esaudiscimi, Signore!

Ricercherò i tuoi decreti;

Il profeta sa che occorre il clamore del cuore più che quello della voce e per questo grida dal cuore. Colui che ha gridato per essere ascoltato e per cercare le regole di giustizia di Dio, ora

146 ho gridato a te: Salvami !

E custodirò i tuoi comandamenti.

Questa è la lotta della nostra fede: custodire i  comandamenti e conservare come un segreto sicuro questo tesoro del precetto depositato in noi e a noi affidato.

Non ha atteso una vecchiaia indebolita dai vizi e non scelto il tempo dell’età in cui si sono raffreddati i calori, estinti da lungo godimento e dissolutezza; ma ha raggiunto in anticipo la piena maturità con la fede e la religiosità, dominando la giovinezza con la continenza, tenendo sotto controllo gli anni trasgressivi e anticipando la maturità della vecchiaia con la pacatezza di una adolescenza modesta casta.

148 I miei occhi hanno prevenuto

l’alba per meditare le tue parole.

Colui che aveva raggiunto in anticipo la maturità, ora anticipa le giornate stesse con le meditazioni. Egli veglia sul far del giorno, non aspetta che la piena luce del giorno venga a disturbare gli occhi gravati dal  sonno. Egli veglia e attende nella preghiera il ritorno del sorgere della luce, ora impegnato nelle parole dei profeti, ora intento agli inni dei salmi, ora occupato nelle vicende dei patriarchi e dei santi, immerso nella meditazione di ogni parola di Dio in ogni momento e con perseveranza.

149 Ascolta, Signore, la mia voce

secondo la tua misericordia,

secondo il tuo giudizio fammi vivere.

Impariamo la discrezione dalle parole del profeta, come precedentemente abbiamo appreso il grido del cuore, la ricerca delle regole di giustizia, l’osservanza delle testimonianze di Dio e la continenza nella giovinezza e la veglia della meditazione prima dell’ alba; e a motivo di ciò, ponendo ogni speranza nella misericordia di Dio, chiede alla fine che la sua voce sia ascoltata secondo la misericordia, domandando anche la misericordia secondo il giudizio di Dio.

150 Si sono avvicinati quelli

che mi perseguitano iniquamente

mentre  dalla tua legge si sono allontanati.

Si ritiene che abbia detto questo di sé, la cui vita fu insidiata da ogni parte. Ma lui che in questo salmo segue i passaggi ordinati dell’insegnamento umano, ha disposto tutto allo scopo di istruire, perché potessimo riconoscere che chi è vicino all’ingiustizia contro i fedeli, è assai lontano dalla legge di Dio.

151 Vicino sei tu,

Signore, e tutte le tue vie sono verità.

In altro luogo leggiamo: Io sono il Dio che si fa vicino e non il Dio lontano, dice il Signore. Dio non abita luoghi fisici e l’immensità della potenza divina non è limitata da confini o da spazi. Egli è ovunque ed è totalmente presente dappertutto; non è parzialmente presente da qualche parte, ma è tutto in tutti.

152 Fin dall’inizio ho

conosciuto circa le tue testimonianze

che in eterno le hai fondate .

Anche se il profeta dice queste parole di sé, che conosce la legge di Dio dall’origine, tuttavia esse si addicono a ogni generazione, istruita negli insegnamenti di Dio dalla creazione del mondo. Lungo tutto il salmo il profeta ci ha presentato molti e grandi esempi della sua vita di fede, attraverso cui si è proposto come modello di fede, di azione, di intelligenza, di coscienza di non sapere, di speranza, di preghiera, che incarna pienamente l’uomo evangelico con la perfetta osservanza della legge. E benché egli faccia o attesti o speri tutto quanto piace alla volontà di Dio o è proposto alla speranza umana, tuttavia ricorda in quale genere di osservanza consista l’essenziale e la sintesi di tutti i comandamenti e sa cosa il Signore abbia chiesto anche agli stessi apostoli ai quali stava per affidare le chiavi dei cieli. Utilissimo è perciò a quanti obbediscono e divini precetti reprimere in se stessi, spezzata e calpestata, tutta la vanità dell’insolenza e arroganza umana e mantenersi nella modestia dell’unità, tenendo conto della grandezza e misericordia di Dio. Per cui ora in questo passo il santo re e profeta scelto dal suo Dio e Signore per essere secondo la carne l’origine della sua discendenza, in mezzo a questi assalti del mondo e agli attacchi degli spiriti del male, proclama con questa sola ambizione che grida a Dio:

Res

153 Guarda la mia umiliazione e

liberami perché non ho

dimenticato la tua legge.

154 Fa’ il mio giudizio

e riscattami, per la tua parola fammi vivere.

155 Lontana dai peccatori è la

salvezza, perché non hanno

ricercato i tuoi decreti.

156 Le tue misericordie sono molte

Signore, secondo il tuoi giudizi fammi vivere.

157 Molti sono i miei persecutori e i

miei oppressori, dalle tue

testimonianze non ho deviato.

158 Ho visto i prevaricatori e mi

struggevo perché non hanno

custodito le tue parole.

159 Vedi che ho amato i tuoi

comandamenti, Signore; nella tua

misericordia fammi vivere.

160 Principio delle tue parole la

verità e in eterno tutti i giudizi

della tua giustizia.

153 Guarda la mia umiliazione e

liberami  perché non ho

dimenticato la tua legge.

Non chiede di vedere in lui l’opulenza del regno o lo spirito di profezia o qualche altro titolo di vanto umano, ma l’umiltà. Non reagisce infatti a coloro che si accaniscono contro di lui con le armi da guerra e, per insofferenza delle condizioni avverse, non si lascia trascinare alla vendetta dalle  fortune della potenza del regno.

154 Fa’ il mio giudizio

e riscattami, per la tua parola fammi vivere.

Chiedere il giudizio del proprio giudizio è voce di una coscienza elevata e sicura, capace di ricercare, al di là di ciò che ha stabilito e gli piace, anche il parere della sentenza divina. Nel giudizio sugli altri o su di sé egli non si lascia sviare da un’opinione errata, e non recede dal giudizio conforme a verità sotto pressione dell’ira, del favore, dell’odio o dell’amore, memore del comando evangelico: Con il giudizio con il quale giudicherete, sarete giudicati.

155 Lontana dai peccatori è la

salvezza, perché non hanno

ricercato i tuoi decreti.

L’ignoranza volontaria non ha scusante, perché non sapere, pur avendo la possibilità di conoscere è reato di scienza rifiutata, piuttosto che non trovata. Per questo infatti la salvezza è lontana dai peccatori, perché non hanno cercato le regole di giustizia di Dio, quando queste non rimangono scritte se non per essere a disposizione della scienza e conoscenza di tutti.

156 Le tue misericordie sono molte

Signore, secondo il tuoi giudizi fammi vivere.

Veramente molte sono dunque le compassioni di Dio; superano infatti la misura del pensiero umano.

157 Molti sono i miei persecutori e i

miei oppressori, dalle tue

testimonianze non ho deviato.

Non si lascia cacciare né smuovere e anche se molti lo perseguitano, egli non cambia strada. Queste le pene del profeta, solo questa la sofferenza che avverte, quando dice:

158 Ho visto i prevaricatori e mi

struggevo perché non hanno

custodito le tue parole.

Non è nuova la consunzione di questo profeta relativa alla prevaricazione del popolo, dato che sappiamo che lo stesso Signore ha pianto sull’empietà di Gerusalemme, e conosciamo anche che l’Apostolo piange per coloro che non si pentono, più ancora egli perfino brucia se qualcuno viene scandalizzato.

159 Vedi che ho amato i tuoi

comandamenti, Signore; nella tua

misericordia fammi vivere.

È poco per il profeta osservare i comandamenti per paura, ma piuttosto li ama, perché l’atto di amore non ha niente a che fare con l’agire per forza, tipico della paura. E benché l’amore della legge sia meglio della paura, egli non è così sicuro di sé al punto da non chiedere una vita fondata piuttosto sulla misericordia di Dio.

160 Principio delle tue parole la

verità e in eterno tutti i giudizi

della tua giustizia.

Le parole di Dio non passano, anche se il cielo e terra passano. Tutto ciò che è uscito dalle sue labbra non è vano. Eterne sono le regole di giustizia, eterna è la giustizia. Dunque l’inizio delle parole di Dio è verità.

Il profeta Davide ha sostenuto forti manifestazioni di avversione e ostilità da parte del re Saul e dei capi del popolo, perché l’empietà ostentata non poté sopportare la costanza di una coscienza santa. Ma impegnato a conformare a Dio l’uomo secondo il modello del Vangelo e degli apostoli, non può ignorare il dettato del Vangelo che dice: Infatti vi consegneranno e vi flagelleranno nelle sinagoghe e starete davanti ai re e ai potenti, in testimonianza per essi e per le nazioni.

Sen

161 I principi mi hanno perseguitato

senza ragione e il mio cuore ha temuto le tue parole.

162 Io esulterò per le tue parole

come chi ha trovato grande preda.

163 Ho odiato e aborrito l’ingiustizia

ma ho amato la tua legge.

164 Sette volte al giorno ti ho

lodato per i giudizi della tua giustizia.

165 Grande pace per quanti amano

la tua legge, e non c’è per loro inciampo.

166 Aspettavo la tua salvezza, Signore, e ho

amato i tuoi comandamenti.

167 Ha custodito la mia anima

le tue testimonianza e le ho amate con ardore.

168 Ho custodito i tuoi comandamenti e le tue

testimonianze perché tutte le mie vie sono davanti a te.

161 I principi mi hanno perseguitato

senza ragione e il mio cuore ha temuto le tue parole.

162 Io esulterò per le tue parole

come chi ha trovato grande preda.

È il vincitore che trova il bottino; chi è già vinto invece lo rende spontaneamente. Il profeta dunque non è spezzato da questi attacchi e vince con la fede l’avversione dei principi, porta a casa il bottino dell’empietà strappato ai vinti. Sa infatti che secondo i Vangeli il forte è stato legato in casa sua e che una volta spogliato delle armi del suo potere, offre ai credenti il bottino da sequestrargli. Si allieta perciò ora nelle parole di Dio, come uno che trovi un grande bottino, quando, infranto il potere degli empi e vincitore stabile per la fede, li ha spogliati di tutte le armi dell’empietà e della crudeltà. Ma questo senso di gioia nasce soltanto dall’amore della legge divina e dall’esecrazione dell’iniquità, perché ognuno deciderà di fuggire solo ciò che odio o si sforzerà di ottenere soltanto ciò che ama. Quindi rallegratosi come per un grande bottino aggiunge: Colui che ama la legge di Dio non si applica solo ai doveri che l’obbedienza a questa legge permette di adempiere.

164 Sette volte al giorno ti ho

lodato per i giudizi della tua giustizia.

Il santo profeta anzitutto ama ciò che fa, vale a dire l’opera della legge, perché dà un taglio netto a ogni vizio nella pratica e nell’intenzione, ma poi loda i giudizi della giustizia di Dio.

Il contenuto della predicazione profetica non è diverso da quello della fede. Infatti la pazienza nelle persecuzioni, la paura delle parole, la gioia del linguaggio divino, l’odio dell’ingiustizia e l’amore della legge, la lode della giustizia e tutto quanto di altro è comandato nella legge, si riassume nell’osservanza di questo solo precetto: Amerai il prossimo tuo come te stesso.

165 Grande pace per quanti amano

la tua legge, e non c’è per loro inciampo.

Occorre dunque conservare la pace e cercare non ciò che conviene a ciascuno in particolare ma alla totalità, perché secondo il Vangelo sarebbe più utile non essere mai nato che recare scandalo ai piccoli.

166 Aspettavo la tua salvezza, Signore, e ho

amato i tuoi comandamenti.

167 Ha custodito la mia anima

le tue testimonianza e le ho amate con ardore.

168 Ho custodito i tuoi comandamenti e le tue

testimonianze perché tutte le mie vie sono davanti a te.

il profeta, agendo alla presenza di Dio che giudica e scruta i cuori, persiste nella custodia dei comandamenti e delle testimonianze di Dio, non cammina nelle vie del mondo o sulle strade del vizio e dell’empietà. Infatti qualunque via della sua vita abbia imboccato, cammina con correttezza e innocenza degne del cospetto di Dio. Dio conosce anche i pensieri e i movimenti dei cuori e chi non ha il cuore puro non è degno  neppure del suo cospetto. Questo disse infatti il fedele testimone in cielo, il Signore nostro Gesù Cristo. Il salmo termina con l’ultima lettera dell’alfabeto. Infatti analizzate tutte le proprietà della figura del santo secondo la serie delle lettere dell’alfabeto ebraico, ora il profeta chiede che la sua preghiera si avvicini alla presenza di Dio.

Thav

169 Si accosti la mia supplica

al tuo cospetto, Signore,

secondo la tua  parola dammi intelletto.

170 Entri al tuo cospetto la mia

supplica, secondo la tua parola liberami.

171 Faranno risuonare

le mie labbra un inno, quando mi

avrai insegnato i tuoi decreti.

172 Proclamerà la mia lingua

la tua parola, perché tutti i tuoi

comandamenti sono giustizia.

173 Venga la tua mano a

salvarmi perché  ho scelto i tuoi comandamenti.

174 Ho bramato la tua salvezza,

Signore, e la tua legge è la mia meditazione.

175 Vivrà l’anima mia e

ti loderà e i tuoi giudizi mi aiuteranno.

176  Ho errato come una pecora

perduta , cerca il tuo servo

perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.

169 Si accosti la mia supplica

al tuo cospetto, Signore,

secondo la tua  parola dammi intelletto.

Sono molte le richieste espresse al Signore nel corso dell’intero salmo. Ma poiché le parole di Dio contengono in sé molta oscurità in ragione dei misteri delle realtà celesti, ora chiede soprattutto di essere degno dell’intelligenza di questa parola di Dio. E prima ha mantenuto lo stile della sua modestia carica di speranza, quando chiede che la sua preghiera si avvicini al cospetto di Dio. Poi, facendo un passo avanti, rinnova la sua richiesta, dicendo:

170 Entri al tuo cospetto la mia

supplica, secondo la tua parola liberami.

Ecco la sequenza di avvicinamento della preghiera al cospetto di Dio: una volta avvicinatasi, è entrata; egli, compresa la parola di Dio, chiede di essere liberato secondo la stessa parola di Dio. La salvezza non coincide subito con il momento dell’intelligenza, ma, solo una volta conseguita l’intelligenza, viene il momento di ottenere la salvezza.

E poiché queste stesse parole erano proclamate in spirito profetico o come ombra delle realtà future o come una specie di immagine della verità anticipata come in uno specchio o come significato nascosto e profondo delle parole divine, in spirito profetico più che come espressione dell’intelligenza umana, ha aggiunto:

171 Faranno risuonare

le mie labbra un inno, quando mi

avrai insegnato i tuoi decreti.

172 Proclamerà la mia lingua

la tua parola, perché tutti i tuoi

comandamenti sono giustizia.

Ricordiamo che l’immagine dell’ eruttare indica ogni parola di profezia quando si dice: Il mio cuore ha lottato una buona parola, oppure quel passo: erutterò cose nascoste dalla fondazione del mondo, o quel passo: il giorno al giorno erutta la parola. Ogni considerazione umana inizia dalla consapevolezza e dal movimento del pensiero, quando la nostra mente, spinta a rendere manifesto qualcosa, dichiara mediante parole ciò da cui si sente intimamente toccata. E tuttavia quando, al di là dell’istintivo processo espressivo dell’uomo, la lingua non resta servizio del parere maturato interiormente, ma, grazie allo spirito entrato in noi, si diffonde attraverso la nostra bocca la presentazione dell’insegnamento divino, allora ciò che viene detto sembra eruttato, perché, senza una percezione previa di pensiero o di moto interiore, mente esprime ciò a cui si sente spinta, ma inconsapevolmente lo spirito si esprime distintamente nella parola. Ora infatti, benché le labbra abbiano eruttato un insegnamento, tuttavia la lingua annuncerà ciò che dice solo dopo la conoscenza delle regole di giustizia di Dio. Solo raggiunta la conoscenza delle cose dette, segue la proclamazione della conoscenza.

173 Venga la tua mano a

salvarmi perché  ho scelto i tuoi comandamenti.

Mentre altri scelgono la gloria terrena, altri si buttano nella venerazione di elementi naturali e  di demoni, altri cercano le ricchezze terrene, questo santo ha scelto comandamenti di Dio. E li ha scelti non per dovere di natura, ma per decisione di fede, perché ciascuno si trova davanti una strada della vita che porta a ciò che lui decide e ha piena libertà di intenzione e di azione. E per questo la scelta comporta per ciascuno la pena o il premio. Ma quale fosse lo scopo dei comandamenti di Dio lo mostra dicendo:

174 Ho bramato la tua salvezza,

Signore, e la tua legge è la mia meditazione.

Egli è totalmente proteso alla venuta di Gesù Salvatore e brama con impaziente desiderio ciò che solo gli apostoli ebbero la beatitudine di vedere, indicando tuttavia che ciò che fa sotto la legge è meditazione della futura speranza, perché si ritiene che ogni meditazione solitamente è intrapresa non per un effetto immediato, ma per risultati futuri.

E mostra quale fosse la ricompensa di questa meditazione:

175 Vivrà l’anima mia e

ti loderà e i tuoi giudizi mi aiuteranno.

Non ritiene di vivere in questa vita, dato che ha detto: ecco sono stato concepito delle iniquità e nei peccati mi ha partorito mia madre. Sa di essere nato in una condizione di colpa originale e di legge del peccato ed egli ha scelto la meditazione della legge di Dio proprio per questo, per vivere, come dice l’esortazione rivolta nel salmo precedente alla propria anima, per godere di quella vita quando dice: Ritorna anima mia al tuo riposo, perché il Signore mi ha beneficato, ha strappato la mia anima dalla morte, i miei occhi dalle lacrime, i miei piedi dalla caduta. Sarò gradito al Signore della regione dei viventi. Si affretta a rendere queste lodi a Dio, aiutato dai giudizi di Dio, una volta dissolta la fragilità della corruzione terrena, a camminare verso l’eternità. Per questo dunque perché ha scelto i comandamenti e ha desiderato la salvezza del signore e la suo meditazione è sempre immersa nella legge di Dio. Con una conclusione degna del mistero del Vangelo ha posto fine a tutto il salmo dicendo:

176  Ho errato come una pecora

perduta , cerca il tuo servo

perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.

Ha fretta infatti che, come pecora smarrita e perduta, sia riportata sulle spalle del suo pastore, così che grazie al proprio Salvatore ed eterno pastore, accolta in cielo, sia motivo di gioia eterna per gli angeli. Il figlio dell’uomo infatti è venuto a salvare ciò che era senza vita, mandato alle pecore perdute della casa di Israele, il Signore nostro Gesù Cristo che è benedetto nei secoli dei secoli.

 

 

 

 

 

16 - Salmi 121 -135

Salmi numero e pagina

Salmo 121      pag 2

Salmo 122      pag 14

Salmo 123      pag 21

Salmo 124      pag 28

Salmo 125      pag 35

Salmo 126      pag 44

Salmo 127      pag 54

Salmo 128      pag 63

Salmo 129      pag 72

Salmo 130      pag 84

Salmo 131      pag 88

Salmo 132      pag 112

Salmo 133      pag 120

Salmo 134      pag 125

Salmo 135      pag 142

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 121

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Ho gioito per le cose

che mi sono state dette:

Andremo alla casa del Signore.

2 Stavano i nostri piedi

nei tuoi atri Gerusalemme,

3 Gerusalemme che è costruita

come città di cui si partecipa tutti insieme.

4 Là sono salite le tribù, le tribù

del Signore come testimonianza

per Israele, per confessare il nome del Signore.

5 Perché là  sono stati posti  i

troni per il giudizio, i troni sulla casa di Davide.

6 Chiedete le cose che sono per la

pace di Gerusalemme e sia

prosperità per quelli che ti amano.

7 Sia fatta la pace nella tua potenza

e prosperità nelle tue torri;

8 per i miei fratelli e i miei

vicini  auguravo la pace su di te.

9 Per la casa del Signore nostro

Dio ho cercato per te il bene.

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Ho gioito per le cose

che mi sono state dette:

Andremo alla casa del Signore.

Il motivo della grande gioia che dimostravano gli ebrei è di un importante insegnamento. Reca stupore che il popolo, schiavo da così gran tempo in un paese remoto, non si rallegra di ritornare alla propria patria per rientrare in possesso della propria eredità, ma per rivedere Gerusalemme e andare nella casa del Signore. Tale fu, dice San Giovanni Crisostomo, il frutto della loro schiavitù. Le stesse persone che avevano prima dimostrato una così grande indifferenza per il Signore fino ad abbandonarsi alla idolatria, sono finalmente diventate sagge per la privazione delle cose sante e non hanno più desiderio se non per la città di Gerusalemme e per la casa del Signore. Quelli che sono pieni dell’amore delle cose del cielo, dice Sant’Ilario, non troveranno oscurità in questo salmo, ma entreranno facilmente, per quello che sentono in se stessi, nella intelligenza del senso del profeta. Ricordandosi essi di essere chiamati nella Scrittura gli eredi di beni eterni e di dover essere un giorno annoverati fra gli abitanti della città celeste fabbricata di pietre viventi, non possono fare a meno di esclamare con quel popolo: io mi sono rallegrato perché mi è stato detto e annunciato dai profeti, da Gesù Cristo e dagli apostoli che noi andremo nella casa del Signore. Questa è la casa  di cui quella di Gerusalemme non era che un’immagine; verso lei dobbiamo sospirare. Guai a coloro che avendo il cuore pieno dell’amore dei beni presenti non possono innalzare i loro desideri fino alla celeste Gerusalemme.

2 Stavano i nostri piedi

nei tuoi atri Gerusalemme,

Il ricordo del tempo antico era una ragione per raddoppiare la gioia di quel popolo, il quale voleva ritornare in quella città così bella al cui ingresso si fermavano gli stranieri per contemplarne la bellezza. Non possiamo noi dire parimenti che prima della caduta di Adamo i nostri piedi erano come sull’ingresso della Gerusalemme celeste per quello stato di innocenza in cui eravamo stati creati e che era in certo modo la porta e l’ingresso della gloria? Come dunque la memoria della grande passata beatitudine , deve in noi risvegliare una santa gioia allorché ci viene annunciato da Dio medesimo  per bocca dei suoi profeti che noi saremo ristabiliti nello stesso luogo dal quale ci aveva esclusi la divina giustizia e che non rimarremo soltanto nell’ingresso ma che saremo introdotti fino alla casa del Signore!

3 Gerusalemme che è costruita

come città di cui si partecipa tutti insieme.

Essendo Gerusalemme stata distrutta da Nabuccodonosor non era più una città. Ma quando Ciro e Dario, re dei persiani ebbero ordinato che fosse ricostruita, concedendo agli ebrei schiavi la libertà di ritornare al loro paese nativo, si vide allora la ricostruzione di Gerusalemme con la perfetta unione di tutti quelli che l’abitarono. È questa una eccellente figura dell’edificio spirituale della Chiesa che comincia ad essere costruito sulla terra e che non sarà consumato se non in cielo. Tutta la sua bellezza consiste nella unione delle sue parti e nella unità di cuore e di sentimento che si ammiravano in tutti i fedeli della Chiesa nascente, di cui ci dice la Scrittura che  avevano un cuore solo ed un’anima sola. Tutti quelli che si separano dalla Santa società dei fedeli e dal sacro corpo della Chiesa non hanno parte con la casa di Dio poiché tutte le sue parti sono strettamente unite fra esse con la carità e con l’ unione in uno stesso spirito.

4 Là sono salite le tribù, le tribù

del Signore come testimonianza

per Israele, per confessare il nome del Signore.

Questo versetto deve riferirsi a ciò che ha detto prima: che i loro piedi erano fermi all’ingresso di Gerusalemme, poiché qui egli aggiunge, tutti gli uomini delle varie tribù venivano ogni anno in folla a rendere i loro omaggi al Dio di Israele, a celebrare le lodi del suo nome e della sua potenza, a ringraziarlo di tutti i suoi benefici. Si univano insieme più strettamente tutte le tribù in una stessa religione per figurare fin da allora l’unità della Chiesa di Gesù Cristo, di cui Gerusalemme era  un’immagine.

6 Chiedete le cose che sono per la

pace di Gerusalemme e sia

prosperità per quelli che ti amano.

7 Sia fatta la pace nella tua potenza

e prosperità nelle tue torri;

Dio aveva già accordato la pace alla città di Gerusalemme, allorché i re Ciro e Dario ordinarono che si ricostruisse la città ed il tempio e che andassero liberi gli schiavi. Il Signore voleva tuttavia che il popolo gli chiedesse questa pace, come donata per le sue preghiere, benché fosse un effetto della sua infinita misericordia. I Giudei dovevano pregare per ottenere una pace perfetta per superare gli ostacoli posti dai loro nemici. La preghiera degli antichi giudei è un’immagine di quella dei nuovi israeliti. Quand’anche noi fossimo pure certi di godere la pace che viene dalla carità, non saremmo però meno obbligati a chiederla sempre. Dio vuole che noi lo preghiamo in continuazione per manifestare la nostra umile sottomissione. Ben lontani dall’avere la sicurezza di cui parliamo, siamo continuamente assaliti da vari nemici che vogliono impedirci di fabbricare dentro di noi il tempio di Dio. Questo ci costringe a una continua preghiera. Il bene, o abbondanza, di cui qui si parla non è che per quelli che amano sinceramente Gerusalemme. Poche persone hanno il vero amore per Gerusalemme e operano per la sua divina costruzione, senza temere i mali che devono sopportare e i pericoli che accompagnano un tale edificio. La loro pace non crescerà se non con la fortezza che avranno nel combattere: nelle loro torri troveranno l’abbondanza.

8 per i miei fratelli e i miei

vicini  auguravo la pace su di te.

9 Per la casa del Signore nostro

Dio ho cercato per te il bene.

Desidero la pace per te o Gerusalemme, perché il culto del vero Dio sia diffuso per ogni dove. Sappiano i Giudei miei fratelli, che sono rimpatriati per la gloria del loro Dio e si guardino dal peccare di nuovo se non vogliono provare ancora una volta simili castighi.

 

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Ho gioito per le cose

che mi sono state dette:

Andremo alla casa del Signore.

Andremo nella casa del Signore! Ebbene, corriamo! Corriamo perché andremo nella casa del Signore. Corriamo perché tal corsa non stanca; [corriamo] perché arriveremo a una meta dove non esiste stanchezza. Corriamo alla casa del Signore, e la nostra anima gioisca per coloro che ci ripetono queste parole. Coloro che ce le riferiscono han visto prima di noi la patria e, da lontano, a noi che li seguiamo, gridano: Andremo nella casa del Signore. Camminate, correte! L'han vista gli Apostoli e ci han detto: Correte, spicciatevi, veniteci appresso! Andremo nella casa del Signore. E ciascuno di noi cosa dice? Mi son rallegrato per coloro che mi dicevano: Andremo nella casa del Signore. Mi son rallegrato per la compagnia dei Profeti e degli Apostoli. Tutti costoro infatti ci hanno detto che andremo nella casa del Signore.

2 Stavano i nostri piedi

nei tuoi atri Gerusalemme,

I nostri piedi stavano negli atri di Gerusalemme. Se cercavi cosa fosse la casa del Signore, eccotelo spiegato. In quella casa, la casa appunto del Signore, si loda il costruttore della casa stessa, il padrone di casa è la gioia di tutti coloro che vi abitano: egli, che quaggiù è l'unica [nostra] speranza, lassù [sarà] la nostra reale felicità. Pertanto, quelli che corrono a che cosa debbono pensare? D'essere in certo qual modo lassù e d'esserci stabilmente. Gran cosa essere stabilmente in quella casa, in compagnia degli angeli, e mai perderne il posto!... Non è possibile che pensi alla Gerusalemme terrena colui che ama con tanto ardore. Egli vuol senz'altro giungere all'altra Gerusalemme, quella che è la nostra madre  e che l'Apostolo definisce come eterna nei cieli .

3 Gerusalemme che è costruita

come città di cui si partecipa tutti insieme.

Se non vuoi credere a me, ascolta come continui il salmo e qual Gerusalemme voglia rappresentare alle nostre menti. Egli aveva detto: I nostri piedi stavano negli atri di Gerusalemme. Come se qualcuno gli avesse chiesto: A qual Gerusalemme ti riferisci? di quale Gerusalemme parli?, egli soggiunge immediatamente: Gerusalemme è edificata in forma di città. Fratelli, quando David pronunciava queste parole la città di Gerusalemme era completamente costruita, non la si stava costruendo. Si riferiva quindi a un'altra non so quale città che viene costruita ai nostri giorni, a una città verso la quale mediante la fede corrono le pietre vive, della quale dice l'apostolo Pietro: E anche voi, come altrettante pietre viventi, siete insieme costruiti per formare una casa spirituale, cioè il tempio santo di Dio. Che significa: Voi siete insieme costruiti come pietre viventi? Per vivere, ti è necessario credere; credendo diventi tempio di Dio, nel senso inteso dall'apostolo Paolo quando dice: Santo è il tempio di Dio, e questo siete voi . È dunque una città che adesso viene costruita: adesso vengono staccate dai monti le pietre ad opera di coloro che annunziano la verità, adesso le si squadra perché entrino a far parte dell'edificio eterno.

4 Là sono salite le tribù, le tribù

del Signore come testimonianza

per Israele, per confessare il nome del Signore.

Là infatti ascesero le tribù. Ci stavamo infatti proprio domandando dove salisse colui che era caduto, poiché la voce [che udiamo] è - come si diceva - voce di uno che sta salendo, è la voce della Chiesa in atto di ascendere. Ebbene, dove crediamo che ascenda? dove va? dove si innalza? Dice: Là ascesero le tribù. Dove ascesero le tribù? Nella città la cui partecipazione è nell'Assoluto. È là che si ascende: in Gerusalemme… Dodici erano le tribù del popolo d'Israele, e in quelle tribù c'erano persone cattive e persone buone. Quanto cattive non furono infatti quelle tribù che crocifissero il Signore, e quanto buone quelle che lo riconobbero! Certamente le tribù che crocifissero il Signore sono tribù del diavolo; per cui, dicendo in quel luogo il salmo che là ascesero le tribù, affinché tu non riferissi le sue parole a tutte quante le tribù, soggiunse: Le tribù del Signore. Che significa: Le tribù del Signore? Le tribù che riconobbero il Signore. Difatti, dalle dodici tribù di per sé cattive vennero fuori degli individui buoni, nati da tribù buone, che riconobbero il Costruttore della città [superna]: erano i grani [del buon frumento] che, nati in seno a quelle tribù, rimasero frammisti alla paglia. [Quando fu l'ora di ascendere], ascesero non insieme alla paglia ma purificate, selezionate, come tribù del Signore.

5 Perché là hanno sono stati posti  i

troni per il giudizio, i troni sulla casa di Davide.

Poiché ivi si posero i seggi per il giudizio? Senza dubbio vi risuonano frequenti all'orecchio le parole dette da Dio: Il cielo mi fa da trono, la terra è lo sgabello dei miei piedi. In latino la frase è resa così: Il cielo mi fa da seggio . E chi sono tali persone, se non i giusti? Chi sono i cieli, se non giusti? Essi sono insieme il cielo e i cieli: la stessa cosa è l'unica Chiesa e le varie chiese. Come la Chiesa è molteplice pur restando una, così i giusti. Essi sono il cielo e insieme i cieli. In questi cieli siede e giudica Dio. Se  seggio di Dio è il cielo e gli Apostoli sono il cielo, sono gli stessi Apostoli che costituiscono il seggio di Dio e il suo trono. Si dice in un altro passo [scritturale]: L'anima del giusto è il trono della sapienza . Grande, grandissima affermazione questa: Trono della sapienza [è] l'anima del giusto. E significa: Nell'anima del giusto risiede la sapienza come nel suo proprio seggio, nel suo proprio trono, e da lì giudica ogni cosa che giudica. Costoro dunque erano i troni della sapienza e per questo diceva loro il Signore: Sederete su dodici troni per giudicare le dodici tribù d'Israele . In tal modo le stesse persone sederanno su dodici seggi, mentre sono già seggi di Dio. Di loro infatti era stato detto: Là si sedettero i seggi.

6 Chiedete le cose che sono per la

pace di Gerusalemme e sia

prosperità per quelli che ti amano.

Chiedete le cose che contribuiscono alla pace di Gerusalemme. Voi, seggi che ormai siete seduti in giudizio e siete divenuti trono del Signore che giudica, chiedete - dice - quali cose contribuiscano alla pace di Gerusalemme. Tocca infatti a chi giudica interrogare, mentre chi è giudicato deve rispondere alle interrogazioni. Ebbene, ponendosi a interrogare cosa trovano? Che alcuni hanno esercitato la misericordia, altri no; e quindi alla Gerusalemme chiameranno [solo] coloro che constateranno aver esercitato la misericordia, poiché le opere di misericordia contribuiscono alla pace di Gerusalemme.

7 Sia fatta la pace nella tua potenza

e prosperità nelle tue torri;

Si faccia la pace mediante il tuo vigore. O Gerusalemme, o città costruita in forma di città, la cui partecipazione è nell'Assoluto, si faccia la pace mediante il tuo vigore! Si faccia la pace mediante il tuo amore, poiché la tua forza è il tuo amore. Ascolta il Cantico dei Cantici: L'amore è forte come la morte . Grande affermazione, fratelli! L'amore è forte come la morte. Ma non si sarebbe potuto descrivere in maniera più efficace quanto grande sia la forza dell'amore, che ricorrendo all'espressione: L'amore è forte come la morte? O c'è forse qualcuno, fratelli, che possa opporre resistenza alla morte? Si resiste al fuoco, alle inondazioni, al ferro; si resiste alle autorità e magari ai re; arriva la morte: è sola, ma chi può resisterle? Non c'è nulla più forte di lei.

8 per i miei fratelli e i miei

vicini  auguravo la pace su di te.

Non è senza motivo che  il salmista, parlando della carità, dice: Per amore dei miei fratelli e dei miei vicini io parlavo della pace [che viene] da te. O Gerusalemme, città la cui partecipazione [è] nell'Assoluto, in questa vita e in questa terra io, povero e pellegrino, vado gemendo poiché non godo ancora della tua pace; tuttavia voglio farmi araldo della tua pace e predicarla [a tutti]. Io  - dice il salmo - parlavo della pace [che viene] da te. Ma con quali mire? Per amore dei miei fratelli e dei miei vicini. Non in vista del mio onore e della mia ricchezza, e nemmeno per amore della mia vita. Difatti, per me vivere è Cristo e il morire un vantaggio. Se parlavo della pace [che viene] da te, [era] per amore dei miei fratelli e dei miei vicini.

9 Per la casa del Signore nostro

Dio ho cercato per te il bene.

Per amore della casa del Signore mio Dio io ho chiesto per te i beni. Non te li ho chiesti per avvantaggiarmene io stesso. In tal caso infatti non li avrei chiesti per te ma per me, con la conseguenza che, non avendoli chiesti per te, non li avrei avuti per niente. Te li ho chiesti, invece, per la casa del Signore mio Dio, cioè per la Chiesa, per i santi, per i pellegrini, per i bisognosi, affinché possano ascendere secondo quel che loro diciamo: Andremo alla casa del Signore. Proprio per amore di questa casa del Signore mio Dio io ho chiesto per te i beni.

Dai Padri

Crisostomo: i giudei, purificati dalla prigionia, cantano questo salmo. Hanno fame e sete del Verbo di Dio.

