Cap. 1, 26-31

Cap. 1, 26-31
Dal testo ebraico ( masoretico )
27 E creò Dio l’uomo a immagine di lui, a immagine di Dio creò lui, maschio e femmina creò loro.
28 E benedisse loro Dio e disse a loro Dio: Fruttificate e moltiplicatevi e riempite la terra , e soggiogate essa e dominate su pesce del mare e su volatile dei cieli e su ogni vivente strisciante sulla terra.
29 E disse Dio: “Ecco diedi a voi ogni erba seminante seme che è su faccia di tutta la terra e ogni albero che in esso (è) frutto di albero seminante seme: per voi sarà per cibo.
30 E a ogni vivente della terra e a ogni volatile dei cieli e a ogni strisciante sulla terra che è in esso anima viva, io do ogni verde erba per cibo. E fu così.
31 E vide Dio tutto ciò che fece, e ecco, buono era molto. E fu sera e fu mattino: giorno sesto.

Dal testo dei Settanta
27 E fece Dio l’uomo. Secondo l’immagine di Dio lo fece, maschio e femmina li fece
28 e li benedisse Dio dicendo: “Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra e dominate su di essa; e comandate sui pesci del mare e sui volatili del cielo e su tutto il bestiame e su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”.
29 E disse Dio: “Ecco vi ho dato ogni erba che produce seme e lo sparge disseminandolo e che esiste su tutta la terra e ogni albero che ha in sé frutto di seme da seminagione; per voi saranno di nutrimento.
30 E a tutte le fiere della terra e a tutti i volatili del cielo e a ogni rettile strisciante sulla terra, che ha in sé soffio di vita, ho dato ogni erba verde come nutrimento. E fu così.
31 E vide Dio tutte quante le cose che aveva fatto, ed ecco erano belle assai. E fu sera e fu mattina: giorno sesto.

Dalla Vulgata
et creavit Deus hominem ad imaginem suam
27 E creò Dio l'uomo a sua immagine:
ad imaginem Dei creavit illum masculum et feminam creavit eos
a immagine di Dio creò quello, maschio e femmina creò essi.
benedixitque illis Deus et ait
28 E benedisse quelli Dio e disse:
crescite et multiplicamini et replete terram et subicite eam
Crescete e siate moltiplicati e riempite la terra e assoggettatela
et dominamini piscibus maris et volatilibus caeli
e dominate sui pesci del mare e gli uccelli del cielo
et universis animantibus quae moventur super terram
e tutti gli esseri animati che si muovono sopra la terra.
dixitque Deus ecce dedi vobis omnem herbam adferentem semen super terram
29 E disse Dio: Ecco io vi ho dato ogni erba che porta seme sopra la terra
et universa ligna quae habent in semet ipsis sementem generis sui
e tutti i legni che hanno in se stessi la semente del loro genere
ut sint vobis in escam et cunctis animantibus terrae
perché siano per voi come cibo  30 e per tutti gli animali della terra
omnique volucri caeli et universis quae moventur in terra
e per ogni uccello del cielo e per tutte le cose che si muovono sulla terra
et in quibus est anima vivens ut habeant ad vescendum
e nelle quali è un'anima vivente, perché abbiano da nutrirsi.
et factum est ita
E fu fatto così.
viditque Deus cuncta quae fecit et erant valde bona
31 E vide Dio tutte quelle cose che fece ed erano molto buone.
et factum est vespere et mane dies sextus
E ciò fu fatto di sera e di mattina: giorno sesto.


27 E creò Dio l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio creò quello: maschio e femmina creò essi .
Abbiamo sottolineato come la somiglianza tra Dio e l'uomo si debba innanzitutto considerare a livello del singolo individuo, in una dimensione puramente interiore, conforme alla tradizione teologica cattolica che ha avuto in Agostino uno dei pensatori più fecondi ed illuminati.
"A immagine di Dio creò quello", cioè l'uomo nella sua individualità e singolarità. Ma Dio non è l’uno-solo e la somiglianza con l’uomo non sarebbe completa se considerata soltanto nel reciproco rapporto tra i principali attributi dell’uno. Non semplicemente più attributi legati in una sola persona, ma più persone con attributi diversi legati in uno. Per questo è scritto "maschio e femmina creò essi",  per dare l’idea di un essere formato da più persone. L'uomo porta l'immagine divina dentro di sé, in rapporto alle sue dimensioni interiori, fondate in Dio e fondanti nello stesso Dio, ma lo porta anche fuori di sé in rapporto alla donna e al frutto di questo legame. La famiglia terrena altro non è, all'origine, che l'immagine della famiglia divina. Potrebbe sembrare che la tradizione cattolica, che si rifà all'insegnamento dei Padri della chiesa, non sia stata al riguardo molto illuminata. Si nega in modo assoluto un collegamento tra "E creò Dio l'uomo a sua immagine e somiglianza e " maschio e femmina creò essi". In altre parole si tratterebbe di una frase aggiunta per spiegare come è stato creato l'uomo, senza alcun nesso con ciò che viene prima.
In verità bisogna fare i salti mortali per giustificare una simile spiegazione, che è semplicemente una non interpretazione. Il testo ci sembra fin troppo chiaro nel sottolineare il senso di questa somiglianza: li creò maschio e femmina, sic e simpliciter. Siamo d'accordo che una siffatta somiglianza può ferire la nostra sensibilità, in quanto non riusciamo a capire in che senso si possa parlare di sessualità in Dio, non solo perché Dio non è essere materiale, ma anche perché la sessualità ci porta subito all'idea del peccato, e in Dio non c'è neppure la possibilità del peccato.
Ci sembra tuttavia che la Chiesa  di fronte a questa espressione “maschio e femmina creò essi” giustamente abbia avuto una battuta d’arresto ed abbia seguito altre vie. Vedremo in seguito, a parte, quali. Cerchiamo ora di comprendere perché non è possibile sic et simpliciter intendere la famiglia terrena come immagine di quella celeste, fin dalle sue origini. Innanzitutto  c’è famiglia  là dove ci sono non due ma tre persone.
In Genesi si parla di uomo e donna e potremo pensare ad un padre e a un madre. Manca il figlio ed è proprio questa mancanza che ci fa comprendere come Adamo ed Eva, maschio e femmina, se pur siano creati ad immagine di Dio, non  sono ancora in senso pieno e totale immagine perfetta di Dio. Se paragoniamo un immagine con un disegno dobbiamo dire che il tutto è appena abbozzato, ha bisogno di ulteriori definizioni ed aggiunte. Mentre le persone della divina Trinità sono l’una per l’altra, Adamo ed Eva non furono creati  l’uno per l’altra, ma entrambi per Dio. Prima ancora del rapporto che lega Adamo ad Eva e viceversa Eva ad Adamo dobbiamo considerare il rapporto che lega entrambi al Creatore.
