Cap.11

Cap.11
Ora la fede è realtà delle cose sperate, prova delle cose che non si vedono. 2 In essa infatti gli anziani hanno avuto buona testimonianza. 3 Per fede comprendiamo che sono stati disposti i mondi con la parola di Dio, così che non dalle cose che appaiono è stato fatto il visibile. Per fede Abele offrì a Dio una migliore vittima rispetto a Caino, per la quale gli fu resa testimonianza di essere giusto, rendendo Dio testimonianza per i suoi doni e per la stessa fede, essendo morto, ancora parla. 5 Per fede Enoc fu trasportato, così da non vedere la morte, e non venne trovato perché Dio lo aveva trasportato. Infatti prima del trasferimento gli fu resa testimonianza di essere piaciuto a Dio. 6 Ma senza fede è impossibile piacergli. Infatti a chi si avvicina a Dio è necessario credere che egli è   remuneratore  per quelli che lo cercano. 7 Per fede essendo stato divinato a Noè circa le cose che non si vedono ancora, avendo temuto preparò un’arca a salvezza della sua casa, attraverso la quale condannò il mondo e divenne erede della giustizia secondo la fede. 8 Per fede Abramo chiamato obbedì per uscire verso un luogo che stava per ricevere in eredità e uscì non sapendo dove andava. 9 Per fede dimorò nella terra della promessa come in terra straniera avendo abitato in tende con Isacco e Giacobbe coeredi della stessa promessa. 10 Aspettava infatti la città avente le fondamenta della quale è architetto e costruttore Dio. 11 Per fede anche la stessa Sara, sterile, ricevette forza per la fondazione della discendenza e oltre il tempo dell’età, perché  ritenne fedele colui che aveva promesso. 12 Perciò anche da uno solo furono generati e queste cose da uno reso morto, come le stelle del cielo per moltitudine e come la sabbia presso la riva del mare quella innumerevole. 13 Per fede questi tutti morirono, non avendo ricevuto le promesse, ma avendo visto esse di lontano e avendole salutate e avendole riconosciute perché sono stranieri e pellegrini sulla terra. 14 Coloro che dicono queste cose mostrano di cercare una patria. 15 E certo se ricordavano quella patria da cui uscirono avevano avuto tempo di ritornare; 16 Adesso invece si protendono a una migliore, cioè alla celeste. Perciò Dio non si vergogna di loro, di essere chiamato loro Dio; infatti ha fatto per loro una città. 17 Per fede Abramo ha offerto Isacco e offriva l’unigenito che aveva ricevute le promesse, 18 al quale era stato detto: in Isacco sarà chiamata per te una discendenza, 19 avendo ritenuto che anche dai morti Dio è capace di suscitare, onde lo ricevette anche in similitudine. 20 Per fede anche circa le cose future Isacco benedisse Giacobbe ed Esaù. 21 Per fede Giacobbe morente benedisse ciascuno dei figli di Giuseppe e si prostrò appoggiandosi sulla punta del suo bastone. 22 Per fede Giuseppe morente si ricordò dell’uscita dei figli di Israele e diede ordine riguardo alle sue ossa. 23 Per fede Mosé nato fu nascosto tre mesi dai suoi genitori perché videro bello il bambino e non ebbero paura dell’ordinanza del re. 24 Per fede Mosé divenuto grande rifiutò di essere chiamato figlio della figlia di Faraone, 25 avendo scelto di essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che avere un temporaneo guadagno di peccato, 26  avendo reputato maggiore ricchezza dei tesori d’Egitto l’obbrobrio di Cristo; teneva infatti gli occhi sulla retribuzione. 27 Per fede lasciò l’Egitto non temendo il furore del re; infatti come vedendo l’invisibile fu costante. 28 Per fede ha fatto la Pasqua e la aspersione del sangue, affinché lo sterminante non toccasse i loro primogeniti. 29 Per fede attraversarono il Mare Rosso come per terra asciutta, della qual cosa avendo fatto gli Egiziani un tentativo furono inghiottiti. 30 Per fede le mura di Gerico caddero essendo state percorse intorno per sette giorni. 31 Per fede Raab, la prostituta, non perì con gli aventi disobbedito, avendo accolto le spie con pace. 32 E cosa dico ancora? Infatti mancherà  a me raccontante il tempo per Gedeone, Barac, Sansone, Iefte, Davide e anche per Samuele e i profeti, 33 che per mezzo della fede abbatterono regni, operarono la giustizia, conseguirono le promesse, chiusero le bocche dei leoni, 34 spensero la potenza del fuoco, sfuggirono al filo della spada, furono rinvigoriti dalla malattia, divennero forti in guerra, misero in fuga le schiere degli stranieri. 35 Di nuovo ricevettero le donne i loro morti da resurrezione; altri invece furono distesi sulla ruota e battuti non avendo accettato la liberazione per ottenere una migliore risurrezione; 36 Altri poi fecero prova di scherni e di flagelli, poi ancora di catene e di prigione. 37 Furono lapidati, furono segati, morirono per assassinio di spada, girovagarono vestiti con pelli di pecore, di capre, bisognosi, afflitti, maltrattati, 38 dei quali il mondo non era degno, erranti in deserti e monti e grotte e aperture della terra. 39 E tutti questi avendo ricevuto testimonianza a motivo della fede non ottennero la promessa, 40 avendo Dio preveduto per noi qualcosa di migliore, affinché non giungessero alla perfezione senza di noi.