Eusebio: i padri che ritornano dall’esilio descrivono Gerusalemme ai loro figli.

Ilario: chi è tutto preso dal desiderio del cielo, non vede alcuna oscurità in questo salmo: è il suo stesso sentimento che gli dà intelligenza di questa magnifica profezia, perché egli si ricorda di essere coerede e compartecipe dei beni eterni, che la risurrezione lo renderà simile agli angeli, che sarà reso conforme alla gloria del corpo di Gesù Cristo e diverrà cittadino della città di pietre vive di cui è scritto: non giurate per Gerusalemme, che è la città del grande re (Matteo 5,35). Non si tratta della città che uccide i profeti, ma di quella di cui Paolo dice: siete concittadini dei santi… Edificio eretto sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendone pietra angolare lo stesso Gesù Cristo (Efesini 2,19). Città annunciata da angeli e profeti, che è stata data come modello dal Signore e di cui hanno parlato gli apostoli. Nell’ apprendere che tutti questi beni sono accessibili a noi, per la fede, ognuno esclamerà: ho gioito quando mi hanno detto

Girolamo: mi hanno detto: la legge e i profeti.

2 Atanasio: gli anziani si ricordano del tempo passato in cui andavano alla casa di Dio.

3 Atanasio: la città non è disseminata ma forma un tutt’uno.

Cassiodoro: Gerusalemme è costruita di pietre vive e ha in sé cittadini unanimi; sulla terra contiene genti di ogni sorta ma la Gerusalemme celeste accoglie solo i perfetti. La Gerusalemme terrestre è perseguitata, l’altra gioisce di una pace senza fine; l’una è piena di uomini che piangono, l’altra non conosce le lacrime. L’una crede e spera, l’altra vede Dio faccia a faccia: sono come due città, ma non ci sarà che un solo popolo.

Ilario: l’edificio terreno prefigura la Gerusalemme celeste, costruita come città. Il verbo è al presente: la città si costruisce fino a che non sia entrata la totalità dei gentili (Romani 11,25). Non è un amalgama informe ma una unità per mezzo della fede, una unione per mezzo della carità, una concordia per mezzo della volontà. La partecipazione infatti a questa città è nell’idipsum. È impossibile avervi parte nella dispersione, ma solo nell’unità.

3 Crisostomo: non c’è deserto in essa: è tutta compatta, perfetta e molto popolata: hai in sé l’assemblea dei popoli.

Ilario: anche noi facciamo parte delle tribù del Signore: la parola del Signore è uscita da Gerusalemme ed è giunta fino alle genti.

Eusebio: il luogo del raduno fu chiamato testimonianza perché era il segno più manifesto della provvidenza di Dio. Vi si leggeva la legge, vi si raccontavano le meraviglie di un tempo e così si rinnovava la carità reciproca tra il popolo.

4 Origene: tutte le tribù che Dio ha fatto uscire dall’Egitto si recano a Gerusalemme per rendere testimonianza al Dio di Israele e per un rendimento di grazie. Il profeta parla delle tribù che cammineranno verso la virtù e la conoscenza di Dio. Tutte le tribù sono divenute partecipi della virtù e della scienza, e la promessa si è realizzata. Dio ha comandato di pregare, di celebrare feste e di immolare sacrifici a Gerusalemme: è questo che egli chiama testimonianza. Questo raduno a Gerusalemme era, infatti, il momento più importante per far conoscere la legge, la Scrittura, la storia dei patriarchi e per riunire una comunità nella carità.

5 Origene questo è rivolto agli ascoltatori: quando saprete cosa è Gerusalemme pregate per la sua pace. Abbiamo detto molte volte che Gerusalemme si traduce con “visione di pace”. Se dunque Gerusalemme si costruisce nel nostro cuore, cioè se una visione di pace prende dimora in noi, se contempliamo e custodiamo sempre nel nostro cuore il Cristo che è la nostra pace, se  dimoriamo in questa visione di pace, allora potremo dire che siamo in Gerusalemme.

Origene: la torre è l’anima contemplativa. La prosperità sono i beni corporali.

Ilario la pace e la forza di questa casa sono un’unica cosa, affinché vi si partecipi nell’unità.

Ilario: chiede i beni promessi, per la casa di Dio. La città, formata da fratelli e vicini, si affretta per essere tutta di Dio; e da città del Signore diviene casa di Dio: voi siete il tempio di Dio ( 1 Corinzi 3,6).

Girolamo: per amore della casa… Perché tutta la città si trasferisca nella dimora di colui che ha detto: Padre, voglio che dove sono io, siano con me anche coloro che mi hai dato (Giovanni 17,24).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 122

( Cantico delle ascensioni )

1 A te ho levato i miei occhi

a te che abiti nel cielo.

2 Ecco, come gli occhi dei servi

alle mani dei loro padroni

come gli occhi della serva

alle mani della sua padrona, così

i nostri occhi verso il Signore nostro

Dio, finchè abbia pietà di noi.

3 Pietà di noi, Signore, pietà di noi,

perché molto siamo stati colmati di disprezzo.

4 Perché molto è stata colmata l’anima nostra,

obbrobrio da parte di quelli che

hanno in abbondanza e disprezzo

da parte degli orgogliosi.

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 A te ho levato i miei occhi

a te che abiti nel cielo.

2 Ecco, come gli occhi dei servi

alle mani dei loro padroni

come gli occhi della serva

alle mani della sua padrona, così

i nostri occhi verso il Signore nostro

Dio, finchè abbia pietà di noi.

3 Pietà di noi, Signore, pietà di noi,

perché molto siamo stati colmati di disprezzo.

Riconosco, o mio Dio, che sulla terra non troverò aiuto nella tribolazione in cui sono ridotto. Per questo, togliendo gli occhi miei dalla terra, li tengo sempre alzati a te, che, sebbene presente dappertutto con l’immensità del tuo essere, vuoi nondimeno che noi ti contempliamo innanzitutto in cielo, affinché i nostri cuori tendano di continuo lassù coi santi loro desideri e si distacchino sempre più dai beni terreni. Sapendo noi, o Signore, che la tua mano onnipotente ci percuote e ci piaga per sanarci, non accusiamo gli uomini di tutto il male che  soffriamo come pure da loro non ci aspettiamo la fine degli stessi mali. Ma ci comportiamo verso di te come i buoni servi verso i loro padroni e le buone ancelle verso la loro signora. Come essi hanno gli occhi attenti alla mano di quelli sia per essere corretti sia per ricevere alcuna grazia, parimenti noi non distogliamo  mai i nostri sguardi da colui che o ci castiga o ci promette la sua misericordia. Noi gli siamo fedeli in ogni cosa, finché egli degna di farci sentire gli effetti della sua clemenza. Giovanni Crisostomo attribuisce queste parole ai Giudei che erano nel paese di Babilonia. Costoro vivevano prima quasi senza religione e senza giogo, confidavano orgogliosamente nella fortezza delle loro mura, nelle loro ricchezze e nel soccorso dei loro alleati. Ma dopo che la giustizia del loro Dio li ebbe spogliati di tutto lo splendore che fino ad allora li aveva accecati, cominciarono ad alzare gli occhi al cielo, a guardare a Dio come al loro Signore e a sottomettersi a lui come fanno i servi a loro padrone.

4 Perché molto è stata colmata l’anima nostra,

obbrobrio da parte di quelli che

hanno in abbondanza e disprezzo

da parte degli orgogliosi.

Se vogliamo con Giovanni Crisostomo, secondo il senso letterale, intendere questi due versetti riferiti ai Giudei schiavi fra i barbari, è facile comprendere come i superbi e quelli che vivevano nell’abbondanza  avessero per loro un sommo disprezzo. Gli assiri che erano popoli  assai orgogliosi e assai ricchi, avendoli ridotti in schiavitù, li trattavano come gli ultimi degli uomini. Questo feriva oltremodo quelli che si erano sempre gloriati di essere un popolo libero e il solo popolo di tutta la terra che fosse il popolo di Dio. E ciò nonostante per un effetto di misericordia aveva egli permesso che fossero caduti in uno stato così miserevole, per obbligarli non solo ad alzare gli occhi al cielo e a riconoscere che tali castighi venivano a loro dalla mano di Dio, ma inoltre ad implorare la sua clemenza sia per l’estrema confusione in cui si trovavano sia per l’orgoglio dei loro nemici che li calpestavano.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

1 A te ho levato i miei occhi

a te che abiti nel cielo.

Proceda dunque il nostro cantore nelle sue ascensioni, ma che egli canti col cuore di ciascuno di voi, anzi che ciascuno di voi sia quel cantore. Difatti, pur pronunciando ciascuno le sue parole, siccome tutti insieme voi formate in Cristo una sola entità, una sola è la persona che parla, e quindi non dice: A te, Signore, abbiamo elevato i nostri occhi, ma: A te, Signore, ho elevato i miei occhi. Pensate pure che a parlare sia ciascuno di voi, ma chi parla è soprattutto quell'unico [corpo] che è diffuso per tutta la terra. Parla quell'unico che altrove dice: Dai confini della terra ho gridato a te quand'era angustiato il mio cuore. Chi mai può gridare dalle [varie] estremità della terra? O qual è quell'uomo che si espanda fino a toccare [tutte] le estremità della terra? Un uomo singolo può gridare dal paese dove si trova, ma potrà forse farlo dalle varie estremità della terra? C'è però l'eredità di Cristo, della quale fu detto: Ti darò in eredità le genti e qual tuo possesso i confini della terra ; ed è proprio questa eredità che gridando dice: Dai confini della terra ho gridato a te quand'era angustiato il mio cuore.

2 Ecco, come gli occhi dei servi

alle mani dei loro padroni

come gli occhi della serva

alle mani della sua padrona, così

i nostri occhi verso il Signore nostro

Dio, finchè abbia pietà di noi.

Sebbene per la grazia siamo diventati figli, tuttavia per essere creature siamo servi. Infatti tutto il creato è al servizio di Dio. In tale atteggiamento diciamo: Come gli occhi dei servi [son fissi] alle mani dei loro padroni, come gli occhi dell'ancella alla mano della sua signora, così gli occhi nostri al Signore Iddio nostro, finché abbia pietà di noi… Espone anche la causa per la quale, come i servi hanno gli occhi rivolti alle mani del loro padrone e le serve alle mani della loro padrona, così - dice - anche i nostri occhi [son rivolti] al Signore Dio nostro. E come se gli avessi chiesto: Ma perché?, soggiunge: Finché egli non abbia avuto pietà di noi. Come dovranno concepirsi, o fratelli, questi servi che hanno gli occhi rivolti alle mani dei loro padroni e queste serve che hanno gli occhi rivolti alle mani della loro padrona, finché questa padrona non abbia avuto pietà di loro? Chi sono questi servi e queste serve che tengono in tal modo gli occhi rivolti alle mani dei loro padroni, se non coloro che vengono fatti fustigare? I nostri occhi al Signore Dio nostro finché non abbia avuto pietà di noi. Son quindi, e gli uni e le altre, in tale atteggiamento finché non si sia impietosito di loro il padrone o la padrona… Immagina che un padrone abbia ordinato la fustigazione di un servo. Il servo incassa i colpi e mentre soffre per le battiture guarda alle mani del suo padrone finché non dica [all'esecutore]: " Basta così ". Per " mano " infatti dobbiamo intendere l'autorità. E allora cosa diremo, fratelli? Nostro Signore ha comandato che noi fossimo flagellati, e così ha comandato quella nostra padrona che è la Sapienza di Dio; e noi durante la vita presente siamo sotto i suoi colpi, e nostra piaga è tutt'intera la presente vita mortale.

3 Pietà di noi, Signore, pietà di noi,

perché molto siamo stati colmati di disprezzo.

Ascoltiamo la voce di questo percosso, e facciamo in modo che tali accenti siano anche i nostri: e ciò anche quando le cose procedono bene. Chi infatti non s'accorge d'essere sotto i colpi del flagello quando è malato o carcerato o incatenato, o quando lo assalgono i banditi? Certamente, quando i malvagi lo opprimono egli s'accorge d'essere flagellato. È invece segno di sentimento penetrante accorgersi d'essere sotto la sferza anche quando tutto va bene. Non dice infatti la Scrittura, nel libro di Giobbe, che la vita umana è piena di tentazioni; ma si chiede: Forse che la vita dell'uomo sulla terra non è di per sé una tentazione? La stessa vita, tutta intera, è detta tentazione. Per cui tutta la tua vita sulla terra costituisce la tua molteplice piaga, e tu finché vivi sopra la terra avrai da piangere. Sia che viva nella prosperità sia che ti trovi in qualche tribolazione, hai da gridare: Ho elevato i miei occhi a te che abiti nel cielo . Volgiti dunque alle mani del Signore, che ha ordinato ti si percuotesse e al quale in un altro salmo dici: Tu hai emendato l'uomo a motivo della [sua] iniquità e hai fatto logorare la mia anima come ragno . Rivolto alle mani di chi ti colpisce grida e di': Pietà di noi, Signore! pietà di noi! Non sono forse grida d'un fustigato queste: Pietà di noi, Signore! pietà di noi?

4 Perché molto è stata colmata l’anima nostra,

obbrobrio da parte di quelli che

hanno in abbondanza e disprezzo

da parte degli orgogliosi.

Oltremodo è ripiena l'anima nostra: [ripiena di] obbrobrio da parte di coloro che sono nell'abbondanza e [di] disprezzo da parte dei superbi. Cercavamo chi fossero gli uomini che sono nell'abbondanza. Te l'espone dicendo: I superbi. L'obbrobrio è lo stesso che disprezzo; coloro che sono nell'abbondanza è lo stesso che i superbi. È la ripetizione d'uno stesso concetto: obbrobrio da parte di coloro che sono nell'abbondanza e disprezzo da parte dei superbi. Perché si trovano nell'abbondanza i superbi? Perché aspirano a una felicità di questo mondo… E se diventano miseri, forse che sono ancora nell'abbondanza?"   Ci beffeggiano quando sono nella prosperità, quando possono pavoneggiarsi delle loro ricchezze e dei loro onori vacui e falsi. È allora che ci scherniscono, dicendoci: " Eccomi qua! Io sto benone, godendomi le cose che ho a portata di mano. Via da me quanti mi promettono cose che non possono farmi toccare! Io mi tengo stretto al concreto; io voglio godermi quel che è visibile. Mi arrida la fortuna finché dura la vita presente! ". Rimani fermo [o cristiano]! Cristo è risorto…

Dai Padri

Origene: Dio abita nel cielo corporeo con la sua sapienza, come  creatore; abita nei cieli spirituali come giustizia, con la conoscenza e la scienza.

Girolamo: vi è un progresso. Al  quarto salmo graduale, il pellegrino alza gli occhi verso il Signore stesso.

Cassiodoro: osa alzare gli occhi verso il Signore stesso, ora che egli è membro del Cristo.

2 Origene: teniamo gli occhi rivolti verso le mani del Signore per cogliere il momento in cui ci dirà di compiere l’opera; e speriamo che le sue mani ci porgano il cibo, al suo banchetto. Noi non fissiamo un termine a questa speranza.

Crisostomo: osservate come è forte questa pietà: non è da poco tempo che sono là a sperare. Speriamo da molto tempo e sospirando. Lo schiavo non spera niente da nessuno tranne che dal suo padrone.

Ruperto: è un salmo che rivela una grande umiltà: il profeta è attento al più piccolo segno, a un cenno.

Teodoreto: non fissiamo limiti alla nostra speranza

Ilario: donec: in questo caso vuol dire finché: anche se il Signore tarda.

3 Atanasio: gli schiavi sanno che i padroni hanno diritto di vita e di morte; anche noi aspettiamo che Dio ci doni la vita o ci punisca per i nostri peccati.

Ilario: dice due volte pietà, esprimendo così che è tutto proteso verso Dio.

Ilario conosce le due lezioni: cita Lazzaro esposto al disprezzo del ricco malvagio, ma propone anche: despectio superbis. Questa è forse il rovescio della beatitudine di coloro che piangono: guai a voi che ora ridete, perché piangerete (Luca 6,25).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 123

( cantico delle ascensioni di Davide)

1 Se il Signore non fosse stato in

mezzo a noi, lo dica ora Israele.

2 Se il Signore non fosse stato con

noi quando insorsero gli uomini contro di noi,

3 forse ci avrebbero inghiottiti

vivi, quando divampò il loro

furore contro di noi.

4 Forse l’acqua ci avrebbe sommersi.

5 L’anima nostra ha attraversato

un torrente. Forse l’anima nostra

sarebbe passata in un’acqua travolgente?

6 Benedetto il Signore

che non ci ha dato in preda ai loro denti.

7 L’anima nostra come un passero

è stata strappata dal laccio dei

cacciatori, il laccio è stato spezzato

e noi siamo stati liberati.

8 Il nostro aiuto è nel nome del

Signore che ha fatto il cielo e la terra.

 

Da Sacy

( cantico delle ascensioni di Davide)

1 Se il Signore non fosse stato in

mezzo a noi, lo dica ora Israele.

2 Se il Signore non fosse stato con

noi quando insorsero gli uomini contro di noi,

3 forse ci avrebbero inghiottiti

vivi, quando divampò il loro

furore contro di noi.

Esclama Giovanni Crisostomo: è dunque per noi motivo di meraviglia e di profonda riconoscenza considerare il furore dei nemici della nostra salute e il bisogno che abbiamo della grazia del nostro Dio. Essendo così deboli da noi stessi ed avendo a che fare con nemici così infuriati dobbiamo temere, se Dio non è presente con noi, di essere divorati vivi da colui che viene chiamato un leone dalla Scrittura e di cui ci dice che esso ruggisce e continuamente si aggira intorno a noi. Questo inno di rendimento di grazie conviene innanzitutto ai martiri e ai santi che sono in cielo, dopo che la grazia di Gesù Cristo li ha liberati dalla violenza dei persecutori e dalla corruzione del secolo presente, dal momento che possono essere considerati con certezza come salvati dal furore dei loro nemici.

4 Forse l’acqua ci avrebbe sommersi.

5 L’anima nostra ha attraversato

un torrente. Forse l’anima nostra

sarebbe passata in un’acqua travolgente?

La nostra anima ha passato il torrente: essa avrebbe dovuto passare per un acqua invalicabile. Il torrente  significa  le grandi tribolazioni e le persecuzioni per cui erano passati gli Ebrei. Essi non si meravigliavano come la loro anima avesse potuto passare un torrente così profondo e furioso, ma aggiungono al tempo stesso di averlo valicato con l’aiuto del Signore. Se egli non fosse stato presente con loro, cosa che si deve qui sottintendere, sarebbero stati obbligati a passare in un acqua travolgente né avrebbero potuto uscirne. Tale è il senso che sembra in questo luogo più naturale.

6 Benedetto il Signore

che non ci ha dato in preda ai loro denti.

7 L’anima nostra come un passero

è stata strappata dal laccio dei

cacciatori, il laccio è stato spezzato

e noi siamo stati liberati.

Si serve il profeta di due metafore diverse per esprimere il furore dei suoi nemici e la maniera con cui a Dio era piaciuto  salvare il suo popolo dalle loro mani. Egli  paragona questi ultimi a bestie feroci che si preparavano a divorarlo e a cacciatori che cercavano di catturare uccelli nelle loro reti. Considerandosi dunque ora come una pecora esposta alla rabbia dei leoni o dei lupi e come un uccello a cui una schiera numerosa di cacciatori tende lacci per prenderlo, ringrazia e benedice Dio perché non lo ha dato in preda per essere sbranato dai denti delle bestie furiose e perché mediante la sua assistenza sono stati spezzati i lacci dei cacciatori. Tutto questo mondo è pieno di lacci che il demonio tende alle anime per la loro perdizione , come già vide Sant’Antonio in una rivelazione riferita da San Atanasio. Tali lacci sono come tele di ragno per quelli che non si appoggiano alla propria prudenza ma a quella di Dio. Tuttavia dobbiamo temerli finché siamo rivestiti di un corpo mortale, poiché non saranno totalmente spezzati se non quando l’anima sarà sciolta dai vincoli di questa carne corruttibile.

8 Il nostro aiuto è nel nome del

Signore che ha fatto il cielo e la terra.

Colui che ha prodotto con una parola tutto l’universo ci promette il suo aiuto contro tutti i nostri nemici. Il suo adorabile nome, innanzi a cui tutte le ginocchia si chinano in cielo in terra e nell’inferno è il divino scudo dal quale siamo protetti. Se cerchiamo un altro appoggio non potremo salvarci né dai lacci degli uccellatori, né dai denti delle fiere che ci vogliono divorare. Temiamo ogni cosa guardando a noi stessi, ma tutto speriamo appoggiandoci al soccorso del Signore.

Da Agostino

( cantico delle ascensioni di Davide)

1 Se il Signore non fosse stato in

mezzo a noi, lo dica ora Israele.

Cantano pieni di esultanza costoro di cui leggiamo [le parole]. Sono membra di Cristo che han conseguito la felicità coloro che cantano il presente salmo. Ma chi può esultare quaggiù se non è animato dalla speranza, come ho detto? Siamo anche noi animati da sicura speranza e canteremo nell'esultanza. Non sono infatti estranei a noi i cantori di questo salmo, né la voce che vi risuona è di altri che non noi.

2 Se il Signore non fosse stato con

noi quando insorsero gli uomini contro di noi,

3 forse ci avrebbero inghiottiti

vivi, quando divampò il loro

furore contro di noi.

Dica ora Israele: Se il Signore non fosse stato con noi... Lo dica adesso che ormai è fuori [pericolo]. Il presente salmo infatti presenta al nostro sguardo della gente in atto di sfuggire, o meglio, gente che è già scampata. Rappresentiamoci interiormente questi nostri fratelli ormai trionfanti, e, come se anche noi fossimo insieme con loro, ripetiamo quel che ci si faceva dire nel salmo precedente: I nostri piedi stavano negli atri di Gerusalemme. Non erano lassù, ma vi erano incamminati, e nell'affrettarsi alla meta tanta era la gioia e tanta la fiducia di arrivarvi che, sebbene in via e fra i travagli, tuttavia sembravano essere già pervenuti. Così anche noi. Consideriamoci già partecipi di questo trionfo che si avrà nel mondo a venire, quando potremo irridere alla morte, ormai debellata e svigorita, quando potremo dire: Dov'è, o morte, la tua resistenza? dov'è, o morte, il tuo pungiglione?

4 Forse l’acqua ci avrebbe sommersi.

Chiama acqua i popoli peccatori, e nelle righe seguenti vedremo di che acqua si tratti. Sta di fatto che, chiunque avesse acconsentito ai loro voleri, l'acqua lo avrebbe sommerso. Sarebbe morto come morirono gli egiziani; non avrebbe attraversato il mare come gli israeliti.

5 L’anima nostra ha attraversato

un torrente. Forse l’anima nostra

sarebbe passata in un’acqua travolgente?

Ma com'è quest'acqua? È un torrente: scorre impetuosa ma presto si esaurisce. Si chiamano infatti torrenti quei corsi d'acqua che, gonfiati da piogge improvvise, scorrono con grande impeto, sicché chiunque vi si cacci dentro viene travolto… Cos'è l'acqua senza consistenza, se non l'acqua del peccato, che è proprio senza consistenza? Il peccato, in effetti, non ha consistenza: racchiude miseria, non abbondanza; povertà, non ricchezza…

6 Benedetto il Signore

che non ci ha dato in preda ai loro denti.

Benedetto il Signore, che non ci dette in preda alle loro zanne. I persecutori  avevano posto dell'esca nella trappola. Qual è quest'esca? L'attrattiva della vita presente. Chiunque attratto dalle dolcezze di questa vita caccia la testa nel male è preso dalla trappola e schiacciato. Non così coloro che hanno in sé il Signore.

7 L’anima nostra come un passero

è stata strappata dal laccio dei

cacciatori, il laccio è stato spezzato

e noi siamo stati liberati.

La nostra anima è scampata, come il passero, alla trappola dei cacciatori. È stata spezzata; ma forse che con essa è stato schiacciato anche il passero? Certamente no. Ma solo perché non si trovava dentro la trappola. La trappola è stata ridotta in frantumi, e noi ne siamo scampati.

8 Il nostro aiuto è nel nome del

Signore che ha fatto il cielo e la terra.

Gridino dunque che sono stati scampati. Scampati, volino a Dio e in Dio celebrino il loro trionfo. Se infatti non sono rimasti intrappolati, è stato perché in loro c'era il Signore. Come, poi, s'è potuta spezzare la trappola e noi esserne liberati? Vuoi saperlo? Il nostro aiuto è nel nome del Signore, creatore del cielo e della terra. Senza un tale aiuto, non che la trappola sarebbe rimasta efficiente in eterno, ma il passero, una volta preso, vi sarebbe rimasto schiacciato… Non credere che con le sole tue forze tu possa realizzare tutto questo. Bada bene di chi hai bisogno per essere liberato, poiché, se montassi in superbia, cadresti nella trappola.

Dai Padri

Origene: un sacerdote si rivolge all’assemblea del popolo che si riunisce, al mattino, davanti al tempio: lo dica Israele: se il Signore non fosse stato in mezzo a noi… Il popolo risponde: se il Signore non fosse stato in mezzo a noi… È lo stesso Israele che dice anche: molte volte mi hanno combattuto fin dalla mia giovinezza! (Salmo 128,1).

Ilario: nel salmo precedente abbiamo appreso che passeremo dall’umiliazione alla felicità e agli onori. Come comportarsi allora? Il profeta ce lo insegna, dettando queste parole: se il Signore non fosse stato in mezzo noi, gli uomini ci avrebbero inghiottiti vivi. La natura dell’uomo è superba nella prosperità. Ci si può forse gloriare quando si pensa che Dio ha fatto tutto? Gioiamo per colui che abita in noi, per il Dio che è stato il mio pastore fin dalla mia giovinezza…

Cassiodoro: canto delle membra di Cristo che sono già in paradiso e canto di coloro che, quaggiù, hanno una speranza certa.

Atanasio: lo dica Israele, cioè il popolo illuminato, il popolo che ha ricevuto il battesimo.

3 Crisostomo: inghiottiti vivi, perché erano senza armi, nudi, prigionieri e schiavi: erano una preda pronta per chiunque.

4 Origene: l’acqua è simbolo delle tentazioni.

Ilario elenca le diverse interpretazioni dell’acqua. È considerata anche come la potenza nemica, che è terribile e insostenibile per quelli in cui Dio non abita.

Crisostomo: torrente: acqua che scende precipitosamente e con violenza, simbolo della collera dei nemici.

Cassiodoro: il torrente è un corso d’acqua violento, reso più gonfio da tutti i mali. È da questo che il Signore ha bevuto.

Atanasio: il Signore è venuto e ha distrutto il peccato per mezzo del battesimo (l’acqua).

7 Origene: è il passero del Vangelo, che non cade in terra senza il permesso del padre celeste. I cacciatori sono i demoni.

Cassiodoro: il laccio sono le promesse lusinghiere di questa vita

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 124

( Cantico delle ascensioni )

1 Quelli che confidano nel Signore

sono come il monte Sion: non sarà

scosso in eterno chi abita  in Gerusalemme.

2 Monti intorno ad essa e il Signore intorno

al suo popolo da ora e in eterno,

3 poiché non lascerà lo scettro

dei peccatori sulla sorte dei giusti,

perché i giusti non tendano

le loro mani all’iniquità.

4 Benefica Signore i buoni e i retti di cuore,

5 ma quelli che deviano in

impedimenti li condurrà il Signore

con gli operatori di iniquità.

Pace su Israele.

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 Quelli che confidano nel Signore

sono come il monte Sion: non sarà

scosso in eterno chi abita  in Gerusalemme.

2 Monti intorno ad essa e il Signore intorno

al suo popolo da ora e in eterno,

Il profeta ci assicura, parlando di quelli che confidano nel Signore: che la loro umile fede li rende incrollabili come il monte Sion. Aggiunge che come è salvo chi abita in Gerusalemme perché la città santa è tutta circondata da monti, così il popolo di Dio non poteva essere smosso perché Dio lo circondava in ogni tempo come un monte e un argine impenetrabile. Tale è il senso più naturale che sembra potersi dare a questo passo. Ma, al dire di Sant’Ilario, se il monte di Sion e l’abitare in Gerusalemme e i monti che la circondano non rinchiudono un senso più spirituale, il salmo che noi spieghiamo e il profeta che in esso parla ben potrebbero essere accusati di menzogna. La città di Gerusalemme santificava forse i suoi abitanti o  al contrario non è forse in Gerusalemme dove si commettevano tanti sacrilegi, dove si facevano morire i profeti, dove si pronunciò un decreto di morte contro Gesù Cristo, dove gli apostoli mostrarono con la fuga la loro viltà, dove diventò uno scandalo la croce del Figlio di Dio? Non fu essa alla fine smantellata fino alle sua fondamenta? Secondo la spiegazione di un altro profeta e secondo San Paolo, per il monte Sion deve intendersi la Chiesa di cui Gesù Cristo è la pietra principale e fondamentale, che viene altrove dall’apostolo stesso chiamata Gerusalemme. In questa Chiesa dobbiamo noi abitare, ad essa dobbiamo stare abbracciati con una viva fede se non vogliamo essere mai smossi. Questa Gerusalemme essendo tutta cinta all’intorno da monti, cioè dagli angeli, dai patriarchi, dei profeti e dagli apostoli salva quelli che qui cercano un asilo. Dentro le sue mura si trova il vero popolo del Signore che egli circonda da ogni lato per difenderlo dagli insulti dei suoi nemici. Giovanni Crisostomo afferma che per questo il profeta avendo fatto osservare la fortezza di Gerusalemme, che era in mezzo ai monti, non permette di confidare in essa, ma stimola ad implorare il soccorso del Signore che circonda il suo popolo e lo rende invincibile.

3 poiché non lascerà lo scettro

dei peccatori sulla sorte dei giusti,

perché i giusti non tendano

le loro mani all’iniquità.

Vero è che i giusti sono tribolati in questo mondo, vero è che spesso sono perseguitati dai peccatori; ma le tribolazioni e le persecuzioni non durano che un tempo. Il Signore non permetterà che la verga dei peccatori domini sempre sopra la sua eredità, affinché  stanchi e sopraffatti dalla violenza degli iniqui i giusti non cessino di perseverare nella giustizia.

4 Benefica Signore i buoni e i retti di cuore,

5 ma quelli che deviano in

impedimenti li condurrà il Signore

con gli operatori di iniquità.

Pace su Israele.

Il profeta fa qui la distinzione fra due sorte di persone: quelle che sono veramente buone, cioè che hanno il cuore retto e quelle che si piegano a vie storte cioè che non hanno nell’intimo del cuore la rettitudine necessaria per aderire a Dio. Pare che il castigo , di cui parla, serva a discernere quelli che sono veramente buoni da quelli che non lo sono, se non in apparenza. Meritano di essere colmati di beni solo coloro che conservano in mezzo ai loro patimenti la sottomissione dovuta agli ordini di Dio. Quelli che seguono vie storte, che sono tiepidi e paurosi saranno trattati dalla giustizia divina come quelli che commettono apertamente l’iniquità.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

Il presente salmo appartiene alla serie dei salmi graduali. Esso ci insegna a salire verso il Signore nostro Dio elevando l'anima in un empito di carità e di devozione, senza lasciarci incantare dalla sorte felice di quanti prosperano in questo mondo. La loro felicità è falsa, vuota, un autentico specchio per le allodole; e chi la possiede non si nutre che di superbia, mentre il suo cuore, gelido nei riguardi di Dio, rimane arido sotto la pioggia della grazia celeste né reca alcun frutto.

1 Quelli che confidano nel Signore

sono come il monte Sion: non sarà

scosso in eterno chi abita  in Gerusalemme.

Chi sono costoro? Gli abitanti di Gerusalemme. A non vacillare in eterno saranno gli abitanti di Gerusalemme. Ma, se ci riferiamo alla Gerusalemme terrena, tutti i suoi antichi abitanti ne sono stati scacciati dalla guerra e dalla completa distruzione di quella città: se oggi vai a Gerusalemme a cercarvi un giudeo, non ce lo trovi. Come dire, dunque, che gli abitanti di Gerusalemme non vacilleranno in eterno, se non perché c'è un'altra Gerusalemme, della quale tante meraviglie avete ormai ascoltate? Questa Gerusalemme è la nostra madre, è la città che sospiriamo e per la quale gemiamo nel presente esilio, finché non vi abbiamo fatto ritorno. Ce ne eravamo allontanati e ci eravamo sperduti, né c'era per noi una via di ritorno; ma il Re di quella città ci è venuto incontro, si è fatto nostra via sicché ora possiamo tornarvi.

2 Monti intorno ad essa e il Signore intorno

al suo popolo da ora e in eterno,

Quali le caratteristiche di questa Gerusalemme? La descrive succintamente. Intorno a lei [ci sono] i monti. Ma, è proprio una gran cosa abitare in una città circondata da monti? E la nostra felicità consisterà proprio nell'avere una città circondata da monti? O non sappiamo noi che cosa siano i monti e com'essi non siano se non alture che emergono in varie zone della terra? Veramente, debbono esserci altri monti: amabili, sublimi, ed essi sono i predicatori della verità: angeli, apostoli, profeti. Ecco i monti che attorniano Gerusalemme, la circondano e le fanno come da muro. Di questi monti, amabili e giocondi, parla spesso la Scrittura… Poneteci mente tutte le volte che l'ascoltate o leggete. Sono innumerevoli i passi in cui trovate descritti certi monti deliziosi, né qui si possono elencare tutti. Tuttavia ci piace parlare diffusamente di questi monti, per quanto il Signore avrà voluto ispirarci, ricordando anche le testimonianze divine forniteci dai libri santi. Questi monti sono illuminati da Dio e sono illuminati per primi, sicché è da loro che la luce scende sulle valli e sui colli, alture inferiori rispetto ai monti. Gli stessi monti sono il tramite per cui vi viene somministrata la Scrittura, si tratti della profezia o degli scritti apostolici o dei Vangeli. Sono questi i monti dei quali cantiamo: Ho sollevato i miei occhi ai monti dai quali mi verrà l'aiuto , l'aiuto cioè dei libri santi, di cui abbiamo bisogno nella vita presente.

3 poiché non lascerà lo scettro

dei peccatori sulla sorte dei giusti,

perché i giusti non tendano

le loro mani all’iniquità.

Il Signore non lascerà lo scettro degli empi sul retaggio dei giusti. Peserà per un certo tempo la verga dei peccatori sulla vita dei giusti, ma non vi resterà in eterno. Verrà tempo in cui si riconoscerà l'unico Dio; verrà tempo in cui Cristo, apparendo nel suo splendore, radunerà dinanzi a sé tutte le genti e le dividerà come il pastore divide i capri dalle pecore e porrà le pecore a destra e i capri a sinistra … L'importante per questi servi buoni è che, finché han da servire a padroni cattivi, tollerino la loro situazione con pazienza, poiché il Signore non lascerà lo scettro degli empi sul retaggio dei giusti. Perché questo? Affinché non stendano i giusti all'iniquità le loro mani. I giusti cioè debbono tollerare il provvisorio dominio degli empi, convinti che ciò non durerà in eterno, e così prepararsi al possesso della eredità eterna.

4 Benefica Signore i buoni e i retti di cuore,

5 ma quelli che deviano in

impedimenti li condurrà il Signore

con gli operatori di iniquità.

Pace su Israele.

