Lettera aperta a Dossetti

Carissimo Don Giuseppe,

avrei preferito che il ricordo della tua persona non passasse attraverso la penna dell’uomo, ma molto più semplicemente rimanesse vivo soltanto nella memoria di chi ti ha conosciuto così com’eri realmente.

E questo penso che fosse anche il tuo desiderio, neppure recondito, dal momento che nulla hai voluto scrivere a testimonianza di una vita interamente donata al Signore e alla Sua Parola.

Per la stessa ragione hai sempre impedito, per quanto possibile,  qualsiasi registrazione o trascrizione delle tue omelie.

A distanza di tempo dalla tua morte, devo dire che mi manca la tua voce, ma in quanto alla tua parola, al tuo insegnamento, questi ancor oggi mi sorreggono nel difficile cammino di una lettura delle Scritture, in spirito e verità , seguendo il cammino segnato dalla Tradizione della Chiesa… Cammino donato ed approvato dal cielo, perché nessuno si perda, procedendo in maniera autonoma e sufficiente a se stessa, attraverso vie proprie, non confermate e non suffragate dalla fede dei molti che formano il corpo di Cristo.

Come spesso accade può bastare una semplice scintilla per  accendere in noi un fuoco latente e soffocato. Già da alcuni anni sono molto amareggiato dal fatto che vedo la tua persona  oggetto di strumentalizzazioni false ed ingannevoli da parte di certe correnti politiche, che danno di te un ritratto  alquanto parziale e falsato, addebitandoti ideologie, finalità del tutto estranee al tuo cuore e alla tua volontà.

Tante parole, convegni, pubblicazioni riguardo al Dossetti, uomo politico, ma dov’è e dove è stato lasciato l’altro uomo, il monaco, il presbitero interamente dedito per molti anni alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, seguendo il modello delle antiche comunità monastiche?

Quando mi è stato chiesto di  fare un  ritratto del Dossetti da me conosciuto, ho pensato che fosse venuto il tempo di rompere il silenzio. Unica perplessità e titubanza  è che la mia povera e modesta penna possa in qualche modo macchiare un’immagine così nitida e pura.

Non sempre l’opera risulta conforme all’intento dell’artista, quando poi mette mano ad un’impresa così grande chi artista non è, quali risultati possiamo aspettarci? Non per questo verremo meno ad una richiesta fatta da fratelli nel Signore. Cominceremo innanzitutto pregando Dio Padre che ci conceda luce dal cielo, perché la nostra parola  risulti chiara all’intelligenza di tutti gli umili e i semplici, che senza pregiudizio alcuno si aprono ad ogni autentica testimonianza riguardo a Cristo Salvatore.

Impossibile dire più di tanto, in poche righe.

Partiamo dall’inizio del nostro cammino di fede: inizio che ci ha visto in ritardo rispetto a quello di un uomo nato parecchi anni prima, che ai tempi della nostra giovinezza aveva raggiunto una maturità spirituale non facilmente comprensibile ed assimilabile da chi era ai suoi primi approcci con la Parola di Dio.

Ho conosciuto Dossetti attraverso la  viva voce soltanto dopo il suo ritorno dalla Terrasanta. Qui era rimasto per molti anni, assieme a pochi fratelli monaci, novello Gerolamo, interamente dedito allo studio, alla meditazione e alla contemplazione della Parola di Dio.

Anni di lontananza e di isolamento dai molti, in cui sono maturati frutti fecondi  per la chiesa tutta.

Pur essendo Dossetti fisicamente lontano, il suo messaggio veniva veicolato ai molti dalla sua comunità di Monteveglio, con cui è sempre rimasto in contatto e di cui ha seguito il cammino spirituale in ogni tempo della sua vita. Alcuni fratelli di fede della nostra provincia di Mantova, si recavano spesso, almeno una volta alla settimana, a Monteveglio per partecipare alla Messa della comunità monastica fondata da don Dossetti. Quanto recepito ed assimilato veniva poi veicolato a fratelli più giovani, tra cui lo stesso Cristoforo, non ancora in possesso di patente e di mezzi propri per gli spostamenti.

