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Prima lettera di Giovanni cap1
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- Categoria: Prima lettera di Giovanni
- Pubblicato Sabato, 30 Luglio 2011 08:18
- Scritto da Cristoforo
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Prima Lettera Giovanni cap. 1
1 Ciò che era dall’inizio, ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo visto con i nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato riguardo la Parola della vita, 2 e la vita si è manifestata, e abbiamo visto e rendiamo testimonianza e annunciamo a voi la vita eterna che era verso il Padre e si è manifestata a noi; 3 ciò che abbiamo visto e abbiamo udito, annunciamo anche a voi, affinché anche voi abbiate comunione con noi. E la comunione nostra con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo. 4 E queste cose scriviamo noi, perché la nostra gioia sia compiuta.
5 Ed è questo l’annuncio che abbiamo udito da lui e annunciamo a voi: Dio è luce e in lui non c’è nessuna tenebra .
6 Se diciamo che abbiamo comunione con lui e camminiamo nella tenebra, mentiamo e non facciamo la verità; 7 se invece camminiamo nella luce come egli è nella luce, abbiamo comunione gli uni con gli altri e il sangue di Gesù il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato. 8 Se diciamo che non abbiamo peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. 9 Se ammettiamo i nostri peccati, fedele è e giusto, per condonare a noi i peccati e purificarci da ogni ingiustizia. 10 Se diciamo che non abbiamo peccato, facciamo bugiardo lui e la sua parola non è in noi.
1 Ciò che era dall’inizio, ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo visto con i nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato riguardo la Parola della vita.
L’inizio della prima lettera di Giovanni ricalca quello del suo Vangelo.
Non può esserci inizio di un’autentica conoscenza di Dio se non riportando innanzitutto il discorso a Colui che dall’inizio è garanzia per tutte le creature di ogni vera e fondata conoscenza del Creatore.
L’espressione “ciò che era dall’inizio” ci ricorda l’espressione “In principio era la Parola, e la Parola era verso Dio e Dio era la Parola. ( Giov 1,1 )
Se è vero che non c’è conoscenza alcuna che non passi attraverso la parola, bisogna innanzitutto fare distinzione tra la parola creata e la parola increata.
Se la conoscenza di Dio che cade nel tempo della vita umana non dimostra alcun fondato e giustificato rapporto con una conoscenza eterna dello stesso Dio, vana è ogni parola dell’uomo che abbia pretesa di Verità.
Non conosce la Verità se non Colui che è la Verità. Nessuna parola può essere espressione di Verità se non quella eterna che era in principio, rivolta non verso un qualsiasi Dio, ma verso l’unico eterno Dio, non un prodotto di Dio, ma lo stesso Dio.
Non può esserci conoscenza di Dio se non in virtù di una Rivelazione voluta dal Padre, agita dal Suo santo Spirito, resa manifesta attraverso le parole del Figlio suo.
Nessuna rivelazione è reale se non è opera di Colui che è verità e se non trova veri testimoni tra coloro per i quali è operata.
ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo visto con i nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato riguardo la Parola della vita.
Bisogna subito liberare le menti da ogni pregiudizio e da ogni falsa idea riguardo la Rivelazione.
Benchè interessi e coinvolga tutta l’umanità la Rivelazione non è fatta ad ogni uomo di un qualsiasi tempo.
Non cade in ogni tempo, ma in un determinato tempo, storicamente ben definito, ha caratteristiche uniche ed esclusive, non può essere messa accanto ad altre Rivelazioni. Vi è una sola rivelazione un solo tempo opportuno per essa, un solo accadimento che la qualifica come Verità: la venuta sulla terra dell’eterno Logos di Dio, ovvero il Figlio suo, nelle sembianze della carne e del sangue.
La vera Rivelazione è a noi garantita in virtù della volontà dell’unico eterno Dio, è attuata e resa manifesta dall’incarnazione del Figlio suo, è operante in noi in virtù dello Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio.
Se è Dio il garante della Rivelazione, a quali uomini è data la garanzia di una Rivelazione che viene dall’unico eterno Dio?
Non a uomini qualsiasi ma soltanto a quelli che di se stessi possono dire:
Ciò che era dall’inizio, ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo visto con i nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato riguardo la Parola della vita, 2 e la vita si è manifestata, e abbiamo visto e rendiamo testimonianza e annunciamo a voi la vita eterna che era verso il Padre e si è manifestata a noi; 3 ciò che abbiamo visto e abbiamo udito, annunciamo anche a voi, affinché anche voi abbiate comunione con noi. E la comunione nostra con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo.
La Rivelazione dunque è stata fatta soltanto ad alcuni uomini, la cui identità e realtà storica non può essere messa in discussione.
Dio Padre ha voluto che la Rivelazione di se stesso ovvero del suo eterno amore passasse di testimonianza in testimonianza.
Dall’unico eterno Figlio suo ad alcuni figli suoi vissuti in un determinato tempo dell’uomo, da questi e dal loro tempo ad ogni uomo di ogni tempo.
È esclusa dunque l’autenticità e la fondatezza di ogni rivelazione che non passi da testimonianza in testimonianza, seguendo quel filo conduttore a cui la Chiesa ha dato il nome di Tradizione.
Non si può conoscere il vero Dio se non in virtù dell’unica vera Tradizione accreditata da Dio.
Nessuno può conoscere Dio scavalcando le vie segnate dallo stesso Dio, ignorando l’incarnazione del Figlio suo e rigettando la testimonianza di coloro che sono stati con Gesù, accanto a Gesù, di Lui confidenti e depositari della sua parola, vedenti con i loro occhi, toccanti con le loro mani, udenti con le loro orecchie.
E con ciò è subito tolto l’equivoco che ogni uomo sia sufficiente a se stesso nel suo cammino verso la conoscenza del suo Creatore.
Non è sufficiente a se stesso per quel che riguarda la propria ragione. Deve cercare e trovare luce da quella rivelata.
Non è sufficiente a se stesso per quel che riguarda l’ esperienza, deve fare propria l’esperienza di coloro che realmente hanno visto, udito, toccato.
E tutto questo porta il nome di fede. Nessuna conoscenza di Dio è vera, reale e fondata se non in virtù di un atto di fede.
Fede nell’amore di Dio, fede nella sua Rivelazione, fede nella testimonianza degli apostoli, fede nella Tradizione affidata alla chiesa, da essa custodita e tramandata.
La Rivelazione che è fatta per la salvezza è affidata da Dio Padre al Figlio suo, dal Figlio suo ai suoi apostoli.
Non perché resti chiusa nel cerchio dei pochi ma perché il cerchio dei pochi si allarghi fino ad abbracciare l’intera umanità.
Non seguendo vie proprie ma seguendo e ricalcando nella fede quelle tracciate da Dio stesso.
Perché è data la Rivelazione? Perché gli uomini ritrovino l’amore del loro Dio e perché in virtù di questo amore ritornino ad essere un cuore solo ed un’anima sola, come ai tempi di Adamo, prima del peccato.
ciò che abbiamo visto e abbiamo udito, annunciamo anche a voi, affinché anche voi abbiate comunione con noi.
Primo frutto e primo segno della vera conversione è la comunione con coloro che ci annunciano la salvezza.
Una comunione che si dilata e si afferma sulla terra, ma solo per ritrovare il suo fondamento divino che viene dal cielo.
E la comunione nostra con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo. 4
Non c’è comunione con il corpo di Cristo che è la Chiesa che non vada di pari passo con la comunione con il Padre e con il Figlio suo Cristo Gesù.
E queste cose scriviamo noi, perché la nostra gioia sia compiuta.
Nessuna gioia in Dio Salvatore è completa se non è completata dalla comunione con tutti coloro che fanno propria l’unica salvezza.
La comunione con Dio non è vera e non porta gioia se non nella misura in cui vuole, cerca , ama, la comunione con tutti i figli suoi.
5 Ed è questo l’annuncio che abbiamo udito da lui e annunciamo a voi: Dio è luce e in lui non c’è nessuna tenebra .
Primo grande significato dell’annuncio che viene da Cristo.
Dio è luce: in quanto luce illumina ogni essere creato ed ha piena intelligenza di ogni essere creato. Niente e nessuno può sottrarsi ai suoi occhi che innanzitutto vedono per giudicare e discernere ciò che viene da Lui e ciò che viene dal Maligno.
Leggiamo in Genesi che Dio vide dapprima per separare la luce buona dalle tenebre che sono appropriazione indebita di luce.
Dio vide poi perché tutte le cose fossero buone. Lo sguardo di Dio non vede solo per giudicare e discernere, ma è anche per provvedere alle proprie creature: vede e provvede. E tutto questo in virtù della luce che è resa manifesta nel Figlio suo Cristo Gesù.
6 Se diciamo che abbiamo comunione con lui e camminiamo nella tenebra, mentiamo e non facciamo la verità;
Non può esserci comunione con Dio se non camminando nella luce che ci ha donato in virtù del Figlio.
Chi cammina nelle tenebra non è in comunione con Dio, ma con l’autore di ogni tenebra, col Diavolo e con tutti gli angeli suoi.
Non basta camminare per essere in comunione con Dio, bisogna camminare nella luce del Figlio e secondo i dettami che ci vengono da questa luce.
Chi fa la verità viene alla luce. Fare la verità è innanzitutto fare una scelta di verità. E chi sceglie la verità è trovato dalla parte del Cristo nell’obbedienza alla sua parola.
7 se invece camminiamo nella luce come egli è nella luce, abbiamo comunione gli uni con gli altri e il sangue di Gesù il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato.
Cammina nella luce del Figlio chi si rende obbediente alla sua Parola, altra luce non vuole e non cerca.
Colui che dona la luce del Padre è lui stesso nella luce del Padre, in essa e da essa avvolto come in un mantello.
Se il Figlio vede il Padre nella Sua eterna luce, noi non vedremo lo stesso Padre se non in virtù della stessa luce a noi donata e portata dal Figlio.
Non c’è garanzia di vera comunione fra le creature se non per coloro che camminano nell’unica luce che viene dal Padre.
Non si vede non si conosce non si ama il fratello se non nella Luce e per la Luce.
E i peccati, che annebbiano e offuscano la nostra vista spirituale?
Se poniamo la nostra fede in Gesù crocifisso, il suo sangue ci fa puri da ogni peccato. Nessun peccato potrà più toglierci la luce, e con la luce la possibilità di un cammino verso Dio che sia nella Verità e conforme alla Verità.
8 Se diciamo che non abbiamo peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi.
Quale parola deve innanzitutto uscire dalla bocca di Colui che cammina nella Luce?
La parola che è confessione del proprio peccato e della propria colpa: la parola che riconosce la propria schiavitù al Maligno: la parola che nella consapevolezza della propria tenebra invoca ed accoglie la luce che è donata dal cielo.
Se la luce è donata a chi non può vedere, cosa vede innanzitutto chi era cieco se non le sozzure del proprio peccato?
Se accogliamo Colui che è venuto dal cielo, come luce, guida e salvezza nostra, cosa innanzitutto ci è da Lui detto? Pentitevi e credete al Vangelo.
Non vede il peccato se non colui che ha accolto la luce, non accoglie la luce se non colui che ha consapevolezza di peccato.
Dono di Dio è la consapevolezza di peccato, ma non cerca e non accoglie tale dono l’uomo che vuol camminare da solo con le proprie gambe e quel che è peggio nelle tenebre portate nel suo cuore dal Maligno.
9 Se ammettiamo i nostri peccati, fedele è e giusto, per condonare a noi i peccati e purificarci da ogni ingiustizia.
Nessun dubbio e nessuna discussione è ammessa riguardo al peccato dell’uomo. È ampiamente e costantemente documentato, osservato, descritto in tutti i suoi aspetti dalle Sacre Scritture.
È una costante nella vita dell’uomo, non interessa questa o quella persona, ma l’umanità intera.
10 Se diciamo che non abbiamo peccato, facciamo bugiardo lui e la sua parola non è in noi.
Nel confronto tra la creatura ed il Creatore ne esce sempre che la giustizia è propria ed esclusiva di Dio, mentre il peccato è prerogativa dell’uomo, a partire dal suo rapporto con il Signore.
Chi ha fatto propria la Parola di Dio non solo confessa il proprio peccato, ma riconosce e vuol fare riconoscere quello dell’umanità tutta. Se l’amore di Dio crea in noi una comunione di cuori, presupposto di questa comunione è la confessione da parte di ognuno e di tutti della propria colpa.
Si confessa il proprio peccato nel sacramento della penitenza, ma è buona cosa anche la confessione fatta da tutta la comunità durante la celebrazione eucaristica.
Prima lettera di Giovanni cap2
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- Pubblicato Sabato, 30 Luglio 2011 08:16
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Cap 2
Figlioli miei, queste cose scrivo a voi affinché non pecchiate. E se qualcuno peccasse, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto; 2 ed egli è sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, non però solo per i nostri, ma anche per l’intero mondo. 3 E in questo conosciamo che abbiamo conosciuto lui, se i comandamenti suoi custodiamo.
4 chi dice : ho conosciuto lui, e i suoi comandamenti non è custodente, è bugiardo e in questi non è la verità. 5 Chi però custodisce la sua parola, veramente in questi l’amore di Dio è perfetto, in questo conosciamo che siamo in lui.
6 Colui che dice di rimanere in lui è tenuto come quello ha camminato così a camminare anche lui.
7 Amati, non vi scrivo un comandamento nuovo ma un comandamento vecchio che avevate dall’inizio; il comandamento vecchio è la parola che avete ascoltato. 8 Ancora un comandamento nuovo scrivo a voi, che è vero in lui ed in voi, poiché la tenebra passa e la luce vera già splende.
9 Chi dice di essere nella luce ed odia il suo fratello è nella tenebra fino ad ora. 10 Chi ama il suo fratello rimane nella luce e in lui non c’è ostacolo. 11 Chi invece odia il suo fratello è nella tenebra e nella tenebra cammina e non sa dove va, perché la tenebra ha accecato i suoi occhi. 12 Scrivo a voi, figlioli, poiché sono stati a voi rimessi i peccati a causa del suo nome. 13 Scrivo a voi padri, poiché avete conosciuto colui che è dall’inizio. Scrivo a voi, giovanetti, perché avete vinto il Maligno. 14 Scrissi a voi, bambini, perché avete conosciuto il Padre. Scrissi a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è dall’inizio. Scrissi a voi, giovanetti, perché forti siete e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno.
15 Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se qualcuno ama il mondo, non c’è in lui l’amore del Padre; 16 poiché ogni cosa che è nel mondo, la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non è dal Padre ma è dal mondo. 17 E il mondo passa e la sua concupiscenza, però colui che fa la volontà di Dio rimane per l’eternità.
18 Figlioli, è l’ultima ora, e come udiste che viene l’anticristo e ora molti anticristi sono comparsi, onde conosciamo che è l’ultima ora.19 Da noi uscirono ma non erano da noi: se infatti fossero stati da noi, sarebbero rimasti con noi; ma perché si manifestino che non sono tutti da noi. 20 E voi avete l’unzione dal santo e tutti sapete. 21 Non scrissi a voi perché non sapete la verità ma perché la sapete e perché ogni menzogna non è dalla verità.
22 Chi è il bugiardo se non colui che nega che Gesù è il messia? Questi è l’anticristo: colui che nega il Padre ed il Figlio. 23 Ognuno che nega il Figlio neppure ha il padre, chi confessa il Figlio ha anche il Padre. 24 Voi ciò che udiste dall’inizio, in voi rimanga; se in voi rimane ciò che udiste dall’inizio, anche voi nel Figlio e nel Padre rimarrete. 25 E questa è la promessa che egli a noi promise, la vita eterna.
26 Queste cose scrissi a voi a proposito di quelli che vi ingannano. 27 E voi l’unzione che riceveste da lui, rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno insegni a voi, ma come la sua unzione vi insegna riguardo a tutte le cose e è veritiera e non è bugiarda, e come insegnò a voi, rimanete in lui.
28 E ora figlioli, rimanete in lui, affinchè qualora si manifesti abbiamo fiducia e non siamo svergognati da lui nel presentarsi di lui.
29 se sapete che è giusto, conoscete che ognuno che fa la giustizia è nato da lui.
1 Figlioli miei, queste cose scrivo a voi affinché non pecchiate. E se qualcuno peccasse, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto;
Intendimento di ognuno che ama Cristo è quello di non peccare, cioè di non fare nulla che non sia a Lui gradito.
Tuttavia se accade che qualcuno nonostante la fede e la sequela faccia dei peccati, noi abbiamo un avvocato difensore presso il Padre. Non un avvocato qualsiasi che ci difende alla stregua dell’uomo, un peccatore che difende un altro peccatore, ma un giusto, l’unicamente giusto presso il Padre.
Ogni volta che siamo trovati peccatori, il Figlio mette davanti al Padre la sua giustizia, ed in virtù di questa chiede ed intercede per noi.
2 ed egli è sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, non però solo per i nostri, ma anche per l’intero mondo.
Se i nostri peccati e quelli del mondo intero hanno bisogno di un sacrificio di espiazione è il Cristo che ha offerto per tutti un unico sacrificio propiziatorio, in virtù del quale il Padre si dimostra benevolo verso di noi.
3 E in questo conosciamo che abbiamo conosciuto lui, se i comandamenti suoi custodiamo.
Non c’è conoscenza del Padre che non passi attraverso quella del Figlio. E chi conosce il Figlio se non colui che custodisce i suoi comandamenti?
Comandamenti del Cristo sono la sua Parola: una Parola che va accolta , osservata custodita nel cuore come Parola di Dio.
La Parola del Figlio non è altra da quella del Padre: è la sua ultima ed estrema manifestazione, data per la vita del mondo.
Nella custodia della Parola del Cristo come Parola di Dio abbiamo la garanzia di una conoscenza fondata in verità e giustizia. Una conoscenza che può anche conoscere momenti di smarrimento e di non pienezza, qualche caduta nel peccato.
Chi custodisce i comandamenti del Figlio ha sempre aperta la via del ritorno al Padre, per il perdono che ci è concesso in virtù del suo Cristo.
