Genesi 7

Cap. 7

Dai Settanta

E disse il Signore Dio a Noè: “Entra, tu e tutta la tua casa nell’arca, poiché te ho veduto giusto davanti a me in questa generazione. 2 Delle bestie, quelle pure, introducine presso di te sette e sette, maschio e femmina, 3 ma delle bestie non pure due e due, maschio e femmina, e dei volatili non puri due e due, maschio e femmina, per mantenerne il seme su tutta la terra. 4 Ancora sette giorni infatti e io rovescio pioggia sulla terra e per quaranta giorni e quaranta notti e cancellerò tutto ciò che ho fatto sorgere, dalla faccia della terra. 5 E fece Noè tutto ciò che gli aveva comandato il signore Dio. 6 Noè era di seicento anni quando il diluvio dell’acqua venne sulla terra. 7 Entrò allora Noè, e i suoi figli e la sua sposa e le spose dei suoi figli con lui nell’arca, a causa dell’acqua del diluvio. 8 E dei volatili e delle bestie pure, e delle bestie non pure, e di tutti i rettili che erano sulla terra, 9 a due a due entrarono presso Noè nell’arca, maschio e femmina, come gli aveva comandato Dio. 10 E accadde, dopo sette giorni, che l’acqua del diluvio venne sulla terra. 11 Nel seicentesimo anno della vita di Noè, nel secondo mese, il ventisette del mese, in quel giorno furono squarciate tutte le fonti dell’abisso e le cataratte del cielo furono aperte. 12 E venne la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti. 13 In quel giorno entrò Noè, Sem, Cham, Iaphet, figli di Noè, e la sposa di Noè e le tre spose dei suoi figli con lui, nell’arca. 14 E tutte le fiere secondo la loro specie e tutto il bestiame secondo la sua specie e ogni rettile che si muove sulla terra secondo la sua specie e ogni volatile secondo la sua specie 15 entrarono presso Noè nell’arca, due per due di ogni carne in cui c’è spirito di vita. 16 E quelli che giungevano maschio e femmina da ogni carne entrarono, come aveva comandato Dio a Noè. E chiuse il Signore Dio dall’esterno dietro a lui l’arca. 17 E ci fu il diluvio per quaranta giorni e quaranta notti sulla terra, e fu moltiplicata l’acqua e sollevò l’arca, che fu innalzata da terra. 18 E dominava l’acqua ed era moltiplicata oltre modo sulla terra, ed era portata l’arca al di sopra dell’acqua. 19 E dominava, l’acqua, con violenza sempre maggiore, sulla terra. E coprì tutti i monti alti che c’erano sotto al cielo: 20 di quindici cubiti al di sopra fu innalzata l’acqua e coprì tutti i monti alti; 21 e morì ogni carne che si muove sulla terra, dei volatili e del bestiame e delle fiere e ogni rettile che si muove sulla terra e ogni uomo. 22 E tutto ciò che ha spirito di vita e chiunque c’era sulla terra asciutta morì. 23 E cancellò qualsiasi cosa che fosse sorta sulla faccia di tutta la terra, dall’uomo fino al bestiame e ai rettili e ai volatili del cielo e furono cancellati dalla terra. E fu lasciato il solo Noè e quelli con lui nell’arca. 24 E fu alta l’acqua sulla terra per centocinquanta giorni.


