10 - salmi 31-45
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- Categoria: Salmi
- Pubblicato Mercoledì, 26 Giugno 2024 07:09
- Scritto da Cristoforo
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Elenco salmi e numero di pagina
31… pag 2
32… pag 14
33… pag 31
34… pag 52
35… pag 77
36… pag 93
37… pag 122
38… pag 145
39… pag 165
40… pag 186
41… pag 203
42… pag 221
43… pag 228
44… pag 247
45… pag 270
Salmo 31
di Davide, della comprensione
1 Beati coloro le cui iniquità sono state rimesse
e i cui peccati sono stati coperti.
2 Beato l’uomo a cui il
Signore non imputerà peccato
e nel cui spirito non c’è inganno.
3 Poichè ho taciuto, si sono
consumate le mie ossa,
mentre gridavo tutto il giorno.
4 Poiché giorno e notte
si è appesantita sopra di me la tua mano.
Mi sono voltato nella mia tribolazione
mentre si configge in me la spina pausa
5 Il mio peccato ti ho fatto
conoscere e la mia ingiustizia non ho nascosto.
Ho detto: confesserò contro di me
la mia ingiustizia al Signore.
E tu hai rimesso l’empietà del mio peccato pausa
6 Per questo ti pregherà ogni
santo nel tempo opportuno,
neppure nel diluvio di molte
acque a lui si avvicineranno.
7 Tu sei mio rifugio dalla
tribolazione che mi ha circondato.
O mia esultanza, liberami
da quelli che mi circondano. Pausa
8 Ti darò intelligenza
e ti metterò su questa via in cui camminerai.
Terrò fissi su di te i miei occhi.
9 Non siate come il cavallo e il mulo che non hanno
intelligenza; con morso e briglie
serra le mascelle di quelli
che non si avvicinano a te.
10 Molti i flagelli del peccatore,
ma chi spera nel Signore la misericordia lo circonderà.
11 Gioite nel Signore
ed esultate, giusti, e gloriatevi voi tutti retti di cuore.
Da Sacy
di Davide, della comprensione
1 Beati coloro le cui iniquità sono state rimesse
e i cui peccati sono stati coperti.
2 Beato l’uomo a cui il
Signore non imputerà peccato
e nel cui spirito non c’è inganno.
Questo titolo ci dice l’effetto della grazia allorché aprì a Davide gli occhi dell’anima per fargli comprendere la gravità del suo delitto e per guarirlo dall’accecamento provocato in lui dal piacere della carne. Può anche dirci che questo salmo è oscurissimo e che abbiamo bisogno del dono dell’intelligenza per penetrarne l’oscurità. Beato l’uomo a cui il Signore non ha imputato alcun peccato e il cui spirito va esente da inganno. Nessuno comprende la dolcezza della sanità, meglio di colui che l’ha perduta. Perciò Davide più perfettamente conobbe il vantaggio dell’innocenza dopo aver gustato l’acerbità della colpa. Esclama egli dunque con trasporto la sua umile riconoscenza verso Dio che gli aveva perdonato il suo delitto: Come sono beati quelli a cui sono state rimesse le iniquità e i cui peccati sono stati coperti. Non bisogna intendere che i suoi peccati essendo soltanto coperti siano ancora vivi, ma che sono veramente cancellati dalla grazia della giustificazione, in quello stesso modo in cui si dice che la carità ricopre la moltitudine dei peccati, cioè che li toglie dagli occhi di Dio. Beato l’uomo a cui il Signore non ha imputato alcun peccato perché glielo ha perdonato come ha fatto a Davide prima reo di un adulterio e di un omicidio, poi penitente. Beato ancora l’uomo nel cui spirito non c’è inganno, cioè colui che avendo condotto una vita immune da delitto è un vero israelita senza alcuna finzione, ovvero il penitente che si è convertito a Dio con sincerità. Gli eretici degli ultimi tempi abusano di questo passo e pretendono che avendo il profeta la beatitudine stabilita nella remissione dei peccati, in questa sola consista la giustificazione del peccatore e non già nell’infusione della giustizia interiore; cioè che Dio non imputi i peccati, che sono solamente coperti e non cancellati, e che alla fine quindi manifestamente si deduca che non sia necessaria alcuna soddisfazione dopo la remissione della colpa poiché non si potrebbe veramente dire che Dio non imputa il peccato all’uomo se fosse vero che egli castiga nell’uomo quello che non gli viene imputato. Il Dio di giustizia non giustifica i peccatori se non diffondendo nell’anima la sua giustizia e la sua grazia che non copre i suoi peccati se non guarendoli. Un celebre martire dell’antichità confutando lo stesso errore dichiara che l’uomo a cui Dio non imputa il suo peccato non è beato se non perché, essendo un vero penitente, Dio gli rimette il suo delitto e che l’esempio di Davide stesso ci dice che la remissione da parte di Dio non tralascia che ne porti lui la pena tanto per il dolore avuto dalla morte del figlio quanto per la ribellione di Assalonne.