I peccati, presi singolarmente, non sempre manifestano una stato di peccato, cioè una vita senza obbedienza alla volontà di Dio: a volte sono un residuo della vita vecchia che ci trasciniamo dietro, e che è a noi lasciato perché non perdiamo la consapevolezza di ciò che ci appartiene in nostro.
È peccatore non semplicemente chi fa il peccato, ma chi cerca, vuole, ama il peccato.
Chi custodisce la Parola del Cristo è da questi custodito. Se cade, il Cristo lo solleverà di nuovo, se è debole nel cammino, il Figlio di Dio darà vigore alle sue membra.
4 chi dice : ho conosciuto lui, e i suoi comandamenti non è custodente, è bugiardo e in questi non è la verità.
Non c’è conoscenza di Gesù Salvatore se non in una perenne e vigilante custodia della sua Parola.
Diversamente l’uomo se pur approvato dall’altro uomo, è trovato bugiardo davanti a Dio.
Non c’è in lui verità, perché la verità ha un volto ed un nome, che è quello del Figlio di Dio.
Cristiano è dunque solo ed esclusivamente chi custodisce la Parola del Figlio. Ma cosa significa propriamente essere custodi della sua Parola?
Innanzitutto va detto che non si custodisce se non ciò che si è fatto proprio.
Non c’è custodia della Parola, senza conoscenza della Parola.
Chi non legge, medita, ascolta la Parola di Dio, non si vede proprio di quale dono sia custode, se non di una coscienza naturale che di per sé, benché fatta per accogliere il Figlio Salvatore, non garantisce la fede in Cristo Salvatore.
Credere, ascoltare, seguire i dettami della propria coscienza, non necessariamente vuol dire credere in Cristo.
Se nella nostra coscienza naturale c’è già tutto il Cristo con ogni pienezza di grazia, vano è il suo sacrificio, ed inutile la sua venuta sulla terra.
La Parola del Cristo dunque si colloca e va accolta su di un piano superiore rispetto a quello della pura coscienza naturale.
Non è la semplice custodia dei dettami della coscienza naturale garanzia di verità, ma è la custodia della Parola del Figlio che garantisce una coscienza conforme a verità.
5 Chi però custodisce la sua parola, veramente in questi l’amore di Dio è perfetto, in questo conosciamo che siamo in lui.
Chi custodisce i dettami della coscienza naturale, indubbiamente manifesta in questo un amore per Dio: ma è un amore imperfetto, cioè un amore che non ha ancora trovato la sua piena realizzazione e manifestazione.
Perfetto è ciò che ha trovato il suo compimento e completamento ultimo, imperfetto è ciò che si trova ancora in sospeso, avviato alla verità, ma non ancora trovato conforme alla verità.
Non c’è coscienza naturale che non debba essere rivisitata dal Cristo, da Lui scrutata, vagliata e giudicata, per essere trovata conforme alla volontà di Dio, quale si esprime attraverso la fede nel Cristo.
C’è anche una coscienza che ha la pretesa di custodire la Parola del Padre, ma poi rifiuta l’ultima e decisiva manifestazione di questa Parola che è quella del Figlio di Dio.
6 Colui che dice di rimanere in lui è tenuto come quello ha camminato così a camminare anche lui.
Non basta aver creduto in Cristo una volta per sempre, bisogna credere ogni giorno. Non c’è rinnovamento, crescita e cammino nella fede in Gesù, se non nella misura della custodia della sua Parola. Non c’è vera custodia della Parola se non nell’obbedienza alla Parola.
Come rimanere in Cristo? Camminando come Lui ha camminato, cioè in una custodia piena, totale, esclusiva della Parola ricevuta dal Padre.
Non c’è cammino del Figlio se non nell’obbedienza alla volontà del Padre.
Non obbedisce alla volontà del Padre, chi non ha sempre davanti ai suoi occhi, i comandi della sua Parola, chi non li conosce in maniera sempre viva, nuova ed attuale attraverso le vie di una vera custodia. Non comprende pienamente il dono che gli è dato in custodia, se non colui che lo va riconsiderando, rivalutando ogni giorno, ogni momento, attraverso quella ruminatio che è richiamo continuo della Parola alla mente, per comprendere meglio, perché più vera più piena, più conforme sia la nostra obbedienza.
Perché ogni preghiera di supplica ed ogni rendimento di grazie siano più accetti a Dio, perché in piena conformità con la sua Parola, in una sintonia perfetta del nostro cuore col suo cuore.
Questo e solo questo può definirsi vero rapporto d’amore.
Custodire nel proprio cuore la volontà di Dio, perché Dio possa fare nel nostro cuore la sua volontà. Un cuore creato ad immagine del Creatore, perché in Lui fondato, in Lui custodito, da Lui visitato in ogni momento.
7 Amati, dall’apostolo, ma ancor prima da Dio Padre, che ha voluto porre nei nostri cuori come sigillo del suo amore, l’immagine del Figlio suo.
non vi scrivo un comandamento nuovo ma un comandamento vecchio che avevate dall’inizio; il comandamento vecchio è la parola che avete ascoltato.
Nessun comandamento nuovo ci è dato dall’apostolo Giovanni. Fin dall’inizio ci è stato comandato di custodire la Parola di Dio, quando ancora eravamo in Adamo. O più semplicemente nei tempi della Legge Antica.
8 Ancora un comandamento nuovo scrivo a voi, che è vero in lui ed in voi, poiché la tenebra passa e la luce vera già splende.
Il linguaggio di Giovanni è contradditorio ed ambiguo soltanto per chi non è entrato nella novità di vita portata dal Cristo.
Perché mai dice al versetto 7: Non vi scrivo un comandamento nuovo ma un comandamento vecchio ?
E poi al versetto 8 : Un comandamento nuovo scrivo a voi?
Perché già nella Parola dell’Antico Testamento è prefigurata, racchiusa, implicita, la Parola del Nuovo Testamento: ovvero la Parola dell’eterno figlio di Dio.
Vi è una sola Parola di Dio che si manifesta in modi ed in tempi diversi.
Ciò che si manifesta da ultimo è una novità rispetto a ciò che è manifestato dapprima, ma soltanto in rapporto all’adempimento di ogni finalità. Fine ultimo della Parola di Dio è la conoscenza dell’Amore di Dio: conoscenza che segue le vie dettate dalla Parola dell’Antico Testamento, che non trova la sua vera realizzazione se non in Cristo Gesù. In tutto ciò che Lui ha detto e fatto per noi.
Per questo è assolutamente necessario per la nostra salvezza, ascoltare la sua Parola e farci imitatori della sua vita, ascoltare come Lui ha ascoltato ed operare come Lui ha operato, in obbedienza alla volontà del Padre.
Se un nuovo comandamento è dato da Giovanni è vero soltanto in Cristo ed in coloro che hanno fede in Lui.
Le tenebre che avvolgevano l’umanità stanno passando e già risplende la luce portata dal Figlio.
Ma nessuna novità è conosciuta da chi non fa propria questa luce.
Altro è camminare verso la verità nelle tenebre, custodendo la Parola nel buio. Altro è camminare nella verità, guidati, sorretti, confortati da Colui che è Luce. Custodendo con piena ragione e non senza sapere per quale ragione.
Vedendo i frutti dell’amore e non senza vedere alcun frutto d’amore.
Benchè il comando antico ci dica: “Amerai il prossimo tuo come stesso”, quando mai si è visto un simile amore”?
Ora ci è dato in Cristo l’adempimento di un amore ancora più grande, che non contraddice l’antico, ma che lo supera.
Un amore in virtù del quale possiamo chiamarci l’un l’altro fratelli, ma soltanto in Cristo e per Cristo, in virtù della fede nella sua morte e resurrezione.
è vero in lui ed in voi,
Non è vero amore fraterno se non quello fondato in Cristo, da lui generato nei nostri cuori, a Lui accetto e a Lui gradito.
Non c’è vero amore se non in coloro che sono stati da Lui vivificati e santificati, fatti vivi da morti, fatti diverso rispetti ad ogni uomo che segue semplicemente i dettami della coscienza naturale.
9 Chi dice di essere nella luce ed odia il suo fratello è nella tenebra fino ad ora.
Chi non fa esperienza di questa novità di vita, che è novità d’amore, non è nella luce, ma è ancora nella tenebra.
10 Chi ama il suo fratello rimane nella luce e in lui non c’è ostacolo.
Colui che ama il fratello dimostra con ciò non semplicemente di avere la luce ma di rimanere, cioè di dimorare nella luce. Non vi è più nulla che si interponga tra lui ed il Signore.
11 Chi invece odia il suo fratello è nella tenebra e nella tenebra cammina e non sa dove va, perché la tenebra ha accecato i suoi occhi.
Chi odia il suo fratello è nella tenebra del primitivo peccato ed ogni suo andare e camminare porta lontano dalla vera meta, perché la tenebra ha resi ciechi i suoi occhi.
Pur camminando va fuori strada, pur guardando non vede.
12 Scrivo a voi, figlioli, poiché sono stati a voi rimessi i peccati a causa del suo nome. 13 Scrivo a voi padri, poiché avete conosciuto colui che è dall’inizio. Scrivo a voi, giovanetti, perché avete vinto il Maligno. 14 Scrissi a voi, bambini, perché avete conosciuto il Padre. Scrissi a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è dall’inizio. Scrissi a voi, giovanetti, perché forti siete e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno.
Passi di non facile lettura.
Difficile trovare una logica ed un filo conduttore del discorso.
Una prima considerazione innanzitutto. Si tratta di due parti del tutto simili, come impostazione e struttura, che si distinguono soltanto per il tempo del verbo scrivere: prima si dice “Scrivo a voi”, poi “Scrissi a voi”.
Per il resto la successione data da figlioli, padri, giovanetti è identica, leggermente stemperata da “bambini”, parallelo a “figlioli”.
È indubbio che non c’è alcun riferimento all’età anagrafica delle persone a cui ci si rivolge.
Una volta assodato e dato per scontato che in Cristo e per Cristo siamo tutti fratelli e che il vincolo che ci unisce a lui in lui, porta questo solo nome, in quanto Gesù è il primogenito dei molti, resta da considerare in quale modo e con quale titolo si può altrimenti qualificare il rapporto dei singoli con Gesù.
Non in maniera antitetica, ma complementare, facendo propri i titoli e le diverse età dell’amore.
Oltre all’amore fraterno c’è anche quello paterno e filiale, in mezzo ai due, a parte, sta l’amore della giovinezza, l’amore dell’età coniugale, che va cercando nell’altro o nell’altra il proprio sposo e la propria sposa.
L’amore di Cristo è ognuno di questi e tutti questi messi insieme.
È L’amore di un fratello primogenito, di un padre, di un figlio, dello sposo che cerca la sua sposa, per riversare su di lei tutto il suo amore. Il volto sponsale dell’amore di Cristo è l’ultimo ad apparire e ad essere conosciuto, quello che in un certo senso è più nuovo e più definitivo: perché umanamente nessun amore fraterno può essere anche sponsale. Tutto questo è reso possibile in Cristo e per Cristo. In lui e per lui l’ amore fraterno è per grazia divina destinato a rivestire la pienezza di quello sponsale, in cui ogni uomo ed ogni donna sono chiamati a specchiarsi e ad identificarsi con l’unico eterno sposo.
Cerchiamo ora di comprendere questi diversi aspetti dell’amore.
Al primo posto l’amore figliale: è il primo da noi tutti conosciuto. E cosa desidera l’amore di un figlio se non di specchiarsi pienamente e liberamente nel volto del Padre? Che cosa offusca ed impedisce questo amore se non il peccato che è all’origine della vita?
12 Scrivo a voi, figlioli, poiché sono stati a voi rimessi i peccati a causa del suo nome.
È proprio in virtù di questo nome che i peccati dei figli di Dio, sono rimessi, cioè perdonati ed allontanati. Rimessi perché rimossi, di modo che ogni figlio possa tenere fisso il proprio sguardo verso il volto del Padre con pienezza di gioia e di confidenza.
Scrissi a voi, bambini, perché avete conosciuto il Padre.
Non si vive e non si cresce come bambini se non nella gioia che viene da una conoscenza sempre più piena dell’amore di Colui che ci è Padre.
13 Scrivo a voi padri, poiché avete conosciuto colui che è dall’inizio.
Se un padre in genere conosce e vede il volto del figlio naturale, non altrettanto può dire riguardo all’eterno Figlio.
Qual è l’origine e donde viene dall’inizio ogni paternità?
Non c’è vera paternità che si ponga all’inizio se non quella che ci è fatta conoscere dal’eterno Figlio di Dio, Cristo Gesù.
Chi ha visto Lui ha visto il Padre, chi conosce Lui ha conosciuto il Padre.
Scrivo a voi, giovanetti, perché avete vinto il Maligno.
Quale amore può appagare chi è giovane, nell’età dell’adolescenza ( adulescentes, - dice la versione latina ) se non quello sponsale o matrimoniale, come si voglia chiamare?
E quale amore che cerca il proprio sposo o la propria sposa, non trova contrasti ed impedimenti che costringono alla lotta contro uno spirito avverso che è quello portato dal Maligno?
È proprio in virtù dei lacci portati dal Maligno se ogni innamorato, uomo o donna, non trova nell’altro o nell’altra una corrispondenza piena, definitiva, senza riserve. E anche quando tutto sembra fiorire in maniera così naturale e logicamente plausibile, ci sono gli ostacoli posti, dall’età, dall’aspetto fisico, dalla condizione sociale. E tutto questo è guerra e dolore e bisogna lottare contro l’autore di simile disastro: il Diavolo, nostra eterna rovina.
Nessuna garanzia di vittoria contro il Satana è a noi data e da noi trovata se non in virtù del Cristo.
Scrissi a voi, giovanetti, perché forti siete e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno.
La debolezza perdente dell’innamoramento giovanile trova la sua forza vincente in Gesù. Se noi siamo deboli lui ci fa forti, se noi perdiamo, lui vince in noi, per noi. E tutto questo è opera della Sua parola, allorchè rimane in noi.
Cerchiamo ora di comprendere perché le stesse cose sono ripetute in parallelo da Giovanni e distinte solo da uno “scrivo”, rispetto ad uno “scrissi”.
Evidentemente l’apostolo fa riferimento a qualche sua opera anteriore, una lettera o come pensiamo noi, il suo Vangelo.
Cosa vuol dire Giovanni? Quello che vi scrivo ora non è altro da quello che vi ho scritto. L’annuncio può avere una sua novità e diversità in relazione all’animo con cui viene accolto dai suoi destinatari. Lo possiamo accogliere in tempi e momenti diversi come figli, come padri, come giovani, come ognuno di tutti questi o come tutti questi insieme.
Se è trovata diversità nel nostro rapporto con la Parola, relativamente alla nostra ricezione, il senso della Parola è uno e solo uno: è sempre quello e non cambia. Vi è un solo Dio, una sola Parola rivelata, una sola Verità. Bisogna essere fedeli all’annuncio che è stato dato, senza nulla aggiungere e senza nulla togliere. È fatto una volta per sempre. Ogni riandare alla Parola altro non è che riaffermare e consolidare in noi quanto già ascoltato. Con un cuore nuovo e diverso, che non può fare nuova o diversa la Parola di Dio.
La maturità della fede non è data dall’andare oltre e fuori dall’annuncio ricevuto. Tutto è già stato detto, tutto è già stato operato per la nostra salvezza dal Cristo. Siamo già creature nuove in virtù della Parola.
Si riporta alla mente la Parola solo per rimanere in essa. Dimorando nell’ascolto della Parola si dimora in Dio, nell’obbedienza alla sua volontà, nel dono di tutto il nostro essere , per essere trasformati da conoscenza a conoscenza in figli di Dio. E tutto questo è operato in noi dall’eterno Figlio, che vuol renderci come lui per porci con lui accanto al Padre che sta nei cieli.
15 Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se qualcuno ama il mondo, non c’è in lui l’amore del Padre; 16 poiché ogni cosa che è nel mondo, la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non è dal Padre ma è dal mondo. 17 E il mondo passa e la sua concupiscenza, però colui che fa la volontà di Dio rimane per l’eternità.
Dopo aver affermato l’importanza dell’amore fraterno, come espressione del nostro essere in Cristo e per Cristo e nello stesso tempo come volontà di essere in Lui e per Lui, l’amore innanzitutto come dono, poi come comando, nel senso del rimanere, del dimorare nel dono ricevuto, Giovanni cerca ora di dare un connotato diverso a questo amore.
L’amore vero viene solo da Dio, ha quindi un suo fondamento eterno, e non si esprime nel tempo delle creature, in rapporto alle creature se non dando lode al Signore, ringraziandolo per il dono ricevuto, confessando il proprio peccato, a tutti rendendo nota la misericordia di Dio e la venuta del Figlio di Dio, Suo portatore.
L’amore vero ha connotati unici ed esclusivi che lo distinguono da ogni altro amore che è trovato nel cuore dell’uomo.
Tra il dimorare nell’Amore e nel vivere senza amore, va collocata una presunzione d’amore che è falsità ed inganno del Maligno.
Un amore che non porta alla vita eterna, ma alla dannazione eterna; un amore che è già insediato nel nostro cuore, deviato riguardo al proprio fondamento, deviato rispetto al proprio fine. Non si manifesta e non si esaurisce nell’amore comandato da Dio. Amerai il Signore Dio tuo con tutto… e amerai il prossimo tuo come te stesso…
in una dimensione verticale che è adesione all’unico Dio, e in una dimensione orizzontale che è adesione a coloro che sono trovati fratelli in virtù del prossimo a noi più prossimo, l’eterno Figlio di Dio, il primogenito dei molti.
Di fronte e contro l’amore del Padre a noi manifestato e donato dal Figlio, sta un altro amore ad esso contrapposto.
Si manifesta in noi con una potenza molto grande, che affonda le sue radici nella nostra stessa natura di figli di Adamo.
E’ un amore frutto di un inganno del Diavolo e di un deicidio operato dall’uomo allorchè era in Eden.
Ha le parvenze del Bene, in realtà è creato ed agito in noi dal principe delle tenebre, l’antico Maligno, ovvero il Satana.
È un amore inconsapevole del proprio fondamento e del proprio fine. E come potrebbe il Satana proporsi all’uomo come Dio, dal momento che nulla possiede di Dio?
