Cap.9


Cap.9

Premettiamo al testo e al commento del cap. 9 una descrizione del tabernacolo eretto da Mosè nel deserto, per dare un’idea, utile per una migliore comprensione del tutto.

 

 


Altre possibili ricostruzioni

DESCRIZIONE DEL TABERNACOLO
tratta da internet.
Il santuario israelitico, secondo il modello celeste fatto vedere a Mosè, era composto da:
IL CORTILE ESTERNO (Esodo 27:9-19/38:9-20) > Misurava 100 cubiti di lunghezza per 50 di  larghezza (un cubito = 45-50 cm.). Conteneva, oltre alla tenda di convegno stessa, l'altare degli olocausti e la conca di rame per le abluzioni dei sacerdoti. Vi si accedeva tramite una porta, che rivelava alla mente dell'Israelita diversi significati:  C'era una sola entrata per accedere alla Casa del   Padre a simbolo del fatto che Dio ha tracciato una sola via per giungere a Lui: il Suo Figliuolo. Essa era molto larga (9-10 mt) e non aveva uguali in qualsiasi tempio dell'epoca. Dimostrava la disponibilità senza limiti nei confronti di ogni peccatore. Ogni mattina andare verso la porta (che si trovava ad est del santuario), significava voltare le spalle al "sol levante", divinità adorata in Egitto ed in tutto il mondo pagano e nella stessa Palestina con il nome di Baal, dio crudele a cui si facevano sacrifici umani; questo culto contaminò anche gli Israeliti. Anche presso i Romani, più tardi, il culto del Sole fu  molto seguito; vi si dedicava un giorno la settimana: la  domenica, con una festa particolare ogni anno: il 25 dicembre. Voltarsi verso il sole ed adorare questa divinità, per contro, significava voltare le spalle al santuario e all'Iddio vivente.
LA TENDA DI CONVEGNO (Esodo cap. 26) > Misurava 30x10 cubiti ed era divisa in due parti:
1.  Il Luogo Santo (20x10 cub.), contenente il candelabro a sette lampade, la tavola di presentazione dei pani, l'altare dei profumi.
2.  Il Luogo Santissimo (o Santo dei Santi - 10x10 cub.), diviso dalla prima parte mediante una cortina di velo decorato. Conteneva l'arca del patto, accanto alla quale erano conservati il libro delle leggi relative ai riti del santuario, ecc. (leggi cerimoniali), la verga di Aronne e un vaso di manna. Il significato delle dimensioni del santuario non è per nulla arbitrario. La cifra 10, che esprime nella Bibbia sempre la completezza, la totalità (lo si rileva anche nelle profezie) è presente in tutte le misure del tempio come multiplo (20, 100 ecc.) o sottomultiplo (5). Essa è impiegata, tale e quale, unicamente per il Luogo Santissimo e ne simboleggiala perfezione: infatti esso è praticamente un cubo  (10x10 cub. di lato e 10 d'altezza). Anche la Gerusalemme Celeste, in Apocalisse cap. 21, viene presentata come un cubo, a simboleggiarne la perfezione assoluta. Infatti era nel Santo dei Santi (come sarà per la Gerusalemme Celeste, dimora dei salvati) che si manifestava la presenza di Dio e la Sua gloria appariva come una luce sfolgorante (chiamata in ebraico  scekinah) sul coperchio dell'arca, fra le sculture di due cherubini d'oro. La cifra sacra 7 appare solamente nel candelabro a sette braccia del Luogo Santo.
DESCRIZIONE DEGLI ARREDI E LORO SIGNIFICATO SIMBOLICO, CORTILE:
ALTARE DEI SACRIFICI (Esodo 27:1-8/38:1-7) 
L'altare dei sacrifici aveva la funzione di togliere dal cuore dell'uomo quella montagna di malintesi, causati dal peccato, che lo divideva dal proprio Creatore. L'altare, inoltre, gli ricordava la necessità della riconciliazione e la sua impossibilità a compierla da solo. Questo altare di legno era ricoperto di rame, non solo per evitare che venisse bruciato dal fuoco che consumava le offerte, ma anche per indicare la potenza di Dio nell'abbattere il muro, che noi abbiamo innalzato, e poterci così salvare. Il rame, infatti, è simbolo della potenza divina:
"Vidi pure come del rame terso, come del fuoco, che lo circondava d'ogni intorno... Egli mi menò là, ed ecco che v'era un uomo, il cui aspetto era come aspetto di rame..." (Ezechiele 1:27a/40:3a - L)
Ai quattro angoli dell'altare c'erano quattro corna. Esse erano un simbolo chiaro per un popolo di pastori come gli Israeliti: nel loro linguaggio comune, anch'esse erano simbolo di potenza. Nel caso dell'altare, le corna raffiguravano la sovrabbondante potenza della grazia che Dio offriva tramite il sacrificio del Suo Figliuolo. A queste corna si aggrappava colui che temeva la vendetta e, lì, non poteva essere ucciso.
CONCA DI RAME (Esodo 30:17-21/38:8) 
La conca di rame era stata fatta con gli specchi che le donne israelite avevano portato dall'Egitto. In essa si purificava il Sacerdote e vi venivano anche lavate alcune parti delle vittime offerte.  Essa è simbolo del battesimo: "Cristo ha sacrificato se stesso per fare in modo che la Chiesa fosse santa, purificata dall'acqua e dalla Sua parola." (Ef. 5:26 )
Essa ricorda anche la legge di Dio, che è paragonata appunto ad uno specchio nell'epistola di Giacomo:  "Non ingannate voi stessi: non contentatevi di ascoltare la parola di Dio; mettetela anche in pratica! Chi ascolta la parola ma non la mette in pratica è simile a uno che si guarda allo specchio, vede la sua faccia così com'è, ma poi se  ne va e subito dimentica com'era. C'è invece chi esamina attentamente e osserva con fedeltà la legge perfetta di Dio, la quale ci porta alla libertà. Costui non si accontenta di ascoltare la parola di Dio per poi dimenticarla, ma la mette in pratica: per questo egli sarà beato  in tutto quel che fa."(Giacomo 1:22-25)
Il compito della legge è quello di farci notare il  nostro bisogno di purificazione (simboleggiata dal battesimo) e di farci desiderare di andare là dove possiamo ottenerla: ai piedi della croce.
LUOGO SANTO: TAVOLA DI PRESENTAZIONE DEI PANI (Esodo 25:23-30/37:10-16) 
Su questa tavola stavano dodici pani (uno per ogni tribù d'Israele), che venivano sostituiti ogni sabato. Essi simboleggiavano il pane spirituale che Dio dà al Suo popolo: la Sua Parola e Cristo stesso: "Gesù disse loro: - Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà mai sete -... Perciò Gesù disse loro: - In verità, in verità io vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il Suo sangue, non  avete la vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno -." (Giovanni 6:35,53,54)
Il pane rappresenta anche il lavoro dell'uomo, che - in questo caso - manifesta a Dio mediante la sua offerta, il suo sentimento di riconoscenza per le benedizioni ricevute con il cibo quotidiano, frutto della terra di Dio.
CANDELABRO (Esodo 25:31-40/37:17-24) 