Cap.11
“Ora la fede è realtà delle cose sperate, prova delle cose che non si vedono. 2 In essa infatti gli anziani hanno avuto buona testimonianza.”

Non ogni speranza ha un fondamento. Una speranza infondata è di per sé vana e illusoria. Vana, perché impotente allorché si proietta verso una novità di vita, illusoria perché non porta con sé alcuna verità accreditata dalla ragione né il conforto e la conferma date da una buona testimonianza che è dai tempi antichi.
La speranza non diventa realtà se non  in virtù della fede in Cristo Salvatore. Benchè ciò che si spera non si veda, allorchè la speranza è radicata nella verità della fede assume per ogni credente i connotati di ciò che è realmente sperimentabile e conoscibile. La fede in Cristo è prova, dimostrazione e testimonianza di ogni promessa fatta dallo stesso Cristo. La nostra speranza si colloca al di sopra di ogni altra speranza. La fede in Cristo, vissuta in ogni tempo ed in ogni spazio, è certezza di una speranza che già sin d’ora porta i suoi frutti, benedetta da Dio, da Lui visitata e confermata, nell’attesa dell’attuazione ultima e definitiva, quando non solo vedremo Dio con gli occhi della ragione e con quelli della Tradizione, ma con gli occhi stessi dello Spirito Santo.

“3 Per fede comprendiamo che sono stati disposti i mondi con la parola di Dio, così che non dalle cose che appaiono è stato fatto il visibile.”

Se la ragione conferma la fede, la fede dà fondamento e luce alla stessa  ragione. “Per fede comprendiamo”: non c’è retto uso della ragione se non in virtù della fede. Non c’è e non può esserci nessuna ragione  fondata  nella verità, se non quella che fa propria l’intelligenza donata dall’eterno Parola di Dio. Il dilemma “credo per comprendere, comprendo per credere” è risolto da Paolo in termini categorici, che non ammettono replica all’interno della comunità di fede. Non c’è vera intelligenza se non in colui che accoglie e fa propria l’intelligenza donata dalla parola di Dio. Non esiste la ragione astratta che tutto giudica e che da nessuno è giudicata, esiste soltanto la ragione che opera nella concretezza dell’esistenza individuale: non in un punto neutro ed indifferente tra la verità e la menzogna, ma in uno stato di perenne tenebra in cui è perennemente offerto il dono di una luce che viene dal cielo.
“così che non dalle cose che appaiono è stato fatto il visibile.”  Se il visibile fosse stato operato dal visibile, la nostra ragione non ci consentirebbe di andare oltre la punta del nostro naso . La nostra esistenza si chiuderebbe nel vicolo cieco di ciò che è immediatamente dato agli occhi della carne, non avrebbe fondamento e fine alcuno. Ci porterebbe alla vera disperazione, che è esattamente il contrario della vera unica speranza. La fede nel Salvatore mandato dal cielo, non è scelta arbitraria ed infondata, neppure un lampo di genio o una felice intuizione del nostro intelletto: è risposta piena ed adeguata di una ragione creata che lascia vivere, operare, crescere in sé la ragione increata, nella quale trova il proprio fondamento e il proprio fine. Credo in Cristo perché non ho scelto la mia verità, ma colui che è Verità. Spero nel Salvatore, perché nessuna altra speranza è confermata dall’Antico e neppure dall’oggi della mia vita.
Vuoi un elenco di uomini che hanno trovato nella fede in Cristo non una verità, ma l’unica Verità? Eccoti accontentato.