Il maligno che ha preso possesso di tutti i cuori non può rivolgerli a se stesso, riesce tuttavia ad ingannarli mettendo la propria parola al posto di quella di Dio e distogliendo i cuori dal Creatore, rivolgendoli verso la creazione.
Una creazione che se pur fondata in Dio e da Lui fatta sussistere porta le conseguenze e le rotture create dal peccato.
Benchè destinato a perire il mondo appare all’uomo come l’unico bene per il quale la vita è degna di essere vissuta.
Finchè crede in questo mondo, si nutre di esso, cerca in esso ed è da esso appagato, l’uomo non può rivolgere il suo cuore in una direzione diversa cioè verso il Creatore. Chi non avverte la propria povertà di spirito, nella consapevolezza del proprio peccato e della vanità e della caducità delle cose di questo mondo, non può convertirsi, cioè fare un’inversione di marcia da ciò che è creato al Creatore del tutto.
L’amore per il mondo non solo ignora il Creatore, inteso come fondamento di ogni vita. Ignora altresì il fine della vita che è l’eterna conoscenza del Creatore, così com’è visto dagli occhi dello spirito e non semplicemente con gli occhi della carne.
Neppure conosce la fine di questa vita, che è la dannazione eterna. Vive nel timore della morte, come unica certezza data ai figli di Adamo, ma non conosce quello che è oltre la morte, ovvero la dannazione eterna. Può solo sperare che la morte non sia passaggio ad un’altra vita ma la caduta nel nulla di ogni vita. Una vita senza Creatore, appare dal nulla e finisce nel nulla. O uomo stolto, se credi che la morte è un nulla, perché la temi per tutta la vita?
Scriveva Gerolamo riguardo agli increduli “ Vivono come se non dovessero morire e muoiono come se non dovessero più vivere”.
15 Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se qualcuno ama il mondo, non c’è in lui l’amore del Padre;
Cosa vuol dire Giovanni. Quali reconditi significati dobbiamo scoprire? Nulla,
assolutamente nulla. Le cose che sono nel mondo sono semplicemente tutto ciò che il mondo ci offre in sé e per sé, indipendentemente dal loro creatore.
Se il mondo creato è dono di Dio, nessun dono si può identificare col donatore. Altro è amare il dono, altro è amare Colui che dona.
Peggio ancora. Nel mondo si è insediato il Maligno. Non c’è dono naturale che non debba quindi essere visto con gli occhi che sono dati dall’Alto nè cuore che non debba essere rivisitato dal suo Creatore.
Quale sottile inganno del Maligno la distinzione fra cose del mondo che appaiono buone, da quelle che appaiono cattive.
È giusto, e santo vivere per le cose buone, si devono rigettare le cose cattive… ma si rimane sempre all’interno di questo mondo, non ci si innalza con ciò al Creatore. C’è l’idolatria delle cose che appaiono cattive e peggio ancora c’è l’idolatria delle cose che appaiono buone, a cominciare dal proprio cuore.
Non si esce in questo modo dall’inganno del Satana, semmai l’inganno è da noi aggravato e fatto nostro.
E quando il buono non coincide con ciò che appare bello? Ed il male non fa tutt’uno con ciò che appare brutto?
L’uomo farà sempre in modo che ciò che gli piace appaia anche buono, ciò che non gli piace sia di per sé male.
Nulla di più diabolico, di più insidioso, di più ingannevole dell’amore per le cose di questo mondo. Anche se appaiono belle e buone, non possono prendere nel nostro cuore il posto di Colui che unicamente è bello e buono.
L’approccio alle cose del mondo, fatto semplicemente nello spirito di una qualsiasi etica, è altro da quell’approccio che richiede innanzitutto la Luce portata dal suo Creatore.
L’amore appartiene al mondo dei viventi: è prerogativa esclusiva di Colui che Unico è vivente ed è dato in dono a quelli che vivono in Lui e per Lui. Non c’è alcuna verità in un amore rivolto alle cose. È l’esito infelice del solo e vero amore allorchè è distolto dal Creatore.
Il monaco che si ritira dal mondo per amore di Cristo, non disprezza il mondo, semplicemente non lo ama: nella grandezza del dono ha trovato la grandezza del donatore.
16 poiché ogni cosa che è nel mondo, la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non è dal Padre ma è dal mondo.
Tutto ciò che nel mondo troviamo fuori di noi e tutto ciò che troviamo dentro di noi, ovvero la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non è dal Padre, ma dal mondo. Come si deve intendere?
Se il cuore dell’uomo e tutto ciò che viene da esso è macchiato dal peccato e nella sua immediatezza naturale non viene dal Padre, ma dal Maligno, si può dire altrettanto del mondo?
Il mondo indubbiamente attesta di per sé la realtà e l’esistenza di un Creatore, ma nulla ci dice di questo Creatore.
Il mondo è percorso da ambiguità, contraddizioni di ogni genere, sottoposto alla caducità ed alla fine. Del Dio o degli dei che entrano in questo mondo, come credevano gli antichi, si può pensare quello che si vuole, possono apparire buoni o malvagi.
In quanto trascorso, e segnato dal peccato dell’uomo il mondo non può dirsi buono di per sé e degno di essere amato.
La disinvoltura superficiale e cieca con cui molti affermano che la vita è bella, deve ogni giorno confrontarsi con la sofferenza di quelli che in questo mondo di bello non trovano proprio nulla.
17 E il mondo passa e la sua concupiscenza, però colui che fa la volontà di Dio rimane per l’eternità.
Il mondo quand’anche per assurdo fosse trovato sempre e da tutti bello, è destinato a perire. Nulla di più certo della nostra morte a questo mondo. E allora che senso ha porre il proprio amore in questo mondo? “Il mio cuore Signore è fatto per te, e non è felice finchè in te non riposa”. ( Agostino )
L’amore vero, quale è avvertito dal cuore, vuole, cerca un fondamento vero ed eterno. Le cose create passano, non passa il loro Creatore, e neppure passa chi fa la Sua volontà.
Se passa tutto ciò che è fuori di noi, allo stesso modo passa tutto quello che è dentro di noi. E cosa è trovato nel cuore dell’uomo?
Concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita.
Con queste pochi termini Giovanni definisce tutta la realtà di peccato che è in noi.
Cosa dobbiamo intendere con la parola concupiscenza?Il concetto chiave è quello di ἐπιθυμία (epithumìa) ed indica semplicemente desiderio. L’uomo rivolto unicamente ed esclusivamente a Dio trova in Lui ogni appagamento e soddisfazione, al punto che nessun desiderio si può insinuare nella sua realtà creata. Non nello spirito perché è pago del possesso del Signore. E neppure nella sua carne e nella sua anima, in quanto sottomesse allo spirito e dallo spirito guidate ed illuminate.
Allorchè lo spirito dell’uomo si distacca dal Signore e non si alimenta più nel suo amore e nella sua grazia vivificante, trascina in questo vuoto ed in questa mancanza anche le altre dimensioni ad esso legate e subordinate. Nasce in questo modo sia nella carne sia nell’anima il desiderio di qualcosa che sia appagante e che possa supplire la mancanza di Dio. Il desiderio delle cose e delle creature, in quanto frutto del peccato, si manifesta in maniera disordinata e si fa sentire con una forza prepotente ed incontrollata. È espressione e manifestazione di una schiavitù al Maligno. Ogni concupiscenza è agita dal Diavolo e non trova altra spiegazione davanti a Dio, se non come espressione della nostra lontananza dal suo amore e di una disubbidienza a Colui che è amore. Il desiderio sfrenato porta il nome di concupiscenza ed è tanto più grande e forte quanto più si dà importanza e peso alla cosa o alla persona che si desidera. Innanzitutto vi è la concupiscenza della carne, cioè la volontà di soddisfazione del nostro corpo in quanto orientato e definito in senso sessuale, verso l’altro o verso l’altra.
La concupiscenza della carne porta con sé l’ incontinenza, ovvero una sessualità incapace di contenere se stessa nell’ambito di ciò che è giusto e gradito a Dio. Vi è poi la concupiscenza degli occhi cioè il desiderio di appagare la nostra carne attraverso tutto quello che entra in noi passando attraverso gli occhi. Se ogni concupiscenza è volta alla soddisfazione di ciò che è avvertito come piacere dal nostro corpo, quale la differenza tra concupiscenza degli carne e concupiscenza degli occhi?
La concupiscenza della carne è il desiderio di soddisfazione di ciò che dà piacere al nostro corpo, nella sua forma più immediata. Non ha necessariamente bisogno di ciò che procura piacere, cercherà in qualsiasi modo una propria soddisfazione.
Appartiene più propriamente alla sfera sessuale. L’uomo e la donna avvertono in qualsiasi caso questa concupiscenza. Può essere alimentata, accresciuta, da ciò che passa per i sensi a cominciare dagli occhi. Non ne ha necessariamente bisogno. La sessualità è strutturalmente sufficiente a se stessa. Cercherà e troverà una sua soddisfazione anche attraverso vie alienate ed alienanti. La concupiscenza degli occhi non indica il piacere che è provato dagli occhi, ma ogni piacere che passa attraverso gli occhi.
Molte concupiscenze, la maggior parte e quelle più insidiose, passano attraverso gli occhi, ma poi in definitiva sono traslate agli altri sensi e all’anima stessa. Vengono denominate con parole diverse: sensualità, golosità, ingordigia, lussuria, bramosie di ogni tipo, da quelle che soddisfano il palato ed il ventre, a quelle che soddisfano il tatto e l’olfatto. Potremmo anche chiederci perché Giovanni non parli di una concupiscenza dell’udito. Questa concupiscenza non è poi così assente, soprattutto ai nostri giorni. I giovani d’oggi vivono letteralmente storditi ed ubriacati da rumori che essi chiamano musica o canto.
Non esiste una concupiscenza dell’udito che si possa dire frutto del peccato d’origine in un senso più profondo? Se il riferimento è semplicemente ai suoni musicali e al canto diremmo di sì, ma se intendiamo l’udito come il senso più propriamente legato all’ascolto della Parola, quella che dà gioia vera, soddisfazione piena, allora potremmo anche considerare del tutto ovvio il fatto che Giovanni non ne parli.
Nessuna concupiscenza dell’udito della Parola è trovata nell’uomo, se non quella dei suoni e delle vane curiosità mondane. Ma si tratta semplicemente di una forma deviata dell’ascolto. L’uomo non ha in sé alcun desiderio immediato e prepotente di ascoltare la Parola di Dio: tutto concupisce, non la Parola. Al contrario chiude le proprie orecchie, o come dice il Vangelo non ha orecchie di ascolto.
Di una concupiscenza dell’ascolto l’uomo può farne a meno: il Satana lo rende pago dell’ascolto della sua parola.
Meglio deviare l’ascolto verso forme, come quelle del canto e della musica, più leggere, più facili, più immediatamente appaganti… per trovarsi poi col cuore vuoto ed angosciato, sempre bisognoso di una continua ricarica. Consideriamo ora la terza dimensione dell’uomo che è l’anima. Come indicare i desideri incontrollati di un’anima disubbidiente a Dio, lontana dal suo amore? Per dirla breve: come definire con una sola parola ogni concupiscenza dell’anima?
Giovanni parla di superbia della vita.
La parola superbia è formata da super, sopra, e bios vita ( questa è l’etimologia a noi più cara, anche se si tratta di una semplice ipotesi: riguardo all’etimologia vi sono pareri discordanti )
Sta ad indicare il modo di sentire, di desiderare di una vita che si pone in una posizione superiore, in un’altezza che non gli compete.
Non nella bassezza che trova il proprio appagamento ed innalzamento nell’obbedienza alla volontà di Dio, ma in un’altezza che si pone al di sopra del legittimo piano che le compete in quanto creata. Nella volontà e nell’illusione di diventare come Dio, nella disobbedienza a Dio.
Orgoglio, vanità, presunzione, egoismo, ambizione, arroganza, alterigia altro non sono che espressioni di un’anima che è uscita dal posto che le è proprio ponendosi in un’altezza che appartiene solo a Dio.
18 Figlioli, è l’ultima ora,
Il tempo della venuta di Cristo Salvatore, si è ormai concluso. Con la morte in croce di Gesù, tutto è compiuto. L’ultima ora è semplicemente il tempo che ci separa dall’incontro con il Cristo che siede nella gloria del cielo, per dimorare in eterno con Lui nella casa del Padre.
Possiamo parlare di ultima ora in senso storico, come il tempo che precede immediatamente la sua seconda venuta e possiamo considerare tale tempo semplicemente in rapporto alla vita di ogni cristiano.
Una volta che abbiamo conosciuto Cristo in virtù delle fede, nessuna novità è a noi prospettata in questa vita.
Dobbiamo semplicemente rimanere e perseverare nella grazia che ci è stata elargita dal cielo, rinnovando ogni giorno ogni momento la fede in Gesù Salvatore, così come Giovanni ha già ampiamente spiegato.
La mancanza di novità dal cielo, non significa che nella nostra realtà spirituale, tutto proceda in maniera pacifica e nulla abbiamo più da temere da parte del Maligno.
Se Cristo ha vinto in noi il peccato di Adamo, ora la lotta contro il Diavolo assume un volto chiaro e ben definito. Non è più semplicemente la lotta contro il peccato, ma contro Colui che ci ha spinto al peccato: l’Antico Maligno. Ed il Maligno che ci ha perduti per opera del Cristo, non ci spingerà più semplicemente verso questo o quel peccato, ma contro l’autore ed il perfezionatore della nostra salvezza: Cristo Gesù. Manifestatosi il Salvatore mandato dal cielo, allorchè la sua salvezza è in noi operante da Lui agita e da Lui garantita, il Diavolo si scaglia con tutta la sua rabbia contro il Cristo. Non ha alcun potere sul Figlio, di Dio, non l’ha mai avuto e mai potrà averne. Gli è dato di rivolgere la sua ira contro coloro che in Cristo sono stati fatti creature nuove. E come vincere una guerra già perduta se non insinuando nei cuori di coloro che credono ogni sorta di dubbio riguardo al loro Salvatore? Anticristo è ogni uomo che nega Cristo Salvatore, mandato dal Padre, eterno figlio di Dio.
Ogni dottrina, ogni insegnamento, ogni parola che sminuisce e svilisce la potenza divina di Gesù e la sua venuta dal cielo, è già solo per questo anticristo. Può anche rivestirsi di opere belle e buone, ma allorchè nega che Cristo sia Figlio di Dio, si manifesta come angelo del Satana.
e come udiste che viene l’anticristo e ora molti anticristi sono comparsi, onde conosciamo che è l’ultima ora.
Non è più tempo di diavoli muti.
Il Cristo che ha dato la Parola ai muti, ora deve smascherare nella sua chiesa ogni Parola che non sia in Lui e per Lui.
Non la parola vuota ed infondata di chi non sa e non conosce, ma la parola di coloro che sono stati da Lui vivificati e santificati.
Se pure per un tempo hanno avuto il nome di cristiani, ripescati dal Diavolo riversano ogni maledizione sul Cristo e cercano di sradicare ogni fede nel suo nome.
Lo spirito dell’anticristo non è semplicemente lo spirito del mondo, è lo spirito del Maligno che è riuscito a sfondare la chiesa in questo o quel cuore in questo o quel credente.
19 Da noi uscirono ma non erano da noi: se infatti fossero stati da noi, sarebbero rimasti con noi; ma perché si manifestino che non sono tutti da noi. L’anticristo prende chiaramente posizione contro la chiesa di Cristo, non contro una chiesa qualsiasi ma contro quella che è fondata sulla sua Parola, così come trasmessa dai dodici apostoli. L’anticristo può anche vantare il nome di cristiano, ma allorchè dice e fa contro l’unico Cristo e l’unica chiesa manifesta con ciò il suo volto falso ed ingannevole. L’anticristo non tollera di stare nella Chiesa, deve uscire da essa e porsi contro di essa. Se rimane è solo per seminare zizzania. Non va accolto, ma va smascherato e allontanato. 20 E voi avete l’unzione dal santo e tutti sapete. Non ogni uomo che frequenta la chiesa può per ciò solo dirsi cristiano: occorre l’unzione che viene dall’unico santo e dall’unico giusto che è Gesù, Figlio di Dio. Non è santo chi non ha ricevuto l’unzione dall’unico santo: deve essere da Cristo vagliato, approvato, consacrato. E tutti sapete. . Tutti voi, che siete membra di Cristo, sapete bene che non basta portare il nome di cristiani per essere tali: bisogna essere approvati, benedetti, riconosciuti come propri dal Figlio di Dio. 21 Non scrissi a voi perché non sapete la verità ma perché la sapete e perché ogni menzogna non è dalla verità. Bisogna dire le cose come stanno realmente, parlare in maniera chiara che non lascia spazio a dubbi o a equivoci. Il significati della fede o non fede, della luce o della tenebra, della salvezza o della dannazione eterna, hanno come termine esclusivo di confronto la persona di Gesù. 22 Chi è il bugiardo se non colui che nega che Gesù è il messia? Bugiardo nei confronti della verità, è ogni uomo che nega Gesù Salvatore mandato dal Padre. Questi è l’anticristo: colui che nega il Padre ed il Figlio. Colui che non riconosce in Cristo colui che è stato mandato dal cielo, nega con ciò Dio Padre e Dio Figlio. 23 Ognuno che nega il Figlio neppure ha il Padre, chi confessa il Figlio ha anche il Padre. L’affermazione di Giovanni non è da poco e ci costringe a ripensare seriamente il senso del nostro essere cristiani.
Conditio sine qua non per una testimonianza di verità è la confessione aperta e a tutti resa palese che Cristo è l’eterno Figlio di Dio.
Non basta credere in un qualsiasi Dio, per essere veraci bisogna accogliere Cristo Gesù non come un uomo qualsiasi, forse il più grande, il più amabile, il più sapiente.
Neppure possiamo pensare a Lui come un profeta, non uno dei tanti, ma il più grande in assoluto.
Non si può parlare di fede in Dio se non per colui che accoglie Cristo, come l’eterno Figlio di Dio.
Qualsiasi autentica comunione tra gli uomini deve necessariamente passare per tutti e per ognuno attraverso il confronto con Gesù Cristo. Non semplicemente per quello che ha operato e fatto, ma innanzitutto per quello che ha detto di se stesso, allorchè si è dichiarato Figlio di Dio e Salvatore dell’umanità perduta.