3 Poichè ho taciuto, si sono
consumate le mie ossa,
mentre gridavo tutto il giorno.
Qualcosa di sorprendente è il silenzio di Davide. Egli vede una donna, se ne innamora, commette un delitto con lei e per meglio nasconderlo ne commette uno più grande allorché fa uccidere suo marito. Alla donna poi nasce un figlio e in tutto questo tempo non rompe egli il suo silenzio rispetto a Dio. Finché Dio taceva, il peccatore taceva anch’esso. Nondimeno sembra che siano contraddittorie le sue parole poiché dice qui che taceva e che gridava tutto il giorno. Vuol forse dire il salmista che nell’atto in cui pur taceva rispetto a Dio, non confessando il suo peccato, questo al contrario gli gridava continuamente nell’intimo del suo cuore con i rimorsi della sua coscienza che gli procuravano un grande turbamento e una specie di ruggito interiore che è il vocabolo di cui si è servito San Girolamo per spiegare il presente passo. Non avendo dapprima confessato il suo peccato ed avendolo anzi nascosto il più possibile, si era poi afflitto nel riconoscerlo ed aveva gridato incessantemente a Dio, così che si era spossato e aveva perso tutto il suo vigore. Invecchiate erano le sue ossa e perdute avevano la loro forza. Il silenzio non era servito che ad accrescere la sua miseria e la sua debolezza, fintantoché ruppe un tale silenzio per esclamare di continuo a Dio come faceva allora.
4 Poiché giorno e notte
si è appesantita sopra di me la tua mano.
Mi sono voltato nella mia tribolazione
mentre si configge in me la spina pausa
5 Il mio peccato ti ho fatto
conoscere e la mia ingiustizia non ho nascosto.
Ho detto: confesserò contro di me
la mia ingiustizia al Signore.
E tu hai rimesso l’empietà del mio peccato pausa
Volendo Dio abbassare colui che si innalza e che nega di confessare il proprio delitto, appesantisce la sua mano su di lui. Il peso della mano divina si fece sentire a Davide, quantunque fosse già umiliato alla sua presenza, quando gli morì il figlio nato dal suo adulterio e quando fu ucciso in battaglia l’altro suo figlio Assalonne ribellatosi contro il padre. Essendo questi flagelli come le punte dolorose di una spina lo spingevano sempre di più verso colui la cui mano benefica egli considerava come quella del medico onnipotente che non adopera ferro e fuoco se non per guarirlo. Ovvero per la spina può anche intendersi il rimorso che a guisa di acuto stimolo punge la coscienza. Sentendosi perciò Davide così compunto ha confessato, non come fece Adamo, che volle del suo fallo incolpare la consorte, ma contro sé medesimo, cioè senza scusarsi, il doppio peccato da lui commesso. Egli non si è accontentato di confessarlo una sola volta, cioè quando fu ripreso dal profeta Nathan, ma faceva continuamente un’umile confessione dinanzi a Dio, cosa che sembra esserci indicata da quella triplice ripetizione: che egli ha fatto conoscere a Dio il suo peccato; che non ha più nascosto la sua ingiustizia ; che confesserà contro sé medesimo tale ingiustizia.