È stato da questo primo gruppo che abbiamo potuto respirare, se pur indirettamente, lo spirito che soffiava a Monteveglio. In quei tempi don Giuseppe non era ancora partito per il soggiorno in Terrasanta, soggiorno che lo terrà fisicamente lontano dall’Italia per parecchi anni. E sono stati proprio questi fratelli in età più matura, che insieme alla gioia per quanto ricevuto ci esprimevano un po’ di amarezza per il fatto che Dossetti, non permetteva assolutamente che si facessero registrazioni delle sue omelie.

Col passare degli anni ed il sopravvenire dell’età adulta anche noi abbiamo partecipato ad un certo numero di messe celebrate dalla comunità di Monteveglio. In quel tempo Don Giuseppe era già partito per la Terrasanta e noi abbiamo potuto conoscere direttamente soltanto i fratelli rimasti in Italia. Fra gli altri, una particolare amicizia ci ha legati a don Umberto  che presiedeva alle celebrazioni in assenza di don Giuseppe, assieme con don Efram.

Che cosa più propriamente abbiamo imparato dalla comunità di Dossetti? Non tanto  l’importanza della lettura della Bibbia, importanza da noi già acquisita, quanto piuttosto un metodo di lettura fondato e sicuro, i cui frutti non possono mancare.

Innanzitutto una conoscenza del testo letterale, di ciò che è realmente scritto. Le traduzioni purtroppo molte volte sono dei veri e propri tradimenti.

Difficile trasferire concetti, idee di per sé difficili, da una lingua ad un’altra, senza perdita di significato. Meglio in ogni caso una traduzione molto prolissa che traduce parola per parola, di una traduzione a senso, dove prioritaria è l’intelligenza del singolo traduttore. Quando una frase risulta oscura e di difficile traduzione, chi non sarebbe tentato di rendere il senso acquisito facendo ricorso  a parafrasi oppure aggiungendo o togliendo qualcosa? Si deve tradurre solo ciò che sta scritto, ancor più se non si comprende quale senso. Quello che non è compreso dal singolo trova piena intelligenza nella meditazione fatta da tutta la comunità, in cui ad ognuno sono dati raggi della luce discesa dal cielo, per il bene proprio e di tutti i fratelli.

In quest’ottica è pure molto importante un confronto non solo con i fratelli viventi a noi vicini, ma anche con coloro che ci hanno preceduto nel cammino dell’unica e medesima fede in Cristo Salvatore.

Attingendo dove?

Da tutto quel vasto patrimonio di scritti esegetici, da quel deposito spirituale custodito nei secoli dalla Chiesa, che si rifà all’insegnamento degli apostoli e dei loro più immediati successori.

La conoscenza degli scritti dei Padri della Chiesa è garanzia di una interpretazione fondata e non deviata della Sacra Scrittura.

La vita dei componenti della comunità di Dossetti era impegnata possiamo dire su due fronti convergenti. Da un lato una lettura meditata della Parola nella sua totalità, dall’altro uno studio ed una traduzione competente degli scritti dei padri della chiesa, molti dei quali sono tuttora nella lingua originale. In questa opera erudita Dossetti è stato coadiuvato da menti intelligenti. Fra i primi, don Umberto Neri, grande conoscitore delle lingue antiche ed alcune sorelle  già esperte in materia per gli studi giovanili.

È lo stesso Dossetti a darci un quadro alquanto veritiero della comunità di Monteveglio.

“L’idea ( di una esegesi fondata sugli scritti dei Padri ) si inquadra in una più vasta esperienza spirituale: cioè l’esperienza di un’intera comunità che da trentatre anni – senza un solo giorno di interruzione, grazie a Dio – legge, prega, commenta in comune la Scrittura in lectio continua libro per libro, capitolo per capitolo o pericope per pericope, senza omettere nulla: e tutto questo nella Chiesa, cioè mantenendosi sempre a contatto con la sua grande Tradizione e il suo Magistero, dalle origini sino ad oggi, non ignorando i commenti più recenti, ma non trascurando, anzi utilizzando ampiamente anche gli antichi ( e perciò senza il pregiudizio contrario che essi siano del tutto irrilevanti ai fini di una vera e propria esegesi ).

