Gen. 6

Cap. 6
Dai Settanta
E avvenne, quando cominciarono gli uomini a essere molti sulla terra, che delle figlie furono generate loro. 2 Vedendo allora i figli di Dio le figlie degli uomini, che belle che erano, si presero mogli da tutte quelle che avevano scelto. 3 E disse il Signore Dio: “Non permarrà più il mio spirito in questi uomini, per sempre, perché essi sono carne. Saranno dunque i loro giorni centoventi anni”. 4 Ma c’erano i giganti sulla terra in quei giorni e anche dopo, quando entravano i figli di Dio dalle figlie degli uomini e generavano per sé; quelli erano i giganti da sempre, gli uomini rinomati. 5 Ora, vedendo il Signore Dio che si erano moltiplicate le cattiverie degli uomini sulla terra e chiunque ponderava nel suo cuore accuratamente malvagità tutti i giorni,6 ripensò Dio all’aver fatto l’uomo sulla terra e ponderò.7 E disse Dio: “Cancellerò via l’uomo, che ho fatto, dalla faccia della terra, dall’uomo fino al bestiame e dai rettili fino ai volatili del cielo, perché sono preso da furore di averli fatti”. 8 Noè invece trovò grazia al cospetto del Signore Dio.9 Queste poi le progenie di Noè: Noè, uomo giusto. Essendo perfetto nella sua generazione, a Dio fu gradito Noè. 10 Generò poi Noè tre figli: Sem, Cham, Iaphet. 11 Ma fu corrotta la terra davanti al Dio e fu riempita la terra di ingiustizia. 12 E vide il Signore Dio la terra, come era corrotta, poiché aveva corrotto ogni carne la sua via sulla terra. 13 E disse Dio a Noè: “Il momento di ogni uomo è giunto davanti a me, poiché è stata riempita la terra di ingiustizia da parte loro, ed ecco, io faccio scendere nella corruzione, loro e la terra. 14 Fa’ dunque per te un’arca di legni squadrati, a scompartimenti farai l’arca e la spalmerai, all’interno e all’esterno, di bitume. 15 E così farai l’ arca; di trecento cubiti la lunghezza dell’arca e di cinquanta cubiti la larghezza e di trenta cubiti la sua altezza. 16 Restringendola verso l’alto farai l’ arca, a punta la farai terminare di sopra e la porta dell’arca la farai di fianco; con piano terra, secondo piano e terzo piano la farai. 17 Io poi, ecco, rovescio il diluvio, acqua sopra la terra, per far scendere nella corruzione ogni carne, nella quale c’è spirito di vita, sotto al cielo; e qualsiasi cosa ci sia sulla terra, finirà. 18 E stabilirò il mio patto con te: entrerai nell’arca, tu e i tuoi figli e la tua sposa e le spose dei tuoi figli con te. 19 E di tutto il bestiame e di tutti i rettili e di tutte le fiere e di ogni carne, due per due di tutti introdurrai nell’arca, per nutrirli assieme a te stesso: maschio e femmina saranno. 20 Di tutti gli uccelli che volano secondo la loro specie e di tutto il bestiame secondo la sua specie e di tutti i rettili che strisciano sulla terra secondo la loro specie, due per due di tutti entreranno presso di te per essere nutriti con te, maschio e femmina. 21 E tu prenderai per te stesso di tutti i cibi che solete mangiare e li raccoglierai presso di te, e saranno per te e per loro da mangiare. 22 E fece Noè tutto quanto gli aveva comandato il Signore Iddio, così  fece .


Vulgata
Cumque coepissent homines multiplicari super terram et filias procreassent
2 videntes filii Dei filias eorum quod essent pulchrae acceperunt uxores sibi ex ommnibus quas elegerant
3 dixitque Deus non permanebit spiritus meus in homine in aeternum quia caro est erunt dies illius centum viginti annorum
4 gigantes autem erant super terram in diebus illis postquam enim ingressi sunt filii Dei ad filias hominum illaeque genuerunt isti sunt potentes a saeculo viri famosi
5 videns autem Deus quod multa  malitia hominum esset in terra et cuncta cogitatio cordis intenta esset ad malum omni tempore
6 paenituit eum quod hominum fecisset in terra et tactus dolore cordis intrinsecus
7 delebo inquit hominem quem creavit a facie terrae ab homine usque ad animantia et reptili usque ad volucres caeli paenitet enim me fecisse eos
8 Noè vero invenit gratiam coram Domino
9 hae generationes Noe
Noe vir iustus atque perfectus fuit in generationibus suis cum Deo ambulavit
10 et genuit tres filios Sem Cham et Iafhet
11 corrupta est autem terra coram Deo et repleta est iniquitate
12 cumque vidisset Deus terram esse corruptam omnis quipped caro corruperat viam suam super terram
13 dixit ad Noe finis universae carnis venit coram me
repleta est terra iniquitate a facie eorum
et ego disperdam eos cum terra
14 fac tibi arcam de lignis levigatis mansiunculas in arca facies et bitumine linies intrinsecus et extrinsecus
15 et sic facies eam trecentorum cubitorum erit longitudo arcae quinquaginta cubitorum latitudo et triginta cubitorum altitudo illius
16 fenestram in arca facies et in cubito consummabis summitatem ostium autem arcae pones ex latere deorsum cenacula et tristega facies in ea
17 ecce ego adducam diluvii aquas super terram ut interficiam omnem carnem in qua spiritus vitae est subter caelum universa quae in terra sunt consumentur
18 ponamque foedus meum tecum et ingredieris arcam tu et filii tui uxor tua et uxores filiorum tuorum tecum
19 et ex cunctis animantibus universae carnis bina induces in arcam ut vivant tecum masculini sexus et feminini
20 de volucribus iuxta genus suum et de iumentis in genere suo et ex omni reptili terrae secundum genus suum bina de omnibus ingredientur tecum ut possint vivere
21 tolles igitur tecum ex omnibus escis que mandi possunt et conportabis apud te et erunt tam tibi quam illis in cibum
22 fecit ergo Noe omnia quae preceperat illi Deus


