Cap. 19


Cap. 19
Dai Settanta
1 Giunsero poi i due angeli di sera: Lot intanto sedeva presso la porta di Sodoma e, a quella vista, Lot si alzò incontro a loro e si prostrò col volto a terra 2 e disse:  “Ecco, signori, accondiscendete a venire in casa del vostro servo e pernottate e lavate i vostri piedi e all’alba vi leverete per riprendere la vostra via”. E dissero: “No, bensì nella piazza pernotteremo”. 3 Ma con insistenza li costrinse e accondiscesero ad andare da lui ed entrarono nella sua casa. E fece loro un banchetto, e azzimi cosse per loro, e mangiarono. 4 Prima che si fossero coricati, proprio gli uomini di quella città, i sodomiti, accerchiarono la casa, dal più giovane fino al più vecchio, tutto il popolo insieme. 5 E chiamavano fuori Lot e gli dicevano: “Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Conducili fuori, da noi, affinché ci uniamo con loro”. 6 Uscì Lot verso di loro sulla soglia, ma la porta la richiuse dietro di sé. 7 E disse loro: “No assolutamente, fratelli, non fate questa azione malvagia. 8 Io ho due figlie, che non hanno conosciuto uomo; condurrò fuori loro, da voi, e usatele nella misura che vi piace; solo, verso questi uomini non fate niente di ingiusto, per il fatto che sono entrati sotto la protezione delle travi del mio tetto”. 9 Ma dissero: “Vattene di qui! Sei solo venuto di passaggio; vuoi forse fare anche da giudice? Perciò, adesso, te tratteremo male più che quelli”. E spingevano molto violentemente quell’uomo, Lot, così da arrivare quasi a sfracellare la porta. 10 Ma, stese le mani, gli uomini trassero dentro Lot a sé, nella sua casa, e la porta della casa richiusero; 11 e gli uomini che erano presso la porta della casa colpirono di cecità, dal più piccolo al più grande, così che si stancarono di cercare la porta. 12 Dissero poi quegli uomini a Lot: “Hai tu qui qualcuno, generi o figli o figlie? Oppure, se hai qualchedun altro in questa città, conducili fuori da questo luogo, 13 perché sopprimiamo noi questo luogo, poiché si è innalzato il loro grido davanti al Signore e ha mandato noi il Signore a ridurlo in polvere”. 14 Uscì Lot e parlò ai suoi generi, che avevano preso le sue figlie, e disse: “Alzatevi e uscite da questo luogo, perché riduce in polvere, il Signore, la città”. Ma sembrò scherzare agli occhi dei suoi generi. 15 Quando però venne l’alba, con insistenza fecero fretta gli angeli a Lot dicendo: “Alzati, prendi la tua sposa e le tue due figlie, che hai, ed esci, per non andare in rovina con le iniquità della città”. 16 Ne furono sconvolti. E afferrarono gli angeli la sua mano e la mano della sua sposa e le mani delle sue due figlie, poiché il Signore lo risparmiava. 17 E avvenne, quando li ebbero condotti fuori, che dissero: Salva al sicuro la tua vita; non volgere lo sguardo all’indietro e non fermarti in nessuna parte del circondario; sul monte salvati, per non essere preso insieme con gli altri”. 18 E disse Lot a loro: “Ti prego, Signore: 19 poiché ha trovato il tuo servo misericordia davanti a te e hai magnificato la tua giustizia nei miei confronti, così che viva l’anima mia – io tuttavia non potrò salvarmi sul monte, che non mi afferrino delle sventure e muoia –, 20 ecco che quella città è vicina, così che io possa rifugiarmici, ed è piccola; là mi salverò; non è forse piccola? E vivrà l’anima mia”. 21 E gli disse: “Ecco che ho tenuto conto della tua persona e considerato questa parola, così da non abbattere la città di cui hai parlato. 22 Affrettati dunque a salvarti là, poiché non potrò fare nulla finché tu non sia entrato colà”. Per questo chiamò quella città col nome di Segor. 23 Il sole uscì sulla terra, e Lot entrò in Segor.24 E fece il Signore piovere su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco da parte del Signore dal cielo. 25 E devastò queste città e tutto il circondario e tutti gli abitanti di quelle città e tutto ciò che spuntava dalla terra. 26 E guardò, sua moglie, all’indietro e divenne colonna di sale. 27 Si destò poi Abramo di buon mattino proteso al luogo, dove era stato davanti al Signore, 28 e guardò dall’alto sulla superficie di Sodoma e Gomorra e sulla superficie della terra circostante e vide, ed ecco saliva una fiamma dalla terra come il fumo di una fornace. 29 E avvenne, mentre riduceva in polvere il Signore tutte le città del circondario, che si ricordò Dio di Abramo e mandò via Lot, fuori dalla catastrofe, mentre condannava alla catastrofe il Signore quelle città, là dove aveva abitato Lot. 30 E risalì Lot da Segor e sedette sul monte e le sue due figlie con lui. Aveva timore infatti di dimorare in Segor e si mise ad abitare in una grotta, lui e le sue due figlie con lui. 31 Disse allora la più anziana alla più giovane: “Nostro padre è anziano, e nessuno vi è sulla terra, che possa entrare da noi, come si conviene per tutta la terra. 32 Vieni, e facciamo bere a nostro padre del vino e corichiamoci con lui e facciamo sorgere da nostro padre un seme”. 33 E fecero bere al loro padre del vino in quella notte, e lui non se ne accorse quando lei si coricò e quando si alzò. 34 E avvenne l’indomani che dicesse la più anziana alla più giovane: “Ecco, mi sono coricata ieri con nostro padre: facciamogli bere vino anche questa notte e tu entra a coricarti con lui e faremo sorgere da nostro padre un seme”. 35 Fecero quindi bere anche in quella notte al loro padre vino, ed entrata la più giovane, si coricò con suo padre, e lui non se ne accorse quando lei si coricò e quando si alzò. 36 E concepirono le due figlie di Lot dal loro padre. 37 E partorì la più anziana un figlio e lo chiamò col nome di Moab dicendo: “Dal padre mio”: questi, padre dei moabiti fino al giorno d’oggi. 38 Partorì poi anche la più giovane un figlio e lo chiamò col nome di Amman, figlio della mia stirpe: questi, padre degli ammaniti fino al giorno d’oggi.