Il candelabro era l'unico arredo d'oro massiccio; pesava circa 48 kg. Le sue lampade rappresentavano la verità divina con cui Dio illumina il Suo popolo. Poiché Gesù disse:  "Io sono la Verità...", è Lui la Luce che il candelabro voleva simboleggiare. "In lei (la Parola, cioè Cristo, così com'è presentato nel  prologo del Vangelo di Giovanni) era la vita, e la vita era la luce degli uomini… La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo." (Giovanni 1:4,9)
Inoltre, quando Gesù - come Luce divina - venne in mezzo agli uomini, disse a tutti i Suoi seguaci, coloro che, avendo amato la Sua luce, si sarebbero purificati in Lui, come l'oro puro: "Voi siete la luce del mondo" (Matteo 5:14). 
Nel primo capitolo dell'Apocalisse (1:20) che fa da introduzione al messaggio diretto alle sette chiese (che sono altrettante fasi della cristianità dal primo secolo fino al ritorno di Gesù), le chiese stesse sono rappresentate da sette candelabri.
OLIO PER LE LAMPADE (Esodo 27:20-21/37:29) 
L'olio puro che veniva usato per alimentare le lampade, giorno e notte, simboleggia l'unzione dello Spirito Santo. I re d'Israele venivano unti, quando erano scelti da Dio. Nella profezia di Daniele cap. 9, il Messia a venire è chiamato l'Unto. Nella parabola delle dieci vergini (Matteo 25:1-13), le cinque savie si salvano perché hanno la scorta dell'olio per le lampade, cioè lo Spirito Santo che ha rinnovato il loro carattere e le ha rese idonee alle nozze dell'Agnello.
ALTARE DEI PROFUMI (Esodo 30:1-10/37:25-28) 
Così come l'altare di rame, nel cortile, ci presenta Cristo nel valore del Suo sacrificio, l'altare d'oro ci presenta Gesù nel valore della Sua intercessione, come Sacerdote e nostro Avvocato nel Santuario Celeste.  Fu nell'ora nona che il Signore si offriva in offerta di sacrificio, innalzato sulla croce, mentre nel tempio si presentava il sacrificio dell'agnello pasquale e si facevano fumare i profumi sull'altare del Luogo Santo. L'olocausto quotidiano nel cortile ed il profumo nel Luogo Santo si offrivano contemporaneamente.  Fu in quel momento che l'insegnamento profetico e simbolico del santuario terreno si realizzò e la cortina di separazione dal Luogo Santo al Santissimo si squarciò, stando a significare che, ormai, la funzione del tempio si era conclusa, perché il sacrificio espiatorio promesso per la salvezza del mondo era stato compiuto. L'ora della morte di Gesù era dunque preannunciata nella preghiera giornaliera del profumo e nell'offerta della sera.
PROFUMO (Esodo 30:34-38/37:29) 
Il profumo che si bruciava sull'altare rappresenta, oltre all'intercessione di Gesù, anche l'adorazione del popolo di Dio. L'incenso è nella Bibbia simbolo della preghiera: "... Si prostrarono davanti all'Agnello avendo ciascuno una cetra e delle coppe d'oro piene di profumi, che sono le preghiere dei santi." (Apocalisse 5:8b - )
LUOGO SANTISSIMO:
ARCA DEL PATTO O DELLA TESTIMONIANZA (Esodo 25:10-16/ 37:1-5/I Re 8:9/II Cronache 5:10)
L'arca non doveva essere toccata da mani umane, nemmeno per trasportarla, infatti era provvista di stanghe, infilate in appositi anelli.  Rappresentava il trono di Dio e conteneva le tavole della  legge morale: i dieci comandamenti, scritti con il dito di Dio (Esodo 31:18) sulla roccia (Esodo 32:16). Era anche il simbolo eminente di Cristo: rappresentava Colui che sarebbe venuto a confermare la Legge e concludere un Nuovo Patto, una Nuova Alleanza con il Suo popolo. Questo Nuovo Patto prevedeva che la legge di Dio fosse scritta nel cuore dei credenti, per mezzo dell' opera dello Spirito Santo: "Ecco i giorni vengono, dice il Signore (Paolo sta citando l'Antico Test.: Geremia 31:31-34), che io concluderò con la casa d'Israele e con la casa di Giuda un patto nuovo... Io porrò le mie leggi nelle loro menti, e le scriverò sui loro cuori; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo
PROPIZIATORIO (Esodo 25:17-22/37:6-9) 
Era così chiamato il coperchio dell'arca, su cui c'erano due sculture di cherubini d'oro, fra i quali si manifestava la presenza visibile dell'invisibile Maestà di Dio, sotto forma di nube luminosa (scekinah). 
Anche il propiziatorio rappresentava Gesù, Colui che doveva venire a 'coprire' con la Sua ubbidienza perfetta le esigenze della Legge divina, che doveva subire ed espiare con il proprio sacrificio il peccato commesso dall'uomo, sottraendolo alla condanna della legge: "Il quale (Cristo) Iddio ha prestabilito come propiziazione mediante la fede nel sangue d'esso, per dimostrare la Sua giustizia, avendo Egli usato  tolleranza verso i peccati commessi in passato." (Romani 3:25 ) "Egli (Gesù) è la propiziazione per i nostri peccati; e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo." (1 Giovanni 2:2 - L)
LIBRO DELLE LEGGE CERIMONIALI 
Questo libro era posto fuori dell'arca (Deut. 31:24-26), infatti queste leggi non erano eterne, come il Decalogo (legge morale che descrive il santo ed immutabile carattere di Dio), ma transitorie. Il cerimoniale descriveva tutti i riti dei sacrifici, le varie prescrizioni, le varie feste (sette all'anno): tutte cose prefigurative dell'avvento del Messia e che, quindi, dovevano decadere alla Sua morte, quando le profezie, che questi riti costituivano, si sarebbero adempiute.
VASO CONTENENTE LA MANNA (Esodo 16:33-34) 
La manna che, miracolosamente, si manteneva fresca in quel vaso di anno in anno, ricordava il nutrimento dal cielo, provvisto dal Signore al Suo popolo ed aveva, evidentemente, anche un significato spirituale.
Nelle sue epistole, l'apostolo Paolo spiega molto chiaramente che come popolo eletto si deve intendere un Israele spirituale composto da credenti di ogni provenienza.
VERGA DI ARONNE 
Si trattava del bastone usato per far venire le piaghe sull'Egitto. Simboleggiava il comando di Dio ed era miracolosamente fiorito (Numeri 17:1-10), per dimostrare, in occasione di una delle tante ribellioni del popolo, che era la tribù di Levi quella scelta  per servire Dio nel santuario (era la sola tribù ad essere rimasta fedele a Dio, quando costruirono il  vitello d'oro e l'adorarono, in attesa che Mosè scendesse dal monte Sinai). La verga portava inciso il nome di Aronne, fratello di Mosè, che era stato scelto da Dio quale Sommo Sacerdote. 
VELO O CORTINA DI SEPARAZIONE (Esodo 26:31-37) 
Misurava 5 mtq. e prefigurava la carne (o natura umana) di Gesù, la quale, in effetti, velava sulla Terra la gloria della Divinità che risiedeva in Lui corporalmente, così come il grande velo del tabernacolo derubava agli sguardi gli splendori del Luogo Santissimo:  "Poiché in Lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità."(Colossesi 2:9 )