6 Per questo ti pregherà ogni
santo nel tempo opportuno,
neppure nel diluvio di molte
acque a lui si avvicineranno.
7 Tu sei mio rifugio dalla
tribolazione che mi ha circondato.
O mia esultanza, liberami
da quelli che mi circondano. Pausa
Tu o Dio mio sei la mia gioia e la mia esultanza se non altro per la grande indulgenza che usi verso i peccatori veramente convertiti. Ogni uomo che essendo peccatore è stato santificato con la tua grazia terrà in sommo conto il tempo felice di questa vita che è quello della tua misericordia allorché tu batti alla porta del suo cuore e se ne servirà per sollevare l’animo umilmente a te e per supplicarti. Invocandoti come suo Salvatore meriterà di non essere toccato dal diluvio delle grandi acque, da quella specie di inondazione di ogni sorta di mali che piomberanno tutto ad un tratto sugli empi nell’ultimo giorno, allorché sarà passato il tempo utile in questa vita. Come accadde a Giobbe circondato dai flutti della collera divina che sono le diverse afflizioni del mondo, non potranno quelli penetrare nell’intimo del suo cuore. Riguardo a questo si può osservare che Davide non era caduto nella tentazione se non per aver trascurato la preghiera. Bisogna dunque accumulare nella bonaccia un tesoro di fortezza e di pazienza che ci possa sostenere nella tempesta, come si vide Giobbe mantenersi immobile in mezzo al diluvio di afflizioni che lo circondavano, perché sempre egli aveva offerto al Signore anche nel tempo della più grande prosperità un cuore umiliato e veramente contrito.
8 Ti darò intelligenza
e ti metterò su questa via in cui camminerai.
Terrò fissi su di te i miei occhi.
Davide fa parlare qui Dio, ovvero ci esprime quello che Dio si era degnato di fargli comprendere nell’intimo del suo cuore, allorché lo aveva assicurato che gli avrebbe dato per l’avvenire il vero intelletto, il quale consiste nel conoscere sé medesimo e nel rallegrarsi soltanto nel Signore con la speranza di essere liberato dalla sua grazia. Egli stesso gli avrebbe indicato la strada che doveva tenere e gli avrebbe dato il suo lume perché non andasse invano e avrebbe fissato i suoi occhi sopra di lui, come fanno quelli che amando molto qualcosa lo rimirano di continuo senza mai distoglierne lo sguardo. Tale è il costante amore che Dio porta ai suoi eletti su cui egli per sempre ha fissato lo sguardo benigno della sua bontà.
9 Non siate come il cavallo e il mulo che non hanno
intelligenza; con morso e briglie
serra le mascelle di quelli
che non si avvicinano a te.
10 Molti i flagelli del peccatore,
ma chi spera nel Signore la misericordia lo circonderà.
Indirizzandosi Davide a tutti gli uomini con un vero zelo per la loro salvezza li esorta ad approfittare del suo esempio e a non abbandonarsi alla loro sensualità come fanno le bestie senza ragione e i cavalli e i muli che non rassomigliando, dice Sant’Agostino, al bue, la cui docilità è lodata dallo stesso Signore, hanno perciò bisogno di essere domati con il morso e con il freno. Se dunque voi siete simili, dice a loro Davide, alle bestie che non hanno altra guida che quella dei sensi e che sono di un’indole fiera e ribelle, se rifiutate di accostarvi a Dio e di chinare il capo sotto la soavità del suo giogo, sappiate che egli alla fine metterà un morso e un freno alla vostra bocca e domerà il vostro orgoglio con i flagelli della sua giustizia. Il peccatore deve aspettarsi una moltitudine di flagelli o in questo mondo se egli è uno di quelli che si affaticano a scontare i loro delitti con la penitenza, o nell’altro se egli muore impenitente.