Quelli che piegano per sentieri tortuosi accomunerà il Signore con gli operatori d'iniquità. Cioè: li collocherà fra coloro di cui essi hanno imitato le opere, in quanto come loro amarono le gioie presenti e non credettero ai supplizi futuri. Invece coloro che sono retti di cuore e non s'allontanano da Dio, cosa avranno? È ormai tempo che ci avviciniamo a questa eredità, essendo noi figli [di Dio]. Cosa possederemo? Quale sarà la nostra eredità? Quale la nostra patria? Che nome reca? Pace. Con l'augurio di pace vi salutiamo; della pace vi predichiamo: la pace ricevono i monti, mentre sui colli si spande la giustizia .

Dai Padri

Origene richiama Ebrei 12,22: quelli che si accostano al monte Sion e alla città del Dio vivente portano in sé l’immagine celeste. Ponendo la loro fiducia nel Signore, diventano come il monte Sion.

Crisostomo: la speranza posta in Dio è più solida di una montagna.

Girolamo e Cassiodoro: il monte è Cristo.

2 Origene: si accamperà l’angelo del Signore intorno (salmo 33,7). Queste montagne sono le potenze celesti.

Ilario: i monti sono gli angeli.

3 Crisostomo: lo scettro è simbolo del regno; qui è il regno dei peccatori. Dio non permetterà che i peccatori occupino l’eredità dei giusti, se non per un periodo limitato, per la loro correzione e il loro emendamento.

Atanasio: i giusti, sotto la spinta dei demoni, non abbandonino il loro animo alla cupidigia.

Crisostomo: non si mescolino col vizio: è solo per renderli migliori che Dio permette le prove.

Teodoreto: i giusti non dicano: tutto accade per caso, non c’è un governo divino del mondo. In questo caso diverrebbero malvagi.

4 Origene: tu che sei buono per essenza, aiuta a quelli che sono buoni solo incidentalmente: custodisci la loro volontà stabile nella tua bontà.

Cassiodoro: Dio solo è buono; ma quando gli obbediamo, ecco che siamo buoni in lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 125

( Cantico delle ascensioni )

1 Quando il Signore fece tornare

Sion dalla prigionia fummo come consolati!

2 Allora si riempì di gioia

la nostra bocca e la nostra lingua

di esultanza. Allora diranno fra

le genti: è stato grande il

Signore nell’agire con noi.

3 Il Signore ha fatto

cose grandi per noi.

Siamo stati colmati di gioia.

4 Fa’ tornare, Signore, i nostri prigionieri

come un torrente nel mezzodì .

5 Quelli che seminano

nelle lacrime, nell’esultanza mieteranno.

6 Andando, andavano

e piangevano portando i loro semi,

ma venendo verranno

nell’esultanza portando i loro covoni.

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 Quando il Signore fece tornare

Sion dalla prigionia fummo come consolati!

2 Allora si riempì di gioia

la nostra bocca e la nostra lingua

di esultanza. Allora diranno fra

le genti: è stato grande il

Signore nell’agire con noi.

Noi vediamo, secondo i padri, e nella schiavitù di Sion e nei trasporti di gioia che ebbero gli schiavi per la loro liberazione, un’immagine di quanto è accaduto dal principio del mondo sino a Gesù Cristo e da Gesù Cristo sino a noi. Quali furono i trasporti di gioia provati da tutti quelli che appartenevano alla vera Sion e alla Chiesa di Gesù Cristo allorché videro il loro liberatore e il loro Salvatore che ruppe le catene della loro schiavitù. Ma quanti, dopo che Gesù Cristo ha redento l’universo con la sua morte si rimettono volontariamente sotto il giogo del peccato e del demonio! E quale ineffabile gioia non provano fra loro quelli di cui egli spezza i vincoli una seconda volta e che a lui si convertono con una seria penitenza, gustando per un effetto della sua misericordia, quanto sia il suo giogo più soave e il suo peso più lieve di  quello del mondo e del demonio!

3 Il Signore ha fatto

cose grandi per noi.

Siamo stati colmati di gioia.

4 Fa’ tornare, Signore, i nostri prigionieri

come un torrente nel mezzodì .

Chi non si rallegrerebbe, dice il Crisostomo, essendo liberato dalla schiavitù. Volgete lo sguardo, egli aggiunge, ai padri di quelli che parlano, e vedrete che essendo stati liberati dalla schiavitù d’Egitto, mormoravano con somma ingratitudine, lasciandosi prendere dalla tristezza invece di essere  trasportati da una santa letizia. Tali sono oggi molti schiavi liberati mediante la grazia di Gesù Cristo dal peccato e dalla morte; sembrano freddi verso il loro liberatore ed occupati in ogni altra cosa fuorché dall’essere presi da quella allegrezza che è frutto di un umile e viva riconoscenza verso il loro Salvatore. Osservate inoltre, dice il Crisostomo, che gli antichi israeliti diventati liberi da schiavi qual erano, non si rallegrano soltanto della libertà da essi ricevuta, ma anche perché sarebbe stata conosciuta e glorificata da tutte le nazioni la provvidenza e la bontà del loro Signore.

5 Quelli che seminano

nelle lacrime, nell’esultanza mieteranno.

6 Andando, andavano

e piangevano portando i loro semi,

ma venendo verranno

nell’esultanza portando i loro covoni.

Ciascuno interprete dà a suo modo un senso a queste parole che possono indicarci il grande desiderio che avevano tutti gli schiavi di ritornare al loro paese. Quelli che erano già liberati dalla schiavitù volevano  vedere tutti gli altri loro fratelli anch’essi liberi al par di loro e ristabiliti nella loro patria; cosa che essi esprimono con l’immagine di un torrente che scorre tutto ad un tratto nelle terre più arse del mezzogiorno dove c’è un gran bisogno di acqua. Tale era lo stato in cui si trovavano i santi patriarchi e tutti gli altri antichi giusti che la Scrittura ci rappresenta in vari luoghi come anelanti con un ardore estremo alla venuta del Messia che doveva farli entrare  nella celeste Gerusalemme, da dove li aveva esclusi il peccato.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

1 Quando il Signore fece tornare

Sion dalla prigionia fummo come consolati!

 

 

È un salmo della serie intitolata Cantici dei gradini, quindi è, come ben sapete, la voce di persone che salgono. Dove salgono, se non verso la Gerusalemme celeste che è la madre di noi tutti? Essendo una città celeste, è anche una città eterna; e di essa la Gerusalemme terrena fu semplicemente una figura. Se, pertanto, l'una fu abbattuta, l'altra resta; se l'una ha esaurito la sua missione rappresentativa nel tempo, l'altra perpetua nell'eternità la propria missione di salvezza. Finché restiamo in vita noi siamo esuli da questa città e ritornarvi forma il nostro sospiro, miseri e sventurati come siamo finché non l'avremo raggiunta. Gli angeli, nostri concittadini, non ci hanno lasciato soli nell'esilio; anzi ci hanno preannunziato la venuta del nostro Re. Difatti egli venne a noi, ma fu accolto con disprezzo da noi che, in seguito, avremmo dovuto condividere gli stessi disprezzi. Disprezzato ci insegnò a ricevere il disprezzo. Sopportando con pazienza egli ci insegnò a pazientare. Affrontando la morte, ci insegnò a morire, e con la sua resurrezione ci diede un pegno della nostra resurrezione, mostrando in se stesso ciò che dobbiamo sperare. Se pertanto, o miei fratelli, gli antichi profeti, nostri padri [nella fede] vissuti prima dell'incarnazione del Signore Gesù Cristo, sospiravano verso quella [superna] città, quali non dovranno essere i nostri desideri per il cielo, dove Cristo ci ha preceduti e da cui mai si era allontanato?

2 Allora si riempì di gioia

la nostra bocca e la nostra lingua

di esultanza. Allora diranno fra

le genti: è stato grande il

Signore nell’agire con noi.

Quando il Signore richiamò [in patria] i deportati di Sion, noi fummo come consolati. Intende dire: noi ci rallegrammo. Quando ci rallegrammo? Quando il Signore richiamò [in patria] i deportati di Sion. Quale Sion? Gerusalemme, la Sion eterna. Ma come questa Sion può essere insieme eterna e prigioniera? È eterna negli angeli, è prigioniera negli uomini. Non è detto infatti che i figli di quella città siano tutti prigionieri: sono prigionieri quelli che ne sono esuli. L'uomo è cittadino di Gerusalemme, ma, vendutosi in potere del peccato, ne è divenuto esule, e l'umanità intera, traendo origine da quel [primo] uomo, costituisce la Sion prigioniera che popola la terra. Ma in che senso questa prigionia di Sion potrà essere figura della Gerusalemme celeste? L'immagine sta nella riconquista di quella Sion [terrena] da parte dei giudei: fu un simbolo, una figura, il fatto che quel popolo, deportato in Babilonia, dopo settanta anni poté tornare in patria . I settanta anni significano la totalità del tempo, in quanto questo si svolge nel periodo di sette giorni. Trascorso completamente il tempo, torneremo anche noi alla nostra patria, come il popolo ebraico dopo settanta anni tornò dalla cattività babilonese. Babilonia, infatti, raffigura il mondo presente: il suo nome significa " confusione ", e vedete se non sia una confusione tutta la vita dell'uomo… È " confusione " tutta la vita presente quando è circoscritta nell'ambito delle cose umane e non è riferita a Dio. In tale confusione, in tale Babilonia, è imprigionata la città di Sion, ma il Signore richiama i prigionieri di Sion.

3 Il Signore ha fatto

cose grandi per noi.

Siamo stati colmati di gioia.

Noi fummo - dice - come consolati. Cioè: godemmo come ricevendo consolazione. La consolazione ha luogo fra gli sventurati, fra la gente che geme e piange. Perché dice: Come consolati, se non perché continuiamo a gemere? Anche se consolati nella speranza, di fatto gemiamo. Solo quando sarà cessata la condizione presente, dal gemito si passerà al godimento eterno, dove non ci sarà bisogno di consolazione, poiché non saremo afflitti da alcuna miseria…Allora si dirà fra le genti: Il Signore ha operato grandi cose a loro vantaggio. Il Signore ha operato cose grandi per noi;[e] noi siamo ricolmi di letizia. Notate, fratelli, se non siano queste le parole che ai nostri giorni Sion dice fra le genti in tutto il mondo. Notate come da ogni parte si corre verso la Chiesa. Il prezzo della nostra redenzione è accolto dagli uomini di tutto il mondo e [da tutti] si risponde Amen. Così dicono fra tutte le genti i cittadini di Gerusalemme, ridotti, sì, in schiavitù ma animati dalla speranza del ritorno, esuli ma desiderosi della patria. Che cosa dicono? Il Signore ha operato cose grandi per noi, [e] noi siamo colmi di letizia.

4 Fa’ tornare, Signore, i nostri prigionieri

come un torrente nel mezzodì .

Anche noi, nella [nostra] prigionia ci eravamo gelati e i peccati ci tenevano irrigiditi. Si levò il vento australe, lo Spirito Santo, e ci furono rimessi i peccati e noi ci sentimmo sciolti dal gelo dell'iniquità. I peccati furono dissolti come si squaglia il gelo al comparire del sole. Corriamo verso la patria, come i torrenti a mezzodì. Abbiamo tribolato assai, e anche l'operare il bene ora ci costa fatica. La vita umana nella fase presente è misera, piena d'affanni, di dolori, di pericoli, d'angustie e di tentazioni. Non lasciatevi incantare dalle gioie che possono darvi le cose terrene; osservate quanti motivi di pianto sono sparsi nelle vicende umane. Potrebbe ridere il bambino che nasce; ma perché cominciare la vita col pianto? Non conosce il riso: come fa a conoscere il pianto? Il fatto stesso d'entrare in questa vita glielo insegna. È prigioniero, e per questo piange e geme. Più tardi però verrà la gioia.

5 Quelli che seminano

nelle lacrime, nell’esultanza mieteranno.

Continua  [il salmo]: Quei che seminano tra le lacrime mieteranno nella gioia. Seminiamo finché dura la vita presente, piena di lacrime. Cosa semineremo? Le opere buone. Nostra semente sono le opere di misericordia, parlando delle quali dice l'Apostolo: Non stanchiamoci di fare il bene, poiché se non ci stancheremo, a suo tempo mieteremo [copiosamente]. Finché dunque ne abbiamo il tempo, facciamo del bene a tutti, specialmente ai nostri fratelli nella fede.

6 Andando, andavano

e piangevano portando i loro semi,

ma venendo verranno

nell’esultanza portando i loro covoni.

Nell'avanzare andavano e piangevano, spargendo le loro sementi. Perché piangevano? Perché si trovavano fra gente misera ed erano miseri loro stessi… Finché c'è qualcuno bisognoso di misericordia, non stanchiamoci di spargere la nostra semente prendendo occasione dall'altrui sofferenza. Seminiamo nel pianto, per mietere nell'esultanza. Nella resurrezione dei morti ciascuno raccoglierà i propri manipoli, cioè il frutto di quanto ha seminato, vale a dire la corona di gioia e d'esultanza. Sarà il trionfo, e ciascuno, ricolmo di gioia, irriderà alla morte sotto il cui giogo prima aveva da gemere, e le dirà: Dov'è, o morte, la tua resistenza? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?  Ma perché tanta gioia? Perché ormai portano in mano i loro manipoli. Perché prima andavano piangendo, allorché spargevano la loro semente. Ma perché spargere la propria semente? Perché chi avrà seminato nelle lacrime mieterà nell'esultanza.

Dai Padri

Origene: è la prigionia della malizia e dell’empietà. Sono gli apostoli che parlano e che, presto, ricorderanno la semina e la raccolta.

Atanasio: senso spirituale: quando il Signore sottrae il nostro cuore alla schiavitù del peccato.

Teodoreto: questo salmo è cantato da quanti rientrano a Gerusalemme per celebrarvi il culto, mentre altri giudei rimangono a Babilonia.

Ilario: salmo profetico della redenzione per mezzo del Figlio di Dio. La scrittura infatti, prima della venuta del Signore, è stata annunciata dai profeti, divulgata dai giudei, conosciuta da re e accolta dai gentili, ma non è stata compresa che dai cristiani.

Eusebio conosce le due lezioni: come consolati e in sogno: questa visione della nostra libertà non era ancora pienamente vera; sarà vera soltanto quando il resto dei nostri fratelli tornerà dalla schiavitù.

Cassiodoro: non saremo pienamente consolati che in cielo.

Ilario: abbiamo qualche consolazione ma non la consolazione piena: ogni creatura attende la manifestazione dei figli di Dio (Romani 8,19). Allora avremo la consolazione piena.

3 Origene: le genti hanno detto lo stico 2 d e gli apostoli rispondono col versetto 3: in passato, abbiamo pianto sui fiumi di Babilonia, ma oggi siamo stati colmati di gioia.

4 Origene: il resto dei prigionieri, cioè le genti, ritorni come i torrenti nel mezzogiorno.

Atanasio: i giudei ritornati dalla schiavitù pregano per quelli che sono ancora a Babilonia. Il torrente è simbolo della moltitudine, della folla. Senso spirituale: l’acqua del battesimo, come un torrente, cancella i nostri peccati.

5 Crisostomo: per la messe materiale come per quella spirituale sono necessarie fatiche e sudori: è per questo che Dio rende stretta e angusta la via che conduce alla virtù. E come l’acqua è necessaria per far crescere la messe, così le lacrime servono alla virtù. Come l’aratro è necessario per la terra, così giovano all’anima fedele le tentazioni e le afflizioni che la lacerano. Il profeta quindi vuol dire che dobbiamo ringraziare Dio non solo per il ritorno ma anche per la prigionia. Come il seminatore non si rattrista ma pensa alla messe futura quando siamo nella afflizione non tormentiamoci ma pensiamo  che ciò  ci procurerà un gran bene.

Cassiodoro: la semina spirituale avviene sempre nelle lacrime: Beati quelli che piangono, perché saranno consolati (Matteo 5,5). Questa  semina consiste nel cercare la pace, nel sopportare tutto per la carità, nel fare l’elemosina a piene mani, così come si sparge la semente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 126

( Cantico delle ascensioni di Salomone )

1 Se il Signore non avrà costruito

la casa invano hanno faticato

quelli che la costruiscono.

Se il Signore non avrà custodito

la città invano ha vigilato chi la custodisce.

2 E’ vano per voi alzarvi

prima della luce, alzarvi dopo che vi

siete coricati, voi che mangiate il pane del dolore

avendo egli dato ai suoi diletti il sonno.

3 Ecco, l’eredità del Signore, i figli,

la ricompensa del frutto del ventre.

4 Come frecce nella mano di

un potente così i figli dei provati.

5 Beato l’uomo che riempirà

di essi il suo desiderio.

non saranno confusi quando

parleranno ai loro nemici alla porta

 

da Sacy

( Cantico delle ascensioni di Salomone )

1 Se il Signore non avrà costruito

la casa invano hanno faticato

quelli che la costruiscono

Se il Signore non avrà custodito

la città invano ha vigilato chi la custodisce.

2 E’ vano per voi alzarvi

prima della luce, alzarvi dopo che vi

siete coricati, voi che mangiate il pane del dolore

avendo egli dato ai suoi diletti il sonno.

3 Ecco, l’eredità del Signore, i figli,

la ricompensa del frutto del ventre.

La casa fabbricata del Signore è figura di quella che doveva fabbricare. Opera sua del tutto singolare è la Chiesa. Ciascun fedele è come una pietra viva dell’edificio, tagliata per mano dell’artefice supremo. Finché gli uomini lavorano senza di lui, non lavorano che invano. I Giudei si gloriavano della bellezza del loro tempio e confidavano nella fortezza delle mura della loro città. Poiché l’orgoglio li rendeva  indegni dell’assistenza di Dio, tutte le loro veglie furono inutili per custodire Gerusalemme, dal momento che il Signore stesso non la custodiva. Esercitiamoci dunque nell’edificio della casa del Signore e ricordiamoci che senza di lui sarà inutile ogni nostra fatica. Vegliamo per custodire Gerusalemme e per chiudere da ogni parte l’ingresso ai nemici della nostra salute. Vana sarà tutta la nostra vigilanza senza la sua: cosa confermata dai versetti che seguono. Queste parole, molto oscure, si spiegano in vario modo; possono così essere intese: invano vi tormentate o Israeliti; vegliate inutilmente alzandovi prima del giorno. Confidate dunque innanzitutto in Dio, voi che mangiate un pane di dolore, cioè che siete nella tribolazione e nella amarezza a motivo della continua persecuzione dei vostri nemici che si oppongono alla vostra opera; prendete il sonno che vi è assolutamente necessario e poi alzatevi per tornare alle vostre occupazioni. Il Signore concederà finalmente il riposo ai suoi diletti, cioè ad Israele, da lui amato sopra tutti gli altri popoli e concederà a loro il pacifico godimento della sua eredità e una lieta fecondità che li renderà padri di molti figlioli e che sarà ricompensa della loro pietà. Ma un tale riposo afferma Sant’Ilario non sarà perfetto se non nell’altra vita, quando entreremo nel pieno godimento dell’eredità del Signore.

4 Come frecce nella mano di

un potente così i figli dei provati.

5 Beato l’uomo che riempirà

di essi il suo desiderio.

non saranno confusi quando

parleranno ai loro nemici alla porta

Una tale predizione sembra non essersi adempiuta alla lettera fuorché nel modo in cui l’ ha intesa un santo padre della Chiesa che la spiega in riferimento agli apostoli. Erano essi i figli, secondo la carne, degli Ebrei tribolati e perseguitati di cui parla qui il profeta e diventarono nelle mani dell’Onnipotente come saette vibrate con forza, così che varcarono l’universo e colpirono felicemente con la loro salutare dottrina della fede il cuore di una moltitudine di infedeli.

 

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni di Salomone )

1 Se il Signore non avrà costruito

la casa invano hanno faticato

quelli che la costruiscono

Se il Signore non avrà custodito

la città invano ha vigilato chi la custodisce.

Fra tutti i salmi intitolati Cantici dei gradini questo è l'unico a recare nel titolo un qualcosa di più, in quanto vi si aggiunge: Di Salomone. Questa infatti è la sua iscrizione: Cantico dei gradini di Salomone. È un titolo poco o nulla frequente tra i salmi consimili, per cui dobbiamo ricercare con diligenza perché vi sia stato aggiunto quel Di Salomone… Effettivamente, come il primo Salomone aveva costruito il tempio materiale, così il nostro Signore Gesù Cristo, il vero Salomone (cioè il vero pacifico), costruì a se stesso il suo tempio. La parola Salomone significa infatti " pacifico ", e vero pacifico è colui del quale l'Apostolo dice: Egli è la nostra pace, egli che delle due realtà ne ha fatta una sola … Egli è il vero pacifico, che riunì in sé le due pareti, provenienti da direzioni opposte e ne divenne pietra angolare. Prese il popolo dei credenti proveniente dalla circoncisione e il popolo pagano, o degli incirconcisi, divenuti anch'essi credenti, e dei due popoli fece un'unica Chiesa, della quale divenne la pietra angolare. Veramente pacifico, dunque! e quindi vero Salomone. Quanto all'altro Salomone, figlio di David e di quella donna ben nota che fu Bethsabea e re d'Israele, con la costruzione del tempio simboleggiava il nostro Pacifico ; e proprio per mostrarti questa verità - affinché cioè tu non pensassi all'antico Salomone, costruttore della casa di Dio ma a questo secondo - la Scrittura così inizia il nostro salmo: Se il Signore non costruisce la casa, invano lavorano coloro che la costruiscono. Chi dunque edifica la casa è il Signore: il Signore Gesù Cristo è colui che costruisce la sua casa.

2 E’ vano per voi alzarvi

prima della luce, alzarvi dopo che vi

siete coricati, voi che mangiate il pane del dolore

avendo egli dato ai suoi diletti il sonno.

Cosa significa: Vano è per voi levarvi prima della luce? Se vi levate prima che spunti la luce, dovrete per forza restare nella vanità, poiché sarete nelle tenebre. La nostra luce è Cristo, il quale è risorto, ed è bene per te muovere i passi dietro a Cristo, non davanti a Cristo. Chi sono coloro che si muovono davanti a Cristo? Coloro che preferiscono se stessi a Cristo. E chi sono coloro che preferiscono se stessi a Cristo? Coloro che pretendono essere altolocati quaggiù dove egli fu umile. Se pertanto desiderano la gloria là dove Cristo è glorificato, occorre che siano umili quaggiù… Dice dunque il salmo a quanti

volessero levarsi prima della luce: Vano è per voi levarvi prima della luce. Quando allora dovremo levarci? Dopo essere stati umiliati. Levatevi dopo d'essere stati seduti. Il levarsi indica glorificazione, il sedersi indica umiltà. È vero che in alcuni testi lo stare seduti indica l'onore connesso col potere giudiziario, ma in altri esprime umiltà. Dove è da riferirsi all'onore dovuto al giudice? Sederete su dodici seggi a giudicare le dodici tribù d'Israele . Dove invece è da prendersi come indizio d'umiltà? All'ora sesta il Signore, stanco, si sedette presso il pozzo . La stanchezza del Signore è da identificarsi con la sua debolezza: la debolezza di chi è potenza e sapienza [di Dio]; e la sua debolezza è umiltà. Se dunque lui si sedette a motivo della sua debolezza, il suo star seduto indica umiltà. E fu proprio questo suo star seduto, cioè la sua umiltà, che ci ha salvati, poiché ciò che in Dio è debole è più forte degli uomini . A questo proposito dice un salmo: Signore, tu mi conosci quando mi siedo e quando mi alzo ; conosci cioè la mia umiliazione e la mia glorificazione… Qualcuno potrebbe credere che lo star seduto rappresenti un privilegio, un onore, mentre il salmo chiaramente vuol dimostrare che è un segno di umiltà. Nessuno pertanto deve pensare che gli si ordini di sedere per giudicare o desinare e divertirsi, ripromettendosi quindi un successo per la propria superbia. Per sottolineare l'umiltà, eccolo quindi aggiungere: Voi che mangiate il pane del dolore. Mangiano il pane del dolore coloro che gemono nell'esilio terreno. Essi sono nella valle del pianto, e Dio opera le ascensioni nel loro cuore.

3 Ecco, l’eredità del Signore, i figli,

la ricompensa del frutto del ventre.

Suppone che tu insista ancora nella domanda: Chi sono questi amici? Ecco, eredità del Signore [sono] i figli, ricompensa del frutto del ventre… Dicendo: Frutto del ventre, significa che parla di figli già nati. C'è una donna nella quale spiritualmente si avverano le parole dette ad Eva: Partorirai fra le doglie. Difatti la Chiesa, sposa di Cristo, genera figli e, se li genera, li partorisce. Tant'è vero che Eva, appunto perché ne era il simbolo, fu chiamata madre dei viventi. Membro della Chiesa partoriente era colui che affermava: Figlioletti miei, che io di nuovo partorisco finché Cristo non sia formato in voi . Né ha partorito o generato senza successo: la stirpe santa si paleserà nella resurrezione, e saranno innumerevoli i giusti che ora vivono sparsi per tutta la terra. Adesso la Chiesa geme per causa loro, mentre li partorisce; nella resurrezione dei morti invece apparirà in piena luce la fecondità della Chiesa, e finiranno il dolore e il gemito. E cosa si dirà? Ecco, eredità del Signore [sono] i figli, ricompensa del frutto del ventre. Del frutto, non " il frutto ". [Ci sarà] una mercede del frutto del ventre. Quale sarà questa ricompensa? Risorgere dai morti. Alzarti dopo d'essere stato seduto. Allietarti dopo aver mangiato il pane del dolore.

4 Come frecce nella mano di

un potente così i figli dei provati.

Come le frecce in mano al potente, così i figli degli sbattuti. Quale origine ebbe infatti, o fratelli, questa eredità? Come divenne così numerosa che alla fine si dovrà dire di lei: Ecco, eredità del Signore [sono] i figli, ricompensa del frutto del ventre? Ci furono certuni che vennero scagliati come frecce dalla mano del Signore, e si spinsero lontano e riempirono la terra facendola pullulare di santi. Si tratta di quell'eredità di cui è detto: Chiedimelo e io ti darò in eredità le genti e in possesso i confini della terra …Ora io nelle mie possibilità vorrei, o fratelli, intendere come figli degli sbattuti gli stessi Apostoli, in quanto figli dei profeti. I profeti infatti contenevano sacramenti occulti e impenetrabili. Furono sbattuti e ne uscirono verità manifeste. Supponete che un profeta abbia detto, come in realtà ha detto, parole di questo genere: Il bue ha conosciuto il suo padrone e l'asino la stalla del suo proprietario; Israele invece non mi ha conosciuto . È un esempio di profezia che m'è venuto in mente per primo e ho voluto dirvelo; se me ne fosse venuto un altro, vi avrei citato quest'altro. Di fronte a tali parole profetiche, l'uditore profano penserebbe subito all'asino, al bue, o agli altri animali e quadrupedi che conosce, e succederebbe come quando una cosa è racchiusa in un involucro: si palpa l'esterno di questo involucro ma si ignora cosa vi sia contenuto. Il bue e l'asino sono simboli… Prima della venuta del Signore queste cose erano tutte racchiuse [nel mistero]. Venne il Signore e scosse il sacco che conteneva tutte quelle verità occulte, sicché divennero manifeste. Furono sbattuti i profeti e ne nacquero gli Apostoli, ai quali, in quanto nati dai profeti, sottoposti a delle battiture, si addice bene il nome di figli degli sbattuti. Essi vennero a trovarsi in mano dell'Onnipotente e, simili a dardi, raggiunsero gli estremi confini della terra. Per cui alla fine si potrà dire: Ecco, eredità del Signore [sono] i figli, ricompensa del frutto del ventre. E intanto questa eredità viene radunata dagli estremi confini della terra in quanto come le frecce in mano a un potente, così i figli degli sbattuti. In altre parole: gli Apostoli, figli dei profeti, furono come dardi in mano dell'Onnipotente. Se chi tendeva l'arco era potente, lo scoccò con forza, e se lo scoccò con forza, le persone che egli lanciò con l'arco evidentemente raggiunsero le più remote plaghe della terra.

5 Beato l’uomo che riempirà

di essi il suo desiderio.

non saranno confusi quando

parleranno ai loro nemici alla porta

Beato l'uomo che con tali cose colma la sua brama. Attenzione, fratelli! Chi è l'uomo che con tali cose colma la sua brama? Colui che non ama il mondo presente: poiché quando uno è pieno di desideri mondani non c'è modo che gli entri in cuore quanto da loro predicato. Vomita ciò che hai dentro, se vuoi diventar capace di avere ciò che non hai… Non sarà confuso quando dovrà parlare con i suoi nemici sulla porta. Fratelli, parliamo pure presso la porta, cioè facciamo in modo che tutti conoscano quel che diciamo. Chi si rifiuta di parlare presso la porta vuole che restino celate le sue parole, e ciò, facilmente, perché si tratta di cose cattive. Se è sicuro [di quanto dice], parli presso la porta, conforme asserisce la Sapienza: Egli parla coraggiosamente sulle porte della città . Finché ci si conserva nella giustizia e nell'innocenza non si dovrà arrossire, e questo è parlare presso la porta. Ora chi è l'uomo che parla presso la porta? Colui che predica nel nome di Cristo, il quale è la porta per la quale entriamo nella santa città.

Dai Padri

Atanasio: se il Signore stesso non avesse costruito la sua Chiesa, i profeti avrebbero lavorato invano. E se il Signore non custodisce l’uomo, questi lavora invano, qualsiasi cosa faccia.

Crisostomo e Teodoreto: al ritorno dalla schiavitù, i giudei ricostruiscono con una mano e con l’altra brandiscono la spada, mentre altri fanno la guardia. Non possono costruire le loro case senza l’aiuto divino: Dio stesso permetteva la prova per custodirli nella vigilanza.

Ilario: sebbene non sia escluso il riferimento alla cattività babilonese, si tratta soprattutto del fine a cui tendono i desideri dei patriarchi, la fede degli apostoli, la confessione dei martiri e il pellegrinaggio di tutti i fedeli: la città eterna, la beatitudine nel regno di Dio. Dio ha scelto Sion per sua dimora, ma non la Sion che fu distrutta. Voi siete il tempio di Dio ( 1 Corinzi 3,16), la dimora capace di Dio, il tempio santo, mirabile per la giustizia. Questa dimora deve essere costruita da Dio, fondata sui profeti e sugli apostoli. Cresce con pietre vive, tenute insieme dalla pietra angolare, e sale fino a raggiungere la statura del corpo di Cristo (Efesini 2,19).

Cassiodoro: la casa è il tempio di Dio che siete voi, città di cui ritroveremo la porta al versetto 5.

Ilario: il Signore custodisce questa città quando protegge le peregrinazioni di Abramo, quando risparmia Isacco, arricchisce Giacobbe, pone Giuseppe come governatore d’Egitto, sostiene Mosè davanti al faraone, sceglie Giosuè come condottiero in guerra, libera Davide da tutti i pericoli, dà a Salomone la sapienza; la custodisce quando si rivela ai profeti, rapisce Elia, sceglie Eliseo, nutre Daniele, diffonde la sua rugiada sui tre fanciulli nella fornace e sta al loro fianco; quando istruisce Giuseppe, per mezzo di un angelo, prima di nascere dalla Vergine, quando dà forza a Maria, invia Giovanni come precursore, sceglie gli apostoli, prega il Padre dicendo: Padre santo, conservali nel tuo nome… Quando ero con loro nel mondo, li conservavo nel tuo nome (Giovanni 17,11); e quando, dopo la passione, ci promette infine di vegliare su di noi sempre: ecco, io sono con voi sempre, fino alla fine del mondo (Matteo 28,20). Ecco la custodia eterna di questa città beata e santa, costituita da una moltitudine riunita in unità e che è, in ciascuno di noi, una città per Dio.

Crisostomo: senza l’aiuto di Dio non serve a nulla che vegliate, che vi alziate di buon mattino, che tardi andiate riposare.

Origene: sonno: la contemplazione; pane: l’azione

Ilario: mangia il pane del dolore chiunque si ricorda di essere un uomo nato nei vizi e che vive nei vizi . Abbiamo ricevuto il dolore di questa vita attraverso l’infermità della nostra volontà decaduta; cita il salmo 79,5: il pane di lacrime e anche Matteo 5,5: Beati quelli che piangono perché saranno consolati; consolati dal dolore di non aver potuto essere perfetti.

Crisostomo: quando Dio non aiuta, tutto muore. Quando aiuta, tutto è bello e anche questo sonno cui seguirà la risurrezione e la ricompensa.

Ilario: spesso Dio chiama sonno la morte dei santi. Dopo il sonno della morte, verrà il tempo di risvegliarsi nella resurrezione.

Girolamo: i santi sembrano dormire, dopo questa vita, per poter giungere alla vita eterna per mezzo della risurrezione.

3 Crisostomo: se Dio aiuta, la città potrà reggere, avranno molti figli e questi saranno terribili per i nemici, come frecce nella mano del Potente.

Teodoreto: se Dio si prende cura di noi, potremo vincere senza difficoltà, costruire, dormire senza timore e generare figli, poiché Dio ha promesso che essi saranno numerosi quanto le stelle del cielo. Ecco l’eredità del Signore, i figli: è la promessa fatta ad Abramo (Genesi 15,5).

Ilario: l’eredità del Signore sono questi santi che si sono addormentati. Ricompensa del frutto del grembo è l’incarnazione. Il frutto è il Cristo.

Girolamo: i santi diventano l’eredità del Signore. Il Signore stesso si è fatto frutto del grembo. L’umanità che ha assunto gli ha meritato come salario che i gentili diventino figli e siano la sua eredità: ha dato loro il potere di diventare figli di Dio (Giovanni 1,12).

Ilario: le frecce sono il simbolo di questa vita che passa in fretta e va diritta allo scopo… Le frecce sono simbolo dell’insegnamento dei profeti e degli apostoli; il verbo di Dio si trova in loro e queste frecce sono inviate ovunque: passano, penetrano, volano. Non sono, in questo caso, frecce mortali e funeste. Beato chi si è riempito di parole di dottrina! Tutto questo è in rapporto alla costruzione della città: non resteranno confusi quando parleranno ai loro nemici alla porta.

Atanasio: la predicazione del Vangelo trionferà.

Crisostomo: questa assicurazione: non resteranno confusi, esprime  il culmine della gioia e della felicità. Non si potrà più dire loro che Dio non si occupa di loro o che hanno un Dio impotente: fieri e pieni di gloria, affronteranno i nemici perché Dio, con tutte queste benedizioni, avrà mostrato loro di proteggerli.

Cassiodoro: la porta della città è il Signore Gesù Cristo. Gli apostoli che annunciano il Signore sono sulla porta della città, perché è alla porta che parlano gli araldi.

Girolamo: la porta è il Cristo

Salmo 127

( Cantico delle ascensioni )

1 Beati tutti quelli che temono il

Signore, che camminano nelle sue vie.

2 Perché mangerai delle fatiche delle tue mani.

Beato sei e bene per te sarà.

3 La tua sposa come vite feconda

nell’intimo della tua casa,

i tuoi figli come novelli ulivi

intorno alla tua mensa.

4 Ecco così  sarà benedetto l’uomo

che teme il Signore.

5 Ti benedica il Signore da Sion

e veda tu i beni di Gerusalemme

tutti i giorni della tua vita,

6 e veda i figli dei tuoi figli.

Pace su Israele!

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 Beati tutti quelli che temono il

Signore, che camminano nelle sue vie.