Testo Vulgata
Dixitque Dominus ad eum ingredere tu et omnis domus tua arcam et enim vidi iustum coram me in generatione hac
2 ex omnibus animantibus mundis tolle septena septena masculum et feminam de animantibus vero non mundis duo duo masculum et feminam
3 sed et de volatilibus caeli septena septena masculum et feminam ut salvetur semen super faciem universae terrae
4 adhuc enim et post dies septem ego pluam super terram  quadraginta diebus et quadraginta noctibus et delebo omnem substantiam quam feci de superficie terrae
5 fecit ergo Noe omnia quae mandaverat ei Dominus
6 eratque sescentorum annorum quando diluvii aquae inundaverunt super terram
7 et ingressus est Noe et filii eius uxor et uxores filiorum eius cu meo in arcam propter aquas diluvii
8 de animantibus quoque mundis et inmundis et de volucribus et ex omni  quod movetur super terram
9 duo et duo ingressa sunt ad Noe in arcam masculus et femina sicut praeceperat Deus Noe
10 cumque transissent septem dies aquae diluvii inundaverunt super terram
11 anno sescentesimo vitae Noe mense secundo septimodecimo die mensis rupti sunt omnes fontes abyssi magnae et cataractae caeli apertae sunt
12 et facta est pluvia super terram quadraginta diebus et quadraginta noctibus
13 in articulo diei illius ingressus est Noe et Sem et Ham et Iafeth filii eius uxor illius et tres uxores filiorum eius in arcam
14 ipsi et omne animal secundum genus suum universaque iumenta in genus suum et omne quod movetur super terram  in genere suo cunctumque volatile secundum genus suum universae aves omnesque volucres
15 ingressae sunt ad Noe in arcam bina et bina ex omni carne in qua erat spiritus vitae
16 et quae ingressa sunt masculus et femina ex omni carne introierunt sicut praeceperat ei Deus et inclusit eum Dominus de foris
17 factumque est diluvium quadragintya diebus super terram et multiplicatae sunt aquae et elevaverunt arcam in sublime a terra
18 vehementer inundaverunt et omnia repleverunt in superficie terrae porro arca ferebatur super aquas
19 et aquae praevaluerunt nimis super terram opertique sunt omnes montes excelsi sub universo caelo
20 quindecim cubitis altior fuit aqua super montes quas operuerat
21 consumptaque est omnis caro quae movebatur super terram
volucrum animantium bestiarum omniumque reptilium quae reptant super terram universi homines
22 et cuncta in quibus spiraculum vitae est in terra mortua sunt
23 et delevit omnem substantiam quae erat super terram ab homine usque ad pecus
tam reptile quam volucres caeli et deleta sunt de  terra remansitque autem solus Noe et qui cu meo erunt in arca
24 obtinueruntque aquae terras centum quinquaginta diebus.

Traduzione dalla Vulgata

1 E il Signore disse  a lui: entra tu  e tutta la tua casa nell’arca, te infatti ho visto giusto davanti a me in questa generazione.
2 Di tutti gli animali puri prendi sette a sette, maschio e femmina: ma degli animali impuri due a due, maschio e femmina.
3 Ma anche dai volatili del cielo sette a sette, maschio e femmina: affinché sia salvato il seme sopra la faccia di tutta la terra.
4 Infatti dopo giorni sette da ora io pioverò sopra la terra per quaranta giorni e quaranta notti: e distruggerò ogni sostanza che ho fatto dalla superficie della terra.
5 Fece pertanto Noè ogni cosa che aveva comandato a lui il Signore.
6 E era di seicento anni allorché le acque del diluvio riversarono le loro onde sopra la terra.
7 E entrò Noè e i suoi figli, sua moglie, e le mogli dei suoi figli con lui nell’arca a causa delle acque del diluvio.
8 E anche degli animali puri e impuri e degli uccelli e di tutto ciò che si muove sopra la terra,
9 due a due entrarono presso Noè nell’arca, maschio e femmina, come aveva comandato il Signore a Noè.
10 Ed essendo passati sette giorni, le acque del diluvio riversarono le loro onde sopra la terra.
11 L’anno seicentesimo della vita di Noè, nel mese secondo, il diciassettesimo giorno del mese, si ruppero  tutte le grandi fonti dell’ abisso, e le cateratte del cielo furono aperte.
12 e fu pioggia sopra la terra per quaranta giorni e quaranta notti.
13 Nel momento di quel giorno entrò Noè Sem e Iafeth figli suoi, sua moglie e le tre mogli dei suoi figli con loro nell’arca.
14 Gli stessi, e ogni animale secondo la sua specie e tutti i giumenti secondo la loro specie, e tutto ciò che si muove sopra la terra secondo la sua specie, e ogni volatile secondo la sua specie e tutti gli uccelli, e tutti gli animali con le ali.
15 Entrarono presso Noè nell’arca due a due di ogni carne, in cui era spirito di vita.
16 E quelli che entrarono maschio e femmina di ogni carne entrarono, come aveva a lui comandato il Signore: e lo chiuse dentro il Signore da fuori.
17 E fu il diluvio per quaranta giorni sopra la terra; e si moltiplicarono le acque e alzarono l’arca in alto da terra.
18 Fortemente infatti inondarono e tutte le cose coprirono sulla superficie della terra: ma l’arca  veniva portata sopra le acque.
19 E le acque prevalsero fuori misura sopra la terra; e furono coperti tutti i monti eccelsi sotto tutto il cielo.
20 Di quindici  cubiti fu più alta l’acqua sopra i monti che aveva ricoperto.
21 E fu consumata ogni carne che si muoveva sopra la terra degli uccelli, degli animali, delle fiere e di tutti i rettili che strisciano sopra la terra. Tutti gli uomini
22 e tutti quelli in cui vi è spiraglio di vita sulla terra morirono.
23 E distrusse ogni sostanza che era sopra la terra, dall’uomo fino  alla bestia, sia rettile che uccelli del cielo e furono sterminati dalla terra. Ma rimase il solo Noè, e quelli che erano con lui nell’arca.
24 E tennero le acque la terra per centocinquanta giorni.