“Per fede Abele offrì a Dio una migliore vittima rispetto a Caino, per la quale gli fu resa testimonianza di essere giusto rendendo Dio testimonianza per i suoi doni e per la stessa fede, essendo morto, ancora parla.”

Per quale ragione Abele offrì una vittima migliore a Dio? Per fede! Non vi è altra risposta e non si deve indagare ed andare oltre. Qualsiasi offerta fatta al Signore, per quanto bella, buona, grande non è a Lui gradita se non per la fede in Cristo. Soltanto la fede ci fa giusti davanti a Dio e non ci lascia nell’angoscia di chi non trova  verifica e conferma nel proprio cuore del proprio essere conforme a verità e giustizia. Lo stesso Spirito Santo testimonia in noi e per noi che siamo figli di Dio, perché fatti tali dall’eterno Figlio.
È veramente morto per l’eternità e nulla lascia di sé a questo mondo, che sia per l’edificazione dello stesso,   colui che non ha posto e non pone la propria fede in Cristo Salvatore.

“per la stessa fede, essendo morto, ancora parla.”

Chi è già entrato nell’eternità di Dio e già vede il suo volto, ancora parla e ancora parlerà fino alla fine dei tempi, per dire e gridare a tutti e a ognuno che non vi è salvezza se non per la fede in Cristo. Chi per primo ha avuto in sé la testimonianza dello Spirito Santo, per primo si pone nella lista di coloro che sono testimoni accreditati della risurrezione a vita nuova, che è data e trovata in virtù delle fede nel Salvatore mandato dal cielo.


“5 Per fede Enoc fu trasportato, così da non vedere la morte, e non venne trovato perché Dio lo aveva trasportato. Infatti prima del trasferimento gli fu resa testimonianza di essere piaciuto a Dio.

La fede ci trasporta con un salto oltre la morte temporale. Non gusterà morte alcuna chi già fin d’ora vive in Cristo Gesù. È liberato dall’angoscia della morte, fin dai tempi antichi, chi confida e si affida al Salvatore mandato dal cielo. È tolta la fatica, il travaglio, la pena di un passaggio così difficile e doloroso. Più semplicemente siamo trasportati dall’altra parte del fiume devastante di questa vita,  dallo stesso Signore, che ci prende fra le sue braccia e ci depone con ogni dolcezza e delicatezza nella sua casa, dove non c’è più tenebra alcuna né pianto né lamento, ma eterna gioia.
“e non venne trovato perché Dio lo aveva trasportato”.  È da intendere innanzitutto in senso spirituale. Non fu più trovato su questa terra come uomo tra gli uomini, perché Dio aveva già portato il suo cuore e la sua mente in un regno che non è di questo mondo, se pur è già in questo mondo. Chi fin d’ora è vivente in Cristo, non è più conosciuto nella vita degli uomini, perché già trasportato nella vita di Dio.

“Infatti prima del trasferimento gli fu resa testimonianza di essere piaciuto a Dio.”

La fede in Gesù non solo scavalca il timore della morte, ma anche quello del giudizio che viene prima della morte. Gli fu resa testimonianza di essere piaciuto a Dio, prima ancora del suo trasferimento. Una coscienza fatta buona da Cristo è anche fatta libera da quella “angoscia” che accompagna il pensiero dell’eterno giudizio. Liberati in Cristo da ogni timore, corriamogli incontro sereni e fiduciosi nel suo amore e nella sua misericordia!

“6 Ma senza fede è impossibile piacergli.”

L’affermazione è categorica: non si ammette altra strada per andare a Dio e modi diversi per essere a lui graditi.
“Infatti a chi si avvicina a Dio è necessario credere che egli è   remuneratore  per quelli che lo cercano.”
Chiunque vuol vivere vicino a Dio, in ogni tempo ed in ogni spazio, deve credere che egli dà la ricompensa  soltanto a quelli che lo cercano. A chi cerca Dio, altro o altri non è dato se non Cristo, l’eterno Figlio suo, in virtù della fede.