Il timore del Signore, di cui parla qui il profeta, è un timore che consiste secondo Sant’Ilario nell’amore, poiché dalla carità esso riceve la sua perfezione. Ora è proprio dell’amore nostro verso Dio ubbidire ai suoi precetti. Per questo la Scrittura congiunge al timore del Signore la pratica dei suoi comandamenti, che è la prova dell’amore sincero, che hanno per lui quelli che lo temono come suoi figli.

2 Perché mangerai delle fatiche delle tue mani.

Beato sei e bene per te sarà.

La beatitudine di tutti quelli che temono Dio e camminano nelle sue vie, consisterà nell’essere eternamente alimentati dal frutto delle fatiche delle loro mani. Le sante opere da loro praticate sono sin da ora il loro sostegno e il loro cibo in questo esilio. Saranno un giorno la sorgente di quella eterna beatitudine che dalla Scrittura altrove è paragonata ad un torrente di delizie, a un’affluenza di ogni sorta di beni di cui saremo sazi ed inebriati nel cielo.

3 La tua sposa come vite feconda

nell’intimo della tua casa,

i tuoi figli come novelli ulivi

intorno alla tua mensa.

4 Ecco così  sarà benedetto l’uomo

che teme il Signore.

Tali erano le benedizioni della legge antica, la quale prometteva all’uomo che temeva il Signore una sposa che stando chiusa nella sua casa lo avrebbe fatto lieto di molti figli. Vengono questi paragonati dal profeta a teneri olivi che mostrano sempre una grande verzura, che sono vigorosi e i cui frutti sono di una grande soavità. Tutta la beatitudine di un padre consisteva nel vedere intorno alla sua mensa una moltitudine di figli di indole pieghevole  e sempre disposti ad eseguire i suoi voleri. Quello che si dice della moglie e dei figli possiamo spiegarlo in una maniera più sublime della sposa di Gesù Cristo, che è la Chiesa e dei suoi figli, che sono i fedeli. Ella sta ritirata in un angolo della sua casa , poiché, come si dice altrove, tutta la sua bellezza è dentro di lei, dov’è il suo sposo e non al di fuori ove si schierano e si mettono in mostra tutti i vari oggetti della corruzione del secolo. È feconda in virtù della fede; i suoi figli come teneri ulivi circondano la mensa del suo sposo: sono tutti quelli da lei partoriti a Gesù Cristo. Essendo mansueti e miti di cuore , sono degni di avvicinarsi alla mensa del  divino corpo dove mangiano il pane vivente che dona la vita.

5 Ti benedica il Signore da Sion

e veda tu i beni di Gerusalemme

tutti i giorni della tua vita,

6 e veda i figli dei tuoi figli.

Pace su Israele!

Dal momento che Dio aveva scelto in Sion  la sua abitazione, il profeta si rivolge a lui in quel sacro luogo ed invoca la sua benedizione sopra il popolo di Israele. Egli augura a tutto il popolo ritornato dalla schiavitù la consolazione di rivedere la città di Gerusalemme in uno stato florido e ricolmo di beni invece del così misero stato in cui la ritrovarono allorché fecero  ritorno da Babilonia. Tutte queste benedizioni riguardavano ancora di più il popolo nuovo poiché per noi innanzitutto il profeta si indirizza a Dio e lo prega di benedirci dall’alto, ricolmandoci di grazie, di renderci degni di contemplar eternamente i beni della Gerusalemme celeste, di comunicarci mediante il suo spirito una beata fecondità di grazia, onde procurare alla chiesa una santa posterità di figli virtuosi.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

1 Beati tutti quelli che temono il

Signore, che camminano nelle sue vie.

2 Mangerai le fatiche delle tue mani.

Beato sei e bene per te sarà.

Beati tutti coloro che temono il Signore, [e] che camminano nelle sue vie. Parla a molti; ma, poiché questi molti sono in Cristo una sola realtà, continua al singolare e subito dice: Mangerai i lavori dei tuoi frutti. Prima aveva detto: Beati tutti coloro che temono il Signore, [e] che camminano nelle sue vie; perché dire adesso: Mangerai i lavori dei tuoi frutti, e non piuttosto: Mangerete? E perché dire: I lavori dei tuoi frutti, e non: I lavori dei vostri frutti? Così presto si è dimenticato che parlava a molti? Se lo avrai sbattuto a dovere, cosa ti risponde? Parlando a dei cristiani, sebbene siano molti, nell'unico Cristo io li considero una sola unità. Voi dunque siete molti e siete uno; noi siamo molti e siamo uno. In che modo, pur essendo molti, siamo uno? Perché ci teniamo strettamente uniti a colui del quale siamo membra, e se il nostro Capo è in cielo lassù lo seguiranno anche le membra.

3 La tua sposa come vite feconda

nell’intimo della tua casa,

Si dice a Cristo, quindi la sua sposa è la sua Chiesa: noi stessi, sua Chiesa, siamo la sua sposa. Come vite feconda. Per quali suoi figli può dirsi vite feconda la Chiesa? Se guardiamo queste mura, vediamo entrarvi molti [rami] infruttuosi: vi entrano infatti molti ubriaconi, usurai, falsari; molti che consultano gli stregoni, che quando hanno male di testa ricorrono a sedicenti guaritori o guaritrici. Sarà mai questa la fecondità della vite, la prolificità della sposa? Certo no. Queste ne sono le spine, ma essa non è da ogni parte spinosa. Ha una sua fecondità; è una vite feconda: ma dove? Ai fianchi della tua casa. Non di tutti può dirsi che siano fianchi della casa. Indago cosa siano i fianchi della casa, e che dirò? Che sono le pareti, intendendo con ciò le pietre più resistenti? Se si parlasse di questo edificio materiale, forse potremmo intendere così il termine " fianchi ". Nel nostro caso però chiamiamo fianchi della casa coloro che si tengono uniti a Cristo. E ciò non senza motivo. Capita infatti anche nel nostro linguaggio ordinario, come quando, ad esempio, parliamo di uno che si comporta male perché consigliato da amici disonesti. Diciamo: Ha cattivi fiancheggiatori. Che significa: Ha cattivi fiancheggiatori, se non che gli stanno attorno persone cattive? Di un altro viceversa diciamo: Ha buoni fiancheggiatori; e questo per indicare che vive seguendo buoni consigli o, in altre parole, che si regge sulla base di buoni consigli. Fianchi della casa sono, dunque, coloro che vivono uniti a Cristo... Ebbene, sì, la tua sposa [è] come vite feconda; ma in quali persone? Nei fianchi della tua casa. È invece sterile negli altri, cioè in coloro che si trovano staccati da Cristo: i quali non voglio nemmeno computarli fra i componenti la vite.

i tuoi figli come novelli ulivi

intorno alla tua mensa.

I tuoi figli. Identici sono sposa e figli. Nelle nozze e nei matrimoni d'ordine naturale una cosa è la moglie e un'altra i figli; nella Chiesa moglie e figli si identificano. Così gli Apostoli: facevano parte della Chiesa e della Chiesa erano membra. Erano quindi della sposa di Cristo, anzi costituivano la stessa sposa, per quella parte che loro competeva e che avevano conseguita fra le membra [di lei]. Perché allora è detto nei loro riguardi: Quando lo sposo se ne sarà andato, i figli dello sposo digiuneranno? È segno che loro sono la sposa, come sono anche i figli. Vi dirò, miei fratelli, una cosa sorprendente. Esaminando la parola del Signore, troviamo che la Chiesa è fratello, sorella e madre di Cristo. Ci riferiamo all'episodio quando fu annunziato a Gesù che lì fuori c'erano sua madre e i suoi fratelli. Per il fatto di essere fuori costituivano un simbolo. E chi simboleggiava la madre? La sinagoga. Chi i fratelli carnali [di lui]? I giudei che rimangono al di fuori. In effetti la sinagoga è rimasta fuori. Maria invece appartiene ai fianchi della sua casa, come vi fan parte quei suoi parenti che, nati dalla stirpe di Maria Vergine, credettero in lui. E questo non tanto perché fossero suoi congiunti di sangue quanto piuttosto perché ascoltavano la parola di Dio e la mettevano in pratica. .. Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Stese le mani sui discepoli e disse: Ecco mia madre e i miei fratelli. Se erano fratelli, come potevano essere anche sua madre? Aggiunse: Chi infatti compie la volontà del Padre mio, questi è mio fratello e sorella e madre. Probabilmente fratello in relazione al fatto che nella Chiesa ci sono maschi, sorella per le donne che Cristo ugualmente annovera fra le sue membra. Ma madre per quale altro motivo se non perché nella persona del cristiano c'è lo stesso Cristo e ogni giorno la Chiesa partorisce di questi cristiani mediante il battesimo?

4 Ecco così  sarà benedetto l’uomo

che teme il Signore.

Ci si dica ora come debbano essere questi figli. Come? Pacifici. Perché pacifici? Perché beati i pacifici, perché essi saranno chiamati figli di Dio . Ricordiamo come nell'oliva è nascosto il frutto della pace: l'olio infatti simboleggia la pace, come anche simboleggia la carità, senza la quale non ci può essere pace.

5 Ti benedica il Signore da Sion

e veda tu i beni di Gerusalemme

tutti i giorni della tua vita,

Ti benedica il Signore, ma da Sion. Non andare in cerca di benedizioni che non provengono da Sion. Ma non è stato il Signore, o miei fratelli, colui che ha benedetto anche gli altri? Certo, è del Signore anche la benedizione materiale. Se infatti non fosse del Signore ma egli fosse contrario, chi si sposerebbe? E se il Signore non volesse, chi sarebbe sano? Chi potrebbe essere ricco se il Signore non lo volesse? È dunque Dio colui che dà questi beni, ma non ti accorgi che li ha dati anche alle bestie? Non proviene perciò da Sion una tale benedizione. Ti benedica il Signore da Sion e che tu possa vedere i beni di Gerusalemme. Ti consoli dunque il Signore facendoti vedere i beni di Gerusalemme. I quali beni veramente sono [consistenti]. Perché sono [consistenti]? Perché sono eterni. Perché sono [consistenti]? Perché là risiede il re: Io sono colui che sono. Quanto invece ai beni presenti, sono e non sono. Non hanno stabilità: fuggono, corrono via. Hai dei bambini piccoli e tu li accarezzi. Si accarezzano perché bambini, ma forse che rimarranno per sempre tali? Tu stesso desideri che crescano, desideri che avanzino negli anni. Nota però come, sopraggiungendo una nuova età, la precedente scompare. Ecco venire la fanciullezza, ma sparisce l'infanzia; viene l'adolescenza ma sparisce la fanciullezza; viene la giovinezza ma muore l'adolescenza; viene la vecchiaia ma muore la giovinezza, finché, arrivando la morte, finisce ogni età. Desiderando quindi il passaggio ad una nuova età [della vita], desideri insieme anche la morte dell'età precedente. Tutte queste cose quindi non sono… Tuttavia, se si gode per dei figli che vengono a prenderci il posto, quanto più non si dovrà godere per quei figli con i quali si vivrà stabilmente e per quel Padre che ci ha generati, il quale non solo non muore ma ha il potere di farci vivere per sempre con lui? Ecco i beni di Gerusalemme; essi davvero son beni che sussistono. Orbene, ti benedica il Signore da Sion, e che tu possa vedere i beni di Gerusalemme. Quanto agli altri beni a cui volgi lo sguardo, li vedi da cieco. Che tu veda! ma quei beni che si vedono col cuore. E quanto tempo durerà il mio vedere i beni di Gerusalemme? Tutti i giorni della tua vita. Se la tua vita sarà eterna, in eterno vedrai i beni di Gerusalemme. Se al contrario, miei fratelli, si trattasse di questi beni temporali, non li vedresti per tutti i giorni della tua vita.

6 e veda i figli dei tuoi figli.

Pace su Israele!

E che tu veda, non solamente i tuoi figli, ma anche i figli dei tuoi figli. Che significa: I tuoi figli? Le opere che tu stesso compi quaggiù. E i figli dei figli cosa sono? I risultati delle tue opere. Tu fai l'elemosina: è un tuo figlio. In premio dell'elemosina ricevi la vita eterna: è un figlio di tuo figlio. Che tu veda i figli dei tuoi figli. In tal modo si verificherà anche l'augurio successivo con cui [il salmo] si conclude: Sia pace su Israele! È questa la pace che noi vi predichiamo, che noi stessi amiamo e desideriamo sia amata da voi. È una pace che conseguiranno coloro che qui in terra sono stati pacifici. Per essere di là nella pace occorre essere pacifici di qua. Tali pacifici attorniano la mensa del Signore come polloni di olivo, sicché l'albero non rimane infruttuoso come quel fico in cui il Signore non trovò frutto quel giorno che ebbe fame .

Dai Padri

Ilario: quando si parla di timore nella Scrittura, discerniamo bene di quale timore si tratta? Si giunge gradualmente al timore di Dio invocando la sapienza che ce lo insegna. Invece, per l’opinione mondana, il timore sarebbe il tremito della debolezza umana davanti a un male che questa rifiuta di subire: la violenza, la malattia… Quel timore non si insegna.

Del timore del Signore è scritto: venite, figli, ascoltate, vi insegnerò il timore del Signore (Salmo 33,11). Non consiste quindi nel terrore ma in una sapienza di dottrina, nell’obbedienza, nella innocenza, nella conoscenza della verità. Se dobbiamo temere Dio per i lampi e il tuono, dove è la fede in questo tipo di timore? Per noi, il timore di Dio sta tutto nell’amore; e la consumazione di questo timore è l’amore perfetto, che caccia ogni paura. La testimonianza del timore di Dio è l’obbedienza. Se qualcuno teme senza obbedire, sperimenta il tremore della carne non la beatitudine del timore di Dio.

Origene: richiama le benedizioni dell’alleanza (Deuteronomio 28 – 30).

Crisostomo: il salmo dice: Beati tutti; quindi tutti possono avere questa beatitudine, lo schiavo, il padrone, il povero, il ricco, il mutilato… Invece, quando cerchiamo gli altri beni, non riusciamo mai ad avere tutto quello che vorremmo. Il padrone ebbe questa sola beatitudine e disse: neppure tu temi Dio? (Luca 23,40).

Cassiodoro: questo salmo mette in risalto il timore del Signore, che non è timore mondano: il timore mondano rende gli uomini infelici, mentre il timore del Signore scaturisce dall’amore, nasce dalla carità e porta alla mitezza; cita Deuteronomio 10,12: che cosa chiede da te il Signore tuo Dio, se non che tu tema il Signore Dio tuo, e tu cammini per le sue vie e tu lo ami, e tu serva il Signore Dio tuo con tutto il cuore e con tutta l’anima?

Crisostomo: le vie che conducono in cielo: si usa il plurale perché ve ne sono di diverso genere.

Ilario: ci sono molte vie del Signore e non ce ne è che una sola: per mezzo dell’insegnamento di numerosi apostoli e profeti, dobbiamo trovare la via.

Atanasio: senso spirituale: nel regno di Dio, sarai colmato dei frutti di giustizia che produrrai sopportando le tribolazioni di questo mondo.

Atanasio: diverrai degno della beatitudine dei santi ed entrerai nella gioia del tuo Signore.

Crisostomo il salmista ripete: beato… Perché si attarda con gioia davanti alla sublimità di ciò che contempla, in visione profetica.

3 Ilario: la mensa è il corpo del Signore, ma anche i suoi insegnamenti. In senso spirituale i figli sono le opere buone.

Atanasio: s’ beni spirituali: ciò che occhio non vide. Sono le promesse messianiche.

Crisostomo: i beni di Gerusalemme sono tutti i beni messianici. È bene notare che nella preghiera domenicale si chiede una sola cosa materiale: il pane quotidiano. Gli altri doni che si chiedono sono spirituali.

 

 

 

 

 

salmo 128

( cantico delle ascensioni )

1 Molte volte mi hanno assalito

dalla mia giovinezza, lo dica ora Israele.

2 Spesso mi hanno assalito

dalla mia giovinezza, perchè

non hanno avuto potere su di me

3 Sopra il mio dorso  fabbricavano i peccatori:

a lungo hanno praticato la loro iniquità.

4 Il Signore giusto  taglierà

le cervici dei peccatori.

5 Siano confusi e respinti indietro

tutti quelli che odiano Sion.

6  Diventino come l’erba dei tetti

che prima di essere strappata si è già seccata,

7 di cui non ha riempito  la sua

mano chi miete e il suo seno chi raccoglie fasci.

8 E non hanno detto  quelli che

passavano: La benedizione del

Signore su di voi. Vi abbiamo

benedetti nel nome del Signore.

 

da Sacy

( cantico delle ascensioni )

1 Molte volte mi hanno assalito

dalla mia giovinezza, lo dica ora Israele.

2 Spesso mi hanno assalito

dalla mia giovinezza, perchè

non hanno avuto potere su di me

3 Sopra il mio dorso  fabbricavano i peccatori:

a lungo hanno praticato la loro iniquità.

Sant’Agostino applica questi versetti alla Chiesa e fa vedere che essa è stata assalita in tutti i secoli dopo la sua gioventù, cioè dopo Abele, dalla iniquità e dalla malizia dei peccatori, ma essa sussisterà fino alla fine per la potenza di colui che ha dichiarato che contro di lei non prevarranno le forze dell’Inferno. Si possono anche applicare in modo particolare a Gesù Cristo e a molti martiri le parole del profeta. La carne del capo e delle sue membra era come una terra mirabile che essendo per così dire coltivata e lavorata doveva produrre una messe abbondante secondo il così celebre detto di uno antico: il sangue dei martiri è seme di molti cristiani. Vero è che l’iniquità e l’ingiustizia dei peccatori durò lungamente: per ben tre secoli imperversarono le persecuzioni dei pagani. Le potenze delle tenebre, dice un grande Santo, non si muovono così spesso ad assalire i veri fedeli se non a causa della fermezza della loro fede. È un segno che questi non si possono sopraffare il vedere che mai cessano di essere assaliti.

4 Il Signore giusto  taglierà

le cervici dei peccatori.

5 Siano confusi e respinti indietro

tutti quelli che odiano Sion.

Il Signore taglia la cervice ai peccatori. Egli è giusto, perciò libererà il popolo suo dalla ingiustizia dei suoi assalitori. È però così paziente che invita i peccatori a penitenza, non castigando subito le loro iniquità, ma aspettando che si cambi la loro volontà e cessi finalmente il peccato. Verrà tempo che taglierà a loro la cervice ed abbatterà il loro orgoglio, quando avranno abusato della sua pazienza e sarà passato il tempo della misericordia. Quelli che odiano Sion, figura della Chiesa, saranno tutti coperti di confusione e costretti a tornare indietro, cioè non avendo voluto sottomettersi alla verità si vedranno da ultimo abbattuti dalla verità che hanno rigettato.

6  Diventino come l’erba dei tetti

che prima di essere strappata si è già seccata,

7 di cui non ha riempito  la sua

mano chi miete e il suo seno chi raccoglie fasci.

Il profeta paragona i nemici del popolo di Dio non solo a fieno comune ma all’erba che cresce sui tetti, poiché essa è assolutamente inutile ad ogni uso, essendo arida già prima che venga sradicata. I mietitori neppure si danno pensiero di raccoglierla. Questo non distrugge la verità dell’altro detto della Scrittura: che alla fine del mondo comanderà Dio ai mietitori di raccogliere prima il loglio, che è figura dei peccatori e di legarlo in fasci per arderlo, e poi di riunire il frumento nel granaio. Il profeta vuole fare intendere quanto disprezzati saranno un giorno coloro che nel tempo della loro prosperità si sono considerati come padroni del mondo ed hanno oppresso i piccoli. Saranno raccolti come zizzania e bruceranno eternamente nell’inferno.

8 E non hanno detto  quelli che

passavano: La benedizione del

Signore su di voi. Vi abbiamo

benedetti nel nome del Signore.

Queste espressioni, secondo tutti gli interpreti, sono relative alla consuetudine che hanno quelli che passano davanti a un campo di spighe biondeggianti o davanti ai mietitori, di augurare loro la benedizione del Signore per un abbondante raccolto. Avendo il santo profeta paragonato i nemici di Sion all’erba secca dei tetti, aggiunge che i passanti non  augureranno la benedizione del cielo, come si fa per la messe del frumento, poiché questa erba non è buona a nulla ed è universalmente disprezzata.

Da Agostino

( cantico delle ascensioni )

1 Molte volte mi hanno assalito

dalla mia giovinezza, lo dica ora Israele.

2 Spesso mi hanno assalito

dalla mia giovinezza, perchè

non hanno avuto potere su di me

Spesso [e] fin dalla mia giovinezza mi hanno combattuta. È la Chiesa che parla di coloro che le tocca sopportare, e pare voglia dire: Ma è forse da adesso? Da gran tempo esiste la Chiesa: essa è sulla terra da quando furono chiamati i [primi] santi. Un tempo risultò costituita dal solo Abele, e fu combattuta da Caino, fratello cattivo e sciagurato . Poi fu costituita dal solo Enoch, e lo si dovette sottrarre di fra mezzo agli iniqui . Poi fu costituita dalla famiglia di Noè, e dovette sostenere l'opposizione di tutti coloro che perirono nel diluvio, quando solamente l'arca restò a galleggiare sui marosi finché non toccò la terraferma . In seguito la Chiesa fu costituita dal solo Abramo, e ben note ci sono le prove che ebbe a subire da parte dei cattivi; poi risultò formata esclusivamente da Lot, figlio di suo fratello, e dalla famiglia di lui, residente a Sodoma, e dei sodomiti dovette affrontare gli abusi e la perversione finché Dio non intervenne a liberarlo . Più tardi la Chiesa fu costituita dal popolo d'Israele, ma ebbe a tollerare l'odio del faraone e degli egiziani. Nell'ambito della Chiesa così costituita, cioè all'interno dello stesso popolo israelitico, la Chiesa cominciò a contare certi santi quali Mosè e altri, i quali però dovettero soffrire da parte dei giudei iniqui, sebbene popolo d'Israele. E così si giunse al nostro Signore Gesù Cristo e cominciò a predicarsi il Vangelo.

3 Sopra il mio dorso  fabbricavano i peccatori:

a lungo hanno praticato la loro iniquità.

Spesse volte [e] fin dalla mia giovinezza mi hanno combattuta; difatti però non riuscirono [a prevalere] contro di me; sopra le mie spalle hanno costruito i peccatori. Cioè: Non essendo riusciti a estorcere il mio consenso, mi procurarono pesi da portare… Per avermi combattuta fin dalla mia giovinezza qual nocumento potevano arrecarmi? Mi hanno messa alla prova, non mi hanno schiacciata. Son riusciti a fare quel che il fuoco fa con l'oro, non col fieno. Applicato all'oro, il fuoco ne toglie le scorie; applicato alla paglia la riduce in cenere. Siccome non riuscirono [a prevalere] contro di me - in quanto io non ho consentito a loro e loro non sono riusciti a rendermi com'essi - i peccatori hanno costruito sopra le mie spalle, hanno sospinto lontano la loro ingiustizia. Mi han procurato pesi da portare, ma non sono riusciti a estorcermi il consenso. Pertanto la loro malizia è estranea a me.

4 Il Signore giusto  taglierà

le cervici dei peccatori.

Se  tutti siamo peccatori e nessuno è esente da peccato, tutti dobbiamo temere la spada sospesa sopra le nostre teste, poiché il Signore giusto taglierà la testa dei peccatori. Non credo, miei fratelli, che si riferisca a tutti i peccatori, ma dal membro colpito, la testa, ci lascia intravvedere quale sia la categoria dei peccatori che viene punita. Non dice infatti: Il Signore giusto troncherà le mani dei peccatori, e nemmeno: Il Signore giusto troncherà i piedi dei peccatori. Non dice così, ma menziona la testa; e questo perché col nome di peccatori intende i superbi, i quali superbi son tutti gente che incede a testa alta. Essi non solo commettono il male ma si rifiutano anche di riconoscerlo; e, se li si rimprovera, tentano ogni via per giustificarsi.

5 Siano confusi e respinti indietro

tutti quelli che odiano Sion.

Siano confusi e si volgano indietro tutti coloro che odiano Sion. Odiano Sion coloro che odiano la Chiesa, poiché Sion è la Chiesa. Anche coloro che entrano nella Chiesa con intenzioni non rette odiano la Chiesa, come la odiano quei tali che ricusano di mettere in pratica la parola di Dio. Essi hanno costruito sulle mie spalle. Cosa dovrà fare la Chiesa se non sopportarli sino alla fine?

6  Diventino come l’erba dei tetti

che prima di essere strappata si è già seccata,

Nei riguardi di loro cosa dice [il salmo]? Prosegue: Diventino come l'erba dei tetti che si secca prima d'essere sradicata. L'erba dei tetti è quella che nasce appunto sul tetto fra le tegole. A guardarla, sta in alto, però non ha radici. Quanto sarebbe stato meglio per lei se fosse nata in basso, e con quanto maggiore giocondità verdeggerebbe? Invece nasce in alto per seccarsi più presto: non la si è ancora sradicata e già è secca. Non sono ancora finiti, poiché non è arrivato il giudizio di Dio; eppure è disseccata la linfa che li faceva verdeggiare. Guardate alle loro opere e vedrete che sono davvero inariditi. Ma vivono e sono ancora quaggiù: quindi non è vero che siano stati sradicati. Sì, si sono essiccati, sebbene non siano ancora stati strappati dalla terra. Son diventati proprio come l'erba dei tetti, che inaridisce prima che la si sradichi.

7 di cui non ha riempito  la sua

mano chi miete e il suo seno chi raccoglie fasci.

Verranno in seguito i mietitori ma con loro non formeranno dei covoni. In effetti, i mietitori verranno e riporranno nel granaio il buon frumento, mentre del loglio faranno dei fasci che butteranno nel fuoco. Così ogni tetto sarà ripulito dall'erbaccia e tutta questa erbaccia sarà sradicata e gettata nel fuoco, essendo secca già prima che la si sradicasse. Impossibile quindi che con essa il mietitore si riempia le mani.

8 E non hanno detto  quelli che

passavano: La benedizione del

Signore su di voi. Vi abbiamo

benedetti nel nome del Signore.

Quelli che camminano sulla strada chi sono? Son coloro che, traversata quella via che è la vita presente, sono giunti in patria. Tali passanti sono stati gli Apostoli, quando erano vivi; sono stati i profeti. E su chi sparsero benedizioni gli Apostoli e i profeti? Su coloro nei quali videro la radice della carità. Quanto agli altri invece, cioè coloro che videro troneggiare sui tetti, pieni di superbia nella testa del loro scudo, essi li avversarono predicendo quel che sarebbero [alla fine] diventati, né diedero ad essi la benedizione. Effettivamente, se leggete cos'è detto nelle Scritture a proposito dei tanti cattivi che la Chiesa tollera, troverete che li si chiama maledetti, che appartengono all'anticristo, al diavolo, che costituiscono la paglia e la zizzania.

Dai Padri

Atanasio: i seguaci del Cristo sanno che subiranno persecuzioni ma che Cristo sarà vincitore.

Crisostomo: Dio ha voluto che i giudei fossero ora vinti, ora vincitori, perché questo servisse loro come istruzione; ma non ha mai permesso che questo popolo eletto fosse distrutto.

Teodoreto: chiama giovinezza il tempo della schiavitù di Israele in Egitto e della sua liberazione. È Israele ma è anche la Chiesa.

Cassiodoro ricorda il Salmo 36,25: sono stato giovane ed eccomi invecchiato, eppure non ho visto un giusto abbandonato. La persecuzione dei giusti esiste da sempre: Abele… Giobbe… Alla morte del Cristo, la Chiesa sembrava perdere tutto ed era esattamente il contrario. La Chiesa è ora giunta alla vecchiaia, sono gli ultimi tempi, è l’ultima ora.

Ilario: l’artefice delle ingiustizie umane è il diavolo mentre l’uomo è l’esecutore di questa ingiustizia. L’esecuzione materiale è dell’uomo, l’ impulso viene dal diavolo. In ogni tentazione è bene riconoscere questo tentatore.

Cassiodoro: lo dica Israele: ora, sulla terra; ma in cielo non canteremo che le lodi del Signore.

Origene: sul mio dorso: questa espressione è sinonimo di inganno, frode e perfidia.

Cassiodoro: sul mio dorso: di nascosto.

Ilario: mi hanno attaccato alle spalle. Quanto a noi, dimentichiamo, ciò che è dietro le nostre spalle.

Ilario: trascinano il loro peccato come una lunga corda e senza fine.

Atanasio: i persecutori feroci periranno di triste morte.

Crisostomo: il Signore giusto ha tagliato la cervice o le corde, altra lezione possibile, dei peccatori. Le stesse persecuzioni sono continuate contro il secondo popolo, la Chiesa. Anche lei continua a sopravvivere mentre i suoi nemici muoiono.

Ilario: il Signore è paziente, invia la punizione ma questa verrà.

Cassiodoro: cominciano ora le imprecazioni contro coloro che odiano il Signore: temeranno come giudice colui che avevano disprezzato.

Crisostomo: non avranno radice, cadranno da soli.

Cassiodoro: se avessero germogliato nella valle del pianto del salmo 83,6, i loro frutti sarebbero maturati con la grazia di Dio.

7 Atanasio: gli angeli mietitori, cioè quelli che accolgono le anime nell’altro mondo, e gli angeli loro custodi in questo mondo non trovano nulla in essi da raccogliere e da offrire a Dio come seme di giustizia.

Agostino e Cassiodoro: gli angeli mietitori.

Origene: ci sono fasci di loglio. Non possono saziare l’anima perché non appartengono a colui che riempie tutte le cose.

Origene: i santi che vivano transitoriamente in questo mondo non benedicono quei covoni.

Teodoreto: è un’usanza della campagna invocare la benedizione di Dio sui mietitori, quando si passa davanti a loro.

Girolamo: santi di Dio sono passati per andare in cielo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 129

( Cantico delle ascensioni )

1 Dalle profondità ho gridato a te, Signore,

2 Signore, ascolta la mia voce,

siano le tue orecchie attente

alla voce della mia supplica.

3 Se scruterai le iniquità, Signore,

Signore chi potrà resistere?

4 Poiché presso di te c’è propiziazione.

Per la tua legge, ti ho atteso, Signore.

Ha atteso l’anima mia nella sua parola.

5 Ha sperato l’anima mia nel Signore.

6 Dalla veglia del mattino fino a

notte speri Israele nel Signore,

7 perché presso il Signore è la

misericordia e grande presso di lui

la redenzione;

8 ed egli redimerà Israele da tutte le sue iniquità.

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 Dalle profondità ho gridato a te, Signore,

2 Signore, ascolta la mia voce,

siano le tue orecchie attente

alla voce della mia supplica.

Quello che pregava era immerso in un profondo abisso di miserie e si considerava come infinitamente lontano da Dio. Per questo egli implora il suo soccorso con grandi esclamazioni perché i suoi peccati lo rendevano indegno di avvicinarsi alla sua somma purità. Davide esclama, secondo i padri, non tanto con la lingua, quanto con l’intimo del cuore.

3 Se scruterai le iniquità, Signore,

Signore chi potrà resistere?

4 Poiché presso di te c’è propiziazione.

Per la tua legge, ti ho atteso, Signore.

Ha atteso l’anima mia nella sua parola.

5 Ha sperato l’anima mia nel Signore.

Il profeta ci fa intendere che se il Signore volesse giudicarci secondo il rigore della sua giustizia nessuno potrebbe sussistere alla sua presenza, ma Egli è pieno di misericordia e questo ci fa ben sperare. Ecco dunque secondo san Giovanni Crisostomo il tenore del discorso del profeta: se io mi fossi fermato soltanto a considerare le mie iniquità avrei perso ogni fiducia ed ogni speranza. Ma pensando alla tua parola e alla tua legge che promette la tua indulgenza se ritorniamo a te, ho incominciato a sperare nella tua bontà o mio Dio. Tu hai dichiarato che quanto il cielo si innalza sopra la terra, altrettanto tu hai confermato la tua misericordia su quelli che ti temono: l’Oriente non è tanto lontano dall’Occidente come tu hai allontanato da noi le nostre iniquità.

6 Dalla veglia del mattino fino a

notte speri Israele nel Signore,

7 perché presso il Signore è la

misericordia e grande presso di lui

la redenzione;

Dal momento della nostra nascita, che può essere figurata dalla veglia del mattino, fino alla nostra morte, che è il tempo della notte, noi dobbiamo di continuo sperare in Dio: in tutto il corso della vita non c’è alcun tempo in cui siamo esclusi da tale speranza. Il Signore, come dice Giovanni Crisostomo, perdona tutto a quelli che sinceramente ed umilmente implorano il suo perdono. In lui, secondo il profeta, si trova una sorgente e un tesoro inesauribile di bontà: un’ abbondante redenzione  ricopre in noi un’ abbondante iniquità.

8 ed egli redimerà Israele da tutte le sue iniquità.

Chi sarebbe capace, come dice il salmista, di resistere alla presenza di Dio, se egli tenesse in conto tutte le iniquità del suo popolo? Ma Israele ha motivo di sperare in lui perché non solo non esaminerà con rigore tutte le sue iniquità per castigarle, ma perché, come dice San Paolo egli diffonderà una sovrabbondanza di grazia dove prima c’era una sovrabbondanza di peccato. Quale fiducia e quale consolazione non dobbiamo avere, essendo certi che il giudice e il vendicatore dei nostri peccati è al tempo stesso in nostro Redentore e Salvatore.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

1 Dalle profondità ho gridato a te, Signore,

2 Signore, ascolta la mia voce,

siano le tue orecchie attente

alla voce della mia supplica.

Dal profondo ho gridato a te, Signore; Signore, ascolta la mia voce. E', questa, la voce di uno che ascende: essa echeggia da un cantico dei gradini. Occorre pertanto che ciascuno di noi comprenda quale sia l'abisso in cui si trova e da cui grida al Signore. Giona fu uno che gridò al Signore dall'abisso, dal ventre del mostro marino . Egli si trovava non solo nelle profondità del mare ma anche nelle viscere di una bestia; eppure né il corpo [del mostro] né i flutti del mare impedirono alla sua preghiera di arrivare a Dio. La voce dell'orante non poté essere trattenuta nemmeno dal ventre dell'animale: superò tutto, squarciò tutto, finché non giunse all'orecchio di Dio… Dobbiamo renderci conto di quale sia l'abisso dal quale gridiamo al Signore. Questo baratro è la nostra stessa vita mortale; e chiunque vi si sente immerso, grida, geme, sospira, finché non ne venga tratto fuori e raggiunga colui che risiede al di sopra degli abissi, anzi al di sopra dei cherubini e di tutte le creature, non solo materiali ma anche spirituali. L'anima fedele continuerà a gemere finché non raggiunga colui che l'ha creata e da lui venga liberata l'immagine divina che è l'uomo stesso, immagine che, trovandosi nell'abisso di questo mondo, ormai si è logorata per essere stata sbattuta dai continui marosi. Se a rinnovarla e ad aggiustarla non interviene Dio che l'ha scolpita nell'uomo al momento della creazione, essa rimarrà per sempre nell'abisso.

3 Se scruterai le iniquità, Signore,

Signore chi potrà resistere?

Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere? Ecco indicato chiaramente l'abisso da dove gridava. Gridava da sotto il cumulo delle sue colpe, sommerso dai loro marosi. Aveva esaminato se stesso e tutti i risvolti della sua vita, e l'aveva trovata ovunque coperta di atrocità e delitti. In nessuna parte dove aveva posato lo sguardo era riuscito a trovare del bene: nemmeno il più piccolo squarcio di quel sereno che è frutto di giustizia gli si era offerto [allo sguardo]. Vedendo quindi per ogni dove i suoi innumerevoli e gravissimi peccati, o meglio le montagne dei suoi misfatti, come in preda al terrore esclamava: Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere? Non ha detto: Io non resisterò, ma: Chi potrà resistere? Ha notato come attorno alla vita di ciascun uomo, o quasi, si leva come un latrare causato dai peccati commessi; ha compreso che ogni coscienza è sotto accusa per i pensieri che l'attraversano e che non c'è [sulla terra] un cuore casto che possa sentirsi sicuro sulla base della propria giustizia. Se pertanto non c'è cuore casto che possa nutrire fiducia basandosi sulla propria giustizia,  ci si fidi tutti della misericordia di Dio e si dica: Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere?

4 Poiché presso di te c’è propiziazione.

Per la tua legge, ti ho atteso, Signore.

Ha atteso l’anima mia nella sua parola.

Notate ora la voce del peccatore che grida dall'abisso: Dal profondo ho gridato a te, Signore; Signore, ascolta la mia voce. I tuoi orecchi siano attenti alla voce della mia supplica. Da dove grida? Dall'abisso. Chi grida? Il peccatore. Quale speranza lo induce a gridare? Grida perché colui che venne a rimettere i peccati non lasciò senza speranza nemmeno il peccatore che avesse toccato il fondo [del male]. In questa fiducia, dopo le parole precedenti cosa aggiunge? .] Eppure egli ha fiducia. Perché? Perché presso di te c'è propiziazione. Ora, questa propiziazione cos'è se non un sacrificio? E qual è questo sacrificio se non quello che venne offerto per noi? Venne sparso un sangue innocente e con esso vennero cancellate tutte le colpe dei peccatori; venne sborsato un prezzo talmente grande che valse a redimere tutti i prigionieri dalle mani del nemico che li teneva imprigionati. Veramente presso di te c'è propiziazione. Se infatti non ci fosse propiziazione, se cioè tu volessi essere soltanto giudice rifiutando ogni misericordia e scrutassi con severità tutte le nostre colpe esigendone l'espiazione, chi potrebbe resistere? chi potrebbe sostenere la tua presenza e dirti: Io sono innocente? ovvero chi potrebbe affrontare il tuo giudizio? Una sola è quindi la nostra speranza: il fatto che presso di te c'è propiziazione. Per amore della tua legge io ti ho atteso, Signore. Qual è questa legge? Forse quella che rende peccatori? Ai giudei infatti fu data una legge che, sebbene fosse santa, giusta e buona, non poteva renderli se non peccatori . Non fu [loro] data una legge capace di portarli alla vita ma solo di mostrare i peccati che l'uomo peccatore effettivamente aveva . Egli infatti s'era dimenticato d'essere peccatore né era in grado di capire il suo stato. Affinché se ne rendesse conto gli fu data la legge. Questa legge lo rese più colpevole, ma il Legislatore venne poi a liberarlo, poiché a dare quella legge era stato lo stesso Imperatore. Comunque, la legge che gli era stata data mirava a incutere timore e ad accrescere la schiavitù della colpa. Non scioglieva, quella legge, i vincoli del peccato ma metteva a nudo i peccati. Asservito forse a questa legge, il salmista, nell'abisso in cui giace, si rende conto delle trasgressioni che ha commesse contro la legge, e per questo esclama: Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere? Significa con questo che c'è un'altra legge, quella della misericordia divina: la legge di Dio divenuto propizio. Se l'antica legge fu legge di timore, quest'altra è legge di carità: la quale legge di carità ottiene il perdono dei peccati, cancella le colpe del passato e consiglia per quanto concerne il futuro… Non abbandona quanti le si accompagnano nella via; si offre anzi ad accompagnare quanti la scelgono per guida. Occorre però che tu ti metta d'accordo con il tuo avversario mentre sei ancora in viaggio con lui . Tuo avversario è, in questo caso, la parola di Dio, finché tu vivi in contrasto con essa. Quando invece comincerai a provar gusto nell'eseguire quel che ti ordina la parola di Dio, allora sei d'accordo, ed essa da avversaria ti diventa amica, per cui al termine del viaggio non ci sarà alcuno che ti consegni in mano al giudice.

5 Ha sperato l’anima mia nel Signore.

In questo senso dunque per amore della tua legge ti ho atteso, Signore: perché tu ti sei degnato d'impormi una legge di misericordia, di perdonarmi tutti i peccati e di darmi delle direttive per non offenderti ulteriormente. E se in qualcuna di queste tue prescrizioni mi capitasse di vacillare, tu mi hai dato il rimedio anche per questo: poterti cioè pregare e dirti: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori . Questa è la legge che mi hai imposta: che sia perdonato a me come io perdono agli altri. Per amore di questa legge io ti ho atteso, Signore. Ho aspettato la tua venuta, in cui sarei stato liberato da ogni angustia, poiché nel tempo stesso dell'angustia tu non mi avevi privato della legge della misericordia.

6 Dalla veglia del mattino fino a

notte speri Israele nel Signore,

La mia anima ha sperato nel Signore dalla veglia del mattino fino a notte, è un'espressione da riferirsi al fatto che il nostro Signore, per i cui meriti ci sono stati rimessi i peccati, risuscitò da morte durante la veglia del mattino, e su questa base anche noi possiamo attendere per noi stessi quel che in anticipo è avvenuto nella persona del Signore. Sono stati, quindi, rimessi i nostri peccati, ma non siamo ancora risorti. Se non siamo risorti, non s'è avverato in noi ciò che invece si è avverato nel nostro Capo. Cos'è accaduto nel nostro Capo? Nel nostro Capo è risorta anche la carne, poiché, quanto all'anima, forse che essa incorse nella morte? Risorse ciò che in lui era morto e risorse il terzo giorno. Con questo il nostro Signore ci ha come detto: Quel che avete visto in me, speratelo anche per voi. Cioè: Essendo io risuscitato, risorgerete anche voi…

Dalla veglia del mattino Israele speri nel Signore. Non solamente Israele speri nel Signore, ma dalla veglia del mattino Israele speri. Sarà dunque cosa riprovevole la speranza di cose terrene quando le si spera da Dio? No, ma la speranza che distingue Israele è diversa. Che Israele non si riprometta come suo bene supremo le ricchezze o la salute fisica o l'abbondanza dei beni terreni! Gli toccherà anzi sostenere tribolazioni o già, forse, ha esperimentato molestie a causa della verità. Speravano in Dio i martiri, eppure ebbero in sorte gli stessi tormenti degli assassini e dei malfattori: furono gettati in pasto alle belve, bruciati, decapitati, scarnificati, incatenati e uccisi in prigione. Mentre subivano questi mali, forse che non speravano nel Signore? Ovvero vi speravano per essere esentati dalle sofferenze e potersi godere la vita presente? Certo no. Essi speravano [in Dio] fin dalla veglia del mattino. Che significa questo? Significa che essi non perdevano di vista quella veglia mattutina in cui il loro Signore era risorto e si ricordavano come anche lui, prima di risorgere, aveva affrontato le stesse sofferenze che ora essi subivano. In tal modo erano fiduciosi che, passati tutti i tormenti, sarebbero anche loro risorti per la vita eterna. Israele ha sperato nel Signore dalla veglia del mattino fino alla notte.

7 perché presso il Signore è la

misericordia e grande presso di lui

la redenzione;

8 ed egli redimerà Israele da tutte le sue iniquità.

Perché presso il Signore [c'è] la misericordia e abbondante [è] presso di lui la redenzione. Splendido! Nulla di meglio si sarebbe potuto dire in riferimento a quanto detto sopra: Dalla veglia del mattino Israele speri nel Signore. Perché? Perché il Signore risorse durante la veglia del mattino e il corpo deve ripromettersi la stessa sorte che l'ha preceduto nel Capo. Tuttavia a questo punto potrebbe insinuarsi un'idea come questa: È vero che il Capo risorse, ma lui lo poté perché non era gravato di peccati, che anzi ne era completamente esente; ma di noi che ne sarà? Noi siamo sotto il peso di tanti peccati; potremo ciononostante sperare la stessa resurrezione del Signore? Osserva bene come continua: Presso il Signore c'è la misericordia e abbondante è presso di lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe. Per quanto dunque l'uomo si senta gravato di colpe, c'è sempre la misericordia di Dio. Anzi, se è andato innanzi a noi uno che era senza peccato, l'ha fatto proprio per eliminare i peccati di chi l'avrebbe seguito. Non riponete in voi stessi la vostra fiducia ma volgetela a quella veglia del mattino. Fissate lo sguardo sul vostro Capo, risorto e asceso al cielo. In lui non c'era colpa, e per suo mezzo saranno cancellate anche le colpe vostre. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe. Israele poté vendersi e diventare schiavo del peccato, ma da solo non potrà redimersi dalle iniquità. Lo potrà redimere solamente colui che [al peccato] non poté vendersi. Colui che fu senza peccato è il Redentore [che libera] dal peccato. Egli redimerà Israele. Da che cosa lo redimerà? Da questa colpa o da quella? Lo redimerà da tutte le sue colpe.

Dai Padri

Crisostomo: dalle profondità del cuore, con un desiderio ardente e un grande slancio dello spirito. Tali sono le anime afflitte: mettono in moto tutto il loro cuore e tutto il loro essere. Invocano Dio con grande compunzione e così sono esaudite. Tali preghiere sono molto potenti e il diavolo non può far nulla contro di esse: sono come un albero che ha radici molto profonde e che resiste perciò al vento. Preghiere con radici così profonde non saranno rese vane né dalle distrazioni, per quanto numerose possano essere, né dagli assalti dei demoni. I santi pregavano con una tale forza che piegava tutto il loro corpo. Elia cercava prima la solitudine, poi nascondeva la testa tra le ginocchia e quindi effondeva le sue preghiere… Prega anche in piedi, ma sempre con una tale forza che può far scendere  il fuoco dal cielo o risuscitare un morto.

Teodoreto: il coro dei giusti canta questo salmo. È proprio il contrario di Isaia 29,13: questo popolo mi onora con le labbra, ma col cuore è lontano da me. Dalle profondità: dal profondo dell’uomo, dal cuore stesso.

Cassiodoro: è dalle profondità che Pietro versò le sue gloriose lacrime, che  il pubblicano si batteva il petto, che Giona gridava verso il Signore.

Agostino: Giona  gridò dalle profondità, dal ventre del pesce. Era non solo sotto i flutti, ma nel ventre del pesce: ma nè questo grande corpo né i flutti poterono arrestare la sua preghiera. Essa attraversò tutto, lacerò tutto e giunse alle orecchie di Dio. È un peccatore colui che grida. Con quale speranza? Spera in qualcuno che è venuto a riscattarci dai peccati e ci ha donato la speranza, anche quando siamo nell’abisso.

Gregorio Magno: chiunque si trova nell’abisso grida verso colui che scruta gli abissi e siede sui cherubini… Grida per poter giungere a gioire della luce della conoscenza divina. Giona  gridò verso il Signore dal ventre del pesce, dalla profondità del mare e dalla profondità della sua disobbedienza. Il peccatore grida… Ma si può applicare questo salmo a un uomo che ha disposto nel suo cuore ascensioni? Sì, perché più i giusti si avvicinano a Dio e più si sentono peccatori e infermi. È  nel momento in cui parla a Dio che Abramo si vede cenere e polvere (Genesi 18,27); è quando vede Dio che Giacobbe comincia a zoppicare (Genesi 32,24). Non avere più alcuna speranza nella carne è come perdere una gamba. La vita di questo mondo ha una profondità che schiaccia il peccatore, rovina l’empio e turba il giusto.

2 Origene il ripetere la parola Signore è proprio di colui che ammira l’enorme peso della misericordia divina che opera senza le nostre opere.

Gregorio Magno: la ripetizione del nome Signore raddoppia l’ intensità della preghiera. Questa insistenza sembra creare un diritto. Cita come esempio Matteo 15,23: mandala via, perché ci viene dietro gridando! La cananea, infiammata di fede e d’amore non cessa di gridare finché non abbia ottenuto la guarigione della figlia.

Origene: le orecchie di Dio sono immagine della sua potenza di ascolto della preghiera.

Gregorio Magno: è come dire a Dio di mettere da parte gli altri problemi per prestare tutta la sua attenzione a questo solo uomo che lo supplica.

Crisostomo: da parte mia, porto la preghiera. Poi sei tu che devi agire.

3 Atanasio: se guardi i nostri peccati non ci sarà neppure un piccolo resto.

Gregorio Magno cita Romani 3,23: tutti hanno peccato. Ma la confessione del peccato giunge fino a distruggere, presso Dio, il ricordo del peccato.

Atanasio: il nostro Signore Gesù Cristo è propiziazione per il mondo intero.

Crisostomo: solo la tua misericordia può salvarci dalla collera del giudizio.

Girolamo: il Cristo ci ha riconciliati al Padre.

Gregorio Magno: propiziazione: è il Cristo Gesù.

5 Atanasio: per il tuo nome: sono parole proprie di chi viene non per necessità ma per il suo nome, che è degno di venerazione.

Origene, a proposito dei versetti 5 – 6: la pazienza produce la speranza e la speranza non delude. La fede è il consenso dato ad eventi che non cadono sotto la nostra esperienza sensibile.

Crisostomo: per la tua clemenza, per il tuo nome, per la tua legge, ho atteso la salvezza. Se avessi agito diversamente sarai caduto nella disperazione. Al contrario, nutro una viva speranza nell’attesa del suo verbo.

Origene bisogna attendere il Signore non solo dalla veglia del mattino, cioè quando il giorno è vicino, ma anche nelle tenebre delle calamità.

Crisostomo: per tutta la vita. Niente giova di più alla salvezza quanto il tenere sempre lo sguardo rivolto a Dio, l’essere sospesi a questa speranza, anche se innumerevoli incidenti ci spingerebbero a disperare. Non credere che il soccorso di Dio sia presente solo quando tutto va bene. Al contrario, è soprattutto nella tempesta violenta e nell’estremo pericolo che Dio mostra la sua onnipotenza.

Gregorio Magno il mattino è la risurrezione del Cristo. La risurrezione del Cristo è il fondamento della nostra speranza: spero a motivo di questo mattino in cui sei risuscitato. E inoltre, la prima luce del mattino è il battesimo.

Origene: attendo i beni promessi, perché ha versato il suo sangue per noi.

Atanasio: col suo sangue prezioso, riscatta tutti quelli che credono in lui.

Crisostomo è una sorgente perenne di misericordia che scorre sempre; è un oceano di misericordia. Il giudice è così misericordioso e così incline alla clemenza che va aldilà dei nostri peccati, ma mano che questi si moltiplicano.

Gregorio Magno: dobbiamo divenire Israele (colui che vede Dio) e oltrepassando ogni creatura dobbiamo dirigere l’intensità del nostro sguardo verso colui che ha creato tutto. Disponiamo delle ascensioni nel nostro cuore e per mezzo di esse saliamo verso il Creatore, con una conoscenza pura e semplice. Quale  più grande felicità può esserci del contemplare Dio con gli occhi dello spirito e del gustarlo con desiderio del cuore?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 130

( Cantico delle ascensioni di Davide )

Signore non si è esaltato

il mio cuore né si sono innalzati

i miei occhi, e non ho camminato

in cose grandi né in cose

straordinarie al di sopra di me,

2 se  non sentivo umilmente, ma

ho innalzato l’anima mia,

come un bimbo svezzato in braccio

a sua madre, così  la retribuzione per l’anima mia.

3 Speri Israele nel Signore da ora e in eterno.

3 Speri Israele nel Signore

da ora e in eterno.

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni di Davide )

Signore non si è esaltato

il mio cuore né si sono innalzati

i miei occhi, e non ho camminato

in cose grandi né in cose

straordinarie al di sopra di me,

2 se  non sentivo umilmente, ma

ho innalzato l’anima mia,

come un bimbo svezzato in braccio

a sua madre, così  la retribuzione per l’anima mia.

3 Speri Israele nel Signore da ora e in eterno.

3 Speri Israele nel Signore

da ora e in eterno.

È una follia, come dice San Paolo, dare lode a se medesimi; talvolta tuttavia è una necessità. Così scrive ai Corinzi: che egli poteva gloriarsi senza essere un insensato, perché diceva la verità e perché essi a ciò lo costringevano. Non si può dunque dubitare che il santo profeta  abbia potuto lodarsi senza sembrare imprudente. Le atroci accuse che si divulgarono contro di lui l’obbligavano a giustificarsi ed egli non poteva farlo diversamente che attestando quale fosse la interiore disposizione del suo cuore e dichiarando che essa era conforme alla umiltà della sua condotta. Ora dal momento che gli occhi non possono giudicare il cuore dell’uomo, chiama Dio stesso a testimone della verità da lui affermata. Signore, gli dice, tu che penetri il cuore degli uomini sai che in me non c’è orgoglio ed arroganza. Pretendeva forse Davide di essere immune da ogni orgoglio? No certamente! Bastava che egli fosse innocente rispetto a ciò di cui era accusato, perché potesse parlare a Dio con l’umile fiducia che gli veniva dettata dalla testimonianza del suo cuore. Egli ben sapeva che quantunque fosse stato consacrato re, non gli era però mai passato per l’animo di mettersi in possesso del regno di Israele, che mai aveva egli operato fastosamente né in maniera da suscitare sospetti che egli volesse innalzarsi in uno stato maggiore di quello in cui si trovava.

Secondo il pensiero di alcuni commentatori Davide conferma l’animo suo con una specie di imprecazione, che osa fare contro sé medesimo dicendo che se mentiva voleva che l’anima sua fosse ridotta nello stato di un fanciullo svezzato in braccio alla madre. Chi crede che  ci sia afflizione maggiore di quella che prova un fanciullo a cui la madre toglie tutto in una volta il latte della mammella che aveva egli sempre succhiato?

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Signore non si è esaltato

il mio cuore né si sono innalzati

i miei occhi, e non ho camminato

in cose grandi né in cose

straordinarie al di sopra di me,

Signore, il mio cuore non s'è innalzato.  Ma vediamo subito quale sia l'offerta che dobbiamo presentare, dal momento che il nostro Dio  non si compiace degli olocausti.  Sacrificio a Dio è lo spirito contrito; Dio non disprezza il cuore contrito e umiliato … Signore non si è insuperbito il mio cuore; né si sono levati alteri i miei occhi; non ho ambito cose grandi, né cose straordinarie sopra le mie forze. Ripetiamolo in forma più semplice e comprensibile. Non sono stato superbo, non ho voluto richiamare l'attenzione altrui, come chi è capace di cose strabilianti. Non ho ambito cose superiori alle mie forze, per avere di che pavoneggiarmi presso gli indotti.

2 se  non sentivo umilmente ma

ho innalzato l’anima mia,

come un bimbo svezzato in braccio

a sua madre, così  la retribuzione per l’anima mia.

Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima mi sia data la mercede. Sembrerebbe quasi augurarsi del male. Come in quell'altro salmo è detto: Signore mio Dio, se questo ho fatto, se c'è iniquità nelle mie mani, se ho reso male a coloro che così mi retribuivano, soccomba pure senza speranza sotto i miei nemici, con quel che segue; così anche qui sembra voler dire: Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima. Ecco sta quasi per dirlo: Mi capiti tale e tale sventura.

3 Speri Israele nel Signore da ora e in eterno.

Occorre sperare nel Signore Dio finché non giungiamo all'eternità, poiché, una volta entrati nell'eternità, non ci sarà più luogo per la speranza, ma avremo il possesso effettivo [dei beni promessi].

Dai Padri

Origene: non si è esaltato il mio cuore. Sono le parole del giusto che non si inorgoglisce tra le grazie divine.

Atanasio: l’uomo che si sente perdonato non deve esaltarsi per questo ma avere dei pensieri umili: non sono degno di te, Signore.

Crisostomo: non bisogna gloriarsi che in Dio. Ma in Dio, nella croce e nella fede, bisogna gloriarsi.

Ilario: la più grande opera della nostra fede è l’umiltà e questa è il sacrificio più gradito a Dio.

Girolamo: con lo spirito contrito e umile ti ho offerto il sacrificio accettevole. Umilio il mio cuore, ma nel Signore, innalzo l’anima mia fino al cielo.

Crisostomo: non ho aggrottato le ciglia nè camminato a testa alta.

Crisostomo: non ho camminato tra i grandi, tra gli uomini superbi, gonfi, arroganti. Ha fuggito questi uomini per odio dell’orgoglio. Il fuggire la compagnia dei superbi è una garanzia di umiltà.

Teodoreto: cose straordinarie al di sopra di me. Giudicavo me stesso e non affrontavo ciò che era al di sopra delle mie forze.

Atanasio: la mia sola ambizione è che, come un bambino si aggrappa istintivamente al seno della madre, così io mi umili davanti a te e pensi a come esserti gradito.

Ilario: segue la vulgata: dammi il cibo dei forti, il pane del Cristo, il pane perfetto, celeste, vivente. Fa’ per me questo banchetto, come Abramo ha fatto un banchetto per svezzare Isacco.

Salmo 131

( Cantico delle ascensioni )

1 Ricordati Signore di Davide

e di tutta la sua mitezza.

2 Come giurò al Signore,

fece voto al Dio di Giacobbe.

3 Non entrerò nella tenda della mia casa,

non salirò sul letto del mio giaciglio,

4 non darò sonno ai miei occhi

e alle mie  palpebre assopimento

5 e riposo alle mie tempie finchè

non trovi un luogo per il Signore,

un tabernacolo per il Dio di Giacobbe.

6 Ecco abbiamo udito che è in

Efrata, l’abbiamo trovata nei campi della selva.

7 Entreremo nei suoi tabernacoli,

adoreremo nel luogo dove stettero i suoi piedi.

8 Sorgi Signore verso il tuo riposo

tu e l’arca della tua santificazione

9 I tuoi sacerdoti siano rivestiti di

giustizia e i tuoi santi esulteranno.

10 A motivo di Davide servo tuo,

non respingere il volto del tuo Cristo.

11 Ha giurato il Signore la

verità a Davide e non lo ingannerà:

Del frutto del tuo ventre porrò sul tuo trono.

12 Se custodiranno i tuoi figli

la mia alleanza e queste mie testimonianze

che insegnerò a loro, anche i loro figli in eterno

siederanno sul tuo trono,

13 poiché il Signore ha eletto

Sion, l’ha scelta per sua abitazione.

14 Questo è il mio riposo nel secolo del secolo.

Qui abiterò perché l’ ho scelta.

15 Benedirò benedicendo la sua

vedova, i suoi poveri sazierò di pani.

16 I suoi sacerdoti rivestirò di

salvezza e i suoi santi

esulteranno di  gioia.

17 Là farò sorgere un corno

per Davide, ho preparato una lampada al mio Cristo,

18 rivestirò i suoi nemici di vergogna,

ma su di lui fiorirà la mia santità.

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 Ricordati Signore di Davide

e di tutta la sua mitezza.

Parlando Salomone e forse tutto il popolo israelita a Dio ed invocando la sua onnipotente protezione sopra il tempio che era stato allora fabbricato e in cui era stata collocata l’arca dell’alleanza gli viene ricordato Davide che era stato un uomo conforme alla sua volontà.

2 Come giurò al Signore,

fece voto al Dio di Giacobbe.

3 Non entrerò nella tenda della mia casa,

non salirò sul letto del mio giaciglio,

4 non darò sonno ai miei occhi

e alle mie  palpebre assopimento

5 e riposo alle mie tempie finchè

non trovi un luogo per il Signore,

un tabernacolo per il Dio di Giacobbe.

Vediamo in molti altri luoghi della scrittura che Davide si doleva grandemente di abitare in un palazzo magnifico, mentre l’arca dell’alleanza non aveva altro ricovero che quello fatto di pelli. Non si legge che questo principe abbia fatto il giuramento che qui viene accennato. Altre volte abbiamo osservato che nei salmi si incontrano diverse cose che non sono riferite altrove. Non dobbiamo prendere a rigore un tale voto e un tale giuramento di Davide come se egli avesse deciso di non entrare più nella sua casa e di privarsi di ogni riposo finché non avesse fabbricato un tempio al Signore. Sarebbe stato impegnarsi in una cosa impossibile e un simile voto sarebbe apparso temerario. In qualunque senso si debba intendere, egli ha perfettamente adempiuto il suo voto. Sebbene Dio gli avesse dichiarato che non lui, ma il suo figlio Salomone gli avrebbe edificato un tempio non smise però di accumulare l’oro e l’argento e tutti i materiali necessari per la costruzione e la decorazione del tempio, che doveva fabbricare il figlio suo dopo la sua morte. Davide fu in questo, dice Sant’Ilario, come in altre cose, una eminente figura di Gesù Cristo, di cui è verissimo il dire che riguardandosi nel cielo prima della sua incarnazione, come Davide nel suo palazzo di cedro, risolvette allorché discese in terra facendosi uomo di non rientrare nella sua casa, fintantoché non avesse fabbricato una casa al Signore, la quale altro non è che la sua chiesa formata sopra la sua croce.

6 Ecco abbiamo udito che è in

Efrata, l’abbiamo trovata nei campi della selva.

7 Entreremo nei suoi tabernacoli,

adoreremo nel luogo dove stettero i suoi piedi.

Si rallegrano essi perché non avendo avuto l’arca fino ad allora una dimora fissa, né conveniente alla maestà di colui che la riempiva con la sua presenza, avrebbero essi avuto in futuro la consolazione di entrare nel tempio di Dio che viene chiamato il suo tabernacolo. Questo medesimo tempio non doveva sussistere se non per un tempo per far luogo al vero tempio del Signore  che è la Chiesa.

8 Sorgi Signore verso il tuo riposo

tu e l’arca della tua santificazione

9 I tuoi sacerdoti siano rivestiti di

giustizia e i tuoi santi esulteranno.

10 A motivo di Davide servo tuo,

non respingere il volto del tuo Cristo.

Queste parole son quasi le stesse che il libro dei Paralipomeni mette sulle labbra di Salomone, quando offrì la prima volta le sue preghiere a Dio nel tempio. Questo principe prega dunque il Signore che si degni di entrare finalmente con l’arca nel luogo da lui preparato come un luogo stabile, dove essa doveva dimorare e in un certo modo riposarsi dopo che aveva tante volte soggiornato, nel deserto e nella Palestina. Egli  la chiama l’arca della santità, ovvero della fortezza del Signore, poiché Dio faceva qui risplendere la sua santità, non permettendo che i popoli vi si avvicinassero e pronunciando qui oracoli che servissero alla loro santificazione. Manifestava inoltre in essa la sua onnipotenza contro i suoi nemici e quelli che indegnamente si accostavano ad essa come si vide nel severo castigo dei Filistei e dei Bersamiti. Dal momento che i sacerdoti erano destinati al ministero del tempio egli chiede a Dio che non ne profanino la santità ma che siano essi stessi rivestiti di giustizia per essere di modello a tutto il popolo e che essendo veramente devoti al Signore esultino di una santa gioia nelle funzioni del loro ministero. Si può nondimeno intendere anche di tutti gli israeliti ciò che egli dice: i tuoi santi esulteranno. Salomone pregando poi per se stesso dà nella sua persona un esempio di grande umiltà allorché chiede al Signore che si compiaccia di non rigettare il volto del suo Cristo, cioè di colui che lo aveva fatto consacrare re.

11 Ha giurato il Signore la

verità a Davide e non lo ingannerà:

Del frutto del tuo ventre porrò sul tuo trono.

12 Se custodiranno i tuoi figli

la mia alleanza e queste mie testimonianze

che insegnerò a loro, anche i loro figli in eterno

siederanno sul tuo trono,

13 poiché il Signore ha eletto

Sion, l’ha scelta per sua abitazione.

Questo giuramento che Dio fa a Davide a cui dà egli stesso il nome di fedeltà o di verità, a motivo della sua infallibile certezza, riguardava principalmente Gesù Cristo nato secondo la carne di Davide. Quantunque sia vero che Salomone ha regnato pacificamente dopo il padre suo, essendo caduto per la sua empietà nella divina indignazione, non si può dire rispetto a lui che il Signore non ritrattò il giuramento fatto a Davide, suo padre, di costituire sul trono il figlio suo. Si deve quindi riconoscere con Sant’Ilario che la infallibile verità del giuramento del Signore riguarda lo stabilimento del trono eterno di Gesù Cristo. Dal momento che i figli Davide, e i figli dei suoi figli non furono fedeli alla santa alleanza, il giuramento di Dio non ebbe il suo effetto. Sotto la stessa condizione, di custodire la Santa alleanza che abbiamo fatto con Gesù Cristo, siamo tutti noi  battezzati. Egli ci promette di far parte a noi del suo regno. Se noi veniamo meno, cessa ogni diritto a una promessa, di cui violiamo le condizioni essenziali.

14 Questo è il mio riposo nel secolo del secolo.

Qui abiterò perché l’ ho scelta.

15 Benedirò benedicendo la sua

vedova, i suoi poveri sazierò di pani.

Quantunque Dio avesse scelto Gerusalemme per luogo della sua abitazione a motivo del tempio che qui fu fabbricato,  che diventò il centro della religione dei Giudei, essa non fu per sempre il luogo del suo riposo. Lo riprovò e lo rigettò nel momento in cui egli stesso fu rigettato dai Giudei. La Sion da lui scelta è dunque, secondo Sant’Ilario, la santa assemblea dei fedeli uniti insieme con uno stesso spirito, santificati dai sacramenti della Chiesa.

16 I suoi sacerdoti rivestirò di

salvezza e i suoi santi

esulteranno di  gioia.

17 Là farò sorgere un corno

per Davide, ho preparato una lampada al mio Cristo,

18 rivestirò i suoi nemici di vergogna,

ma su di lui fiorirà la mia santità.

Gli Ebrei stessi riconoscono che questo passo, insieme con molti altri nella Scrittura, si intende riferito al Cristo, che doveva nascere dalla stirpe di Davide. Questa veramente è l’opera fatta dall’Onnipotente. Tutto l’universo era immerso nella notte dell’ignoranza, bisognava perciò che Dio accendesse una lucerna per illuminare le nazioni e per essere la gloria del suo popolo Israele. Alcuni  per la lucerna hanno inteso Giovanni Battista che il Figlio stesso di Dio ha nominato come lampada ardente e lucente, destinato a precedere la vera luce del mondo e per servire da precursore a Gesù Cristo. Questa spiegazione benché buona sembra estranea al senso letterale dei passi in questione: rivestirò i suoi nemici di confusione ma su di lui fiorirà la mia santità. Si è già visto l’adempimento di questa predizione e si vedrà ancora lungo tutto il volgere dei secoli fino alla fine del mondo. Il Cristo del Signore ebbe nemici fino dalla sua nascita; ne ebbe per tutto il corso della sua vita mortale; ne ebbe dopo la sua morte nella persona di tanti principi idolatri; ne ebbe e ne avrà in ogni tempo nella persona degli empi. Ma non dobbiamo stupircene perché lo Spirito Santo l’aveva predetto e si è già vista una parte dei suoi nemici ricoperta di confusione, tanto in persona dei Giudei che l’hanno fatto morire quanto dei Gentili che così crudelmente l’hanno perseguitato nelle sue membra. Se tanti empi, tanti eretici e tanti re cattolici sembrano farsi tuttavia beffe impunemente della sua pazienza ciò accade perché ancora non è giunto il tempo della sua gloria, quando manifestamente apparirà a tutto l’universo che egli è il santo del Signore e l’Unigenito Figlio. La pienezza della gloria del Cristo, santificato dal Padre suo e reso la sorgente della santificazione di tutti i suoi eletti non si manifesterà propriamente che alla fine dei secoli, quando il regale diadema, secondo quello che dice la lingua originale, fiorirà sopra di lui, cioè sarà egli universalmente riconosciuto per il solo re, sotto cui ogni cosa deve inchinarsi in cielo, in terra, nell’inferno e tutti i suoi nemici saranno coperti di un’eterna confusione.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

1 Ricordati Signore di Davide

e di tutta la sua mitezza.

2 Come giurò al Signore,

fece voto al Dio di Giacobbe

Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine. Come egli giurò al Signore e come fece voto al Dio di Giacobbe. Secondo le fonti storiche David figlio di Iesse fu re d'Israele,. A quel che ci riferisce la Scrittura divina e dagli elogi che gli tributa, fu di carattere assai mite, tanto da non ripagare con il male nemmeno il suo persecutore Saul. Anzi, verso di lui conservò sempre un senso di umiltà così profondo da riconoscere lui suo re e se stesso definirsi "cane" [in rapporto a lui]. Pur essendo in Dio più possente del re, non osò mai rispondergli con arroganza e superbia ma sempre cercava di placarlo attraverso l'umiltà anziché irritarlo mediante la superbia. Una volta poi - e ciò per disposizione del Signore Dio - Saul cadde in potere di David e David avrebbe potuto disporne a suo talento. Siccome però non aveva ricevuto l'ordine di ucciderlo ma soltanto la facoltà di disporne a suo talento - David  preferì regolarsi secondo mitezza nell'usare la facoltà ricevuta da Dio. Saul entrò nella grotta dov'era nascosto David, senza saper nulla di questo: vi entrò solo per un bisogno corporale. David alle sue spalle si alzò pian piano e avanzò lentamente; gli tagliò un lembo del vestito per potergli a tempo e luogo dimostrare che l'aveva avuto in suo potere e, se l'aveva risparmiato, l'aveva fatto non per necessità ma per libera scelta . Tuttavia non lo uccise. Può darsi che elogiando proprio questa mansuetudine dica ora [il salmo]: Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine. Ciò corrisponderebbe alla realtà storica dei fatti riferiti, come abbiamo detto, dalla Scrittura divina. Quando tuttavia ci avviciniamo ai salmi, è nostro costume non fermarci sul senso letterale ma, come in ogni altra profezia, attraverso la lettera vogliamo penetrare nel mistero.  Si elogiano l'umiltà e la mansuetudine di David e a Dio si dice: Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine. Perché dovrà il Signore ricordarsi di David? In quanto giurò al Signore, fece un voto al Dio di Giacobbe. Per questo dunque si ricordi di lui: affinché possa mantenere quanto ha promesso. David di sua iniziativa fece un voto, libero com'era di farlo; ora prega Dio perché possa adempiere quanto ha votato. Nota la devozione del vivente e l'umiltà dell'orante. Nessuno infatti ha da fidarsi delle proprie forze nel mantenere quanto ha promesso: il voto lo si mantiene perché c'è l'aiuto di colui che ti esorta a farlo. Osserviamo ora in che cosa sia consistito il suo voto, e da ciò comprenderemo come David nel nostro caso debba intendersi in senso figurato. La parola David significa " forte di mano ". E infatti David portò a felice compimento tutte le guerre [intraprese] e con l'aiuto di Dio annientò tutti i suoi nemici, conforme a quanto richiedeva il compito [storico] che il suo governo doveva svolgere. Egli tuttavia simboleggiava un altro, la cui mano robusta avrebbe distrutto altri nemici, cioè il diavolo e i suoi angeli. Sono questi i nemici che la Chiesa continuamente sconfigge. E come li sconfigge? Con la mansuetudine, come con la mansuetudine li sconfisse il nostro Re, vincitore del diavolo. Il diavolo si accaniva contro di lui e lui tollerava: e successe che colui che infieriva fu vinto e colui che tollerava risultò vincitore. Forte della stessa mansuetudine vince i nemici anche il corpo di Cristo, cioè la Chiesa. Occorre però che sia robusta di mano, che vinca cioè mediante le opere. Si sa poi che il corpo di Cristo è anche suo tempio, sua casa, sua città.