Fu proprio sulla croce, che la Sua carne fu strappata e martoriata per aprirci il cammino del cielo, permettendo alla natura umana di partecipare a quella divina. Anche questo stava a significare lo strappo della cortina nel tempio di Gerusalemme, al momento della morte di Cristo:  "Avendo dunque, fratelli, libertà d'entrare nel santuario in virtù del sangue di Gesù, per quella via recente e vivente che Egli ha inaugurato per noi attraverso la cortina, vale a dire la Sua carne." (Ebrei 10:19-20)                                             
Nel velo di separazione, vi è però anche un significato per l'uomo. Con l'espressione  "carne", la Scrittura intende la natura umana decaduta; questa  è in effetti la barriera che ci separa dalla comunione con Dio. Cristo, diventando con la Sua incarnazione carne della nostra carne e passando attraverso la morte e la resurrezione, ha reso possibile l'accesso alla comunione con Dio per tutti coloro che, uniti a Lui, lo seguono in questa via della morte del vecchio uomo e della nuova vita.
I SACRIFICI
Ve ne sono di cruenti (per i peccati valgono solo quelli che prevedono spargimento di sangue  → opera del Messia a venire) ed incruenti (fior di farina intrisa d'olio e incenso, ecc. da far fumare nel tempio). Tutti i sacrifici sono rigorosamente regolati. A parte i sacrifici di ringraziamento o per i peccati, il culto abituale prevedeva olocausti offerti ogni mattina ed ogni sera (ad ore prestabilite), senza interruzione di ciclo (è quello che viene chiamato "il sacrificio continuo"). Ogni capofamiglia era considerato spiritualmente responsabile per le persone che erano sotto la sua tutela ed era lui che si presentava al tempio con l'animale da sacrificare, per i peccati  propri e della sua famiglia. Il peccatore posava le mani sulla testa dell'animale (che doveva essere fisicamente perfetto e senza malattie, poiché prefigurava il Cristo) e confessava i peccati che, simbolicamente, erano trasferiti da lui al sacrificio. Era ancora lui, il peccatore, a sgozzare l'animale (Lev. 1:4-5), perché doveva comprendere che i propri sbagli avrebbero causato la morte di una vittima innocente, che simboleggiava il Salvatore promesso, il quale si sarebbe manifestato in Israele in futuro. Proprio per questo, c'è da notare che la vittima portava solo il castigo, ovvero le conseguenze del peccato, ma non ne rimaneva contaminata: restava innocente e "cosa santissima" (Levitico 6:25/7:1).
A questo punto, il sacerdote (che, a sua volta, era simbolo di Cristo e della Sua opera nel Santuario Celeste) pensava a tutto il rituale dell'immolazione della vittima, il cui sangue veniva spruzzato all'interno del Luogo Santo, sette volte davanti alla cortina di separazione e sui corni dell'altare dei profumi; il resto era versato ai piedi dell'altare dei sacrifici nel cortile (Levitico 4:1-7).  In questo modo, i peccati venivano simbolicamente accumulati nel santuario (passando dal peccatore alla vittima e da quest'ultima al tempio) che doveva essere purificato una volta all'anno, nel grande Giorno delle Espiazioni (in ottobre). Questo era un giorno di giudizio e di digiuno per il popolo; la simbologia della festività delle Espiazioni è, fra l'altro, profetica di quanto, in parte, è già avvenuto nel Santuario Celeste e di quanto avverrà subito dopo il ritorno di Cristo.
Riassumendo → Il sacrificio cruento prevedeva varie fasi:
1. La presentazione della vittima alla porta del tempio;
2. L'imposizione delle mani del peccatore sul capo dell'animale;
3. La confessione dei peccati;
4. L'immolazione della vittima da parte del peccatore;
5. L'aspersione del sangue da parte del sacerdote;
6. La combustione dei resti (divisa in due parti:
a) Onorifica, che si compiva sull'altare dei sacrifici
b) Distruttrice, relativa alle parti vili dei sacrifici che
si compiva fuori del campo)
L'idea biblica di ESPIAZIONE, al contrario di quella pagana, presenta Dio come il solo Agente attivo. Ecco perché l'apostolo Paolo ci presenta il Padre come riconciliante il mondo a sé e NON come facendosi riconciliare dall'uomo. Gesù ha preso spontaneamente su di sé l'opera di espiazione, l'uomo dunque non fa il primo passo, può solo accettare o  meno quanto gli viene gratuitamente offerto:
"E questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ha dato a noi l'incarico di portare altri alla riconciliazione con Lui. Così Dio ha riconciliato il mondo con sé per mezzo di Cristo: perdona agli uomini i loro peccati e ha affidato a noi l'annunzio della riconciliazione." (2 Corinzi 5:18-19)
"Per mezzo di Lui (Gesù) ha voluto rifare amicizia ("riconciliare") con tutte le cose, con quelle della terra e con quelle del cielo; per mezzo della Sua morte in croce Dio ha fatto pace con tutti... Ora invece, per mezzo della morte che Cristo ha sofferto, Dio ha fatto pace ( "vi ha riconciliati") anche con voi per farvi essere santi, innocenti e  senza difetti di fronte a Lui." (Colossesi 1:20,22 )
LA STORIA DELLA SALVEZZA
La storia della salvezza è stata scritta nel santuario e nei suoi riti:
1. Il cortile > Con il suo altare e la sua conca di rame, esso narra dell'espiazione di Cristo e, quindi, della riconciliazione, della giustificazione per fede nella giustizia acquistata da Gesù per l'uomo, fede che si esprime pubblicamente nell'atto del battesimo.
2. Luogo Santo > Una volta giustificato, il credente inizia il suo cammino di fede, la santificazione, essendo nutrito dal pane della Parola di Dio (dodici pani della presentazione) ed illuminato dallo Spirito Santo (candelabro). Attraverso  l'adorazione (altare dei profumi), egli si eleva fino a Dio, presentandogli con fiducia le sue preghiere e le sue lodi.
3. Luogo Santissimo > Per fede, il credente può entrare in comunione diretta e personale con Dio e godere della Sua presenza nella sua vita quotidiana, in attesa del tempo in cui potrà essere fisicamente alla presenza del Suo Creatore, al ritorno di Cristo: il giorno della glorificazione.
CONCLUSIONE
Il santuario israelitico era dunque simbolicamente:
1. Un tipo di Cristo, della Sua opera e della Sua persona
2. Un tipo della Chiesa (intesa come popolo di Dio fedele in tutti i luoghi e in tutti i tempi: vedi I Timoteo 3:15/Efesini 2:21-22/I Pietro 2:4-5/I Corinzi 3:9).
3. Un tipo del Santuario Celeste.
4. Un tipo del piano della salvezza (cammino della fede).