Traduzione dalla Vulgata
1 E avendo cominciato gli uomini a moltiplicarsi sopra la terra, e avendo procreato delle figlie, 2 vedendo i figli di Dio di quelli le figlie che erano (fossero) belle, presero per sé mogli da tutte quelle che avevano scelto. 3 E disse Dio: non rimarrà il mio spirito nell’uomo in eterno, poiché è carne: e saranno i suoi giorni di centoventi anni. 4 Ma vi erano i giganti sopra la terra in quei giorni: infatti dopo che i figli di Dio entrarono dalle figlie degli uomini, anche quelle generarono. Questi sono i potenti da tempo uomini famosi. 5 Ma vedendo Dio come fosse molto grande la malvagità degli uomini sulla terra, e come ogni pensiero del cuore fosse intento al male in ogni tempo,6 si pentì d’ aver fatto l’uomo sulla terra. E toccato dentro da dolore di cuore, disse: cancellerò l’uomo che ho creato dalla faccia della terra, dall’uomo fino agli animali, dal rettile fino agli uccelli del cielo: infatti mi pento di averli fatti. 8 Ma Noè trovò grazia davanti al Signore. 9 Queste sono le generazioni di Noè: Noè fu nelle sue generazioni uomo giusto e perfetto, camminò con Dio. 10 e generò tre figli Sem, Cham Iaphet. 11 Ma la terra fu corrotta davanti agli occhi di Dio e riempita di iniquità. 12 E avendo visto Dio che la terra era stata corrotta, poiché  ogni carne aveva corrotto la sua via sopra la terra, 13 disse rivolto a Noè: l’intendimento di ogni carne è venuto al mio cospetto: la terra è sta riempita di iniquità dalla loro faccia e io li manderò in rovina insieme con la terra. 14 fatti un’arca: con legni levigati tu farai nell’arca delle piccole stanze, e con bitume le spalmerai dentro e fuori. 15 e così la farai: la lunghezza dell’arca sarà di trecento cubiti la larghezza di cinquanta cubiti e la sua altezza di trenta cubiti. 16 Farai  nell’arca una finestra, e farai terminare la sua sommità a gomito; ma l’ingresso dell’arca porrai  di fianco in basso: farai in essa il piano superiore e il terzo piano. 17 Ecco  io porterò le acque del diluvio ( della rovina ) sopra la terra per uccidere ogni carne in cui vi è spirito di vita sotto il cielo: tutte le cose che sono sopra la terra, saranno consumate. 18 E  porrò il mio patto con te: ed entrerai nell’arca tu e i tuoi figli, tua moglie, e le mogli dei tuoi figli con te. 19 e di tutti gli animali di ogni carne ne farai entrare nell’arca un paio, perché vivano con te, di sesso maschile e femminile. 20 Degli uccelli secondo la loro specie e dei giumenti secondo la loro specie, e di ogni rettile della terra secondo la sua specie due fra tutti entreranno con te, perché possano vivere. 21 Prenderai pertanto con te di tutti quei cibi che possono mangiarsi e li ammasserai presso te: e saranno per  te quanto per loro come cibo. 22 Fece pertanto Noè tutte quelle cose che Dio aveva a lui comandato.

 

“1 E avendo cominciato gli uomini a moltiplicarsi sopra la terra, e avendo procreato delle figlie,”

Si allarga il cerchio della vita e nel contempo i rapporti umani diventano più ricchi e più complessi. Mentre Adamo aveva ricevuto Eva dalle mani di Dio e la sua donna era quella e solo quella, con il moltiplicarsi del genere umano si crea la possibilità sempre più grande di una scelta propria ed in proprio, non più strettamente condizionata al consenso divino.
Divenuto estraneo all’amore di Dio, l’uomo si accresce e si rinsalda nella convinzione che la sua vita possa procedere per scelte autonome, che si giustificano da se stesse ed in se stesse, in quanto valori. Irrilevante scegliere ciò che Dio vuole da noi, importa scegliere ciò che vale per noi. L’identificazione di valore, come bene nostro, e  volontà di Dio, assume connotati tali da escludere qualsiasi confronto diretto tra la volontà creatrice e la volontà creata. L’alternativa non è più tra la mia volontà e quella di Dio, ma tra questo o quel valore a me gradito.
Il criterio di scelta diventa qualcosa di puramente soggettivo, dipende dalla capacità di giudizio e di discernimento dell’uomo; non attende e non ha bisogno dell’approvazione divina. Ognuno si costruisce una propria vita, prendendo quello che gli pare e piace, nella misura in cui gli pare e piace. In questo modo l’uomo si mette contro l’altro uomo che attinge dalla stessa torta ed ancor peggio si mette contro Dio. L’esistenza diventa la lotta di tutti contro tutti, perché ogni bene rivendicato in proprio è con ciò stesso sottratto al fratello. E questo vale  anche nel rapporto con la donna. Perché ogni uomo si prende quella che gli piace di più e con ciò stesso defrauda il fratello, che si trova in concorrenza. Il presupposto di ogni rapporto uomo donna diventa così il capriccio personale ed il rifiuto del confronto con la volontà di Dio, che unica può giustificare una qualsiasi scelta. Solo ciò che è approvato da Dio  rende il fratello libero nei confronti del fratello.
Ma rimettere ogni scelta nelle mani di Dio, significa anche passare attraverso la possibilità del diniego e del rifiuto. Meglio procedere per categorie proprie e scavalcare un confronto diretto, che potrebbe metterci in crisi.
E’ così che la categoria dominante nel rapporto uomo - donna non è più ciò che è buono, ma ciò che è bello, ovvero ciò che piace nella sua immediatezza, senza rimando alla volontà di Dio.

“ 2 vedendo i figli di Dio di quelli le figlie che erano (fossero) belle, presero per sé mogli da tutte quelle che avevano scelto”.