3 Non entrerò nella tenda della mia casa,

non salirò nel letto del mio giaciglio,

4 non darò sonno ai miei occhi

e alle mie  palpebre assopimento

Il possesso privato dei beni, quando uno ci si compiace, rende superbi. Per questo dice: Se entrerò. Quando si possiede qualcosa in proprietà privata, si diventa superbi e, per la stessa ragione, ciascuno, pur essendo uomo e quindi carne, tende a dilatarsi ai danni del suo simile… Se darò sonno ai miei occhi. Ci son molti che non preparano una dimora al Signore perché dormono. Costoro sveglia l'Apostolo: Svegliati, o tu che dormi, sorgi di fra i morti e Cristo t'illuminerà . E altrove: Noi che siamo [figli] del giorno vigiliamo e siamo sobri; perché quelli che dormono, dormono di notte, e quelli che s'inebriano, s'inebriano di notte . Chiama notte la malizia in cui giacciono addormentati coloro che bramano le cose della terra. In effetti, tutte le prosperità - cosiddette - del mondo sono sogni di gente addormentata. Succede loro come a chi sogna tesori: finché dorme è ricco, quando si sveglierà si troverà povero. Così è di tutte le vanità del mondo presente. Gli uomini che ne godono ne godono come nel sonno, ma dovranno svegliarsi quando non vorrebbero (se non si saranno svegliati in tempo utile), e troveranno che tutti quei beni erano sogni e quindi sono svaniti. Per questo il salmista che vuol preparare un posto al Signore dice ancora: Se darò sonno ai miei occhi… E calma alle mie tempia. Dalle tempie in stato di calma il sonno passa agli occhi. Sono infatti vicini tempia e occhi e la pesantezza alle tempia è segno di sonno [ormai] imminente. Quando infatti ci si sta per addormentare le tempia cominciano ad appesantirsi e a sentire appunto questa pesantezza: è segno di sonno ormai vicino. Ebbene, quando qualcosa di terreno comincia a gustarti lusingandoti al peccato, le tue tempia sono bell'e appesantite. Vuoi star desto, e non dormire né sonnecchiare? Non abbandonarti a tale gusto lusinghiero, che ti arrecherebbe più dolore che non piacere.

5 e riposo alle mie tempie finchè

non trovi un luogo per il Signore,

un tabernacolo per il Dio di Giacobbe.

Osservate bene il suo voto: l'oggetto del voto, l'ardore, l'amore e il desiderio con cui ha fatto voto. Tuttavia, per adempiere il voto, si è sentito in dovere di raccomandarsi al Signore dicendo: Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine. Animato da tale mansuetudine emise il suo voto per cui divenne casa di Dio. Se entrerò al coperto nella mia casa, se andrò sul mio letto per riposare. Se darò sonno ai miei occhi. Gli sembrò poco dire: Sonno ai miei occhi; aggiunse: Se darò riposo alle mie tempia, finché non trovi una dimora per il Signore, un tabernacolo al Dio di Giacobbe. Dove cercava una dimora per il Signore? Se era mansueto la cercava dentro se stesso. Ma come si diviene dimora del Signore? Ascolta il profeta. Su chi riposa il mio spirito? Sopra l'umile, il pacifico e chi teme la mia parola . Vuoi essere dimora del Signore? Sii umile, pacifico e timorato della parola di Dio, e sarai tu stesso ciò che desideri.

Finché non trovi un luogo per il Signore, un tabernacolo al Dio di Giacobbe. Talvolta col nome " tabernacolo di Dio " si intende la casa di Dio e col nome di " casa di Dio " il suo tabernacolo. Tuttavia, carissimi fratelli, a parlare con proprietà, tabernacolo o tenda di Dio è la Chiesa del tempo presente, casa di Dio invece la Chiesa celeste, la Gerusalemme verso la quale siamo incamminati. La tenda infatti richiama alla mente l'ambiente militare e il tempo di guerra. Hanno la tenda i soldati pronti a marciare, a intraprendere una spedizione, tanto è vero che dei soldati si dice che sono degli attendati, come per indicare che hanno per abitazione la tenda e vivono per così dire sotto la stessa tenda. Finché dunque abbiamo da combattere col nostro nemico, alziamo a Dio una tenda. Alla fine però terminerà il tempo della lotta e giungerà quella pace che oltrepassa ogni intendimento, come si esprime l'Apostolo: E la pace di Cristo che oltrepassa ogni intendimento … . Quando dunque giungerà quella patria, allora [la nostra dimora] sarà davvero una casa, né più ci saranno avversari a tentarci per cui si debba parlare ancora di tenda. Non si dovrà più marciare né combattere ma si starà immobili nella lode continua.

6 Ecco abbiamo udito che è in

Efrata, l’abbiamo trovata nei campi della selva.

Ecco abbiamo udito di lei che è in Efrata. Chi è questa lei? La sede del Signore.  L'abbiamo trovata nei campi con balze selvose.  Indaghiamo  cosa siano i campi con balze selvose dove l'ha trovata. La parola ebraica Efrata corrisponde al latino " specchio ", come ci han riferito coloro che tradussero in altre lingue le parole ebraiche esistenti nella Scrittura permettendoci così di penetrarne il senso. Questa traduzione fu fatta prima dall'ebraico in greco e poi dal greco in latino. C'è sempre stata infatti gente vigile attorno alla Scrittura. Se dunque Efrata significa specchio, ne segue che di quella casa trovata in campi dalle balze selvose egli ha sentito parlare solo di riflesso. Lo specchio, infatti, d'una cosa riproduce solo l'immagine, e in effetti ogni profezia è immagine di eventi futuri. Ne segue che della casa di Dio, che sarebbe stata eretta in futuro, furono dette in antecedenza varie cose, ma velate nell'immagine della profezia.  La trovammo nei campi con balze selvose. I campi con balze selvose cosa sono? Le selve. Nel linguaggio proprio si chiama balza selvosa un terreno incolto e coperto di boscaglie. Tant'è vero che alcuni codici leggono: Nei campi della selva. Cosa sono, allora, questi campi con balze selvose se non le genti pagane immerse nell'ignoranza? Cosa erano, dico, se non tutte quelle zone dove crescevano le spine dell'idolatria? Tuttavia proprio in quelle zone coperte dalle spine dell'idolatria noi abbiamo trovato una dimora per il Signore, una tenda per il Dio di Giacobbe.

7 Entreremo nei suoi tabernacoli,

adoreremo nel luogo dove stettero i suoi piedi.

Entreremo nelle sue tende. Di chi? Del Signore, Dio di Giacobbe. Coloro che entrano in casa per abitarvi stabilmente son gli stessi che vi entrano per essere fatti sua dimora. Quando entri in casa tua vi entri per abitarvi, quando entri nella casa di Dio vi entri perché lui abiti in te. Superiore a te è, infatti, il Signore e quando egli comincia ad abitare in te comincia a renderti beato, mentre invece se tu non ti lascerai abitare da lui sarai sempre misero. Volle essere autonomo quel figlio che disse [al padre]: Dammi la parte del patrimonio che mi spetta. Gli era conservato tanto bene presso suo padre senza che potesse sperperarlo con le prostitute! Quando invece egli lo ottenne e ne dispose a suo talento, partì per quella lontana regione e là scialacquò ogni cosa con le prostitute. Alla fine però cominciò a soffrire la fame; si ricordò del padre e tornò a casa per saziarsi di pane. Entra dunque e lasciati possedere [da Dio]. Non pretendere d'essere tua proprietà; sii proprietà di lui. Entreremo nelle sue tende.

8 Sorgi Signore verso il tuo riposo

tu e l’arca della tua santificazione.

Sorgi, Signore, [e avviati] al tuo riposo. Dice: Sorgi al Signore addormentato; e voi sapete chi sia questo addormentato e com'egli sia risorto. In un testo del salmo dice lui personalmente: Turbato ho preso sonno, per cui veramente a proposito gli si dice: Sorgi, Signore, [e avviati] al tuo riposo. Ormai non avrai di che turbarti, poiché Cristo risorgendo dai morti più non muore né la morte avrà più alcun potere su di lui . Di lui è la voce in un altro salmo: Dormii e presi sonno, ma mi destai perché il Signore m'è sostegno . È lui che s'è addormentato: è quindi a lui che si dice: Sorgi, Signore, [e avviati] al tuo riposo, tu e l'arca della tua santificazione. Cioè: sorgi in modo che [con te] sorga anche l'arca della tua santificazione, cioè quell'arca che tu hai santificata. Egli è il nostro capo; la sua arca è la sua Chiesa. Egli è risorto per primo ma anche la Chiesa risorgerà.

9 I tuoi sacerdoti siano rivestiti di

giustizia e i tuoi santi esulteranno.

I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia e si rallegrino i tuoi santi. Con la tua resurrezione dai morti e il tuo ritorno al Padre, i giusti, conseguito il sacerdozio regale, si rivestano di fede , poiché il giusto vive di fede , e, ricevuto come pegno lo Spirito Santo, le membra [di Cristo] si allietino per la speranza della resurrezione che antecedentemente s'è realizzata nel Capo.

10 A motivo di Davide servo tuo,

non respingere il volto del tuo Cristo.

Per amore di David tuo servo non allontanare la faccia del tuo Cristo. Lo si dice a Dio Padre. Per amore di David tuo servo non allontanare la faccia del tuo Cristo. Nella Giudea fu crocifisso il Signore e a crocifiggerlo furono i giudei: turbato da loro si addormentò. Ma, se si addormentò tra le mani di quel popolo inferocito, fu pure in mezzo a loro che risorse per giudicarli, come dice in un passo [la Scrittura]: E risuscitami e renderò loro la retribuzione . Li ha ripagati e li ripagherà ancora. Quante traversie han dovuto subire i giudei, dopo che ebbero ucciso il Signore, lo sanno bene loro stessi: furono tutti scacciati da quella città in cui lo uccisero. E allora? Forse che sono andati in rovina tutti i discendenti della stirpe di David e i componenti la tribù di Giuda? No! Diversi di loro credettero, anzi molte migliaia di loro credettero, e questo subito dopo la resurrezione del Signore. Si erano accaniti contro di lui fino a crocifiggerlo, ma quando più tardi videro che nel nome di quel crocifisso apparso come un impotente in loro balia cominciarono a operarsi prodigi, furono atterriti dalla potenza del suo nome, e il loro cuore si compunse. Persuasi che in quell'uomo da loro ritenuto eguale a tutti gli altri si nascondeva la divinità, ricorsero agli Apostoli per averne un consiglio  [salutare] e si sentirono rispondere: Fate penitenza e ciascuno di voi si battezzi nel nome del nostro Signore Gesù Cristo . Cristo dunque risorse per giudicare coloro dai quali era stato crocifisso: distolse lo sguardo dai giudei e lo volse alle genti. Per questo si leva [dal salmo] come una implorazione a Dio a vantaggio del resto d'Israele e gli si dice: Per amore di David tuo servo non allontanare la faccia del tuo Cristo.

11 Ha giurato il Signore la

verità a Davide e non lo ingannerà:

Del frutto del tuo ventre porrò sul tuo trono.

Il Signore ha giurato la verità a David e non se ne pentirà. Che significa: L'ha giurato? Ha confermato la promessa impegnando se stesso. Che significa: Non se ne pentirà? Non cambierà consiglio. Non che Dio possa esperimentare il dolore del pentimento o che possa sbagliare, sì che decida di rettificare lo sbaglio commesso: tuttavia, come l'uomo quando si pente vorrebbe cambiare il suo operato, così è anche in Dio: quando senti parlare di un suo pentimento, aspettati pure qualche cambiamento. Solo che il suo pentimento, pur essendo designato con questo nome, si verifica in maniera [totalmente] diversa che non in te. Tu ti penti riparando uno sbaglio fatto; lui si pente nel senso che o punisce o libera. Per essersi pentito, come è detto [nella Scrittura], Dio sostituì Saul nel suo regno. E proprio in questa circostanza, dopo aver detto: Egli si pentì, qualche riga più avanti la Scrittura dice: Egli infatti non è un uomo perché abbia a pentirsi.

Così è anche qui. Siccome lo promise escludendo ogni mutamento e attestando che la promessa si sarebbe necessariamente realizzata e sarebbe stata permanente, per questo dice: Il Signore ha giurato a David la verità e non se ne pentirà: Porrò sul tuo trono un frutto del tuo ventre. Poteva certo dire: Dal frutto della tua virilità. Perché avrà voluto dire invece: Un frutto del tuo ventre? Anche usando la precedente espressione, avrebbe certo detto la verità; ma molto più profonda nel suo significato è l'espressione: Un frutto del ventre, in quanto Cristo è nato da donna senza alcun intervento di uomo.

12 Se custodiranno i tuoi figli

la mia alleanza e queste mie testimonianze

che insegnerò a loro, anche i loro figli in eterno

siederanno sul tuo trono,

Se i tuoi figli osserveranno il mio patto e le leggi che io loro insegnerò, anche i loro figli sederanno in perpetuo sopra il tuo trono.  Perché si promette la beatitudine ai figli come conseguenza del merito dei padri? Dice infatti: Se i tuoi figli [lo] osserveranno anche i loro figli sederanno in perpetuo. Perché questo se non perché col termine " figli " volle qui intendere i loro frutti? Dice: Se i tuoi figli custodiranno la mia legge e osserveranno quei precetti che io loro insegnerò, anche i loro figli sederanno sopra il tuo trono. Cioè: Il loro frutto sarà l'assidersi sul tuo trono. Ora proprio questa speranza è descritta nell'accenno ai figli, in quanto speranza dell'uomo che vive in questo mondo sono appunto i figli, come anche ne sono il frutto. Tant'è vero che quando uno vuole scusarsi della propria avarizia di solito dice che, se mette da parte qualcosa, lo fa per i figli. Non vuol dare nulla al povero e, cercando una scusa che abbia l'apparenza della pietà, ricorre ai figli che sono la sua speranza. Per l'uomo infatti che vive a livello terreno tutta la speranza è nel generare figli e lasciarli [dopo di sé]. Su questa base il salmista chiama " figli " la stessa speranza, dicendo: Se i tuoi figli osserveranno il mio patto e le leggi che io loro insegnerò, anche i loro figli sederanno in perpetuo sul tuo trono. Cioè avranno tali frutti che la loro speranza non resterà delusa; giungeranno a quella meta dove sperano arrivare. Adesso sono, diciamo così, dei padri, cioè la gente della speranza futura; quando avranno raggiunto ciò che sperano saranno figli, poiché la ricompensa conseguita se la son procurata e generata attraverso le opere buone. Non per nulla infatti questa, ricompensa vien tenuta loro in serbo per la generazione che ha da venire, la quale generazione successiva ordinariamente è chiamata " dei figli”.

13 poiché il Signore ha eletto

Sion, l’ha scelta per sua abitazione.

Poiché il Signore ha prescelto Sion e l'ha eletta quale sua dimora. Sion è la Chiesa: la quale Chiesa è anche quella Gerusalemme verso la cui pace corriamo, che non negli angeli ma in noi uomini ora è pellegrina, mentre nella sua parte più nobile attende il ritorno dei lontani. Da questa Gerusalemme ci son venute delle lettere che noi leggiamo ogni giorno. Ecco la città di Sion che Dio ha prescelta.

14 Questo è il mio riposo nel secolo del secolo.

Qui abiterò perché l’ ho scelta.

Questo il mio riposo nei secoli dei secoli. Son parole di Dio. Mio riposo significa: In essa trovo riposo. Quanto ci ama Dio, o fratelli! Fino a dire che lui riposa quando noi siamo nella pace. Difatti non è che lui si turbi per poi calmarsi. Se dice di trovar riposo è perché noi avremo in lui il nostro riposo. Qui abiterò perché l'ho eletta.

15 Benedirò benedicendo la sua

vedova, i suoi poveri sazierò di pani.

La sua vedova benedirò largamente, sazierò di pani i suoi poveri. Ogni anima che si sente priva di qualsiasi sostegno all'infuori di Dio è vedova. Come descrive infatti l'Apostolo la vedova? Colei che è veramente vedova, ed è rimasta sola, ripone la sua speranza nel Signore …  Cos'è ciò che distingue una vedova? L'essere priva di qualsiasi sostegno all'infuori di Dio, a differenza delle donne che hanno marito e vanno orgogliose per l'appoggio che da lui ricevono. Le vedove al contrario appaiono come persone abbandonate. Orbene, tutta la Chiesa è un'unica [grande] vedova, la si consideri negli uomini o nelle donne, negli uomini ammogliati o nelle donne maritate, nei giovani o nei vecchi o nelle vergini. Tutta la Chiesa è un'unica vedova che vive nel deserto di questo mondo, purché di questo si renda conto e si consideri realmente nella vedovanza. Solo a questo patto infatti troverà soccorso…

Sazierò di pani i suoi poveri. Che significa questo, fratelli? Siamo poveri e saremo saziati. Ci son molti che, pur essendo cristiani, hanno una sicurezza basata su risorse mondane e di questo vanno orgogliosi. Adorano Cristo ma non trovano [in lui] la sazietà. Sono infatti già sazi e traboccano per la loro superbia. In effetti costoro sono nell'abbondanza, per cui mangiano ma non riescono a saziarsi. E sempre a proposito di costoro, cosa è detto nel salmo? Mangiarono e adorarono tutti i ricchi della terra . Adorano Cristo, lo venerano, lo invocano, ma non vengono saziati dalla sua sapienza né dalla sua giustizia. Perché? Perché non sono poveri. Quando al contrario si è [veramente] poveri cioè umili di cuore, allora quanto maggiore è la fame tanto più si mangia, e la fame tanto più cresce quanto più ci si svuota di questo mondo. Uno che è pieno, appunto perché è pieno rigetta tutto quello che gli offrirai. Dammi un affamato, dammi di quelle persone delle quali è detto: Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia poiché saranno saziati. Costoro saranno i poveri di cui il salmo dice: Sazierò di pani i suoi poveri. Tant'è vero che nello stesso salmo in cui si dice: Mangiarono e adorarono tutti i ricchi della terra, si parla proprio dei poveri e con accenti perfettamente identici a quelli del nostro salmo. I poveri mangeranno e saranno saziati, e loderanno il Signore coloro che lo cercano . 

16 I suoi sacerdoti rivestirò di

salvezza e i suoi santi

esulteranno di gioia.

17 Là farò sorgere un corno

per Davide, ho preparato una lampada al mio Cristo,

E i suoi santi esulteranno di gioia. Per qual motivo esulteranno di gioia? Per essere rivestiti della salvezza, non per le risorse personali. Sono infatti diventati luce, ma nel Signore, mentre prima erano tenebre . Per questo soggiunge: Là farò spuntare un corno a David. Che si riponga la fiducia in Cristo! Ecco in che cosa consisterà l'eccelsa dignità di David rappresentata dal corno. E com'è questa altissima dignità? Non certo carnale. Tant'è vero che mentre tutte le altre ossa sono ricoperte di carne, il corno sporge oltre la carne. Il corno è un'altezza spirituale. E qual è questa altezza spirituale se non sperare in Cristo e non dire: Io faccio, io battezzo, ma: È lui che battezza ?

Ecco in che consiste il corno di David. E per rendervene ancor più consapevoli notate le parole che aggiunge: Ho preparato una lucerna al mio Cristo. Chi è la lucerna? Vi son certo note le parole dette dal Signore a proposito di Giovanni. Egli era una lucerna ardente e luminosa . E cosa diceva Giovanni? È lui che battezza. Di questo dunque dovranno esultare i santi, di questo i sacerdoti: che ogni loro bene non è loro ma di colui che ha il potere di battezzare. Con animo sereno pertanto si avvicina al tempio di Dio chiunque abbia ricevuto il battesimo, in quanto non è un ritrovato dell'uomo ma un dono di colui che ha fatto spuntare un corno a David.

18 rivestirò i suoi nemici di vergogna,

ma su di lui fiorirà la mia santità.

Ma sopra di lui fiorirà la mia santificazione. Sopra chi? Sopra il mio Cristo. Quando infatti si dice: Per il mio Cristo, è la voce del Padre che parla, quella stessa voce che aveva detto: Benedirò largamente la sua vedova, sazierò di pani i suoi poveri. I suoi sacerdoti rivestirò di santità ed i suoi santi esulteranno di gioia. Era stato ugualmente Dio a dire: Là farò spuntare un corno a David. E così è ancora Dio che dice: Ho preparato una lucerna al mio Cristo, in quanto Cristo è nostro ma lo è anche del Padre. È nostro perché ci salva e governa in qualità di nostro Signore. Quanto al Padre, egli ne è Figlio, tuttavia è Cristo nei riguardi nostri e nei riguardi del Padre. Se infatti non fosse il Cristo del Padre non si sarebbe potuto dire in quell'altro verso: Per riguardo a David mio servo non allontanare il volto del tuo Cristo. Ma in lui fiorirà la mia santificazione.  Come poté il mondo lasciarsi conquistare da tale bellezza? Perché fiorisce sulla radice che è Cristo.

Dai Padri

Ilario: i salmi precedenti ci fanno salire di gradino in gradino, ma questo ci apre alla conoscenza del Figlio di Dio. Ricordati, Signore, di Davide: qui Davide è il Signore che si è fatto carne e ha portato la salvezza al genere umano con la sua incarnazione. Molto tempo dopo che Davide ebbe lasciato questa vita, Geremia annunciava: io susciterò loro un re, Davide (30,9); io susciterò a Davide un germoglio giusto e infine: susciterò ad esse un pastore unico… Il mio servo David… E stringerò con esse un’alleanza di pace (Ezechiele 34,23. 25). Questo Davide non è il figlio di Iesse, ma il buon pastore che dà la vita per le sue pecore (Giovanni 10,11) ed è l’erede per la sua dignità di figlio: ogni potere mi è stato dato in cielo e in terra (Matteo 28,18). Il vero Davide prende il nome dal suo antenato perché ha da lui l’origine secondo la carne, ma nè il tempo né le circostanze concordano con la storia del profeta Davide; sono invece perfettamente appropriati al Davide promesso dai profeti.

Ricordati Signore… Tutta questa preghiera è del Figlio unigenito di Dio. È lui che parla. La mitezza è propria di colui che si è proclamato mite e umile di cuore (Matteo 11,29). La presenta al Padre, al quale ha promesso di portare a compimento una missione umile.

Giurò… Il figlio unigenito ha giurato? In ogni caso ha agito e parlato come se adempisse un voto religioso. Ad esempio, quando Pietro aveva appena confessato per primo la sua filiazione divina, egli lo chiamò Satana, rimproverandolo di averlo voluto  distogliere dalla passione (Marco 8,33). Quando Pietro tagliò l’orecchio al servo del sommo sacerdote, Gesù gli disse: non berrò il calice che il Padre mi ha dato? (Giovanni 18,11). in tal modo caratterizzava come empia e profana l’ipotesi di sottrarsi alla passione promessa. E quando rese lo spirito disse: tutto è compiuto (Giovanni 19,30). Aveva percorso, infatti, tutte le tappe del suo giuramento e nell’adempimento perfetto della sua missione, trovava la gioia.

… Non darò sonno ai miei occhi nè alle mie palpebre assopimento… finché non avrò trovato un luogo per il Signore… Queste promesse un uomo non può farle. Ma la grande opera del nostro Signore Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio, che il salmo chiama Davide, era di fare dell’uomo, una abitazione degna di Dio, come dice la Scrittura: abiterò in loro e camminerò con loro ( Levitico 26,12) e il Signore nel Vangelo: Faremo dimora presso di lui (Giovanni 14,23). Il Cristo giura di non ritornare in cielo prima di aver preparato per Dio questa dimora nelle anime degli uomini. Non salirò sul giaciglio del mio letto è un modo di parlare umano. Nostro Signore, in forma di Dio, si riposa sempre in cielo e la sua natura impassibile non conosce la fatica. Ma ha voluto morire e non ha rifiutato l’abitazione inferma del nostro corpo. È disceso dal suo giaciglio regale del cielo: ce ne dà testimonianza il salmo 40 che presenta, nella persona del Signore, tutto il mistero della passione. Hai scambiato il tuo giaciglio, trono regale, con un letto di dolore (Salmo 40,3). Per obbedienza alla volontà di Dio Padre si fa uomo, da potente diviene infermo, autore della vita si sottomette alla morte, il giudice eterno dei secoli è condannato a morte: allora tutto il suo giaciglio fu rivoltato nella sua malattia; e fece voto di non tornare al letto di riposo della beatitudine eterna e di non dare assopimento alle sue palpebre, prima d’aver trovato una dimora per Dio. Si tratta del sonno di cui ha detto: mi sono coricato e addormentato, mi sono destato perché  il Signore mi accoglierà (Salmo 3,5), e del sonno della morte di cui Giacobbe aveva detto: Giuda è un uccello… Chi oserà svegliarlo? (Genesi 49,9). L’immagine del leone che dorme senza paura, nella sicurezza, per noi è simbolo della morte del Cristo nella pace (Salmo 4,8). Anche nel sonno della morte, il Cristo è troppo potente per temere. Si è riposato colui per il quale la morte fu un sonno. Ciò che per noi è decadimento, fu un riposo per il Figlio unigenito, che anche nel suo corpo mortale restava Dio. Ma prima di questo riposo, gli apostoli sono scelti: il Cristo li trova perché siano dapprima dimora del Dio di Giacobbe, loro che provengono dalla legge e ricevono il potere di legare e sciogliere (Matteo 16,19). E ora il salmista parla al plurale perché molti profeti lo hanno annunciato: abbiamo udito che è Efrata. Efrata è Betlemme ove Gesù è nato da Maria: e tu Betlemme… Da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele (Matteo 5,2). È là che la Chiesa ha avuto origine. La Chiesa è il riposo di Dio.

Molti profeti hanno desiderato vedere… (Matteo 13,17). Il salmista è impaziente a causa di questo desiderio: dopo aver saputo ove si trovava il riposo di Dio, dopo aver creduto che vi sarebbe entrato e che avrebbe adorato, dice: Sorgi, Signore verso questo riposo che Davide aveva giurato con voto di trovarti e che i profeti hanno conosciuto.

Tu e l’arca della tua santità. L’arca dell’alleanza non era che una figura di questo corpo del Cristo che ricapitola in sé tutti i misteri della legge. Il Signore Gesù Cristo ha in sé la manna eterna: egli stesso infatti è il pane vivo. Osserva le tavole dell’alleanza e il libro della legge che contiene parole di vita, lui che il Padre ha santificato e segnato (Giovanni 6,27).

Ha giurato il Signore la verità a Davide: come sono finite queste promesse di Dio a Davide? Il popolo è stato condotto in schiavitù. La città distrutta. Ma il salmo 88 ci aiuta a chiarire tutto questo:  il primogenito che chiama Dio col nome di Padre, regna per l’eternità. Questo è il mio riposo. Il Signore ha scelto come riposo coloro dei quali il Vangelo dice: nessuno può venire a me se non vi è attratto dal Padre (Giovanni 6, 44). Questa è la città santa, l’assemblea unanime dei fedeli. Rivestiti di salvezza: resi conformi al Cristo nel suo corpo di gloria.

Un corno per Davide. Il corno è un’insegna regale perché conteneva l’olio dell’unzione per la consacrazione del re. Il riposo si identifica col corno, cioè con regno del Cristo. Il re dunque non è nascosto: la legge lo promette, i profeti l’annunciano, Giovanni Battista lo indica, perché Giovanni era la lampada che arde e brilla (Giovanni 5,35), per mostrare il Cristo alle tenebre di questo mondo. Ogni profezia è una lampada del Cristo e illumina la notte della nostra ignoranza. È per questo che il salmo continua: ho preparato una lampada al mio Cristo. I suoi nemici si rivestiranno di vergogna quando vedranno il Figlio dell’uomo nella maestà del Padre. Su di lui fiorirà la mia santità: Dio lo ha esaltato… (Filippesi 2,9).

1 Secondo la maggioranza dei padri Davide è figura del Cristo in questo salmo. La parola tradotta con mitezza nella Vulgata è interpretata da: Origene: condizione imperturbabile dell’anima.

Aquile Simmaco: dolore, afflizione.

Crisostomo: il mite, il pacifico.

Girolamo: afflizione .

Origene: il nazireo consacra se stesso a Dio: tale è il voto del nazireo, sorpassa tutti gli altri voti. Offrire se stessi a Dio, ecco la cosa più perfetta e più grande di tutti i voti. Colui che fa questo voto, imita il Cristo.

Teodoreto: annuncio del Cristo Salvatore.

Girolamo: è il Cristo che parla. Il Figlio di Dio che doveva assumere la carne ha voluto farsi chiamare Davide; dalla sua discendenza doveva prendere questa carne.

2 Cassiodoro: in un certo senso, il Cristo ha giurato: ha promesso al Padre di bere il calice (Matteo 26,42).

3 Atanasio: Davide giura di non prendersi riposo finché non abbia una rivelazione precisa sulla venuta del Messia. Dio gliela concede: in Efrata, cioè a Betlemme.

Girolamo: sonno, letto, riposo indicano il riposo eterno verso il quale non salirà finché non abbia fatto dell’uomo e della Chiesa un luogo per il Signore.

5 Cassiodoro: ci ha cercato, ci ha trovato, ci ha costruito in tempio per il Signore.

8 Atanasio: sorgi, Signore: è l’ascensione del Signore.

Girolamo: ora che hai portato a compimento il tuo giuramento e trovato un luogo per il Signore, ora che hai fatto nascere dal tuo costato la Chiesa, risorgi, ritorna verso il tuo riposo e non solo tu ma anche l’arca della tua santificazione, il corpo assunto che ci ha dato le parole di vita, il pane del cielo, la  via, la verità e la vita.

Origene: rivestano l’abito nuziale del Vangelo che è la giustizia e il Cristo stesso.

10 Girolamo: per colui che ha preso la forma di servo dalla stirpe di Davide, non distogliere la luce del tuo volto dai tuoi santi.

12 Eusebio: anche i discepoli del Cristo siederanno su questo trono; ma i tuoi discendenti, o Davide, non saranno delusi se accoglieranno il Cristo e osserveranno la mia alleanza, non quella della prima legge ma quella del Nuovo testamento.

Atanasio: è la futura nuova alleanza.

14 Atanasio: i luoghi della crocifissione, risurrezione e ascensione.

Girolamo: è la nostra giustizia e la nostra salvezza.

17 Atanasio: nel tempo della salvezza, la gloria di Davide si innalzerà.

Girolamo: un corno per Davide è il regno del Cristo.

Teodoreto: sua santità: le chiese, corpo del Cristo che ricevono da lui le fonti della santità.

Cassiodoro: fiorirà esprime la gloria dell’incarnazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 132

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Ecco come è buono e come è

giocondo che i fratelli abitino insieme.

2 Come unguento profumato sul capo che scende

sulla barba di Aronne, che scende

sull’orlo della sua veste.

3 Come rugiada dell’Ermon,

che scende sui monti di Sion;

perché lì ha disposto

il Signore la benedizione e la vita in eterno.

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Ecco come è buono e come è

giocondo che i fratelli abitino insieme.

Cosa dunque secondo il profeta è buono e soave? Che i fratelli abitino insieme. Non parla soltanto di una esteriore unità e di una abitazione comune nella stessa casa. Parla egli della unione che viene dalla carità e che crea una sola volontà. La prerogativa del popolo di Dio è di vivere insieme in uno stesso spirito, vivere in santa concordia in una sola casa che è la Chiesa del Dio vivente, essere tutti membri di uno stesso corpo sotto un solo capo.

2 Come unguento profumato sul capo che scende

sulla barba di Aronne, che scende

sull’orlo della sua veste.

3 Come rugiada dell’Ermon,

che scende sui monti di Sion;

Il profeta rappresenta con due similitudini la dolcezza e l’utilità dell’unione fraterna di cui ha parlato. Essa è come l’olio di  squisito profumo  che fu versato da Mosè in abbondanza sul capo di Aronne, suo fratello, per consacrarlo sommo pontefice. Scendendo sopra la sua barba corse poi fino all’orlo della sua veste, cioè nella parte superiore dei suoi abiti pontificali. San Paolo ha paragonato la pietà e la carità apostolica a un unguento del tutto divino allorché diceva di se stesso: noi siamo davanti a Dio il buon odore di Gesù Cristo. Il profeta aggiunge che questa unione fraterna è come la rugiada che dal monte Hermon scende sul monte Sion. Non c’è cosa più utile, per procurare ai monti la fertilità, di una rugiada che dolcemente si spande e va poco a poco a penetrare l’ aridità della terra. Ermon è uno dei monti più eccelsi della Palestina. Il monte Sion  è assai più basso e molto lontano dall’Ermon. L’unguento che scende dal capo sulla barba di Aronne e da questa all’orlo della sua veste indica, come hanno detto i santi padri, l’effusione della carità e dello spirito Santo in virtù di Gesù Cristo nostro capo.

perché lì ha disposto

il Signore la benedizione e la vita in eterno.

Là dove regna l’unione e la carità fra i fratelli, Dio effonde la sua benedizione. E come non può essere con loro la benedizione del Signore quando Egli stesso  dichiara:  quando due o tre persone si riuniscono in nome mio io sono presente in mezzo a loro?

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Ecco come è buono e come è

giocondo che i fratelli abitino insieme.

È un salmo breve ma molto noto e frequentemente citato. Ecco, com'è buono e giocondo che i fratelli vivano nell'unità! È una melodia così soave, questa, che anche la gente ignara del salterio canta questo versetto. E questo fatto, che cioè il convivere nell'unità sia una cosa buona e gioconda, non c'è bisogno, fratelli, né di delucidarlo né di esporlo. Al contrario le affermazioni successive contengono degli aspetti che saranno chiariti [solo] a chi bussa. Siccome però la comprensione del salmo nella sua struttura globale deriva da questo primo verso, è necessario che lo consideriamo, e ripetutamente, in apertura. Occorre cioè appurare se le parole: Com'è buono e giocondo che i fratelli vivano nell'unità! siano dette di tutti i cristiani o ci sia una specifica categoria di persone che, mature nella perfezione, convivano nell'unità, per cui la benedizione di questo salmo non è per tutti ma per certi privilegiati dai quali poi si propaga agli altri…  Queste parole del salterio, questa dolce armonia, questa melodia soave tanto a cantarsi quanto a considerarsi con la mente, hanno effettivamente generato i monasteri. Da questa armonia sono stati destati quei fratelli che maturarono il desiderio di vivere nell'unità. Questo verso fu per loro come una tromba: squillò per il mondo ed ecco riunirsi gente prima sparpagliata…  Dalle parole di questo salmo è derivato anche l'appellativo di monaci, per cui nessuno può deridere voi cattolici a causa di questo nome…In realtà significa "uno" sebbene non uno in qualsiasi caso. " Uno " infatti si può dire anche di chi è immerso tra la folla; "uno" si può dire anche di chi si trova insieme a molti; di lui però non si può dire che è , cioè uno solo. Eccovi ora della gente che vive nell'unità al segno da costituire un solo uomo, gente che veramente ha - come sta scritto - un'anima sola e un sol cuore . Molti ne sono i corpi ma non molte le anime; molti i corpi ma non molti i cuori. Di costoro giustamente si afferma che sono cioè uno solo, soldati di Cristo e non del diavolo! Ci sono anche purtroppo, o carissimi, dei falsi monaci e noi ne siamo al corrente. Tuttavia non è compromessa la vita santa dei [veri] fratelli a motivo di quei tali che si spacciano per ciò che non sono. Ci son monaci falsi, come ci son falsi chierici e falsi fedeli.

2 Come unguento profumato sul capo che scende

sulla barba di Aronne, che scende

sull’orlo della sua veste.