Fu la nostra scelta quasi immotivata, compiuta per un’intuizione semplice, senza argomentazioni molto riflesse; cioè solo per la convinzione preliminare che se la Bibbia era quello che diceva, cioè Parola di Dio, era giusto procedere così, dare ad ognuno dei suoi libri e delle sue parti un’attenzione minuta e tanto tempo e tanta preghiera, anche per quelle sezioni che oggi qualcuno preferisce omettere o riassumere oppure stampare in caratteri più piccoli”.

Dossetti non si è accontentato di una conoscenza soltanto libresca della cultura e della fede ebraica; la permanenza per alcuni anni in Terrasanta è stata dettata dal desiderio di un approccio più vicino e più vivo con Israele. Oltre allo studio dei padri della chiesa ha sempre tenuto in considerazione lo studio delle opere dei grandi rabbi ebraici.

Ha tentato anche un approccio all’islam e alle religioni dell’Oriente, ma ha sempre rivendicato alla fede cristiana una priorità ed una verità unica ed esclusiva.

Ha messo continuamente in guardia i cattolici dal miraggio di una  religione che tutte abbraccia e tutte comprende.

Non è via di salvezza, ma di perdizione. La salvezza e la verità sono venute da Israele. Bisogna dunque ripartire da Israele e dall’annuncio del Vangelo fatto dagli Apostoli per ritrovare un cammino di sicura salvezza, confermato ed approvato da Dio stesso.

Leggere dunque la Bibbia così come è stata scritta, commentarla nella linea tracciata dalla Tradizione della Chiesa, non accogliere qualsiasi novità non approvata dal suo Magistero.

L’impegno nella meditazione della Parola non può essere relegato a singoli componenti della comunità, ma la comunità tutta deve dare il proprio contributo per l’intelligenza delle Scritture.

I fratelli e le sorelle più illetterati, con poco studio alle spalle, venivano istruiti da chi era più competente nella conoscenza delle lingue antiche.

Si voleva così realizzare ed attualizzare in tutti quel desiderio chiaramente espresso da santa Teresina, per lei rimasto inappagato, di conoscere il greco e l’ebraico, per leggere la Bibbia così come è stata scritta.

Accanto ad una lettura per così dire analitica della Parola, Dossetti raccomandava una lettura a fiume.

Le singole parti non si possono comprendere se non alla luce del tutto.

Viceversa il tutto trova conferma ed autorità da una lettura che scava nella profondità delle singole parti. Leggere dunque la Bibbia in lungo, in largo ed in profondità.

Un simile impegno porta all’acquisizione  di un metodo esegetico che può definirsi aureo rispetto ad ogni altro metodo: leggere, studiare comprendere, spiegare la Parola alla luce della stessa Parola.

Dossetti amava definire la Bibbia il primo e più grande sacramento dato dal Signore alla chiesa.

La preghiera stessa si deve manifestare nelle forme volute da Colui che è la Parola, non solo attraverso la recita del Padre Nostro, ma facendo nostra la preghiera del Cristo, così come si esprime attraverso i salmi.

E tutto questo rifuggendo da ogni vanagloria e da un approccio alla Parola semplicemente culturale.

Monteveglio non è stata soltanto scuola di preghiera e di meditazione della Parola, ma anche e soprattutto scuola di obbedienza alla Parola.

Una vita povera, dove tutto era ridotto all’ essenziale :  un rozzo saio monastico, un’alimentazione sobria, un sonno ridotto e contenuto in un tempo minimo.

Tale è stato l’insegnamento di quel grande Padre della Chiesa che fu Gerolamo il quale così raccomandava: “Dormire in modo da patire sempre un po’ di sonno, mangiare in modo da patire un po’ di fame, vestirsi in modo da patire un po’ di freddo”. Senza eccessi dunque, ma senza nulla concedere ai piaceri della carne.

In quanto all’abitazione, niente di più povero e provvisorio. I monaci e le monache vivevano in casolari diroccati, abbandonati dai contadini, sistemati alla meno peggio, mancanti di ogni confort e dei servizi più comuni. E chi non avrebbe pensato alla vita di Israele nel deserto sotto le tende, nel tempo dell’ Esodo dall’Egitto?

Impossibile fare in poche righe un ritratto fedele ed esaustivo della spiritualità di Dossetti. Non resta che leggere quanto pubblicato. Negli ultimi anni la Comunità da Lui fondata ha fatto una raccolta di quello che è rimasto della sua predicazione.

