Cap. 3 , 1-16

Genesi
Capitolo 3
Versione dall’ebraico
1 E il serpente fu più astuto di ogni vivente del campo che fece Javé Dio. E disse alla donna: "Certo disse Dio: non mangerete da ogni albero del giardino". 2  Disse la donna al serpente: "Da frutto di albero del giardino mangiamo,3 ma da frutto dell'albero che è nel mezzo del giardino disse Dio: non mangerete da esso e non toccherete esso, affinché non moriate”. 4 E disse il serpente alla donna: "Non morirete! 5 Perché è conoscente Dio che il giorno in cui  voi mangerete  da esso si aprirebbero i vostri occhi  e sareste come Dio, conoscenti bene e male”.6 E vide la donna che buono  era l'albero per cibo e che  piacevole era esso agli occhi e desiderabile era l'albero per capire. E prese da frutto di esso e mangiò, e diede anche a suo marito che era con lei e mangiò. 7 E si aprirono gli occhi di loro due e conobbero che erano nudi , e cucirono foglie di fico e fecero per loro cinture. 8 E ascoltarono il suono di Javè Dio  camminante nel giardino al soffio del giorno, e si nascosero l'uomo e sua moglie dalla faccia di Javè Dio in mezzo all’albero del giardino. 9 E chiamò Javè  Dio l'uomo e disse a lui: "Dove sei ? 10 E disse: "Suono di te  ascoltai nel giardino e temetti, perché nudo io sono, e mi nascosi". 11 E disse: "Chi ti raccontò  che nudo tu sei ? Forse dall'albero che ordinai a te di non mangiare da esso mangiasti? 12 E disse l'uomo: "La donna che ponesti con me, lei diede a me dall'albero e mangiai".13 E disse Javè Dio alla donna: Cosa è questo che facesti? E disse la donna: il serpente  ingannò me e mangiai ". 14 E disse Javè Dio al serpente: "Perché facesti questo, maledetto sii tu più che ogni bestia e più che ogni vivente del campo. Sul tuo ventre  andrai e polvere mangerai tutti i giorni di tua vita.15 E inimicizia porrò tra te e la donna, e tra il tuo seme  e il suo seme. Ed esso contunderà  la tua testa e tu contunderai  il suo tallone". 16 Alla donna disse: Moltiplicherò il tuo dolore e il tuo parto, con pena partorirai  figli e verso tuo marito  sarà il tuo desiderio, e lui dominerà te. 17 E  all'uomo disse: "Perché ascoltasti la voce di tua moglie e mangiasti dall'albero riguardo al quale ti comandai dicendo: non mangerai da esso, sia maledetto il suolo a causa di te! Con dolore mangerai da esso tutti i giorni di tua vita.18 E spina e cardo germoglierà per te e mangerai erba del campo.19 Con sudore di tuoi volti mangerai pane, finchè ritornerai al suolo, perché da esso fosti preso, perché polvere tu sei e a polvere tornerai"! 20 E chiamò l'uomo sua moglie Eva, perché  essa fu madre di ogni vivente. 21 E fece Javè Dio per l'uomo e per sua moglie  tuniche di pelle e vestì loro. 22 e disse Javè Dio: Ecco l'uomo divenne come uno da noi per conoscere bene e male. E adesso non stenda la sua mano e prenda anche dall’ albero della vita, e mangi e viva per sempre"!23 E lo scacciò  Javè Dio da giardino di Eden, per lavorare il suolo che fu preso da là. 24 E esiliò  l'uomo e fece dimorare a oriente del giardino di Eden  i cherubini e la fiamma della spada rovesciante per custodire la via dell'albero della vita.


Versione dai 70
1 Ma il serpente era la più astuta di tutte le fiere che erano sulla terra, che aveva fatto il Signore Dio. E disse il serpente alla donna: "Che cosa è mai questo che ha detto Dio: "non mangerete di nessun albero che è nel giardino?". 2 E disse la donna al serpente: "Del frutto degli alberi del giardino mangeremo,3 ma del frutto dell'albero che è in mezzo al giardino ha detto Dio: "non ne mangerete e nemmeno ne toccherete, perché  non abbiate a morire“.4 E disse il serpente alla donna: “Non morirete affatto. 5 Sapeva in realtà Dio che nel giorno in cui ne mangiaste si apriranno i vostri occhi e sarete come lui, conoscendo il bene e il male". 6 E vide la donna che buono era l'albero da mangiare e piacevole per gli occhi da vedere ed era adatto per poter comprendere e, preso il suo frutto, lo mangiò e ne diede anche a suo marito con lei, e mangiarono. 7 E si aprirono gli occhi dei due e conobbero che erano nudi e cucirono le foglie di fico e fecero per sé dei perizomi. 8 E udirono la voce del Signore Dio che passeggiava nel giardino al tramonto e si nascosero, sia Adamo che sua moglie, dal volto del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 9 E chiamò il Signore Dio Adamo e gli disse: "Adamo, dove sei? 10 Gli disse "La tua voce ho udito, mentre camminavi nel giardino e ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto”. 11 E gli disse: "Chi ti ha annunciato che sei nudo? Forse che dell'unico albero di cui ti avevo comandato di non mangiare, proprio di esso ha mai mangiato?”.12 e disse Adamo: "La donna che hai posto con me, lei mi ha dato dell'albero e ho mangiato".13 E disse il Signore Dio alla donna: "Perché hai fatto questo?". E disse la donna: "Il serpente mi ha sedotto e ho mangiato". 14 E disse il Signore Dio al serpente: "Poiché  hai fatto questo, maledetto tu più di tutto il bestiame e più di tutte le fiere della terra: sul tuo petto e sul ventre camminerai e terra mangerai per tutti i giorni della tua vita 15 e inimicizia porrò di mezzo a te e di mezzo alla donna e di mezzo al tuo seme e di mezzo al seme di lei: lui insidierà il tuo capo e tu insidierai il suo calcagno". 16 E alla donna disse: "Moltiplicherò grandemente i tuoi dolori e il tuo gemito; nei dolori partorirai figli; verso tuo marito la tua attrazione, e lui ti dominerà. 17 Poi ad Adamo disse: "Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie, e dell'unico albero di cui ti avevo comandato di non mangiare, proprio di esso ha mai mangiato, maledetta la terra nei tuoi lavori: nei dolori ne mangerai tutti i giorni della tua vita; 18 spine e rovi farà sorgere per te e mangerai l'erba del campo. 19 Con il sudore del tuo volto mangerai il tuo pane, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto: poiché terra sei e in terra te ne andrai. 20 E chiamò Adamo la sua sposa con il nome di "vita", poiché essa è madre di tutti i viventi. 21 E fece il Signore Dio ad Adamo e alla sua sposa delle tuniche di pelle e li rivestì. 22 E disse Dio: "Ecco, Adamo è divenuto come uno di noi nel conoscere il bene e il male; ma ora, che non stenda la mano e prenda dell'albero della vita e mangi e viva in eterno. 23 E lo mandò via il Signore Dio dal giardino di delizia a lavorare la terra da cui era stato tratto.24 E scacciò Adamo e lo fece abitare davanti al giardino di delizia e dispose i cherubini e la spada di fuoco rutilante all'intorno per custodire la via dell'albero della vita.