 

“1 E il Signore disse  a lui: entra tu  e tutta la tua casa nell’arca, te infatti ho visto giusto davanti a me in questa generazione”.

A Noè e solo a lui, Dio fa un discorso di salvezza. Gli altri non interessano, perché non hanno interesse e neppure cercano la vita che viene da Dio.
Il giudizio ultimo e definitivo del Signore è già anticipato in questa vita per tutti gli uomini che vivono nel peccato, di esso si nutrono ed in esso trovano la propria soddisfazione ed esaltazione. Per la Chiesa e con la Chiesa, costruita per volontà di Dio da mani d’uomo, già si compie una prima divisione tra coloro che entrano e coloro che restano fuori. Non si entra ad arbitrio, ma per un comando del Signore, che afferra gli uni e abbandona gli altri al loro destino di morte.
“Te infatti ho visto giusto davanti a me in questa generazione”. Quale sia il giudizio degli uomini riguardo ai propri simili, nulla importa a Dio. L’elezione cade su coloro che vivono sotto il Suo sguardo, non su coloro che hanno scelto una esistenza nascosta ai Suoi occhi, per fare la propria volontà e non quella del Creatore.
Il numero degli eletti sembra non avere alcuna importanza per Dio: di un’intera generazione importa a Lui soltanto chi da Lui è trovato giusto.
Ma un occhio di riguardo c’è pure per coloro che, pur non essendo giusti, vivono accanto a chi è giusto.
Se Noè è l’eccezione ed il diverso davanti a Dio, diversamente sono considerati da Dio la sua sposa e i suoi figli.
Chi vive nella casa del giusto avrà il trattamento del giusto. Non sfuggirà al giudizio di Dio, ma in virtù della giustizia dell’uno sono allungati i giorni di vita dei molti e si allarga e si dilata la misericordia divina.

“2 Di tutti gli animali puri prendi sette a sette, maschio e femmina: ma degli animali impuri due a due, maschio e femmina.
3 Ma dei volatili del cielo sette a sette, maschio e femmina: affinché sia salvato il seme sopra la faccia di tutta la terra”.

Difficile dare una spiegazione sicura riguardo al significato dei numeri, che è  simbolico. Probabilmente molti significati erano immediatamente comprensibili agli Ebrei di un tempo. Per quanto ci riguarda non oseremo addentrarci in spiegazioni non suffragate da conoscenze certe.
È tuttavia chiaro nelle Scritture che il numero sette è benedetto in riferimento ai sette giorni della creazione. Sette copie di animali puri, e sette di uccelli perché in sette giorni Dio portò a compimento il cielo e la terra.
In quanto agli animali impuri si parla di due coppie. Il due non sembra essere un numero benedetto nella Scrittura.
Non c’è due senza tre, così nell’uomo, come in Dio.

“4 Infatti dopo sette giorni da ora io pioverò sopra la terra per quaranta giorni e quaranta notti: e distruggerò ogni sostanza che ho fatto dalla superficie della terra”.