11 Gioite nel Signore
ed esultate, giusti, e gloriatevi voi tutti retti di cuore.
Dopo aver parlato ai peccatori Davide si rivolge ai giusti e li esorta a rallegrarsi non in se stessi ma nel Signore la cui grazia rende giusti. La sua gloria e non la loro li obbliga a rendere manifesto con i loro cantici se hanno veramente il cuore retto, cioè se il loro cuore tende a Dio come al suo centro senza rivolgersi verso le creature o verso se stessi.
Da Agostino
di Davide, della comprensione
1 Beati coloro le cui iniquità sono state rimesse
e i cui peccati sono stati coperti.
Dello stesso Davide, per intelligenza, con la quale si comprende che non per i meriti delle opere, ma per la grazia di Dio è liberato l’uomo che confessa i suoi peccati.
2 Beato l’uomo a cui il
Signore non imputerà peccato
Beati coloro le cui iniquità sono state rimesse e i cui peccati sono stati coperti, cioè i cui peccati sono stati messi in oblio . Beato l’uomo al quale il Signore non imputa peccato, né vi è inganno sulla sua bocca, non ha cioè sulla sua bocca l’ostentazione della giustizia, mentre la sua coscienza è piena di peccati.
3 Poichè ho taciuto, si sono
consumate le mie ossa,
mentre gridavo tutto il giorno.
Poiché ho taciuto, le mie ossa si sono consumate. Poiché non ho con la bocca proferito una confessione per la salvezza, ogni mia forza si è consumata nella debolezza. Mentre gridavo tutto il giorno: mentre empio e bestemmiatore gridavo contro Dio, come per difendere e scusare i miei peccati.
4 Poiché giorno e notte
si è appesantita sopra di me la tua mano.
Mi sono voltato nella mia tribolazione
mentre si configge in me la spina pausa
Perché giorno e notte ha pesato su di me la tua mano: perché, continuamente afflitto dai tuoi flagelli, sono precipitato nell’infelicità, col configgersi della spina. Conoscendo la mia miseria, sono divenuto misero, trafitto dalla cattiva coscienza.
5 Il mio peccato ti ho fatto
conoscere e la mia ingiustizia non ho nascosto.
Ho detto: confesserò contro di me
la mia ingiustizia al Signore.
Ho conosciuto il mio peccato e non ho celato la mia ingiustizia, cioè non ho tenuto nascosta la mia ingiustizia. Ho detto: confesserò contro di me la mia ingiustizia al Signore; ho detto: annuncerò non contro Dio, come nello strepito dell’empietà quando tacqui, ma contro di me, la mia ingiustizia o Signore. E tu hai perdonato l’empietà del mio cuore, udendo la voce della confessione nel cuore, prima ancora che sia proferita con la bocca.
6 Per questo ti pregherà ogni
santo nel tempo opportuno,
neppure nel diluvio di molte
acque a lui si avvicineranno.
Per essa pregherà a te ogni santo nel tempo opportuno: per questa empietà del cuore a te pregherà ogni santo. Non saranno infatti santi per i loro meriti, ma per il tempo opportuno, cioè per l’avvento di colui che ci ha redento dai peccati. Ma anche nel diluvio delle molte acque non si avvicineranno a lui, ma nessuno pensi che, quando sarà venuta all’improvviso la fine, come nei giorni di Noè, resti tempo per la confessione con cui avvicinarsi a Dio.
7 Tu sei mio rifugio dalla
tribolazione che mi ha circondato.
O mia esultanza, liberami
da quelli che mi circondano. Pausa
Tu sei mio rifugio dall’oppressione che mi ha circondato. Tu sei riparo dall’oppressione dei peccati che ha circondato il mio cuore. Mia letizia, riscattami da quelli che mi circondano. In te è la mia gioia. Riscattami da quella tristezza che in me suscitano i miei peccati.