Dalla Vulgata
sed et serpens erat callidior cunctis animantibus terrae
Ma anche il serpente era più astuto di tutti gli animali della terra
quae fecerat Dominus Deus
che aveva fatto il Signore Dio.
qui dixit ad mulierem cur praecepit vobis Deus ut non comederitis  
Questo disse alla donna: Perché comandò a voi Dio di non mangiare
de omni ligno paradisi 2 cui respondit mulier
da ogni legno del giardino? A questo rispose la donna:
de fructu lignorum quae sunt in paradiso vescemur
Dal frutto degli alberi che sono nel giardino ci nutriamo:
3 de fructu vero ligni quod est in medio paradisi praecepit nobis
in verità riguardo al frutto del legno che è nel mezzo del giardino, comandò a noi
Deus ne comederemus et ne tangeremus illud ne forte moriamur
Dio di non mangiare e di non toccarlo, perchè non accada che moriamo.
4 dixit autem serpens ad mulierem nequaquam morte moriemini
Ma disse il serpente rivolto alla donna: Non morirete mai di morte:
5 scit enim Deus quod in quocumque die comederitis ex eo aperientur
sa infatti Dio che in qualunque giorno mangerete da quello si apriranno
oculi vestri et eritis sicut dii scientes bonum et malum
gli occhi vostri e sarete come dei conoscenti il bene ed il male.
6 vidit igitur mulier quod bonum esset lignum ad vescendum
Vide dunque la donna il fatto che il legno era buono da mangiare
et pulchrum oculis aspectuque delectabile
e bello per gli occhi e piacevole d'aspetto
et tulit de fructu illius et comedit deditque viro suo
e prese dal frutto di quello e mangiò e diede al suo uomo
qui comedit  7 et aperti sunt oculi amborum
che mangiò e furono aperti gli occhi di entrambi.
cumque cognovissent esse se nudos consuerunt folia ficus
E avendo conosciuto che erano nudi, intrecciarono delle foglie di fico
et fecerunt sibi perizomata
e fecero a se stessi delle cinture.
8 et cum audissent vocem Domini Dei deambulantis in paradiso
E avendo udito la voce del Signore Dio che passeggiava nel giardino
ad auram post meridiem abscondit se Adam et uxor eius a facie
verso la brezza, dopo il meriggio, si nascosero Adamo e sua moglie dalla faccia
Domini Dei in medio ligni paradisi
del Signore Dio in mezzo al legno del giardino.
9 vocavitque Dominus Deus Adam et dixit ei ubi es
E chiamò il Signore Dio Adamo e gli disse: Dove sei?
10 qui ait vocem tuam audivi in paradiso et timui
Questi disse: Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura
eo quod nudus essem et abscondi me
per il fatto che sono nudo e mi sono nascosto. 
11 cui dixit quis enim indicavit tibi quod nudus esses nisi quod ex ligno
Gli disse: Chi infatti ti indicò che sei nudo, se non perché dal legno
de quo tibi praeceperam ne comederes comedisti 12 dixitque Adam
riguardo al quale ti avevo comandato di non mangiare, mangiasti? E disse Adamo:
mulier quam dedisti sociam mihi dedit mihi de ligno et comedi
La donna che hai dato come compagna a me diede a me dal legno e io ho mangiato.
13 et dixit Dominus Deus ad mulierem quare hoc fecisti
E disse il Signore Dio alla donna: Perché hai fatto questo?
quae respondit serpens decepit me et comedi
Questa rispose: Il serpente mi ha ingannato e ho mangiato.
14 et ait Dominus Deus ad serpentem quia fecisti hoc maledictus es
E disse il Signore Dio rivolto al serpente: Poiché hai fatto questo sei maledetto
inter omnia animantia et bestias terrae super pectus tuum gradieris
fra tutti gli animali  e le bestie della terra: Avanzerai sopra il tuo petto
et terram comedes cunctis diebus vitae tuae
e mangerai terra per tutti i giorni della tua vita.
15 inimicitias ponam inter te et mulierem et semen tuum et semen illius
Porrò inimicizie tra te e la donna e il seme tuo e il seme di quella.
ipsa conteret caput tuum et tu insidiaberis calcaneo eius
Essa stessa schiaccerà il tuo capo e tu porrai insidie al suo calcagno.
16 mulieri quoque dixit multiplicabo aerumnas tuas et conceptus tuos
Alla donna altresì disse: Moltiplicherò le tue tribolazioni e i tuoi pensieri
in dolore paries filios et sub viri potestate eris
Nel dolore partorirai i figli e sarai sotto la potestà dell'uomo
et ipse dominabitur tui
e lo stesso sarà signore su di te.
17 ad Adam vero dixit quia audisti vocem uxoris tuae et comedisti
Invero ad Adamo disse: Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato
de ligno ex quo praeceperam tibi ne comederes
dal legno dal quale ti avevo comandato di non mangiare,
maledicta terra in opere tuo in laboribus comedes eam cunctis diebus
maledetta la terra nell'opera tua: nelle fatiche la mangerai per tutti i giorni
vitae tuae 18 spinas et tribulos germinabit tibi et comedes herbas terrae
della tua vita; spine e triboli germinerà per te e mangerai le erbe della terra.
19 in sudore vultus tui vesceris pane donec revertaris in terram de qua
Nel sudore del tuo volto ti nutrirai di pane, finché tu ritorni nella terra dalla quale
sumptus es quia pulvis es et in pulverem reverteris
sei stato tratto, poiché polvere sei e nella polvere ritornerai.
20 et vocavit Adam nomen uxoris suae Hava eo quod mater esset cunctorum viventium
E chiamo' Adamo il nome della sua moglie Eva, perché era madre di tutti i viventi
21 fecit quoque Dominus Deus Adam et uxori eius tunicas pellicias
Fece anche il Signore Dio ad Adamo e a sua moglie delle tuniche di pelle
et induit eos 22  et ait ecce Adam factus est quasi unus ex nobis
e li vestì e disse: Ecco Adamo è diventato come se fosse uno di noi
sciens bonum et malum nunc ergo ne forte mittat
conoscente il bene ed il male. Ora, dunque, perché non accada che metta
manum suam et sumat etiam de ligno vitae e comedat et vivat in aeternum
la mano sua e prenda anche dal legno della vita e mangi e viva in eterno,
23 emisit eum Dominus Deus de paradiso voluptatis ut operaretur terram
lo mise fuori il Signore Dio dal giardino del piacere , perché lavorasse la terra
de qua sumptus est 24 eiecitque Adam et conlocavit ante paradisum voluptatis
dalla quale fu tratto. E cacciò Adamo e collocò davanti al giardino del piacere
cherubin et flammeum gladium atque versatilem
dei cherubini e la spada fiammeggiante e roteante
ad custodiendam viam ligni vitae
per custodire la via del legno della vita.

 


" 1 Ma anche il serpente era più astuto di tutti gli animali della terra che aveva fatto il Signore Dio".