Ritorna il numero sette come il tempo della paziente attesa di Dio. Nessun giudizio affrettato e precipitoso nel Signore, dettato da un’ira senza amore. Quando è deciso un intervento riguardo alla creatura ribelle è anche deciso un tempo in cui è lasciata a quest’ultima la possibilità ultima di un ripensamento e di un ravvedimento.

“…pioverò sopra la terra per quaranta giorni e quaranta notti”.

Il numero quaranta ritorna spesso nella Scrittura: è il tempo dell’esistenza di una generazione. Quaranta furono gli anni di prova nel deserto, quaranta furono i giorni durante i quali Gesù fu tentato dal Diavolo. Dopo quaranta giorni dalla Resurrezione avvenne l’Ascensione al cielo del Salvatore.

“5 Fece pertanto Noè ogni cosa che aveva comandato a lui il Signore”.

Non vi è mai un’obbedienza a metà che possa essere gradita al Signore. Noè fece ogni cosa, presa singolarmente, con scrupolosa osservanza del comando di Dio. Non esiste comando del cielo che valga più di un altro e non è consentito alla creatura fare giudizi o graduatorie di valore e di priorità. Non importa innanzitutto ciò che si fa, ma Colui per il quale si fa. L’amore vero si esprime in Dio nella forma del comando, nella creatura nella forma dell’obbedienza silenziosa, che nulla ribatte e che nulla mette in discussione, neppure in modo parziale.

“6 E era di seicento anni allorché le acque del diluvio riversarono le loro onde sopra la terra”.

Seicento anni di età non sono pochi, soprattutto quando sono anni di obbedienza al Signore. Non siamo di fronte ad una fede dell’ultima ora, ma a una fede della prima ora.
Chi non sa perseverare in un’obbedienza senza tempo e senza un conforto ed una consolazione a breve termine, non ha salde radici nel Signore. Presto si abbraccia la fede ed altrettanto presto la si abbandona. Così la maggior parte dei “credenti”, che non danno importanza assoluta a Dio. Molto presto si stancano di un amore e  vanno in cerca di un altro più tangibile e immediato, a modo dei bambini, per il quale tutto è gioco e tutto va rimesso in gioco.

“7 E entrò Noè e i suoi figli, sua moglie, e le mogli dei suoi figli con lui nell’arca a causa delle acque del diluvio.
8 E anche degli animali puri e impuri e degli uccelli e di tutto ciò che si muove sopra la terra,
9 due a due entrarono presso Noè nell’arca, maschio e femmina, come aveva comandato il Signore a Noè”.

Non obbedisce solo Noè, ma anche tutti coloro che sono con lui, compresi gli animali. Nell’economia della salvezza c’è posto solo per l’obbedienza:  non per l’obbedienza disordinata del singolo che si rifà immediatamente al comando di Dio, ma per quella che si riconosce in un ordine, in una economia, in una gerarchia stabilita dal Signore. Al centro sta Noè, che è figura del Cristo: è Lui il   mediatore, il portatore e  il facitore di ogni comando dell’Altissimo. Non si obbedisce al Padre, se non nel Figlio ed in virtù del Figlio. Chi ha ricevuto un comando dal Signore ed è in attesa “dell’evento”, non aspetta l’ultimo minuto. La sua obbedienza è pronta ed immediata ed anticipa i tempi dell’intervento.
Siamo chiamati a vivere in un’obbedienza che cade qui ed ora,  in una costante e fiduciosa attesa dell’opera di Dio.
Vivere ogni giorno di fede non significa vivere alla giornata. Non è saggio l’uomo che  prende la vita così come è e come viene, perché “del domani non c’è certezza”. È una saggezza falsa ed ingannevole, che porta alla dannazione eterna. Si vive in una costante ed ininterrotta presenza agli occhi del Signore, attenti alla sua volontà, obbedendo da subito, quando nessun segno è dato, fidando unicamente nella Parola. Chi aspetta i segni dal cielo, e si muove a rilento e con riluttanza, non è benedetto da Dio. Non c’è segno o segnale più grande di Dio di quello che è dato dalla Sua  Parola. Tutti gli altri segni dal cielo possono fare da rinforzo e da conferma, ma restano sempre un più rispetto all’unica Parola a cui è dovuta ogni obbedienza. Noè e chi con lui, entrano nell’arca sette giorni prima dell’evento. Non c’è mai alcuna esagerazione quando si  vive nell’attesa dell’intervento del Signore. Certamente il mondo, compreso quello cristiano,  se la ride di grosso, e prende in giro ogni scelta  di autentica fede. Meglio arrivare alla Messa all’ultimo minuto ed evitare un tempo di attesa noioso, se pur minimo. Così la pensa chi non ha fede. Meglio anticipare l’ora ed attendere in uno spirito di preghiera e di lode. Così la pensa ogni autentico cristiano.
I sette giorni  in cui Noè rimane chiuso nell’Arca, in attesa, non sono pacifici e tranquilli. È un tempo in cui Satana può entrare di prepotenza, per turbare e sconvolgere l’animo, per insinuare il dubbio e la necessità di una messa in discussione.
Per quel che riguarda Dio, questi sette giorni possono anche essere l’espressione ultima della sua pazienza e del suo amore, che si trattiene dall’ira fino all’ultimo momento e aspetta ad oltranza, per vedere ancora una volta se nell’uomo incredulo si manifesta un qualche ravvedimento.