8 Ti darò intelligenza
e ti metterò su questa via in cui camminerai.
Terrò fissi su di te i miei occhi.
Risposta di Dio: ti darò l’intelligenza e ti porrò sulla via, per la quale camminare. Dopo la confessione ti darò intelligenza, perché tu non receda dalla via nella quale sei entrato e non voglia più essere padrone di te stesso. Terrò fissi su di te i miei occhi: così renderò saldo sopra di te il mio amore.
9 Non siate come il cavallo e il mulo che non hanno
intelligenza; con morso e briglie
serra le mascelle di quelli
che non si avvicinano a te.
Non siate come il cavallo ed il mulo, che non hanno intelligenza. Vogliono perciò governarsi da sé medesimi. Ed ecco la voce del profeta: con morso e briglia stringi le loro mascelle. Fa’ dunque a loro, o Dio, ciò che si fa al cavallo ed al mulo, onde costringere con i castighi a sottoporsi al tuo governo coloro che non si avvicinano a te.
10 Molti i flagelli del peccatore,
ma chi spera nel Signore la misericordia lo circonderà.
Molti sono i flagelli del peccatore: molte volte è flagellato chi, non confessando a Dio i suoi peccati, pretende di reggersi da se stesso. Ma la misericordia circonderà chi spera nel Signore: chi spera nel Signore e al suo governo si sottomette, sarà circondato dalla misericordia.
11 Gioite nel Signore
ed esultate, giusti, e gloriatevi voi tutti retti di cuore.
Rallegratevi nel Signore ed esultate o giusti. Rallegratevi ed esultate, o giusti, non in voi, ma nel Signore. E gloriatevi, voi tutti, retti di cuore. In lui gloriatevi voi tutti, che avete compreso essere giusto sottomettersi a lui, onde essere preferiti agli altri.
Dai Padri
2 Eusebio e Cirillo Alessandrino: Davide, istruito dallo Spirito Santo, proclama beati quanti riceveranno il perdono dei loro peccati nelle acque del battesimo.
3 Gregorio Magno: il peccato ha un suo grido, il grido che sale da Sodoma.
Ruperto: il Signore Dio chiamò Adamo e gli disse: dove sei? Ma allora, alla chiamata di Dio, l’uomo non rispose.
6 Eusebio: ogni santo ti pregherà perché gli siano risparmiate le acque del diluvio.
Agostino: il tempo della salvezza è quando si manifesterà la grazia del Cristo. Le acque del diluvio sono le grandi acque apocalittiche. La fine verrà improvvisamente, come ai giorni di Noè.
Gregorio Magno: il Cristo è l’unico che non ha bisogno di offrire prima il sacrificio per i propri peccati. Il tempo favorevole è la pienezza dei tempi.
7 Cirillo Alessandrino: per la salvezza del Cristo abbiamo deposto l’angoscia della maledizione antica e abbiamo ritrovato il sorriso e la gioia.
Agostino: gioisco nella speranza e gemo per la realtà presente.
8 Eusebio e Atanasio: la risposta di Dio. Chi promette è colui che ha detto: io sono la via. L’occhio di Dio diffonde una luce che illumina lo spirito e gli mostra la via della terra promessa.
Cirillo Alessandrino: a chi chiede di essere liberato, Dio risponde promettendo la sapienza e una via che porta direttamente alla beatitudine. Farò sì che, illuminato dai miei raggi, veda la via che devi percorrere.
Girolamo: rimani nell’amore della mia luce.
Gregorio Magno: risposta di Dio che non solo perdona il peccato, ma provvede all’avvenire: terrò fissi su di te i miei occhi come nel salmo 33,15: basta lo sguardo del Signore per proteggere.
9 Cirillo Alessandrino: sottometti al tuo giogo anche quelli che non lo vogliono; non lasciarli liberi perché non precipitino nell’inferno ma poni la tua mano su di loro, e riportali sulla via della salvezza.