Se c’è comunione autentica di cuori è solo nella professione dell’unica fede che salva, nel Dio Uno e Trino che si è manifestato in Israele.
Non si può parlare di amore fraterno se non all’interno della comunità di coloro che hanno accolto Cristo come Figlio di Dio, di coloro che sono stati da lui salvati, fatti santi, resi creature nuove, unicamente in virtù della fede nel suo nome.
Se il titolo di Figlio di Dio spetta solo al Cristo, non si porta il nome di fratelli se non in un lui e per lui.
Mentre di tutti gli uomini si può dire che sono prossimo, soltanto di coloro che sono a noi uniti nel vincolo creato dal Figlio di Dio si può dire che sono fratelli.
In Cristo e per Cristo ci troviamo fratelli in virtù del primogenito dei molti, per quel rinnovamento di vita che è stato portato nei nostri cuori dal suo amore.
24 Voi ciò che udiste dall’inizio, in voi rimanga; se in voi rimane ciò che udiste dall’inizio, anche voi nel Figlio e nel Padre rimarrete.
Pressante è il comando di rimanere nell’integrità dell’annuncio, in ciò che abbiamo udito dall’inizio, in ciò che è uscito dalla bocca degli apostoli.
Non c’è fede in Gesù che non sia insidiata dal Maligno e che per opera sua non tenda a scivolare verso forme degeneri, in cui è compromessa ogni serietà ed autenticità.
Bisogna andare e riandare continuamente alla Parola così come è scritta e così come è custodita e tramandata dalla chiesa.
Per rimanere nel Padre e nel Figlio bisogna rimanere in un ascolto fondato nell’unica verità, non aperto ad altre verità.
Nulla si può e nulla si deve concedere allo spirito del mondo che è spirito del Diavolo anche quando si presenta in forme allettanti e concilianti. Va fatta salva la fede in Gesù Cristo unico Salvatore e unica via di salvezza.
Se è difficile entrare in una situazione di ascolto, ancor più difficile è rimanere in questo ascolto.
25 E questa è la promessa che egli a noi promise, la vita eterna.
Non si rimane nell’ascolto della Parola di Dio se non confortati dalla promessa del Cristo, promessa non di una vita qualsiasi, ma di vita eterna.
Qualsiasi aspettativa della vita che non sia il suo ingresso nell’eternità, nella redenzione fatta dal Cristo, è di per sé vana e fallace.
26 Queste cose scrissi a voi a proposito di quelli che vi ingannano.
Ingannano coloro che insegnano che Cristo non è l’eterno Figlio di Dio, ingannano coloro che annunciano una speranza che non è di vita eterna, ingannano coloro che mettono davanti a tutti una fraternità che non è soltanto in virtù della fede in Cristo.
Non è vero amore se non quello che porta il sigillo di Gesù Salvatore, in noi creato dallo Spirito Santo in virtù del sacrificio del Figlio di Dio.
E tutto questo nella chiesa ad opera del Maligno che si riveste di angelo di luce e cerca di distogliere menti e cuori dalla Verità.
27 E voi l’unzione che riceveste da lui, rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno insegni a voi, ma come la sua unzione vi insegna riguardo a tutte le cose e è veritiera e non è bugiarda, e come insegnò a voi, rimanete in lui.
In quanto a voi sappiate che la vostra unzione in Cristo, unzione di eletti fatti santi da Dio non è destinata ad essere rimossa, ma garantisce di per sé un efficacia duratura ed indelebile.
Vi è una sola unzione di Verità ed è quella che ci viene dal Figlio di Dio. Di nessun altro insegnamento abbiamo bisogno se non di quello che è a noi dato dal cielo.
Non andiamo in cerca di un’altra Parola ma rimaniamo nell’ascolto dell’unica Parola che è verità.
28 E ora figlioli, rimanete in lui, affinché qualora si manifesti abbiamo fiducia e non siamo svergognati da lui nel presentarsi di lui.
Quale conclusione di un discorso per coloro che sono amati come figli in tenera età? Rimanete nel Cristo, non andate fuori dalla vera fede. Perché quando il Figlio di Dio si manifesterà nella sua gloria non vi accada di essere da Lui svergognati portati al suo cospetto, per essere da Lui giudicati.
29 se sapete che è giusto, conoscete che ognuno che fa la giustizia è nato da lui.
Se vi è in voi la vera sapienza che è quella che attribuisce al solo Cristo ogni giustizia, conoscete per rivelazione divina che ogni uomo che fa la giustizia è nato da Lui.
Non è giusto se non chi è stato giustificato dal Figlio di Dio, e non è fatto giusto se non chi è rinato in virtù della sua morte e resurrezione.
Prima lettera di Giovanni cap4
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- Categoria: Prima lettera di Giovanni
- Pubblicato Sabato, 30 Luglio 2011 08:13
- Scritto da Cristoforo
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Cap. 4
1 Amati, non credete ad ogni spirito ma esaminate gli spiriti se sono da Dio, poiché molti falsi profeti sono usciti nel mondo. 2 In questo conoscete lo spirito di Dio: ogni spirito che confessa che Gesù Cristo è venuto nella carne è da Dio, 3 ogni spirito che non confessa Gesù non è ; e questo è quello dell’anticristo, che avete udito che viene, e ora è già nel mondo. 4 Voi siete da Dio, figlioli, e avete vinto loro, poiché più grande è colui che è in voi di colui che è nel mondo. 5 Essi sono dal mondo, per questo parlano dal mondo e il mondo li ascolta. 6 Noi siamo da Dio, chi conosce Dio ascolta noi, chi non è da Dio non ascolta noi. Da questo conosciamo lo spirito della verità e lo spirito dell’inganno.
7 Amati, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio, e ognuno che ama da Dio è nato e conosce Dio. 8 Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. 9 In questo si manifestò l’amore di Dio fra noi: il Figlio suo l’unigenito Dio ha mandato nel mondo affinchè viviamo per mezzo di lui. 10 In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che lui amò noi e inviò il Figlio suo sacrificio propiziatorio per i nostri peccati. 11 Amati, se così Dio amò noi, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. 12 Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio in noi rimane e il suo amore in noi è perfetto. 13 In questo conosciamo che rimaniamo in lui e lui in noi: che dallo Spirito suo ha dato a noi. 14 E noi abbiamo contemplato e rendiamo testimonianza che il Padre ha inviato il Figlio salvatore del mondo. 15 Chiunque riconosca che Gesù è il Figlio di Dio, Dio in lui rimane ed egli in Dio. 16 E noi abbiamo conosciuto e abbiamo creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore, e il rimanente nell’amore in Dio rimane e Dio rimane in lui. 17 In questo è perfetto l’amore presso di noi, perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio, perché come quello è anche noi siamo in questo mondo.
18 Nell’amore non c’è timore, anzi il perfetto amore getta fuori il timore, perché il timore ha castigo; chi teme invece non è perfetto nell’amore. 19 Noi amiamo, perché egli per primo amò noi. 20 Se uno dicesse: Amo Dio e odiasse suo fratello, è bugiardo. Infatti il non amante suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto. 21 E questo comandamento abbiamo da lui: che l’amante Dio ami anche il proprio fratello.
Amati, non credete ad ogni spirito ma esaminate gli spiriti se sono da Dio, poiché molti falsi profeti sono usciti nel mondo.
Primo ammonimento per chi cerca un amore fondato in Verità?
Non si deve credere in uno spirito qualsiasi anche se ha le parvenze di buono. Bisogna esaminare attentamente ogni spirito, per vedere se viene da Dio o dal Maligno.
Non esiste uno spirito che si possa definire buono o cattivo, soltanto in parte o in un senso relativo. Uno spirito o viene da Dio o viene dal Maligno.
È possibile anche uno spirito che si presenta in maniera falsa, cioè non corrispondente al vero.
Dice di essere mandato da Dio, in realtà viene dal Maligno.
Nel mondo sono usciti molti falsi profeti. Profeta di Dio è colui che parla in nome di Dio: a volte con falsità ed inganno.
Colui che è padre di ogni male, può anche presentarsi come padre di ogni bene. Va smascherato il profeta di Dio che parla per istigazione e per ispirazione del Diavolo.
Qual è propriamente il carattere distintivo di ogni spirito?
Non innanzitutto il suo rapporto con l’uomo, ma il suo rapporto con il Cristo.
Ogni spirito che confessa la venuta nella carne di Cristo Salvatore viene da Dio. Chi non confessa la venuta sulla terra del Figlio non è da Dio.
2 In questo conoscete lo spirito di Dio: ogni spirito che confessa che Gesù Cristo è venuto nella carne è da Dio, 3 ogni spirito che non confessa Gesù non è da Dio;
Non è questione da poco: è verità di fede. Nessuno che abbia fede in Cristo Gesù può accogliere come vero lo spirito di chi nega la venuta di Cristo, figlio di Dio nella carne dell’uomo.
Giovanni vuol subito sgombrare la nostra intelligenza da dubbi e perplessità, da metri e misure che si collochino al di sopra o semplicemente fuori dall’opera di salvezza portata dal Cristo.
Lo spirito di verità che è anche spirito d’amore è stato portato sulla terra solamente ed esclusivamente dal Figlio di Dio.
Qualsiasi spirito diversamente trovato nell’uomo viene dal Maligno.
e questo è quello dell’anticristo, che avete udito che viene, e ora è già nel mondo.
Se è un dato di fatto la venuta del Cristo sulla terra, parimenti si può dire che è già un dato di fatto la venuta nel mondo dell’anticristo.
Il mondo è tutto in mano al Maligno, ed ogni uomo che viene in questo mondo è posseduto dal suo spirito.
E questa non è certamente una novità dell’ultima ora, ma è verità della prima ora. Da Adamo in poi la vita dell’uomo è trascorsa e posseduta dallo spirito del Diavolo. Si tratta di una schiavitù celata e non ben delineata ai nostri occhi. Con la venuta del Cristo una luce è portata sul nostro stato di peccato ed il peccato contro Dio è manifestato innanzitutto come peccato contro il Figlio di Dio. Lo spirito del male che si oppone a quello santo di Dio si definisce sempre più chiaramente come l’anticristo.
Nessun spirito si può definire buono e cattivo se non in rapporto al Cristo.
Santo è lo Spirito portato dal Cristo, Malvagio ogni spirito che si pone contro Cristo.
In Cristo e per Cristo ogni divisione tra bene e male si pone in maniera netta e decisa. Dal punto di vista puramente etico uno spirito si può definire più o meno buono e nello stesso tempo più o meno malvagio. Dal punto di vista della Verità che è Cristo, esiste un solo spirito buono, quello da Lui donato.
Ogni altro spirito è malvagio e deve essere definito in relazione alla sua fonte ed alla sua scaturigine come l’anticristo.
Se non ci intendiamo riguardo a Cristo, se non la pensiamo allo stesso modo, ogni dialogo fra religioni, filosofie, culture diverse, è inganno diabolico.
Non esiste e non può esistere una Verità trovata e creata a partire da quello che vi è di buono nell’uomo o da valori che abbiano la parvenza di bene: la verità si definisce a partire dalla fede o non fede in Cristo Figlio di Dio.
Indubbiamente vi è anche un’opera nascosta di Cristo in coloro ai quali non è arrivato l’annuncio del Vangelo, una mancanza di luce che attende la luce per giungere ad una piena conoscenza della Verità. Ma allorchè l’annuncio della salvezza è dato non è più possibile e non è più giustificato un rifugio nei meandri oscuri del cuore non illuminato dalla Parola rivelata.
Una pacifica convivenza tra fedi e religioni diverse ha solamente un significato civico, va ricercata per evitare lotte e conflitti apportatori di mali e sofferenze, ma non si giustifica semplicemente in nome di una qualsiasi fede in Cristo, costruita a partire dalle ragioni dell’uomo e dalla sua utilità e convenienza.
Chi non crede che Cristo è figlio di Dio ha uno spirito malvagio, riprovato dal Signore. È inevitabile un confronto ed uno scontro fra chi crede in Gesù Salvatore e chi non crede nella salvezza portata dal cielo.
Spiriti concilianti in nome di Cristo, che cercano un’apertura verso gli altri a tutti i costi, passando sopra Cristo crocifisso, vengono dal Maligno.
Niente di più assurdo di un annuncio che tutti vuol mettere insieme nel nome di Cristo ignorando la fede nel Figlio di Dio Salvatore.
L’annuncio del Vangelo unisce i cuori che credono in Gesù; li divide da quelli che non credono. È spirito che viene da Dio quello che non semplicemente crede nell’interiorità del proprio io, ma quello che confessa apertamente davanti a tutti e al mondo intero la propria fede.
Non esiste fede inespressa in Gesù. Quando non c’è confessione senza riserve, non c’è lo Spirito di Dio e non è possibile una vera comunione di cuori e di intenti.
La fede in Cristo ha una sua chiarezza ed approvazione da Dio stesso quando affronta lo scontro diretto e frontale con coloro che non credono alla Rivelazione.
4 Voi siete da Dio, figlioli, e avete vinto loro, poiché più grande è colui che è in voi di colui che è nel mondo.
Attenti agli spiriti concilianti, che cercano una pace a qualsiasi costo: c’è un pace che è vita e c’è una pace che è morte.
C’è la pace che viene da una guerra e c’è una pace che ignora uno stato di guerra.
Nessuna comunione ci può essere tra i cuori che credono in Cristo e quelli che non credono. Il conflitto è inevitabile. Non è conflitto dell’uomo contro l’uomo, ma del Signore contro il Diavolo. Noi siamo semplicemente trovati o da una parte o dall’altra. Chi ne sta fuori c’è dentro fino al collo: ma dalla parte del torto.
Nessuna guerra ha un esito più scontato di quella che è in atto nel nostro cuore tra Dio ed il Maligno. La vittoria del Signore è già data ed è già stata acquisita dal sacrificio del Figlio suo.
Il principe di questo mondo detto il forte è stato vinto da Colui che è più forte di lui.
5 Essi sono dal mondo, per questo parlano dal mondo e il mondo li ascolta.
La parola di Verità ha connotati unici ed inconfondibili, si distingue da quella del mondo in quanto ad essa si oppone ed è da questa riprovata.
Il mondo inteso come la totalità degli uomini che non vogliono e non cercano Colui che è verità, ascolta i falsi profeti, perché si riconosce nel loro spirito.
6 Noi siamo da Dio, chi conosce Dio ascolta noi, chi non è da Dio non ascolta noi.
Chi viene da Dio, in quanto redento dal Figlio suo, è ascoltato soltanto da coloro che sono passati attraverso il medesimo lavacro di rigenerazione.
Da questo conosciamo lo spirito della verità e lo spirito dell’inganno.
Rispetto a chi e a che cosa si pone lo spirito della Verità per distinguersi dallo Spirito della Menzogna. Rispetto al Cristo e rispetto all’ascolto della sua Parola? Il rifiuto della Parola è rifiuto di Colui che è la Parola. Chi non accoglie l’annuncio di Cristo Salvatore ha uno spirito di inganno. Chi non annuncia l’unica parola di salvezza è profeta mandato dal Diavolo.
7 Amati, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio, e ognuno che ama da Dio è nato e conosce Dio.
Non ci amiamo gli uni gli altri se non nella piena consapevolezza di essere amati da Dio.
L’amore che è comandato è lo stesso amore che innanzitutto è dato. Non c’è vero amore se non quello che viene da Dio. Chi conosce la potenza di questo amore è nato da Dio e conosce Dio.
8 Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
E’ smentita la conoscenza di Dio in chi non ama in Lui e per Lui, perché Dio è amore.
Non esiste e non può esistere un amore vero che si esprima nell’immediatezza di un essere non visitato e non redento dal Cristo.
Non c’è vera conoscenza di Dio se non in virtù di un rapporto sponsale, a noi offerto dal Cristo. Una conoscenza che investe la totalità dell’io e di tutti i suoi attributi e che ci fa creature nuove, rivestite dal Figlio di Dio in maniera nuova e fatte nuove nel cuore.
9 In questo si manifestò l’amore di Dio fra noi: il Figlio suo l’unigenito Dio ha mandato nel mondo affinché viviamo per mezzo di lui.
Come si è manifestato l’amore di Dio fra noi? Ha mandato nel mondo l’unigenito Figlio suo perché viviamo per mezzo di lui.
Non si può dunque ignorare l’evento che ha fatto di noi creature nuove e non si può più pensare ad una vita nell’amore senza il possesso di Colui che è amore.
Se qualcuno ha ancora dei dubbi e crede in un amore proprio, conosciuto e sperimentato indipendentemente dal Cristo, sappia dunque con chiarezza.
10 In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che lui amò noi e inviò il Figlio suo sacrificio propiziatorio per i nostri peccati.
Quando si parla di amore questo bisogna innanzitutto dire. Nessun uomo ha mai amato Dio, ma è stato Dio ad amare noi e ha inviato nella carne il Figlio suo come vittima gradita ed accetta in espiazione per i nostri peccati.
L’amore è prerogativa esclusiva di Dio. L’uomo non solo non ama il proprio fratello, ma ancor prima non ama Dio.
L’amore comandato da Dio all’uomo altro non è che adesione ad un atto d’amore estremo che viene dal cielo, consapevolezza piena della sua fonte e della sua scaturigine, appropriazione accetta e gradita a Dio di un dono a noi fatto dal Signore stesso.
11 Amati, se così Dio amò noi, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.
Se Dio in questo modo e fino a tal punto amò noi, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.
L’amore a Dio è risposta al suo amore: l’amore al prossimo è conformità a questo amore. Non si ama Dio se non perché amati da Dio, non si amano i fratelli se non perché resi conformi a Cristo primogenito dei molti, in virtù del suo sacrificio.
12 Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio in noi rimane e il suo amore in noi è perfetto.
Nessuno conosce Dio perché l’ha visto. Colui che non si può vedere con gli occhi della carne si può tuttavia conoscere in virtù dell’amore da Lui versato nei nostri cuori. Quando c’è un amore fraterno vero e sincero gli uni verso gli altri, abbiamo un segno concreto dal cielo che Dio dimora in noi e che il suo amore in noi è perfetto.