“10 Ed essendo passati sette giorni, le acque del diluvio riversarono le loro onde sopra la terra”.
11 L’anno seicentesimo della vita di Noè, nel mese secondo, il diciassettesimo giorno del mese, si ruppero  tutte le fonti del grande abisso, e le cateratte del cielo furono aperte”.

Abbiamo visto innanzi tutto come nell’edificazione della Chiesa non ci sia spazio per l’arbitrio e l’iniziativa umana. Essa nasce per un disegno di Dio ed è approvata dal Signore soltanto in quanto conforme alla sua Parola. Ciò che ha un fondamento ha anche un  fine. Nulla di ciò che è costruito è fatto a caso ma per uno scopo ben determinato. Non c’è costruzione che non sia per la soddisfazione di un bisogno e di una necessità. E’ la logica stessa degli eventi, il modo in cui la vita dell’uomo viene a dispiegarsi che giustifica l’assoluta necessità di un nuovo edificio spirituale. La Chiesa non è un qualcosa di più o un qualcosa di meno rispetto alla vita del singolo, ma rappresenta l’unica possibilità di salvezza dalla morte, che incombe sul genere umano. Nessun altro edificio spirituale può garantirci dalla corruzione eterna e farci salvi dal giudizio di Dio. Prima ancora del giudizio di condanna ultimo e definitivo, Dio ha predisposto tutto ciò che è necessario per la nostra salvezza. Se la Chiesa è un dato ed un fatto da parte di Dio, chiede altresì una risposta ed una adesione pronta ed immediata da parte dell’uomo. Se è l’uomo a definire i tempi ed i modi della propria corruzione, è Dio che definisce tempi e modi del proprio intervento di salvezza. La Chiesa, prima ancora di essere uno strumento di salvezza, è un richiamo alla salvezza. Proprio perché c’è, l’uomo deve chiedersi il perché di questo suo esserci. Non c’è indifferenza verso la Chiesa se non da parte di coloro che non vedono e non comprendono il  proprio destino di morte eterna. Tutto si gioca in rapporto alla Chiesa. O si sta dalla sua parte o si sta dalla parte opposta. A volte c’è guerra aperta, più spesso c’è l’indifferenza… fino a quando la situazione precipita e non c’è più tempo per entrare perché le porte sono state chiuse. Chi entra nell’arca che è la Chiesa entra in un cammino ed in un percorso di salvezza. Non importa se si è persone trainanti come Noè o trainate come i suoi familiari: l’importante è essere dentro e non fuori. L’inizio di un cammino di salvezza non garantisce di per sé la salvezza, ma la possibilità di salvezza. Per coloro che non credono tutto è già perso in partenza: non c’è altro riparo contro il Maligno né luogo diverso accetto al Signore. Nulla vi è di storicamente rilevante, se non il giorno di inizio della Chiesa e del nostro ingresso in essa.