Ilario: l’uomo comprende la parola, il cavallo e il mulo capiscono solo con la frusta. Le sventure per l’empio sono le frustate del Signore che prepara la salvezza dei peccatori.
Girolamo: non si sono ancora sottomessi.
Gregorio Magno cita Isaia 28,19: solo l’afflizione darà intelligenza all’udito: le sventure aiutano a far capire. Si è attirati verso Dio tanto più in fretta quanto più non si ha niente a cui aggrapparsi in questo mondo.
11 Eusebio: il salmista vuole condividere la sua gioia con tutti gli uomini.
Girolamo: gioite nella speranza della vita eterna, anche se siete nella prova.
salmo 32
salmo di Davide
Esultate , giusti, nel Signore,
ai retti si addice la lode.
2 Confessate il Signore sulla cetra,
sul salterio a dieci corde salmeggiate a lui.
3 Cantate a lui un cantico nuovo
salmeggiate con bellezza acclamando,
4 perché retta è la parola del Signore e tutte le sue
opere nella fedeltà.
5 Ama misericordia e giudizio, della
misericordia del Signore è piena la terra.
6 Dalla parola del Signore
furono fissati i cieli e dallo spirito
della sua bocca tutte le virtù.
7 Egli raccoglie come in un otre
le acque del mare, e pone in custodie gli abissi.
8 Tema il Signore tutta la terra e da lui siano scossi
tutti gli abitanti del mondo,
9 poiché egli disse e le cose furono
fatte , egli comandò e furono create.
10 Il Signore dissipa i disegni
delle genti, rigetta pure i pensieri dei popoli,
e rigetta i consigli dei principi,
11 ma il consiglio del Signore rimane in eterno,
i pensieri del suo cuore di generazione in generazione.
12 Beata la nazione il cui Dio è il Signore,
il popolo che ha scelto come sua eredità.
13 Dal cielo ha guardato il Signore,
ha visto tutti i figli degli uomini,
14 dalla sua dimora che si è preparata
ha guardato su tutti gli abitanti della terra.
15 Lui che ha plasmato uno a uno
i loro cuori, lui che comprende tutte le loro opere.
16 Non si salva il re per la grande
potenza e il gigante non
sarà salvato per la sua molta forza.
17 Fallace è il cavallo per la
salvezza, per il suo molto vigore non sarà salvato.
18 Ecco gli occhi del Signore su
quelli che lo temono, che sperano
nella sua misericordia,
19 per liberare dalla morte le loro anime
e nutrirli in tempo di fame
20 L’anima nostra attende il Signore
perché è nostro aiuto e protettore,
21 perché in lui gioirà il nostro
cuore e nel suo santo nome abbiamo sperato.
22 Venga la tua misericordia,
Signore, su di noi, così come in te abbiamo sperato.
Da Sacy
salmo di Davide
Esultate , giusti, nel Signore,
ai retti si addice la lode.
2 Confessate il Signore sulla cetra,
sul salterio a dieci corde salmeggiate a lui.
3 Cantate a lui un cantico nuovo
salmeggiate con bellezza acclamando,
Se i malvagi si rallegrano nel secolo, si rallegrino i giusti nelle lodi che danno a Dio, perché la loro gioia sarà eterna, mentre quella dei malvagi passerà col secolo. È un rallegrarsi in Dio riporre la propria gioia nell’adempimento della sua volontà, come è un rallegrarsi nel secolo amare le cose mondane che sono contrarie alla volontà divina. Agli uomini giusti parla dunque il santo re in questo luogo e li invita a celebrare le lodi del Signore con le loro voci e con i loro strumenti musicali di cui si faceva ordinario uso fra i Giudei. Per unione delle voci e degli strumenti nelle lodi di Dio si può anche intendere, in senso spirituale, la perfetta corrispondenza che deve passare tra le nostre parole e i nostri atti. Davide esorta i giusti a cantare un cantico nuovo, cioè secondo il senso letterale un inno composto di nuovo e accomodato all’argomento di cui allora si trattava: secondo il senso spirituale un inno che sia nuovo, contrapposto alla vecchiezza del peccato e noto soltanto all’uomo rinnovato dalla grazia. Un padre antico dice che i Settanta hanno espresso questo suono di giubilo con un vocabolo che significa le grida di allegrezza dei vincitori che incalzano i vinti: questo ci potrebbe indicare che il canto a cui Davide esortava i giusti era un canto di rendimento di grazie per qualche vittoria.