Vulgata
Venerunt duo angeli Sodomam vespere sedente Loth in foribus civitatis qui cum vidisset surrexit et ivit obviam eis adoravitque pronus in terra
2 et dixit obsecro domini declinate in domum pueri vestri et manete ibi lavate pedes vestros et mane proficiscimini in viam vestram qui dixerunt minime sed in platea manebimus
3 conpulit illos oppido ut deverterent ad eum ingressisque domum illius fecit convivium coxit azyma et comederunt
4 prius autem quam irent cubitum viri civitatis vallaverunt domum a puero usque ad senem omnis populus simul
5 vocaveruntque Loth et dixerunt ei ubi sunt viri qui introierunt ad te nocte educ illos huc ut cognoscamus eos
6 egressus ad eos Loth post tergum adcludens ostium ait
7 nolite quaeso fratres mei nolite malum hoc facere
8 habeo duas filias quae necdum cognoverunt virum educam eas ad vos et abutimini eis sicut placuerit vobis dummodo viris istis nihil faciatis mali quia ingress sunt sub umbraculum tegminis mei
9 at illi didixerunt recede illuc et rursus ingressus es inquiunt ut advena numquid ut iudices te ergo ipsum magis quam hos adfligemus vimque faciebant Loth vehementissime iam prope erat ut refringerent fores
10 et ecce miserunt manum viri et introduxuerunt ad se Loth cluseruntque ostium
11 et eos qui erant foris percusserunt caecitate a minimo usque ad maximum ita ut ostium invenire non possent
13 dixerunt autem ad Loth habes hic tuorum quempiam generum aut filios aut filias  omnes qui tui sunt educ de urbe hac
13 delebimus enim locum istum eo quod increverit clamor eorum coram Domino qui misit nos ut perdamus illos
14 egressus itaque Loth locutus est ad generos suos qui accepturi erant filias eius et dixit surgite egredimini de loco isto quia delebit Dominus civitatem hanc et visus est eis quasi ludens loqui
15 cumque esset mane cogebant eum angeli dicentes surge et tolle uxorem tuam et duas filias quas habes ne et tu pariter pereas in scelere civitatis
16 dissimulante illo adprehenderunt manum eius et manum uxoris ac duarum filiarum eius eo quod parceret Dominus illi
17 et eduxerunt eum posueruntque extra civitatem ibi locutus est ad eum  salva animam tuam noli respicere post tergum nec stes in omni circa regione sed in monte salvum te fac ne et tu simul pereas
18 dixitque Loth ad eos quaeso Domine mi
19 quia invenit servus tuus gratiam coram te et magnificasti misericordiam tuam quam fecisti mecum ut salvares animam meam nec possum in monte salvari ne forte adprehendat me malum et moriar
20 est civitas haec iuxta ad quam possum fugere parva et salvabor in ea numquid non modica est et vivet anima mea
21 dixitque ad eum ecce etiam in hoc suscepi preces tuas ut non subvertam urbem pro qua locutus es
22 festina et salvare ibi quia non potero facere quicquam donec ingrediaris illuc idcirco vocatum est nomen urbis illius Segor
23 sol egressus est super terram et Loth ingressus est in Segor
24 igitur Dominus pluit super Sodomam et Gomorram sulphur et ignem a Domino de caelo
25 et subvertit civitates has et omnem circa regionem universos habitatores urbium et cuncta terrae virentia
26 respiciens uxor eius post se versa est in statuam salis
27 Abraham autem consurgens mane ubi steterat prius cum Domino
28 intuitus est Sodomam et Gomorram et universam terram regionis illius viditque ascendentem favillam de terra quasi fornacis fumum
29 cum enim subverteret Deus civitates regionis illius recordatus est Abrahae et liberavit Loth de subversione urbium in quibus habitaverat
30 ascenditque Loth de Segor et mansit in monte duae quoque filiae eius cum eo timuerat enim manere in Segor et mansit in spelunca ipse et duae filiae eius
31 dixitque maior ad minorem pater noster senex est et nullus virorum remansit in terra qui possit ingredi in nos iuxta morem universae terrae
32 veni inebriemus eum vino dormiamusque cum eo ut servare possimus ex patre nostro semen
33 dederunt itaque patri suo bibere vinum nocte illa et ingressa est maior dormivitque cum patre at ille non sensit necquando accubuit filia nec quando surrexit
34 altera quoque die dixit maior ad minorem ecce dormivi heri cum patre meo demus ei bibere vinum etiam hac nocte et dormies cu meo ut salvemus semen de patre nostro
35 dederunt et illa nocte patri vinum ingressaque minor filia dormivit cu meo et nec tunc quidem sensit quando concubuerit vel quando illa surrexerit
36 conceperunt ergo duae filiae Loth de patre suo
37 peperitque maior filium et vocavit nomen eius Moab ipse est pater Moabitarum usque in presentem diem
38 minor quoque peperit filium et vocavit nomen eius Ammon id est filius populi mei ipse est pater Ammonitarum usque hodie