Dossetti non ha mai voluto scrivere in maniera sistematica, per istruire i posteri. Quel che ci rimane è tratto da omelie da Lui tenute a viva voce e a braccio in occasione di ritiri spirituali, celebrazioni liturgiche.

Per quel che è stato possibile fare, a sua insaputa. Non è rimasta alcuna registrazione del lavoro sistematico di interpretazione dei singoli libri della Bibbia, per espressa volontà dello stesso Dossetti.

Una grande ricchezza, per noi perduta, ma così era suo desiderio: non lasciare nulla di scritto, come pure il Cristo nulla ha lasciato scritto di propria mano nel tempo della sua dimora terrena.

Più facile trovare in commercio scritti relativi alla sua attività politica: discorsi fatti in pubblico ed in quanto tali rimasti alla memoria ed all’esame dei posteri.

Vi è un’evidente sproporzione tra il peso che viene  dato al suo impegno politico ed all’importanza che viene data alla sua persona, come monaco nella Chiesa cattolica.

Si dimentica e non si vuol ricordare che molto presto Dossetti ha abbandonato la politica attiva, per rifugiarsi in una vita interamente dedita alla preghiera, alla meditazione, e all’annuncio del Vangelo.

Negli ultimi anni della sua esistenza alcuni hanno intravisto nel suo tardivo ed inopportuno ritorno al grande e numeroso pubblico della politica, il suggello della sua fede in Cristo.

Di questo passo falso hanno subito approfittato i nemici della croce di Gesù, che hanno preso la figura di Dossetti come emblema di una ideologia, che non solo non ha nulla a che vedere con l’insegnamento di Dossetti, ma ancor prima si pone contro l’insegnamento dello stesso Cristo.

Parlare di Dossetti come del padre fondatore del catto-comunismo è un errore ed ancora prima una falsità.

E’ significativo che gli scritti riguardo alla figura di Dossetti politico siano dovuti a persone per lo più estranee alla sua esperienza di fede.

Chi l’ha seguito per anni nella meditazione e nello studio delle Scritture non l’ha poi seguito negli ultimi interventi pubblici della sua vita.

Sono apparsi come una storpiatura ed una stonatura rispetto al suo passato di esegeta e di monaco. Così almeno è stato per noi e per altri come noi.

Il nostro legame spirituale con don  Dossetti risale agli anni 70 ed 80 e poche volte è stato diretto, cioè non mediato dalla sua comunità. Dapprima la lunga permanenza in Israele, poi il trasferimento della Comunità sul Monte Sole, hanno fatto sì che il nostro avvicinamento a don Giuseppe si sia risolto nel tempo del suo massimo impegno per quel che riguarda l’esegesi biblica. Ricordo che in quei tempi Dossetti si rifiutava di parlare di politica. Ogni domanda, ogni dialogo con lui doveva essere rigorosamente di carattere biblico.

Don Giuseppe era solito dire ai suoi più intimi, così come qualcuno ci ha riferito: Io vorrei una chiesa di estrema destra per quel che riguarda la sua fedeltà alla Parola rivelata ed alla Tradizione, di estrema sinistra per quel che riguarda il suo impegno politico.

Con tutto ciò il suo pensiero non si poteva ricondurre alla matrice atea materialista del comunismo; più semplicemente esortava la chiesa ad un maggior impegno per la difesa dei più poveri e dei più deboli, facendo salvi  quei valori e quei principi cha fanno la Parola di Dio diversa da ogni parola che esce dalla bocca dell’uomo.

Dossetti non avrebbe mai approvata un’etica non conforme e in opposizione a quella che ci è data dalla Parola di Dio e neppure un messaggio di salvezza per il mondo che non sia innanzitutto l’annuncio della salvezza da questo mondo, portato dal Cristo.

Nella mente di Cristoforo è ben vivo il ricordo delle sue omelie in cui parlava del Satana come il principe di questo mondo. Le strutture che reggono il mondo non sono affatto casuali ed irrelate l’una all’altra, ma si possono collocare come sui lati di una piramide, al cui vertice sta il Satana.

Non si può mettere Cristo all’interno della piramide, in un qualsivoglia punto, ma al di fuori e al di sopra della piramide stessa, come l’unico che in virtù della sua potenza divina può creare la novità di vita.