Nessuna novità che gli uomini vedano la bellezza femminile in quanto diversa e fatta a completamento della loro persona. Non potrebbe essere altrimenti. Il fatto è che non vedono le donne tutte ugualmente belle, ma vedono solo quelle che sono belle. “O è bella o è brutta” recita ancor oggi un detto popolare” . Come adesso anche allora. Ma questo significa che nell’uomo il rapporto spirituale con la donna è già scaduto e decaduto a tutto vantaggio di uno spirito che è carne e che non ha nulla a che vedere con lo Spirito di Dio. Dal vedere all’allungare le mani il passo è breve. Detto, fatto! Niente di più abominevole che prendersi la donna che si vuole, secondo il proprio piacere, e farla propria sposa. Sei proprio così sicuro che questa donna e non altra sia nella volontà di Dio? Se agli occhi di Dio è mostruoso che l’uomo si prenda la donna che più gli piace, senza cercare il Suo consenso, ancor più mostruoso appare agli occhi dell’uomo qualsiasi limitazione ed impedimento da parte di Dio.
Tanto forte è la passione che la mia volontà deve essere anche la volontà di Dio. E Dio è costretto a tacere e ad acconsentire. Ma non per sempre: viene anche il giorno in cui le carte saranno scoperte ed allora Dio dirà ancora una volta e per l’ultima volta: “Non permarrà più il mio spirito in questi uomini, per sempre, perché essi sono carne”.
La carne ha desideri contrari a quelli dello spirito : l’uno o l’altra deve morire. Meglio trovare la propria limitazione ed ogni frustrazione su questa terra, che incorrere nel castigo eterno. Meglio rimanere senza donna che unirsi ad una qualsiasi donna, senza la benedizione divina.
Mi dirai che una simile durezza di interpretazione non trova alcun riscontro né nella tradizione che viene dalla Legge né nella consuetudine della Chiesa, dove ogni matrimonio liberamente scelto e voluto è per ciò stesso benedetto dalla comunità dei credenti. E non potrebbe certo essere altrimenti. Perché nessuno  può sostituirsi ad un altro in una scelta che chiama così direttamente in causa il nostro rapporto con Dio. Ognuno deve vedersela con la propria coscienza, che accusa o giustifica.
C’è anche chi non si pone affatto il problema e fa ciò che gli pare e neppure considera che si può anche essere eunuchi per il regno dei cieli. Se Dio non approva l’unione con una donna semplicemente perché piace, è pur vero che non costringe nessuno a sposare una donna che non piace. C’è sempre la possibilità di una scelta più luminosa e più semplice: rimanere liberi da ogni legame carnale, ovvero “non toccare donna”, così come suggerito dall’apostolo Paolo. Quando il desiderio della donna diventa un bisogno ed una necessità, tutto diventa terribilmente complicato e confuso e null’altro si può fare che lasciar fare, in attesa di tempi migliori e di migliore luce.
Va pure detto che queste parole di Genesi si collocano in un momento particolare della storia dell’uomo. Non è ancora stata data la Legge mosaica e questo lascia intendere che il cuore dell’uomo è ancora capace di un rapporto immediato con Dio. La possibilità per un uomo di prendersi la donna che vuole e di rimandarla quando vuole è giustificata da una Legge data per venire incontro alla sua debolezza. Allorché il cuore è indurito, non si può pretendere più di tanto ed anche Dio in questo frangente si accontenta del meno peggio, e giustifica un rapporto con la donna che è approvato soltanto quanto alla forma. Ma all’inizio non era così. E questo non semplicemente in rapporto al rimandare la propria donna, ma anche al prendersi una  donna, innanzitutto e solamente perché piace. Quale ingiustizia è consumata dai singoli nei confronti del genere! E quelle brutte, che nessuno vuole? Non esiste problema! Ed è pure lecito irridere e schernire la deformità femminile, senza considerare quanta sofferenza ed umiliazione. Mi dirai che neppure Gesù insinua tanto. E cosa altro poteva replicare a coloro che neppure accettavano l’indissolubilità del matrimonio? Nessun dialogo tra sordi può continuare oltre e non si può osare più di tanto… ma per coloro che hanno orecchi di ascolto è giustificato soltanto un rapporto con la donna che sia conforme alla volontà di Dio. E a dettare legge non può essere semplicemente la dimensione estetica dell’esistenza. Prima ancora vi è quella etica, che guarda e considera il cuore e l’intelligenza. Ma del cuore e dell’intelligenza della donna l’uomo può anche fare a meno. Non può e non vuole  fare a meno della sua bellezza e giovinezza fisica. Oltre… meglio non dire, per non ferire ancor di più l’animo femminile, che ama illudersi che le cose stiano altrimenti. Certe cose si dicono soltanto ai figli e a coloro che vogliono essere figli.
“ 2 vedendo i figli di Dio di quelli le figlie che erano (fossero) belle, presero per sé mogli da tutte quelle che avevano scelto”.
Non si parla di una qualsiasi umanità, ma di quella che ha consapevolezza di essere in Dio e per Dio, che è in grado di comprendere ciò che è a lui gradito e di camminare alla luce del suo volto. Non di tutti gli uomini di tutti i tempi e neppure di tutti gli uomini di quei tempi, ma soltanto di coloro che si riconoscono figli di Dio. Abbiamo visto come la divisione tra i figli della luce e i figli delle tenebre sia già in atto ai tempi di Abele e di Caino. La loro vita procede per vie diverse e conduce a mete diverse. Finché siamo in questa vita i figli di Dio devono pur convivere con i figli del Maligno; ma quale unione ci può essere tra la luce e le tenebre? Può un figlio di Dio sposare una donna dichiaratamente e manifestamente contro il Signore? Il rapporto tra chi crede e chi non crede non è mai pacifico, ma è sempre conflittuale. Se la pace tra i due non è portata dal cielo, sarà  portata dalla passione della carne? Non c’è vero matrimonio se non per coloro che sono veri fratelli e vere sorelle. Non cercare e non rincorrere la donna che non ama il Signore: non sarai da Lui approvato e finirai nei lacci del Maligno. E’ un gioco vecchio quanto l’umanità. All’inizio può piacere, ma porta alla rovina.

“3 E disse Dio: non rimarrà il mio spirito nell’uomo in eterno, poiché è carne: e saranno i suoi giorni di centoventi anni”.

Vedi dunque che non avrai niente da guadagnare e tutto da perdere. Non solo non entrerai nella vita eterna, ma anche quella terrena sarà accorciata e diminuita. Vana e fallace è la grazia della donna, quando manca la bellezza del cuore e l’amore del Signore.

“4 Ma vi erano i giganti sopra la terra in quei giorni: infatti dopo che i figli di Dio entrarono dalle figlie degli uomini, anche quelle generarono. Questi sono i potenti da tempo uomini famosi.”