Traduzione Vulgata
E vennero i due angeli a Sodoma, di sera, e sedendo Lot  alla porta della città. Questi avendoli visti, si alzò e andò incontro a loro: e adorò prostrato per terra 2 e disse: Prego o Signori, venite alla casa del vostro servo e rimanete qui. Lavate i vostri piedi e  domani partirete per la vostra via. Questi dissero: No, ma staremo nella piazza. 3 Spinse quelli nella città perché andassero da lui ed entrati nella sua casa fece un banchetto e cosse del pane senza lievito e mangiarono. 4 Ma prima che essi andassero a letto, gli uomini della città assediarono la casa, dal fanciullo fino al vecchio, tutto il popolo insieme. 5 E chiamarono Lot e gli dissero: Dove sono gli uomini che entrarono presso di te di notte? Conducili qui, affinchè li conosciamo. 6 Uscito da loro Lot, chiudendo dietro a sé la porta, disse: “ Non vogliate, di grazia, fratelli miei , non vogliate fare questo male. 8 Ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo: condurrò loro a voi ed abuserete di loro come vi piacerà, purchè non facciate niente di male a questi uomini, poiché sono entrati sotto l’ombra del mio tetto. 9 Ma quelli dissero: Spostati in là. E di nuovo: Sei entrato, dicono, come straniero, sarai tu giudice? Te dunque affliggeremo più di quelli. E facevano violenza fortemente a Lot e già era vicino che sfondassero la porta. 10 Ed ecco misero la mano gli uomini ed introdussero Lot in casa e chiusero la porta. 11 e percossero quelli che erano fuori con la cecità dal più piccolo fino al più grande, cosi che non potevano trovare la porta. 12 E dissero a Lot: Hai qui alcuno dei tuoi, genero, o figli, o figlie? Tutti quelli che sono tuoi conducili via da questa città. 13 Infatti distruggeremo questo luogo perché il loro clamore è cresciuto davanti a Dio, che mandò noi perché facciamo perire quelli. 14 Pertanto uscì Lot, parlò ai suoi generi che stavano per prendere le sue figlie e disse: Alzatevi, uscite da questo luogo, poiché distruggerà il Signore questa città. E sembrò loro come se parlasse per scherzo. 15 Ed essendo mattina, lo costringevano gli angeli, dicendo: Alzati, prendi tua moglie e le due figlie che hai perché anche tu allo stesso modo non perisca nella scelleratezza della città. 16 Ed indugiando lui  afferrarono la sua mano e la mano della moglie e delle due figlie perché il Signore lo risparmiasse. 17 E lo condussero fuori e lo posero fuori dalla città e qui parlarono a lui dicendo: Salva la tua anima, non guardare indietro e non stare in tutta la regione intorno, ma sul monte salvati, perché anche tu non perisca. 18 E disse Lot a loro. Di grazia Signore mio, 19 poiché ha trovato il tuo servo grazia davanti a te e hai fatto grande la tua misericordia che hai fatto a me per salvare la mia anima e non posso salvarmi sul monte perché per caso un malore non mi prenda e muoia. 20 Vi è questa città vicina, alla quale posso fuggire, piccola, e sarò salvo in essa. Non è essa di modeste dimensioni e non vivrà l’anima mia? 21 E disse a lui: Ecco anche in questo ho accolto le tue preghiere perché non distrugga la città in favore della quale hai parlato. 22 Affrettati e salvati colà, perché non potrò fare nulla finchè tu non sia entrato là. Per questo fu chiamato il nome di quella città Segor. 23 Il sole si alzò sopra la terra e Lot entrò in Segor. 24 Pertanto il Signore piovve sopra Sodoma e Gomorra, zolfo e fuoco dal Signore dal cielo. 25 E distrusse queste città e tutta la regione intorno , tutti gli abitanti delle città e tutto il verde della terra. 26 E guardando dietro a sé sua moglie fu trasformata in una statua di sale. 27 Ma Abramo alzandosi presto al mattino, dove era stato prima con il Signore, 28 volse lo sguardo verso Sodoma e Gomorra e tutta la terra di quella regione e vide una fiamma che saliva dalla terra come il fumo di una fornace. 29 Infatti sovvertendo Dio le città di quella regione, si ricordò di Abramo, liberò Lot dallo sterminio delle città nelle quali aveva abitato. 30 E salì Lot da Segor, e rimase sul monte, anche le due figlie sue con lui: aveva temuto infatti a rimanere in Segor e rimase in una grotta e le due figlie con lui. 31 E disse la maggiore alla minore: Il padre nostro è vecchio, e nessun degli uomini è rimasto sopra la terra che possa entrare da noi secondo la consuetudine di tutta la terra. 32 Vieni, ubriachiamolo col vino, e dormiamo con lui, perché possiamo salvare dal padre nostro il seme. 33 Diedero pertanto al loro padre da bere del vino quella notte. E la maggiore entrò e dormì con il padre: ma quello non si accorse né quando la figlia si pose a letto né quando si alzò. 34 Il giorno dopo disse la maggiore alla minore: Ecco ieri ho dormito con mio padre: diamogli da bere vino anche questa notte, e dormiamo con lui, affinchè salviamo il seme dal padre nostro. 35 Anche quella notte diedero vino da bere a loro padre, ed entrata la figlia minore dormì con lui e neppure allora si accorse, quando si pose a giacere o quando quella si alzò. 36 Concepirono dunque le due figlie di Lot da loro padre. E partorì la maggiore un figlio e lo chiamò Moab: lo stesso è padre dei Moabiti fino ad oggi. 38 Anche la minore partorì un figlio e lo chiamò Ammon, cioè figlio del mio popolo, lo stesso è padre degli Ammoniti fino ad oggi.