Non sono ancora una realtà unica ed indissolubile. “Saranno due in una sola carne”, questa è la loro vocazione, neppur smentita dal peccato originale, ma ripresa e perfezionata dal Cristo nella loro esistenza. All’origine e anche nell’esistenza vediamo piuttosto due persone in due carni ben distinte. Non c’è ancora fusione di volontà, un cuor solo ed un’anima sola. Non si può dire di essi che sono una sola cosa come si intende  del Padre e del Figlio. C’è bisogno di una maturazione, di una crescita, del passaggio da una semplice comunicazione di vita donata a una generazione di vita in proprio. La  comunicazione di vita nelle creature ha un significato diverso da quanto avviene all’interno della divina Trinità. Adamo ed Eva non si comunicano innanzitutto l’amore che trovano l’uno nell’altra ma l’amore che entrambi trovano nell’unico Dio Creatore. Per la comunicazione di vita possono bastare due persone, non c’è bisogno di un rapporto tra i due che si possa dire di “conoscenza”. Non si conoscono l’un l’altra ma entrambi conoscono il solo Dio. Se si può e si deve parlare di rapporto sponsale non è nel legame fra i due, ma nel legame che ognuno dei due ha con il Creatore. Entrambi conoscono e sono conosciuti dall’unico sposo che ha nome di Gesù Cristo. Soltanto una volta consumato questo rapporto esclusivo col solo Cristo, Adamo ed Eva avrebbero raggiunto per grazia divina la statura della coppia perfetta, che non conosce soltanto e semplicemente Dio, ma che conosce Dio, come Dio, in quanto diventata essa stessa Dio.
Non più tra i due una semplice comunicazione di vita, fatta propria da una comune fonte esterna al proprio io, ma comunicazione di una vita divina, sgorgante dall’interiorità del proprio io, sigillo di una  perenne ed inamovibile abitazione  di Dio nel proprio essere creato.
L’avvenuta perfetta identificazione con Dio, per scelta volontaria, maturata attraverso l’obbedienza alla Parola che è il Cristo, avrebbe portato con sé una  comunicazione di vita diversamente potente. Come in Dio non c’è comunicazione di vita che non sia innanzitutto generazione di vita, così anche Adamo ed Eva avrebbero generato un figlio a propria immagine e somiglianza, frutto di una divina conoscenza e realizzazione della pienezza dell’Amore.
In virtù del Cristo Figlio di Dio, non solo si sarebbe realizzata nella creatura l’eterna comunione d’Amore che è nella Trinità, ma saremmo diventati tutti figli di Dio a modo dell’Eterno Figlio, così da essere Egli il primogenito dei molti fratelli.
A questo punto dobbiamo fare un passo indietro, per riconsiderare quanto scritto :
E creò Dio l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio creò quello: maschio e femmina creò essi .
Se anche nell’eternità saremo maschi e femmine, seppur all’infuori e al di sopra di ogni possibile contaminazione di peccato, non è tutto questo conferma di quanto semplicemente ipotizzato? Anche in Dio, o meglio innanzitutto in Dio vi è una paternità, una maternità ed una figliolanza. Ma come intendere rettamente? Come ignorare e non tenere in considerazione che i Padri della Chiesa affermano che Gesù ha un Padre eterno, ma non una Madre eterna? Come si realizza e si attualizza anche nella donna l’immagine dell’eterno Figlio?
In altre parole: se Dio è tutto al maschile, cosa ci sta a fare nella creazione il femminile? E creò Dio l'uomo a sua immagine. Attenzione, non l’uomo come maschio, ma l’uomo come unità di maschio e femmina.
a immagine di Dio creò quello: maschio e femmina creò essi .
In Dio il suo essere Padre fa tutt’uno con il suo essere Madre: è Padre e Madre allo stesso tempo. Non due attributi diversi in un’unica persona, ma due persone in un unico Essere. Un unico volto visibile certamente che è quello del Padre, ma nel volto del Padre è inglobato e fatto proprio, perché posto accanto ad esso, un altro volto che è quello della Madre. Lo Spirito Santo altro non è che Dio Madre. Non è per essere visto, ma per far vedere, non ha semplicemente il volto del Padre, ma lo genera nel Figlio.
Il Padre non può generare il Figlio se non in virtù dello Spirito Santo che è in Lui e da Lui è posseduto e conosciuto. Il Figlio non può portare l’immagine del Padre, se non in virtù del suo essere eternamente generato dal  Padre in concorso con lo Spirito Santo. In quanto portante l’immagine del Padre,  ( di modo che chi vede  Lui vede anche il Padre ), porta in sé non solo il Padre ma anche lo Spirito Santo che è nel Padre.
Lo Spirito Santo che è Madre eterna, eternamente è presso il Padre ed eternamente è presso il Figlio. È presso il Padre in quanto generante il Figlio, è presso il Figlio in quanto generato dal Padre: non una volta per sempre ma in un atto di perenne amore che rende inscindibili Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
L’umana generazione  è un atto compiuto nel tempo, in un tempo. La generazione divina è atto senza tempo. Nell’uomo, madre, padre e figlio, possono stare l’uno senza gli altri, in Dio, Padre, Madre e Figlio , sono in  un legame  indissolubile.
Dove c’è il Padre ivi troviamo anche lo Spirito Santo e il Figlio, dove c’è il Figlio ivi è  il Padre e lo Spirito Santo, dove è lo Spirito Santo ivi è pure il Padre ed il Figlio.
Il Padre è nel Figlio ed il Figlio è nel Padre, lo Spirito Santo è sia presso il Padre sia presso Figlio. Nell’eterna visione di Dio non vedremo tre volti diversi, ma un solo volto, quello del Padre, in tutto identico a quello del Figlio. In quanto al volto dello Spirito Santo è celato in quello del Padre e del Figlio. Lo Spirito Santo non è per essere visto, ma per essere posseduto, perché il Padre veda se stesso nel Figlio ed il Figlio se stesso nel Padre e perché tutti i figli vedano il Padre uguale al Figlio ed il Figlio uguale al Padre.
La somiglianza fra la famiglia creata e quella increata non è di facile comprensione perché non si è ancora realizzata in noi quella perfetta somiglianza che si avrà solo con la vita eterna.