13 In questo conosciamo che rimaniamo in lui e lui in noi: che dallo Spirito suo ha dato a noi.
In che cosa conosciamo che rimaniamo in lui e lui rimane in noi? Dal fatto che ci ha dato il suo Spirito. È Lo Spirito di Dio che attesta in noi la presenza dello stesso Dio.
14 E noi abbiamo contemplato e rendiamo testimonianza che il Padre ha inviato il Figlio salvatore del mondo.
Non vi è solo la testimonianza data dal cielo: vi è anche una testimonianza che viene dalla terra. Chi scrive ha contemplato con i propri occhi la venuta nella carne del Figlio di Dio, salvatore del mondo.
15 Chiunque riconosca che Gesù è il Figlio di Dio, Dio in lui rimane ed egli in Dio.
Chiunque riconosca, confessando con la bocca, che Gesù è il Figlio di Dio, per ciò stesso attesta che Dio dimora in lui e lui in Dio.
Non si rimane in Dio se non si rimane in una perenne confessione di fede in Gesù, Figlio suo, Salvatore nostro.
Non esiste fede inespressa e non c’è perseveranza nella fede se non si persevera nella proclamazione del nome di Gesù, Figlio di Dio.
Quando la bocca tace il nome del Figlio, il cuore è altrove, lontano da Dio.
16 E noi abbiamo conosciuto e abbiamo creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore, e il rimanente nell’amore in Dio rimane e Dio rimane in lui.
Nessuno afferra e fa proprio l’amore che non conosce. L’amore che Dio ha per noi si è fatto a noi conoscere allorchè l’eterno Figlio ha preso dimora in mezzo a noi. Se non tutti quelli che hanno conosciuto hanno creduto, tutti quelli che hanno creduto hanno conosciuto. La fede che testimonia l’amore di Dio è testimoniata a sua volta dallo stesso amore, dal suo dimorare e dal suo permanere nello stesso uomo.
17 In questo è perfetto l’amore presso di noi, perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio, perché come quello è anche noi siamo in questo mondo.
L’amore che Dio ci ha donato non è un amore a metà: è l’amore nella sua dimensione ultima e definitiva.
È un amore che ci fa figli di Dio, un amore che ci dà piena confidenza nel Padre, che toglie in noi ogni timore nel giorno del giudizio.
perché come quello è anche noi siamo in questo mondo.
Un amore diverso fa diverso il nostro amore: ci rende simili a Dio. Se il Signore ci ama scavalcando e mettendo da parte ogni giudizio su di noi, così anche noi possiamo amare scavalcando le barriere imposte dal giudizio.
18 Nell’amore non c’è timore,
L’amore vero non conosce timore dell’altro. ha superato ogni giudizio di sé rispetto all’altro e dell’altro rispetto a sé.
C’è confidenza di cuori piena ed assoluta. Non c’è zona d’ombra che rimanga nascosta ed inconfessata.
anzi il perfetto amore getta fuori il timore, perché il timore ha castigo;
L’amore perfetto getta fuori da sé ogni timore rispetto all’altro, perché il timore di per sé è meritevole di rigetto e di castigo: non è nello spirito dell’amore.
chi teme invece non è perfetto nell’amore.
Chi ha timore invece nel suo amore non è perfetto. Gli manca qualcosa: la purificazione e la liberazione da qualsiasi timore.
19 Noi amiamo, perché egli per primo amò noi.
Espressione un po’ staccata dal contesto, si ricollega al versetto
10 In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che lui amò noi e inviò il Figlio suo sacrificio propiziatorio per i nostri peccati.
E’ di fondamentale importanza per capire un discorso. Se è vero che chi ama possiede Dio, ancor prima è vero che nessun amore è possibile se non per grazia di Dio. Non c’è nell’uomo capacità di amare. Se pure l’amore è comandato, non c’è adempimento del precetto se non in virtù del sacrificio del Cristo Figlio di Dio che dando fondo all’amore divino ha fatto sì che questo amore fosse riversato nei nostri cuori.
L’amore vero viene dal cielo, e non si ama se non in risposta ad un amore donato. Qualsiasi comandamento rispetto all’amore dà per scontata la salvezza operata dal Cristo.
Non si deve amare per diventare realtà nuova, ma non si è realtà nuova se non si ama. Soprattutto chi non ama non ha preso consapevolezza dell’opera del Salvatore, non ha fede in Lui e per questo in Lui non è trovato alcun vero amore.
Non il nostro amore fa vero il rapporto con i fratelli, ma soltanto quello che è stato donato da Cristo.
L’amore è un campo di verifica non riguardo a ciò che non possediamo di nostro, ma riguardo al dono di Dio. Ci dice se l’abbiamo fatto nostro o meno.
Se l’amore è frutto della grazia divina, allora dovrebbe venire da sé senza alcuno sforzo ed impegno da parte nostra.
Perché ancora se ne parla come di un comando e non come di un fatto già scontato e dato come attuale?
Giovanni vuol liberarci da una fede facile, pronta ed immediata che si rifugia nei meandri del proprio sentire e del proprio opinare.
La fede è pronta non quando dà per scontata l’opera di Dio, ma soltanto nella misura in cui si dimostra pronta ed aperta all’opera di Dio. Se in un rapporto d’amore Cristo ha fatto l’opera prima e più importante, questo non significa che noi dobbiamo semplicemente succhiare questo amore senza nulla metterci del nostro.
L’amore che l’altro ha dimostrato e dimostra verso di noi non ci libera da un impegno e da una tensione per una risposta vera e giusta. L’adempimento da parte del Cristo del precetto dell’amore non ci libera e non ci assolve dall’obbligo dell’amore.
Per quanto sta in noi dobbiamo mettercela tutta per rispondere e corrispondere a questo amore.
Chi si sente amato può avere consapevolezza dell’abisso tra l’amore con cui è amato e quello con cui riama, ma non può evitare di dare una risposta, un segno di accettazione o meno di ciò che è offerto.
Il dono può anche cadere a vuoto e non è gradito l’uomo che l’accoglie senza dare il dovuto peso e la dovuta importanza.
Accogliere il dono dell’amore a parole, per rimanere nel non amore è il disprezzo massimo verso l’opera della salvezza del Cristo.
Anche se non c’è in noi capacità di amore è richiesta volontà di amore. L’amore non è reso attuale dalla grazia divina se non nell’uomo che lo vuole con la totalità del proprio essere creato.
Non c’è uomo che voglia l’amore che non si senta in obbligo riguardo all’amore.
Se l’amore che viene da Dio non ha misura, non si manifesta come vero se non dalla misura che già è stata data a noi e questa misura diventa attuale e manifesta solo per nostra volontà.
Non si ama con l’amore che non si possiede, ma con quello che già ci è dato. E non può amare chi non ha volontà d’amare. Tra l’amore che è donato e l’amore che è operato ci sta di mezzo tutta la nostra libera volontà.
E’ un inganno presumere di un amore che non ci appartiene come nostro: è pure un inganno amare solo a parole e non a fatti: vuol dire che nessun amore è trovato in noi, né quello umano né quello divino.
Se è giustificato l’uomo che non può amare perché non possiede l’amore, non è giustificato chi non vuole amare quando l’amore è già attuale ed in noi operante per grazia di Dio.
E neppure si deve insistere più di tanto riguardo alla differenza tra l’amore che si porta nei riguardi di Dio e quello che si porta nei riguardi dell’uomo. Con la venuta di Cristo entrambi assumono un’importanza ed un valore di portata assoluti. Non sono due realtà diverse, ma due facce di un’unica medaglia.
20 Se uno dicesse: Amo Dio e odiasse suo fratello, è bugiardo. Infatti il non amante suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto.
Può sembrare più facile l’amore verso Dio rispetto a quello verso le creature. E’ esattamente vero il contrario: l’amore verso le creature è da noi tutti avvertito come più attuale e vitale, perché le creature le vediamo con noi ed accanto a noi: interferiscono ed agiscono in maniera visibile nella nostra vita. Dio può anche sembrare lontano: benché vicino è nascosto ai nostri occhi.
Chi non ama il fratello che è, cade ed è caduto sotto i propri occhi non può amare Dio che mai ha visto, neppure una volta.
21 E questo comandamento abbiamo da lui: che l’amante Dio ami anche il proprio fratello.
L’amore che portiamo verso Dio come riflesso del suo amore, non ci chiede di rimanere chiuso in se stesso, ma vuole e chiede a noi nella forma del comando di essere esteso dall’Unico Creatore alla totalità delle sue creature.
Prima lettera di Giovanni cap3
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- Categoria: Prima lettera di Giovanni
- Pubblicato Sabato, 30 Luglio 2011 08:15
- Scritto da Cristoforo
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Cap 3
1 Guardate quale amore ha dato a noi il Padre, così che figli di Dio siamo chiamati, e siamo.
Per questo il mondo non conosce noi, poiché non ha conosciuto Lui.
2 Amati, ora siamo figli di Dio, e non apparve ancora cosa saremo.
Sappiamo che qualora sia manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com’è.
3 Ed ognuno che ha questa speranza in lui purifica se stesso, come quello è puro.
4 ognuno che fa il peccato fa anche la violazione della legge, e il peccato è la violazione della legge.
5 E sapete che quello si manifestò per togliere i peccati, e in lui non è peccato.
6 Ognuno che rimane in lui non pecca: ognuno che è peccante non ha visto lui né ha conosciuto lui.
7 Figlioli, nessuno inganni voi: è giusto chi fa la giustizia, come quello è giusto. 8 colui che fa il peccato è dal diavolo, poiché dall’inizio il diavolo pecca.
Per questo si manifestò il Figlio di Dio, per distruggere le opere del diavolo. 9 Ognuno che è nato da Dio non fa peccato, perché il seme di lui in lui rimane, e non può peccare, perché da Dio è nato. 10 In questo sono manifesti i figli di Dio e i figli del diavolo: ognuno che non fa la giustizia non è da Dio e il non amante il suo fratello.
11 Poiché questo è l’annuncio che udiste dall’inizio: che amiamo gli uni gli altri, 12 non come Caino che era dal maligno e scannò suo fratello. E a motivo di cosa scannò lui? Perché le sue opere erano malvagie, quelle del suo fratello giuste. 13 E non meravigliatevi, fratelli, se il mondo odia voi. 14 Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. 15 Ognuno che odia il suo fratello è omicida, e sapete che ogni omicida non ha vita eterna in sé rimanente. 16 In questo abbiamo conosciuto l’amore: quello per noi pose la sua anima; e noi dobbiamo porre per i fratelli le anime nostre . 17 Chi però avesse la ricchezza del mondo e vedesse il suo fratello avente bisogno e chiudesse le sue viscere da lui, come l’amore di Dio rimane in lui? 18 Figlioli, non amiamo con la parola né con la lingua ma in opera e verità. 19 E in questo conosceremo che siamo dalla verità, e dinanzi a lui persuaderemo il nostro cuore, 20 che se il cuore ci accusi, più grande è Dio del nostro e conosce tutte le cose. 21 Amati, se il cuore nostro non ci accusa abbiamo fiducia presso Dio 22 e qualunque cosa chiediamo riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo le cose gradite davanti a lui facciamo. 23 E questo è il suo comandamento, che crediamo al nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, come ha dato comandamento a noi. 24 E l’osservante i suoi comandamenti in lui rimane ed egli in lui; e in questo conosciamo che rimane in noi: dallo Spirito che ha dato noi.
1 Guardate quale amore ha dato a noi il Padre, così che figli di Dio siamo chiamati, e siamo.
Non c’è amore più grande di quello che un padre dà al proprio figlio, solo in virtù di questo amore si è chiamati figli .
Se consideriamo la paternità umana ci può anche essere l’eccezione e l’amore che un padre porta verso un figlio può essere trovato non vero. Chi ha un padre non vero, non è vero figlio. Ma per quel che riguarda noi che siamo detti santi, le cose stanno diversamente.
Non c’è amato dal Padre che è nei cieli, che non sia anche figlio, non solo di nome ma anche di fatto. Non alla stregua di ognuno che è figlio secondo la carne, ma al modo di Colui che è l’eterno Figlio di Dio.
Per questo il mondo non conosce noi, poiché non ha conosciuto Lui.
Perché il mondo non conosce noi come veri figli, perché non conosce Colui che unico è vero Padre?
2 Amati, ora siamo figli di Dio, e non apparve ancora cosa saremo.
Chi è figlio è detto anche amato, e chi è detto amato lo è solo in quanto figlio. Se già fin d’ora siamo amati e figli di Dio, non si è ancora manifestato cosa saremo, cioè la portata, la realtà di una figliolanza eterna.
Sappiamo che qualora sia manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com’è.
Quel che già da ora ci è dato sapere è che saremo simili a Lui. Non c’è vero figlio che non assomigli al Padre suo, non ci sono occhi eterni donati alla creatura se non perché possano vedere il volto del Creatore.
Una realtà spirituale chiede e vuole occhi spirituali. Fino ad ora parziale è il nostro vedere, perché parziale è il dono dello Spirito Santo.
Quando si intravede se pur non chiaramente Colui che unicamente è il Bello ed il Buono chi non è preso dalla speranza di una novità di vita?
3 Ed ognuno che ha questa speranza in lui purifica se stesso, come quello è puro.
Finchè si rimane in questa speranza il nostro cuore è fatto libero dall’aspettativa di qualcun altro o di qualcosa d’altro
Si entra in un cammino di purificazione del nostro spirito che vuol liberarsi ed è liberato da tutto ciò che non è esclusivamente Dio.
Se nessuna impurità c’è nello Spirito di Dio, nessuno spirito si può a Lui avvicinare se non quello che è puro come lui.
4 ognuno che fa il peccato fa anche la violazione della legge, e il peccato è la violazione della legge.
Nessuno s’inganni dunque, chi fa il peccato fa anche violazione della legge che viene da Dio. Non s’illuda di avere il dono dello Spirito e un cuore puro in virtù dello stesso spirito chi rifiuta quella correzione e purificazione che passa attraverso l’osservanza della Legge, comandata dal Signore.
Il peccato nella sua forma più immediatamente comprensibile all’uomo è la violazione del comando di Dio così come ci è dato attraverso la forma della Legge.
Se peccato è innanzitutto disobbedienza e non ascolto della Parola di Dio data nella forma del comandamento, peccati sono tutti quegli atti che sono frutto del primo peccato.
5 E sapete che quello si manifestò per togliere i peccati, e in lui non è peccato.
Colui che si è manifestato per togliere il peccato del mondo si è manifestato anche per togliere i peccati frutto dell’unico peccato. In Lui non vi è peccato, perché non ha conosciuto il peccato.
Gesù è l’eternamente obbediente alla volontà del Padre ed in quanto tale nessuna ombra di peccato può essere in Lui trovata.
6 Ognuno che rimane in lui non pecca: ognuno che è peccante non ha visto lui né ha conosciuto lui.
Chi rimane nel Figlio Salvatore non pecca, perché in Lui non c’è peccato alcuno. Chi è peccante cioè si trova in uno stato di peccato, non ha visto Lui né ha conosciuto Lui.
Il peccato dunque è semplicemente una forma e uno stato di non conoscenza, alla stregua della filosofia socratica? Niente affatto! Non c’è uomo che sia al di fuori o al di sopra di una conoscenza. Chi non conosce il Cristo Figlio di Dio, rimane ancorato ad un’altra conoscenza, che è quella dell’Antico Maligno, detto anche Diavolo.
Non esiste un incolpevole peccato, qualificabile come semplice ignoranza. Chi pecca non solo attesta di sé la non conoscenza del Figlio, ancor prima manifesta, ribadisce e riafferma in sé la conoscenza del Maligno.
7 Figlioli, nessuno inganni voi: è giusto chi fa la giustizia, come quello è giusto. 8 colui che fa il peccato è dal diavolo, poiché dall’inizio il diavolo pecca.
Figlioli, amati del Padre, nessuno vi inganni con dottrine false e perverse. È giusto chi fa la giustizia, cioè chi obbedisce a tutto ciò che è volontà di Colui che è Giustizia. Se Giustizia è il Padre, non è giusto se non chi opera secondo i comandamenti dello stesso Padre. E chi è mai l’unico eterno giusto se non L’eterno Figlio suo?
Chi fa il peccato viene dal Diavolo, si nutre e si accresce nella Sua conoscenza, nell’obbedienza ad una volontà che è nemica di Dio a Lui ribelle e a Lui ostile, fin dall’inizio.
A buon diritto chi non è detto figlio di Dio può essere detto Figlio del Maligno. Lo è di fatto e non solo di nome.
Per questo si manifestò il Figlio di Dio, per distruggere le opere del diavolo.
Nessuna opera del Maligno può essere distrutta se non in virtù del Figlio di Dio, a noi manifestato nella carne.
Cristo dunque non è venuto semplicemente per liberarci dai peccati, ma dalla schiavitù di Colui che è creatore del peccato e padre di tutti coloro che sono trovati nel peccato. Dobbiamo entrare in un nuovo regno che è quello di Dio ed in una figliolanza nuova che è adozione a figli dell’Altissimo a modo dell’eterno Figlio suo ed in virtù dello stesso Figlio suo.
9 Ognuno che è nato da Dio non fa peccato, perché il seme di lui in lui rimane, e non può peccare, perché da Dio è nato.
Affermazione forte, che non può essere messa in discussione.
Certamente è vera per Colui che è la Verità. Se vediamo le cose dal punto di vista dell’Assoluto, di ciò che Dio ha già operato in noi in virtù del Figlio, la nuova generazione in Cristo non dovrebbe portare macchia di peccato. Siamo creature nuove, perché fatte nuove dal Salvatore. Perché il seme di lui in lui rimane, e non può peccare, perché da Dio è nato. Se è una certezza che non può peccare chi è nato da Dio, non altrettanto certa è la nostra nascita da Dio. Possiamo sempre metterla in discussione e fare marcia indietro. Tra la certezza fondata del dono di Dio e dell’opera del Figlio suo sta la misura della nostra fede e la perseveranza in essa.
Non sempre si rimane saldi nella nuova vita e non sempre il seme gettato dal Cristo nel nostro cuore può crescere e portare frutto.