“7 Per fede essendo stato divinato a Noè circa le cose che non si vedono ancora, avendo temuto preparò un’arca a salvezza della sua casa, attraverso la quale condannò il mondo e divenne erede della giustizia secondo la fede.”

La fede  vede oltre il presente , ci proietta verso la salvezza futura e ci tiene pronti ed aperti all’intervento del cielo. La Rivelazione è fatta soltanto a chi crede e si fa per questo obbediente alla volontà di Dio. La fede in Cristo fa tutt’uno con la consapevolezza della malvagità che è in questo mondo, che può essere tolta soltanto dall’intervento del Signore. Il giudizio su Dio deve essere soppiantato da un totale e radicale giudizio di condanna sull’uomo. Il mondo è tutto in mano al Maligno. Bisogna preparare per sé e per la propria casa un’arca di salvezza, che è rifiuto del mondo, separazione da esso e dalla sua iniquità. In quest’arca fatta bensì da mani d’uomo, ma secondo la volontà di Dio, noi troviamo rifugio dal male, scampo dall’ira divina, e diventiamo graditi ed accetti al Signore che ci fa dono di vita nuova.

“divenne erede della giustizia secondo la fede.”

L’ingiustizia  che ereditiamo in Adamo è tolta dalla giustizia che ci è donata dal Cristo. Non in virtù delle nostre opere, ma in virtù della fede nel Salvatore mandato dal cielo. Non si diventa eredi per quello che si fa, ma per quello che si è. Fatti figli di Dio dall’Unigenito che è nel seno del Padre, il primogenito dei molti fratelli, diventiamo con ciò legittimi eredi della vera giustizia.

“8 Per fede Abramo chiamato obbedì per uscire verso un luogo che stava per ricevere in eredità e uscì non sapendo dove andava. 9 Per fede dimorò nella terra della promessa come in terra straniera avendo abitato in tende con Isacco e Giacobbe coeredi della stessa promessa. 10 Aspettava infatti la città avente le fondamenta della quale è architetto e costruttore Dio. 11 Per fede anche la stessa Sara, sterile, ricevette forza per la fondazione della discendenza e oltre il tempo dell’età, perché  ritenne fedele colui che aveva promesso. Perciò anche da uno solo furono generati, e queste cose da uno reso morto, come le stelle del cielo per moltitudine e come la sabbia presso la riva del mare quella innumerevole.”

Non c’è vera fede senza obbedienza alla parola di Dio: Abramo ne è modello in assoluto. Benché la fede sia chiesta e data sin dall’inizio del genere umano, soltanto in Abramo assume connotati specifici e ben definiti. Perché soltanto ad Abramo in virtù della fede fu fatta la promessa di una terra benedetta dal cielo. La promessa di una vita eterna si viene sempre più chiarendo e definendo in relazione alla sua fede,  al suo consenso,  alla sua intima adesione al progetto di Dio. La fede che è approvata deve dar prova di sé, della propria autenticità, fermezza, perseveranza, volontà di andare avanti nel cammino intrapreso. All’inizio la fede è soltanto un uscire: un uscire dalla vita che fanno tutti, in cerca di una esistenza che abbia un fondamento ed un fine.

“8 Per fede Abramo chiamato obbedì per uscire verso un luogo che stava per ricevere in eredità”.

Fiducia dunque non nell’opera dell’uomo, incapace di progresso spirituale, ma fiducia nell’intervento di Dio, che ci riserva un luogo del tutto particolare e riservato in cui coltivare un rapporto d’amore, che darà frutto a suo tempo, per grazia di Dio e per suo dono. Un luogo, che inteso dapprima in senso materiale, si definirà e si manifesterà sempre più in senso spirituale. Quel luogo “voluptatis” ( di gioia, piacere ) dove già era stato posto Adamo e da cui era uscito. ( Gen.1,10 )  Rispetto ad Adamo il cammino è sempre di uscita, in un senso esattamente contrario. L’uscita di Adamo è allontanamento dal Cristo, l’uscita di Abramo riavvicinamento a Colui nel quale e per il quale tutto e tutti siamo stati creati.

“e uscì non sapendo dove andava.”