“E vennero i due angeli a Sodoma, di sera, e sedendo Lot  alla porta della città. Questi avendoli visti, si alzò e andò incontro a loro: e adorò prostrato per terra. 2 e disse:”…
La visita del Signore può arrivare  nel tempo e nell’ora meno opportuni: quando si fa sera e si è tentati di abbassare il livello di guardia e di attenzione, presi dalla stanchezza per il lavoro della giornata. Lot siede ancora presso la porta di questa città terrena,  ed è soltanto in virtù di questo suo sedere e permanere nell’attesa che si trova pronto ad accogliere chi viene dal cielo. Nessuna novità di vita può venire da chi esce, ma soltanto da chi entra. Il rapporto di Lot con Sodoma è tutt’altro che facile e pacifico. Preferisce vivere ai margini, vicino alla porta, con lo sguardo rivolto a quelli che entrano. E soltanto per questo ed in virtù di questo, vede volti di una vita nuova e diversa. La visita del Signore ravviva la fiamma della speranza; si alza da un’attesa apparentemente inerte ed infruttuosa e si prostra davanti al Signore e finalmente può parlare con Lui ed invitarlo nella sua casa. Benché la fede di Lot appaia immatura, non ha smarrito il senso della paziente attesa e della vigilanza. È scesa a compromesso coi figli delle tenebre, ma ha lasciato libero il campo a chi viene dal cielo. In verità, per accoglierlo nella propria casa e non per seguirlo verso un’altra dimora.

“Prego o Signori, venite alla casa del vostro servo e rimanete qui. Lavate i vostri piedi e  domani partirete per la vostra via. Questi dissero: No, ma staremo nella piazza”.
La fede di Lot, benché aperta al divino che viene dal cielo, ha i piedi su questa terra e non sembra disponibile ad un qualsiasi trasloco. Entri pure il Signore nella mia casa terrena per trovare in essa riparo e sollievo alla stanchezza. Domani all’alba si alzerà per riprendere la sua via. Così l’uomo che ha fede in Dio, ma soltanto perché visiti e benedica la sua casa terrena. In quanto ad abbandonare tutto per seguire il Signore, neppure riesce ad immaginarlo. Il primo approccio con il Signore è già uno scontro. Gli angeli vogliono tirare Lot dalla parte del piano di Dio, Lot vuol tirare gli angeli dalla parte del proprio piano. Quando l’uomo ha già un suo progetto di vita, il messaggio di Dio non viene recepito prontamente ed il Signore deve pazientare e mostrarsi condiscendente verso un amore zelante ma poco illuminato.

“3 Spinse quelli nella città perché andassero da lui ed entrati nella sua casa fece un banchetto e cosse del pane senza lievito e mangiarono”.
Non c’è pazienza e condiscendenza divina che non si prolunghi ad oltranza. Dio sa aspettare, per amore dell’uomo che gli fa pressione; Il Satana non perde tempo e mette alle strette chi ama indugiare nella festa, quando non è tempo di festa, ma di guerra.