Non possiamo e non dobbiamo mettere in discussione quello che Dio ha operato. È possibile che l’opera di Dio resti lettera morta oppure abbia un inadeguato ricettacolo nel nostro cuore, per nostra libera scelta.
L’opera della salvezza può incontrare un rifiuto oppure sortire frutti non in tutto conformi alla volontà del Salvatore.
La perfezione che Dio ha donato con il suo sacrificio deve fare i conti con il nostro libero assenso, che dato una volta deve essere dato ogni volta. Se Dio non può smentire il suo dono e si fa garante della bontà del seme che viene da Lui, noi non possiamo farci garanti di una fede piena, costante e duratura.
Quando troviamo in noi germi di peccato, non dobbiamo mettere in discussione il seme che viene da Dio, ma una risposta inadeguata al suo dono.
Una fede pienamente adeguata al dono del Salvatore esiste soltanto come reale possibilità offerta da Dio all’uomo. Di fatto rimane in noi la non perfezione ed il limite imposto da una volontà altalenante che sarà senza macchia soltanto nel regno dei cieli. È volontà di Dio che non ci sia in noi peccato alcuno, e non manca la misura del dono. Ma chi può dire di se stesso di aver accolto e fatta propria una perfetta pienezza?
Tra l’essere perfetti come Dio e l’essere malvagi come il Maligno, ci sta anche l’uomo che è entrato in un cammino di salvezza, ma procede a stento e a ritroso ed ogni giorno, ogni momento deve chiedere a Dio perdono per il proprio peccato ed invocare il suo aiuto e la sua protezione.
Nulla di fatale e di assoluto nella nostra fede, dobbiamo sempre metterla in discussione e rimetterla nelle mani di Dio, perché si prenda cura di noi.
Certamente chi è nato da Dio non ama il peccato. Ma si fa il peccato anche non amandolo, per debolezza. Sia ringraziato Dio perché ci rimette le nostre colpe non soltanto prima di averci donato la salvezza, ma anche dopo e per sempre fino al tempo in cui saremo completamente trasformati ad immagine del Figlio suo.
Quando troviamo in noi il peccato non dobbiamo mettere in discussione l’opera di Dio, ma la nostra fede. Ci possono essere momenti di scoraggiamento di fronte all’evidenza del peccato; vanno superati confessando umilmente la propria colpa e chiedendo la forza per rialzarsi ed andare avanti.
9 Ognuno che è nato da Dio non fa peccato, perché il seme di lui in lui rimane, e non può peccare, perché da Dio è nato.
10 In questo sono manifesti i figli di Dio e i figli del diavolo: ognuno che non fa la giustizia non è da Dio e il non amante il suo fratello.
Giovanni procede imperterrito nella logica di un ragionamento che potrebbe trarre in errore.
Da un lato vi sono i figli di Dio che fanno la giustizia ed amano il fratello, dall’altro i figli del diavolo che non fanno la giustizia e non amano il fratello.
Perché una separazione così netta che non considera vie di mezzo?
Perché la nostra fede deve tendere alla perfezione e rifuggire da risposte timide e da posizioni non chiare nei confronti della salvezza operata dal Cristo. Non è una salvezza a metà e dobbiamo aderire ad essa con la totalità del nostro cuore, della nostra mente, delle nostre forze.
Chi non si pone nell’ottica di una totalità, almeno nel desiderio e nell’intenzione, è figlio del Maligno. Altro è peccare alla sequela di Cristo, altro è peccare alla sequela del Diavolo. Chi segue Cristo può confidare nel suo perdono, chi segue il Satana non ha alcuna speranza di salvezza.
Prima di continuare nella lettura ci sembra opportuno fare alcune considerazione.
I versetti della Scrittura che stiamo leggendo, a dispetto del rigore logico del discorso non sono affatto di facile comprensione.
Perché ciò che appare così logicamente chiaro e comprensibile non appare poi così chiaramente verificabile nella nostra esperienza quotidiana.
La logica del tutto o niente, del taglio netto tra il prima o il dopo, di una diversità assoluta tra l’uomo vecchio nel Maligno e l’uomo nuovo nel Cristo non ci conforta più di tanto. Al contrario può essere motivo di scoraggiamento in chi non vede in sé i segni della nuova vita; ancor peggio per chi confidando in una fatalistica predestinazione non vuol vedere e confessare i propri peccati.
Per una intelligenza piena ed edificante della Parola, ancora una volta, come nei Vangeli, in Paolo, ora anche in Giovanni, dobbiamo cercare di entrare nello spirito di un linguaggio che fa largo uso del paradosso.
Non ci si esprime in modo paradossale se non per confutare e confondere chi giustifica affermazioni e conclusioni sbagliate.
Non c’è via di mezzo tra fede e non fede, fra l’essere in Cristo e l’essere fuori di Cristo. O si è col Salvatore o si è contro il Salvatore.
E tutto questo è indubbiamente vero dal punto di vista dell’eterno Logos di Dio. Ma quando il discorso si cala nella complessità del nostro essere creato, allora c’è bisogno di un’analisi più ampia, più dettagliata e circostanziata. Perché se la verità è semplice, semplice l’uomo non è.
L’uomo è creatura complessa formata da molteplici dimensioni, all’origine in perfetta armonia l’una con l’altra, dopo il peccato dissociate l’una dall’altra. Ciò che è assolutamente vero per l’una lo è parzialmente per un’altra o addirittura del tutto irrilevante per un’altra ancora.
Dire che l’uomo è salvato e redento dal Cristo è dire tutto e dire niente, perché l’uomo non è unità semplice ma unità complessa formata da spirito, anima, corpo.
La salvezza in senso pieno e definitivo riguarda innanzitutto il nostro spirito, che possiamo anche chiamare io, quella vita immessa da noi in virtù dell’alito divino, che è comunicazione immediata con Dio, partecipazione diretta al suo essere.
Diversamente l’anima è creata dal nulla ad immagine di Dio, ma indissolubilmente legata ad un corpo fatto con la terra e dalla terra.
La vita di Dio passa dallo spirito all’anima, dall’anima al corpo in un rapporto di dipendenza che l’uomo per poco tempo ha potuto godere in maniera armonica.
Con il peccato d’origine si crea una dissociazione fra le varie dimensioni , che non si trovano più in armonia l’una con l’altra, ma una divise l’una dall’altra. Ne abbiamo già parlato ampiamente altrove e non vogliamo ripetere.
Giova sottolineare però che soltanto lo spirito è di per sé fondante la creatura ed ogni creatura. Esistono creature come gli angeli in cui vi è una sola dimensione che è quella dello spirito. Lo spirito e solo lo spirito di per se garantisce una creatura che può conoscere Dio così com’è realmente. Potremmo dire in spirito e verità.
L’anima ed il corpo materiale rappresentano un di più del dono di Dio, un allargamento del dono primitivo ed essenziale fatto agli angeli.
Il discorso della salvezza portata da Cristo si fa più complesso ed articolato, quando si passa dagli angeli, all’uomo.
Per gli angeli la salvezza investe unicamente lo spirito, per l’uomo, interessa spirito, anima e corpo.
Una salvezza di per sé semplice allorchè interessa la semplice dimensione spirituale, si fa complessa allorchè la vita dello spirito si fa comprensiva di quella dell’anima e del corpo.
La prima procede in tempi univoci ed in modi conformi, la seconda conosce tempi, modi , misure diversi.
Quando nella Scrittura si parla di salvezza innanzitutto si deve intendere la salvezza dello spirito. Non creato, né generato, più propriamente insufflato in virtù dell’alito di Dio, non può cadere nel nulla, ma di per sé è destinato a vita eterna o a morte eterna.
Vita eterna nel possesso pieno dello Spirito Santo, morte eterna nel proprio essere separato, distaccato, isolato, rigettato per sempre dall’unico eterno Spirito Santo. La vita eterna altro non è che un perenne vivere nell’unico Vivente, la morte eterna altro non è che un eterno morire fuori dal solo e medesimo Vivente.
Si entra nell’eternità innanzitutto perché spiritualmente salvati, ed è innanzitutto questo che importa e deve importare a Creatore e a creatura.
In quanto alla salvezza dell’anima e del corpo non procedono di pari passo; si tratta di una salvezza dapprima indotta e trainata. È una salvezza al servizio di quella dello spirito, in funzione della sua priorità: in quanto tale ad essa subordinata e condizionata.
Non ci sarà salvezza dell’anima e del corpo in senso proprio, pieno e definitivo se non nella risurrezione dei morti. Soltanto in quel giorno la redenzione sarà per la totalità dell’essere umano.
Una fede in Cristo Salvatore, che non sia anche fede nella risurrezione dei morti e nella restaurazione di cieli nuovi e terra nuovi, è monca.
Per quel che riguarda l’attualità della nostra salvezza dobbiamo innanzitutto guardare allo spirito e lui considerare.
In Paradiso non entreranno il nostro corpo e la nostra anima, ma entrerà soltanto il nostro spirito redento. In quanto alla nostra anima o psiche e al corpo materiale, scenderanno nella polvere, in attesa della risurrezione ultima.
Se pur legato all’anima e al corpo, lo spirito conosce categorie proprie non riducibili a quelle del corpo, ma neppure a quelle dell’anima. Lo spirito viene prima e va oltre ciò che è animale, se pur razionale ( intendi la dimensione psichica ).
Il rapporto tra lo spirito “creato” e quello Creatore è di per sé semplice. L’adesione dell’uno all’Altro si esprime nella forma di un’assoluta semplicità incomprensibile per l’anima e non riducibile alle sue categorie. Un sì o un no di portata eterna, di cui neppure possiamo intendere il modo secondo cui tale assenso o dissenso si attualizza. Soltanto nello spirito e per lo spirito si può parlare di libertà creata dell’uomo in senso assoluto rispetto al suo Creatore, a nulla condizionata e a nulla condizionante, ma sempre aperta fino al giorno del giudizio ultimo alla possibilità di un ripensamento e di un ravvedimento riguardo all’attualità del proprio essere in rapporto a Dio.
Parlare di predestinazione, di prescienza per quel che riguarda il nostro proprium spirituale è sbagliato e biblicamente infondato. Nasce da una lettura superficiale e non illuminata della Parola di Dio, il cui senso è coperto da un velo. Se Dio non toglie questo velo, possiamo intendere quel che non si deve intendere.
Quando si passa dalla realtà assolutamente semplice dello spirito a quella più complessa ed articolata dell’anima e del corpo il discorso diventa di difficile comprensione.
Non siamo d’accordo con Lutero quando sottolinea con forza l’assoluta semplicità della Parola di Dio. Semplice in sé e per sé nella sua dimensione spirituale, diventa complessa allorchè si deve rapportare alla complessità dell’uomo precipitato nel peccato.
Perché discorsi così di tal fatta? Non sono opera del tutto oziosa ed inutile?
Se tutto ti è chiaro nella Scrittura, buon per te: è una grazia del Signore.
Se ne avverti la complessità aiutami a comprendere questa complessità. Noi stiamo semplicemente cercando di dare spiegazioni logicamente chiare e coerenti.
Perché mai Giovanni scrive che chi è nato da Dio non pecca, non può peccare, mentre anche un solo peccato attesta di per sé che siamo figli del Maligno?
Sono forse da poco affermazioni di tal genere? E chi può accontentarsi di una spiegazione semplice, quando di semplice non c’è assolutamente nulla? Noi pensiamo che il discorso di Giovanni e della Scrittura in genere non si possano intendere pienamente se non si pone la nostra dimensione spirituale in una posizione preminente e prevalente nel discorso della salvezza. Perchè la salvezza è innanzitutto nello spirito e per lo spirito.
Perché tutti i peccati saranno perdonati ma non quello contro lo spirito santo? E qual è il peccato contro lo spirito Santo, se non quello che lo spirito creato compie nei confronti dello Spirito Creatore?
Ha caratteristiche proprie e ben definite, non è soggetto a perdono da parte di Dio; non si può collocare sullo stesso piano dei peccati imputabili all’anima, di cui Gesù dice che saranno tutti perdonati.
A questo punto forse ci è dato comprendere qualcosa di più del discorso di Giovanni. Ci sono peccati che di per sé non comportano un giudizio di eterna condanna da parte di Dio, sono da Lui perdonati e non una sola volta e non in un solo tempo: basta l’umile confessione.
9 Ognuno che è nato da Dio non fa peccato, perché il seme di lui in lui rimane, e non può peccare, perché da Dio è nato.
Qual è questo peccato che non può fare chi è nato da Dio se non quello contro lo Spirito Santo?
Altro è fare peccati, altro è vivere in uno stato di peccato. Ci sono peccati sortiti dalla nostra anima, che di per sé non necessariamente testimoniano la nostra estraneità all’amore di Dio e una condizione di creature non redente, figlie del Diavolo.
Sono dovuti ad una debolezza, non ancora vinta e superata. Riassorbiti dall’amore divino, possono concorrere anch’essi alla nostra salvezza. Ad essi allude Davide: allorchè esclama: felice colpa! Perché non arriviamo all’intelligenza piena dell’amore di Dio, se non arriviamo alla consapevolezza piena del nostro peccato.
Distingui dunque tra peccato e peccato. Non tutti i peccati sono per la morte e non tutti i peccati attestano di per sé uno stato di morte. Ci sono anche quelli che attestano l’amore misericordioso del Salvatore.
Non possiamo giudicare lo spirito secondo le categorie dell’anima. Certo un’anima che fa il peccato può di per sé manifestare uno spirito in uno stato di peccato. Non sempre e non necessariamente le cose stanno così.
Non intende e non può intendere se non lo Spirito di Dio che tutti giudica e che nessuno può giudicare.
A Lui affidiamoci, in Lui confidiamo, senza scoraggiarci per i peccati, ma neppure giustificandoli con leggerezza. Meglio l’umile confessione, e la supplica insistente perché Dio abbia pietà di noi. Ne avremo maggior guadagno per lo spirito.
In quanto all’anima non preoccupiamoci più di tanto delle ambiguità e delle contraddizioni che porta con sé.
Uno spirito sano può portare anche un’anima ed un corpo malati.
Un’anima ed un corpo che abbiano presunzione di salvezza e di salute non portano mai uno spirito fatto salvo dal Signore.
Dobbiamo considerare la nostra vita innanzitutto nella sua dimensione spirituale. E’ spiritualmente che dobbiamo essere risolti e spiritualmente dobbiamo valutare la soluzione finale della nostra vita.
Un semplice si , che ogni giorno, ogni momento dobbiamo ripetere e rivolgere al Cristo, nostro Salvatore. Il resto fa da corollario e da cornice. Un’attenzione, una preoccupazione ed un interesse eccessivi per la nostra anima e per il nostro corpo ci portano fuori strada e ci dicono che non abbiamo in noi l’amore di Cristo Salvatore.
Eppure sembra proprio che tutto il nostro interesse e la nostra preoccupazione siano per il corpo e per l’anima, intesa come psiche?
Cosa chiediamo nelle nostre preghiere? Innanzitutto un corpo sano ed una mente sana, così come recita il detto. Mens sana in corpore sano. E qual è la nostra reazione ed il nostro modo di sentire di fronte a persone malate e disabili, profondamente colpite nel corpo e nella psiche? Vediamo e troviamo in esse la dignità dei figli di Dio? Se ci fermiamo a ciò che vediamo e a ciò che comprendiamo vien meno la fede in Cristo Salvatore, se entriamo nello spirito di una preghiera conforme alla volontà di Dio tutto è diverso.
Leggiamo in Luca 11 “Se voi essendo cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono”?
Cosa dobbiamo chiedere dunque secondo l’insegnamento di Gesù.
Non le cose buone che interessano il corpo e l’anima , ma quelle che interessano il nostro spirito.
Il dono dello Spirito santo e solo questo è garanzia di vita eterna.
E non ci è dato Colui che è Spirito Santo per la guarigione del corpo e dell’anima, ma per la salute del nostro spirito.
E’ questa la salvezza che ci tocca qui ed ora, definitiva e risolutiva del nostro rapporto con Dio.
In quanto alla nostra carne e alla nostra anima, possono ancora portare i segni del peccato originale, Ciò che viene dalla morte è riassorbito e portato da Colui che porta la vita. .
Un corpo ed una psiche malati sono indubbiamente una croce, ma è una croce sorretta dal Cristo, confortata e fatta lieve dalla presenza dello Spirito Santo, Il consolatore come lo chiama Gesù. C’è ancora bisogno di consolazione, perché è ancora tempo di lacrime e di sofferenza.
Come Paolo dobbiamo dire: “Sovrabbondo di gioia nelle mie tribolazioni”. Gioia non psichica, ma spirituale, che non può comprendere se non chi la possiede e la sperimenta in sé. Non ti scoraggiare e non ti abbattere tu che sei colpito nella carne e nella psiche.
Chiedi al Signore che mandi il Consolatore dal cielo. Lo spirito della verità che il mondo non vede e non conosce, ma che è in noi e dimora in noi.
Ti vedi brutto e malandato sia nel corpo e nella psiche?
Confida nella misericordia di Cristo Salvatore.
Non entreremo nella vita eterna con questo corpo e con questa anima, ma soltanto con lo spirito fatto pieno di Spirito Santo.
Uno spirito risorto a vita nuova nella sua assoluta semplicità, in questa semplicità per un tempo ed in un tempo vedrà la gloria di Dio come la vedono gli angeli.
Verrà il giorno della risurrezione anche per l’anima ed il corpo che si uniranno al loro spirito, perché tutta la creazione sia restaurata e riportata allo stato del primitivo splendore in modo perenne e definitivo, senza possibilità alcuna di caduta e di ritorno ad un passato infelice ed infausto.
Le tribolazioni del corpo e dell’anima sono un nulla rispetto alla gioia che è data al nostro spirito, ma bisogna pur conoscere e possedere questa gioia. Diversamente siamo nell’inganno più completo e la nostra fede è vana ed infondata.
10 In questo sono manifesti i figli di Dio e i figli del diavolo: ognuno che non fa la giustizia non è da Dio e il non amante il suo fratello.
E’ questo un versetto chiave per una adeguata interpretazione della Lettera a Giovanni. Ci fa comprendere la struttura portante il semplice tessuto, che appare piuttosto ricco e sovrabbondante, così da spaziare il lungo ed in largo.