Adamo  è uscito nella presunzione di un sapere e di una sapienza propria, Abramo esce semplicemente per obbedienza. Nulla sa, nulla chiede e nulla gli è detto riguardo alla finale destinazione. Per quanto ignoranti riguardo all’opera del Signore, si deve innanzitutto obbedire alla sua Parola. Soltanto l’obbedienza fine a se stessa può riparare alla disobbedienza pienamente responsabile e consapevole del proprio agire. Adamo disobbedì,  perché voleva diventare come Dio, eliminando il Creatore dalla propria vita. Per Abramo l’obbedienza a Dio è innanzitutto un ritorno al suo amore, ad un rapporto di confidente stima e di abbandono al suo sguardo premuroso, che tutto vede e a tutto provvede.

“9 Per fede dimorò nella terra della promessa come in terra straniera avendo abitato in tende con Isacco e Giacobbe coeredi della stessa promessa. 10 Aspettava infatti la città avente le fondamenta della quale è architetto e costruttore Dio.”

Si esce obbedendo alla Parola e si dimora obbedendo alla stessa parola. Non basta aver obbedito una volta, bisogna rimanere in uno stato di obbedienza, perché la promessa rimanga sempre attuale e vitale. Dimorare nella terra della promessa come in terra straniera non è  conseguimento della promessa, ma perseveranza in quella dimensione di fede in virtù della quale Dio porta a termine in noi il suo eterno progetto d’amore. Si rimane nella promessa abitando sotto le tende, come Abramo, così Isacco e Giacobbe dopo di lui; sempre pronti  a ripartire verso una nuova meta della stessa promessa.

“10 Aspettava infatti la città avente le fondamenta della quale è architetto e costruttore Dio.”

Meta finale non è una città costruita da mani d’uomo ma dallo stesso Dio: città da Lui disegnata e progettata, avente fondamenta eterne e destinata a rimanere per sempre.

“13 Per fede questi tutti morirono, non avendo ricevuto le promesse, ma avendo visto esse di lontano e avendole salutate e avendole riconosciute perché sono stranieri e pellegrini sulla terra.”

Morire per fede è morire nella fede, per conseguire altrimenti e altrove  ciò che è stato promesso in questa vita. I padri della fede hanno visto le promesse di lontano; non tanto lontano però da non poterle salutare e da non poterle riconoscere nella loro divina realtà. E tutto questo è stato reso possibile soltanto in virtù di una esistenza su questa terra, da loro  vissuta come stranieri e pellegrini che sono in attesa di una dimora celeste.

“14 Coloro che dicono queste cose mostrano di cercare una patria. 15 E se certo ricordavano quella patria da cui uscirono avevano avuto tempo di ritornare; 16 Adesso invece si protendono a una migliore, cioè alla celeste.”

I Padri di Israele cercavano una patria diversa da quella da cui erano usciti, aspiravano secondo la promessa ad una patria celeste ed eterna. Diversamente non sarebbero morti come stranieri e pellegrini su questa terra,  ma sarebbero ritornati ad una patria di questo mondo. Non sarebbe certo mancato loro il tempo per fare retromarcia.

“16 Adesso invece si protendono a una migliore, cioè alla celeste.”

Dove sono adesso e cosa stanno facendo? Sono in cielo e si protendono e allungano tutto il loro essere verso l’eterno Creatore.

“Perciò Dio non si vergogna di loro, di essere chiamato loro Dio; infatti ha fatto per loro una città.”

La loro gloria, che è quella del vincitori, ha fatto più bella e più grande la gloria dello stesso Dio, autore e perfezionatore di una simile salvezza. Chi ha riconosciuto Dio come Padre è da Lui  riconosciuto come figlio. Non c’è ricordo o vergogna alcuna per ciò che è passato. Le porte della città celeste per noi costruita, chiuse per il peccato di Adamo, sono state riaperte per la fede nella salvezza operata dal Cristo.

“17 Per fede Abramo ha offerto Isacco e offriva l’unigenito che aveva ricevuto le promesse, 18 al quale era stato detto: in Isacco sarà chiamata per te una discendenza, 19 avendo ritenuto che anche dai morti Dio è capace di suscitare, onde lo ricevette anche in similitudine.”