Tutto chiaro dunque e tutto semplice per l’intelligenza umana? Non sembra proprio, perché c’è sempre chi ama confondere le cose e seminare la menzogna, sotto le vesti della grandezza. La logica di Dio così chiara ed inoppugnabile per chi guarda alla propria piccolezza, è completamente stravolta da coloro che vedono una propria grandezza.
E sono proprio gli uomini più grandi, quelli che si innalzano sopra gli altri, e che si fanno un nome e  una fama, coloro che più di tutti danno man forte al Maligno. Sono gli uomini naturalmente più dotati, che usano male i doni del Signore, non per portare maggior luce riguardo alla Sua volontà, ma per offuscare anche nei piccoli qualsiasi intelligenza della Parola di Dio.
Un uomo che appare grande agli occhi del mondo, non può sposare una donna che appare e gli appare piccola.
Ciò che da sempre e fin dall’inizio è iscritto nella coscienza dei piccoli deve confrontarsi con la parola di coloro che si sono fatti grandi. I confini tra il Vero ed il falso, tra il bene ed il male, diventano sempre più labili e sbiaditi, in virtù di una logica che, creata buona da Dio, innalza se stessa come Dio, rivoltandosi contro il suo Creatore. E così l’uomo perde sempre più in un rapporto immediato con la verità, ed il suo cuore è schiacciato ed oppresso da tutte quelle mediazioni che sono create da una logica che si è fatta verità a se stessa. Gigante è l’uomo che si innalza al di sopra di Dio, fino a giustificare ciò che Dio condanna. Solo chi si sente un gigante ha l’ardire e l’impudenza di andare contro la volontà di Dio. Sono questi gli uomini che combinano i mali più grandi: portano alla rottura con Dio e generano figli che sono in rottura con il medesimo Dio.
“4 Ma vi erano i giganti sopra la terra in quei giorni:”

Il “ma…” avversativo sembra introdurre una rottura con quanto viene prima, in realtà ne è semplicemente la spiegazione… Come dire… Tutto questo non è comprensibile se non si considera il fatto che in quei giorni sulla terra c’erano i giganti. Alla radice del male e di ogni male c’è sempre un gigante: dentro di noi e fuori di noi.
In che cosa si differenzia un gigante da un qualsiasi uomo che tale non è? Gigante è colui che aspira alla grandezza, pur essendo piccolo. Aspirazione legittima e giustificata dalla Parola stessa di Dio, che ci chiama tutti ad essere  dei e figli dell’Altissimo, in un cammino di crescita che è obbedienza alla sua volontà. Giganti quindi si diventa per grazia divina, alimentati e accresciuti dai frutti salutari dell’obbedienza. “Come un gigante percorre la su via” dice il salmo. Ma l’esito di una vita non può diventarne il presupposto. Nessuno può presumere di una grandezza che non ci è innanzitutto data. C’è un cammino da percorrere ed un esame finale. Non è grande se non colui che è fatto tale da Dio e da Lui approvato. Non c’è retta coscienza, cioè giusta consapevolezza di sé, se non in colui che si riconosce piccolo e pensa innanzitutto a crescere, non a farla da Dio e da padrone. I giganti sono tutto il contrario di questo: non hanno consapevolezza di un dover essere, ma presumono da sempre del loro essere. Da qui e da sempre si credono grandi: per natura e non per grazia. Scavalcata la dimensione essenziale della piccolezza e dell’essere bambini, si trovano grandi, senza essere mai cresciuti.
Diabolico inganno che tutti travolge e nessuno risparmia, se non coloro che sono convinti di piccolezza e non innalzano se stessi, ma danno lode al nome del Signore! A lui l’onore e la gloria nei secoli. Fuggi ogni desiderio di grandezza e gira alla larga da coloro che hanno ottenuto fama presso gli uomini. Seppure “famosi” agli occhi del mondo sono sconosciuti agli occhi di Dio. Del loro nome è piena la terra: fondatori di religioni, artisti, filosofi, innovatori. Sono quelli che hanno esaltato l’uomo e che sono stati chiamati grandi dallo stesso uomo; ma sono un nulla davanti a Dio e la loro fine è la morte eterna. Non c’è grandezza se non quella che viene dal cielo, e non è innalzato se non colui che si è abbassato. L’umiltà non è una virtù, ma  risposta adeguata e conforme a verità di un essere piccolo che è chiamato a diventare grande.
La superbia genera il peccato, ed il peccato  suscita l’ira divina.

“5 Ma vedendo Dio come fosse molto grande la malvagità degli uomini sulla terra, e come ogni pensiero del cuore fosse intento al male in ogni tempo, 6 si pentì d’ aver fatto l’uomo sulla terra. E toccato dentro da dolore di cuore, disse: cancellerò l’uomo che ho creato dalla faccia della terra, dall’uomo fino agli animali, dal rettile fino agli uccelli del cielo: infatti mi pento di averli fatti.”

Una volta presa una strada sbagliata, non si sa dove si va a finire se non quando si è giunti al termine. Ma prima ancora è possibile vedere i frutti che si colgono lontano da Dio. Non frutti di ogni bontà, ma frutti di ogni malvagità. Il peccato nel suo continuo ed incessante moltiplicarsi si manifesta in superficie e nel contempo allarga ed affonda ancor più le sue radici in profondità. L’uomo viene trovato sempre più peccatore non solo nelle sue opere, ma ancor prima nei suoi pensieri.  Quando il peccato arriva al cuore dell’uomo, cosa possiamo aspettarci di buono dalla sua intelligenza? E quale possibilità di ravvedimento e di un ritorno alla fonte della vita?
“e come ogni pensiero del cuore fosse intento al male in ogni tempo”.
Sembra proprio che nessuno possa chiamarsi fuori (“ogni pensiero”) e che non ci sia spazio e tempo per pensieri ed opere di santità (“in ogni tempo” ).
L’uomo che progetta in proprio la propria vita, toglie ogni possibilità al progetto divino e rende del tutto vana ed ingiustificata la sua esistenza di fronte a Dio. Il Signore può ben  ripensare i propri piani, ma come intervenire quando non è lasciato libero alcuno spazio?
“6 si pentì d’ aver fatto l’uomo sulla terra. E toccato dentro da dolore di cuore, disse: cancellerò l’uomo che ho creato dalla faccia della terra, dall’uomo fino agli animali, dal rettile fino agli uccelli del cielo: infatti mi pento di averli fatti.”
In una umanità in cui nessuno si apre alla grazia di Dio, sembra esaurirsi lo stesso disegno eterno che è in Cristo Gesù.
“Si penti”… Nessun risentimento o rancore in Dio per l’offesa e il torto  ricevuti, ma un dolore che lo tocca nel più profondo del cuore… Quasi si sentisse in colpa , Colui presso il quale non è nessuna colpa. Quanto siamo lontani da una certa concezione di Dio! ( vedi Aristotele )
Ma finché ci sarà un solo uomo che invoca il nome del Signore, la fine ultima di tutte le cose è rimandata, per quell’unico che è giustificato in virtù dell’Unico che giustifica.