Ci dica poi il salmo a cosa son simili [coloro che vediamo]. Come l'unguento sulla testa, che scende sulla barba, la barba di Aronne, e cola fin nell'orlo della sua veste. Cos'era Aronne? Un sacerdote. E chi è sacerdote se non quell'unico che penetrò nel santo dei santi? Chi è sacerdote se non colui che è stato insieme vittima e sacerdote? se non colui che, non trovando nel mondo un'ostia monda da offrire [a Dio], offrì se stesso? Sulla sua testa c'è dell'unguento poiché, sebbene il Cristo totale comprenda anche la Chiesa, l'unguento fluisce [esclusivamente] dalla testa. La nostra testa, o capo, è Cristo: crocifisso, sepolto e risuscitato, salì al cielo. Dal capo venne lo Spirito Santo. E dove scese? Sulla barba. La quale barba è segno di fortezza, è una prerogativa dei giovani, della gente valorosa, dinamica, decisa, al segno che, quando vogliamo raffigurare gente di tal fatta, diciamo: È un uomo con tanto di barba. Ebbene, quell'unguento scese in primo luogo sugli Apostoli, in coloro che per primi sostennero l'urto delle potenze mondane. In loro scese lo Spirito Santo e cominciarono ad abitare nell'unità; e quando si riversò su di loro la persecuzione, essendo sceso sulla loro barba quell'unguento, subirono sì la persecuzione ma non ne furono vinti. Li aveva infatti preceduti la testa da cui quell'unguento scendeva. E se dinanzi alla barba c'era un modello così sublime, chi avrebbe potuto superarla?... Costoro dunque erano, per così dire, la barba. Erano infatti una schiera di forti e molte furono le persecuzioni che toccò loro subire. Tuttavia se da quella barba l'unguento non fosse fluito ancora più in basso, ora non avremmo i monasteri. Siccome invece è fluito fin nell'orlo della veste (dice infatti che esso è sceso fin nell'orlo della sua veste), ne è venuta fuori la Chiesa, e [quell'unguento] dalla veste del Signore proliferò in monasteri. La veste sacerdotale è in effetti un simbolo della Chiesa, la quale è la veste di cui dice l'Apostolo: Poiché egli volle presentare a se stesso la Chiesa tutta risplendente, senza macchia né piega …Ma come intenderemo, miei fratelli, quale sia esattamente l'orlo di cui parla, l'orlo in cui è potuto fluire l'unguento? Non penso si sia voluto riferire agli orli che il vestito ha lateralmente, poiché ci sono effettivamente anche questi orli laterali. Perché l'unguento scendendo dalla barba potesse cadere sull'orlo, quest'orlo doveva essere dalla parte della testa, dove si apre il cappuccio. In realtà i fratelli che convivono nell'unità son proprio così. Come dentro all'orlo del cappuccio passa la testa dell'uomo che indossa un vestito, così Cristo, nostro capo, passa per la concordia dei fratelli quando noi vogliamo rivestirci di lui, quando la Chiesa si propone d'essergli unita.

3 Come rugiada dell’Ermon,

che scende sui monti di Sion;

perché lì ha disposto

il Signore la benedizione e la vita in eterno.

Cos'altro dice? Come la rugiada dell'Hermon che cade sopra i monti di Sion. Volle significare, miei fratelli, che è per grazia di Dio che i fratelli dimorano nella unità. Non è per le loro forze né per i loro meriti, ma per dono di Dio, per la sua grazia, che come rugiada [scende] dal cielo…  Ma dovete anche sapere cosa sia l'Hermon. È un monte assai lontano da Gerusalemme, cioè da Sion, sicché è strano quel che afferma il salmo. Come la rugiada dell'Hermon che cade sopra i monti di Sion, mentre il monte Hermon dista assai da Gerusalemme trovandosi, a quel che si dice, in Transgiordania. Dobbiamo dunque cercare qualche significato [recondito] del nome Hermon. È infatti un nome ebraico e di esso conosciamo il significato tramandatoci dagli esperti in lingue semitiche. Ci si riferisce che Hermon significa " lume posto in alto ". Orbene, da Cristo scende la rugiada poiché all'infuori di Cristo non c'è altro lume posto in alto… Eccoci ai monti di Sion, ai grandi di Sion. Cos'è Sion? La Chiesa. E chi sono i monti di Sion?  Monti sono gli stessi che prima erano raffigurati con la simbolica barba e con l'orlo della veste. Non si capisce infatti la barba se non fra uomini perfetti. Non potranno quindi abitare in vita comune se non coloro che hanno perfetta la carità di Cristo. Coloro infatti che non posseggono la perfezione della carità di Cristo, una volta uniti insieme, non mancheranno di odiarsi e di crearsi delle molestie, saranno turbolenti e propagheranno agli altri la propria irrequietezza, né ad altro baderanno che a captare dicerie sul conto di terzi. Saranno come un mulo indomito attaccato al carretto. Non solo non tirerà, ma a furia di calci lo sconquasserà. Se viceversa un fratello possiede la rugiada dell'Hermon, quella che scende sopra i monti di Sion, sarà una persona pacifica, calma, umile, capace di tollerare [il male] e alla mormorazione risponderà con la preghiera… Perché in questo il Signore ha ordinato la benedizione. Dov'è che l'ha ordinata? Tra i fratelli che vivono nell'unità. Là è stata ordinata la benedizione e là difatti benedicono il Signore coloro che abitano concordi. Se sei in discordia non benedici il Signore. È inutile che la tua lingua risuoni di benedizioni al Signore quando non le fai risuonare col cuore. Benediresti con la bocca e malediresti col cuore.

Dai Padri

Basilio: ed ecco, che cosa è bello o che cosa dà gioia, se non l’abitare dei fratelli insieme? La causa che riunisce i fratelli nella concordia è la grazia della carità. È un bene così grande che fa sbocciare la gioia.

Come unguento che scende… Questa grazia dall’alto, diffusa in tutta la Chiesa del Signore, fa di ogni eletto un corego spirituale. Come rugiada dell’Ermon: Basilio così interpreta: come la rugiada che scende sul monte Ermon lo fa scintillare di splendore così la rugiada spirituale che scende invisibilmente sul monte Sion lo riveste di splendore divino.  È da Sion che affluivano i fratelli provenienti da ogni parte. I fratelli abitano insieme nella Sion spirituale: qui si tratta della rugiada divina che è attribuita allo Spirito Santo. Ha disposto il Signore la benedizione, la vita… È il compimento dell’alleanza.

Ilario: talvolta vediamo dei fratelli litigare proprio perché abitano insieme. Ma c’è una casa, la casa di Dio che è la Chiesa, ove i fratelli vivono concordi nella carità di una sola volontà… È proprio del popolo di Dio l’essere fratelli sotto un solo Padre, il vivere nell’unità di un solo Spirito, l’essere membra di un solo corpo sotto un solo capo (1 Corinzi 12). Aronne ha ricevuto l’unzione sacerdotale e noi sappiamo che anche nostro Signore è stato unto invisibilmente: ti ha unto, o Dio, il tuo Dio con olio di esultanza… (Salmo 44,7). L’unzione di Aronne è figura e, secondo la legge  questi è chiamato Cristo, cioè unto, dopo la sua unzione. Sion è la Chiesa celeste, Dio manda la benedizione a Sion e alla comunità dei fratelli che vivano nell’unità. La rugiada scende dal cielo ed è elencata tra le benedizioni dei patriarchi: Dio ti dia la rugiada del cielo… (Genesi 27,28).

1 Atanasio e Girolamo: questo salmo è appropriato soprattutto alla vita monastica.

Teodoreto: Le tribù, divise al tempo di Roboamo, si riuniscono dopo il ritorno dall’esilio: è appunto questo che canta il salmo.

Cassiodoro non si deve dire che questo salmo sia appropriato solo alla vita nei monasteri: tutti sono chiamati alla carità perfetta.

2 Origene: l’unzione dello Spirito Santo ed anche la conoscenza di Dio.

Atanasio: quando la Chiesa sarà riunita e formerà una unica assemblea, l’unzione dello Spirito che unge anzitutto il Capo, che è Cristo, si diffonderà in tutto il corpo, cioè a tutti quelli che entrando nella Chiesa avranno rivestito il Cristo.

Cassiodoro: tutte le unzioni dei tempi antichi (del re, del profeta, del pontefice) annunciavano il Cristo Signore. Il Cristo Signore fu unto, in modo invisibile e incorporeo, re onnipotente, profeta superiore a tutti gli altri, pontefice eterno che si offre come vittima senza macchia per i peccatori.

Girolamo: l’unzione è il simbolo della santificazione.

3 Crisostomo: altro esempio piacevole: la rugiada, come il profumo, si diffonde ovunque. Il salmista confronta la carità alla rugiada e al profumo. Là ha disposto il Signore la benedizione: là, in tale abitazione, in tale comunità, in questa buona intesa.

Baldovino di Ford: dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto (Giovanni 1,16): tale è questa unzione che, fatta sul capo di Aronne, scende sulla barba e fino all’orlo della sua veste. Il Padre ci ha dato il Cristo da accogliere, da ascoltare e da amare, perché è in lui che ci ha dato la benedizione e la vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 133

( Cantico delle ascensioni )

1 Ecco ora benedite il Signore

servi tutti del Signore che state

nella casa del Signore, negli

atri della casa del nostro Dio.

2 Nelle notti alzate le vostre mani

verso il santuario e benedite il Signore

3 Ti benedica da Sion il Signore

che ha fatto il cielo e la terra.

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 Ecco ora benedite il Signore

servi tutti del Signore che state

nella casa del Signore, negli

atri della casa del nostro Dio.

Il profeta sembra rivolgersi particolarmente ai sacerdoti allorché dice: voi che abitate nella casa del Signore, cioè nella parte interiore del Tempio dove solo essi entravano. Aggiunge poi: negli atri della casa del nostro Dio, cioè negli altri luoghi del tempio destinati ai leviti che lo custodivano. I santi padri ci fanno osservare che non sono accette a Dio le benedizioni di ogni sorta di persone e che il benedirlo non appartiene propriamente se non a colui che è servo di Dio e non schiavo del secolo. Conviene pure, dice Sant’Ilario, che egli sia fermo nel servizio del Signore e non nel numero di quelli che sono incostanti nella pietà e nella fede.

2 Nelle notti alzate le vostre mani

verso il santuario e benedite il Signore

3 Ti benedica da Sion il Signore

che ha fatto il cielo e la terra.

Il Signore racchiude in sé tutte le benedizioni tanto del cielo, quanto della terra, poiché ha fatto ugualmente il cielo e la terra.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

1 Ecco ora benedite il Signore

servi tutti del Signore che state

nella casa del Signore, negli

atri della casa del nostro Dio.

Ecco, ora benedite il Signore, voi tutti servi del Signore, voi che state nella casa del Signore, negli atri della casa del nostro Dio. Perché l'aggiunta: Negli atri? Per atri si intendono i vani più spaziosi di una casa. Chi si trova in un atrio non sta stretto, soffocato, ma in certo qual modo si distende. Resta dove c'è spazio e sarai in grado d'amare il tuo nemico. Questo, perché non ami gli spazi dove il nemico possa incastrarti. Cosa intenderai quindi per " stare negli atri "? Sta' nell'amore e starai negli atri. Nell'amore infatti c'è l'ampiezza, nell'odio le strettoie.

2 Nelle notti alzate le vostre mani

verso il santuario e benedite il Signore

Dunque, voi che state nella casa del Signore, negli atri della casa del nostro Dio, durante le notti alzate le vostre mani verso il santuario e benedite il Signore. È facile benedire di giorno. Che significa: "Di giorno"? Nella prosperità. La notte infatti è un qualcosa di triste, il giorno è cosa lieta. Ora è normale che tu benedica il Signore quando le cose ti van bene. Desideravi un figlio e ti nasce: tu benedici il Signore. La tua sposa ha superato i pericoli del parto: tu benedici il Signore. Tuo figlio era malato e guarisce: tu benedici il Signore… Ma quando? Durante le notti. Quando pronunziò Giobbe la sua benedizione? In una notte piena di tristezze: persi tutti i beni che possedeva, persi i figli a cui erano destinati. Che orrida notte! Vediamo però se egli interrompe la sua benedizione: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come al Signore è piaciuto, così è avvenuto. Sia benedetto il nome del Signore . Che notte funesta! Piagato da capo a piedi, si scioglieva nella putredine. E ci fu, per la circostanza, anche un'Eva che osò tentarlo: Impreca a Dio, e muori. Ascoltalo benedire durante la notte. Dice: Hai parlato come una donna stolta. Se abbiamo ricevuto dalla mano del Signore i beni, non dobbiamo accettarne anche i mali?  Ecco cosa significa: Durante le notti alzate le vostre mani verso il santuario e benedite il Signore. Cosa disse Giobbe? Hai parlato come una donna stolta. Questa volta Adamo, sebbene ridotto a un mucchio di putridume, scacciò Eva rivolgendole a un dipresso queste parole: Mi basta essere diventato mortale per causa tua. Nel paradiso me l'hai fatta, ma ora, sul letame, la vinta sei tu.

3 Ti benedica da Sion il Signore

che ha fatto il cielo e la terra.

Da Sion ti benedica il Signore, che ha fatto il cielo e la terra. Esorta varie persone a benedire [il Signore] ma Lui benedice uno solo, poiché dei molti Egli ha fatto un solo uomo, essendo cosa buona e gioconda il convivere dei fratelli nell'unità . Fratelli è di numero plurale, ma nell'unità è singolare: per questo continua: Da Sion ti benedica il Signore, che ha fatto il cielo e la terra. Nessuno di voi dica: Questa benedizione non arriva fino a me. Ma chi pensi che sia colui a cui è detto: Ti benedica il Signore da Sion? Benedice l'unità. Partecipa dell'unità e la benedizione si estenderà fino a te.

Dai Padri

Ilario: questo ultimo salmo graduale conclude degnamente le ascensioni. La benedizione corona le salite. Il profeta invita tutti gli uomini a benedire il Signore. Ed ecco: questa espressione mostra che l’ascensione è giunta al termine. Sia benedetto Dio che ci ha fatto salire e che ci ha elevati attraverso i gradini della fede, fino alla sommità ove egli abita! Ma poiché un peccatore non potrebbe benedire Dio in modo degno, il salmista precisa: voi tutti servi del Signore. Dal momento che non basta essere un servo negligente, il salmista aggiunge: voi che state nella casa del Signore… Sta, or ora correva, saliva, ma ora sta immobile, sospeso a questa beata parola che il Signore gli dirà come a Mosè: starai con me sulla vetta (Esodo 34,2)

1 Atanasio: è il Signore che parla.

Teodoreto: questo salmo esorta alla lode di Dio soprattutto coloro che hanno scelto di appartenergli.

Girolamo: è l’ultimo dei salmi graduali e li conclude tutti: benediciamo il Signore!

Arnobio il Giovane: è l’ultimo dei salmi graduali e questo ultimo grado sfocia nella carità: siete fratelli ma formate un solo uomo. Chi siete? Siamo nati dal Cristo e dalla Chiesa: formiamo un solo uomo perché ci riconosciamo servi. Alzate le vostre mani come il vessillo della croce, senza ira e senza liti, come lampade ardenti che invocano la benedizione del Signore.

Atanasio: sono servi del Signore quelli che hanno rinunciato al mondo per consacrarsi alla pazienza di Dio (Apocalisse 3,10) e presentano incessantemente questa pazienza alla volontà di Dio che è nei cieli.

Origene: quanti attendono al servizio di Dio assiduamente e senza posa e vegliano la notte per adorarlo… La loro eredità non è della terra: la loro porzione, la loro eredità è il Signore stesso. Hanno scelto e stabilito di vivere secondo la sapienza di Dio. Ciò che desiderano ardentemente è la sapienza, la conoscenza dei misteri divini. E  là dove è il loro cuore, là è anche i loro tesoro (Matteo 5,21: la è il loro cibo, la loro bevanda, la loro ricchezza. Tale è il loro regno.

Atanasio: voi che state: fermi nei precetti del Signore.

Girolamo: tra i servi, i monaci e le vergini sono quanti si tengono vicinissimi al Signore. Ma la familiarità con lui non ci deve rendere presuntuosi… Alcuni stanno ritti, altri sono caduti: lodate voi che state ritti.

Teodoreto: la notte silenziosa è favorevole alla preghiera.

Girolamo: nella notte di questo mondo, alzate le vostre mani perché la Chiesa sia vittoriosa. Sollevate le vostre mani come Gesù le ha sollevate sulla croce.

2 Atanasio: nelle notti, cioè quando il diavolo vi attacca, tendete il vostro cuore al cielo, guardando i beni che vi aspettano.

3 Atanasio: Dio ti mandi dal cielo la sua grazia.

Girolamo: da Sion: dalla Gerusalemme celeste.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 134

( alleluia )

1 Lodate il nome del Signore

lodate, servi, il Signore

2 voi che state nella casa del

Signore, negli atri della casa del nostro Dio.

3 Lodate il Signore perché buono è il Signore.

Salmeggiate al suo nome perché è dolce.

4 Perché il Signore si è

scelto Giacobbe, Israele come suo possesso.

5 Poiché io ho conosciuto che

grande è il Signore e il nostro

Dio è al di sopra di tutti gli dei.

6 Tutto ciò che ha voluto il Signore

lo ha fatto: nel cielo e sulla terra,

nel mare e in tutti gli abissi.

7 Fa salire le nubi dall’estremità

della terra, ha fatto i lampi per la

pioggia , lui che trae fuori i venti

dai suoi tesori,

8 che ha percosso i primogeniti d’Egitto,

dall’uomo fino al bestiame.

9 Mandò segni e prodigi

in mezzo a te, Egitto, contro

faraone e tutti i suoi servi.

10 Lui che percosse molte genti e uccise re forti:

11 Sehon re degli Amorrei e

Og re di Basan e tutti i regni di Canaan

12 e ha dato la loro terra

in eredità, in eredità a Israele suo popolo.

13 Signore, il tuo nome è

in eterno, il tuo memoriale,

Signore, di generazione in generazione.

14 Perché giudicherà il Signore

il suo popolo e si implorerà perdono per i servi suoi.

15 Gli idoli delle genti argento e

oro, opere delle mani degli  uomini.

16 Hanno bocca e non parleranno,

hanno occhi e non vedranno,

17 hanno orecchi e non udranno.

Infatti non c’è respiro nella loro bocca.

18 Simili a loro divengano quelli

che li fanno  e tutti quelli che sperano in essi.

19 Casa d’Israele, benedite

il Signore, casa di Aronne

benedite il Signore,

20 casa di Levi, benedite il Signore.

Voi che temete il Signore,

benedite il Signore.

21 Benedetto in Sion il Signore,

che abita in Gerusalemme.

 

Da Sacy

1 Lodate il nome del Signore

lodate, servi, il Signore

2 voi che state nella casa del

Signore, negli atri della casa del nostro Dio.

3 Lodate il Signore perché buono è il Signore.

Salmeggiate al suo nome perché è dolce.

4 Perché il Signore si è

scelto Giacobbe, Israele come suo possesso.

Il profeta esorta i servi  a lodare il Signore, ricordando tanti prodigi operati in loro sia nell’Egitto che nel deserto e nella terra promessa, affinché la riconoscenza da cui erano presi li rendesse più umili e più fedeli al servizio del loro Dio. Lodatelo, dice a loro, perché è buono, cioè pieno di misericordia, celebrate la gloria del suo nome. Ora l’argomento di tutte le lodi che il profeta obbliga il popolo suo a fare a Dio è la sua misericordia, la elezione d’amore con cui il Signore ha preferito, nella persona di Giacobbe, Israele a tutte le altre nazioni, perché fosse la sua eredità e il suo popolo. Cosa avevano fatto gli israeliti per meritare una grazia così singolare? E parimenti cosa abbiamo fatto noi altri per meritare di essere  anteposti a tante nazioni, che egli lascia ancor oggi nelle tenebre del paganesimo o dell’eresia? Cosa abbiamo fatto per diventare il suo possesso e la sua eredità? Temiamo dunque che a motivo della nostra ingratitudine il regno di Dio non ci sia tolto come ai Giudei e trasferito ad altre persone che ne siano più meritevoli.

5 Poiché io ho conosciuto che

grande è il Signore e il nostro

Dio è al di sopra di tutti gli dei.

6 Tutto ciò che ha voluto il Signore

lo ha fatto: nel cielo e sulla terra,

nel mare e in tutti gli abissi.

7 Fa salire le nubi dall’estremità

della terra, ha fatto i lampi per la

pioggia , lui che trae fuori i venti

dai suoi tesori,

Non conoscevano dunque gli altri, dice San Giovanni Crisostomo, che il Signore era grande? Lo conoscevano, certamente, ma non come il profeta. Agli uomini eminenti in santità appartiene innanzi tutti il conoscere la grandezza di Dio. Per questo egli desidera che i suoi servi tutti insieme gli diano gloria in una maniera di lui degna. Per convincerli rappresenta loro la onnipotenza della volontà di Dio, che crea quanto gli piace  in cielo e in terra, nel mare e negli abissi. Uno dei segni nell’assoluto potere di Dio è il vedere che egli fa uscire le nubi dall’estremo della terra, cioè che le fa comparire ai nostri occhi come se venissero di là e produce un portento così strano come è quello di unire due cose opposte: l’acqua e il fuoco in pioggia. Questo si è anche veduto al principio della Chiesa quando i fuochi divini dello Spirito Santo si trovarono felicemente congiunti alla pioggia volontaria ed abbondante di ogni sorta di grazia, che egli diffuse sopra gli apostoli e i primi fedeli.

8 che ha percosso i primogeniti d’Egitto,

dall’uomo fino al bestiame.

9 Mandò segni e prodigi

in mezzo a te, Egitto, contro

faraone e tutti i suoi servi.

10 Lui che percosse molte genti e uccise re forti:

11 Sehon re degli Amorrei e

Og re di Basan e tutti i regni di Canaan

12 e ha dato la loro terra

in eredità, in eredità a Israele suo popolo.

Tutto ciò che il profeta aggiunge riguardo alla morte dei primogeniti d’Egitto e i prodigi che Dio fece contro faraone o contro altri re, di cui distrusse i regni per darli al suo popolo, essendo stato spiegato nei libri dell’Esodo e nei seguenti è inutile ripeterlo in questo luogo: sono cose che si possono vedere in essi.

13 Signore, il tuo nome è

in eterno, il tuo memoriale,

Signore, di generazione in generazione.

14 Perché giudicherà il Signore

il suo popolo e si implorerà perdono per i servi suoi.

Il profeta avendo ricordato le così luminose prove d’amore che Signore aveva dato al suo popolo, prorompe in un santo trasporto di gratitudine per significare che in eterno sussisterà la gloria del Suo nome. Il Signore giudicherà il suo popolo, cioè lo vendicherà dei suoi nemici e gli farà giustizia così come lo aveva trattato nel passato lasciandosi piegare dalle sue preghiere.

15 Gli idoli delle genti argento e

oro, opere delle mani degli  uomini.

16 Hanno bocca e non parleranno,

hanno occhi e non vedranno,

17 hanno orecchi e non udranno.

Infatti non c’è respiro nella loro bocca.

18 Simili a loro divengano quelli

che li fanno  e tutti quelli che sperano in essi.

Tutti questi versetti, che d’altronde sono abbastanza chiari, non presentano alcuna diversità dai versetti 12-16 del salmo 113, che è già stato spiegato.

19 Casa d’Israele, benedite

il Signore, casa di Aronne

benedite il Signore,

20 casa di Levi, benedite il Signore.

Voi che temete il Signore,

benedite il Signore.

21 Benedetto in Sion il Signore,

che abita in Gerusalemme.

San Giovanni Crisostomo si chiede da dove nasca che il profeta non inviti tutte le case di Israele a benedire insieme il Signore, ma con distinzione e ciascuna separatamente. Non sono tutte le stesse le benedizioni che si danno al Signore. Vi è una grande differenza tra quella che dà un sacerdote, quella che dà un levita e quella di una turba popolare. Benedite dunque il Signore, voi tutti che siete servi, beneditelo ciascuno secondo il vostro stato, perché vi ha liberati dai vostri nemici, perché siete stati resi degni di servire e di adorare un tale Dio, perché siete stati così fortunati che avete conosciuto la verità.

 

Da Agostino

( alleluia )

1 Lodate il nome del Signore

lodate, servi, il Signore

Una dolcezza estremamente grande e capace di riempirci di gioia deve arrecarci l'esortazione che ci rivolge il presente salmo, il quale dice: Lodate il nome del Signore. Subito dopo aggiunge il motivo per cui è doveroso che noi lodiamo il nome del Signore: Lodate, servi, il Signore. E potrebbe esserci cosa più giusta, più conveniente, più gradita? Se infatti questi servi si rifiutassero di lodare il Signore, sarebbero superbi, ingrati ed empi. Sia che lodi [il Signore] sia che non lodi, sei sempre suo servo; solo che, se lo lodi te lo rendi propizio, se non lo lodi ne incontri la collera.

2 voi che state nella casa del

Signore, negli atri della casa del nostro Dio.

Voi che state nella casa del Signore, lodate il nome del Signore. Siate colmi di gratitudine. Stavate fuori ed ora siete saldamente ancorati dentro. E vi sembrerà cosa da poco aver conseguito questa stabilità? E non vi sentirete obbligati a lodare colui che vi ha sollevati dal luogo dove eravate prostrati e vi ha collocati stabilmente nella sua casa, concedendovi di conoscerlo intimamente e di lodarlo?

3 Lodate il Signore perché buono è il Signore.

Salmeggiate al suo nome perché è dolce.

Che dirò sul motivo per cui dovete lodare? [Lodate] perché buono è il Signore. Brevemente, anzi con una sola parola, è motivata la lode che dobbiamo tributare al Signore Dio nostro: Buono è il Signore. Non buono come lo sono le creature, da Dio fatte sovranamente buone: non solo buone ma buone in maniera superlativa. Egli creò buoni, anzi ottimi, il cielo, la terra e tutte le cose che vi si trovano . Ora se tutte queste creature di Dio sono buone, quanto più non dovrà esserlo il Creatore? Tuttavia, per quanto buone siano le creature e di gran lunga migliore il Creatore, non troverai alcuna espressione più conveniente nei suoi riguardi che dire: Buono è il Signore. Basta che questo buono tu lo intenda in maniera assoluta: il Bene da cui derivano gli altri beni.

4 Perché il Signore si è

scelto Giacobbe, Israele come suo possesso.

Gli altri popoli sono stati posti da lui in potere degli angeli, ma Giacobbe se l'è scelto il Signore, egli ha scelto Israele come suo possesso. Prese questo suo popolo e se ne fece un campo da coltivare e seminare di persona. Pur avendo creato tutti i popoli, il Signore pose i non israeliti sotto il potere degli angeli, ma degli israeliti giudicò bene farne un suo possesso esclusivo e provvedervi direttamente, [e si scelse] questo popolo, questo Giacobbe. Questo in conseguenza dei meriti del popolo o per dono gratuito del Signore? Lo precisò l'Apostolo. Non erano ancora nati quando disse [di loro il Signore]: Il maggiore sarà servo del minore . Prima che nascessero, quando nessuno dei due aveva ancora compiuto del bene o del male, che merito potevano avere? Non si inorgoglisca quindi Giacobbe non si glori, non attribuisca [la sua sorte privilegiata] ai propri meriti. Antecedentemente è stato guardato con predilezione, antecedentemente predestinato, antecedentemente eletto. Non eletto per i suoi meriti, ma trovato e vivificato dalla grazia di Dio.

5 Poiché io ho conosciuto che

grande è il Signore e il nostro

Dio è al di sopra di tutti gli dei.

Cosa inaccessibile in cui dobbiamo prestargli l'assenso per fede è avere egli conosciuto che grande è il Signore.  Quanto alla grandezza del Signore, da lui vista e proposta all'assenso della nostra fede, se la conservi lui personalmente nel suo cuore, dal momento che non gli è riuscito di elevare fin lassù i nostri occhi. Ci faccia intanto l'elenco di alcune opere compiute dal Signore sulla terra, affinché attraverso la considerazione, a noi possibile, delle opere di lui ci sia dato gustare la dolcezza del Signore, se è vero, com'è vero, che noi non siamo in grado di fissare lo sguardo come il salmista nella grandezza divina. Dice pertanto: Io ho conosciuto che grande è il Signore, e il nostro Dio è sopra tutti gli dèi. Quali dei? Lo dice l'Apostolo: E sebbene ci siano esseri chiamati dei, sia in cielo che sulla terra, come vi sono molte divinità e molti signori, tuttavia per noi non c'è che un Dio solo, il Padre da cui tutto proviene, e noi viviamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale son tutte le cose, e noi per lui esistiamo . Si applichi dunque agli uomini il nome " dio ". Sta scritto infatti: Dio sta nell'adunanza degli dèi . E ancora: Io ho detto: Siete dei, e tutti figli dell'Altissimo . E non sarà Dio superiore agli uomini? Anzi, cosa c'è di strano nell'essere Dio superiore agli uomini? Dio è anche superiore agli angeli, poiché non gli angeli fecero Dio ma Dio fece gli angeli, ed è logico che l'artefice sia superiore a tutte le opere da lui realizzate. Il salmista pertanto, conoscendo la grandezza del Signore e mirando la sua superiorità rispetto all'intero mondo creato, non soltanto cioè rispetto al mondo materiale ma anche a quello spirituale, esclama: Re grande al di sopra di tutti gli dèi. Egli è il Dio sommo, al di sopra del quale non ci sono dèi. Di lui ci narri ora le opere: queste sì che possiamo capirle.

6 Tutto ciò che ha voluto il Signore

lo ha fatto: nel cielo e sulla terra,

nel mare e in tutti gli abissi.

Tutte le cose che ha voluto, il Signore le ha fatte in cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi. Chi sarà in grado di comprendere appieno tali creature? Chi riuscirà a contare le opere compiute dal Signore nel cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi? Comunque, per quanto incapaci di conoscerle adeguatamente, dobbiamo ammettere per fede e ritenere con certezza assoluta che ogni creatura esistente nel cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi è opera di Dio, se, come abbiamo affermato, è vero che tutte le cose che ha voluto, le ha fatte in cielo e sulla, terra, nel mare e in tutti gli abissi. Quanto alle cose da lui fatte, è da escludersi che le abbia fatte per costrizione; tutte quante le ha fatte perché ha voluto. Causa dell'intero universo creato è la sua volontà.

7 Fa salire le nubi dall’estremità

della terra, ha fatto i lampi per la

pioggia , lui che trae fuori i venti

dai suoi tesori,

Solleva le nubi dalle estremità della terra. Sono queste opere del Signore che vediamo nel mondo da lui creato. Vengono le nubi dall'estremità della terra, si adunano nel mezzo [del cielo] e si mutano in pioggia; tu però non sai donde siano sorte. Te lo indica il profeta dicendo: Dalla estremità della terra. Si tratti delle profondità della terra o del limite estremo che l'attornia, è Dio che solleva le nubi da dove vuole, comunque sempre dalla terra. Rese i fulmini apportatori di pioggia. Senza pioggia, i fulmini ti spaventano, ma non ti producono nulla. Rese i fulmini apportatori di pioggia. Cadono i fulmini e tu tremi, piove e tu gioisci. Rese i fulmini apportatori di pioggia. Colui che ti spaventava ha pensato a farti gioire. Egli estrae i venti dai loro nascondigli; difatti del vento non conosci le cause né la provenienza. Senti che soffia ma non sai per qual motivo soffi né da quale nascondiglio originario provenga. Devi comunque prestare a Dio l'ossequio di credere che non soffierebbe se non gliel'avesse ordinato il suo artefice, se non l'avesse prodotto il Creatore.

8 che ha percosso i primogeniti d’Egitto,

dall’uomo fino al bestiame.

9 Mandò segni e prodigi

in mezzo a te, Egitto, contro

faraone e tutti i suoi servi.

10 Lui che percosse molte genti e uccise re forti:

11 Sehon re degli Amorrei e

Og re di Basan e tutti i regni di Canaan

12 e ha dato la loro terra

in eredità, in eredità a Israele suo popolo.

. Diamo ora uno sguardo a quanto ha egli fatto tra gli uomini in favore del suo popolo. Ha percosso i primogeniti dell'Egitto. Finora t'erano state narrate cose per cui dovevi amarlo, non ancora quelle per cui avresti dovuto temerlo. Osserva ora com'egli anche quando si adira fa ciò che vuole. Ha percosso i primogeniti dell'Egitto dall'uomo fino al bestiame. E mandò segni e prodigi in mezzo a te, o Egitto. Son cose che conoscete avendo letto quali gesta portentose fece in Egitto la mano del Signore servendosi di Mosè, per spaventare, sconvolgere e abbattere i superbi egiziani. Contro il faraone e contro tutti i suoi servi. Né bastano gli interventi compiuti in Egitto; cosa fece ancora dopo che il popolo fu condotto fuori dai suoi confini? Egli abbatté numerose popolazioni: quelle cioè che occupavano il territorio che Dio voleva dare al suo popolo. Ha ucciso i re forti, Seon re degli amorrei, Og re di Basan e tutti i regni di Canaan. Tutte queste vicende, elencate brevemente nel salmo, noi le leggiamo negli altri Libri divini, e dovunque appare potente la mano del Signore. Ebbene, vedendo quel che Dio ha fatto contro gli empi, sta' attento che le stesse cose non capitino a te. Se infatti tali cose accaddero contro quei popoli, fu perché tu ne scampassi e non imitando la loro empietà non avessi a subire la stessa sorte.

13 Signore, il tuo nome è

in eterno, il tuo memoriale,

Signore, di generazione in generazione.

Segue il giubilo della lode a Dio. Avendo tu creato tutte le cose, o Signore, il tuo nome [dura] in eterno. Con che occhio infatti vedo le cose da te create? Osservo quel che hai creato in cielo e poi scendo a osservare questa superficie inferiore dove abitiamo. Dovunque scorgo tuoi benefici: le nubi, i venti, le piogge. Considero le vicende del tuo popolo. Li liberasti dalla casa dell'asservimento e contro i loro nemici facesti segni e prodigi. Castigasti coloro da cui avevamo ricevuto tribolazioni, scacciasti dal proprio paese i popoli empi, uccidendone i re, e desti al tuo popolo la terra da loro posseduta. Ho contemplato tutto questo e colmo di entusiasmo ho esclamato: Signore, il tuo nome è in eterno…

Signore, la tua memoria di generazione in generazione, la presente generazione e l'altra generazione: la generazione di cui diventiamo fedeli e rinasciamo mediante il battesimo, e la generazione in cui risorgeremo dai morti e uniti agli angeli vivremo in eterno. Il tuo ricordo, o Signore, s'estende a questa generazione e a quella futura. Dio infatti non si è dimenticato di noi né al presente quando ci ha chiamati né si dimenticherà quel giorno quando ci darà la corona.

14 Perché giudicherà il Signore

il suo popolo e si implorerà perdono per i servi suoi.