Di fatto noi vediamo l’uomo con un volto, la donna con un altro, il figlio con un altro ancora. I tre non sono ancora diventati un solo essere, ma sono chiamati a diventarlo in virtù dell’opera di Redenzione del Cristo Figlio di Dio. Il femminino sarà col mascolino, e avremo il padre e la madre, ma in unità con loro ci sarà anche il figlio. In una sola carne, cioè in un solo essere ci saranno tre persone distinte, non semplicemente due come all’inizio. Già in questa esistenza, segnata dal peccato d’origine, troviamo che la donna è presso l’uomo e nell’uomo  e che non c’è nascita dell’uomo se non in virtù della donna.
Il rapporto tra il Padre e il Figlio, che è in virtù dello Spirito Santo , costituisce l'eterna felicità di Dio. La creazione degli angeli e degli uomini, ad opera del Figlio nulla aggiunge o toglie a questa felicità, ma è frutto della sovrabbondante ed inesauribile ricchezza dell'amore divino, che esce da se stesso per donare la propria vita ad altri esseri.
Abbiamo parlato di una logica successione: Padre, Spirito Santo, Figlio, e ciò conforme a quanto scritto in Genesi, in cui si legge, dapprima, che il Padre creò i cieli e la terra, poi che lo Spirito Santo veniva portato sulle acque, infine che la Parola creò gli angeli e l'universo. Abbiamo considerato l’uomo ad immagine di Dio in relazione alle sue facoltà primarie: pensiero, volontà, lingua. E questo ha un senso puramente logico, fuori del tempo. Afferma Gesù in Giovanni: Sono tre le persone che gli rendono testimonianza, ovvero il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo.
Ma con ciò Gesù vuol alludere non all'essere di Dio in sé e per sé, ma alla nostra esperienza di Dio, dopo il peccato. La salvezza è preparata dal Padre, si realizza col Figlio, raggiunge la pienezza con la discesa dello Spirito Santo. Perché mai lo Spirito Santo viene come ultimo? A parte la considerazione che già nel Vecchio Testamento si parla di Spirito di Dio, lo Spirito Santo è ultimo nella dimensione e nella successione temporale, perché Egli testimonia la pienezza dell'Essere divino. In altre parole, qual è quella persona che non può essere da sola, ma, già di per sé, attesta non solo la sua presenza, ma anche quella delle altre due? Lo Spirito Santo. Non è concepibile uno Spirito Santo senza il Padre e il Figlio, perché lo Spirito Santo è solo nel rapporto con il Padre e il Figlio: è ciò che li lega in assoluto e che non può essere con l'Uno, senza essere con l'Altro. Dove c'è lo Spirito Santo c'è anche il Padre con il Figlio.
Lo Spirito Santo è quella persona che ha lo sguardo rivolto da una parte al Padre, dall'altra al Figlio. Si dice, comunemente, che è l'amore che li lega eternamente e che non può stare da solo, perché l'amore è punto d'incontro tra due persone che si amano. Con tutto ciò si deve pur precisare in che senso lo Spirito Santo è Amore. L'interpretazione comune intende l'Amore come attributo sostanziale dello Spirito Santo. In altre parole, dapprima sarebbero il Padre e il Figlio e poi ciò che li lega, ovvero il loro amore che è lo Spirito Santo. Ma l'amore non è prerogativa esclusiva dello Spirito Santo; Esso costituisce la natura essenziale della Trinità, è proprio del Padre, dello Spirito Santo, del Figlio. Se fosse un semplice  legame tra il Padre e il Figlio, ovvero esprimesse la forma di questo legame, certamente verrebbe dopo, ma è proprio per la sua natura personale che viene prima del Figlio.
L'amore, innanzitutto, è nel Padre ed è del Padre: ma si attualizza solo in rapporto con lo Spirito Santo, che altro non è se non il Suo stesso Spirito, ovvero l’altro da sé conforme a sé, presso a sé ;ed è lo Spirito Santo come persona che in virtù del suo essere posseduto dal Padre genera il Figlio. Tale possesso è atto d’amore  e non può generare altri se non un Figlio che porta in sé non solo il Padre, ma anche lo Spirito Santo, che genera in unità con Lui. In quanto espressione e frutto di un perenne atto d’amore , il Figlio porta in sé sia il Padre sia lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo  è nel Padre come Amore generante e comunicante.  Il Figlio non  è semplicemente generato dal Padre, ma in virtù del  concorso d’ amore tra il Padre e lo Spirito Santo.
Nell’uomo è possibile un amore incompiuto a due come semplice comunicazione di vita. In Dio non c’è amore come comunicazione di vita che non sia innanzitutto generazione di vita. L’uomo può stare in comunione con la donna in un amore incompiuto che attende il terzo. In Dio l’amore come generazione di vita precede la comunicazione di vita. Il Padre non può comunicare e donare se stesso al Figlio se non generandolo. Ma non lo genera da solo, in un atto compiuto una volta per sempre: lo genera eternamente da sé  in concorso con lo Spirito Santo, che  è eternamente in Lui, e che da Lui eternamente trascorre al Figlio. 
Lo Spirito Santo non è solo  nel Padre generante,  è pure nel Figlio generato. È il legame o vincolo eterno, amore perenne senza fine che lega l’Uno all’Altro e viceversa l’Altro all’Uno. Cosa di più grande o meglio chi di più grande può il Padre dare al Figlio ed il Figlio può dare al Padre, se non Lo Spirito Santo che li lega in un amore perenne? Il Padre non si può rapportare al Figlio se non attraverso lo Spirito Santo ed il Figlio non si può rapportare al Padre se non attraverso lo stesso Spirito.
Il Padre ama il Figlio, perché lo vede a propria immagine e somiglianza: ma ciò non è possibile se non in virtù dello Spirito Santo, in virtù del quale eternamente genera il Figlio a propria immagine.
Il Figlio ama il Padre, in quanto si riconosce in Lui, a sua immagine e somiglianza, ma ciò non è possibile se non in virtù di quello Spirito che lo genera ad immagine del Padre.
Gli occhi del Padre e del Figlio sono rivolti allo Spirito Santo. E' lo Spirito Santo il loro punto d'incontro e il loro amore. Non  amano lo Spirito Santo, ma si amano in virtù dello Spirito Santo. Il Padre in quanto generante attraverso lo Spirito Santo, il Figlio in quanto generato attraverso lo Spirito Santo.
Se il punto d’incontro dell’amore tra il Padre e il Figlio è lo Spirito Santo, lo stesso Spirito deve essere sia nell’Uno che nell’Altro. Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio e dal Figlio al Padre come dono del Padre al Figlio e del Figlio al Padre.