4 perché retta è la parola del Signore e tutte le sue
opere nella fedeltà.
A coloro che hanno il cuore retto conviene dar lode a Dio, perché retta è la parola del Signore e non può essere amata e lodata da coloro che non amano la rettitudine che l’accompagna. Questa rettitudine della Parola di Dio altro non è che la somma equità dei suoi precetti e la fedeltà che risplende in tutte le sue opere: ci indica che tutte le opere di Dio sono sincere e piene di verità.
5 Ama misericordia e giudizio, della
misericordia del Signore è piena la terra.
La inflessibile rettitudine della parola del Signore non ci deve procurare alcuna tristezza: anzi è un motivo di giubilo anche quando ci corregge e ci ritrae dai nostri disordini, perché questa è la prova del suo amore. Il profeta ci propone la misericordia e la giustizia del Signore come due cose la cui memoria deve essere un continuo argomento di adorazione e di riconoscenza. La vita presente è il tempo della misericordia e la vita futura sarà quello della giustizia. Ma può dirsi che questo stesso tempo è tutto pieno per noi di misericordia e di giustizia; poiché ne proviamo successivamente l’uno dopo l’altro i diversi effetti. Imitiamo l’adorabile condotta del nostro Dio nella sua misericordia e nella sua giustizia, trattando con carità i nostri fratelli e trattando noi stessi con ogni severità. Tutta la terra era piena della miseria dell’uomo, tutta la terra è stata riempita della divina misericordia.
6 Dalla parola del Signore
furono fissati i cieli e dallo spirito
della sua bocca tutte le loro schiere.
7 Egli raccoglie come in un otre
le acque del mare, e pone in custodie gli abissi.
Volendo Davide esaltare l’onnipotenza del Signore che l’aveva salvato dalle mani dei suoi nemici ci induce innanzitutto a contemplarla nella creazione dell’universo e della parte più nobile di esso: i cieli da lui rappresentati come effetto non di un grande lavoro ma della divina Parola. Non c’è cosa inoltre che più della vista dell’oceano ci possa far ammirare la grandezza di Dio. Noi vediamo nella Scrittura che al principio del mondo le acque coprivano tutta la terra: il profeta ci indica qui con un’ ammirabile espressione che Dio radunò e raduna ancora per un continuo effetto della sua potenza tutte le acque in un solo luogo, con la stessa facilità con cui un uomo radunerebbe in un otre un po’ d’acqua; e tiene gli abissi cioè la immensa profondità delle acque come rinchiusa nei suoi tesori, che vogliono indicarci il vasto seno della sua divina onnipotenza. Sant’Agostino e San Basilio ci fanno osservare il mistero della Santissima Trinità in quello che si dice: che la Parola del Signore ha stabilito i cieli e il soffio dalla sua bocca ha prodotto tutta la loro virtù. Il Padre viene indicato dal Signore, il Figlio dalla Parola, poiché egli è il suo Verbo; e lo Spirito Santo dal soffio della sua bocca.
8 Tema il Signore tutta la terra e da lui siano scossi
tutti gli abitanti del mondo,
9 poiché egli disse e le cose furono
fatte , egli comandò e furono create.