Un quadro riassuntivo del Tabernacolo  è dato da Esodo 25

E parlò il Signore a Mosé dicendo: 2 “Parla ai figli di Israele e prendete per me primizie di tutti, quelli fra voi a cui parrà bene nel cuore, e prenderete le mie primizie. 3 E questa è la primizia che prenderete da loro: oro, argento, bronzo 4 giacinto, porpora e scarlatto doppio, bisso filato, peli di capra, pelli di arieti tinte di rosso e pelli color giacinto, legno incorruttibile, 7 pietre di sardio e pietre da intagliare per l’omerale e la veste talare. 8 E mi farai un santuario e mi farò vedere in mezzo a voi. 9 E me lo farai secondo tutto quanto io ti mostro sul monte, il modello della tenda e il modello di tutti i suoi arredi; così farai. 10 E farai l’arca della testimonianza di legno incorruttibile, di due cubiti e mezzo la lunghezza, di un cubito e mezzo la larghezza e di un cubito e mezzo l’altezza. 11 E la dorerai con oro puro, fuori e dentro la dorerai; e farai per essa delle cimase incurvate, d’oro, tutto intorno. 12 E forgerai per essa quattro anelli d’oro e li porrai sui quattro lati, due anelli su un lato e due anelli sul secondo lato. 13 Farai delle stanghe, legno incorruttibile, e le dorerai d’oro. 14 E metterai le stanghe negli anelli sui lati dell’arca per sollevare l’arca per mezzo di essi. 15 Negli anelli dell’arca saranno le stanghe fisse. 16 e introdurrai nell’arca le testimonianze che ti darò. 17 E farai un propiziatorio, coperchio d’oro puro, di due cubiti e mezzo la lunghezza, di un cubito e mezzo la larghezza. 18 E farai due cherubini d’oro, cesellati, e li porrai su entrambi i lati del propiziatorio. 19 saranno infatti: un cherubino da questo lato e un cherubino sul secondo lato del propiziatorio; e farai i due cherubini sui due lati. 20 Saranno i cherubini con le ali protese verso l’alto, ombreggianti con le loro ali il propiziatorio, e i loro volti l’uno verso l’altro; verso il propiziatorio saranno i volti dei cherubini. 21 E porrai il propiziatorio sull’arca, di sopra; e nell’arca introdurrai le testimonianze che ti darò. 22 E mi farò conoscere da là e parlerò a te, di sopra il propiziatorio in mezzo ai due cherubini che sono sull’arca della testimonianza, proprio di tutto quanto ti comanderò per i figli di Israele. 23 E farai una tavola doro puro, di due cubiti la lunghezza, di un compito la larghezza e di un cubito e mezzo l’altezza. 24 E farai per essa delle cimase incurvate, doro tutt’intorno. 25 E farai per essa una corona di un palmo tutto intorno; e farai una cimasa incurvata per la corona, tutt’intorno. 26 E farai quattro anelli d’oro e porrai gli anelli sulle quattro parti dei suoi piedi, 27 sotto la corona, e saranno gli anelli guaine per le stanghe, così da sollevare per mezzo di esse la tavola. 28 E farai le stanghe di legno incorruttibile e le dorerai con oro puro e sarà sollevata per mezzo di esse la tavola. 29 E farai i suoi piatti, gli incensieri, le coppe e i calici, con i quali farai le libagioni; d’oro puro li farai.
39 Tutti questi arredi un talento d’oro puro. 40 Guarda, farai secondo il modello mostrato a te sul monte”.

Lettera agli Ebrei
Cap. 9
Certo dunque anche la prima alleanza aveva norme di culto e il santuario terrestre. 2 Infatti fu allestita una tenda, la prima, in cui c’era sia il candelabro sia la tavola sia la presentazione dei pani, tenda che è detta il Santo; 3 dopo la seconda cortina un tenda chiamata Santo dei Santi, 4 avente l’altare dell’incenso d’oro e l’arca dell’alleanza ricoperta dappertutto d’oro, in cui c’era un’anfora d’oro avente la manna e il bastone di Aronne, che era fiorito e le tavole dell’ Alleanza, 5 poi sopra di essa i cherubini della gloria adombranti il propiziatorio; riguardo a queste cose non è adesso da parlare in dettaglio. 6 Ora essendo così disposte queste cose, da una parte nella prima tenda, in ogni tempo, entrano i sacerdoti che compiono i servizi del culto, 7 dall’altra parte, nella seconda tenda, entra una sola volta all’anno il sommo sacerdote, non senza il sangue che offre per i peccati di ignoranza di se stesso e del popolo, 8 questo mostrando lo spirito Santo: che non era ancora stata resa nota la via del santuario, avendo sussistenza ancora la prima tenda, 9 la quale è similitudine del tempo presente, secondo la quale si offrono doni come pure le vittime non capaci, secondo coscienza, di rendere perfetto colui che rende culto, 10 soltanto con i cibi e le bevande e con le diverse abluzioni, ordinamenti umani imposti fino al tempo della correzione. 11 Ma giunto Cristo come sommo sacerdote dei beni futuri, per mezzo della tenda più grande e più perfetta non fatta da mani, cioè non di questa creazione, 12 né per mezzo del sangue di capri e vitelli ma per mezzo del proprio sangue entrò nel santuario una volta per tutte, avendo conseguito un’eterna redenzione. 13 Infatti se il sangue di capri e di tori e la cenere aspersa di una giovenca santifica i contaminati per la purificazione della carne, 14 quanto più il sangue di Cristo, che con spirito eterno ha offerto se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire al Dio vivente. 15 e per questo è mediatore di una nuova Alleanza, perché essendo intervenuta la morte per la redenzione delle trasgressioni sotto la prima alleanza, i chiamati ricevano la promessa della eredità eterna. 16 Infatti dove c’è un testamento, è necessario che venga addotta la morte del testatore; 17 infatti un testamento è valido dopo la morte, perché non vale mai quando vive il testatore. 18 Perciò neppure la prima alleanza è stata inaugurata senza sangue; 19 infatti proclamato da Mosé a tutto il popolo ogni comandamento conformemente alla legge, avendo preso il sangue dei vitelli e dei capri, con acqua e lana scarlatta e issopo asperse lo stesso libro e tutto il popolo, 20 dicendo: questo è il sangue dell’alleanza che ha comandato per voi Dio. 21 E similmente asperse col sangue la tenda come anche tutti gli arredi del servizio. 22 E col sangue si purificano tutte le cose secondo la legge e senza spargimento di sangue non avviene remissione. 23 Era dunque necessario che le immagini delle cose che sono nei cieli fossero purificate con queste aspersioni, ma le stesse cose celesti con migliori vittime di queste. 24 Infatti Cristo non entrò in un santuario fatto da mani, antitipo del vero, ma nello stesso cielo per apparire adesso al cospetto di Dio per noi; 25 non perché offra se stesso molte volte, come il sommo sacerdote entra nel santuario ogni anno con sangue estraneo, 26 altrimenti bisognava che egli molte volte patisse dalla fondazione del mondo; ora invece si è manifestato una volta sola, nel compimento dei secoli per l’annullamento del peccato con il suo sacrificio. 27 E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, poi dopo questo è il giudizio, 28 così anche Cristo essendo stato offerto una sola volta per levar via i peccati di molti, per la seconda volta apparirà senza peccato per coloro che lo aspettano per la salvezza.