Perché mai tutto il discorso di Giovanni è incentrato sull’amore? Perché nell’amore è l’adempimento della legge di Dio.
L’amore che ci è chiesto e che ci rende accetti a Dio ha come due facce: una rivolta al Creatore, l’altra alle creature, unite in Cristo dal vincolo della fraternità.
Amerai il Signore Dio tuo… e amerai il prossimo come te stesso.
Nella prima parte della Lettera Giovanni ha parlato dell’amore verso Dio che è vero soltanto nel suo farsi obbediente alla volontà del Creatore, così come si rende a noi manifesta attraverso i precetti a noi dati dal cielo.
Non si illuda di amare Dio chi non fa la volontà di Dio. Se pur crede di avere la fede, è una fede falsa non radicata nell’obbedienza alla sua Parola, ma nella disobbedienza. Resta ora da esaminare e da considerare l’amore verso il prossimo.
11 Poiché questo è l’annuncio che udiste dall’inizio: che amiamo gli uni gli altri, 12 non come Caino che era dal maligno e scannò suo fratello.
Il comando di Dio che è annunciato dagli Apostoli non è affatto una novità rispetto a quanto già detto al popolo eletto.
La novità riguarda piuttosto una pienezza ed una totalità che richiesta all’inizio solo verso Dio, ora in virtù di Cristo è richiesta anche per il prossimo. Innanzitutto colui che consideriamo prossimo, va visto in un senso più vero e più profondo con gli occhi ed il cuore donati dal Cristo. Non più semplicemente prossimo ma fratello.
All’inizio dell’esistenza appare fin troppo chiaro una fraternità in senso stretto e pieno. Con il crescere delle generazioni e con l’accrescersi del peccato, si perde consapevolezza di questa fraternità. Il fratello diventa prima parente, poi prossimo, per non dire che lo si trova estraneo alla propria vita e nemico.
La prima conseguenza del peccato d’origine?
Una dissociazione della propria vita non solo da Dio, ma anche da quella del fratello. Caino che non si riconosce più nell’amore del Signore, nessun amore conosce più per il fratello Abele.
Fattosi malvagio nei confronti del Creatore Caino, è trovato malvagio anche nei confronti del fratello.
E’ importante comprendere lo stretto legame tra il peccato contro Dio e quello contro l’uomo. Sono indissolubilmente legati l’uno all’altro, ma non si possono identificare l’uno con l’altro. Il peccato in senso proprio è innanzitutto contro Dio. Soltanto di conseguenza e di riflesso diventa peccato contro l’uomo.
E a motivo di cosa scannò lui? Perché le sue opere erano malvagie, quelle del suo fratello giuste.
Malvagie erano le sue opere perché ribelle a Dio il suo cuore.
In quanto figlio del Maligno e solo perché di esso schiavo, Caino scannò il fratello Abele. Il peccato contro l’uomo è inevitabile conseguenza del peccato contro Dio.
Non si pecca contro Dio, perché si pecca contro il fratello, viceversa si pecca contro il fratello perché già abbiamo peccato contro Dio.
Mentre la Legge di Dio dà importanza assoluta all’amore verso Dio, con la venuta di Gesù anche l’amore verso il fratello è riportato al suo primitivo significato.
Gesù parla di un comandamento nuovo: che vi amiate l’un l’altro come io vi ho amato. Nuovo non in senso assoluto, perché già la Legge ci comanda di amare il prossimo come noi stessi. Nuovo perché porta quest’amore alla sua espressione piena e definitiva.
E tutto questo non era prima possibile senza la grazia donata dal Cristo, in virtù del suo sacrificio sulla croce. Per questo aggiunge Giovanni
13 E non meravigliatevi, fratelli, se il mondo odia voi.
Nessuna meraviglia se il mondo ci odia. Non ci comprende e neppure lo può: perché non ha compreso il significato e l’importanza di un sacrificio e di un dono. Senza la fede in Cristo si rimane in uno stato di morte. Siamo morti nel nostro rapporto con Dio, ma anche nel nostro rapporto con i fratelli.
Chi non ama rimane nella morte.
Per avere la vita non basta dunque un qualsiasi amore verso Dio e verso il prossimo: dobbiamo avere quello effuso nei nostri cuori, dall’ultimo soffio del Cristo, allorchè appeso in Croce morendo “rese lo Spirito”.
14 Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli.
Non si passa dalla morte alla vita amando i propri fratelli, ma allorchè si amano in verità i propri fratelli, abbiamo conferma che siamo passati dalla morte alla vita, per grazia divina.
L’amore verso il prossimo non verifica l’amore verso Dio, al contrario l’amore verso Dio verifica l’amore verso i fratelli.
L’amore verso i fratelli è trovato vero soltanto nella misura in cui è vero, giustificato, fondato il nostro amore verso Dio.
Quando è trovato in noi un amore vero verso i fratelli, abbiamo semplicemente la conferma che è nato in noi l’uomo nuovo e che siamo realmente passati alla morte alla vita, non solo a parole , ma di fatto.
Verificato il nostro amore verso Dio in virtù della fede in Cristo dobbiamo anche verificare l’amore verso il prossimo alla luce della fede nello stesso Cristo.
15 Ognuno che odia il suo fratello è omicida, e sapete che ogni omicida non ha vita eterna in sé rimanente.
Una considerazione innanzitutto: la più semplice e la più indiscutibile.
Chi porta odio nel proprio cuore verso il fratello non possiede l’amore che in quanto tale dona all’altro la propria vita; al contrario sottrae la vita all’altro, per farla propria.
Come può avere in sé vita permanente e stabile in eterno, chi vuol rapinare quella dell’altro? Si fa rapina di ciò che non si possiede, oppure di ciò che si possiede in un tempo e per un tempo, soltanto in forma manchevole e deficitaria. Chi ha vita eterna non ha bisogno di farsi rapinatore della vita altrui.
16 In questo abbiamo conosciuto l’amore: e noi dobbiamo porre per i fratelli le anime nostre .
La conoscenza dell’amore che è stata resa possibile in virtù di Cristo ha connotati unici e ben definiti.
quello per noi pose la sua anima;
Cristo ha posto la sua anima per noi, nulla risparmiando e nulla tenendo per se stesso. Ciò che viene posto per un altro non è soggetto a revoca o ripensamento, neppure conosce misura e limite.
E’ posto nella sua totalità. In questo è portato a compimento il secondo precetto della Legge antiva. Amerai il prossimo come te stesso. Non si ama più il prossimo come se stesso, come l’altro a cui è dovuto un amore pari a quello che portiamo per il nostro io, ma si pone in lui e si rivolge a lui la totalità del nostro amore.
Saremmo tentati di dire con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze. Ma questo non è mai scritto nel Nuovo Testamento.
Va fatta salva una priorità ed una esclusività dell’amore verso il Creatore rispetto all’amore verso le creature.
Non siamo d’accordo con quelli che traducono al versetto 16: pose la sua vita per noi.
Tradurre la parola psichè con vita è una forzatura ed un errore. Molto più correttamente la versione latina, traduce anima. Sia la lingua greca sia quella latina hanno termini specifici per intendere e distinguere il concetto di anima da quello di vita. Se Giovanni avesse voluto intendere vita, avrebbe scritto “biov” e non “psuchèn”.
Il concetto di vita è più complesso e più articolato rispetto a quello di anima. La vita è onnicomprensiva di tutte le dimensioni dell’anima: c’è anche una vita come quella degli angeli e degli uomini dopo la morte che si riduce alla sola realtà spirituale.
Se ha senso perdere la propria anima, macchiata e rovinata dal peccato, è un controsenso perdere il proprio spirito che è struttura fondante e portante la vita, al punto che può stare da solo senza anima e senza corpo materiale.
Perché mai si dovrebbe perdere la vita quando è proprio per essa ed in virtù di essa che siamo stati creati da Dio?
Cristo ha sacrificato sulla croce e ha posto per noi la propria anima ed il proprio corpo materiale, in quanto allo spirito non poteva essere posto per la morte, perché nessuna morte ci può essere per Colui che è Vita.
Al contrario ponendo in sacrificio per noi la sua anima ha reso possibile il dono del suo Spirito e con ciò diventa anche in noi attuale e reale la pienezza dell’amore.
Leggiamo nel Vangelo dello stesso Giovanni al capitolo 15, 12-13
Questo è il comandamento mio: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Più grande di questo amore nessuno ha, che qualcuno ponga la sua anima per i suoi amici”.
Anche nel Vangelo a dispetto della traduzione è scritto anima e non vita. Perché Gesù non è venuto a sacrificare per noi la propria vita, ma per donarcela. Così pure a nessun uomo si può chiedere di perdere la vita, quando è fatto per la vita.
La vita che si deve perdere è unicamente quella che è data dalla carne e dal sangue. Carne, come materia, sangue, come psiche, ovvero come principio vitale che è indissolubilmente legato alla stessa materia.
Ciò che è principio vitale non è ancora Vita in senso proprio ed assoluto: c’è vita e vita, c’è la vita della pianta e dell’animale, c’è quella dell’uomo nato da Adamo, c’è quella dell’uomo nato da Cristo.
E’ scritto in Marco 8, 35
“Chiunque infatti vuole salvare la sua anima la perderà; chiunque invece perderà la sua anima a causa di me e del vangelo la salverà. Cosa infatti giova all’uomo guadagnare il mondo intero e patire danno la sua anima? Cosa infatti darebbe un uomo in cambio della sua anima?”.
Matteo 10,39
“L’avente trovato la sua anima la perderà, e l’avente perduto la sua anima a causa di me la troverà”.
Luca 17,33
“Chiunque cercherà di risparmiare la sua anima la perderà, chiunque invece la perderà conserverà essa in vita”.
Gv 12,25
“L’amante la sua anima la perde, e chi odia la sua anima in questo mondo custodirà essa per la vita eterna”.
17 Chi però avesse la ricchezza del mondo e vedesse il suo fratello avente bisogno e chiudesse le sue viscere da lui, come l’amore di Dio rimane in lui?
Continua Giovanni nella sua argomentazione per smascherare e sbugiardare un amore verso il prossimo più preteso che reale.
18 Figlioli, non amiamo con la parola né con la lingua ma in opera e verità.
L’amore verso il prossimo in noi portato ed in noi agito dal Cristo è un amore che si può vedere e si può toccare. Non si riduce alle parole. L’amore vero è “in opera “, cioè si manifesta come attuale e non virtuale. E’ altresì in Verità, perché non c’è vero amore se non quello che è figlio della Verità, partorito in noi e per noi da Colui che è Verità; Cristo Figlio di Dio.
19 E in questo conosceremo che siamo dalla verità, e dinanzi a lui persuaderemo il nostro cuore, 20 che se il cuore ci accusi, più grande è Dio del nostro cuore e conosce tutte le cose.
Come persuaderemo il nostro cuore che siamo nella verità? Facendo la volontà di Dio. In una donazione totale di noi stessi al Signore e al prossimo.
Perché il cuore può accusarci? Perché a volte siamo tentati di mettere in discussione l’autenticità della nostra fede. Quello che è visto dai nostri occhi e vagliato con la nostra intelligenza può sembrare insufficiente ed inadeguato rispetto alla totalità ed alla perfezione richieste dal comando di Dio. Un cuore che si sente sotto accusa deve mettersi davanti al Signore e chiedere la sua consolazione e la sua luce.
Perché quello che noi avvertiamo nel nostro cuore non sempre corrisponde a verità. Soltanto il Signore conosce come stanno realmente le accuse. Se Satana accusa, Cristo giustifica.
Nessuno troverà pace nel proprio cuore se non in un abbandono continuo e fiducioso nell’amore del Signore. E’ necessario uno spirito di preghiera perenne, per non essere travolti dagli attacchi del Maligno che insidia l’opera del Cristo e vuol mettere in discussione i doni che ci sono stati dati dal cielo.
21 Amati, se il cuore non accusa abbiamo fiducia presso Dio 22 e qualunque cosa chiediamo riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo le cose gradite davanti a lui.
Consapevoli di essere amati dal Signore, rimossa ogni accusa nel nostro cuore in virtù dello stesso Cristo, abbiamo fiducia in Dio.
Qualunque cosa a Lui chiediamo da Lui riceviamo perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo le cose conformi alla sua volontà.
Non si ottiene da Dio semplicemente perché si prega, si ottiene perché il nostro cuore non è diviso tra l’obbedienza al Maligno e l’obbedienza al Cristo.
23 E questo è il suo comandamento, che crediamo al nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, come ha dato comandamento a noi.
E qual è il comandamento del Padre che porta a compimento ogni comandamento riguardo al suo nome? Che abbiamo fede nel Cristo Gesù, perché amiamo Dio Padre come è amato dall’unigenito Figlio suo. È La fede in Cristo la garanzia di un amore vero e fondato verso Dio. Ed è la fede nello stesso Cristo la garanzia di un amore verso i fratelli approvato dal Padre.
La fede nel Salvatore rende pienamente attuale e reale in noi ciò che è chiesto dal primo e più grande comandamento. Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente. Non solo, in virtù della stessa fede si porta in noi a compimento l’amore verso il prossimo, così come Lui ci ha comandato.
24 E l’osservante i suoi comandamenti in lui rimane ed egli in lui; e in questo conosciamo che rimane in noi: dallo Spirito che ha dato noi.
Chi rimane nell’osservanza dei comandamenti di Dio in Lui rimane e Dio in lui. Chi è la conferma ultima e definitiva del nostro rimanere in Dio? Lo Spirito Santo che ci ha dato. Incerta e soggetta ad attacchi dal Maligno può essere la nostra coscienza riguardo alla salvezza che è già data: ha bisogno di essere confermata e confortata dal Cristo.
Ma se non basta la nostra coscienza e non basta neppure il Cristo, ancora di più ci è stato donato lo Spirito Santo: garanzia ultima, definitiva e indiscutibile della vita nuova operata in noi dalla fede in Cristo.
Prima lettera di Giovanni cap5
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- Categoria: Prima lettera di Giovanni
- Pubblicato Sabato, 30 Luglio 2011 08:12
- Scritto da Cristoforo
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Cap. 5
Ognuno che crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio, e ognuno che ama chi l’ha generato ama anche chi da lui è generato. 2 In questo conosciamo che amiamo i figli di Dio, quando amiamo il Dio e facciamo i suoi comandamenti. 3 Questo infatti è l’amore di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti, e i suoi comandamenti non sono pesanti. 4 Poiché ogni cosa generata da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.
5 Chi ora è il vincente il mondo se non il credente che Gesù è il Figlio di Dio? 6 Questi è colui che è venuto attraverso acqua e sangue, non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua ed con il sangue. E lo Spirito è colui che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità.
7 Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza: 8 Lo Spirito e l’acqua e il sangue, e i tre sono nell’uno. 9 Se la testimonianza degli uomini accettiamo, la testimonianza di Dio è maggiore; poiché questa è la testimonianza di Dio: ha reso testimonianza riguardo al Figlio suo. 10 Il credente nel Figlio di Dio ha la testimonianza in se stesso; il non credente a Dio ha fatto lui bugiardo, perché non ha creduto alla testimonianza che ha testimoniato Dio riguardo del Figlio suo. 11 E questa è la testimonianza: la vita eterna ha dato a noi Dio, e questa vita è nel Figlio suo. 12 Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio non ha la vita. 13 Queste cose scrissi a voi perché sappiate che avete vita eterna, ai credenti nel nome del Figlio di Dio. 14 E questa è la fiducia che abbiamo verso di lui: se qualcosa chiediamo secondo la sua volontà ascolta noi. 15 E se sappiamo che ascolta noi qualsiasi cosa chiediamo, sappiamo che abbiamo le cose chieste che abbiamo chiesto da lui. 16 Se qualcuno vede suo fratello peccante un peccato non per la morte, chieda e darà a lui la vita, ai peccanti non per la morte. C’è un peccato per la morte; non riguardo a questo dico che chieda. 17 Ogni ingiustizia è peccato, ma c’è un peccato non per la morte. 18 Sappiamo che ognuno generato da Dio non pecca, ma il generato da Dio lui custodisce e il maligno non tocca lui. Sappiamo che siamo da Dio e il mondo intero giace nel maligno. Sappiamo poi che il Figlio di Dio è venuto ed ha dato a noi l’intelligenza affinchè conosciamo il vero, e siamo nel vero, nel Figlio suo Gesù Cristo. Questi è il vero Dio e la vita eterna. Figlioli, custodite voi stessi dagli idoli.
Ognuno che crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio, e ognuno che ama chi l’ha generato ama anche chi da lui è generato.
Non è figlio di Dio se non colui che crede nel Figlio suo, l’unigenito Cristo Gesù. Non c’è amore per il Padre che non sia anche amore per il Figlio.
2 In questo conosciamo che amiamo i figli di Dio, quando amiamo il Dio e facciamo i suoi comandamenti.
Qual è dunque il vero amore verso i fratelli? Quando si ama il Padre loro e Padre nostro. Quando l’amore si può dire vero?
Quando si fa obbediente al Padre nell’osservanza dei suoi comandamenti.
L’amore dunque ha due aspetti. Da un lato l’amore a Dio, dall’altro l’amore ai figli suoi. Si rende visibile nell’amore al prossimo, ma trova il suo fondamento la sua verifica ed autenticazione soltanto dall’amore che si porta verso Dio.
L’amore che si deve manifestare verso i fratelli è l’adempimento di uno dei comandi di Dio, non l’unico e l’unicamente rilevante.
Giovanni non vuole essere frainteso e ci mette in guardia da una riduzione dell’amore alla sola dimensione orizzontale, come se il peccato fosse innanzitutto contro l’uomo. Il peccato è innanzitutto contro Dio ed è disobbedienza alla sua volontà così come è manifestata a tutti attraverso i comandamenti della Legge.
3 Questo infatti è l’amore di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti.
E’ detto e ripetuto per fugare ogni dubbio e per non lasciare spazio alcuno al gioco del Satana. L’amore di Dio comporta come necessità assoluta l’osservanza dei suoi comandamenti.
Non ignora Giovanni che l’uomo per natura non è capace di osservare la Legge e non è certo sua intenzione contraddire il pensiero dell’Apostolo Paolo. Al contrario si pone sulla stessa lunghezza d’onda ed in piena sintonia con esso.
