cap8

                                  Cap. 8
Quanto poi alle carni immolate agli idoli, sappiamo che tutti abbiamo conoscenza. La conoscenza gonfia, ma l’amore edifica. 2 Se qualcuno ritiene di conoscere qualcosa, non ha ancora conosciuto come bisogna conoscere. 3 Se poi qualcuno ama Dio, questi è conosciuto da lui. 4 Quanto al mangiare dunque le carni immolate agli idoli, sappiamo che niente è l’idolo nel mondo e che nessuno è Dio se non uno. 5 E infatti benché sono detti dei sia in cielo sia sulla terra, così come ci sono molti dei e molti signori, 6 ma per noi c’è un solo Dio il Padre da cui sono tutte le cose e noi per lui, e un solo Signore Gesù Cristo, per il quale sono le cose tutte e noi per mezzo di lui. 7 Ma non è in tutti la conoscenza. Alcuni invece per la consuetudine fino ad ora dell’idolo come carne immolata agli idoli mangiano, e la loro coscienza essente debole viene contaminata. 8 Ora un cibo non fa stare noi davanti a Dio; né se non mangiamo ne abbiamo mancanza, né se mangiamo ne abbiamo vantaggio. 9 Ma guardate che in qualche modo la vostra potestà non diventi causa di caduta per i deboli. 10 Se infatti qualcuno vedesse te, l’avente conoscenza, giacente a tavola in un tempio di idoli, la coscienza  di questi debole essente non sarà edificata verso il mangiare le carni immolate agli idoli? 11 Viene infatti rovinato il debole per la tua conoscenza, il fratello per il quale Cristo è morto. 12 Così allora peccanti contro i fratelli e percuotenti la loro coscienza debole peccate verso Cristo. 13 Per questo se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò affatto carne in eterno, per non scandalizzare il mio fratello.

 