Lo Spirito Santo non procede dal Padre e dal Figlio nella sua realtà sostanziale, in virtù di una incomprensibile ed indefinibile processione dall’Uno all’Altro. Procede più semplicemente come dono: dal Padre al Figlio e dal Figlio al Padre e da entrambi a tutte le creature intelligenti. Se consideriamo lo Spirito Santo come dono, possiamo dire che procede sia dal Padre sia dal Figlio ed è valida anche in questo caso la logica successione: Padre, Figlio Spirito Santo.
Abbiamo detto che è il punto d’incontro tra il Padre e il Figlio, e che Padre e Figlio non si guardano l’uno all’altro se non passando attraverso lo Spirito Santo che è Madre. Dal punto di vista assiologico, cioè del valore potremmo anche stabilire una successione: Spirito Santo, Padre, Figlio.
Più difficile definire lo Spirito Santo non semplicemente come dono che procede da a, ma nel suo semplice rapporto con il Padre e con il Figlio.
Lo Spirito Santo è eternamente sia nel Padre sia nel Figlio, ed in virtù di questo suo essere innanzitutto nell’Uno e nell’Altro è dono dell’Uno all’Altro, dell’Altro all’Uno e di Entrambi ad ogni altro.
Cosa o meglio chi possono donarsi e donare di più grande il Padre ed il Figlio, se non lo Spirito che è nell’Uno e nell’Altro e procede dall’Uno all’Altro?
Lo Spirito Santo è nel Padre e nel Figlio e porta al Padre e al Figlio. Il possesso dello Spirito Santo è garanzia assoluta del possesso sia del Padre sia del Figlio.
Ci sembra che la formula del Credo “procede dal Padre e dal Figlio” si possa così integrare : “procede dal Padre e dal Figlio perché è presso il Padre e presso il Figlio”.
Quanto detto potrebbe in qualche modo sanare il contrasto tra Chiesa Cattolica e chiesa Ortodossa riguardo alla definizione dello Spirito Santo. La Chiesa cattolica sostiene che procede sia dal Padre, sia dal Figlio, la Chiesa Ortodossa che procede solo dal Padre. A base del dissenso vi è una intelligenza insufficiente e parziale da parte di entrambe le due Chiese. Non si può innanzitutto parlare di processione, come sinonimo di generazione o qualcosa di vagamente somigliante. Una persona procede da un’altra solo per generazione, e non si è mai generati da una sola persona, ma da due. E questo pone un grosso interrogativo. Perché l’eterno Figlio di Dio ha solo un Padre e non una Madre? E perché sta scritto che creò Dio l’uomo a sua immagine e somiglianza: maschio e femmina li creò? Ma il paradosso è pure riguardo allo Spirito Santo. Come può procedere in quanto persona sia dal Padre sia dal Figlio? È improprio dire che una persona procede da un’altra, ma è ancora più improprio sostenere che procede sia da una persona, sia da un’altra.
Ci sembra che si possa chiarire affermando che lo Spirito Santo, innanzitutto, è eternamente sia presso il  Padre sia presso il Figlio, come amore generante e comunicante. Per altro aspetto possiamo dire che procede dal Padre al Figlio, dal Figlio al Padre come dono di Sé, ovvero dell’Uno all’Altro e dell’Altro all’Uno. Per altro aspetto ancora procede sia dal Padre sia dal Figlio come dono alle creature razionali, attestante da sé solo sia la presenza del Padre sia la presenza del Figlio. Dove c’è lo Spirito Santo c’è sia il Padre sia il Figlio. In virtù del dono dello Spirito Santo il Figlio non ci dona solo se stesso, ma anche il Padre, viceversa in virtù del dono dello Spirito Santo il Padre ci dona non solo se stesso ma anche il proprio Figlio.
Quale la visione eterna della Trinità? Non vedremo tre volti, ma uno solo, il volto del Figlio ad immagine del Padre, ed il volto del Padre ad immagine del Figlio e tutto questo nel possesso dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo in quanto è presso il Padre porta il volto del Padre, in quanto è presso il Figlio porta il volto del Figlio: non ha volto proprio ma porta in uno due volti. Chi porta un volto, se pur ha il medesimo volto di chi è portato, non è fatto per essere visto, ma per fare vedere. Il possesso dello Spirito Santo ci darà di vedere Dio, così come detto. Lo Spirito Santo nell’eternità è Dio inabitante nelle creature che si fa vedere alle creature, come Padre identico al Figlio e come Figlio identico al Padre.
E' difficile comprendere la realtà Trinitaria per analogia con la famiglia umana, che pure è creata a Sua immagine e somiglianza. Se Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza, dobbiamo stare attenti a non rendergli il contraccambio, attribuendo al Creatore i limiti che sono propri della creatura. Così nell'uomo è possibile un amore tra due, che sia semplice comunicazione di vita, senza essere generazione di vita.
Consideriamo ora la famiglia umana come rapporto padre, madre, figlio. Innanzitutto l'uomo non possiede la donna in sé e per sé, ma in Dio e per Dio, non le comunica il proprio essere originario, ma il proprio essere creato e fondato in Dio. Mentre il Padre si identifica nel Suo Spirito, l'uomo e la donna non possono identificarsi l'uno nell'altra, in quanto non sono fondati l'uno nell'altra, ma entrambi sono fondati in Dio. Le creature non comunicano una propria vita, ma la vita che hanno ricevuto da Dio. L'amore tra l'uomo e la donna non è fondato in se stesso, ma rimanda alla sua fonte ed alla sua origine. In questo senso può esistere un amore come semplice comunicazione di vita, in quanto non si comunica la propria vita, ma la vita che è di Dio.
E' nota la polemica che, per secoli, travagliò la chiesa nella ricerca di una definizione adeguata della Trinità.  Il problema nasce dal fatto che ci è difficile comprendere come l'uomo sia ad immagine di Dio, dal momento che il nostro essere si colloca in una sola persona, mentre in Dio un unico essere si colloca in tre persone. La teologia cattolica ha cercato di approfondire questa somiglianza, in relazione al possesso individuale dell'immagine divina nel rapporto mente, volontà, parola, così come abbiamo spiegato. Da questo punto di vista, dobbiamo dire che sarebbe superflua la differenziazione sessuale, perché il possesso di Dio ci e' dato a livello individuale, non interindividuale.