Si apre ora una breve parentesi di riflessione, indispensabile per poter comprendere le ragioni di una caduta. Le parole di Genesi, ancora una volta, non sono comprensibili se non nell'ottica del paradosso. Sotto la semplicità dell'immagine si nasconde una ricchezza e varietà di significati, che non si possono attingere, se non attraverso la preghiera e la riflessione. Vi è una lettura in superficie, che può appagare gli spiriti più semplici e vi è una lettura più ricca e complessa, che soddisfa anche gli spiriti e le intelligenze più insaziabili. Nella lettura della Bibbia ognuno, in definitiva, ritrova se stesso, non solo la propria fede, ma anche la propria intelligenza, cultura, capacità logica. Non sempre l'interpretazione più comunemente diffusa nella chiesa è quella che ci soddisfa di più. Non si può contestare una diversità di lettura, se non per i suoi aspetti formali e per le sue incongruenze rispetto a ciò che precede il discorso e a ciò che segue. Interpretazioni diverse possono avere una loro coerenza dal punto di vista spirituale. Mette in crisi una lettura che manifesta insufficienze e deficienze rispetto a quella logica che tutti possediamo, seppur in misura diversa, in quanto creati ad immagine del Logos divino.
E' possibile identificare, tout court, il serpente di Eden con il Maligno? In una realtà in cui tutto è buono, come si giustifica la presenza del Satana? Perché Dio permette al Diavolo di tentare l'uomo, quando sa bene che esiste per lui la possibilità della caduta e, peggio ancora, quando nella Sua preveggenza sa che l'uomo cederà alla tentazione? La risposta è in una lettura attenta e non superficiale del paradosso
Innanzitutto stupisce che la presenza del Maligno sia introdotta da un "ma anche", una doppia congiunzione di tipo avversativo che lega fortemente il discorso che segue a quello che precede. Non vi è una brusca rottura rispetto a ciò che precede ma, semmai, un'ulteriore e diversa interpretazione della stessa realtà. Dopo aver sottolineato la grandezza e la bellezza della donna, come completamento dell'uomo, si prosegue con: "Ma anche il serpente era più astuto di tutti gli animali della terra che aveva fatto il Signore Dio".
Vi è un insistente e persistente riferimento alle creature terrestri, che, di per sé, non hanno nulla a che vedere con la realtà celeste e, tantomeno, col Satana. Per la prima volta si introduce un concetto non più in positivo, ma in negativo. Cos'è mai l'astuzia se non la possibilità negativa dell'intelligenza, vale a dire la possibilità di usare male la propria ragione nel rapporto con l'Altro? E non semplicemente per proprio profitto, ma per il proprio profitto a danno e ad esclusione dell'Altro.
Tale possibilità è tanto più grande, quanto più grande è l'intelligenza a cui è legata. Il riferimento è, innanzitutto, all'intelligenza della donna, che seppur maggiore di quella dell'uomo, non è qualitativamente diversa, ma è anch'essa esposta alla possibilità del male. Non solo: la possibilità del male per l'uomo e la donna non è conchiusa in se stessa, ma aperta alla comunione con il Satana. Per le creature esistono solo due possibilità di essere: in Dio, o fuori di Dio. Se siamo in Dio, siamo in comunione con tutte le creature che sono nella stessa comunione. Fuori di Dio siamo in comunione con tutti coloro che si trovano nella stessa situazione: con il Diavolo innanzitutto. Il Satana rappresenta e personifica la dimensione ultima del Male, dove non vi è alcuna possibilità di redenzione e di riscatto. E' chiaro che, una volta entrati in comunione con il Maligno, questi tenta di portarci alla dannazione eterna, ad una comunione piena e totale con lui, senza possibilità alcuna di ritorno. E in quest'opera egli appare sempre come il forte, come colui che ha sicuro sopravvento sull'uomo.
La sua presenza in Eden non si può comprendere, se non per una colpevole e riprovevole scelta di Adamo ed Eva, che si distolgono dall'ascolto della Parola di Dio e, proprio per questo, lasciano spazio, nel loro cuore, alla parola del Satana.
Se Adamo ed Eva fossero rimasti "attaccati" alla Parola di Dio, il Diavolo non sarebbe mai entrato in Eden: Dio non lo avrebbe permesso. Ma è proprio allorché la parola dell'uomo si rinchiude in se stessa, non solo nel singolo, ma , peggio ancora, nel rapporto di coppia, e non cerca più la sua fonte e la sua scaturigine, che è possibile il confronto con un'altra parola, ad essa contraria e ad essa nemica. Il peccato d'origine ha una sua logica evoluzione, ben sottolineata dalle parole di Genesi.
Dapprima vi è la semplice possibilità della ragione di diventare astuzia, distogliendosi dall'ascolto della Parola. Ma allorché l'uomo abbandona l'ascolto, ecco che lascia spazio all'opera del Satana, che porta l'astuzia alle sue estreme conseguenze. Non a caso il peccato parte dalla donna, in quanto prodotto ultimo della creazione e quindi la creatura più esposta alla possibilità di una logica autonoma rispetto al Logos fondante.

"Questo disse alla donna..."

Il dialogo fra Eva e Satana è del tutto fittizio, scandisce la progressione e la crescita del peccato, ma l'esito è già scontato in partenza. Abbandonato l'ascolto della Parola, apertasi all'ascolto dell'altra parola, Eva non ha più nessuna luce, nessuna guida o aiuto per resistere al Maligno, se non un'intelligenza che, scissa dalla fonte, è necessariamente avviata alla catastrofe finale.

"Perché comandò a voi Dio di non mangiare da ogni legno del giardino?  2 A questo rispose la donna..."

Si comincia col mettere in discussione la forma di "comandamento" della Parola del Signore. Il comando non appare più espressione d'amore e sicura guida della nostra libertà, ma la negazione della nostra libertà, ciò che ci impedisce di crescere, mangiando da ogni legno del giardino. Come l'intelligenza degenera in astuzia, così la libertà non illuminata degenera in arbitrio. E tutto ciò passa attraverso una "rete" di calcoli e ragionamenti che cominciano a pesare, valutare, giudicare la Parola per poterla "comprendere", e non più per essere da Lei compresi e nutriti. Una sorta  di "ruminatio" alla rovescia, che non porta alla digestione del cibo "sovrasostanziale", ma al suo rigetto e al suo vomito. E' l'obbedienza sic et simpliciter, che conduce all'intelligenza della Parola. Ora, viceversa, è l'intelligenza che vuol comprendere l'obbedienza alla Parola, concedendo magari qualcosa alla bontà di Dio:

"Dal frutto dei legni che sono nel giardino ci nutriamo...",

ma l'attenzione cade tutta sull'unica restrizione imposta da Dio alla nostra libertà.

" 3 in verità riguardo al frutto del legno, che è nel mezzo del giardino, comandò a noi Dio di non mangiare e di non toccarlo, perché non accada che moriamo".

Quale scoperta e quale lampo di luce per un'intelligenza che non ha più luce!
Abbiamo visto che l'albero della conoscenza del bene e del male non occupa in Eden una posizione definita da Dio: si dice che c'è, ma non dove è. Al centro del giardino è l'albero della vita, che porta alla vita eterna. L'albero della conoscenza del bene e del male esiste come semplice possibilità negativa della libertà dell'uomo: è soltanto "in fictione", un'ipotetica realtà, che non è affatto una finzione, ovvero una menzogna o un inganno da parte di Dio: al contrario è un preavviso, un avvertimento, un segno del suo amore, che, non solo ci dona la vita, ma ci mette in guardia dalla possibilità di perdere la vita. Ciò che, all'inizio, non ha uno spazio reale, ma soltanto ipotetico, assume ora un'importanza primaria e trova, da parte di Eva, una sua collocazione arbitraria, proprio al centro di Eden, là dove Dio ha posto il legno della vita. Il legno della conoscenza del bene e del male che, all'origine, non è visibile, in quanto è solo "in fictione", diventa ora realtà, relegando a finzione, inganno da parte di Dio, il legno della vita. Non a caso Eva neppure accenna al legno della vita, interpretando ed esaudendo alla rovescia il comando di Dio: il bene diventa il male, da non toccare e da non prendere in considerazione, e il male diventa il bene di cui nutrirsi per giungere alla vita eterna.