Da questo punto di vista qualsiasi impegno del singolo per un mondo migliore, impegno che prescinda dalla fede in Cristo, è destinato a perire.

Le sorti dell’umanità sono in mano al Signore, non all’operare politico di questo o quell’uomo.

In quest’ottica l’impegno politico del cristiano non può essere assoluto, ma soltanto relativo. Esclude qualsiasi fiducia nella bontà della creatura, confida unicamente nell’amore misericordioso di Dio, che può tutto in tutti.

Un partito politico che voglia essere veramente di Cristo null’altro può essere che creazione ed espressione di un piccolo resto, di coloro che Gesù ha chiamato, mio piccolo gregge. Non gli si può accreditare l’uso di alcuna violenza, anche minima, per il bene dei molti .

Nel mondo è e rimane come segno di contraddizione, perché gli uomini volgano il loro sguardo a Colui che hanno crocifisso.

Detto questo in difesa di Dossetti, Cristoforo deve pur dire che ha sofferto molto per i suoi ultimi interventi  in materia di politica reale. Don Giuseppe era un grande idealista, con la testa ed il cuore più in cielo che in terra.  Una meravigliosa utopia il partito cristiano che voleva fondare nel primo dopoguerra. Una illusione ed una perdita di contatto con la realtà i suoi ultimi interventi politici. Purtroppo in questa sua ombra degli ultimi anni si è insidiato con violenza il Maligno, che ha tentato di rendere vana la sua testimonianza di fede nell’unico ed esclusivo Salvatore.

Le idee sante non possono essere portate andando a braccetto  con uomini che santi non sono e neppure vogliono essere fatti tali da Cristo.

Dalla politica ideale alla politica reale il salto è grande ed il cristiano deve ben stare attento con chi si mette e da quale parte è trovato.

Prima ancora di un partito cristiano c’è bisogno di una Chiesa  di santi.

Non si vince nessuna battaglia in nome di Dio, senza un esercito fatto da uomini che vivono per Dio.

Per chi l’ha conosciuto e l’ha amato Dossetti è stato, è, e sarà, un grande maestro dello Spirito.

Maestro e profeta non di una vuota Parola ma di quella che porta ad un continuo rinnovamento del proprio essere, perché di conoscenza in conoscenza possiamo avere,in Cristo e per Cristo, vita eterna.

Noi non conosciamo quello che don Giuseppe ha fatto e detto negli ultimi anni della sua vita, in un’ottica di politica reale. E neppure ci interessa sapere. Non ci riconosciamo nei suoi discepoli dell’ultima ora, in coloro che si dichiarano legittimi eredi del suo pensiero politico.  Non sono da noi trovati sulla linea spirituale del Dossetti da noi conosciuto. Cosa rimarrà del Dossetti, maestro di vita spirituale? Non possiamo saperlo. E chi si può dire oggi suo figlio legittimo? Nella fitta nebbia che ha avvolto la sua figura dopo la morte, unica vera, grande consolazione per noi quanto scritto da Don Divo Barsotti: “Stamani alle sei è mezzo è morto Dossetti. Quanta della mia vita si è conclusa nella sua morte! Il legame che mi univa a lui era ben altrimenti profondo che il legame che mi ha unito a La Pira, a Marcello Candia. Egli mi ha voluto suo direttore spirituale; lo sono stato fino alla sua morte. Mai egli ha rifiutato di sentirsi mio figlio, anche se a volte sembrava voler nascondere i suoi interventi che lo sottraevano al silenzio, all’umiltà, a una vita contemplativa. Sì, avrebbe potuto governare lo Stato o addirittura la Chiesa: Dio invece ha voluto che vivesse la sua vocazione nella rinuncia alla politica attiva, a ogni missione gerarchica per vivere la sua vocazione nella preghiera, l’atto, l’unico atto a cui Dio ha promesso efficacia”. ( da - Alla sera della vita )

Carissimo Don Giuseppe, se nessun altra voce si leverà fra gli uomini per esaltare i doni spirituali che Dio ha dato a molti in virtù della tua  fede in Gesù Salvatore, il Signore faccia grande quella di Cristoforo, l’ultimo  e il più piccolo dei tuoi fratelli in Cristo.

Grazie, per quello che ci hai dato nel Signore! Prega per tutti noi ! E… Arrivederci in Cielo!

 

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