“4 Ma prima che essi andassero a letto, gli uomini della città assediarono la casa, dal fanciullo fino al vecchio, tutto il popolo insieme”.
Lot deve finalmente misurarsi con il suo nemico e guardare in faccia la realtà. Se prima si era illuso di poter servire a due padroni e di poter accogliere Dio nella propria casa andando a braccetto con gli uomini di questo mondo, ora l’incantesimo è rotto. Tutti, nessuno escluso, sono contro di lui, e questo proprio nel momento in cui manifestamente il suo cuore si palesa per Dio. Lot è costretto ad uscire dalla sua tana. Il gioco non può continuare se non a carte scoperte.

“5 E chiamarono Lot e gli dissero: Dove sono gli uomini che entrarono presso di te di notte? Conducili qui, affinchè li conosciamo. 6 Uscito da loro Lot, chiudendo dietro a sé la porta, disse: “ Non vogliate, di grazia, fratelli miei , non vogliate fare questo male. 8 Ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo: condurrò loro a voi ed abuserete di loro come vi piacerà, purché non facciate niente di male a questi uomini, poiché sono entrati sotto l’ombra del mio tetto”.
Mentre Lot si è unito al Signore per rendergli onore, i Sodomiti manifestano la volontà di unirsi a Dio solo per disonorarlo e per gettare nel fango il suo nome e per imbrattarlo con le sozzure  del  peccato. Lot ancora una volta evita lo scontro frontale e tenta di risolvere il problema in modo diverso. Pecchino pure i Sodomiti contro il frutto della sua carne, non pecchino contro Dio.
Allo stesso modo chi annuncia la parola del Signore non sempre ha la forza e la franchezza di un messaggio senza compromessi, ma cerca di concedere qualcosa al peccato di chi non crede. Con ciò appare ancor di più un bugiardo, non solo agli occhi di Dio, ma anche a quelli degli uomini.

9 Ma quelli dissero: Spostati in là. E di nuovo: Sei entrato, dicono, come straniero, sarai tu giudice? “
Il mondo non accetta chi vive tra gli uomini come di passaggio e vuol fare da giudice. Con quale autorità Lot  fa da maestro, un uomo che ha il cuore doppio e non tiene in stima ed in onore neppure le proprie figlie? Cosa mai nasconde  il suo attaccamento allo straniero?

“Te dunque affliggeremo più di quelli.”
È ora di farla finita non solo con lo straniero, ma ancor prima con chi lo difende e protegge. Quando Dio è un estraneo agli occhi dell’uomo, nessun dialogo e nessun confronto è possibile. Meglio darsela a gambe levate, per non essere contaminati dal peccato degli empi. Se la vedano con Dio quelli che non fanno la Sua volontà!

“E facevano violenza fortemente a Lot e già era vicino che sfondassero la porta”.
Manca poco che Lot soccomba al suo pacifismo assai poco illuminato e per nulla gradito a Dio.
Dio non ha bisogno delle palizzate che noi innalziamo a sua difesa contro gli empi e neppure delle armi della nostra ragione. È vero esattamente il contrario: Se non fosse per il Suo intervento saremmo proprio perduti e periremmo nel confronto col mondo. Lot dà una mano a Dio per aiutarlo e non per essere aiutato. Le cose si mettono veramente male. Per grazia di Dio gli angeli stendono le loro mani verso Lot e lo tirano “dentro” di forza… nella chiesa del Padre. E chiudono la porta. Se è vero che non si deve mai chiudere la porta della Chiesa è vero anche il contrario:  bisogna tenerla ben chiusa, perché nessuna parola degli empi possa entrare in essa. Una Chiesa che ha la porta sfracellata è come se non l’avesse: dà accoglienza a tutti, ma è pure saccheggiata da tutti. Vero guardiano è solo Cristo: solo Lui tiene aperto a chi può entrare e chiude a chi deve restare fuori. Chi fa come Lot, rischia di brutto. Vuol decidere lui se è il caso di aprire o di tenere chiuso. Poco manca che la porta della casa venga sfondata dagli uomini senza Dio. Meglio lasciar fare al Signore e non credere troppo al lume della nostra fede e del nostro amore.
“10 Ed ecco misero la mano gli uomini ed introdussero Lot in casa e chiusero la porta. 11 e percossero quelli che erano fuori con la cecità dal più piccolo fino al più grande, cosi che non potevano trovare la porta”.
Quando l’uomo ha la pretesa di portare luce, Dio porta la cecità più completa. Non si cerca la porta della Chiesa per fare violenza al Signore. Lot si illude che sia in suo potere porre un freno al peccato del mondo: ha torto. Coloro che  vogliono unirsi al Signore con cuore impuro e perverso andranno avanti nel loro folle proposito;  si fermeranno soltanto perché colpiti dalla mano del Signore, sopraffatti dalla stanchezza. Dio non si concede  loro. Molto si daranno da fare, ma  senza la luce che viene dal cielo, ben presto sceglieranno altre strade ed altre violenze.
“12 E dissero a Lot: Hai qui alcuno dei tuoi, genero, o figli, o figlie? Tutti quelli che sono tuoi conducili via da questa città. 13 Infatti distruggeremo questo luogo perché il loro clamore è cresciuto davanti a Dio, che mandò noi perché facciamo perire quelli”.
Quando si ama qualcuno non si può non amare chi da esso è amato. Il Signore vuol risparmiare tutti coloro che stanno vicino a Lot e sono cari al suo cuore. Un’ingiustizia, dirai tu, ed un privilegio ingiustificato, dato agli uni e negato agli altri. In verità, non vi è predilezione alcuna che non trovi la sua verifica e che non cerchi un’adesione intima e responsabile. Il vantaggio è solo iniziale, ma deve essere mantenuto da una scelta libera e consapevole. Chi è messo di forza sulla strada della salvezza, ben presto viene meno, o neppure comincia il cammino.