" 4 Ma disse il serpente rivolto alla donna: Non morirete mai di morte..."

Negato l'amore di Dio che si manifesta nella forma del comandamento, la ragione, accecata dal Satana, nega la possibilità della dannazione eterna e, con ciò, anche la possibilità di una vita eterna conforme alla Parola di Dio. Come credere nella vita eterna, che viene dal Signore, allorché non ci sono occhi per vedere il legno della vita? Eppure questo legno era ben visibile! Eva non lo vede più perché non ha più fiducia nell'amore del Signore, così come Esso si manifesta attraverso la Sua Parola.
L'incredulità non vede neppure ciò che è ben visibile con gli occhi materiali, la fede vede anche ciò che è nascosto agli occhi della carne. Nulla importa vedere, giova, innanzitutto, credere nel Suo amore. Ma se la fede è la scelta di alcuni, la morte è una certezza per tutti... e non solo nell'esistenza. Adamo ed Eva sapevano bene che la loro vita era proiettata verso il passaggio da una dimensione dell'essere "in anima vivente", ad un'altra dimensione “in spirito vivificante”. E lo sapevano proprio perché i loro occhi spirituali erano chiusi. Pur possedendo la vita dello Spirito come bimbi gestiti nel Suo grembo, non erano ancora venuti alla luce, ed attendevano di essere generati alla vita eterna. La certezza della morte è qualcosa di strutturale all'essere creato. Dopo il peccato d'origine non vi è coscienza e consapevolezza della morte che non si esprima nelle forme del timore. La si respinge il più lontano possibile e si cerca di convincere se stessi che è semplicemente una caduta nel nulla. Non è nulla, eppur la si teme per tutta la vita. Ma qualsiasi timore ha un suo fondamento, quanto più l'unico vero grande timore dell'uomo? In Eden era tutto diverso: non vi era timore della morte, ma aspettativa della morte.
Per Adamo ed Eva era il raggiungimento della piena maturità e dell'ingresso nella vita eterna. E tutto ciò senza traumi, né turbamento alcuno. Ma vi era pur sempre un tempo di attesa, un tempo di crescita nell'obbedienza fiduciosa alla Parola, confortata dalla ricchezza dei doni di Dio e dall'assenza di dolore.
La donna accecata dal Satana vede la possibilità di precorrere i tempi, scavalcando il rapporto d'obbedienza con il Signore, ed escludendo con ciò il Creatore dalla sua vita, per diventare, a sua volta, l'artefice della propria vita. Eva non può mettere in discussione la reale presenza di Dio nella parola donata, che è altro dal proprio io, può metterne in discussione soltanto la sua bontà e la sua verità. Rinnega la Parola non come semplice riflesso ingannevole del proprio io, ma proprio perché è altro dal proprio io. Non si illudano gli empi: non sfuggiranno al giudizio divino. Nessuno rifiuta Dio perché lo considera semplice riflesso del proprio io, ma perché lo sente contrario al proprio io. Il peccato è innanzitutto rifiuto dell'amore di Dio e volontà di mettere se stesso al posto di Dio. Non esiste ateismo che non sia consapevole e colpevole rifiuto della Parola.

" 5 Sa infatti Dio che in qualunque giorno mangerete da quello si apriranno i vostri occhi e sarete come dei conoscenti il bene ed il male".

L'aprire gli occhi dello Spirito alla vita eterna non appare più in un tempo fissato da Dio, in obbedienza alla Sua volontà, ma in un tempo fissato dall'uomo medesimo per una scelta della propria volontà, che si rende responsabile della propria vita.
L'attesa appare a tempo indeterminato, un tirarla per le lunghe, senza alcun adempimento finale; e tutto ciò per colpa di un Dio che non vuole condividere la Sua divinità con i suoi figli, per non essere scavalcato dai figli stessi. Chi ha fatto proprio lo spirito di rapina vede nell'altro il desiderio di rapina che ha in se stesso.
Perché mai Eva vede un Dio nemico dell'uomo, se non perché è diventata nemica di Dio? Se Dio inganna l'uomo per non essere scavalcato dall'uomo, per vincere l'inganno di Dio bisogna scavalcare Dio stesso. Ed è questa la prospettiva che Satana mette davanti ad Eva: la possibilità di diventare non semplicemente come il Dio che conosce solo il bene, ma un dio superiore che, oltre al bene, conosce anche il male. Non semplicemente un dio che giudica il male, ma un dio che giudica il bene stesso di Dio. L'inganno è giunto al suo epilogo finale: non resta che la disobbedienza aperta e conclamata alla Parola di Dio. Ma, ahimè, se per aprire gli occhi bisogna prima cogliere dal legno della conoscenza del bene e del male, non si può disobbedire, se non con gli occhi chiusi, guidati ed illuminati dagli occhi del Satana. Misero quell'uomo che giudica la Parola di Dio: non può farlo se non accecato e traviato dal Diavolo. Crede di confidare in se stesso: crede e confida nel Satana. Non si rende conto di aver perso la propria libertà, e di essere agito dal Diavolo. Qualsiasi esercizio del libero arbitrio che si ponga contro la Parola di Dio, non è affermazione della propria libertà, ma affermazione della propria schiavitù al Satana.

" 6 Vide dunque la donna il fatto che il legno era buono da mangiare e bello per gli occhi e piacevole per l'aspetto..."

Vuol vedere il suo possibile bene con i propri occhi; in realtà non si può vedere quello che ancora non si possiede, se non con gli occhi di chi già lo possiede: un esame il cui esito è già scontato in partenza.

"e prese dal frutto di quello e mangiò..."