“11 L’anno seicentesimo della vita di Noè, nel mese secondo, il diciassettesimo giorno del mese …”

Non c’è datazione vera per l’intervento del Signore   se non in riferimento a colui che lo fa proprio. Ciò che è detto di Noè ognuno può dirlo di se stesso. Il giorno in cui siamo stati visitati dalla salvezza del Signore è stato diverso da tutti gli altri e come tale vive nella nostra memoria, nel ricordo dell’anno, del mese e  perfino del giorno della nostra vita.

“si ruppero  tutte le grandi fonti dell’ abisso, e le cateratte del cielo furono aperte”.

Di quale abisso si parla? Il momento è solenne e fa pensare a qualcosa di grande e di importante. Di nessun evento  si ricorda il giorno se non  è storicamente rilevante per l’uomo. Abbiamo visto come l’abisso che si colloca nell’alto dei cieli si debba intendere come tutta quella realtà spirituale preparata per rivestire l’uomo di vita eterna, nella gloria di Dio e dei suoi angeli. E’ la Gerusalemme celeste che scende dal cielo come fiume d’acqua viva, così come descritto in Apocalisse. Nel disegno di Dio questa nuova vita doveva entrare gradatamente nell’uomo seguendo un cammino di crescita che va di obbedienza in obbedienza. Adamo col suo peccato ha interrotto bruscamente questo cammino ed ha allontanato la terra dal cielo. Dopo un tempo di paziente attesa, per sondare come si mettono le cose e per vagliare meglio il cuore dell’uomo, Dio non intravede più la possibilità di un recupero della primitiva strada. Ma se l’uomo non vuole più essere per il cielo, resta un cielo che è stato fatto per l’uomo. Il Signore è costretto a squarciare , cioè a rompere i cieli preparati per Adamo e a riversarli, con violenza sull’uomo. Ciò che l’uomo non ha voluto come grazia , gli è ora imposto come giudizio.  Ora che lo strappo tra la terra ed il cielo è consumato del tutto, nessuno potrà ripararlo se non il Figlio, con null’altro si potrà ricucire se non con il Suo sacrificio. Tutto è perduto e nulla è perduto. Per questo squarcio si manifesta l’ira divina, ma anche l’amore del Figlio. Perché sicura è la sua venuta, ora che non vi è altra via di salvezza. Quanto detto può illuminare riguardo a quanto scritto in Pietro 1,18:
“perché anche Cristo soffrì una volta per tutte per i peccati, giusto per gli ingiusti, per avvicinarvi a Dio, messo a morte sì nella carne, reso vivo però nello Spirito. In questo, andato anche agli spiriti in carcere annunciò la salvezza, a coloro che furono un tempo disobbedienti quando la pazienza di Dio attendeva fiduciosamente, nei giorni di Noè quando si preparava l’arca in cui pochi, cioè otto anime, furono salvate per mezzo dell’acqua. La quale anche voi essendo antitipo adesso salva come immersione, non deposizione di sporcizia della carne, ma richiesta di una buona coscienza a Dio, per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo, che è andato alla destra di Dio in cielo, essendo stati sottomessi a lui angeli e potestà e potenze”.
Le parole di Pietro sembrano collocare l’umanità che va fino a Noè in un’ottica diversa rispetto alla restante. In altre parole si ipotizza per gli uomini primitivi come un tempo di attesa e di sospensione del giudizio,… per vedere come si mettono le cose, prima di una decisione ultima e definitiva. In altre parole soltanto dopo Noè la venuta del Figlio appare come un fatto assolutamente necessario ed inevitabile per la salvezza. Ciò che si determina storicamente non è in contrasto con ciò che è eternamente pensato. Perché da sempre il Padre vede il sacrificio del Figlio come soluzione ultima per la salvezza dell’uomo. Ma ciò che all’inizio era semplicemente una possibile estrema soluzione, di per sé non assolutamente necessaria, tale diventa per la durezza del cuore umano, così come si viene storicamente determinando. Vogliamo con ciò affermare che fino a Noè era possibile una salvezza senza fede nel Cristo? No assolutamente. Ma si trattava di una fede diversa, pur non essendo rivolta ad un Dio diverso. La grazia del Cristo non passa necessariamente per tutte le creature attraverso la sua morte e resurrezione. Vi furono anche gli angeli fedeli che conobbero ed accolsero un Cristo non crocefisso. Questo non significa che la passione di Gesù per alcuni sia stata del tutto inutile e superflua. Per gli angeli rappresenta il sovrappiù dell’amore, una manifestazione estrema da loro non provocata, ma allorché è data non può che rafforzare e rinvigorire il loro rapporto d’amore col Cristo. Per la primitiva umanità sembra che vi sia un momento di sospensione e di attesa, perché tutto si venga precisando con più