“8 Ma Noè trovò grazia davanti al Signore.

Affermazione forte ed inconsueta nella Scrittura, che lascia intendere una giustizia del tutto particolare e diversa. Ma non si può comprendere questa diversità se non alla luce dell’unico diverso che è il Cristo Gesù. Non esiste giustizia in proprio che sia gradita al Padre, se non quella che è nel Figlio. Ora Noè trovò grazia al cospetto del Signore Dio, solo in quanto rivestito e rivestitosi della grazia del Salvatore. L’eccezione conferma la regola, da sempre e da subito. E’ il sangue del Figlio che placa l’ira del Padre. E’ volontà del Figlio che non perisca alcuno di quelli che il Padre gli ha dato, e tutto ciò che è gradito al Figlio è gradito anche al Padre. Noè fu graziato per la sua fede nel Cristo. Per la fede scampò al castigo divino, per la fede entrò in una vita nuova.
Mi chiederai quale fede si può immaginare in colui ed in coloro che non sanno nulla del mistero di Cristo, perché non è stato ancora svelato loro. Ti risponderò ancora una volta che da Adamo in poi nessuna giustizia e nessuna salvezza è possibile se non in virtù dell’unica fede nell’unico Salvatore. Prima ancora di una fede che trova le sue ragioni in una rivelazione storicamente determinata, vi è una fede storicamente indeterminata che opera nel cuore del singolo attraverso vie proprie e diverse. Prima ancora del Dio che si rivela ad Abramo e ad Israele vi è l’unico ed eterno Dio che da sempre fa sentire la sua voce nel cuore dell’uomo. Come Cristo si faccia presente al primitivo, importa poco sapere. Ma non ci può essere dubbio riguardo ad un amore e ad una salvezza che passano necessariamente ed unicamente attraverso il Figlio.
“Per fede Abele offrì a Dio una vittima migliore rispetto a Caino, per la quale gli fu resa testimonianza di essere giusto, rendendo testimonianza per i suoi doni Dio, e per la stessa fede essendo morto, ancora parla. Per fede Enoc fu trasportato così da non vedere la morte, e non venne trovato perché Dio lo aveva trasportato. Prima infatti del trasferimento gli fu resa testimonianza che era piaciuto a Dio.  Senza fede è impossibile piacergli. A chi si avvicina a Dio è necessario credere che egli è e che diventa rimuneratore per coloro che lo cercano. Per fede essendo stato divinato a Noè circa le cose che non ancora si vedono, avendo temuto preparò un’arca a salvezza della sua casa, attraverso la quale ( fede ) condannò il mondo e divenne erede della giustizia secondo la fede… ( Ebrei 11, 4-7 )
Noè è l’ultimo ed il più alto rappresentante dei giusti della primitiva umanità. Come la storia fatta dall’uomo ha la sua preistoria così anche quella fatta da Dio. E come ogni preistoria si deve intendere secondo categorie proprie e non semplicemente per ed in funzione del dopo, così anche la preistoria della salvezza va compresa in sé e per sé: i suoi protagonisti sono il medesimo uomo ed il medesimo Salvatore. La diversità, che ha valore, non è quella che ci è data dal tempo in cui viviamo, ma è quella che noi stessi diamo al tempo della nostra vita. Non si è diversi se non per un diverso rapporto con Dio: e questo vale per sempre e da sempre.
Più di tanto non c’è dato di capire, ma possiamo farcene un’idea ripercorrendo a ritroso la nostra esistenza individuale, ritornando con il pensiero e con l’intelligenza ai primi anni della nostra vita. La storia di ogni uomo, in un certo senso e per certi aspetti, ripercorre e ricalca quella dell’umanità tutta. Nessun spirito di primitivo si può intendere se non guardando al nostro primo spirito.
Ma che cosa caratterizza e distingue innanzitutto lo spirito del bambino nel suo rapporto con Dio? Un legame immediato che scavalca le categorie della parola. Ne abbiamo già parlato a lungo. Vogliamo soltanto aggiungere come questa immediatezza sia ben evidenziata dalla Scrittura a cominciare da Caino ed Abele. Il primo uomo sa  distinguere il bene ed il male, senza passare attraverso le codificazioni di una società adulta e cresciuta. Anzi proprio perché non ha bisogno di mediazioni create e non è da esse condizionato, la sua conoscenza del bene e del male è di gran lunga superiore rispetto a quella di un uomo che vive in una società complessa e progredita. Conoscere il bene ed il male, tuttavia, non significa  essere in grado per ciò stesso di fare il bene. E neppure è data solo per questo una maggiore consapevolezza di peccato. Si può peccare anche nella convinzione di essere buoni. Il peccato in questo caso non viene attribuito a se stessi e alla propria natura, ma semplicemente ad un uso sbagliato della propria libertà. Caino è bensì costretto a riconoscere il proprio peccato… E come negare un’evidenza così grande? Ma non riconosce la propria malvagità ed il  bisogno del perdono e della grazia di Dio e neppure ci crede e ancor meno la vuole. “Troppo grande è la mia colpa, perché io ne sia assolto”. La colpa cade in un momento della vita e non investe la sua totalità. La coscienza di una colpa, per quanto grande, non è ancora la coscienza di peccato. Si può riconoscere uno sbaglio, ma ciò non comporta di necessità la confessione di una vita sbagliata. Rimane in Caino la presunzione di una bontà di vita, se pur offuscata da qualche peccato. Ed è questo che lo giustifica ai propri occhi e che lo tiene lontano dal volto del Signore. Non teme di essere cacciato dalla faccia di Dio, teme di essere cacciato dalla faccia della terra, perché crede ancora in una vita che si alimenta semplicemente nel proprio essere creato. Il confronto con Dio e con il proprio peccato è soltanto un fastidio: è meglio toglierlo di mezzo per sempre. Meglio fuggire che approfondire un certo rapporto. Caino sceglie consapevolmente una vita senza Dio. Perché da Dio non si aspetta nulla di più e di diverso da quello che ha già avuto. La stessa morte diventa un destino ineluttabile che si può affrontare e vivere senza il Signore. Un certo coraggio di fronte alla morte ed alle avversità di questa vita non è certo di buon auspicio né è degno di ammirazione. Una volta che gli è garantita l’impunità da parte dell’uomo