Ma la differenziazione sessuale ha una sua importanza e un suo significato spirituale, che la rendono ineliminabile dal punto di vista della comunicazione di vita. Infatti noi possiamo solo ricevere la vita di Dio, non comunicarla a Lui; vi è un abisso tra il Creatore e la creatura, per cui la creatura non può comunicare la vita a Dio, non possedendola in proprio, ma solo rendergli gloria per il dono ricevuto. La nostra felicità non sarebbe piena e completa, se non avessimo la possibilità di comunicare la vita divina ad altre creature simili a noi. Per questo Dio, dopo l'uomo, crea la donna e li pone come esseri comunicanti e, in prospettiva generanti la sua stessa vita. Soltanto allorché l'uomo può comunicare la vita alla donna, la sua felicità è pienamente sovrabbondante, perché l'amore può finalmente dilatarsi e riversarsi su un'altra somigliante creatura. L'uomo e la donna portano l'immagine di Dio, non soltanto in sé e per sé, ma anche per l'altra e per l'altro, per  comunicare l'amore divino. Da questo punto di vista, dobbiamo sottolineare che, originariamente, la generazione non è assolutamente necessaria per la felicità dell'uomo e della donna.
Adamo ed Eva non ebbero rapporti carnali prima della caduta dallo stato di grazia, ciononostante, c'erano tutte le condizioni e i presupposti perché potessero giungere insieme alla vita eterna, nella visione di Dio. Soltanto nel possesso pieno e definitivo di Dio avrebbero potuto generare dei figli alla vita di Dio, in quanto il loro essere sarebbe diventato pienamente conforme alla primitivo progetto divino.
La famiglia umana può dunque essere considerata ad immagine di quella divina soltanto in senso relativo ed incompiuto. Manca la generazione del terzo. Questa avviene nel peccato e col peccato, ma non realizza appieno l’immagine divina, piuttosto la spezza e la divide di modo che padre, madre e figlio, ne risultano come tre persone diverse, con tre esseri,  in quanto non necessariamente ed eternamente posti l’uno accanto all’altro, ma solo casualmente, accidentalmente e per un tempo limitato. La fusione in uno dei tre è rimandata e demandata all’opera salvifica del Cristo. Se la famiglia umana non è ad immagine di quella divina è però chiamata a diventarla. Il matrimonio cristiano non può  essere se non indissolubile, come pure il vincolo che lega genitori e figli non può essere sciolto ad umano arbitrio, ma solo per essere fecondo di nuove vite ad immagine di Dio.
Ritorniamo al discorso trinitario e facciamo un ultimo tentativo di spiegazione. A differenza di quanto avviene nella famiglia umana, in quella divina Padre, Spirito Santo, Figlio appaiono saldamente ed eternamente l’Uno nell’Altro ed Uno accanto All’altro in maniera che i tre sono in Uno.
Mentre diciamo che il Padre è nel Figlio ed il Figlio è nel Padre, riguardo allo Spirito Santo che è Madre dovremmo più propriamente dire, a parziale rettifica di quanto affermato, che è non in, ma presso il Padre e presso il Figlio. E’ come il ponte che sta tra l’uno e l’altro, il trait d’unione: presso il Padre, per generare e portare al Figlio, presso il Figlio, per riportare al Padre. Non c’è rapporto tra Padre e Figlio che non sia nello Spirito e per lo Spirito. Procede come dono dall’uno all’altro e procede da entrambi come dono di Dio alle sue creature. Questo procedere da entrambi non è dissociato ma pienamente associato nel senso che lo Spirito Santo donato dal Figlio riporta anche al Padre e quello donato dal Padre riporta anche al Figlio.
Il possesso dello Spirito Santo da parte delle creature è garanzia del possesso sia del Padre sia del Figlio. Non solo: eternamente tale possesso renderà possibile la visione di Dio come visione semplice. Vedremo il Padre uguale al Figlio ed il Figlio uguale al Padre, l’Uno nell’Altro, e l’Altro nell’Uno perfettamente identici.
Terminiamo il discorso, perché non siamo più nel campo dell’ortodossia cattolica, ma di semplice congetture , opinioni personali che vanno sottoposto al giudizio del Magistero della Chiesa.
È soltanto un tentativo di migliore spiegazione. Se smentiti accogliamo con gioia e con serenità. Sarà stata una semplice provocazione ed uno stimolo per una migliore spiegazione. Per altro verso pensiamo che Cattolici ed Ortodossi, invece di chiudere le porte al dialogo, farebbero meglio ad aprirle, cercando di chiarire e di approfondire.
Non è detto che tutto sia già stato compreso e spiegato in maniera adeguata e soddisfacente.
Una spiegazione dottrinale si serve sempre delle categorie create e procede per immagine della realtà terrena.
Non è detto che tutto sia così chiaro. Indiscutibile è la fede in un Dio Uno e Trino. Quanto alle interpretazioni, ci sono e ci saranno sempre dei limiti. Non si può rinnegare quanto detto in passato, ma si può pur sempre chiarire ed approfondire in una sorta di continuità omogenea fra quello che è stato detto ieri e quello che viene detto oggi.
In una sezione a parte cercheremo di vedere il pensiero che la Chiesa ha fatto proprio , che è quello di Agostino.
Il discorso è di una certa ampiezza e non si può risolvere in poche parole.
Ritorniamo al nostro commento di Genesi
Abbandonato il cammino insidioso di ciò che può essere solo oggetto di opinione, rimane un dato di fatto inoppugnabile: Adamo ed Eva hanno generato figli non per la vita eterna, ma per la dannazione eterna. Non essendo ancora risolto il loro destino in rapporto all'albero della vita, non poterono generare quella vita che ancora non possedevano. I due si conobbero soltanto dopo il peccato; invece di generare alla Vita , generarono alla morte. La comunicazione di vita tramite la parola tra Adamo ed Eva è avvenuta nel peccato, di conseguenza la generazione di vita avviene nel peccato e col peccato. La santità dei figli era legata e condizionata alla santità dei genitori.
E' noto come la fantasia popolare abbia dato del peccato d'origine una interpretazione completamente falsata. Il rapporto carnale fra Adamo ed Eva non fu la causa,  ma una sua conseguenza. E' l'espressione ultima e più significativa di un'esistenza ormai chiusa in se stessa, scissa dal suo fondamento e dal suo fine, che cerca di raggiungere da sola la perfezione dell'essere creato ( generare alla vita ) senza possedere la vita. Il rapporto tra l'uomo e la donna, in stato di grazia, si interrompe quando sono ancora vergini: Ed e' nella verginità e dalla verginità che tale rapporto deve essere ripreso, così come ha mirabilmente sottolineato S. Gerolamo. Tale verginità è vissuta in modo diverso: innanzitutto come scelta di continenza perpetua, come rispetto della Legge di Dio per chi sceglie la via del matrimonio.