La fede ha come connotato primo l’uscita e l’abbandono di una patria terrena per rimanere in attesa di una dimora celeste, preparata da Dio per chi vuol essere figlio suo. È innanzitutto questo, ma non è solo questo.
Non si abbandonano soltanto certezze terrene, ma ci è chiesto anche di abbandonare ogni certezza relativamente al disegno di Dio, che può apparire diverso in tempi diversi e che non accetta tuttavia nessuna conformità alle nostre aspettative se pur ultramondane. Si offre non soltanto ciò che chiaramente è contro la volontà di Dio, ma anche ciò che  ci appare come volontà dello stesso Dio, in una fortunata e benedetta coincidenza della nostra volontà con la Sua.

“Per fede Abramo ha offerto Isacco e offriva l’unigenito che aveva ricevuto le promesse”

Niente di più paradossale che offrire in sacrificio il figlio al quale e per il quale furono fatte le promesse. Nessun attaccamento a ciò che è noi gradito è consentito dalla fede, neppure quando poniamo il cuore non nelle cose nostre, ma nelle cose di Dio, e si può creare l’illusione che qualche attaccamento della vita vecchia sia confermato e voluto nella vita nuova a cui siamo chiamati. Così il figlio della carne avrebbe potuto per Abramo diventare anche il figlio della promessa, in una sorta di continuità affettiva senza rottura alcuna, rendendo non solo grande e buona la volontà di Dio, ma anche bella e piacevole. C’è una realtà di morte che non si può in alcun modo scavalcare, neppure con una costante obbedienza alla volontà di Dio che non arrivi al sacrificio della propria vita e di colui che ci è più caro in questa vita.

“19 avendo ritenuto che anche dai morti Dio è capace di suscitare, onde lo ricevette anche in similitudine.”
Non c’è vita senza morte, non solo del peccatore, ma di anche di colui che è liberatore dal peccato. Abramo ritenne per fede che Dio è capace di portare vita nuova anche in virtù della morte accolta volontariamente e consapevolmente per la salvezza dei fratelli, come sacrificio della propria vita. E questo sarà l’opera del Cristo, morto per amore nostro e risorto per la potenza del Padre. Non c’è potenza di resurrezione se non in colui che si abbandona al potere della morte, per far conoscere ed esaltare Colui che ha potere sulla stessa morte, l’eterno Padre che è nei cieli. Dopo aver sacrificato Isacco a Dio, Abramo lo ricevette di nuovo dallo stesso Dio, ma in modo diverso, come figura di colui che non è semplicemente salvato dalla morte, ma che è stato fatto  Salvatore dalla morte.

“20 Per fede anche circa le cose future Isacco benedisse Giacobbe ed Esaù.”

Per chi è figlio della promessa non ci può essere benedizione alcuna se non per la fede in Colui che è autore di una così grande promessa. Si benedice con la fede in Cristo e si è benedetti per la stessa fede, perché passi di figlio in figlio fino alla sua realizzazione.

“21 Per fede Giacobbe morente benedisse ciascuno dei figli di Giuseppe e si prostrò appoggiandosi sulla punta del suo bastone.”

Si viene alla vita benedetti in Cristo e si muore benedicendo nello stesso Cristo: non tutti indistintamente ma soltanto coloro che per fede accolgono la promessa del Salvatore.
Coloro che hanno fatto del Signore il loro sostegno e il loro bastone per tutta alla vita, alla fine della stessa vita si appoggeranno soltanto sulla punta del bastone. Punta del bastone divino è Cristo, colui che fonda e porta la nostra esistenza in Dio. Non c’è benedizione ultima e definitiva se non nel nome del Figlio di Dio, in virtù del quale siamo fatti degni di vita eterna.

“22 Per fede Giuseppe morente si ricordò dell’uscita dei figli di Israele e diede ordine riguardo alle sue ossa.”

La fede in Gesù Salvatore non vive soltanto tenendo fisso lo sguardo sulle cose future, ma anche tenendo fisso il ricordo delle cose passate, di quanto il Signore ha operato  per la nostra salvezza. Non siamo usciti dal mondo per un destino di morte, ma per una chiamata alla vita eterna.
“ Giuseppe… diede ordine riguardo alle sue ossa”. Perché riposassero nella terra della promessa in attesa della risurrezione portata dal Cristo.

“23 Per fede Mosé nato fu nascosto tre mesi dai suoi genitori perché videro bello il bambino e non ebbero paura dell’ordinanza del re.”