Commento di Cristoforo
“Certo dunque anche la prima alleanza aveva norme di culto e il santuario terrestre. 2 Infatti fu allestita una tenda, la prima, in cui c’era sia il candelabro sia la tavola sia la presentazione dei pani, tenda che è detta il Santo; 3 dopo la seconda cortina un tenda chiamata Santo dei Santi, 4 avente l’altare dell’incenso d’oro e l’arca dell’alleanza ricoperta dappertutto d’oro, in cui c’era un’anfora d’oro avente la manna e il bastone di Aronne, che era fiorito e le tavole dell’ Alleanza, 5 poi sopra di essa i cherubini della gloria adombranti il propiziatorio; riguardo a queste cose non è adesso da parlare in dettaglio.”
Ciò che Paolo non intende fare: “parlare in dettaglio”, sembra a noi doveroso, considerata la nostra non familiarità con la Parola di Dio. Parlando ad Ebrei l’Apostolo giudica fuori luogo descrivere in particolare ciò che essi ben conoscevano. Noi riporteremo il testo in questione dell’ Antico Testamento, aggiungendo qualche personale annotazione.
La lettera agli Ebrei ci sembra di facile comprensione, ma bisogna avere un’idea chiara del tutto e conoscere ciò che ci dice la Bibbia riguardo al tabernacolo eretto da Mosè nel deserto.
Una descrizione accurata è data dal libro dell’Esodo cap. 26
“E la tenda farai, dieci tele di  bisso filato, giacinto, porpora e di scarlatto filato: con cherubini, lavoro di tessitore, le farai.”
Un Dio diverso, merita una dimora diversa: non una tenda qualunque, ma quanto di meglio si possa immaginare e trovare in questa terra. Si deve usare la materia prima più bella, e fine e preziosa di per sé ed ancor di più per lo splendore conferito dai colori: quanto di meglio sia conosciuto dall’uomo: dieci tele di bisso filato dei rossi più belli, di giacinto, di porpora e di scarlatto.
All’eccellenza della materia prima va aggiunta l’eccellenza della mano dell’uomo, lavoro di tessitore, ed all’eccellenza con cui si costruisce e di chi costruisce, va aggiunta  l’eccellenza dell’immagine. Non potendo rappresentare Dio, chi più simile a Lui dei cherubini? I cherubini stanno ad immagine di Dio. Nessuna altra immagine più adeguata si può accostare ed associare a Colui che è al di sopra di ogni immaginazione umana.
“2 La lunghezza di un telo sarà di ventotto cubiti, e di una larghezza di quattro cubiti un telo: la stessa misura avranno tutti i teli. 3 cinque teli saranno uniti insieme, l’uno con l’altro, e cinque teli saranno fissati l’uno all’altro. 4 e farai per essi lacci color di giacinto sul bordo di un telo, da una parte, per la giuntura e così farai sul bordo del telo esterno per la seconda giuntura. 5 Cinquanta lacci farai per un telo e cinquanta lacci farai nella parte del telo in corrispondenza alla giuntura del secondo, opposti, in corrispondenza l’uno all’altro, uno per uno. 6 E farai cinquanta fermagli d’oro e legherai i teli l’uno all’altro con i fermagli e sarà la tenda una. 7 E farai delle pelli di pelo di capra, protezione sopra la tenda: in numero di undici pelli le farai. 8 La lunghezza di una pelle sarà di trenta cubiti, e di quattro cubiti la larghezza di una pelle; la stessa misura avranno le undici pelli. 9 E legherai cinque pelli insieme a sei pelli insieme: e raddoppierai la sesta pelle sulla parte anteriore della tenda. 10 E farai cinquanta lacci sul bordo di una pelle, quella di mezzo per la giuntura e cinquanta lacci farai sul bordo della pelle che vi si lega, la seconda. 11 e farai cinquanta fermagli di bronzo e legherai i fermagli con i lacci e legherai le pelli, e sarà una cosa sola.”
Se è relativamente semplice dare un significato spirituale al materiale, ai colori, al valore artistico della tenda, il discorso si complica allorchè entrano in ballo i numeri. In che modo, in che misura, in quale numero le molteplici parti sono messe insieme per formare un’unità inscindibile? È indubbio che per gli Ebrei i numeri avevano valore simbolico. Sfugge a noi il significato spirituale di tali numeri.
Ci sembra tuttavia di poter affermare che la precisione con cui si riportano lunghezze, numeri, quantità, importanza, scala di preziosità del materiale, modalità di unione e di connessione diano l’idea di una molteplicità di parti che richiama la molteplicità di cui è formato un corpo vivente. Se tempio di Dio è il nostro corpo, l’immagine più adeguata di questo tempio non può che ricalcare l’assoluta precisione, conformità, perfetta uguaglianza, di ogni corpo. Ognuno di noi è frutto di un disegno di Dio che ci conferisce pari dignità di tempio Suo. Parimenti il Signore ha abitato in ognuno di noi al tempo della prima creazione e parimenti vuol tornare ad abitare. Ma se il primo modello, che non ha conosciuto mano d’uomo, è stato distrutto dallo stesso uomo, il secondo modello, se pur dettato, comandato, guidato, sollecitato da Dio, non può essere realizzato se non in concorso con la mano dell’uomo. E non mettendoci il peggio, come nel peccato di Adamo, ma quanto di migliore è trovato fuori di noi e in noi.
Un disegno di perfezione divina trova la sua realizzazione pratica soltanto in virtù di un impegno assoluto, che tutto vuole, cerca, opera, conforme alla volontà di Dio. Chi non vuole dare tutto e il meglio di se stesso non sarà mai tempio del Signore, ma una sua deformazione ed impropria dimora.
Se la prima risposta all’amore di Dio è stata la disobbedienza, non si può tornare indietro se non in virtù di un’obbedienza assoluta alla Sua parola. Si deve obbedire in tutto e per tutto anche in quello che può a noi sembrare di secondaria importanza. Se Dio ha fatto bene ogni cosa in noi, portando ad unità la molteplicità del nostro essere creato, parimenti il nostro ascolto di quanto da Lui comandato deve impegnarci in modo totale: con ogni attenzione, cura, sollecitudine, amore, per piacere solo ed esclusivamente a Lui. Se la nostra vocazione è quella di essere perfetti come il Padre che è nei cieli, perfetta deve essere la nostra obbedienza alla sua parola: obbedienza che entra in tutti gli aspetti della nostra vita, in ciò che appare in superficie, ma anche in ciò che è nascosto e velato ai nostri occhi, ma che è ben conosciuto da Dio. Nessuna macchia, sozzura, imperfezione, nota stonata né dentro né fuori: tale deve essere la dimora di Dio che è il nostro corpo. Il molteplice e il diverso che è in noi deve essere così intimamente unito, rapportato, collegato da formare un tutto unico, indiviso. “ Perché ogni regno diviso in se stesso sarà distrutto”. Quanto più sarà distrutto il regno di Dio che è dentro di noi, se nella sua meravigliosa  complessità e diversità non sarà trovato uno?
Uno perché opera del solo Dio, uno perché opera di una volontà creata indivisa che vuole in sé soltanto il Signore.
La santità non può essere costruzione nostra, prodotto dell’ultima ora, ma si deve rapportare ad un modello unico, fisso, irremovibile: voluto, dato, benedetto da Dio, al punto che ogni difformità se in un primo tempo chiede correzione e riparazione, da ultimo sarà degna di riprovazione e di dannazione eterna.
“12 E fisserai la parte eccedente alle pelli della tenda: la metà della pelle rimasta la ripiegherai, la parte eccedente delle pelli della tenda la ripiegherai dietro la tenda. 13 Un cubito da una parte e un cubito dall’altra di quanto rimane delle pelli, della lunghezza delle pelli della tenda: ricoprirai i lati della tenda di qua e di là, per coprirli. 14 E farai una copertura per la tenda, pelli di arieti tinte di rosso e coperture ancora, pelli color di giacinto sopra.”