“14 Pertanto uscì Lot, parlò ai suoi generi che stavano per prendere le sue figlie e disse: Alzatevi, uscite da questo luogo, poiché distruggerà il Signore questa città. E sembrò loro come se parlasse per scherzo. 15 Ed essendo mattina, lo costringevano gli angeli, dicendo: Alzati, prendi tua moglie e le due figlie che hai perché anche tu allo stesso modo non perisca nella scelleratezza della città. 16 Ed indugiando lui  afferrarono la sua mano e la mano della moglie e delle due figlie perché il Signore lo risparmiasse.”
Di fronte ad una fede piuttosto pigra ed incerta il Signore è costretto ad insistere, a far fretta e a mettere paura. Non basta, deve prendere Lot e i suoi familiari di forza: afferra le loro mani e conduce fuori.

“17 E lo condussero fuori e lo posero fuori dalla città e qui parlarono a lui dicendo: Salva la tua anima, non guardare indietro e non stare in tutta la regione intorno, ma sul monte salvati, perché anche tu non perisca.”
Se Dio ha fatto il più, qualcosa resta da fare anche all’uomo. La salvezza è un dono del Signore, ma impegna chi è eletto per la sua parte e chiede adesione e collaborazione: non un qualsiasi operare, ma quello illuminato e guidato dall’ascolto della Parola. La Parola del Signore ha una sua ricchezza e complessità formale, si diversifica in rapporto ai tempi e alle persone: nella sostanza dice sempre le medesime cose. In poche parole è qui riassunto il discorso della salvezza.
“Salva la tua anima”… Non c’è luogo di salvezza che si possa dire sicuro fuori da Cristo e all’infuori del Cristo.
“Non guardare indietro”… Camminiamo guidati da una luce divina. Non lasciamoci prendere dalla tentazione di vedere le cose con i nostri occhi, e non volgiamoci indietro, a fare le nostre considerazioni. Possono apparirci in contrasto con le ragioni del Signore. Chi vuol scrutare e comprendere i disegni di Dio, finisce fuori strada.
Imboccata la strada dell’esodo e della separazione da questo mondo, non fermiamoci durante il cammino. Le cose che vediamo di passaggio possono apparirci anche belle e sacrosante: non è detto che si debba  coglierle. La favola di Cappuccetto Rosso  insegna. Quando non si procede spediti verso la salvezza, ma si indugia affascinati da ciò che è bello, il Maligno trova il suo momento propizio. Vi è un tempo opportuno per il Signore, c’è pure per il Diavolo.

“ma sul monte salvati, perché anche tu non perisca.”
Non c’è salvezza se non per chi cammina verso l’alto. La salvezza viene dal cielo e bisogna andare incontro al cielo. Gli uomini di questo mondo costruiscono le loro città e le loro culture nelle grandi pianure solcate dai fiumi. Gli eletti del Signore amano i pascoli del monte di Dio. Lontano dal tumultuare delle genti si nutrono del pane che viene dal cielo e si dissetano alla sorgente della Gerusalemme celeste. Cerca la salvezza sul monte di Sion, per non essere preso dal Maligno insieme con tutti gli altri uomini. Invano il Diavolo porterà i suoi attacchi alla città santa: roccaforte inespugnabile, è il Signore che la protegge . I suoi dardi colpiranno a morte il nemico.

“18 E disse Lot a loro. Di grazia Signore mio, 19 poiché ha trovato il tuo servo grazia davanti a te e hai fatto grande la tua misericordia che hai fatto a me per salvare la mia anima e non posso salvarmi sul monte perché per caso un malore non mi prenda e muoia”.
Se la parola di Dio è semplice chiara e non ha bisogno di lunghi discorsi, ci pensa l’uomo a complicare le cose. Non mi dire che Dio ama parlare in termini oscuri: E’ l’uomo che complica il discorso e costringe Dio verso strade più lunghe e contorte.

“20 Vi è questa città vicina, alla quale posso fuggire, piccola, e sarò salvo in essa. Non è essa di modeste dimensioni e non vivrà l’anima mia?”
Desiderio di salvezza assai poco confortante per il Signore. Lot pretende da Dio il massimo risultato con il minimo sforzo. “Perché Signore mi fai camminare così tanto? Mi accontento di un rifugio più vicino e di una salvezza più a portata di mano. Nella mia bassezza e nella mia falsa umiltà mi accontento di poco. Non pretendo cose grandi, mi sta bene anche un piccolo rifugio. Solo così vivrà l’anima mia, al riparo delle tue ali, senza osare troppo e senza l’assillo di un impegno e di una fatica così grandi.” Bellissimo quadro di una fede mediocre, che Dio non disprezza, per la sua misericordia infinita, ma che non può neppure elogiare.