e una dimensione della colpa puramente interiore al proprio io, Caino può ben vivere tranquillo lontano dal volto del Signore. “Se tu mi cacci oggi dalla faccia della terra, lontano dal tuo volto mi nasconderò e sarò gemente e tremante sulla terra”. Caino vede il proprio gemito ed il proprio tremore, ma solo perché cacciato dalla terra e con ciò costretto a nascondersi dal volto di Dio. Ma allorché Dio gli ha risparmiato la vita e anche la faccia davanti ai suoi simili, non sembra abbia versato molte lacrime per il proprio peccato. Risulta invece che  “uscì Caino dal volto di Dio ed abitò nella terra di Naid di fronte a Eden”. Epilogo triste di una storia , quando non si accetta più il confronto con Dio, dopo che siamo stati fatto oggetto della sua misericordia. Non c’è peccato che sfugga agli occhi di Dio e che non sia innanzitutto contro il cielo. La possibilità che il peccato rimanga nascosto all’uomo e l’impunità che incontra sulla terra, dovrebbe portarci a prendere in seria considerazione la dimensione verticale di ogni colpa. Se l’uomo condanna Dio perdona, ma solo per creare un nuovo vincolo d’amore e non perché tutto continui come prima. La misericordia divina che accompagna le nostre colpe vuol essere l’occasione per un ravvedimento riguardo al nostro rapporto con Dio, chiede pentimento ma anche invocazione di salvezza. Nessuna salvezza può venirci dalla terra se non per la dannazione eterna. Una volta salvato dalle mani dell’uomo Caino invece di volgere gli occhi al Salvatore, per affidargli la propria vita, cosicché ne abbia cura, volge per sempre le spalle a Dio. Il peccato contro Abele rimane per lui una questione di questo mondo, che è il suo mondo, in cui Dio è entrato di prepotenza, senza diritto alcuno. E non lo tocca neppure un po’ la misericordia divina che tiene celata la sua colpa agli occhi dei simili. Al contrario la dimensione interiore del peccato, proprio perché conosce il tempo della pazienza divina, viene subito messa da parte e neppure presa in considerazione. Il peccato non è un impedimento alla vita, anzi molto spesso ne è il motore e l’anima. Peccando contro Dio e contro l’uomo è aperta la strada per una crescita senza limiti e senza confini. Una volta che si è sbarazzato di Abele, Caino si sbarazza facilmente anche di Dio, ultimo ostacolo per l’affermazione totale ed incondizionata del proprio io.
E tutto questo non può essere spiegato come un semplice inganno del Maligno: prima ancora è una scelta pienamente libera e responsabile dell’uomo. Meglio le certezze di questa vita che la speranza in una vita futura. Meglio approfittare del peccato che rimane nascosto che portarlo davanti a Dio. Quale bene ci può venire da una giustizia divina che tutto tollera nel tempo della vita terrena? Se c’è perdono da parte di Dio, meglio approfittarne e non indagare oltre e chiedersi altro.
Se Caino è preso come primo tipo della conoscenza del male, Noè è preso come l’ultimo tipo della conoscenza del bene; di una certa generazione s’intende: quella che abbiamo detto primitiva, avente le sembianze dell’uomo bambino.
Ambedue sono uomini di coraggio, ma in senso diverso. Caino si allontana da solo da Dio, nonostante il giudizio degli uomini che lo spinge in senso contrario. “Lontano dal tuo volto mi nasconderò… e avverrà: chiunque mi troverà mi ucciderà”. Teme il giudizio dell’uomo, ma solo per la punizione che ne viene, non perché rimanda ad una giustizia superiore. Allorché Dio gli garantisce l’impunità in questo mondo nessuno può fermarlo nella sua folle scelta. Noè, al contrario, non solo sceglie Dio ma rimane con Lui, nonostante l’umanità tutta lo spinga e lo inciti contro il suo Signore. Agli occhi di un’umanità incredula e perversa Caino può ben apparire come il superuomo, che dopo essersi innalzato sopra i propri simili, si innalza contro Dio stesso. In quanto a statura Noè non arriva a tanto: rimane sempre al di sotto di Dio e con ciò trova il proprio limite, ma anche la propria felicità e la ragione di una vita creata.
“9 Queste sono le generazioni di Noè”
Svanisce nel nulla l’uomo che non cerca il  Signore, ed anche il suo nome è cancellato dalla faccia della terra. Al contrario il giusto rimane in eterno e per sempre sarà ricordata la sua generazione.
“Noè fu nelle sue generazioni uomo giusto e perfetto, camminò con Dio. 10 e generò tre figli Sem, Cham Iaphet”.
Quale generazione si vuole intendere se non quella che è nel Figlio e dal Figlio? E’ Lui l’autore di ogni perfezione. Non vi è uomo gradito al Padre se non quello che è rinato nel Cristo, da Lui generato a propria immagine e somiglianza. Vedi dunque come la grazia del Signore tutti accolga in un unico abbraccio in virtù del sacrificio del Figlio? C’è la fede che guarda al Salvatore che verrà e c’è la fede che guarda al Salvatore che è venuto: cambia solo il punto di vista.
Chi è generato dal cielo, non per questo genera figli che guardano al cielo. Certo essi entrano di prepotenza nella comunità degli eletti, e sono fatti segno dell’amore di Dio e portano con sé una particolare benedizione e seguono il destino dei loro genitori, fino a quando saranno chiamati ad una fede consapevole e responsabile. Ma è un dato di fatto che non va ignorato né contraddetto. Non c’è grazia data ai genitori che non si travasi anche sui figli. C’è chi trova la chiesa ad una certa età e chi da essa è già trovato fin da piccolo. E’ un dono ed una grazia molto grandi. Ma ciò che all’inizio è discriminante, alla fine sarà discriminato. Perché i figli dovranno trovare in sé e per sé il senso della fede dei loro padri. Non si rimane per sempre nel dono dell’infanzia e non si siede per sempre nella chiesa accanto al proprio genitore carnale. All’inizio della loro esistenza i figli di Noè sono tutti dalla parte del loro padre, separati e divisi dal resto dell’umanità: una piccola famiglia dove si vive di santità,  contrapposta ad un mondo pieno d’ingiustizia.  La Chiesa non è fatta innanzitutto dai vincoli del carne e del sangue, ma neppure li rigetta. Semmai li porta in sé per purificarli e vagliarli.