Mangiò, cioè assaporò il peccato, non perché prese del frutto di quello, ma perché prese dal frutto di quello. Qual è il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male, se non la disobbedienza? Non si può disobbedire, se non quando si è diventati disobbedienti, ma, nello stesso tempo, non si è disobbedienti, se non allorché si disobbedisce. Disobbedendo una volta siamo diventati disobbedienti per sempre. Perché mai Eva disobbedisce alla Parola di Dio, se non perché ha perso la fede nell'amore divino? Rifiutato l'amore provvidenziale del Creatore, lo sguardo di Eva si fa previdente e provvedente a se stesso. Deve vedere con i propri occhi qual è l'alternativa buona ad un Dio malvagio. E in quest'opera empia e perversa ce la mette tutta, come ha fatto Dio, ma con opposti risultati. Dio vide per provvedere al bene dell'uomo, Eva vide per provvedere al proprio male. Nel momento in cui l'uomo si fa provvidenza a se stesso, dissociandosi dal suo Creatore, dissocia non solo se stesso dal bene, ma anche il bene creato da se stesso e in se stesso. In Dio il buono coincide con il bello, il bello con il piacevole. Il Signore vide perché tutte le cose fossero buone per l'uomo. e, con ciò, le pose anche belle e piacevoli. Nei Settanta troviamo:
"Dio vide che bello": il bello si identifica con il buono, ciò che dà piacere con ciò che dà gioia e viceversa. Allorché Eva consuma il peccato nel proprio cuore, il suo sguardo sul creato si allarga verso tre orizzonti diversi e non più convergenti: verso il buono, verso il bello, verso il piacevole.
"Vide dunque la donna il fatto che il legno era buono da mangiare e bello per gli occhi e piacevole per l'aspetto". Non le basta che sia buono, perché il buono, di per sé non garantisce più il bello e il piacevole. In ciò è già la caduta dalla grazia originale e la consapevolezza che, scisso da Dio, il buono non coincide con il bello e il bello con il piacevole. L'uomo carnale cerca di conciliare in se stesso ciò che esteriormente gli appare dissociato. Quali artifici della mente e quali sottili ragionamenti per convincere gli altri e, prima ancora, se stessi che si può vivere nel bene, rincorrendo ciò che è bello e piacevole! Il dissidio tra dimensione etica e dimensione estetica è insanabile e si può superare soltanto in virtù di un diabolico inganno. Ci si illude di mettere al centro della propria vita e al primo posto il bene; in realtà le categorie del bello e del piacevole diventano dominanti, al punto che una cosa ci appare buona soltanto quando è bella e piacevole. Come poteva la donna "vedere" la bontà di quel frutto, senza averlo prima assaporato? In realtà, accecata dal Satana, ne vede soltanto la piacevole bellezza: un bello che non è tale innanzitutto perché buono, ma perché piacevole. Nella sua vita è già entrato uno stimolo al piacere scisso dal Bene.
Cos'altro è la tentazione, se non lo stimolo del piacere al piacere? Non lasciarci entrare in tentazione, o Signore, perché nella tentazione è il peccato che vuole il peccato. In chi la vittoria se non in Cristo Gesù? "E prese dal frutto di quello e mangiò". Il peccato ha un suo fascino e, allorché gustato, un suo sapore, e vuole essere consumato sino alla fine. Non solo Eva non sputa l'amaro che ha in bocca, ma tutta presa dalla piacevole bontà del frutto, dopo aver provveduto al proprio bene, vuol provvedere anche al bene di Adamo. Dapprima la ragione degenera in astuzia, poi la libertà in arbitrio, ora è l'amore che degenera in omertà. Non basta peccare, bisogna anche trascinare l'altro con sé: se è buono il peccato che si gusta da soli, è ancor più buono il peccato che si gusta in due.
E Adamo, poteva forse resistere a ciò che gli veniva offerto dalla donna? Quale logica poteva contrapporre a colei che era il completamento e il coronamento della sua parola? Nessuna: obbedì senza replica e ripensamento alcuno.

"E diede al suo uomo che mangiò..."

Ma non per questo Adamo fu esente da colpa. Non fu sua l'iniziativa del peccato, ma egli la fece sua, allorché distolse il suo cuore dalla Parola di Dio per ascoltare la parola di Eva. La disobbedienza di Eva e quella di Adamo partono da punti diversi, ma il loro movimento è sincronico e convergente verso il rifiuto dell'unica Parola. Essi formano un unico essere, una sola carne, e ogni loro scelta avviene in modo armonico e sintonico. Vanno ricuperati in un'unica obbedienza situazioni e ruoli diversi, così come situazioni e ruoli diversi portarono all'unica disobbedienza.

" 7 e furono aperti gli occhi di entrambi".

Uno solo è il peccato, una sola è la luce che viene dal peccato. Finalmente gli occhi sono aperti, ma cosa vedono? Il loro essere come Dio, o il loro essere diversi da Dio?
Lo spettacolo che si presenta all'uomo è quello di una vita che è pur sempre dono, ma un dono rapito, strappato dalle mani del Creatore. Ogni strappo porta con sé dilacerazioni e rotture, quanto più una vita sottratta a Dio con la violenza!
Viene spontaneo pensare che la prima cosa che hanno visto sia stata la loro nudità. Ma non fu così. Se avessero visto subito, in modo chiaro, inequivocabile, il loro stato, avrebbero cercato la salvezza che viene da Dio. Cosa videro allora di diverso rispetto a prima? Nulla, assolutamente nulla.

"E avendo conosciuto che erano nudi..."

Non videro il peccato e la caduta che viene dal peccato, ma cominciò per loro l'esperienza del peccato. Volevano conoscere per vedere, in realtà vedono solo per conoscere. E' soltanto l'esperienza del peccato che fa loro conoscere le conseguenze del peccato. Ma la "conoscenza" del peccato è altro dalla consapevolezza del peccato. Si può sperimentare e conoscere il male, senza averne consapevolezza. L'uomo colloca la sua conoscenza del bene e del male in un punto neutro, al di sopra del bene e del male, come se fosse Dio; in realtà conosce il bene e il male solo perché ne fa esperienza e relativamente alla sua esperienza. Nessun uomo "vede" di essere nudo, se non per grazia di Dio e con gli occhi dello Spirito.
Se gli occhi dello Spirito sono stati dati, innanzitutto, per vedere Dio, ora sono dati innanzitutto, perché vediamo il nostro peccato. L'esperienza del peccato non è sufficiente per farci vedere il frutto del peccato. Seppur schiacciato ed oppresso dalle conseguenze di una scelta malvagia, l'uomo non si rivolge a Dio, per chiedergli aiuto, ma maschera e copre la propria nudità. Ognuno a suo modo, con una propria filosofia, ma tutti guidati dall'unico spirito che viene dal Maligno.

"E avendo conosciuto che erano nudi, intrecciarono delle foglie di fico e fecero a se stessi delle cinture".

Schermo e protezione, non solo dallo sguardo dell'uomo, ma, prima ancora, dallo sguardo di Dio. Evitano e sfuggono il confronto con Dio. E con quali occhi potrebbero mai guardarlo dopo il peccato?! Ma non possono sfuggire al confronto con la sua Parola, che li cerca e li insegue sempre e ovunque.

" 8 E avendo udito la voce del Signore Dio che passeggiava nel giardino, verso la brezza dopo il meriggio, si nascosero Adamo e sua moglie dalla faccia del Signore Dio, in mezzo al legno del giardino".

Mentre prima la Parola di Dio sgorgava dal loro cuore, ora l'avvertono come qualcosa di estraneo e di avverso alla loro vita: non più Parola, ma voce. Cos'è la voce se non la parola che ha perso la forma che la rende immediatamente comprensibile, ma non la sua autorità? Altro è la Parola di Dio, altro è la voce della coscienza: l'una è riflesso immediato di Dio, l'altra è riflesso di Dio mediato dalla conoscenza del bene e del male. L'una riporta alla vita, l'altra testimonia della caduta dalla vita. L'una salva, l'altra giudica e condanna. L'una è data innanzitutto per essere ascoltata, l'altra per essere semplicemente udita.
Adamo ed Eva non ritrovano più Dio in se stessi, ma fuori di se stessi. Non camminano più lungo la strada indicata dal Signore, ma Lo ritrovano sulla loro strada come un inciampo, un impedimento, un incontro del tutto accidentale ed occasionale, di cui farebbero volentieri a meno, se non fosse per la voce della coscienza. Non L'incontrano più all'aurora della loro vita, ma al tramonto della loro vita: non più alla dolce brezza dello Spirito Santo, ma all'amara brezza del meriggio, preludio della notte e della morte eterna. Non più il Dio amore, ma il Dio che incute timore e terrore. Ma dove nascondersi agli occhi del Signore in un creato che è opera delle Sue mani, se non in ciò che essi stessi hanno fatto crescere con il loro peccato, vale a dire il legno della conoscenza del bene e del male? Lì si sentono più sicuri. E' stata la causa della loro rovina, eppure si aggrappano ad esso con tenacia ed ostinazione, come i marinai si attaccano disperatamente alla nave che sta affondando, perché non vedono chi li salvi. Speranza vana ed inutile, come inutile è "la chiamata" del Signore, perché saltino fuori al più presto e si facciano vedere, cosicché il Padre si prenda cura di loro e li porti in luogo sicuro.
Non c'è umiltà in Adamo, né riconoscimento della propria colpa e del proprio stato, ma non può evitare il confronto con Dio che lo chiama:

" 9 E chiamò il Signore Dio Adamo e gli disse: Dove sei?"