Tutto è progettato da Dio alla perfezione e tutto deve essere fatto dall’uomo con la medesima perfezione. Con il concorso della grazia diremmo noi, dopo Cristo. Con ogni buona volontà si doveva intendere ai tempi di Mosè.
Bella all’aspetto esteriore, ben costruita nella connessione delle parti, senza risparmio di materiale, ma con eccedenza riposta e nascosta, la tenda dell’Arca deve altresì essere ben salda e ancorata al suolo. Nessun vento o evento naturale dovrà smuoverla e sradicarla. Una costruzione di per sé stabile nella sua struttura portante deve altresì essere saldamente ancorata e appoggiata al suolo. Ciò che è fondato in terra per volontà del Signore deve avere fondamenti stabili e sicuri come ciò che è fondato in cielo. Ognuno stia attento al modo in cui costruisce il proprio tempio di Dio: bello, buono, duraturo deve altresì avere solide fondamenta: gettate dall’uomo, ma conforme alla Parola di Dio, che unica garantisce la stabilità di una costruzione.
“15 E farai assi per la tenda di legno incorruttibile: 16 di dieci cubiti farai un asse e di un cubito e mezzo la larghezza di un asse; 17 due cardini per un asse, incastrati l’uno nell’altro; così farai per tutte le assi della tenda. 18 e farai assi per la tenda, venti assi dal lato verso settentrione. 19 E quaranta basi d’argento farai per le venti assi, due basi per un asse per entrambi i suoi lati e due basi per un asse per entrambi i suoi lati. 20 E il secondo lato verso mezzogiorno, venti assi; 21 quaranta le loro basi d’argento, due basi per un asse per entrambi i suoi lati e due basi per un asse per entrambi i suoi lati. 22 E sul retro della tenda, dalla parte verso il mare, farai sei assi. 23 Due assi farai sugli angoli della tenda, dietro, 24 e sarà in modo uguale in basso: allo stesso modo saranno uguali dalla cima fino a una sola congiunzione; così farai per entrambi e stiano ai due angoli.” 25 E saranno otto assi e le loro basi d’argento sedici: due basi per un asse per entrambi i suoi lati e due basi per un asse. 26 E farai sbarre di legno incorruttibile, cinque, per un asse da una parte della tenda 27 e cinque sbarre per un asse sul secondo lato della tenda e cinque sbarre per un asse posteriore sul lato della tenda verso il mare, 28 e la sbarra di mezzo, nel mezzo delle assi, vada da un lato all’altro lato.”
Una struttura saldamente eretta e fondata deve anche essere saldamente connessa nelle sue parti, con ogni garanzia di sicurezza e senza risparmio di materiale e di manodopera. Sarà il legno la garanzia della stabilità e della  perfetta connessione delle parti. Il legno farà di molte parti un tutt’unico. Ma quale legno può dare garanzie? Quello che ripetutamente e insistentemente è chiamato legno incorruttibile. Quello che,   congiunto a croce in una molteplicità di croci, tiene unite tutte le assi della costruzione. Non è un legno semplicemente terreno, ma è il legno fatto divino dal Cristo. Non importa di quale pianta, importa di quale forma e a quale scopo. La croce di Cristo è unica garanzia di salvezza per l’uno e per i molti che vogliono essere tempio di Dio. Ed è un legno non solo incorruttibile, ma  anche  rivestito di ogni bellezza agli occhi dell’uomo.
“29 E le assi dorerai con oro, d’oro farai gli anelli in cui introdurrai le sbarre e dorerai le sbarre con oro.”
Incorruttibile è la croce, bella a vedersi,  come pure deve essere bello e prezioso  ciò che tiene unito il braccio verticale a quello orizzontale. In virtù della croce, chi è ancorato alla terra viene innalzato al cielo, ad opera di uno strumento di morte  fatto proprio da Dio, perché diventi strumento di vita eterna per ogni uomo. Spogliato di ogni sua bruttura, reso prezioso dal sangue di Cristo, il segno della croce sempre rifulgerà e splenderà in ogni luogo della terra dove si cerca Gesù Salvatore.
“30 E alzerai la tenda secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte.”
Nessun tempio di Dio può essere fatto secondo un disegno umano, ma neppure può essere innalzato conforme alla nostra volontà. Un modello ci è stato dato, per costruire e per innalzare. E non ci è stato mostrato in un luogo qualunque, ma sul monte di Dio, là dove la terra s’incontra col cielo, dove il Creatore può baciare ed abbracciare la sua creatura  ritrovata e salvata una volta per sempre.
Ritorniamo alla lettera agli Ebrei
“3 dopo la seconda cortina un tenda chiamata Santo dei Santi, 4 avente l’altare dell’incenso d’oro e l’arca dell’alleanza ricoperta dappertutto d’oro, in cui c’era un’anfora d’oro avente la manna e il bastone di Aronne, che era fiorito e le tavole dell’ Alleanza, 5 poi sopra di essa i cherubini della gloria adombranti il propiziatorio; riguardo a queste cose non è adesso da parlare in dettaglio.”
Leggiamo in Esodo 26
“31 E farai un velo di giacinto, porpora e scarlatto filato e di bisso ritorto: opera, lo farai, intessuta a cherubini. 32 E lo appenderai a quattro colonne incorruttibili dorate con oro: i loro capitelli d’oro e le loro basi quattro, d’argento. 33 E metterai il velo sulle colonne e porterai là, all’interno del velo, l’arca della testimonianza: e separerà il velo, per voi il Santo e il Santo dei Santi .34 E coprirai col velo l’arca della testimonianza nel Santo dei Santi..”
Una struttura così bella, esternamente da tutti visibile e conoscibile, è fatta per custodire al proprio interno un bene ancora più grande, ossia l’Arca dell’alleanza. Ma non vi è accesso diretto fra ciò che appare fuori e ciò che è custodito dentro. Tra il Santo ( la prima tenda ) e il Santo dei Santi dei Santi ( la parte più interna dove nell’arca sono custodite le tavole della Legge ) è steso un velo sostenuto da quattro colonne incorruttibili dorate. Preziose come argento nelle basi che toccano terra, preziose come l’oro nei capitelli che si innalzano al cielo.
Cosa intendere in immagine se non i quattro Vangeli che custodiscono,  nascondendo sotto un velo, la Legge di Dio? Allorchè ci è dato di leggere e comprendere oltre il velo, i quattro Vangeli svelano il senso più proprio e più profondo della Legge e ci fanno conoscere Gesù Salvatore.
Ancora da Esodo 26
“35 E metterai la tavola fuori dal velo e il candelabro dirimpetto alla tavola nella parte della tenda verso mezzogiorno e la tavola metterai nella parte della tenda verso settentrione. 36 E farai una cortina di giacinto, porpora e scarlatto filato e di bisso filato, opera di ricamatore. 37 E farai per il velo cinque colonne e le  dorerai con oro, e i loro capitelli d’oro e fonderai per essere cinque basi di bronzo”.
Come non vedere in queste cinque colonne che portano il primo velo all’ingresso del Santo, i cinque libri della legge? È la Parola di Dio, Antico Testamento prima, Nuovo Testamento dopo, che ci introduce al mistero della salvezza per noi preparata dal cielo. Non c’è parola nella Scrittura che non sia bella, splendida, preziosa come l’oro. Non c’è libro ispirato che non sia al di sopra di ogni altro libro. D’oro è il capitello che si alza al cielo. Parimenti preziose, se pur di una diversa preziosità  le basi che poggiano sulla terra: di bronzo quelle dell’Antico Testamento, d’ argento quelle del Nuovo.
Ritorniamo al testo della lettera agli Ebrei
“6 Ora essendo così disposte queste cose, da una parte nella prima tenda, in ogni tempo, entrano i sacerdoti che compiono i servizi del culto, 7 dall’altra parte, nella seconda tenda, entra una sola volta all’anno il sommo sacerdote, non senza il sangue che offre per i peccati di ignoranza di se stesso e del popolo,”
Due parti e due zone ben distinte, se pur entrambe sacre.
La prima tenda rappresenta la normalità del culto: fatto in ogni tempo, da tutti i sacerdoti, per tutti i servizi.
Nella seconda tenda il culto a Dio assume un significato unico ed esclusivo: vi  entra una sola volta all’anno, in via del tutto eccezionale, soltanto il sommo sacerdote, con il sangue del sacrificio.
E non offre soltanto per se stesso, ma per tutto il popolo e non semplicemente per i peccati di cui c’è consapevolezza, ma anche per tutti quelli di cui c’è ignoranza. Il sacrificio compiuto dall’uno ha un’importanza ed un valore per così dire onnicomprensivi. In virtù di un solo atto compiuto da un solo sacerdote, una sola volta all’anno, sono espiati tutti i peccati di tutta la comunità.