Nel regno dei cieli saremo ancora uomo e donna, ma non ci sarà matrimonio. Prima della restaurazione finale di tutte le cose, l'uomo vivrà un rapporto esclusivo con il suo Signore. Come il peccato d'origine è esclusione di Dio dalla propria vita, così il regno dei cieli è esclusione dalla propria vita di tutto ciò che non è esclusivamente Dio. Gli occhi saranno solo per la visione del Creatore e non del creato e delle creature; la parola solo per la lode di Dio. La gioia per la visione del Signore verrà comunicata tra angeli. Anche l'uomo e la donna saranno angeli: benché diversi l'uno dall'altra, non ci sarà più la possibilità di un amore chiuso tra i due, ma sarà in piena comunione con tutti gli esseri creati da Dio. L'idea dei cieli nuovi e della terra nuova, dove tutto sarà restaurato, è appena accennata nella Sacra Scrittura, non perché non sia reale e vitale, ma perché non è attualmente reale e vitale. Reale e vitale per noi è aprirci al Signore della vita; il resto verrà come dono. Abbiamo già sottolineato quali gravi dissociazioni il peccato ha prodotto nell'interiorità del nostro io; non meno gravi le dissociazioni prodotte in seno alla nostra famiglia. Qual è la realtà più tipicamente essenziale dell'uomo, se non il tentativo di ricostruire l'unità della vita, nella famiglia e per la famiglia? Prima del peccato Adamo ed Eva si sentono chiamati a pensare, vivere, come un unico essere, seppur in due persone. "Saranno una sola carne", questa è la loro vocazione. Soltanto dopo il peccato l'uomo diventa individuo. L'individuo è la persona che ha perso l'unità del proprio essere con e in: staccato dall’unità con la sua donna e persa pure la comunione con Cristo, cerca di ritrovare se stesso in rapporto all’altra creatura ed al Creatore. La caduta non poteva avvenire se non a livello dei molti legati in uno. La salvezza avviene, al contrario, a livello dell’uno separato dai molti: la storia dell'uomo non si identifica più con quella  della sua donna, né, tantomeno, con quella dei suoi figli. Nell'economia salvifica la comunicazione di vita tra l'uomo e la donna perde il suo valore originario, ha un significato ed un’importanza relativi; la generazione di vita, addirittura, non è necessaria. Gesù elogia chi si fa eunuco per il regno dei cieli. San Paolo consiglia un rapporto, tra l'uomo e la donna, nella verginità, senza matrimonio né procreazione: figura ed anticipazione del rapporto che avremo con Dio nel regno dei cieli, allorché saremo come angeli. E tutto ciò, tuttavia, senza escludere o condannare il matrimonio, purché vissuto come immagine dell’amore che c’è tra Cristo e la Chiesa.
28 E benedisse quelli Dio e disse:
Non benedisse l'uomo solo, ma i due, perché non c’è benedizione dell’uomo che non sia anche per la donna o benedizione per la donna che non sia anche per l’uomo.
Crescete e siate moltiplicati
La procreazione è legata alla benedizione divina, da essa preceduta e confortata, perché procreare è, in un certo senso, opera divina, e non è possibile se non in virtù di Dio stesso, che è unico artefice della vita. Nessun accenno ai rapporti carnali tra l'uomo e la donna: essi esistono solo in funzione della procreazione, non hanno significato in sé e per sé, ma solo per il frutto che recano. Non dice Dio: "Unitevi e  moltiplicatevi", ma semplicemente: "Crescete e siate moltiplicati". Spetta ad Adamo e ad Eva crescere liberamente nell’amore di Dio, in virtù di una libera obbedienza al Creatore che è ascolto della Parola che è Cristo. In quanto alla procreazione vi è un salto nell’Amore che è innanzitutto dono e grazia di Dio. Si dice “crescete e siate moltiplicati”, per sottolineare che anche allorchè sarà conseguita la maturità, non ci sarà moltiplicazione se non per opera divina. Per essere moltiplicati bisogna essere cresciuti. Non esiste procreazione se non per l’uomo maturo, e non ci si unisce se non per moltiplicarsi, in virtù di una fecondità fondata in Dio, da Lui voluta e da Lui gestita. Soltanto l'uomo, tra gli animali, conosce un'unione senza moltiplicazione, vale a dire un'unione fine a sé stessa, che si autoesclude dalla generazione di vita.
Il diavolo riesce a dare un significato positivo anche a questa diversità, che è considerata dall'empio un bene e non la conseguenza di un male. In realtà gli animali sono per noi un richiamo molto forte ad un rapporto maschio - femmina che sia conforme alla volontà di Dio. Sappiamo che essi si uniscono solo per procreare, guidati da quella legge di Dio, che il peccato dell'uomo non ha potuto in essi estirpare. Ognuno, al riguardo, dovrebbe fare un serio esame di coscienza, anche in rapporto ai cosiddetti sistemi di prevenzione, ammessi dalla chiesa, perché la nostra vocazione non è, innanzitutto, quella di unirci senza moltiplicarci, ma di essere ad immagine di Dio. In Dio non esiste comunicazione di vita che non sia anche e soprattutto generazione di vita.
Una particolare attenzione va data dunque alla parola "crescete", che precede il "siate moltiplicati". Non si può intendere il "crescete" in un senso puramente biologico, in quanto Adamo ed Eva sono creati già fisicamente maturi e, d'altronde, la crescita materiale avviene da sola, in virtù di Dio e non sembra si possa attribuirle un qualsiasi significato vocazionale.
Si tratta, chiaramente, di una crescita che ha un significato puramente spirituale, in quanto l'uomo è chiamato ad una conoscenza sempre più grande e sempre più piena di Dio e del creato. La conoscenza non è un dato, ma un fatto, ovvero una conquista, che, depositata nella memoria, cresce attimo dopo attimo, giorno dopo giorno. Così l'uomo, all'origine, ha una conoscenza limitata, che viene via via accrescendosi sempre più, in quanto proiettata verso l'assoluto di Dio e verso l'infinito del creato. Questa conoscenza ha un significato vocazionale, in quanto strettamente legata alla nostra natura di esseri creati liberi. Noi siamo liberi in rapporto a Dio e al creato, non nel senso che possiamo fare, ad arbitrio, quello che vogliamo, ma nel senso che spetta a noi scegliere i tempi, i modi, i luoghi, della nostra crescita spirituale. Tutto questo, ovviamente, in obbedienza alla Parola di Dio e con l'aiuto della grazia divina, che ci guida, conforta, illumina. La nostra libertà, in quanto creata dal nulla, non è assoluta, ma relativa, ovvero fondata in Dio, tale, cioè, che non può operare senza confrontarsi con la volontà del suo Creatore.