“21 E disse a lui: Ecco anche in questo ho accolto le tue preghiere perché non distrugga la città in favore della quale hai parlato.”
Il Signore è paziente e non vuole perderci: ci segue negli oscuri meandri del nostro cuore, e attende il momento più opportuno e tempi migliori.

“22 Affrettati e salvati colà, perché non potrò fare nulla finchè tu non sia entrato là. Per questo fu chiamato il nome di quella città Segor.”

“Se non vuoi fare quello che ti dico, almeno spicciati ed affrettati a toglierti dai guai. Che tu non abbia a perdere la stessa vita”. Così un padre parla ad un figlio, anche al più duro di cervice.

“23 Il sole si alzò sopra la terra e Lot entrò in Segor.”
Se Dio ha fretta, non altrettanto Lot: aspetta che si faccia giorno, poi si mette in viaggio. Il Signore deve pure accettare ed attendere “le sue comodità”.

“24 Pertanto il Signore piovve sopra Sodoma e Gomorra, zolfo e fuoco dal Signore dal cielo”.
Adesso che Lot finalmente è uscito, il Signore può intervenire con tutta la sua potenza.

“25 E distrusse queste città e tutta la regione intorno , tutti gli abitanti delle città e tutto il verde della terra.”
Sotto gli strali del giudizio divino perisce non solo l’empio, ma anche tutto il mondo che lo circonda. Dio non tiene in alcuna considerazione ciò che è prodotto dall’uomo malvagio. Comprendi tu che sei affascinato dalla bellezza delle costruzioni umane. Il Signore non ha alcun interesse per ciò che non viene dalla fede e non è fatto per la fede. Cerca le bellezze dei figli di Dio: esse e solo esse sono benedette dal Signore e fatte salve dal suo giudizio.

“26 E guardando dietro a sé sua moglie fu trasformata in una statua di sale.”
Chi si trova coinvolto in un discorso di salvezza, quasi per forza, non fa molta strada. Se pur conserva la parvenza della santità, non ne ha però l’anima e lo spirito che la tiene in vita.

“27 Ma Abramo alzandosi presto al mattino, dove era stato prima con il Signore, 28 volse lo sguardo verso Sodoma e Gomorra e tutta la terra di quella regione e vide una fiamma che saliva dalla terra come il fumo di una fornace”.
L’uomo che attende il Signore non si lascia prendere dal sonno e non si assopisce. Si alza al mattino presto col cuore rivolto “al luogo dove era stato davanti al Signore”. Se pur dobbiamo dormire, nessun sonno, per quanto profondo, può spezzare la continuità di un rapporto. Se l’ultimo pensiero della sera è per il Signore, il primo del mattino sarà per lo stesso Signore. Mentre Lot vede le cose dal basso, Abramo vede dall’alto. Se a Lot è detto di non voltarsi indietro per non vedere il castigo di Dio, Abramo può ben guardare, al riparo della fede, la sorte di coloro che non vivono per Dio. C’è una fede immatura che non porta il giudizio di Dio, c’è una fede matura che ben lo porta e lo comprende.

“29 Infatti sovvertendo Dio le città di quella regione, si ricordò di Abramo, liberò Lot dallo sterminio delle città nelle quali aveva abitato.”
Quanto è grande l’ira di Dio per i figli della perdizione, tanto grande è il suo amore per quelli che lo temono. L’amicizia e la fratellanza con un uomo di fede portano sempre dei benefici. Lot è fatto salvo dal castigo divino, per il vincolo che lo tiene unito ad Abramo. Il Signore si ricorda di Abramo e manda via Lot, fuori dalla catastrofe che divora tutti gli altri.

“30 E salì Lot da Segor, e rimase sul monte, anche le due figlie sue con lui: aveva temuto infatti a rimanere in Segor e rimase in una grotta e le due figlie con lui.”
Finalmente Lot si decide a risalire sul monte. Sembra che finalmente ubbidisca alla parola del Signore; ma la sua fede è ancora molto manchevole. Non per amore risale verso il monte di Dio, ma per timore. Il timore della morte può spingere alcuni verso il Signore; il rapporto che si crea tra la creatura ed il Creatore non è per nulla chiaro e pacifico. Lot non siede alla luce del giorno, ma si nasconde nel buio di una grotta: in un luogo sicuro e ben riparato ai suoi occhi , ma senza il calore dell’amore divino. E’ così che la fede non illuminata entra abusivamente nella Chiesa del Signore e cerca una discendenza eterna.