E' Iddio che parla attraverso la voce della coscienza, ma la Sua parola che è Amore passa attraverso un cuore ormai indurito dal peccato, che l'accoglie nel timore e con tremore. Chi ha rinnegato l'Amore non crede più nell'Amore e ha bisogno di crearsi una difesa, una barriera contro il Signore. E questa barriera è in una coscienza che, apertasi alla conoscenza del bene e del male, filtra attraverso di essa la Parola di Dio. Adamo non accetta un confronto con Dio nella nudità che gli viene dal peccato, a viso aperto e a carte scoperte. Risponde a una certa distanza e, soprattutto, tenendosi ben nascosto in mezzo al legno della conoscenza del bene e del male. Bastano poche foglie per celare la propria nudità al proprio simile, ci vuole ben altro per dissimulare e nascondere la propria miseria all'Autore della vita! Non poche foglie, ma le foglie di un intero albero. E perché mai tutto ciò, se non perché teme di essere ripagato da Dio con la sua stessa moneta? Non coglie più l'Amore del Signore, che tutto vede e a tutto provvede, per il bene delle Sue creature. Non c'è ancora il giudizio e la condanna, ma soltanto lo sguardo amoroso di un Padre che ha perso di vista i suoi figli e li chiama ad alta voce, per vedere dove sono, se hanno bisogno del Suo aiuto.
Iddio spera ancora che si tratti di un gioco e non di un diabolico tentativo di inganno. Non chiede loro, in tono minaccioso, che cosa hanno fatto, ma semplicemente dove sono andati a finire, per riportarli alla Sua vita.
Ma ormai il cuore di Adamo e' lontano dal suo Signore, non ne ode più distintamente la Parola, ma soltanto la voce, come un'eco lontana e minacciosa.
Risponde a Dio, ma dal suo nascondiglio, non come chi è cercato, ma come colui che è ricercato. Si difende prima ancora di essere incolpato.

"10 Questi disse: Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura per il fatto che sono nudo e mi sono nascosto".

Anche prima sentiva la Parola di Dio e non ne aveva paura, era nudo e non si nascondeva. Ora tutto è cambiato: non avverte più l'Amore della Parola e non accetta più la sua realtà di essere nudo, cioè creato dal nulla e rivestito da Dio.
Ora che ha coperto e nascosto la propria nudità in mezzo al legno della conoscenza del bene e del male, si sente come Dio e si comporta come un dio, al di sopra dello stesso Dio. Non tutto è perduto per Adamo. Il Signore gli chiede di riconoscere la sua colpa e di confessare la propria disobbedienza, per prendersi cura di lui.

" 11 Gli disse: Chi infatti ti indicò che sei nudo, se non perché dal legno riguardo al quale ti avevo comandato di non mangiare, mangiasti?"

Non fu certo il Signore a far pesare ad Adamo la sua nudità: fu la disobbedienza alla Parola che gli rese insopportabile il proprio essere creato dal nulla e lo spinse a nascondersi, nell'illusione di potersi rivestire di un abito proprio, come Dio, acquisendo la conoscenza del bene e del male. Ogni appello e chiamata alla conversione si rivela inutile.

" 12 E disse Adamo: La donna che hai dato come compagna a me diede a me dal legno e io ho mangiato".

Non solo scarica tutta la colpa su Eva, ma, addirittura, rinfaccia a Dio il dono più bello e più caro. Adamo non si ravvede e non si pente, ma accusa il Signore di essere responsabile del suo male.

" 13 E disse il Signore Dio alla donna: Perché hai fatto questo?"

Poteva esserci un atteggiamento diverso in colei che formava con Adamo una sola carne?

"Questa rispose: Il serpente mi ha ingannato e ho mangiato"

Chi mai l'ha costretta ad ascoltare la voce del serpente e perché mai l'ha trovato sulla sua strada, se non perché è andata lei stessa a cercarlo? Manca solo che Eva accusi Dio di aver creato il serpente? Non può farlo, perché sa bene che non è vero, ma lo faranno i suoi figli... perché hanno dimenticato. Non si dice affatto in Genesi che Dio creò il serpente e lo pose in Eden, ma che "anche il serpente era più astuto di tutti gli animali della terra che aveva fatto il Signore Dio".
Allorché la ragione della donna lasciò spazio alla propria astuzia, dovette confrontarsi con colui che è padre dell'astuzia. E non fu un confronto dovuto, ma voluto e liberamente scelto da Eva. Non il serpente sedusse Eva ( nel senso latino di secum ducere, condurre con sé ), ma fu Eva a sedurre il serpente, a trascinarlo sulla terra, per confrontarsi con lui. Ma il sedotto divenne il seduttore, perché più forte della donna, così come abbiamo già spiegato. In questo tragico gioco di Adamo ed Eva che vanno a gara non nel riconoscere la propria colpa, ma nello scaricare la propria colpa, il serpente è come l'anello finale, che chiude la catena a tre, e impedisce all'uomo di rompere ogni legame con il peccato.
Non ci potrà essere riscatto per Adamo, se prima non verrà distrutto il potere che ha Satana di tenere legati a sé tutti gli uomini.

"14 E disse il Signore Dio al serpente: Poiché hai fatto questo, sei maledetto fra tutti gli animali e le bestie della terra. Avanzerai sopra il tuo petto e mangerai terra per tutti i giorni della tua vita".

Dio non maledice l'uomo, ma il suo peccato e chi è padre di ogni peccato. Colui che ha innalzato il suo capo di ribelle e di rinnegato per sedurre l'uomo, d'ora in poi striscerà sul suo petto; colui che ha voluto divorare le creature della terra, d'ora in poi divorerà la terra calpestata dalle sue creature. Ma con la condanna di Satana è già l'annuncio della salvezza per l'uomo.

"15 Porrò inimicizie tra te e la donna e il seme tuo e il seme di quella: Essa stessa schiaccerà il tuo capo e tu porrai insidie al suo calcagno".

Sarà spezzato il peccato che lega Satana alla donna, la comunione fra i figli del Diavolo e i figli di Eva. E tutto ciò non in virtù della donna, ma in virtù di una donna, non in virtù dei figli, ma di un Figlio.
Come il peccato ha avuto inizio da una donna, così la salvezza avrà il suo inizio nell'opera di una donna. Colui che ha fatto perdere la testa ad Eva, perderà la sua testa schiacciata da una donna, potrà solo tendere insidie al suo calcagno, ma non al suo cuore a alla sua volontà: potrà intralciare il cammino della salvezza, ma non prevaricare su di esso.

"16 Alla donna altresì disse: Moltiplicherò le tue tribolazioni e i tuoi pensieri."

