Vangelo di Giovanni cap2

Giovanni 2

1 E il giorno terzo ci furono delle nozze in Cana di Galilea, ed era la madre di Gesù là.

2 Fu invitato  alle nozze anche Gesù e i suoi discepoli.

3 Ed essendo venuto meno il vino dice la madre di Gesù a lui: Non hanno vino.

4 E dice a lei Gesù: Cosa a me e a te, donna? Non è ancora venuta la mia ora.

5 Dice la madre di lui ai servi: Qualunque cosa dica a voi fatela.

6 C’erano là sei giare di pietra, per la purificazione dei Giudei, giacenti, capaci ciascuna di metrete due o tre.

7 Dice a loro Gesù: Riempite le giare d’acqua. E riempirono esse fin sopra.

8 E dice a loro: Attingete ora e portate al maestro di tavola: essi allora portarono.

9 Ma come degustò il maestro di tavola l’acqua vino diventata e non sapeva da dove fosse, i servi invece sapevano avendo attinto l’acqua, il maestro di tavola chiama lo sposo

10 e dice a lui: Ogni uomo prima pone il buon vino e quando sono ubriachi il peggiore; tu hai conservato il buon vino fino ad ora.

11 Questo fece come inizio dei segni Gesù in Cana di Galilea e manifestò la sua gloria, e credettero  in lui i suoi discepoli.

 

12 Dopo queste cose scese a Cafarnao lui e sua madre e i suoi fratelli e i suoi discepoli e lì rimasero non molti giorni. 13 Era vicina la Pasqua dei Giudei e salì Gesù a Gerusalemme.

14 E trovò nel tempio i venditori di buoi, di pecore, e di colombe e i cambiavalute sedenti,

15 e avendo fatto una sferza di cordicelle scacciò tutti dal tempio, le pecore e i buoi, e  sparse la moneta e rovesciò i tavoli dei cambiavalute,

16 e ai venditori di colombe disse: Togliete queste cose di qui, non fate della casa del Padre mio una casa di mercato.

17 Si ricordarono i suoi discepoli che è scritto: Lo zelo della tua casa mi divorerà.

18 Risposero dunque i Giudei e gli dissero: Che segno mostri a noi poiché fai queste cose?

19 Rispose Gesù e disse a loro: Disfate questo tempio e in tre giorni lo innalzerò.

20 Dissero allora i Giudei: In quarantasei anni fu edificato  questo tempio e tu in tre giorni innalzerai esso?

21 Quello però parlava del tempio del suo corpo.

22 Quando dunque risuscitò dai morti si ricordarono i suoi discepoli che questo aveva detto e credettero alla Scrittura e alla parola che aveva detto Gesù.

23  Mentre poi era a Gerusalemme per la Pasqua, per la festa, molti credettero nel suo nome vedendo di lui i segni che faceva.

24 Ma egli Gesù non si confidava a loro perché conosceva tutti

25 e perché non aveva bisogno che qualcuno testimoniasse sull’uomo: egli infatti conosceva cosa c’era nell’uomo.

 

 

1 E il giorno terzo ci furono delle nozze in Cana di Galilea, ed  madre di Gesù era là. 2 Fu invitato  alle nozze anche Gesù e i suoi discepoli.

l primo incontro pubblico di Gesù con il suo popolo non poteva avvenire in circostanze diverse e più felici. Non è la vita la consumazione di un matrimonio della creatura con un’altra creatura ed, ancor più, della creatura con il suo Creatore? Il primo non può stare accanto all’altro se non come immagine: l’immagine passa, la realtà resta. Il capovolgimento di prospettiva e di significato non è presupposto della nostra vita, ma ne è il naturale epilogo. Non si comincia con la vita che dovrebbe essere, ma con la vita che è in atto. E non ha senso entrare innanzitutto in ciò che appare banale anche ai nostri occhi, ma in ciò che è vissuto come l’esclusivamente significativo, l’unico bene o valore per il quale consideriamo la vita degna di essere vissuta. Hanno ragione gli uomini a parlare sempre e ovunque di matrimonio. Non c’è nulla di più grande, di più bello e di più vero.

La prima ad essere invitata ad un matrimonio è proprio la chiesa, nella figura di Maria. Allorché è consumata la morte di Gesù, si consuma anche il suo matrimonio con la comunità degli eletti, nel giorno terzo che è di resurrezione.