La vita che viene dalla promessa divina va custodita e conservata da una fede che rende noto e fa sapere, ma anche da una fede che tiene nascosto. Perché non abbia a perire la bellezza donata dal Signore a coloro che sono fatti santi in Cristo. Non c’è paura di potenza alcuna, per quanto grande come quella del re, che possa intralciare e fermare un progetto di salvezza che va da fede in fede.

“24 Per fede Mosé divenuto grande rifiutò di essere chiamato figlio della figlia di Faraone, 25 avendo scelto di essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che avere un temporaneo guadagno di peccato, 26  avendo reputato maggiore ricchezza dei tesori d’Egitto l’obbrobrio di Cristo; teneva infatti gli occhi sulla retribuzione. 27 Per fede lasciò l’Egitto non temendo il furore del re; infatti come vedendo l’invisibile fu costante. 28 Per fede ha fatto la Pasqua e l’ aspersione del sangue, affinché lo sterminante non toccasse i loro primogeniti.”

Ciò che viene dato nel tempo perisce nel tempo. Cerchiamo pertanto i beni eterni, quelli che Cristo darà a coloro che sono perseveranti nella fede del nome suo!
Chi è destinatario dei beni del cielo non tiene in nessun conto i beni del mondo. Reputa sterco e spazzatura ogni onore ed ogni ricchezza di questa vita. All’onore tributato ai re, preferisce l’umiliazione riservata ai piccoli del Signore. L’obbrobrio del Cristo porta con sé una ricchezza infinitamente più grande di ogni ricchezza terrena. Sia questa ricchezza termine fisso di ogni sguardo della nostra mente.  Dove è il nostro tesoro ivi teniamo il nostro cuore, senza timore alcuno di quello che può farci l’uomo.

“27 Per fede lasciò l’Egitto non temendo il furore del re; infatti come vedendo l’invisibile fu costante. 28 Per fede ha fatto la Pasqua e l’ aspersione del sangue, affinché lo sterminante non toccasse i loro primogeniti.”

Non c’è potenza alcuna di questo mondo che possa fermare l’esodo dei figli di Dio. Se gli occhi della carne vedono il furore di colui che è re della terra, gli occhi dello spirito vedono l’amore di chi è re dei cieli, sovrabbondante di ogni grazia per coloro che hanno fede nel Figlio suo.
Chi è costante nella fede è confortato da una costante visione del Figlio di Dio. Per  fede è superato e vinto ogni timore umano, per  fede si obbedisce alla Parola di Dio, per fede si celebra la Pasqua del Signore, per fede si fa propria l’elezione divina, che ci salva dal destino di morte che incombe sull’uomo.

“29 Per fede attraversarono il Mare Rosso come per terra asciutta, della qual cosa avendo fatto gli Egiziani un tentativo furono inghiottiti.”

La fede dell’uno diventa la fede dei pochi, per essere alla fine la fede dei molti, di un popolo intero che si mette in cammino per vincere la schiavitù del peccato. La traversata del mare,  figura del male, è fatta da Israele come per terra asciutta. E tutto questo per la grazia che si ottiene da Dio in virtù della fede nel Figlio suo , salvatore nostro. Chi si trova dalla parte opposta a Dio, potrà fare mille tentativi per superare il proprio peccato, ma sarà alla fine inghiottito per sempre da esso e avrà morte eterna.

“30 Per fede le mura di Gerico caddero essendo state percorse intorno per sette giorni.”

La fede fa crollare le mura più resistenti e massicce. In quale modo? In virtù di un’obbedienza perseverante alla Parola del Signore… anche quando ci comanda cose che sono un non senso per la nostra ragione.
L’obbedienza al Signore è fine a se stessa, è fiducia nella potenza di Dio che si manifesta ed opera in modo insondabile e non comprensibile alla nostra intelligenza creata.

“31 Per fede Raab, la prostituta, non perì con gli aventi disobbedito, avendo accolto le spie con pace.”

La fede fa salvo anche il peccatore più incallito: apre la porta ai messaggeri di Dio e al suo intervento miracoloso. La mancanza di fede, che è disobbedienza alla parola del Signore, fa i cuori duri e refrattari all’opera del Salvatore.