“8 questo mostrando lo spirito Santo: che non era ancora stata resa nota la via del santuario, avendo sussistenza ancora la prima tenda,”

Essendo una contraddizione di per sé evidente la presenza di due santuari, dobbiamo intendere che una sorta di “doppione” è stato voluto in un tempo e per un tempo da Dio, in attesa una luce maggiore donata dal cielo, che porterà tutto ad una finale chiarificazione e semplificazione.
L’erezione del tabernacolo nel deserto  è   soltanto l’inizio di un cammino di salvezza, comporta una molteplicità di significati e di immagini che saranno compresi soltanto nella pienezza dei tempi, con la venuta del Salvatore.
Prima della venuta del Cristo, tutto quanto prescritto da Dio deve essere osservato alla perfezione, in quanto tutto parimenti utile per la salvezza d’Israele. È vero che già nei nomi è significata l’eccellenza del Santo dei Santi, rispetto al Santo; ma è altrettanto vero che non si può scavalcare la tenda più esterna, per arrivare subito a quella più interna. Bisogna procedere per tempi, per modi e per gradi.
E tutto questo perchè abbia esito positivo l’opera di rieducazione dei cuori intrapresa da Dio secondo un cammino o percorso pedagogico ben definito dalla Sua Parola. In altri termini: non può esistere un processo di autosalvezza del popolo eletto secondo modalità proprie, ma soltanto in virtù dell’obbedienza a quanto è comandato da Dio. Soltanto alla fine di un percorso, giunta la pienezza dei tempi, il Figlio di Dio, venuto ad abitare in mezzo agli uomini, potrà edificare il suo eterno tempio in maniera definitiva nei nostri cuori: ed allora l’immagine lascerà il posto alla realtà; ma continuerà a parlare ad ogni figlio di Dio  come figura delle cose future ed in vista del Salvatore mandato dal cielo. Ciò che alla fine è inteso in un significato ultimo e definitivo, non può essere parimenti così inteso sin dall’inizio. Ci sta di mezzo un cammino di maturazione che è obbedienza alla Parola di Dio: un cammino che lascia aperte per l’uomo anche possibilità di scelte sbagliate, di rinnegamento rispetto all’iniziale intenzione, di fraintendimento dei segni di Dio, di deviazione rispetto alla via che unicamente conduce a vita eterna.
L’intelligenza della Parola di Dio non può essere la molla che mette in moto il popolo eletto. Giova, innanzitutto, soltanto l’obbedienza alla Parola divina, in un abbandono fiducioso al Signore che è unica adeguata risposta al suo amore salvifico. Nel tempo e col tempo Israele andrà crescendo di conoscenza in conoscenza e potrà leggere e comprendere  in modo sempre più conforme e pieno la bellezza e la grandezza del disegno salvifico. Non si comprende l’Antico Testamento se non alla luce del Nuovo, ma nello stesso tempo non ci può essere ciò che è Nuovo senza ciò che è Antico. Perché non si passa dall’uno all’altro in virtù di luce propria, ma di luce donata, non con un lampo improvviso, ma attraverso una graduale illuminazione che non interessa soltanto il singolo, ma l’intera comunità degli eletti. Nessuna luce individuale può scavalcare e metter da parte quella data all’intera  collettività, da essa conservata in virtù di quello strumento di salvezza che ha il nome di Tradizione.
Una tradizione che coltiva, custodisce, tramanda sempre le stesse cose, ma sempre illuminate di una maggior luce:  come il pane quotidiano che assume sapori e profumi nuovi e prende aspetti diversi, ma sempre soddisfa ogni autentica fame. Così potente da far crescere ogni uomo dall’età bambina, che comprende in virtù di parabole,  all’età adulta, che ha occhi per vedere e orecchi per intendere le meraviglie che Dio ha preparato per il popolo suo.

“9 la quale è similitudine del tempo presente, secondo la quale si offrono doni come pure le vittime non capaci, secondo coscienza, di rendere perfetto colui che rende culto, 10 soltanto con i cibi e le bevande e con le diverse abluzioni, ordinamenti umani imposti fino al tempo della correzione”.

Il passato, che è similitudine del tempo presente, non può avere valore ed importanza a se stanti, ma ha valore ed importanza finali. Bisogna cioè comprenderlo nel suo significato ultimo e definitivo. Le vittime e i riti usuali della Legge mosaica non sono in grado di rendere perfetto colui che rende culto. Si aggiungano pure i cibi, le bevande, le diverse abluzioni. Sono ordinamenti umani, cioè nell’ordine della natura creata, che di per sé non sono in grado di innalzare a perfezione divina. Dio  può chiedere all’uomo soltanto ciò che  è nelle sue capacità e a sua portata, secondo un piano educativo che è correzione del peccato, non sua eliminazione e suo superamento; in vista di un intervento dal cielo, diversamente potente ed efficace.
“Secondo coscienza”, perché Paolo non esprime affatto una sua personale convinzione ma dice quello che ognuno può ben comprendere da solo nell’intimità del suo rapporto con Dio.
Non si nasce a vita nuova nel rapporto con il Signore in virtù di riti, pratiche sacrifici opera della mano dell’uomo; c’è bisogno di altro.

“11 Ma giunto Cristo come sommo sacerdote dei beni futuri, per mezzo della tenda più grande e più perfetta non fatta da mani, cioè non di questa creazione, 12 né per mezzo del sangue di capri e vitelli ma per mezzo del proprio sangue entrò nel santuario una volta per tutte, avendo conseguito un’eterna redenzione.”