E come potrebbe starne fuori Gesù? Non si presenta subito come l’unico vero sposo e meno ancora come l’alternativa al matrimonio nella carne, ma quando c’è aria di nozze e voglia dell’altro o dell’altra non perde l’occasione. Non entra di prepotenza nel rapporto dell’uomo con la donna, ma allorché invitato, non si fa attendere e neppure accetta di passare inosservato.

Quando due si sposano non deve mancare il Signore. Può essere che Gesù non venga messo al primo posto, ma sia considerato alla stregua di sua madre, dei suoi famigliari e dei suoi discepoli, ma è indubbiamente una grazia la sua presenza: non è indifferente che si tiri in ballo o meno Cristo e la sua chiesa. Grande gioia quindi e grande festa, ma non senza incrinature.

Le difficoltà e gli impedimenti, per la consumazione in  gioia piena di un rapporto tra l’uomo e la donna, cominciano ben presto, sin dall’inizio. Da subito viene a mancare il vino che rallegra il cuore di ogni invitato. Non c’è gioia fra i due che possa interessare e coinvolgere tutti i commensali, allorché viene meno quella bevanda dispensata a tutta la chiesa che ha nome di Spirito Santo.

Lo sposo e la sposa sono  in secondo piano rispetto all’evento ed alla festa che questo porta con sé. Non c’è interesse per loro, se non per il vino  che viene dispensato a tutti: nessuno escluso. Della sposa neppure si parla; in quanto allo sposo appare da ultimo, ma soltanto come un equivoco, che va chiarito e corretto. Se la vita è tensione ed anelito verso un  rapporto a due, bisogna pur arrivare a far chiarezza e comprendere bene chi è la sposa ed ancor prima chi è lo sposo. Non c’è rapporto tra uomo e donna che sia così santo e dispensatore di doni e di grazia agli altri uomini, che non conosca un punto d’arresto ed un momento di verifica. “Non hanno più vino” Così Maria a Gesù. E non importa se gli sposi sono consapevoli di ciò: c’è anche la consapevolezza che è solo nella chiesa.

La richiesta di un intervento pronto ed immediato non sembra gradita a Gesù. E’ inopportuna e fuori tempo. Ma quando gli viene dalla chiesa e da Colei che è madre della chiesa, il Signore si manifesta assai debole e vulnerabile di fronte alla preghiera dei suoi. Non si può relegare la storia  in un disegno divino immutabile ed eterno. Il progetto di Dio deve e vuole confrontarsi con il cuore dell’uomo. Il Signore è pur disposto a qualche cambiamento e ad anticipare i tempi, per il bene nostro.

4 E dice a lei Gesù: Cosa a me e a te, donna? Non è ancora venuta la mia ora.

Non viene l’ora di Gesù se non quando è consumato il rapporto d’amore con la sua chiesa e verrà celebrato l’unico, vero, eterno matrimonio. Se i cuori non sono pronti, se l’uomo e la donna se l’intendono tra loro, se Gesù è presente non come lo sposo, ma come semplice invitato, se non è l’artefice della felicità altrui, ma un semplice corollario, quello che tiene su il lume… cosa possiamo pretendere da Lui? Ciò che non è a noi dovuto è però a noi dato in virtù della preghiera. Non di quella che avanza pretese davanti a Dio, ma di quella umile e consapevole di peccato, quale esce dalla bocca di Maria. E’ caduto l’incanto di una gioia fra i due che sia anche gioia di un’intera comunità. Il matrimonio tra l’uomo e la donna finalmente ha perso il suo primitivo smalto e splendore. Giace privo di vita: non è più in grado di comunicare alcuna gioia. Ma è proprio in questo momento che Gesù esce allo scoperto, e vuol essere conosciuto non più come semplice invitato, ma come l’unico vero sposo, che dona l’unico vero vino, che dà la vita eterna.

Per la preghiera e per la coscienza di peccato della chiesa un matrimonio senza nome diventa l’unico vero matrimonio che sarà ricordato nei secoli, per Gesù ed in vista di Gesù. Ed è significativo che lo sposo terreno non compaia mai in tutto il racconto, neanche al culmine della crisi e della redenzione. Compaiono invece coloro che sono schiavi, cioè tutti gli uomini che chiamati dapprima a servire un matrimonio carnale, alla fine si trovano servi di uno sposo celeste. Per esso ed in virtù di esso, dispensano un vino di eterna gioia. Lo sposo terreno non sa nulla di quello che sta avvenendo, sta per uscire definitivamente dalla scena, per lasciare il posto ad un altro. In quanto alla sposa neppure un cenno. Coloro che erano schiavi del Maligno e servi di un matrimonio nella carne, sono investiti di una speranza nuova e di una aspettativa insolita. Sarebbe bello servire a questo sconosciuto che dispensa gratuitamente un vino di eterna gioia. Ancor di più se riscattati dalla schiavitù del Maligno antico, dal padrone di sempre, per un rapporto diverso, dove i due sono una sola carne. La proposta è allettante, ma soltanto per l’anima che non ha ancora trovato l’amato suo, ed è molto attenta e scruta e vaglia ogni offerta d’amore. C’è anche chi non comprende l’invito e la chiamata del Signore.