chiarezza: il peso del peccato dell’uomo e  la  possibilità di salvezza attraverso una fede in Cristo “non crocifisso” dapprima,  l’inevitabile necessità della venuta del Salvatore sulla terra, da ultimo. Il senso della fede in Dio è sempre l’unico ed il medesimo: Ma allorché Dio fa qualcosa di nuovo, anche la fede si riveste di questa novità. Per questo era necessario che anche la primitiva umanità conoscesse un amore che passa attraverso il sacrificio di Cristo. E’ l’ultima chance o possibilità di salvezza a tutti offerta anche a coloro che sono vissuti prima che questo intervento si manifestasse come assolutamente necessario. Questo confronto con il Vangelo della morte e resurrezione di Cristo ha un significato metastorico ed universalmente vero per tutti. Non è riservato soltanto alla primitiva umanità, ma a tutti gli uomini in assoluto, di ogni tempo e cultura. E’ un confronto che non accade in un tempo determinato, ma alla fine del nostro tempo, allorché dopo una esistenza inseguita dalla voce di Dio, o dalla sua Parola nel caso della Chiesa, ogni uomo dovrà pur confrontarsi in maniera chiara e definitiva con l’amore di Cristo crocifisso. Se in questa vita siamo condizionati dalla nostra cultura, intelligenza, civiltà , ci sarà alla fine un confronto incondizionato col Cristo, uguale per tutti, non semplicemente con Cristo Salvatore, ma con  Cristo Salvatore in virtù della sua morte e resurrezione. Non ci sarà giudizio eterno se non dopo un sì o un no a Dio definitivo. Nessun sì e nessun no definitivo potrà dare l’uomo se non quando si troverà in una condizione di scelta ben definita in rapporto a Colui che chiede di essere scelto. Le scelte della vita procedono attraverso passi e cammini incerti ed oscuri. Ciononostante ci portano a Dio. In qualunque caso tutti arriveremo davanti al nostro Creatore per pronunciare il nostro amen eterno. Meglio con una coscienza illuminata da una vita di fede ed obbedienza! Potranno dire il loro sì eterno a Dio, coloro che non l’hanno mai cercato in questa vita? E cosa dire di coloro che hanno cercato un altro Dio? Certo è difficile collocare nel tempo questa discesa di Gesù al Limbo. La chiesa cattolica ipotizza il Limbo come uno stato dell’anima, per così dire in sospeso fino al giorno della venuta o meglio, in questo caso, della discesa del Cristo, che dopo aver annunciato il Vangelo ai vivi lo annuncia anche ai morti. Se è razionalmente comprensibile il senso di tale attesa, incomprensibile è la vita di chi è posto in tale attesa. C’è di mezzo un tempo e per di più molto lungo che deve pur essere colmato. Ma da chi e da che cosa, se non c’è ancora salvezza eterna e neppure dannazione? O  pensiamo ad uno stato di incoscienza simile al sonno, che fa salve tutte le prerogative dell’anima oppure ragioniamo secondo una logica che scavalca il tempo di questa vita. Una volta entrata in una dimensione eterna non si vede proprio perché l’anima non possa conoscere l’opera di Cristo nell’eterno giorno del Signore, anche se in anticipo rispetto al tempo creato. E’ pur vero che noi stessi abbiamo ipotizzato che la venuta del Cristo si venga determinando nella sua assoluta necessità soltanto dopo i tempi di Noè. Rimane il fatto che l’amore di Dio nella dimensione eterna si viene manifestando non semplicemente in relazione a ciò che opera, ma anche in relazione a tutto ciò che può operare. Non si comprende perché queste anime non possano aver conosciuto, subito dopo la loro morte, l’amore di Cristo crocifisso, non come un dato terreno, ma come realtà eterna, dove ogni possibilità futura è già presente nell’oggi  di Dio. Ci sembra che le parole di Pietro si debbano intendere  in immagine, non in senso letterale. Si vuol semplicemente dire che tutti gli uomini prima del giudizio eterno, saranno messi a confronto con l’amore di Cristo crocifisso, non esclusi neppure coloro che sono vissuti… quando la pazienza di Dio attendeva fiduciosamente, nei giorni di Noè… quando non era ancora chiaramente detto all’uomo e forse neppure ancora deciso che il Salvatore sarebbe venuto sulla terra. E’ vero che è scritto in Genesi “porrò inimicizia tra te e la donna tra il tuo seme e tra il suo seme”. Ma queste parole sono state dette da Dio al serpente antico, al Maligno , non ad Adamo. Fanno parte della parola rivelata, che viene dopo. Bisogna arrivare ai tempi di Noè, perché all’uomo giunga chiaramente l’annuncio  di un salvezza che dal cielo scenderà sulla terra.
In un primo momento sembra proprio che Dio voglia farla finita con l’umanità che è nata da Adamo, eccezion fatta per Noè e per i suoi.