“Quanto poi alle carni immolate agli idoli, sappiamo che tutti abbiamo conoscenza.”
Paolo, affronta il delicato problema delle carni immolate agli idoli. Gli ebrei più tradizionalisti rifiutavano cibo di tal fatta, in quanto lo ritenevano impuro e contaminante il rapporto con l’unico vero Dio.
L’insegnamento di Cristo porta in tutti i credenti una nuova mentalità e una conoscenza diversa delle cose, per cui cibo materiale e cibo spirituale si pongono su piani diversi che bisogna tener distinti. Il cristiano a cui è stato fatto dono di una conoscenza superiore rispetto al pagano, gode di una maggior libertà per quel che riguarda i cibi.
Nessuna carne immolata agli idoli può, in qualche modo, arrecare danno allo spirito di chi conosce e sa che esiste un solo Dio. Se sono un nulla gli idoli, per un cristiano sono pure un nulla i sacrifici di immolazione a questi idoli. Non hanno alcun potere spirituale se non per quelli che credono in essi. La carne sacrificata non è di per sé nulla di più e di diverso rispetto alla carne non sacrificata.
In teoria il problema del mangiare o non mangiare si potrebbe facilmente risolvere se diamo per scontato, come alcuni ritengono, che la vera conoscenza sia di tutti.
In realtà le cose non stanno proprio così e chi presume di possedere la vera conoscenza deve poi cercare di capire quale e come sia la  coscienza altrui con cui si deve confrontare e alla quale deve dare una testimonianza di fede in Cristo.
“La conoscenza gonfia, ma l’amore edifica.”
Una conoscenza chiusa in sé e per sé rende gonfi: nulla edifica e costruisce se non un’apparente e vana grandezza di chi la porta. Soltanto l’amore edifica, cioè ha la capacità di creare novità e cambiamento. Potente è dunque l’amore, impotente ogni conoscenza che non venga dall’amore.
“2 Se qualcuno ritiene di conoscere qualcosa, non ha ancora conosciuto come bisogna conoscere.”
Va bandita dal cuore ogni presunzione di conoscenza che abbia valore in sé e per sé indipendentemente dal suo modo di rapportarsi al Creatore e alle creature.
“3 Se poi qualcuno ama Dio, questi è conosciuto da lui.”
Innanzitutto una cosa bisogna sapere: non c’è vera conoscenza se non in Dio e in virtù di Dio. Non si conosce Dio se non in quanto si è da Lui conosciuti. E si è da Lui conosciuti soltanto perché da Lui amati. La conoscenza è prerogativa dell’amore e l’amore è prerogativa di Dio. Non c’è vera conoscenza creata che non sia un dono dell’Amore e che non conosca conforme all’unico vero Amore.
Quale la conclusione di un simile discorso? Se solo il cristiano possiede la vera conoscenza, conoscenza vera è soltanto quella in tutto e per tutto generata dall’amore e generante l’amore. Nessuno si illuda di portare la conoscenza di Dio, se non è portato e non porta l’amore dello stesso Dio. Detto e premesso questo, si può andare avanti in un discorso.
“4 Quanto al mangiare dunque le carni immolate agli idoli, sappiamo che niente è l’idolo nel mondo e che nessuno è Dio se non uno.”
Gli idoli di per sé  sono un nulla, perché privi di ogni fondamento di verità. Vi è un solo Dio: dunque, chiunque è chiamato Dio all’infuori di Lui, non ha effettiva realtà.
“5 E infatti benché sono detti dei sia in cielo sia sulla terra, così come ci sono molti dei e molti signori,”
Certamente è vero che molti in cielo ed in terra sono detti dei e Signori, ma simili parole sono usate da coloro che credono in esseri che non esistono. Se c’è la parola significante è del tutto assente ciò o colui che si vuole significare: è una falsità, un inganno e un’invenzione priva di realtà effettiva. Gli dei sono un prodotto della fantasia: non esistono.
“6 ma per noi c’è un solo Dio il Padre da cui sono tutte le cose e noi per lui, e un solo Signore Gesù Cristo, per il quale sono le cose tutte e noi per mezzo di lui.”
Per noi cristiani c’è un solo Dio, e un solo Signore Gesù Cristo, creatore di tutti e di tutto. Qualsiasi altro Dio è invenzione dell’uomo, un nulla, presso il quale non vi è alcuna potenza e dal quale nessuna potenza è trasmessa a uomini e cose.
“7 Ma non è in tutti la conoscenza.”
Bisogna però considerare che una simile conoscenza, di per sé sicura, vera e imperturbabile non è di tutti gli uomini.
Bisogna aver riguardo al modo di sentire  di chi non la pensa come noi cristiani, che abbiamo già raggiunto una certa maturità nella fede.
“Alcuni invece per la consuetudine fino ad ora dell’idolo come carne immolata agli idoli mangiano, e la loro coscienza essente debole viene contaminata.”
Ci sono persone influenzate e condizionate dalla cultura del proprio tempo e della società in cui vivono. Per questi non è indifferente mangiare carne sacrificata agli idoli. Pensano che un qualche reale potere divino passi attraverso tali carni, e la loro coscienza essendo debole, viene contaminata. Anche se una cosa di per sé è indifferente al valore, allorchè diventa oggetto di credenza assume per la coscienza del singolo quel valore che le è dato.
“8 Ora un cibo non fa stare noi davanti a Dio; né se non mangiamo ne abbiamo mancanza, né se mangiamo ne abbiamo vantaggio.”
Non è certamente un cibo materiale quello che ci mette davanti ad una reale presenza di Dio. Non perdiamo nulla in senso spirituale se non ne mangiamo e neppure ne abbiamo giovamento se mangiamo.
“9 Ma guardate che in qualche modo la vostra potestà non diventi causa di caduta per i deboli.”
Attenzione però che la nostra libertà in Cristo di mangiare o non mangiare in maniera indifferente al valore, non diventi causa di caduta spirituale per chi è debole, cioè non saldamente ancorato nella vera conoscenza e non sufficientemente  illuminato nella fede.
“10 Se infatti qualcuno vedesse te, l’avente conoscenza, giacente a tavola in un tempio di idoli la coscienza  di questi debole essente non sarà edificata verso il mangiare le carni immolate agli idoli?”
Mettiamo caso che tu, nel quale è vera conoscenza, fossi trovato da altre persone, che non hanno uguale conoscenza, giacente a tavola in un tempio di idoli. La coscienza di queste non sarà confusa e macchiata dalla convinzione che ha valore ed importanza positiva mangiare le carni immolate agli idoli? Col tuo esempio e col tuo comportamento non li porti verso la retta fede, ma li irretisci e li confermi in uno spirito idolatra e pagano.
Un cibo che di per sé non ha alcun potere spirituale, tale potere acquisisce in virtù del valore che gli viene attribuito. Una coscienza sbagliata, va illuminata con adeguato esempio e con giusto comportamento, non va confusa e contraddetta sui due piedi. Va ripresa con amore e con pazienza, non innalzando se stessi e la propria superiore conoscenza, ma abbassandosi al  livello di chi è più povero ed ignorante.
“11 Viene infatti rovinato il debole per la tua conoscenza, il fratello per il quale Cristo è morto.”
La conoscenza che è dono del Signore, non deve risolversi in una rovina per il fratello: vanificherebbe lo tesso sacrificio del Cristo.
“12 Così allora peccanti contro i fratelli e percuotenti la loro coscienza debole peccate verso Cristo.”
Chi è mancante in amore verso i fratelli e danneggia la loro coscienza, pecca verso lo stesso Cristo.
“13 Per questo se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò affatto carne in eterno, per non scandalizzare il mio fratello.”
Quale conclusione dunque? Se un semplice cibo, che di per sé non ha alcun valore spirituale, scandalizza un fratello, io devo essere disposto a non mangiare in eterno  di questo cibo. La salvezza  del fratello vale molto più del cibo e di una conoscenza senza amore.

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