“11 Ma la terra fu corrotta davanti agli occhi di Dio e riempita di iniquità. 12 E avendo visto Dio che la terra era stata corrotta, poiché  ogni carne aveva corrotto la sua via sopra la terra,

Dio  vede ora una terra ben diversa da quella creata. Ciò che era stato fatto buono dal  Suo sguardo è ora fatto malvagio dall’occhio dell’uomo. Finchè la via è suggerita dallo sguardo del Signore l’uomo procede di bene in bene, ma allorché la creatura vede da sola la propria via, procede da male in male. Nessuno si salva dalla universale corruzione se non colui che è salvato da Dio.

13 disse rivolto a Noè: l’intendimento di ogni carne è venuto al mio cospetto: la terra è stata riempita di iniquità dalla loro faccia e io li manderò in rovina insieme con la terra.”


Si dispiega o meglio è dispiegata ora davanti a Dio la vita di ogni uomo nella globalità del suo essere. Non più semplicemente questa o quell’azione, ma “l’intendimento di ogni carne”. Non più semplicemente quello che egli fa , ma quello che egli è. Se all’inizio il giudizio di Dio investe soltanto le singole azioni, ora investe la totalità dell’essere creato e ne riconosce e ne sancisce l’avvenuta corruzione. Non c’è nulla dell’uomo vecchio che meriti di essere salvato. Meglio pensare ad un’umanità nuova e lanciare un appello alla salvezza… per chi vuole comprendere.

“14 fatti un’arca: con legni levigati tu farai nell’arca delle piccole stanze, e con bitume le spalmerai dentro e fuori. 15 e così la farai: la lunghezza dell’arca sarà di trecento cubiti la larghezza di cinquanta cubiti e la sua altezza di trenta cubiti. 16 Farai  nell’arca una finestra, e farai terminare la sua sommità a gomito; ma l’ingresso dell’arca porrai  di fianco in basso: farai in essa il piano superiore e il terzo piano”.

E’ la prima immagine della Chiesa. Niente di più ben fatto… non solo per te, ma innanzi tutto per te. Edificio costruito da mani d’uomo,  per volontà di Dio; un insieme di regole, tradizioni, riti, parole, ove nulla è lasciato al caso, ma tutto è ben squadrato, pesato e misurato. Perché ogni cuore trovi in essa la propria dimora e la propria salvezza, in tempi diversi ma contigui, in spazi separati ma comunicanti gli uni con gli altri. Una e monolitica nel suo aspetto esteriore, molteplice e complessa al suo interno.
“Con legni levigati tu farai nell’arca delle piccole stanze, e con bitume le spalmerai dentro e fuori”…
Bella e pura, dentro;  impregnata di Spirito Santo e fatta impermeabile  contro ogni  attacco del Satana… Ma soltanto nella parte più intima e nascosta, nelle piccole stanze, dove è raccolto il piccolo gregge.
Essa da sempre è e per sempre sarà arca di salvezza per tutti coloro che cercano il Signore.

“15 E così la farai: la lunghezza dell’arca sarà di trecento cubiti, la larghezza di cinquanta cubiti e la sua altezza di trenta cubiti. 16 Farai  nell’arca una finestra, e farai terminare la sua sommità a gomito; ma l’ingresso dell’arca porrai  di fianco in basso: farai in essa il piano superiore e il terzo piano”.

Tutto ciò che è fatto per la costruzione della Chiesa deve essere ben ponderato e misurato, conforme alla volontà di Dio, in obbedienza alla sua Parola.
Larga alla sua base, perché allargata a tutti gli uomini, l’arca della salvezza si restringe verso l’alto, allorché attinge al suo Creatore. Al vertice siede Cristo, sommo pontefice.
Nella Chiesa non vi sono molte finestre aperte verso il mondo, ma una sola: quella voluta dal Signore. Per chi guarda, osserva e scruta attraverso di essa, una sola prospettiva e un solo modo di vedere.
Perirà nelle acque del male, chi aprirà altre finestre, oltre la sola voluta ed approvata dal Creatore. Un certo ecumenismo, oggi  di moda per molti cristiani, viaggia su un’arca che è altra da quella benedetta da Dio.
Più in basso ad altezza d’uomo troviamo la  porta d’ingresso.
Come una sola finestra, così una sola porta. Si entra da un solo lato, non c’è possibilità alcuna di salvezza per chi vuole entrare da un’altra parte.
Se Dio presiede la sua Chiesa dall’alto, è l’uomo che presiede  la vita della Chiesa, nella sua parte più bassa, che è quella terrena. Sono nelle mani di Cristo le chiavi per entrare nella casa di Dio. Su questa terra sono consegnate non a qualsiasi uomo, ma soltanto a colui che porta il nome di Pietro e a chi ne è il successore. Due sommi pontefici dunque e due giudizi, uno divino, l’altro umano: l’uno viene dalla Chiesa eterna, l’altro è dato alla Chiesa terrena. E’ volontà di Dio che chi ha le chiavi della chiesa terrena porti al Signore, guidato, sorretto, confortato da una luce celeste che è sua prerogativa. Guai a colui o a coloro che nella Chiesa prendono il posto di chi è sommo Pontefice. Il giudizio che viene dalla terrà dovrà essere confermato da quello che viene dal cielo. È sempre possibile far ricorso, in Appello. Tutto ciò che la Chiesa lega in terra sarà  legato anche in cielo, ma è detto per i doni di Dio che passano attraverso la sola Chiesa e non altrimenti. Al Signore spetta il giudizio ultimo e definitivo, che è per la vita eterna. Se non fosse così avremmo una terra che scavalca il cielo, mentre è esattamente vero il contrario. Unico è l’eterno sommo pontefice della Chiesa. Nessun servo, preposto alla casa di Dio, potrà mai prendere il posto del Signore, se non per quel che riguarda l’amministrazione e la gestione della stessa casa. Chi vive in una grande famiglia, deve rispettare le regole di chi è messo a capo, con garanzia di luce divina e con benedizione celeste. Diversamente è il caos e l’anarchia più completa.
Che tu ti senta bene o male nel tuo rapporto con i capi della Chiesa, poco importa. Stai sottomesso e non prevaricare rispetto alla loro autorità. È volontà di Dio che le cose nella Chiesa terrena vadano così. Se devi portare ingiustizia, è pur sempre ed ancor più benedetta la tua obbedienza.
Sappi che alla fine tutti saremo giudicati dall’unico Signore. Quando l’uomo condanna Dio può assolvere, quando l’uomo assolve Dio può condannare. Il giudizio dell’uomo può anche anticipare e prefigurare quello divino, non può prendere il suo posto. Né la chiesa terrena può identificarsi con quella celeste. La prima conosce il peccato della creatura, la seconda solo la giustizia del Creatore. Ogni uomo entra e dimora nella Chiesa terrena in maniera ed in misura diversa, perché, fatto nuovo in Cristo, porta ancora in sé l’uomo vecchio che è in Adamo. Per quel che riguarda la Chiesa celeste, tutto è certo, chiaro e sicuro. Vi è una sola via ed una sola porta: uno solo è il suo custode, ed uno solo è garante di salvezza. Qualsiasi identificazione dell’uomo con Dio o sovrapposizione di ciò che appartiene alla terra con ciò che appartiene al cielo è falsa ed ingannevole. Qualcuno può trovare nella via indicata dalla Chiesa una gioia pronta ed immediata, qualcun altro la propria croce. Poco importa. Tieni i tuoi occhi rivolti al Signore e vivi nel suo timore. Niente e nessuno potrà strapparti al suo amore.