Il Signore ha giudicato il suo popolo e tra i suoi servi sarà invocato. Dio ha già emesso il giudizio sul suo popolo: la nazione giudaica, a parte il giudizio finale, è già stata giudicata. Che significa " giudicata "? Ne sono stati separati i giusti e vi son rimasti dentro solo i perversi. Se dico il falso o qualcuno pensa che io dica il falso affermando che il giudizio è stato fatto, si ascoltino le parole del Signore: Son venuto in questo mondo per un giudizio: affinché quelli che non vedono, vedano; e quei che vedono, diventino ciechi. I superbi sono stati accecati, gli umili illuminati. È comunque un fatto che egli ha giudicato il suo popolo… Sì, Dio ha giudicato il suo popolo. Li ha dunque separati; ma è possibile che fra tanti egli non trovi chi possa attrarre nel suo regno restaurato? Certo che ve li troverà. E tra i suoi servi sarà invocato. Dice l'Apostolo: Non ha rigettato completamente il suo popolo che aveva prescelto. E come lo dimostra? Anche io sono un israelita. Il Signore, dunque, ha giudicato il suo popolo, separando i buoni dai cattivi…  E tra i suoi servi sarà invocato. Da chi [sarà invocato]? Dai pagani. Quante nazioni pagane sono infatti venute alla fede! Quanti territori, quante località del deserto vengono ora a noi! Da queste contrade viene gente innumerevole. Vogliono abbracciare la fede. Noi chiediamo loro: Cosa volete? Conoscere la gloria di Dio, rispondono.

15 Gli idoli delle genti argento e

oro, opere delle mani degli  uomini.

16 Hanno bocca e non parleranno,

hanno occhi e non vedranno,

17 hanno orecchi e non udranno.

Infatti non c’è respiro nella loro bocca.

Descritta per intero la serie ordinata e finalizzata [degli eventi del Vecchio Testamento], lo Spirito di Dio si volge a rimbrottare e deridere gli idoli, come del resto fanno ora quelli stessi che li avevano venerati. Gli idoli dei pagani sono oro e argento. Dio è l'autore di tutte queste meraviglie: ha compiuto tutto quel che ha voluto tanto in cielo quanto sulla terra, ha giudicato il suo popolo, è invocato dai suoi servi. Per le effigi plasmate [dall'uomo] cosa resta se non che le si irrida e non che le si adori? Per ingenerare in noi del disprezzo verso tutte queste invenzioni umane forse parlerà degli idoli del paganesimo soffermandosi su quelli di pietra o di legno, di gesso o di terracotta? Parlerà di questi idoli pagani? Non di questi voglio parlare: la loro materia è troppo spregevole. Voglio parlare di ciò che essi amano sommamente e sommamente stimano. Gli idoli dei pagani sono oro e argento. È vero, sono d'oro, d'argento, ma forse che, per il fatto che l'oro e l'argento luccicano, hanno quelle statue occhi per vedere? Insomma, per essere d'argento e d'oro potranno, forse, essere utili all'avaro, non all'uomo religioso.

Simulacri di questo genere poté forgiarli qualsiasi modellatore, argentiere, orafo, dotandoli di occhi e di orecchie, di naso e di bocca, di mani e di piedi. Nessuno di loro però è stato mai in grado di dare la vista a quegli occhi, l'udito a quelle orecchie, la voce a quella bocca, la facoltà olfattiva al naso, la scioltezza alle mani, il moto ai piedi.

18 Simili a loro divengano quelli

che li fanno  e tutti quelli che sperano in essi.

O uomo, se hai riconosciuto chi sia il tuo creatore senza dubbio ti verrà da ridere di quanto tu stesso ti sei fabbricato. Quanto poi a coloro che non si decidono a riconoscere Dio, cosa si dice? Siano simili ad essi coloro che li fanno e tutti quelli che in essi confidano. E in effetti (credetelo, fratelli!) si incide in loro una certa somiglianza con i loro idoli: non certo nel loro corpo ma nel loro uomo interiore. Essi hanno orecchi ma non odono quanto Dio loro grida: Chi ha orecchi per udire, ascolti . Hanno occhi ma non vedono: hanno cioè gli occhi del corpo ma non l'occhio della fede. In ogni popolo si avvera questa profezia… Si adempie davvero in essi quanto con verità era stato di loro predetto: Siano ad essi simili coloro che li fanno e tutti quelli che in essi confidano.

19 Casa d’Israele, benedite

il Signore, casa di Aronne

benedite il Signore,

20 casa di Levi, benedite il Signore.

Voi che temete il Signore,

benedite il Signore.

Casa d'Israele, benedici il Signore. Fa'  in modo che ti si possa dire veramente membro di quella casa, che ti si possa veramente chiamare popolo d'Israele, dal quale uscirono gli Apostoli che credettero insieme con migliaia di circoncisi. Casa d'Israele, benedici il Signore; casa di Aronne, benedici il Signore; casa di Levi, benedici il Signore. Benedite il Signore, voi popoli in genere! Questo significa: Casa d'Israele. Beneditelo, voi o presuli della Chiesa! Questo significa: Casa di Aronne. Beneditelo, voi ministri! Questo significa: Casa di Levi. E delle altre nazioni [che dire]? Voi che temete il Signore, benedite il Signore.

21 Benedetto in Sion il Signore,

che abita in Gerusalemme.

Quanto segue diciamolo tutti in coro: Da Sion sia benedetto il Signore, che abita in Gerusalemme. Da Sion e da Gerusalemme. Sion vuol dire "contemplazione", Gerusalemme "visione di pace". Qual è la Gerusalemme in cui adesso abita il Signore? Quella che fu distrutta? No, ma quella che è la nostra madre, quella che è nei cieli, della quale fu detto: I figli dell'abbandonata sono molto di più di quella che ha marito . Viene pertanto il Signore da Sion, perché noi, finché non sarà venuto, abbiamo lo sguardo rivolto a lui e, sebbene viviamo nella speranza, tuttavia già siamo dentro Sion. Giunti al termine della via, abiteremo in quella città che mai sarà abbattuta poiché il Signore abita lì dentro, e la custodisce. Tale città è anche visione di pace, è l'eterna Gerusalemme, dove avremo quella pace di cui, o fratelli, nessuna lingua saprà mai cantare le lodi.

Dai Padri

Ilario: questo salmo narra, in gran parte, i fatti dell’Esodo, ma l’apostolo ci dice che essi sono ombra delle cose future. Le meraviglie dell’Esodo sono simbolo di tutto ciò che Dio ha fatto per la salvezza dell’uomo. Nonostante la nostra conoscenza non si possa spingere molto lontano, Dio non ha niente di più caro dell’uomo. Ha creato il mondo con una parola, ma per l’uomo ha tenuto consiglio, si è servito della sua mano, lo ha fatto a sua immagine, ha alitato in lui il soffio vitale. Gli ha dato una legge, lo ha lasciato libero, lo ha costituito Signore del mondo e abitante del paradiso. L’uomo aveva di che eccitare l’invidia del diavolo. E dopo il peccato, Dio lo ha custodito per la sua misericordia. Nel corso dei secoli Dio lo ha istruito affinché lo conoscesse. Lo prepara a giudicare gli angeli; tutta la creazione attende la rivelazione della sua gloria e quando si pente del suo peccato, gli angeli ne gioiscono grandemente. Ecco l’uomo assunto in Gesù Cristo per il mistero dell’incarnazione. Ormai la sua bocca blasfema insegna ovunque la vera religione, il suo corpo macchiato si purifica, il suo spirito cieco diviene l’Israele che vede Dio.

1 Crisostomo: gli inviti del salmista a lodare Dio ricordano al popolo il suo patto.

Atanasio: il salmista esorta a lodare Dio coloro che in Egitto hanno lodato i falsi dei.

Teodoreto: non potete vedere la natura di Dio, ma lodate il suo nome.

Ilario: servi, è la nostra professione.

Ilario: voi che state: non erranti, ma stabili.

Atanasio: nella casa del nostro Dio, cioè nei cieli.

Teodoreto: gioia per il ritorno dalla cattività.

3 Atanasio cita 2 Pietro 3,9: il Signore usa pazienza con noi, non volendo che alcuno perisca ma che tutti ritornino a penitenza e godano eternamente dei suoi beni.

Crisostomo: il fatto stesso di cantare a Dio ha in sé un aspetto utilitario e di piacere. Il canto religioso eleva l’anima, le insegna o le ricorda le verità della salvezza, il fine ultimo. La melodia è un piacere. E l’uomo che canta a Dio acquista una specie di carattere sacro.

4 Crisostomo: questo popolo piccolo e senza alcun valore Dio lo ha scelto come cosa preziosa, non guardando al suo piccolo numero ma alla santità a cui voleva portarlo.

Ilario: Giacobbe è immagine della Chiesa.

5 Crisostomo: cosa conosci tu più di tutti gli altri? I santi hanno una conoscenza superiore agli altri, ma sempre imperfetta. Il salmista ci insegna a lodare Dio passando in rassegna tutta la creazione.

Atanasio: istruito da lui, ho conosciuto la sua grandezza per mezzo della potenza della sua morte.

Teodoreto: lo sappiamo dai fatti: non si può confrontare il nostro Dio, colui che è con gli dei che non sono.

Girolamo: lo applica ai santi e, per estensione, agli angeli.

6 Atanasio: nessuno può resistere alla sua volontà… Nell’acqua del battesimo annienta le potenze avverse.

7 Tutti i padri consultati danno spiegazioni allegoriche di questo versetto, salvato il senso letterale.

8 Atanasio: il bestiame è nominato perché, fatto per l’uomo, è punito a causa dell’uomo.

13 Origene: il salmista interrompe lo sviluppo di un discorso per rendere gloria a Dio in un modo molto spontaneo. Paolo fa spesso così:… A lui la gloria per i secoli dei secoli! (Galati 1,5).

Crisostomo: si interrompe per lodare Dio.

Ilario: questi voti che offriamo a Dio, a lui servono? Servono a noi. Desiderare e confessare il regno di Dio equivale a dire: ricordati di me, quando sarai giunto nel tuo regno (Luca 23,42).

13 Atanasio: il memoriale della sua passione.

Ilario: per i giudei, questo memoriale è il libro della legge. Ma il memoriale è passato ai cristiani.

14 Atanasio interpreta: vendicherà il suo popolo.

20 Ilario vede in Israele il simbolo della contemplazione e del servizio più alto reso Dio.

21 Ruperto: questo salmo comincia con lodi e finisce con benedizioni. Dopo aver elencato motivi di lode, conclude: benedetto il Signore in Sion. Sottintende il Dio e uomo che viene e che da sempre e per sempre abita nella Gerusalemme celeste.

Cassiodoro: il Signore, il Cristo re nella sua chiesa. È lui che abita questa Gerusalemme, costruita dall’assemblea di tutti i santi, la cui eterna felicità è nella presenza del re.

Girolamo: che abita in Gerusalemme: è il nostro Signore Gesù Cristo.

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 135

( Alleluia )

1 Confessate il Signore perché è buono,

perché in eterno è la sua misericordia

2 Confessate il Dio degli dei

perché in eterno è la sua misericordia

3 Confessate il Signore dei signori

perché in eterno è la sua misericordia.

4 Lui che solo fa grandi meraviglie,

perché in eterno è la sua misericordia.

5 Che ha fatto i cieli nell’intelletto,

perché in eterno è la sua misericordia,

6 che ha fissato la terra sulle acque,

perché in eterno è la sua misericordia.

7 Che ha fatto i grandi luminari,

poiché in eterno è la sua misericordia:

8 il sole a dominio del giorno,

perché in eterno è la sua misericordia;

9 la luna e le stelle a dominio della notte,

perché in eterno è la sua misericordia.

10 Lui che percosse l’Egitto coi loro primogeniti,

perché in eterno è la sua misericordia.

11 Che trasse fuori Israele di mezzo a loro,

perché in eterno è la sua misericordia;

12 con mano forte e con braccio alzato,

perché in eterno è la sua misericordia.

13 Lui che divise in parti il Mare Rosso,

perché in eterno è la sua misericordia.

14 E condusse Israele in mezzo ad esso,

perché in eterno è la sua misericordia.

15 E fece precipitare faraone e

il suo esercito nel Mare Rosso,

perché in eterno è la sua misericordia.

16 Lui che condusse il suo

popolo nel il deserto,

perché in eterno è la sua misericordia.

17 Che percosse grandi re,

perché in eterno è la sua misericordia.

18  E uccise re forti,

perché in eterno è la sua misericordia:

19 Sehon re degli Amorrei,

perché in eterno è la sua misericordia,

20 e Og re di Basan,

perché in eterno è la sua misericordia.

21 E ha dato in eredità la loro terra,

perché in eterno è la sua misericordia,

22 in eredità a Israele suo servo,

perché in eterno è la sua misericordia.

23 Poiché nella nostra umiliazione si è ricordato di noi,

perché in eterno è la sua misericordia.

24 E ci ha riscattato dai nostri nemici,

perché in eterno è la sua misericordia.

25 Lui che dà il cibo ad ogni carne,

perché in eterno è la sua misericordia.

26 Confessate il Dio del cielo,

perché in eterno è la sua misericordia.

Confessate il Signore dei signori,

perché in eterno è la sua misericordia.

Da Sacy

( Alleluia )

1 Confessate il Signore perché è buono,

perché in eterno è la sua misericordia

2 Confessate il Dio degli dei

perché in eterno è la sua misericordia

3 Confessate il Signore dei signori

perché in eterno è la sua misericordia.

Lodate il Signore con rendimento di grazie, riconoscendo la sua infinita bontà. Lodate nell’adorabile unità del suo essere la ineffabile trinità delle tre persone divine, cosa che pare che il profeta voglia farci  intendere con la triplice ripetizione delle lodi che egli ci invita a dargli: prima come Signore, poi come Dio degli dei e finalmente come padrone dei padroni, perché, Egli dice, eterna è la sua misericordia; non è incostante come gli uomini nei suoi benefici e nella distribuzione delle grazie. Usa continuamente misericordia né mai cessa di beneficare il genere umano. Date tutte le vostre lodi e rendete tutte le vostre grazie a colui che  è superiore a tutti i falsi dei del paganesimo. Dategli nel vostro cuore una vera preferenza sopra ogni cosa, e riconoscetelo vero Dio e Signore vostro.

4 Lui che solo fa grandi meraviglie,

perché in eterno è la sua misericordia.

5 Che ha fatto i cieli nell’intelletto,

perché in eterno è la sua misericordia,

6 che ha fissato la terra sulle acque,

perché in eterno è la sua misericordia.

I maghi di faraone imitavano in apparenza i prodigi operati da Dio per mezzo di Mosè; Dio a maggior loro confusione permise che non potessero essi contraffare ciò che sembrava più facile da eseguirsi, cioè produrre mosche e si sentirono costretti a dichiarare a faraone che in quell’incontro si manifestava il dito di Dio. Spetta dunque alla sola divina onnipotenza operare grandi prodigi o nelle cose della natura o in quelle della grazia. Soltanto la sua suprema intelligenza poté formare i cieli in quella bellezza e in quell’ordine e in quella così mirabile varietà che hanno fatto conoscere agli antichi filosofi, come dice San Paolo, la divinità della sapienza dell’artefice onnipotente che li ha fabbricati, quantunque non l’abbiano essi glorificato come Dio dopo aver conosciuto la sua divinità.

7 Che ha fatto i grandi luminari,

poiché in eterno è la sua misericordia:

8 il sole a dominio del giorno,

perché in eterno è la sua misericordia;

9 la luna e le stelle a dominio della notte,

perché in eterno è la sua misericordia.

Dal momento che per un effetto di pura bontà Dio ha creato dapprincipio il sole, la luna le stelle e per un effetto della stessa bontà egli continua a conservare quei grandi luminari dell’universo, dopo che gli uomini se ne erano resi indegni coi loro peccati, il profeta è premuroso di riferire ciascuna cosa all’eterna sua misericordia

10 Lui che percosse l’Egitto coi loro primogeniti,

perché in eterno è la sua misericordia.

11 Che trasse fuori Israele di mezzo a loro,

perché in eterno è la sua misericordia;

12 con mano forte e con braccio alzato,

perché in eterno è la sua misericordia.

13 Lui che divise in parti il Mare Rosso,

perché in eterno è la sua misericordia.

14 E condusse Israele in mezzo ad esso,

perché in eterno è la sua misericordia.

15 E fece precipitare faraone e

il suo esercito nel Mare Rosso,

perché in eterno è la sua misericordia.

16 Lui che condusse il suo

popolo nel il deserto,

perché in eterno è la sua misericordia.

17 Che percosse grandi re,

perché in eterno è la sua misericordia.

18  E uccise re forti,

perché in eterno è la sua misericordia:

Abbiamo notato nel  salmo precedente che tutte queste circostanze e tutti questi prodigi si spiegano tanto nel libro dell’Esodo quanto nei seguenti. E siccome d’altronde tutto in essi è chiaro senza che ci sia bisogno di spiegazione, basta entrare nell’intenzione del profeta: vuole che ad uno ad uno riandiamo a questi ricordi, considerando quante volte il Signore avesse dato al  suo popolo prove del tutto singolari della sua bontà.

19 Sehon re degli Amorrei,

perché in eterno è la sua misericordia,

20 e Og re di Basan,

perché in eterno è la sua misericordia.

21 E ha dato in eredità la loro terra,

perché in eterno è la sua misericordia,

22 in eredità a Israele suo servo,

perché in eterno è la sua misericordia.

Una tale memoria suscita la riconoscenza, infiamma l’amore  verso  un Dio così misericordioso. Se tale era l’obbligo, che Israele aveva verso il Signore, quanto più coloro in favore dei quali Dio ha adempiuto le verità di cui quell’antico popolo non possedeva che le figure, sono tenuti a lodare con rendimenti di grazie colui che ha immerso i loro nemici non già nel Mare Rosso, ma nel suo sangue, che ha abbattuto la potestà delle tenebre, che ha percosso re potenti e  gli stessi demoni che sono i principi del secolo!  Tali dovrebbero essere gli argomenti  più frequenti delle nostre meditazioni che ci manterrebbero in una continua gratitudine e in una maggiore fedeltà nel corrispondere a tante grazie.

23 Poiché nella nostra umiliazione si è ricordato di noi,

perché in eterno è la sua misericordia.

24 E ci ha riscattato dai nostri nemici,

perché in eterno è la sua misericordia.

25 Lui che dà il cibo ad ogni carne,

perché in eterno è la sua misericordia.

Facile è per noi riconoscere che per la divina misericordia siamo usciti da qualche grande afflizione e che in virtù di essa siamo stati redenti dalla schiavitù dei nostri nemici . Ma forse assai di rado , se siamo nel numero dei ricchi e dei potenti della terra,  pensiamo che è Dio che dà il cibo ad  ogni carne. Un verme rinchiuso nelle ricchezze corrompe il cuore di quelli che le posseggono e impedisce loro di riconoscere che hanno da Dio quei beni, non solo per alimentare se stessi, ma per alimentarne i poveri. Se dunque i ricchi serbano solo per loro stessi quello che hanno ricevuto per i loro fratelli, imitano essi l’amministratore di un principe che ritiene per sé il denaro che è obbligato a sborsare ad altri. Si può ancora dire con Sant’Ilario: che la infinita misericordia del nostro Dio l’ ha finalmente indotto a ricordarsi di noi nell’estremo abbassamento e nella profonda miseria a cui ci aveva ridotto il peccato, allorché egli medesimo si è rivestito delle nostre bassezze e non soltanto ha redento il suo popolo dalla schiavitù dei suoi nemici, allorché trasse Israele dalla schiavitù degli Egizi, ma molto più allorché si è immolato per i nostri peccati e ci ha redenti con il suo sangue. Egli dà pure il nutrimento ad ogni carne che è redenta: un nutrimento incorruttibile ed eterno che è quello del pane vivente disceso dal cielo.

26 Confessate il Dio del cielo,

perché in eterno è la sua misericordia.

Confessate il Signore dei signori,

perché in eterno è la sua misericordia.

Finisce il salmista dove ha incominciato e conclude da quanto ha detto: che al Dio del cielo, al padrone dei padroni, cui sono sottoposti tutti quelli che hanno titolo di signore, appartiene veramente la lode: una lode che tende principalmente ad esaltare la sua misericordia, nella quale noi dobbiamo riporre la nostra gloria e la nostra fiducia.

Da Agostino

( Alleluia )

1 Confessate il Signore perché è buono,

perché in eterno è la sua misericordia

Confessate al Signore perché è buono, perché la sua misericordia [dura] in eterno. Questo salmo ha come argomento la lode di Dio e tutti i suoi versi terminano con la stessa conclusione. A lode di Dio si dicono molte cose, tuttavia quel che si sottolinea con maggiore insistenza è la sua misericordia. Tant'è vero che l'autore ad opera del quale lo Spirito Santo compose il salmo non volle chiudere alcun verso senza farvi esplicito riferimento.

2 Confessate il Dio degli dei

perché in eterno è la sua misericordia

3 Confessate il Signore dei signori

perché in eterno è la sua misericordia.

Confessate al Signore dei signori, poiché la sua misericordia [dura] in eterno. A buon diritto si pone il problema chi siano questi dèi e signori dei quali l'unico vero Dio sia dio e signore. Al riguardo troviamo in un altro salmo che anche agli uomini si dà il nome di dèi. Dice: Dio s'alzò in piedi nel consesso degli dèi, e in mezzo egli distingue gli dèi. E poco dopo: Io ho detto: Siete dèi e figli tutti dell'Altissimo, ma voi morrete come uomini e cadrete come uno dei principi . A questo testo fa riferimento anche nostro Signore quando dice nel Vangelo: Non è scritto nella vostra legge: Io dissi: Voi siete dèi ? Se chiama dèi quelli a cui fu rivolta la parola del Signore - e la Scrittura non può essere annullata - a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite che bestemmia perché ho detto: Sono Figlio di Dio? Li chiama dunque dèi non perché tutti siano buoni ma perché è ad essi rivolta la parola di Dio. Se infatti fossero stati buoni, non se ne sarebbe potuto fare alcun giudizio. Premesso invece che Dio si alzò in piedi nel consesso degli dèi, non continuò dicendo che egli lì fra mezzo distingue gli dèi e gli uomini, quasi a mostrare la differenza che intercorre fra dèi e uomini, ma dice: Lì in mezzo egli distingue gli dèi. E poi soggiunge: Fino a quando giudicherete iniquamente? eccetera. Tutto questo lo dice non a tutti ma a certuni soltanto poiché lo dice operando una discriminazione, e tuttavia questa discriminazione è compiuta in mezzo agli dèi.

4 Lui che solo fa grandi meraviglie,

perché in eterno è la sua misericordia.

5 Che ha fatto i cieli nell’intelletto,

perché in eterno è la sua misericordia,

6 che ha fissato la terra sulle acque,

perché in eterno è la sua misericordia.

Come intendere  le parole: Egli consolidò la terra al di sopra delle acque? Non è una questione ben chiara. Difatti la terra risulta più pesante delle acque, per cui è convinzione comune che non le acque reggano la terra ma la terra le acque. Ci sono a questo proposito certuni che ritengono di aver appurato questi fenomeni e di conoscerli con motivata sicurezza. Al riguardo noi non vogliamo difendere con accanimento la verità dei nostri Libri sacri contro costoro, ma, comunque stiano le cose, noi riteniamo il significato che ci viene come il più immediato. Col nome di terra quindi intendiamo la terra abitata dagli uomini e nella quale si trovano gli animali terrestri. Con altro termine la Scrittura la chiama " superficie arida ", come là dove è scritto: Appaia l'asciutto, e Dio chiamò terra l'asciutto . Di questa terra si dice che è fondata sopra le acque nel senso che sovrasta le acque che la circondano. Anche di una città marittima si dice infatti che sorge sul mare, ma non nel senso che il mare stia sotto le sue fondamenta come lo sono le acque rispetto alle cavità delle grotte [marine] o rispetto alle navi che galleggiano in superficie. Se la si dice posta sul mare, è perché è più in alto rispetto al mare che l'attornia più basso. In tal senso si dice del faraone che uscì al di sopra delle acque , lezione di certi codici greci del testo che qualche traduttore latino ha reso: Vicino alle acque. Così anche del Signore si dice che sedeva sopra il pozzo . Nell'uno e nell'altro caso significa che si trovavano in posizione più elevata rispetto al fiume o al pozzo a cui erano rispettivamente vicini.

7 Che ha fatto i grandi luminari,

poiché in eterno è la sua misericordia:

Confessiamo dunque al Dio degli dèi, al Signore dei signori; poiché la sua misericordia [dura] in eterno. Lui che da solo compie opere e miracoli. Come alla fine d'ogni versetto dice: Poiché in eterno [dura] la sua misericordia, così all'inizio di ogni versetto, sebbene non lo si dica espressamente, occorre sottintendere la parola: Confessate, come appare in maniera più evidente nel testo greco. E apparirebbe anche in latino se i nostri traduttori avessero potuto rendere alla lettera l'espressione greca. Questo, ad esempio, l'avrebbero potuto fare nel nostro versetto, traducendo: A colui che compie opere mirabili. Difatti mentre il latino legge: Colui che compie opere mirabili, il greco reca: A colui che compie opere mirabili, dove necessariamente è sottinteso il verbo: Confessate. Avessero almeno aggiunto il pronome e detto: A colui che compie, ovvero: a colui che fece, ovvero: a colui che consolidò. In tal modo si sarebbe potuto arguire con facilità che occorreva sottintendere: Confessate. Invece, come giace, il nostro testo è veramente oscuro per chi non è in grado di ricorrere al testo greco o non se ne cura. Si potrebbe addirittura pensare che le espressioni: Chi fece i cieli, Chi consolidò la terra, Chi creò i luminari perché eterna è la sua misericordia, le si debbano intendere nel senso che Dio abbia compiuto tali opere perché eterna è la sua misericordia. In realtà compito della misericordia divina è liberare quelli che si trovano nella miseria. Quanto invece alla creazione del cielo, della terra e dei luminari, non dobbiamo concepirla tanto come un effetto della sua misericordia quanto piuttosto della sua bontà, avendo creato perfettamente buone tutte le cose . Egli creò tutte le cose perché avessero un'esistenza , mentre compito specifico della misericordia è purificarci dai peccati e liberarci per l'eternità dalla nostra miseria. Questo dunque è il senso delle parole che ci rivolge il salmo: Confessate al Dio degli dèi, confessate al Signore dei signori. Confessate a colui che solo compie opere mirabili, confessate a colui che ha creato i cieli nell'intelletto, confessate a colui che ha fissato la terra sopra le acque, confessate a colui che da solo ha fatto i grandi luminari. Il motivo poi per il quale dobbiamo confessarlo è indicato alla fine di ogni verso. Perché in eterno [dura] la sua misericordia.

8 il sole a dominio del giorno,

perché in eterno è la sua misericordia;

9 la luna e le stelle a dominio della notte,

perché in eterno è la sua misericordia.

Appena  ha affermato che lui, da solo, ha creato i grandi luminari, subito ci palesa quali siano questi luminari e continua: Il sole che presiede al giorno, la luna e le stelle che presiedono alla notte; ma poi eccolo passare alla enumerazione delle opere che ha compiute mediante gli angeli o gli uomini. Dice: Egli percosse l'Egitto con i suoi primogeniti, eccetera. La totalità quindi del mondo creato, Dio non l'ha prodotta servendosi di creature ma l'ha creata da solo. Di questo mondo creato il salmista ricorda solo alcune parti, certo le più sublimi, come sono i cieli tra le creature intelligibili e la terra tra quelle visibili, da cui noi concludessimo alla totalità dell'universo. Siccome poi ci sono anche i cieli visibili, menzionando espressamente i luminari del cielo ci invita a ritenere creato da lui tutto il mondo celeste.

10 Lui che percosse l’Egitto coi loro primogeniti,

perché in eterno è la sua misericordia.

11 Che trasse fuori Israele di mezzo a loro,

perché in eterno è la sua misericordia;

12 con mano forte e con braccio alzato,

perché in eterno è la sua misericordia.

13 Lui che divise in parti il Mare Rosso,

perché in eterno è la sua misericordia.

14 E condusse Israele in mezzo ad esso,

perché in eterno è la sua misericordia.

15 E fece precipitare faraone e

il suo esercito nel Mare Rosso,

perché in eterno è la sua misericordia.

16 Lui che condusse il suo

popolo nel il deserto,

perché in eterno è la sua misericordia.

17 Che percosse grandi re,

perché in eterno è la sua misericordia.

18  E uccise re forti,

perché in eterno è la sua misericordia:

19 Sehon re degli Amorrei,

perché in eterno è la sua misericordia,

20 e Og re di Basan,

perché in eterno è la sua misericordia.

21 E ha dato in eredità la loro terra,

perché in eterno è la sua misericordia,

22 in eredità a Israele suo servo,

perché in eterno è la sua misericordia.

23 Poiché nella nostra umiliazione si è ricordato di noi,

perché in eterno è la sua misericordia.

24 E ci ha riscattato dai nostri nemici,

perché in eterno è la sua misericordia.

25 Lui che dà il cibo ad ogni carne,

perché in eterno è la sua misericordia.

26 Confessate il Dio del cielo,

perché in eterno è la sua misericordia.

Confessate il Signore dei signori,

perché in eterno è la sua misericordia.

Liberò Israele di mezzo a loro. Egli dunque liberò di mezzo ai cattivi i suoi santi e fedeli. Con mano potente e braccio sublime. Cosa più potente o più sublime di colui del quale fu detto: E il braccio del Signore a chi è stato rivelato?  Ha diviso il Mar Rosso in due parti. La stessa divisione si opera ancora, sicché lo stesso e identico battesimo per gli uni è sacramento di vita, per gli altri di morte. Ha tratto fuori Israele di mezzo ad esso. Anche ora trae fuori il suo popolo rinnovato nel lavacro della rigenerazione. Sprofondò nel Mar Rosso il faraone con tutto il suo esercito. È nel battesimo che distrugge con rapidità il peccato dei suoi [eletti] insieme col reato di colpa che l'accompagna. Accompagnò il suo popolo nel deserto. Ci accompagna durante la traversata del tempo presente, arido e infruttuoso, perché non vi moriamo. Colpì re grandi e uccise re forti. Anche in noi colpisce e uccide le potenze diaboliche a noi ostili. Seon re degli amorrei. Seon significa "germe inutile" o "calore di tentazione": re di coloro che causano amarezza. Tale il significato di " amorrei ". Og re di Basan, Og significa " colui che ammassa ". Re di " confusione ": tale il senso di Basan. Cosa infatti può ammucchiare il diavolo se non la confusione? E ha dato la loro terra in eredità, in eredità ad Israele suo servo. Egli dà anche oggi coloro che prima erano possesso del diavolo in eredità al discendente di Abramo, cioè a Cristo. Poiché nella nostra sventura si ricordò di noi. E ci liberò dai nostri nemici col sangue del suo Unigenito. Egli nutre ogni carne, cioè l'intero genere umano. Non quindi soltanto gli israeliti ma anche i pagani. A proposito di questo cibo è detto: La mia carne è veramente cibo . Confessate al Dio del cielo poiché la sua misericordia [dura] in eterno. Confessate al Signore dei signori, poiché la sua misericordia [dura] in eterno. Quanto all'espressione usata qui, e cioè: Al Dio del cielo, penso che con altro vocabolo abbia voluto esprimere la stessa cosa detta sopra con le parole: Al Dio degli dèi . Difatti le parole che là aggiungeva alle precedenti le ha qui ripetute dicendo: Confessate al Signore dei signori. Comunque, per quanti esseri ci siano in cielo e sulla terra che vengano chiamati dèi - ci sono infatti molti dèi e molti signori - per noi tuttavia c'è un solo Dio, il Padre, da cui tutto proviene e noi viviamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale tutto è stato creato e noi per lui esistiamo . È a lui che noi confessiamo che la sua misericordia (dura] in eterno.

Dai Padri

Cassiodoro: in questo salmo la confessione svolge il suo duplice ruolo: loda Dio e piange sui peccati degli uomini.

2 Origene: gli dei: sono tali per partecipazione. Sono i santi padri ai quali ha parlato: infatti egli è il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe: io ho detto siete dei.

Ilario: il Dio dei santi e dei beati.

Cassiodoro: fino alla fine del salmo la narrazione si svolge nel modo in cui un araldo annuncia le notizie. In intellectu: il salmista non ha bisogno di riflettere ma esprime qui l’assenza di ogni inganno, di ogni spiacevole sorpresa, di ogni errore. Tutto è perfettamente costruito.

6 Atanasio: senso spirituale: il battesimo.

Teodoreto: a ogni creazione meravigliosa il salmista ripete il ritornello, perché Dio ha creato tutto per puro amore, senza nessuna necessità personale.

Girolamo: si può intendere riferito al battesimo.

Cassiodoro: c’è il significato ovvio e quello spirituale del battesimo

10: Origene: Israele che è ingrato ha bisogno che gli si ricordi sempre l’Egitto.

12 Atanasio: senso spirituale: la sua mano è il Figlio unigenito.

13 Atanasio: una tradizione racconta che il mare si divise per ogni tribù, vi furono quindi dodici passaggi.

Teodoreto: la storia delle dodici divisioni è una favola.

Cassiodoro: il senso spirituale, il passaggio del Mar Rosso è simbolo del battesimo. Il faraone è il diavolo.

16 Origene, Atanasio: prodigi del deserto: gli ebrei furono salvati dalla fame, dalla sete, dalle bestie…

21 Atanasio: senso spirituale: al popolo fedele il Signore ha dato la Gerusalemme celeste mentre i diavoli, che furono i primi abitanti del cielo ne sono stati cacciati fuori.

22 Cassiodoro: l’eredità è passata ai cristiani. Tuo servo: esclude quelli che si sottraggono.

23 Origene: nostra umiliazione. È quanto il Signore ha visto in Egitto: ho veduto l’afflizione del popolo mio (Esodo 3,7). Questa considerazione si applica ancor meglio a coloro che libera dalla schiavitù del peccato.

Ilario: la conclusione del salmo mostra che tutto questo deve intendersi riferito alle realtà future. Dio si è ricordato dell’umiliazione dell’uomo quando ha liberato il suo popolo dall’Egitto; ma se ne è ricordato ancor più quando ha assunto la nostra umiliazione attraverso l’incarnazione, quando la gloria della sua natura divina ha assorbito in sé questo nostro umile corpo di terra. E non ha riscattato gli ebrei dalla schiavitù d’Egitto quanto ha riscattato noi dal peccato. E a ogni carne riscattata egli dona il cibo incorruttibile, il pane del cielo (versetto 25).

Girolamo: ci ha visitati con la sua incarnazione.

24 Cassiodoro: chi ha redento non è riferito veramente all’uscita dall’Egitto, poiché il Signore non ha pagato alcun prezzo, allora, per il suo popolo. Il prezzo, il forte riscatto, lo ha pagato per liberarci dal peccato e dal diavolo: ingiurie, dolori, percosse e soprattutto il suo sangue prezioso e il miracolo della sua risurrezione: siete stati comperati a caro prezzo. Tale fu il prezzo senza prezzo.

Girolamo: redenzione per il sangue di Cristo.

Cassiodoro: creatore di tutti, è pastore di tutti, uomini e bestie. Tutti hanno bisogno di lui. Alle creature spirituali dona il cibo spirituale: il corpo e il sangue del Signore.

Girolamo: si dona come pane di vita che dà la vita al mondo.

26 Atanasio: dopo aver nominato ogni carne, il salmista ritorna al Dio del cielo; infatti Dio ha creato tutto ma è soprattutto il Dio del cielo.

Cassiodoro: la misericordia di Dio brilla in ogni versetto di questo salmo come altrettante stelle. Fino a che punto questa lode è potente lo vediamo in 2 Cronache 5,13: quando cominciarono a lodare il Signore e a dire: date lode  al Signore perché è buono… Tutta la casa di Dio si riempì di una nube, così che i sacerdoti non poterono rimanere a fare le loro funzioni per la caligine, poiché la gloria del Signore aveva riempito la casa di Dio.

Girolamo: eravate terrestri, vi  ha reso immortali.

Ruperto: tutto il salmo loda e confessa il Signore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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