Una grande fortuna è a portata di mano. Basta ascoltare ed obbedire alla parola di Cristo, così come ci è suggerita per bocca della chiesa. E non si deve portare nulla di eccezionale a Gesù, se non tutto quello che è già nelle nostre possibilità.

C’erano là sei giare di pietra, per la purificazione dei Giudei, giacenti, capaci ciascuna di metrete due o tre.

Il cuore dell’uomo giace a terra vuoto, eppure fatto per essere riempito, impuro, eppure dato per essere purificato. Capace di due o tre metrete, capace non solo di contenere il Padre ed il Figlio ( due metrete ) ma anche lo Spirito Santo ( tre metrete )

7 Dice a loro Gesù: Riempite le giare d’acqua. E riempirono esse fin sopra. 8 E dice a loro: Attingete ora e portate al maestro di tavola: essi allora portarono.

Allorché Dio ci rivolge la sua parola e siamo pronti ad obbedire e a dare tutto ciò che è nelle nostre possibilità allora accade il miracolo della vita.

9 Ma come degustò il maestro di tavola l’acqua diventata vino e non sapeva da dove fosse, i servi invece sapevano avendo attinto l’acqua, il maestro di tavola chiama lo sposo 10 e dice a lui:

Figura enigmatica questo maestro di tavola. Chi sarà mai stato? Certamente uno molto vicino allo sposo. E chi si deve intendere? Se interpreti secondo la lettera, non ha alcun nome, perché non ha alcuna importanza; se intendi secondo lo Spirito, è il Padre che è nei cieli. E’ lui innanzitutto la garanzia ed il vaglio del dono, che è dato in virtù del Figlio. Non per partito preso il Padre fa l’elogio di ciò che è donato dal Figlio, ma perché Egli sa ed Egli conosce quanto buono e quanto grande sia il Figlio suo prediletto. Ma la testimonianza di un padre riguardo al figlio, è risaputo, non ha valore alcuno. C’è bisogno di altri testimoni. E quali testimoni migliori di quelli che hanno visto con i propri occhi e dispensato con le proprie mani i doni di Gesù? Quand’anche il Padre, detto per paradosso, nulla  sapesse, ben lo sanno quelli che  ubbidiscono alla Parola del Cristo. La grazia che è data in Gesù non è una semplice pretesa del Padre, ma è realtà affidata ai suoi e conosciuta da tutti coloro che servono il suo nome.

e non sapeva da dove fosse, i servi invece sapevano avendo attinto l’acqua,

Può rimanere nascosto al Padre quello che sanno dei semplici servi? Non è posta la domanda e non è data una risposta. Chi vuol intendere, intenda.

il maestro di tavola chiama lo sposo 10 e dice a lui: Ogni uomo prima pone il buon vino e quando sono ubriachi il peggiore; tu hai conservato il buon vino fino ad ora.

Terribile equivoco e grosso fraintendimento di come sono andate le cose. Sarà veramente finita così? Oppure vogliamo che finisca così? Con l’elogio di uno sposo senza nome e senza volto e nell’ignoranza più assoluta dell’opera di Gesù? Ma i servi hanno visto ed hanno compreso e i domestici, ben si sa, hanno la lingua lunga.

Non si dice oltre perché spetta a te concludere. Nell’illusione di una felicità che viene dal matrimonio che è secondo la carne, o nella scoperta e nella novità di un matrimonio che è solo in Cristo e per Cristo. Nell’esaltazione finale di uno sposo terreno, dispensatore di una felicità destinata a perire, posta al colmo della vita soltanto in virtù di un terribile inganno e di una diabolica illusione, o nell’esaltazione dello sposo che viene dal cielo?

Ogni uomo prima pone il buon vino e quando sono ubriachi il peggiore; tu hai conservato il buon vino fino ad ora.