“farai in essa il piano superiore e il terzo piano”.

Al piano terra sta la chiesa come “corpo” nel suo aspetto fisico e materiale, al secondo piano la chiesa in quanto “anima” sotto la guida e parimenti sotto il giudizio di Dio, al terzo piano la chiesa come   “ spirito”. Tre dimensioni formano la chiesa, perché da tre dimensioni è formato l’uomo. Alla fine rimarrà solo quella spirituale e celeste.

“17 Ecco  io porterò le acque del diluvio ( della rovina ) sopra la terra per uccidere ogni carne in cui vi è spirito di vita sotto il cielo: tutte le cose che sono sopra la terra, saranno consumate”.

Allorché Dio vede che la vita dell’uomo va a rovescio, a rovescio va anche il suo progetto d’amore. Tanto grande è la corruzione di ogni carne che tanto vale non pazientare oltre ed intervenire drasticamente per non lasciare altro spazio al peccato. La creatura, che doveva essere colmata di ogni grazia, è ora colmata dall’ira divina. Amore ed ira divini attingono alla stessa fonte, e sono riversati sull’uomo in maniera diversa: l’uno per la vita eterna, l’altra per la dannazione eterna. Ma come non c’è amore senza ira così non c’è ira senza amore. E’ lasciata aperta la porta della salvezza per coloro che vanno in senso contrario rispetto alla corrente che trascina tutta l’umanità. Una punizione esemplare non è semplicemente la giusta retribuzione per chi opera il male, ma ancor più un esempio ed un monito per chi sopravvive, perché non ricalchi le orme di chi lo ha preceduto.
Vita nuova dunque per chi scampa all’ira divina, purchè rispetti i patti. Quando un rapporto a due finisce male, per ricominciare daccapo, bisogna rinverdire i patti che sono stati infranti. Niente di nuovo in sostanza rispetto a quello che c’era prima, se non una riformulazione più chiara e più precisa.
“18 E  porrò il mio patto con te: ed entrerai nell’arca tu e i tuoi figli, tua moglie, e le mogli dei tuoi figli con te. 19 e di tutti gli animali di ogni carne ne farai entrare nell’arca un paio, perché vivano con te, di sesso maschile e femminile. 20 Degli uccelli secondo la loro specie e dei giumenti secondo la loro specie, e di ogni rettile della terra secondo la sua specie due fra tutti entreranno con te, perché possano vivere. 21 Prenderai pertanto con te di tutti quei cibi che possono mangiarsi e li ammasserai presso te: e saranno per  te quanto per loro come cibo. 22 Fece pertanto Noè tutte quelle cose che Dio aveva a lui comandato”.

Sono esclusi dal patto tutti coloro che non hanno fatto la volontà di Dio. Soltanto Noè è  considerato degno di tale patto e con lui  tutta la sua famiglia. Se l’amore di Dio è esclusivo e taglia fuori chi non risponde alla sua chiamata, è anche inclusivo perché “tira dentro” tutti coloro che in qualche modo accettano il confronto e la convivenza con gli eletti. Per la fede di Noè la grazia è riversata anche su coloro che gli “girano attorno”. “Chi accoglie un giusto come giusto avrà la ricompensa del giusto”. Non c’è paternità spirituale che non generi figli accetti al Signore. E  questo è frutto di un amore che  si fa obbediente in tutto e per tutto alla Parola del Signore. Le prescrizioni precise e rigorose di Dio, trovano in Noè un’obbedienza altrettanto precisa e rigorosa. Non piace a Dio un’obbedienza vaga ed indeterminata. Obbedisce chi fa bene tutte le cose comandate, anche nei suoi minimi particolari. L’obbedienza non riguarda semplicemente le grandi scelte della vita, ma ogni momento della nostra esistenza. E’ un modo d’essere davanti a Dio, in cui tutto vien fatto sotto lo sguardo vigile del Signore, senza nulla nascondere e senza prevaricazione alcuna.
Noè è silenzio assoluto, perché è obbedienza assoluta. Nessuna parola sulla sua bocca, ma tutta la parola del Signore nelle sue orecchie e nel suo cuore.
Nel silenzio obbediente di Noè è il senso primo e più profondo della predilezione divina, di quel
8 Ma Noè trovò grazia davanti al Signore
Bisognerà arrivare a Maria per trovare qualcosa di simile. Se vi è un legame tra i due, esso è dato innanzitutto dalla loro obbedienza silenziosa. Dio parla e la creatura obbedisce. Tra la parola di Dio ed il suo ascolto non c’è spazio alcuno per la riflessione o per un ripensamento qualsiasi, ma soltanto un’adesione pronta e piena in tutto e per tutto.
“E disse Dio a Noè… E fece Noè quanto gli aveva comandato il Signore Dio, così fece…; E disse il Signore Dio a Noè… E fece Noè tutto ciò che gli aveva comandato il Signore Dio…; E parlò il Signore Dio a Noè dicendo: Esci dall’arca tu e… E uscì Noè e…;” 
“E benedì, Dio, Noè e i suoi figli e disse loro…; E parlò Dio a Noè e ai suoi figli con lui dicendo…; E disse il Signore Dio a Noè… E disse Dio a Noè…;”
Più volte Dio ha parlato a Noè.  Da parte di Noè nessuna replica o richiesta di chiarificazione, soltanto l’ascolto obbediente. Noè non ha voce, perché è tutto e solo orecchi … per il suo Signore.

 

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