Immaginiamo un bambino che gioca in un "suo spazio", creato apposta per lui ( il giardino di Eden ). Può muoversi ed operare per iniziativa propria, ma non può fare tutto ciò che vuole, ma solo ciò che è gradito al Padre, che vigila su di lui, perché non è in grado di gestire la propria libertà in modo autonomo. L'uomo non era chiamato a fare tutto ciò che voleva Dio, ma solo ciò che era conforme alla volontà di Dio, vale a dire che non andava contro la Sua volontà. Anche dopo il peccato d'origine e l'opera salvifica del Figlio, non si può dire che noi viviamo e avvertiamo sempre la volontà di Dio, come ciò che è assolutamente contrario alla nostra volontà.
Riguardo a certe scelte, a volte, ci sentiamo liberi, nel senso che Dio non ci obbliga e non ci costringe, in assoluto, a procedere su di una strada da Lui segnata; se caso mai, ci guida, ci illumina nella strada da noi scelta, per riportarci sulla strada da Lui scelta. La nostra libertà è relativa e può fare solo delle scelte relative, che hanno bisogno di essere guidate, illuminate, confortate dalla grazia divina.
Non esiste, se non a livello patologico, una cristiana ossessione del "fare la volontà di Dio", ma la serena consapevolezza di una libertà, che deve essere messa, continuamente, nelle mani di Dio, per essere da Lui guidata, corroborata. Ciò va detto anche per molti "direttori spirituali", che, trincerati dietro un pretestuoso concetto di obbedienza, invece di aiutare i fratelli a crescere nella volontà di Dio, si identificano con Dio e creano una vera e propria ossessione della volontà di Dio. Certi interventi stroncanti sono del tutto inopportuni: più che accrescere la santità fanno accrescere la nevrosi della santità. Non vale tirare sempre in ballo l'accettazione della croce: è Dio e non l'uomo che fissa i modi e la misura della croce per ognuno di noi. Il rapporto di obbedienza, così come è stato tramandato dalla tradizione cattolica, sarebbe certamente più amato e capito se fosse meglio gestito. Non ha senso neppure il rifiutarlo "in toto", come fanno i fratelli della chiesa protestante: meglio sarebbe chiedere a Dio di essere più illuminati al proposito.
L'immagine di un Adamo dotato, all'origine, di una conoscenza limitata, può scandalizzare chi non riesce a concepire una qualsiasi mancanza della creatura, nella dimensione essenziale. Vero è che l'umanità di Adamo, benché bambina, non in senso biologico e psicologico, ma spirituale, è, fin dall'origine, fondata nel suo Creatore e, da questo punto di vista, perfetta, piena, non mancante di nulla, felice del proprio essere, in quanto donato da Dio, ma, ciononostante, proiettata per sua natura, verso una maturità e una conoscenza sempre più grandi, sia verso il creato, sia verso il Creatore. L'infinita perfezione di Dio e la Sua onnipotenza creatrice non possono essere conosciute dalla creatura, se non in una pienezza, che diventa sempre più piena, in quanto Dio, pur essendo immutabile, si presenta come l'assolutamente nuovo, il sempre diverso, l'amore che eternamente rinnova ed arricchisce il nostro cuore e la nostra mente, donando se stesso e l'opera delle Sue mani, in misura sempre più grande.
Se Dio, in sé e per sé, è essere immutabile, il Suo amore è eterno divenire, ovvero fonte zampillante acqua viva, che non conosce sosta, né possibilità per noi di bere due volte la stessa acqua, ma di attingere, ogni volta, ad una vita sempre nuova.
Il "crescete e siate moltiplicati" evidenzia e sottolinea una procreazione indissolubilmente legata e preceduta da un "crescete". Troppo spesso la realtà sessuale viene vissuta in modo del tutto spontaneo ed immediato, al di fuori di una seria riflessione di tipo spirituale, ovvero come momento ed espressione di una crescita, non semplicemente in rapporto al proprio essere creato, ma innanzitutto, in rapporto al Creatore. Bisogna rifiutare qualsiasi approccio al problema di tipo naturalistico, che ignori il nostro dover essere davanti a Dio.
"Crescete": non è semplicemente un invito, un'esortazione, è, innanzitutto, un comando, una vocazione... perché anche in Eden, là dove non c'era peccato, l'atto generante non appare affatto come realtà spontanea ed immediata, ma legata ad una maturità, senza la quale , Adamo non avrebbe procreato alla vita. In effetti Adamo non conobbe Eva, se non dopo il peccato, perché non raggiunse in Eden quella perfezione che lo faceva identico a Dio, e con ciò non solo essere creato, ma anche creatore di una vita nuova. Qualsiasi atto carnale, che si ponga al di fuori di una maturità voluta da Dio, tradisce il nostro essere simili a Lui. Non c'è nulla che più ferisca e più offenda Dio, quanto il deturpare  quello che di più grande e di più bello è in seno alla Trinità, ovvero l'eterna generazione del Figlio da parte del Padre, per opera dello Spirito Santo.
L'impurità e tutto ciò che viene da essa, dal semplice sguardo cattivo all'adulterio, è, senz'altro, uno dei peccati più gravi davanti a Dio. Non meraviglia che, proprio riguardo al sesso, oggi più che mai, si dica: Che male c'è? Questo a riprova di uno stato di peccato così grande da ridurre l'esistenza umana al modello dei bruti e, non più, ad immagine di Dio. Nella dimensione esistenziale, la maturità sessuale è preparata da un lungo periodo di crescita, che non dovrebbe essere solo psicofisica, ma, soprattutto, spirituale. E' semplicemente mostruoso come la nostra società inibisca e porti a perversione una vera maturazione sessuale dell'individuo, senza alcun riguardo per le diverse età dell’esistenza.
Abbiamo così dei bambini che se la fanno da uomini senza essere ancora cresciuti. D'altro lato per gli adulti l’esercizio della sessualità, per lo più, non è una realtà che procede di crescita, in crescita, ma una continua diminuzione e degradazione del proprio essere.
e riempite la terra
L'affermazione "crescete e siate moltiplicati" sembra trovare subito dopo, in queste parole, il proprio limite e la propria relatività. Com'è possibile crescere ed essere moltiplicati  all'infinito su una terra finita? La terra non ha un suo confine e un suo limite? Se lo spazio propriamente umano è finito, finita ne è pure la conoscenza. Se la terra è di dimensioni limitate, non è possibile una procreazione numericamente illimitata. Ma perché dobbiamo pensare che la terra fosse finita prima del peccato? Perché mai queste stesse parole vengono ripetute da Dio dopo il diluvio universale?