, e i suoi comandamenti non sono pesanti
Ciò che è pesante per l’uomo carnale, tale non è più per l’uomo fatto spirituale dal Cristo.
4 Poiché ogni cosa generata da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.
Rigenerati e fatti nuovi in virtù della fede in Cristo, siamo resi capaci di vero amore verso il Padre e di una osservanza dei suoi comandamenti che non è più un peso intollerabile.
Il giogo dell’obbedienza da pesante si fa leggero allorchè portato nella fede in Cristo da Lui visitato e da Lui innalzato.
5 Chi ora è il vincente il mondo se non il credente che Gesù è il Figlio di Dio?
Mondo è l’insieme degli uomini che non vivono per Dio nell’osservanza dei suoi comandamenti. Mondo è tutta quella realtà spirituale creata ed agita dal Satana, deviata rispetto al proprio fondamento ed al proprio Creatore.
Non si vince lo spirito del mondo se non in virtù della fede in Gesù Cristo Figlio di Dio.
6 Questi è colui che è venuto attraverso acqua e sangue, non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua ed con il sangue.
È venuto a noi con acqua per liberarci dal peccato. è Venuto attraverso il sangue per acquistarci vita eterna.
Nell’acqua del battesimo siamo liberati dal potere del Maligno, in virtù del sangue per noi versato dal Figlio di Dio siamo fatti degni di entrare nel regno dei cieli.
E lo Spirito è colui che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità.
Chi garantisce dell’efficacia di quest’acqua e di questo sangue? Lo Spirito Santo. Purificati attraverso un lavacro di acqua e di sangue ci è fatto dono dello Spirito di Dio.
7 Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza: 8 Lo Spirito e l’acqua e il sangue, e i tre sono nell’uno.
Nell’acqua del battesimo incontriamo il Cristo, nel sangue versato per la nostra salvezza lo stesso Cristo, nello Spirito da Lui donato l’unico e medesimo Cristo.
Se non è sufficiente e non vale la testimonianza dell’uno, qui abbiamo ben tre testimonianze. La prima, la più grande ed autorevole è quella dello Spirito Santo effuso nei nostri cuori.
La seconda ci viene dall’acqua del battesimo, che ci libera dal peccato, facendo di noi creature nuove e accette a Dio.
La terza è quella del sangue versato dal Cristo per la nostra salvezza.
Sono tre testimonianze che non possono essere messe in discussione, in quanto storicamente date e verificate da coloro che vogliono intendere e conoscere la Verità.
9 Se la testimonianza degli uomini accettiamo, la testimonianza di Dio è maggiore; poiché questa è la testimonianza di Dio: ha reso testimonianza riguardo al Figlio suo.
La testimonianza di Dio si pone su di un livello superiore rispetto a quella dell’uomo. Non c’è confronto, come non c’è possibilità di confronto tra ciò che viene dalle creature e ciò che viene dal Creatore.
La testimonianza di Dio è maggiore; non ve n’è alcuna più grande.
Se è più grande la testimonianza in virtù della maggiore grandezza di Colui dal quale è data, dobbiamo altresì considerare colui riguardo al quale Dio dà testimonianza. Dio non dà testimonianza riguardo ad una semplice creatura, ma riguardo all’unigenito Figlio suo.
Indiscutibile la testimonianza di Dio riguardo al Cristo: sia per colui che testimonia sia per colui che è testimoniato.
10 Il credente nel Figlio di Dio ha la testimonianza in se stesso;
La testimonianza del Padre riguardo al Figlio è depositata nel cuore di ogni credente. Finchè c’è la fede in Cristo rimangono il valore ,la portata, l’efficacia di questa testimonianza.
Non c’è bisogno di altre che vengano da altri: è sufficiente a se stessa.
il non credente a Dio ha fatto lui bugiardo, perché non ha creduto alla testimonianza che ha testimoniato Dio riguardo del Figlio suo.
Affermazione forte e perentoria: non c’è via di mezzo o si è nella verità o si è nella menzogna.
La fede in Cristo non è infondata, frutto della fantasia o dell’opinione del singolo. È chiesta e richiesta dalla testimonianza che Dio ha dato riguardo al Figlio suo.
Nessuna testimonianza che sia conforme a Verità può essere rifiutata e nessun responsabile di un rifiuto può sfuggire al giudizio ed alla condanna divina: fa bugiardo Dio.
11 E questa è la testimonianza: la vita eterna ha dato a noi Dio, e questa vita è nel Figlio suo.
Qual è dunque la testimonianza che ci viene da Dio? La vita eterna è stata data a noi dallo stesso Dio, e questa vita è nel Figlio suo.
12 Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio non ha la vita.
Nessuna illusione e nessuna confusione per quel che riguarda la vita. Una sola è la vita vera. Non è posseduta se non da coloro che possiedono il Figlio in virtù della fede.
Chi non ha il Figlio di Dio, non possiede la vita.
La vita procede dal Padre in virtù del Figlio: ogni altra via per avere vita eterna è preclusa sin dall’inizio.
La salvezza dell’uomo non può procedere secondo un cammino che si autodetermina da se stesso ad arbitrio del singolo, ma è soltanto per coloro che l’accolgono dallo stesso Dio, così come Egli ha predisposto nel e per il Figlio suo.
Nessun percorso di salvezza che segua semplicemente le vie della ragion morale può pretendere un esito felice. Vi è un passaggio obbligato attraverso la fede in Cristo che ha importanza e significato universali.
Non è opinione dell’uomo: è verità asserita e testimoniata dallo stesso Dio Padre.
Coloro che cercano altro o altrove vagano nelle tenebre. Potranno anche avere l’approvazione dell’uomo, ma sono smentiti dallo stesso Dio.
La testimonianza che viene dal cielo è a senso unico, porta al Cristo: non ammette e non accetta strade diverse.
Il discorso non è di poco conto, soprattutto ai nostri giorni. In un tempo in cui la ragione umana tutto giustifica e tutto vuol comprendere e spiegare, anche una salvezza senza Cristo, alta risuona, per chi crede, la Parola di Dio che dà piena conferma a tutti e ad ognuno dell’unica salvezza che è data e trovata in Gesù, Figlio di Dio.
Un annuncio diverso e non conforme non viene dal cielo, ma dall’uomo schiavo del Maligno.
13 Queste cose scrissi a voi perché sappiate che avete vita eterna, ai credenti nel nome del Figlio di Dio.
La vita eterna non è più semplicemente una promessa e una speranza ma realtà tangibile e visibile, riguardo alla quale dobbiamo scrivere e parlare con franchezza e certezza.
Coloro che credono nel nome del Figlio di Dio già fin d’ora hanno vita eterna.
14 E questa è la fiducia che abbiamo verso di lui: se qualcosa chiediamo secondo la sua volontà ascolta noi.
Quale il rapporto tra la nostra fede in Cristo e la nostra preghiera a Lui rivolta? Se chiediamo qualcosa che sia secondo la sua volontà ascolta noi.
Ascolta noi, perché la fede ci pone nella condizione di chi ascolta Lui.
Allorchè la volontà di Dio è da noi accolta senza riserve, per quale ragione Dio non dovrebbe ascoltare quella preghiera che chiede la forza e i mezzi, la determinazione perché ciò che è volontà di Dio diventi pienamente attuale in noi e per noi?
Quando non si ottiene nella preghiera vi è una sola spiegazione. Chiediamo ciò che non è sua volontà.
15 E se sappiamo che ascolta noi qualsiasi cosa chiediamo, sappiamo che abbiamo le cose chieste che abbiamo chiesto da lui.
L’esaudimento della nostra preghiera in Cristo, è una certezza che non ci può essere tolta, perché noi chiediamo semplicemente che sia fatta la volontà di Dio: non in modo vago e generico, ma cogliendo in noi stessi la specificità del volere divino.
La preghiera non è quindi semplice assenso alla volontà di Dio, ma allorchè chiede qualcosa di specifico, manifesta con ciò l‘ingresso nel cammino della salvezza non in maniera ideale, ma reale, facendo in modo che ogni nostra azione anche la più piccola e all’apparenza insignificante diventi concreta obbedienza al Signore.
La fede ci mette nello spirito dell’obbedienza, la preghiera rende attuale la fede in tutto ciò che facciamo, lo rende conforme alla volontà di Dio, ad opera dello stesso Dio.
Non ci può essere una fede in Dio senza la preghiera al medesimo Dio, perché tutto viene da Lui, il volere e l’operare.
Detto questo, non basta allora chiedere al Signore che sia fatta da noi la sua volontà, senza nulla specificare?
L’entrare nello specifico non è di per è la fuga da un disegno di salvezza eterno ed immutabile, ma è espressione di una libera adesione al progetto di Dio, che afferma la propria volontà in noi, senza per questo annullare ogni nostra volontà.
Il progetto divino può essere anche di gran lunga superiore rispetto alla nostra libera adesione: non per questo è rigettata da Dio ogni nostra preghiera, purchè non vada contro il disegno divino al punto da vanificarlo e da annullarlo. È accettato ed amato da Dio anche l’uomo che non percorre la via più semplice e più diritta che conduce alla salvezza, ma per la propria debolezza, preferisce scegliere strade più complesse e dolorose.
Si arriva alla stessa meta anche per vie diverse. Se Dio è con noi paziente e tollerante anche noi dobbiamo tollerare i fratelli e le sorelle che vanno in cerca di complicazioni di per sé inutili, tuttavia accette e fatte proprie dal Signore.
Tutto concorre al bene degli eletti, purchè permanga il desiderio di fare e di accogliere la volontà di Dio.
Il discorso di Giovanni va ancor oltre, per dirci che neppure un qualsiasi peccato di per sé ci rende nemici di Dio ed annulla in noi ogni volontà di salvezza. Si può peccare semplicemente per debolezza, facendo salva la volontà di essere di Cristo.
16 Se qualcuno vede suo fratello peccante un peccato non per la morte, chieda e darà a lui la vita, ai peccanti non per la morte.
Se è vero che ci è dato tutto quello che chiediamo purchè sia conforme alla volontà di Dio, cioè compatibile, giustificabile in essa, da essa riassorbibile ai fini della vita eterna, come può chiedere la liberazione da un peccato, chi naviga in esso, pur non rendendosi conto?
È la comunità stessa ad opera delle singole membra che deve vigilare su tutti e su ognuno. Dove non può arrivare la preghiera dell’uno, arriva la preghiera dell’altro, in virtù di quella grazia che permea di sé tutta la chiesa e trascorre da parte a parte qual sangue vitale.
Non dobbiamo pregare soltanto per noi, ma anche per i fratelli, chiedendo non semplicemente la liberazione dal peccato, ma anche la liberazione di quei peccati che si rendono evidenti alla luce dello Spirito Santo che è stato donato.
Tutti i peccati sono stati perdonati ed è giustificata una nostra preghiera, in quanto già accolta dal Signore.
Vi è tuttavia un peccato che non può essere perdonato. È quello che Gesù stesso definisce peccato contro lo Spirito Santo.
Molto si è detto e molto si è discusso per spiegare quale sia la natura e la realtà di questo peccato, in cosa consista.
Al di là di qualsiasi interpretazione, una cosa è sicura. È detto in maniera chiara quale persona della Trinità chiami direttamente in causa.
Non innanzitutto il Padre o il Figlio, ma lo Spirito Santo: la garanzia ultima, definitiva, sicura ed indiscutibile della nostra salvezza.
La salvezza non diventa attuale se non in virtù del dono e dell’opera divina che ha nome di Spirito Santo.
Rifiutando l’estremo dono di Dio e il suo eterno amore , vanifichiamo con ciò ogni opera del Padre e del Figlio.
Il Figlio può ben replicare che è venuto in terra, per volontà del Padre, non per condannare, ma per salvare il mondo. Può ben insistere e ribadire che tutti i peccati sono già stati perdonati. Ma quando l’uomo rifiuta il dono della salvezza che ha nome di Spirito Santo, non è la creatura stessa a vanificare tutta l’opera della divina salvezza?
C’è un peccato per la morte; non riguardo a questo dico che chieda.
Il peccato per la morte non è forse il rifiuto del dono della vita, a tutti dato gratuitamente in virtù del sacrificio del Cristo?
Come chiedere la liberazione dalla morte per colui che rinnega chi è portatore della vita?
Si chiede vita eterna per chi vuole vita eterna, non per colui che la rifiuta e si dimostra sordo, tardo ed inoperoso di fronte ad un piano di salvezza che viene dal cielo.
Non sei interessato riguardo ad un discorso che ha nome di Spirito Santo?
Sei già un dannato e un riprovato da Dio. Non esiste neppure la possibilità di una qualche preghiera. Si prega per chi vuole la salvezza, non per chi ha già accolto e fatta propria la dannazione, in virtù di una scelta libera e responsabile.
C’è un peccato originale che ci mette sulle strade della morte ed è quello di Adamo in Eden, c’è un peccato finale che sancisce e suggella in eterno uno stato di morte ed è quello che cade nel tempo di ogni esistenza.
Rifiuti la salvezza portata dal Cristo? Non rifiuti soltanto l’opera dell’eterno Figlio e del Padre che l’ha mandato, ancor più e ancor prima rifiuti l’opera del loro Santo Spirito.
Quale altra speranza per l’uomo che è perduto e quale preghiera per lui può salire al cielo?
Non è bastata quella dell’eterno Figlio. Cosa può fare quella di un qualsiasi figlio?
17 Ogni ingiustizia è peccato, ma c’è un peccato non per la morte.
Non si deve minimizzare la gravità e la serietà dei singoli peccati: manifestano un cuore malvagio ed ingiusto. Non ogni peccato è per la morte eterna. Tutti sono stati perdonati dal Cristo Figlio di Dio. Ma c’è pur sempre l’eccezione e l’eccezione conferma la regola.
È regola la salvezza donata gratuitamente dal Cristo in virtù della sua morte e resurrezione, è eccezione il rifiuto di tale salvezza, così come storicamente data e trovata in virtù del dono dello Spirito Santo.
18 Sappiamo che ognuno generato da Dio non pecca, ma il generato da Dio lui custodisce e il maligno non tocca lui. Sappiamo che siamo da Dio e il mondo intero giace nel maligno.
Altro è il sapere che viene dall’ascolto della parola di salvezza, così come a noi dato in virtù dell’annuncio dei dodici apostoli, altro è rimanere in questo ascolto in virtù della fede.
La fede in certi momenti può vacillare e lasciare liberi spazi all’intervento del Maligno.
Se vediamo le cose così come stanno davanti al Signore dobbiamo convenire che ognuno generato da Dio non pecca.
Perché non pecca? Perché la vita nuova è custodita da Colui che l’ha generata. Cristo Salvatore non solo ci ha liberati dalla schiavitù del Maligno, ma si è anche fatto garante di una grazia che opera in maniera duratura e stabile in tutti coloro che credono. Non basta tuttavia aver creduto una volta per sempre. Per rimanere nella grazia, bisogna rimanere nella fede.
Dio può garantite di un dono immutabile e irrevocabile, l’uomo non può garantire di una fede salda e non soggetta ad incrinature.
La divisione operata dal Cristo, fra il mondo che giace nel Maligno e coloro che sono stati generati dal Cristo a vita nuova è netta e ben definita.
Non altrettanto netta e ben definita è la nostra fede che può avere ricadute e ripensamenti: passare da una parte e dall’altra, dal regno di Cristo a quello del Maligno.
Non sempre però il peccato di per sé significa rifiuto del Salvatore.
Fa parte dell’economia della salvezza anche il peccato segno di una immaturità e di una debolezza che devono essere riviste e rivisitate dal Cristo, perché risalti e sia esaltato in noi unicamente l’uomo nuovo, rifatto dal Cristo.
Va detto dunque: Nessuno pecchi! Perché il peccato viene dal Diavolo. Ma si deve anche dire. Chi ha peccato chieda perdono e non abbandoni la via della fede.
Chi ha salvato una volta per sempre salverà ancora e chi ha perdonato in un tempo perdonerà in ogni tempo.
Sappiamo poi che il Figlio di Dio è venuto ed ha dato a noi l’intelligenza affinchè conosciamo il vero, e siamo nel vero, nel Figlio suo Gesù Cristo.
Il Figlio di Dio che è venuto sulla terra ci ha donato non solo la salvezza, ma anche l’intelligenza per comprendere tutto quanto concerne la salvezza. Noi conosciamo la Verità: ha il nome di Cristo.
Non ha la salvezza chi non è nella Verità. Non basta! Bisogna rimanere nella Verità senza demordere, senza scoraggiamenti opera del Diavolo, senza abbandoni ingiustificati. Ogni situazione ed ogni momento in atto va considerato alla luce di una vera conoscenza: quella che ci è data da Cristo Gesù.
Non c’è intelligenza della verità in chi giustifica il peccato, ma neppure in chi condanna in ogni caso il peccatore.
Questi è il vero Dio e la vita eterna.
C’è un solo vero Dio ed è quello che si è manifestato nelle opere e nelle parole dell’eterno Figlio suo. C’è una sola vita eterna: quella che ci è stata donata dal cielo in virtù della morte e risurrezione del Cristo.
Ogni altra fede è inganno. Ogni altra conoscenza è falsità e Menzogna.
Per questo Giovanni conclude
Figlioli, custodite voi stessi dagli idoli.
Idoli sono gli dei falsi creati dall’uomo, per ispirazione ed istigazione del Maligno.
Gli dei delle genti sono demoni. Tutti quanti: nessuno escluso.
Non solo non si attinge alle vie della conoscenza e della verità seguendo il prodotto della mente perversa dei figli di Adamo, ancor più si rafforza e si consolida in noi la schiavitù al Maligno.
Chi merita il titolo e l’appellativo di figliuolo, deve stare in guardia da ogni sapere e da ogni conoscenza che non vengono dal Padre.
La vita donata dal Signore va custodita da tutto ciò che il Satana ha prodotto e produce nel tempo per riprendere il possesso dei cuori conquistati dal Cristo, a prezzo del suo sangue.
Ognuno dunque faccia attenzione a ciò che mangia e a tutto ciò di cui si pasce la sua intelligenza e il suo cuore.
La salvezza ci è stata acquisita dal Cristo a caro prezzo. Va fatta nostra e custodita, mantenendo alto il prezzo.