Chi è ubriaco di amore umano e carnale, non avverte più il gusto del buon vino. Una sozzura vale l’altra e un inganno non è diverso da un altro inganno. Invano il Signore  invita a bere alle fonti della salvezza. Ma per coloro che sono in grado di desiderare e gustare il buon vino è la grande occasione della vita. Lasciamoci rapire dallo sposo che è Cristo e corriamo tra le braccia dell’unico vero Amore. Non è tardi per nessuno e c’è vino buono per tutti.

11 Questo fece come inizio dei segni Gesù in Cana di Galilea e manifestò la sua gloria, e credettero  in lui i suoi discepoli.

Inizio dei segni di Gesù è l’acqua trasformata in vino. La vita senza gusto acquista un sapore ed un profumo inebrianti: quando si siede a nozze con il Cristo. E tutto questo avviene ed è fatto innanzitutto in Galilea, sulla via delle genti. E’ qui che Gesù trova subito un terreno fertile. Ma sembra proprio un fuori programma, una visita prematura che non può scavalcare il rapporto con il popolo eletto.

12 Dopo queste cose scese a Cafarnao lui e sua madre e i suoi fratelli e i suoi discepoli e lì rimasero non molti giorni. 13 Era vicina la Pasqua dei Giudei e salì Gesù a Gerusalemme.

Il Dio che scende verso l’uomo non può rimanere molti giorni nei quartieri bassi della rivelazione. Non può arrivare agli ultimi chiamati scavalcando i primi, sic et simpliciter, e non può neppure gustare la gioia del terzo giorno della Pasqua, scampando al sacrificio del primo. Dopo una prova ed un assaggio di vita nuova, il Figlio dell’uomo rientra nel momento della salvezza che è in atto. E’ come se tutto fosse già compiuto, perché la volontà di Dio non è soggetta a pentimento, ma proprio per questo tutto deve essere adempiuto, al più presto, senza indugio. Non in un luogo qualsiasi della terra, ma solo nella città santa, non in un qualsiasi tempo, ma nel giorno dell’unica vera Pasqua.

Non è ancora salito a Gerusalemme, ed ecco, è già nel tempio.

14 E trovò nel tempio i venditori di buoi, di pecore, e di colombe e i cambiavalute sedenti,

Lo spettacolo che Gesù si trova davanti non è dei più esaltanti: non festa, non gioia, non inno di lode al Dio dell’universo, ma cuori distratti ed in tutt’altre faccende affaccendati. Il tempio, simbolo della gratuità di un dono, è profanato dal commercio e dagli scambi iniqui dell’uomo. E quel che è peggio… tutto viene fatto per Dio ed in nome Dio. Non un incidente e  presenze occasionali, ma una consuetudine ormai radicata, attestata da quel “sedenti”, quasi gli invasori avessero messo qui le radici e la loro dimora.

15 e avendo fatto una sferza di cordicelle scacciò tutti dal tempio, le pecore e i buoi, e  sparse la moneta e rovesciò i tavoli dei cambiavalute, 16 e ai venditori di colombe disse: Togliete queste cose di qui, non fate della casa del Padre mio una casa di mercato.

Se il modo di presentarsi è questo, certamente il Salvatore non fa bella figura. Nessuna psicologia dell’approccio e nessun dialogo con i cuori lontani da Dio. Un santo scriveva che si attirano più mosche con un cucchiaio di miele che con un barile di aceto. Può essere vero, per un uomo qualsiasi, non per colui che ha nome di Cristo. E non è neppure scontato che si debbano attirare le anime, a volte bisogna scacciarle e respingerle lontano, per mettere un po’ di ordine e fare prima un po’ di  pulizia. Innanzitutto la chiarezza di un messaggio! Anche se è dato in modo diverso e contraddicente… ma solo per chi non vuol comprendere. Da un lato Gesù è stato presentato ai Giudei come l’agnello di Dio, dall’altro si manifesta come un ministro della giustizia divina, assai poco indulgente e per nulla mite. Ce ne vuole per provocare un agnello all’ira: sembra proprio che Israele ci sia riuscito.

17 Si ricordarono i suoi discepoli che è scritto: Lo zelo della tua casa mi divorerà.

Non compresero i Giudei l’amore di un gesto: compresero i discepoli, ma solo perché illuminati dalle Sacre Scritture. Rifletti dunque: Non l’uomo carnale ha intelligenza delle cose di Dio, ma soltanto quello che ha nel cuore la sua Parola e la medita giorno e notte.