“31 E disse la maggiore alla minore: Il padre nostro è vecchio, e nessun degli uomini è rimasto sopra la terra che possa entrare da noi secondo la consuetudine di tutta la terra. 32 Vieni, ubriachiamolo col vino, e dormiamo con lui, perché possiamo salvare dal padre nostro il seme.”
Vi è una fede che non ama un rapporto immediato con Dio e non vive nell’ascolto della sua parola, ma confida nell’uomo. Obbedisce all’autorità della parola, non quella che è data da Dio, ma quella che è conferita dall’uomo ed ha il nome di anzianità, di saggezza dei primi, di tradizione dei popoli. Molti cercano e vogliono la vita eterna. Ma come? Seguendo le vie della violenza dell’amore divino, o facendo violenza allo stesso amore? Il regno di Dio è dei violenti, e il desiderio dell’uomo di una discendenza eterna, che può venire solo dal Padre è in piena sintonia con la Sua stessa volontà. Ma riguardo al modo ed alla via, vi è un profondo solco di separazione. Chi fa violenza con un sotterfugio ha un cuore falso ed ingannevole. Meglio chi strilla davanti al Signore con una preghiera tenace ed insistente, di chi vuol strappare a Dio una eterna discendenza, con l’inganno e con un operare che non è a Lui gradito. E’ lecito essere importuni quando c’è di mezzo la vita eterna, ma alla luce del sole divino, senza nulla nascondere.
C’è un’unione col Padre che ignora il Padre ed è da esso ignorata.

33 Diedero pertanto al loro padre da bere del vino quella notte. E la maggiore entrò e dormì con il padre: ma quello non si accorse né quando la figlia si pose a letto né quando si alzò.”

Si può anche dare il contentino a Dio, per avere vita eterna. Ma di questa unione Dio non se ne accorge e neppure ne tiene conto. Non si adira e non rimprovera , ma nessun frutto nasce per una discendenza duratura. Quando l’uomo cerca l’eternità non può imboccare altra strada se non quella che gli viene indicata dal Signore, alla luce del sole e non nelle tenebre della notte. Qualsiasi altro modo non dà frutti buoni, ma cattivi. Non provoca lo sdegno aperto di Dio? Peggio ancora: lo rinchiude nel suo silenzio. Non è data alcuna correzione e non può esserci il ravvedimento che viene dal rimprovero. Tutto bene per lo stolto e per chi è di dura cervice. Chi tace acconsente, dice un proverbio . Se questo vale per l’uomo, non vale per Dio. Quando Dio nega la sua parola, l’uomo crede di averla fatta franca e persevera e continua nel suo peccato e nel suo folle proposito. I maestri di questo mondo, si affermano e guadagnano in autorità presso gli uomini in virtù del silenzio di Dio. Miseri quelli che li seguono. Li coglierà la rovina più grande: per loro nessun campanello d’allarme, ma il sonno più profondo, nel silenzio più grande.

“34 Il giorno dopo disse la maggiore alla minore: Ecco ieri ho dormito con mio padre: diamogli da bere vino anche questa notte, e dormiamo con lui, affinchè salviamo il seme dal padre nostro. 35 Anche quella notte diedero vino da bere a loro padre, ed entrata la figlia minore dormì con lui e neppure allora si accorse, quando si pose a giacere o quando quella si alzò.”
Quando l’uomo ha trovato il modo di strappare la vita a Dio, senza passare attraverso un confronto ed una sottomissione, si ostina nel folle inganno. Non c’è parola d’uomo che possa fermarlo: al contrario il fratello conforta il fratello e la sorella dà man forte alla sorella. Ben presto appaiono i frutti di quanto è stato concepito all’insaputa del Padre.

“36 Concepirono dunque le due figlie di Lot da loro padre. 37 E partorì la maggiore un figlio e lo chiamò Moab: lo stesso è padre dei Moabiti fino ad oggi.”
Quali figli nascono da una tale unione? Il primo è detto Moab, che vuol dire “dal padre mio”. Generato dal padre, secondo la convinzione della madre; non riconosciuto in quanto tale da Colui che è nei cieli. Se la maternità di un figlio è sicura, in quanto alla paternità è lecito avere dei dubbi, quando l’anima è adultera e non vive solo per Dio. Coloro che si innalzano fino al cielo, sono i figli prediletti dal Satana. Vivono e si comportano come dei e si fanno chiamare divi:  saranno inghiottiti dalle tenebre più profonde. Così i principi e i potenti di questo mondo.

“38 Anche la minore partorì un figlio e lo chiamò Ammon, cioè figlio del mio popolo, lo stesso è padre degli Ammoniti fino ad oggi.”
Il secondo figlio riceve il nome da una madre più umile e modesta. Nessuna pretesa di una discendenza divina. Amman vuol dire “figlio della mia stirpe”. Quale stirpe? Quella che cerca una discendenza eterna, nella consapevolezza di essere carne, destinata alla morte. Rimane una separazione ed una demarcazione tra l’uomo ed il Padre che è nei cieli. Vi è tuttavia la speranza che la vita che viene dalla terra sarà riassorbita un giorno dalla vita che viene dal cielo. E tutto questo è sicuramente giusto e lecito se non fosse per una violenza ed una disobbedienza che viene perpetrata nei confronti del Padre, “fino al giorno d’oggi”. Per tutto il tempo di questa vita terrena, ma senza futuro nell’eternità di Dio.

 

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