“32 E cosa dico ancora? Infatti mancherà  a me raccontante il tempo per Gedeone, Barac, Sansone, Iefte, Davide e anche per Samuele e i profeti, 33 che per mezzo della fede abbatterono regni, operarono la giustizia, conseguirono le promesse, chiusero le bocche dei leoni, 34 spensero la potenza del fuoco, sfuggirono al filo della spada, furono rinvigoriti dalla malattia, divennero forti in guerra, misero in fuga le schiere degli stranieri?”

Nulla è impossibile a chi crede, perché nulla è impossibile a Dio. In virtù della fede in Cristo è dato all’uomo di compiere opere potenti, che attestano di per sé la presenza del Dio vivente, che tutto opera per la salvezza dei suoi figli.
Se la fede in Cristo è, all’inizio, soltanto quella del solo Abramo, col passare del tempo è fatta propria da una moltitudine di uomini, che per mezzo di essa hanno fatto opere potenti, di per sé diverse, ma rapportanti e riportanti all’unico Salvatore. La Sacra Scrittura  altri non esalta se non coloro che hanno messo il nome di Cristo al di sopra di ogni altro nome, in virtù della fede.

“35 Di nuovo ricevettero le donne  i loro morti da resurrezione;”

La fede in Cristo non solo rende l’uomo vincitore su ogni potenza avversa, va ben oltre: risuscita i morti. Le donne che hanno partorito in Adamo una generazione di morti ricevono in dono da Dio, una generazione fatta viva dal Cristo. Una realtà di morte è sovravestita da una realtà di vita: in virtù della fede nella risurrezione operata dal Cristo.


“altri invece furono distesi sulla ruota e battuti non avendo accettato la liberazione per ottenere una migliore risurrezione;”

Vi è una risurrezione a vita nuova in questa esistenza, ma vi è anche una resurrezione alla fine dei tempi che è per la vita eterna. C’è chi ha conosciuto una nuova vita nella semplice liberazione dal male operata dal Cristo, ma c’è anche chi, in virtù della stessa fede, è andato oltre fino ad annunziare la resurrezione ultima e definitiva. Una novità assoluta per il popolo di Dio, una fede che ha patito l’incomprensione e la persecuzione all’interno della stessa comunità degli eletti: una fede combattuta ma non vinta, una fede esaltata in questo tempo che è quello della pienezza.

“36 Altri poi fecero prova di scherni e di flagelli, poi ancora di catene e di prigione. 37 Furono lapidati, furono segati, morirono per assassinio di spada, girovagarono vestiti con pelli di pecore, di capre, bisognosi, afflitti, maltrattati, 38 dei quali il mondo non era degno, erranti in deserti e monti e grotte e aperture della terra. “

La fede in Cristo è sempre vincente anche quando agli occhi degli uomini appare perdente. Sopporta in questo mondo tribolazioni ed umiliazioni di ogni sorta, perché tiene gli occhi fissi al cielo e vede in esso il suo eterno destino,  nella gloria del Padre. La fede, che rifulge vittoriosa in alcuni, in altri appare umiliata e nascosta. Nascosta agli occhi del mondo, perché il mondo non è degno di vedere su questa terra quale gloria sia riservata a chi crede in Cristo Salvatore. “ Se vi perseguitano in questa città, fuggite nell’altra” dice Gesù. Fuggiamo lontano dagli uomini che ci perseguitano, perché il nostro cuore abbia stabile dimora nella città del Signore. La luce di Dio rifiutata dal mondo, viene nascosta agli occhi del mondo, ma continua ad illuminare coloro che fuggono in luoghi deserti e solitari, per rimanere soli con il loro Signore. “ Da solo mi hai stabilito nella  speranza” ( Salmo 4,8 ).

“39 E tutti questi avendo ricevuto testimonianza a motivo della fede non ottennero la promessa, 40 avendo Dio preveduto per noi qualcosa di migliore, affinché non giungessero alla perfezione senza di noi.”

Tutti quelli che hanno avuto fede in Cristo prima della sua venuta hanno ricevuto dal cielo una testimonianza fondata e sicura. Non ottennero la promessa nel tempo della loro esistenza terrena, perché a colui che crede in Cristo Salvatore è riservato qualcosa di migliore in cielo, insieme a noi e non prima di noi, che abbiamo  visto la sua morte e resurrezione.

Informazioni aggiuntive