Non si risponde a Dio se non obbedendo e non si replica alla sua parola, se non per essere contraddetti e confusi.

18 Risposero dunque i Giudei e gli dissero: Che segno mostri a noi poiché fai queste cose?

Stolti e duri di cuore! Cercate un segno di Dio, quando Dio stesso è davanti a voi? Val più un segno dal cielo di Colui che viene dal cielo? E quale segno cercate? Quello che è vita eterna? E come potete pensare di avere vita eterna in virtù dei vostri sacrifici? E’ un altro il sacrificio che deve essere consumato.

19 Rispose Gesù e disse a loro: Disfate questo tempio e in tre giorni lo innalzerò?

Se proprio volete un segno, ecco il segno: Disfate il tempio di Dio ed in tre giorni il Figlio lo rimetterà in piedi, più in alto di prima, fino al cielo dei cieli.

20 Dissero allora i Giudei: In quarantasei anni fu edificato  questo tempio e tu in tre giorni innalzerai esso? 21 Quello però parlava del tempio del suo corpo.

Quando l’uomo non vuol comprendere, Dio fa la figura dello stupido e di colui che dice parole insensate. I giudei non riescono a distogliere il loro pensiero dal culto antico e dalla centralità del sacrificio dell’uomo per Dio, rispetto al sacrificio di Dio per l’uomo. La vita nuova non nasce dai nostri sacrifici, ma dall’unico sacrificio, dell’unica carne. Quello che non comprendiamo per le vie naturali della ragione, Dio può farcelo comprendere attraverso le vie della violenza e della coercizione. La consapevolezza di peccato e l’invocazione di salvezza, non sempre sono una conquista dell’uomo: molto spesso sono il risultato di un intervento demolitore di Dio nei nostri confronti. Ne faremmo volentieri a meno e preferiremmo un Dio meno drastico.  A male estremo, estremo rimedio! Quando l’uomo si arrocca nel tempio sacro della propria giustizia, difficile convincerlo ad uscire in concordia con il cielo, può essere necessario buttarlo fuori di forza. Perché i tempi stringono e non ci sarà un’altra salvezza ed un altro salvatore. Sei convinto che Dio ti maltratti? Non pensi che è per il tuo bene? Non possiamo giocarci un’altra vita, perché non ci sarà data. Colui che usa violenza verso il tuo corpo, prima ancora ha usato violenza verso il proprio corpo. Accogli su di te la violenza di Dio, come anche Dio ha accolto su di sé la tua violenza. Senza protesta e rimandi, ma con premura e sollecitazione.

In quarantasei anni fu edificato  questo tempio e tu in tre giorni innalzerai esso?

Non è una sfida ed una provocazione: è un invito ad entrare nel mistero della morte e resurrezione del Cristo. Ma i Giudei non comprendono la grandezza di un amore diverso. Vedono subito  in Gesù un nemico ed un avversario da combattere, non accolgono il dono dell’unico vero amico.

 21 Quello però parlava del tempio del suo corpo.

Un dialogo tra sordi e tra persone che parlano lingue molto diverse, sembrerebbe chiuso sin dall’inizio e senza un possibile futuro. Non per tutti però.

22 Quando dunque risuscitò dai morti si ricordarono i suoi discepoli che questo aveva detto e credettero alla Scrittura e alla parola che aveva detto Gesù.

Chi persevera nella sequela del Cristo conoscerà quale potenza di resurrezione sia riversata sui cuori in virtù del sacrificio del Figlio. E anche le sue parole non saranno più così oscure, ma getteranno luce non solo su ogni dopo, ma anche su ogni prima, perché la nostra fede cresca sempre di più non solo da conoscenza a conoscenza, ma anche da intelligenza ad intelligenza.

23 Mentre poi era a Gerusalemme per la Pasqua, per la festa, molti credettero nel suo nome vedendo di lui i segni che faceva. 24 Ma egli Gesù non si confidava a loro perché conosceva tutti 25 e perché non aveva bisogno che qualcuno testimoniasse sull’uomo: egli infatti conosceva cosa c’era nell’uomo.

Se nessuno crede in virtù delle sue parole, molti credono nel suo nome in virtù dei segni. Quando l’annuncio non ha successo meglio riparare nei miracoli: la gente crede di più in quello che vede e non in una parola che non comprende. Niente di più vero e di più attuale. La tentazione della chiesa è sempre quella di abbandonare l’annuncio della Parola per rifugiarsi nei miracoli e nei fatti straordinari che accompagnano l’economia della salvezza. Se ci cascano anche i preti, non così Gesù. E’ aperta e spianata la strada per un successo facile e pronto, ma il Signore non si lascia trarre in inganno.