Alla fine di un cammino di correzione, finalmente giunge un sommo sacerdote diverso che amministra non i beni del tempo presente ma quelli del tempo futuro; in virtù di una tenda più grande e più perfetta che non è fatta da mani d’uomo e non è di questo mondo e di questa creazione.
Cristo è entrato nel santuario non una sola volta all’anno, ma una sola volta per tutti gli anni e non ha offerto il sangue di capri e di vitelli, ma il proprio sangue e ha ottenuto per noi non una semplice purificazione dei cuori, ma una eterna redenzione; dove non c’è più ombra di peccato e di sporcizia e non c’è più bisogno di ripetute abluzioni.

“13 Infatti se il sangue di capri e di tori e la cenere aspersa di una giovenca santifica i contaminati per la purificazione della carne, 14 quanto più il sangue di Cristo, che con spirito eterno ha offerto se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire al Dio vivente.”

Se già le aspersioni di sangue e di cenere animale di per sé garantiscono i contaminati dal peccato di una purificazione che almeno in superficie, a livello di carne, fa santi, cioè diversi rispetto a coloro che Israele non sono, quanto più il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, frutto del peccato!
Cristo non ha offerto un qualsiasi sangue ma quello del Figlio di Dio, non con lo spirito di questo mondo, ma con uno spirito eterno, che non conosce macchia di peccato. Per quale scopo? Per fare le nostre coscienze pure, cioè libere da ogni falsità e inganno: legami e lacci, che ci vengono dalla schiavitù del maligno. Perché diversamente intendiamo la voce di Dio e diversamente siamo a lei obbedienti. Perché serviamo non a Colui che morto è diventato autore della nostra morte, ma a Colui che vivente vuol essere autore per noi di una nuova vita.

“15 e per questo è mediatore di una nuova Alleanza, perché essendo intervenuta la morte per la redenzione delle trasgressioni sotto la prima alleanza, i chiamati ricevano la promessa della eredità eterna.”

La prima alleanza aveva bisogno di essere portata a compimento da un’altra più perfetta, di cui è mediatore non un qualsiasi figlio dell’uomo, ma quel figlio dell’uomo che è Figlio di Dio. E come la prima alleanza è stata suggellata dal sangue degli animali offerti in sacrificio, così anche la seconda alleanza non poteva essere senza sacrificio. Due redenzioni diverse sono frutto di due alleanze diverse. La prima redenzione è per una liberazione dal peccato, che se pur non totale e definitiva, ci rende ciò nonostante più accetti, più graditi a Dio: rompe il muro di silenzio che separa i figli di Adamo dal loro Creatore. La seconda alleanza ha una portata ed una potenza più grandi: non riscatta semplicemente dal peccato, ma ancor più ed ancor oltre  porta la promessa di una eredità eterna.

“16 Infatti dove c’è un testamento, è necessario che venga addotta la morte del testatore; 17 infatti un testamento è valido dopo la morte, perché non vale mai quando vive il testatore. 18 Perciò neppure la prima alleanza è stata inaugurata senza sangue; 19 infatti proclamato da Mosé a tutto il popolo ogni comandamento conformemente alla legge, avendo preso il sangue dei vitelli e dei capri, con acqua e lana scarlatta e issopo asperse lo stesso libro e tutto il popolo, 20 dicendo: questo è il sangue dell’alleanza che ha comandato per voi Dio. 21 E similmente asperse col sangue la tenda come anche tutti gli arredi del servizio. 22 E col sangue si purificano tutte le cose secondo la legge e senza spargimento di sangue non avviene remissione.”

Se non c’è la morte del testatore, il testamento non ha validità alcuna. Come la prima Alleanza fu validata dalla morte degli animali offerti in sacrificio, così anche la seconda Alleanza non poteva avere valore senza morte. Non quella  che è immagine del morte del testatore, ma quella che è morte storicamente accertata dello stesso testatore.

“23 Era dunque necessario che le immagini delle cose che sono nei cieli fossero purificate con queste aspersioni, ma le stesse cose celesti con migliori vittime di queste.”

Ciò che è immagine delle cose del cielo viene purificato  da ciò che appartiene alla terra, con segni,  gesti offerte che sono di questo mondo. Ma le cose celesti richiedono vittime celesti e un culto celeste.

“24 Infatti Cristo non entrò in un santuario fatto da mani, immagine del vero, ma nello stesso cielo per apparire adesso al cospetto di Dio per noi;”

Il rapporto di Cristo con Dio scavalca tutto ciò che, se pur immagine del vero, è opera delle mani dell’uomo. Non c’è mediazione alcuna tra il Padre e il Figlio. Il Figlio vede continuamente il volto del Padre ed è entrato in quel cielo che gli appartiene in quanto Dio. Non per se stesso, perché non ha bisogno di cosa alcuna e tutto ciò che è del Padre è anche del Figlio; ma per noi, per ottenerci in virtù del suo sangue quella salvezza che non può essere data da alcun sacrificio fatto dall’uomo.


“25 non perché offra se stesso molte volte, come il sommo sacerdote entra nel santuario ogni anno con sangue estraneo,”
Mentre il sacrificio del sommo sacerdote deve essere ripetuto nel tempo, una volta all’anno, Cristo ci ha resi perfetti con un solo sacrificio fatto una volta per sempre.

“ 26 altrimenti bisognava che egli molte volte patisse dalla fondazione del mondo; ora invece si è manifestato una volta sola, nel compimento dei secoli per l’annullamento del peccato con il suo sacrificio.”

Se il sacrificio del Cristo non fosse dato una volta per sempre, dalla fondazione del mondo il Figlio di Dio avrebbe dovuto immolarsi più volte, in un processo di perenne sofferenza. Colui che vive fuori del tempo, è entrato nel nostro tempo una sola volta e con un solo sacrificio e un solo patimento ci ha liberato per sempre dal potere del Maligno. Ciò che deve essere ripetuto nel tempo ha portata e valore relativo al proprio tempo. È un accumulo di vittorie su vittorie, che non portano mai però ad una sconfitta definitiva del nemico. Ciò che è operato in un tempo per ogni tempo opera l’annientamento e la distruzione totale di ogni potenza o essere avverso  alla vita che è dono di Dio.
E tutto questo è avvenuto nel compimento dei secoli, come atto conclusivo della storia della salvezza.

“27 E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, poi dopo questo è il giudizio, 28 così anche Cristo essendo stato offerto una sola volta per levar via i peccati di molti, per la seconda volta apparirà senza peccato per coloro che lo aspettano per la salvezza.”

Non si passa da una vita all’altra se non in virtù di una sola morte e non c’è morte che non sia seguita dal giudizio. Cristo che è stato offerto una sola volta per togliere i peccati dei molti, comparirà nel giudizio, ma non per essere giudicato alla stregua di ogni uomo, ma per giudicare alla stregua del solo Dio. Prima ancora di vedere Cristo Figlio di Dio nella gloria del Padre, vedremo e conosceremo Cristo Redentore, Colui che senza peccato ha vinto ogni peccato, per la salvezza di tutti coloro che credono in Lui e vivono nell’attesa della sua venuta.

 

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