Colei che è stata creata per accrescere e moltiplicare la gioia dell'uomo, vedrà crescere e moltiplicarsi la propria tribolazione. Non sarà più innanzitutto portatrice di gioia, ma di dolore. Colei che concepì un solo pensiero, d'ora in poi sarà vittima di una molteplicità di pensieri, che si formano e contrastano nella sua mente in modo tumultuoso. Se, all'origine, la mente della donna "macchina" un solo pensiero, d'ora in poi sarà una macchina di pensieri. Vano è cercare nel pensiero femminile un principio logico informatore: colei che era primizia della logica, ora pensa e sente, innanzitutto, in virtù del proprio dolore e attraverso il proprio dolore. Nella mente della donna il pensiero prevalente è dato dalla prevalenza dello stato d'animo e non è più prevalentemente logico. La logica freddezza, la pretesa obbiettività del giudizio, la determinazione di Eva cedono il posto all'emotività e all'incapacità di controllo della parola. Determinato rimane il pensiero della donna riguardo a ciò che vuol ottenere, ma non è più logicamente determinato il modo in cui viene esplicandosi e porta a termine i suoi progetti. Se, all'origine, il pensiero logico è prevalentemente femminile, dopo il peccato sarà prevalentemente maschile.

"Nel dolore partorirai i figli ..."

Una vita partorita dal dolore partorirà nel dolore e col dolore. Anche il momento della più grande gioia, diventerà un momento di sofferenza e di croce, mai superato né superabile, se non nell'illusione e nell'inganno che viene dal Satana. La donna non partorirà i figli nel dolore una sola volta, ma continuerà a partorirli nel dolore ogni giorno, per tutta la sua vita. Il rapporto tra la madre e le sue creature è infranto all'origine. Cos'è mai il pianto del neonato, se non la risposta al pianto della madre?
La nascita è passaggio dall'essenza all'esistenza: il pianto manifesta non solo la perdita del rapporto originario con Dio, ma anche un mancato e manchevole rapporto della donna con il frutto del suo grembo.

"e sarai sotto la potestà dell'uomo e lo stesso sarà signore su di te".