“e lo chiuse dentro il Signore da fuori”.

Nessuno che era fuori poteva più entrare, e nessuno che era dentro poteva uscire, quasi a significare la conclusione definitiva della storia della salvezza. I versetti che seguono dimostrano l’incalzare e l’accrescersi dell’ira divina.

“17 E fu il diluvio per quaranta giorni sopra la terra; e si moltiplicarono le acque e alzarono l’arca in alto da terra.
18 Fortemente infatti inondarono e tutte le cose coprirono sulla superficie della terra: ma l’arca  veniva portata sopra le acque.
19 E le acque prevalsero fuori misura sopra la terra; e furono coperti tutti i monti eccelsi sotto tutto il cielo.
20 Di quindici  cubiti fu più alta l’acqua sopra i monti che aveva ricoperto.
21 E fu consumata ogni carne , che si muoveva sopra la terra, degli uccelli, degli animali, delle fiere e di tutti i rettili che strisciano sopra la terra. Tutti gli uomini
22 e tutti quelli in cui vi è spiraglio di vita sulla terra morirono.
23 E distrusse ogni sostanza che era sopra la terra, dall’uomo fino  alla bestia, sia rettile che uccelli del cielo e furono sterminati dalla terra. Ma rimase il solo Noè, e quelli che erano con lui nell’arca”.

E’ fatta salva la vita di Noè e dei suoi, ma non è ancora decisa in quale direzione dovrà andare la loro vita, se da subito in una dimensione celeste “si moltiplicarono le acque e alzarono l’arca in alto da terra”, oppure se questo tempo celeste è  rimandato, per ridare spazio e possibilità di esistenza a quell’umanità di cui Dio ha detto: “Cancellerò via l’uomo, che ho fatto, dalla faccia della terra, dall’uomo fino al bestiame e dai rettili fino ai volatili del cielo, poiché sono preso da furore di averli fatti”.(Gen. 6,7-8 ) Grande è l’ira divina, ma è fatta salva l’arca.
“ma l’arca  veniva portata sopra le acque”.
È garantita la vita a Noè e a tutti quelli che con lui sono nell’arca. Ma non è ancora data per certa la salvezza di questo mondo.
“24 e tennero le acque la terra per centocinquanta giorni”.
È ancora tempo di speranza e di abbandono fiducioso all’amore del Signore.
Se ci sarà futuro per un’altra umanità, tutto ciò che verrà dopo non sarà più semplicemente come quello che è venuto prima. Dio non potrà più dar fondo alla propria ira, perché l’ha già fatto una volta per sempre; darà fondo soltanto a tutto il proprio amore, perché questo è ancora da farsi. Amore quindi senza possibilità alcuna di ripensamento riguardo al proprio operare. Ci ha già pensato un tempo, ora per Dio non è più tempo di pensare e di ripensare, ma solo di operare.

 

Informazioni aggiuntive