24 Ma egli Gesù non si confidava a loro. Qualcun altro potrebbe cadere nell’errore, Lui, no. Perché sa bene che la fede vera viene solo dall’ascolto e l’ascolto dalla Parola di Dio. Non basta un  assenso superficiale dettato dallo stupore e dal timore, è richiesto un consenso assoluto che coinvolge la totalità del nostro essere. E questo comporta una radicale conversione dell’uomo, dall’amore per se stesso, all’amore per Dio. Se non è cambiato il tuo cuore nei confronti di Dio, la tua fede è vana. C’è una fede che ha nome di stupore e di meraviglia, che proclama bensì la lode del Signore, ma in maniera superficiale: non ha radici, perché non è radicata nell’ascolto della parola di Dio… e ben presto si perde per strada. Che ne è e che ne sarà delle folle che accorrono ad ogni vento di miracolo? Quale amore per il Signore? Quale fedeltà al Vangelo? Quale coerenza tra il dire ed il fare? Il tempo manifesta quello che vale l’opera di ognuno. Non dura nel tempo se non la fede che è nata  col tempo. A volte anche alla fine della vita; ma unica è considerata degna di entrare nel regno dei cieli.

Se Gesù non si confida a tali persone, ne viene di conseguenza che persone siffatte non portano Gesù. Può ben crescere la montatura della fede, il suo apparato esteriore, si può anche ricorrere al mattone e a tutti i ritrovati della tecnica moderna, possiamo  partecipare anche alle trasmissioni televisive, per dare a bere chissà cosa e chissà quale Dio. “Gesù non si confidava a loro”. Non in quei tempi, ma neppure adesso.

Riflettano coloro che abbandonano la parola di Dio per rincorrere i facili entusiasmi di una fede superficiale ed ingannevole. Il Signore si allontanerà sempre di più dai loro cuori. Peggio ancora quando era stata imboccata la strada giusta! Se hai trovato il più perché cerchi il meno? Se hai già messo radice, perché vuoi ricominciare in altro modo? Per sfuggire la croce che è solitudine, incomprensione, abbandono? Non avrai niente di più di quello che già ti era stato dato, ma perderai anche quello che già avevi. Nulla di esaltante nella fede che viene dai miracoli: al contrario molta tristezza e una grande sofferenza. Non sono questi i cuori che saziano Gesù ed il suo desiderio d’amore: sono quelli che lo riempiono di tristezza ed amarezza e lo costringono al silenzio ed alla solitudine.

24 Ma egli Gesù non si confidava a loro perché conosceva tutti.

Un rapporto d’amore non si costruisce sulle apparenze e a partire da ciò che si vede, ma soltanto da una conoscenza profonda, non solo di Colui che è oggetto d’amore, ma ancora prima delle nostre capacità e possibilità d’amore. Non si conosce l’Altro, se prima non si conosce se stesso. E nessuno conosce se stesso, se non come è conosciuto da Dio.

E’ questa la conoscenza da cui si deve partire, quella che edifica realmente. Non importa innanzitutto quello che pensiamo di Gesù, importa quello che noi pensiamo di noi stessi. Si può dar lode a Dio, senza consapevolezza di peccato e senza rendimento di grazie. E’ una fede senza riscontro e senza rientro alcuno: non dà frutto perché non gode della fiducia di Dio. Merita il silenzio e l’attesa divina di tempi migliori.

25 e perché non aveva bisogno che qualcuno testimoniasse sull’uomo: egli infatti conosceva cosa c’era nell’uomo.

La fede non è testimonianza dell’uomo riguardo all’uomo, non esalta il nostro amore per Dio, al contrario esalta l’amore di Dio per noi.

Certe testimonianze di vita non sono per nulla edificanti, e neppure certe biografie di santi. Possono attirare gli sprovveduti e coloro che amano ingannare se stessi: non attirano Gesù, perché egli sa bene cosa c’è nel cuore dell’uomo. La fede facile che precorre i tempi e arriva già all’epilogo finale è smascherata da Dio stesso. Bisogna tornare indietro e con multa umiltà ripartire dall’inizio… da un cuore malvagio e lontano dal Signore, e proprio per questo da Lui visitato.

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