Non è semplice constatazione di un dato di fatto conseguente al peccato, ma, prima ancora, è un comando, un ordine del Signore. Non possiamo comprendere il rapporto coniugale se non alla luce del comando divino che viene dato dopo il peccato.
Essere coniugati non significa, semplicemente, camminare sotto lo stesso giogo, ma camminare aggiogati nell'obbedienza all'unica Parola. In un giogo a due è impossibile procedere "felicemente", senza un'unica guida, che sia al di fuori e al di sopra di entrambi. Chi è aggiogato, se viene abbandonato a se stesso, o si lascia trascinare dall'altro o trascina l'altro, o fa violenza o la subisce. E tutto questo perché il rapporto tra l'uomo e la donna, nella sua dimensione esistenziale è frutto della violenza: dapprima la violenza della donna sull'uomo e dell'uomo sulla donna, poi la violenza di entrambi su Dio. La violenza nasce dalla disobbedienza e può essere superata solo con l'obbedienza e in virtù dell'obbedienza. La violenza della donna sull'uomo e dell'uomo sulla donna non porta, semplicemente, alla disobbedienza di entrambi alla Parola, ma presuppone una disobbedienza del singolo che muove da punti e situazioni diversi, seppur, alla fine, convergenti nell'unica disobbedienza.
Va ricuperato all'amore di Dio non semplicemente il rapporto di coppia, ma, prima ancora, un rapporto con Dio, che per l'uno passa attraverso l'altra e per l'altra attraverso l'uno. Nella sua dimensione più originale e "naturale", il rapporto di coppia non conosce alcun comando che evidenzi e sottolinei una qualsiasi diversità di ruolo o posizione dell'uno rispetto all'altra. Colpisce il fatto che Dio non abbia messo in guardia l'uomo dalla donna e la donna dall'uomo. E questo perché Eva fu pensata e creata come aiuto per l'uomo, nel cammino verso il Creatore. Il rapporto d'amore tra Adamo ed Eva appariva a Dio così bello che era impensabile una qualsiasi frattura al suo interno, perché creato a Sua immagine e somiglianza. Vi è un solo comando per entrambi: "Crescete e siate moltiplicati", in armonia ed in sintonia l'uno con l'altra.
Il peccato conclude e finisce nell'idolatria: la donna volle essere idolatrata dall'uomo, ponendosi al di sopra di Dio, e l'uomo fece della sua donna un idolo, ponendola al di sopra dello stesso Dio. Due modi diversi di essere idolo l'uno per l'altra, ma un'unica disobbedienza all'unica Parola.
Il peccato è sempre e innanzitutto contro Dio: ma il peccato di Eva è arrivato a Dio passando attraverso l'uomo, così pure il peccato di Adamo è passato per Eva.
Nel matrimonio l'uomo non può andare a Dio se non passando per la donna e la donna per l'uomo. Soltanto chi ha scelto la verginità può pretendere un rapporto immediato con il Signore. Dio gli risparmia la complessità, le difficoltà e le complicazioni di un rapporto a due. Un rapporto uomo-donna, vissuto in un'immediatezza senza comandamento ha già trovato, in Eden, il suo fallimento. Ora Dio corre ai ripari e non ammette un rapporto dell'uomo con la donna o viceversa, se non nel vincolo della Sua Legge. Dio non ha creato il matrimonio, ma l'uomo e la donna, in un cuor solo e in un'anima sola.
Il matrimonio nasce dopo la caduta, per Legge e con la Legge: non può ignorare o scavalcare il comandamento divino. Ma qual è il significato e la funzione della Legge? Non certo quello di ristabilire la realtà originaria delle cose: tutto ciò avverrà soltanto alla fine dei tempi, allorché saranno creati cieli nuovi e terra nuova.
La Legge è data soltanto per Cristo e in vista di Cristo, perché l'uomo ritrovi se stesso in Dio e Dio in se stesso. L'ordine naturale delle cose non ha portato l'uomo alla vita di Dio, ora dobbiamo ritornare a Dio nonostante il naturale disordine delle cose. Ciò che non fu possibile a noi in virtù della bontà del creato, ora è possibile in virtù della bontà del Figlio. L'uomo non può più fare affidamento sulla bontà del suo essere creato, ma unicamente nella potenza del Cristo. Ma deve rinnegare se stesso e rinunciare ad un rapporto immediato con il creato e con le creature.
In questo cammino di ritorno all'amore del Padre, la Legge è il primo grande dono di Dio. La Legge non ci riporta alla vita, ma testimonia la caduta dalla vita, non toglie il peccato, ma ci rende consapevoli di peccato. Non è la luce che porta al Padre, ma la luce che porta al Figlio, perché Egli abbia cura di noi. Non ci dà la forza per rinnegare noi stessi, ma ci dice in che cosa dobbiamo rinnegare noi stessi. Non ci riporta allo stato originale, ma ci illumina riguardo allo stato attuale. E' illusione diabolica pensare che l'obbedienza alla Legge di Dio ristabilisca l'ordine naturale che era in Eden, e questo anche nel rapporto uomo-donna.
Il rapporto con il creato e con le creature è infranto, perché è infranto il rapporto con il Creatore. Va ricuperato il rapporto con Dio, nonostante un rapporto mancato con il Suo dono. Un rapporto a due che ignori la lotta, la tensione, il dover essere è falso e ingannevole. Non è ricupero dello stato originale, ma un consolidamento, un indurimento di cuore nel peccato originale. L'amore è vero non quando è innanzitutto bello e piacevole, ma quando è innanzitutto obbediente: obbediente a Dio e obbediente all'altro, per essere ancora obbediente a Dio. Nella Legge è la via dell'obbedienza: la Legge non dice semplicemente quello che siamo dopo il peccato, ma quello che dobbiamo fare per essere graditi a Dio. La Legge è stata data due volte: una volta in Eden, una volta fuori di Eden. Unico è il fondamento del comando divino, ma diverso l'uomo a cui viene rivolto. In Eden l'uomo non conosceva alcun disordine nella sua natura, dopo il peccato deve innanzitutto confrontarsi con il suo essere decaduto e diviso. La seconda Legge non può essere una semplice ripetizione della prima, perché data ad un uomo diverso.
La prima Legge ignora la disobbedienza ed è data per prevenire il peccato, la seconda Legge è data per il peccato e per riportare all'obbedienza. Iddio non poteva comandare alla donna di ritrovare la sua funzione e vocazione di capo dell'uomo, non solo perché non vi era stato alcun comando al riguardo, ma perché ormai è infranta la natura originale. Dopo il peccato rimane nella donna il desiderio, un impulso innato e strutturale di porsi ancora come guida dell'uomo, ma non ne ha più la grazia e non è più all'altezza della sua vocazione. Niente di più disastroso e di più rovinoso di un rapporto di coppia, in cui la donna fa la voce grossa: è la morte spirituale per entrambi. Se all'inizio tutto può sembrare facile e bello, come in Eden, alla fine si avrà un rigetto l'uno dell'altra e l'altra dell'uno. La donna che vuole innanzitutto comandare è anche la donna che non è più in grado di comandare e cerca nell'uomo un appoggio, una guida, una sicurezza. La donna che porta l'uomo è anche la donna che vuol essere portata dall'uomo. La donna che si sente madre dell'uomo è anche la donna che cerca nell'uomo, non semplicemente un amico, ma ancor più un padre. Vuol essere madre, ma ha il cuore di bambina e come una bambina cerca nell'uomo affetto, tenerezza, comprensione.
Così pure l'uomo non può rifugiarsi in un comodo e facile abbandono tra le braccia della donna. Deve ricuperare se stesso innanzitutto in rapporto alla Parola di Dio, subordinando la parola della donna, non solo a quella di Dio, ma anche alla propria. La colpa di Adamo fu quella di lasciar fare ad Eva, di abdicare e rinunziare ad un pensiero fondato esclusivamente in Dio, ed innanzitutto a Lui rivolto. Con la creazione della donna, il suo pensiero trova un diverso referente, di più immediata e facile comprensione. Adamo cede al miraggio di un pensiero creato che si rende autonomo dal Logos fondante. Invece di riportare la parola della donna all'unica Parola e di confrontarla con Essa, perde il suo riferimento essenziale e si lascia sedurre da una parola formalmente ben strutturata, ma ormai scissa dal suo fondamento. Ma tutto ciò perché anche il suo cuore ormai non si specchia più nella Parola di Dio. Invece di aiutare la donna a ritornare a Dio, si unì alla sua folle corsa e la trascinò alla catastrofe finale. E questa è violenza e perdita dell'Amore. Nessuna resistenza, nessuna opposizione da parte di Adamo. Violenza non è solo voler essere idolatrata dall'altro, ma anche accettare di idolatrare l'altra. Se all'origine Iddio pensava che fosse più difficile cadere in due, perché se uno cade l'altro lo rialza, per Adamo ed Eva le cose andarono diversamente. La caduta di Eva s'incontrò con la caduta di Adamo. Se è vero che la donna fu creata come aiuto per l'uomo, è vero anche il contrario. Ma allorché Eva colse del frutto della conoscenza del bene e del male, anche il cuore dell'uomo era ormai lontano da Dio e non trovava più il suo fondamento nel Creatore, ma nella creatura. Adamo non oppose alcuna resistenza ad Eva, perché colei che era semplicemente un aiuto verso la Vita, era diventata la guida della sua vita e il suo Dio.
Nel cammino di ritorno verso l'amore del Padre l'uomo dovrà ridare alla donna quell'aiuto che le ha negato in Eden. Dovranno ritornare insieme al Signore, ma spetterà all'uomo l'iniziativa della croce, e dovrà porsi come guida della donna. All'inizio la donna è creata perché sia custode dell'uomo, ora è chiesto all'uomo di essere custode della donna.
Chi ama non custodisce l'altro o l'altra in sé e per sé, ma in Dio e per Dio. Ma deve rompere con i lacci del peccato e smascherare l'inganno del Satana che si insinua tra i due. Una sottomissione facile e supina dell'uomo alla donna non alimenta una crescita del rapporto di coppia, ma un allontanamento progressivo, l'uno dall'altra, verso altri lidi, dove alla fine l'uomo non solo non segue la propria donna , ma addirittura la allontana da sé anche fisicamente, abdicando al suo ruolo di capo della famiglia. Nella Legge di Dio è la via perché l'uomo si ritrovi nella donna e la donna nell'uomo, non come in Eden, ma con il cuore di Eden. La Legge non toglie la struttura dell'essere creata dal peccato, di per sé mutevole e contradditoria, per riportarla alla sua natura essenziale. Chiede semplicemente alla creatura di rinunciare a quella volontà che si è manifestata in Eden in una certa struttura dell'essere creato. La donna ha voluto prevaricare sull'uomo, ora stia a lui sottomessa: l'uomo ha subordinato la Parola di Dio a quella della donna, ora ritrovi il suo rapporto con la Parola, ponendosi a capo della parola della donna. Ma tutto ciò alla luce di Dio e conforme al Suo Spirito. La Legge di Dio non ha nulla a che vedere con le consuetudini e i costumi creati dall'uomo, semmai li purifica e li contraddice. Non si può imputare al comando di Dio la violenza che l'uomo ha usato e usa nel tempo verso la donna. La mancanza di amore e di rispetto verso la donna non nasce da una consuetudine creata e giustificata dalla Legge di Dio, ma dalla disobbedienza alla Parola del Signore. E non è lecito rispondere alla violenza con altra violenza. Vi è una violenza manifesta dell'uomo verso la donna, ma vi è anche una violenza più nascosta della donna verso l'uomo. Se l'uomo disonora la donna scoprendo le sue nudità, la donna impudica disonora l'uomo facendo violenza al suo sentimento carnale che è e rimane bambino per tutta la vita. Stupisce la sfrontatezza con cui la donna si esibisce di fronte all'uomo. Certi costumi e certi abbigliamenti non sono certo frutto della semplicità e del candore femminile: al contrario sono il parto di una malizia consapevole di un proprio potere sull'uomo... e non per altre vie. La sottomissione della donna all'uomo non si deve neppur identificare con un'obbedienza cieca ed assoluta. Colpisce come certe mogli difendano e seguano in tutto i loro mariti, anche nel male più grande e manifesto.
Non è questa la sottomissione che viene da Dio. La donna dovrà seguire l'uomo nell'obbedienza amorosa, che è anche aiuto e conforto nell'unica fede. Come all'origine Adamo fu responsabile di aver seguito passivamente la donna, così è responsabile la donna che segue passivamente l'uomo anche quando va contro la volontà di Dio. Non così il vero amore: tutto vede e tutto filtra alla luce dell'amore di Dio. Questo rapporto di sottomissione della donna all'uomo non si risolve in questa o quella scelta, in questo o quel atteggiamento, ma è piuttosto uno spirito di sottomissione e di obbedienza che deve essere presente anche quando la donna è chiamata da Dio a contraddire all'uomo che contraddice la Verità di Dio. "Mogli siate sottomesse in tutto ai vostri mariti", in tutto, ovviamente fuorché nel peccato: "Mariti amate le vostre mogli", in modo pieno totale, come ognuno ama la propria carne. Ogni matrimonio in Cristo darà i suoi frutti e frutti diversi, ma non darà alcun frutto, se non nella diversa obbedienza all'unica Parola

 

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