Altro è il "crescete e siate moltiplicati" di Eden, altro il "crescete e siate moltiplicati dopo il peccato di origine. In Eden l'uomo finito e limitato nello spazio è proiettato verso l'infinito, dopo il peccato l'uomo non solo è finito, ma è anche chiuso nel proprio finito. Non è forse vero che lo spazio fisico non abitabile dall'uomo è ancora infinito, in quanto non conosce ribellione a Dio? Soltanto lo spazio umano è finito, in quanto reso finito dal nostro peccato. Una terra finita è per una conoscenza finita e per un'umanità limitata. Ma Dio non conosce limite alla propria opera. Fuori dello spazio e del tempo non può creare se non uno spazio infinito e un tempo eterno. Così pure Dio crea un'umanità limitata quanto al numero ed alla conoscenza, ma proiettata verso l'infinito e l'illimitato. Non c'è in noi una sete di conoscenza infinita, che si scontra con il limite impostoci dal reale? Cos'è mai questo desiderio di conoscere sempre di più, se non un riflesso o un residuo di Eden, frustrato da una natura finita, ovvero soggetta al peccato? Così pure il desiderio di conoscere tutte le creature ha la sua origine nella nostra natura essenziale, ma è rovinato dal peccato e dal limite impostoci dallo spazio e dal tempo dell'esistenza.
Iddio crea, dapprima, in Eden un giardino per la primitiva umanità. Tale giardino è solo parte di Eden, ha uno spazio limitato, ma è destinato ad allargarsi e ad essere allargato sempre di più, mano a mano che l'umanità cresce, sia come numero, sia come conoscenza individuale. Il giardino di Eden conosce solo il limite che è posto dall'uomo: infinito per Dio, si allarga progressivamente per l'uomo, in piena armonia con una conoscenza finita, ma proiettata verso l'infinito e secondo le esigenze di un'umanità limitata, quanto al numero, ma protesa a una procreazione illimitata.
Un discorso analogo va fatto riguardo al tempo. E' fuori discussione che il tempo è una dimensione umana, che condiziona, assieme allo spazio, la nostra conoscenza e ne segna il limite. Vero è che l'uomo, pur soggetto al limite, è proiettato verso ciò che non ha limiti. Come l'uomo è proteso verso l'infinito, così è proteso verso l'eterno. Perché mai è in noi il desiderio e il pensiero dell'eternità, se non perché siamo stati creati per l'eternità? Non eterni come il Padre, ma con un tempo limitato, aperto e proteso all'eternità di Dio.  
Mentre nella esperienza esistenziale i concetti di finito e infinito, tempo ed eternità, si escludono a vicenda, nella dimensione essenziale essi sono reciprocamente collegati e tali che si richiamano l'un l'altro. Il finito è creato per l'infinito, il tempo per l'eternità. Vi è una conoscenza del creato e di Dio, che avviene nel tempo e nello spazio, ma che è fondata nell'eternità e nell'infinito divini.
e assoggettatela e dominate sui pesci del mare e gli uccelli del cielo e tutti gli esseri animati che si muovono sopra la terra.
Dopo essere chiamato ad una maturità e ad una  fecondità in Dio e per Dio, l'uomo è chiamato ad un dominio su tutti gli  esseri viventi, perché sia il loro Signore e perché faccia loro da Signore, custodendo la loro vita e provvedendo per la loro crescita e il loro sviluppo: non un possesso arbitrario, ma guidato, fondato nell'obbedienza all'unico Dio.
29 E disse Dio: Ecco io vi ho dato ogni erba che porta seme sopra la terra e tutti i legni che hanno in se stesso la semente del loro genere, perché siano per voi come cibo 30 e per tutti gli animali della terra e per ogni uccello del cielo e per tutte le cose che si muovono sulla terra e nelle quali è un'anima vivente, perché abbiano da nutrirsi. E fu fatto così.
La Parola di Dio, disse, innanzitutto, per creare una realtà nuova, disse alla fine per provvedere alle sue creature. La Parola crea in noi una vita nuova e , nello stesso tempo, si fa garante di tutto ciò che  è necessario per la nuova vita. Adamo doveva confidare nella provvidenza divina e nella promessa di un dono che non sarebbe mai mancato. Poteva essere tentato di provvedere a se stesso, ponendo la propria fede, non nella potenza della Parola di Dio, che crea dal nulla tutte le cose, ma nella potenza della propria parola che gli consentiva un rapporto col creato ad immagine di Dio, come Dio. Dapprima gli è detto di dominare su tutti gli esseri viventi, alla fine gli viene ricordato che tutto ciò è dono, non un possesso in proprio, ma in Dio e per Dio. Dove trovare la garanzia dell'amore di Dio che si fa provvidenza per le sue creature? In noi stessi? No, certamente, ma nella Sua Parola : e non è una semplice speranza, ma una certezza, perché Dio ha già dato, oltre alla vita, tutto ciò che è necessario alla vita. 
E fu fatto così. E vide Dio tutte quelle cose che fece ed erano molto buone. E fu fatto di sera e di mattina: giorno sesto.
Già abbiamo detto al riguardo. Aggiungiamo che la consuetudine con l'ascolto della parola di Dio, che è silenzio, preghiera, meditazione, non solo ci fa garanti del bene, ma ci dona anche una cuore che ogni momento si lascia scrutare dagli occhi di Dio, perché il Signore veda e provveda, finché è tempo di amore  e c'è tempo  per il Suo amore. Guai a coloro che non cercano ogni giorno il Suo volto, ma si nascondono, per non esseri visti e risanati!
Non conosceranno mai  la gioia che è in Dio Padre, ma vedranno  il Suo volto soltanto nel giorno del giudizio, per essere colti dall'angoscia e dal terrore della morte.
Il Dio che vede perché le cose siano buone, per giudicare e separare tutto ciò che non è buono, per garantire ad ogni creatura che rimane nella luce ogni provvidenza per il futuro, è anche il Dio che alla fine vede che tutto ciò che ha fatto non è semplicemente buono, ma molto buono. E con ciò è escluso in modo perentorio qualsiasi giudizio sulla Sua opera.
E’ detto per noi: Dio non ha affatto bisogno di compiacersi della propria opera. Gli basta il compiacimento che ha posto nel Figlio. Tutti coloro che si pongono sotto lo sguardo di Dio, facendo propria la Sua ottica, possono e devono solo convenire con la sua Parola che “ Egli ha fatto bene tutte le cose”.

 

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