Chi non temerà il Signore la cui sola volontà gli è bastata per trarre dal nulla tutto l’universo? E chi mai si dovrà temere all’infuori di lui che raduna come in un otre tutte le acque del mare e comanda al furore dei suoi flutti senza che passino i limiti, che il suo dito ha prescritto ad essi? San Basilio spiegando spiritualmente queste parole dice che tutti gli uomini non devono commuoversi se non relativamente alla santa legge di Dio, così che la volontà di Dio li muova, per così dire, e li conduca in ogni cosa.
10 Il Signore dissipa i consigli
delle genti, rigetta pure i pensieri dei popoli,
e rigetta i consigli dei principi,
11 ma il consiglio del Signore rimane in eterno,
i pensieri del suo cuore di generazione in generazione.
Il consiglio del Signore rimane in eterno e i pensieri del suo cuore sussistono nella serie di tutte le generazioni. Cioè anche se si unissero insieme per sconvolgere i disegni di Dio tutte le nazioni, tutti i principi di tutti i popoli, questa generale cospirazione non servirebbe che a far risplendere ancor di più la debolezza della vanità degli uomini. Chi può opporsi al disegno di Dio sopra di noi? Perciò quando un uomo, dice San Basilio, vi fa grandi minacce e si sforza di spaventarvi con il terrore della morte, volgete altrove lo sguardo da costui e rivolgetevi al Signore che dissipa i disegni delle nazioni e che rende vani i pensieri dei popoli. Il pensiero del cuore di Dio che altro non è se non l’eterno suo amore per noi, sussisterà malgrado gli sforzi della malizia dei nostri nemici.
12 Beata la nazione il cui Dio è il Signore,
il popolo che ha scelto come sua eredità.
13 Dal cielo ha guardato il Signore,
ha visto tutti i figli degli uomini,
14 dalla sua dimora che si è preparata
ha guardato su tutti gli abitanti della terra.
15 Lui che ha plasmato uno a uno
i loro cuori, lui che comprende tutte le loro opere.
La vera beatitudine dell’uomo consiste nell’avere per suo Dio un Signore così potente, così saggio, e così buono. Nel tempo in cui parla il profeta, Dio era in un modo del tutto particolare il Dio di Israele, che per questa ragione si chiamava il popolo di Dio. Ciò nonostante, come nota egregiamente San Basilio, nessuno al presente chiama beato il popolo giudaico. Non meritano di essere considerati beati se non coloro che Dio ha scelto in mezzo a tutti i popoli per essere santi. Noi stessi, egli aggiunge, siamo il popolo beato, scelto da tutte le nazioni mediante una grazia del tutto singolare, per diventare l’eredità del Signore. Il Dio di tutte le creature ha gettato il suo sguardo sopra tutti i figli degli uomini, non perché, dice un santo padre, egli abbia bisogno di guardarli per conoscerli, ma perché esamina e giudica secondo le regole della sua verità e della sua giustizia le stesse opere dei figli degli uomini. Li rimira in un modo diverso rispetto alle altre sue creature, come formati a propria immagine; li rimira con giusto discernimento, secondo la scelta del suo eterno amore.
16 Non si salva il re per la grande
potenza e il gigante non
sarà salvato per la sua molta forza.
17 Fallace è il cavallo per la
salvezza, per il suo molto vigore non sarà salvato.
18 Ecco gli occhi del Signore su
quelli che lo temono, che sperano
nella sua misericordia,
19 per liberare dalla morte le loro anime
e nutrirli in tempo di fame
20 L’anima nostra attende il Signore
perché è nostro aiuto e protettore,
Poiché dunque Davide ci ha rappresentato Dio, che dall’alto cielo rimira tutti gli uomini per insegnarci che niente accade nel mondo senza la sua volontà, egli aggiunge: che la sua grande potenza non salva il re, ma solo Dio, come aveva provato egli stesso in una pericolosa occasione. Neppure si salverà l’eroe o il gigante per la sua straordinaria forza, come si poté vedere in Golia e nell’altro, di cui la Scrittura ci indica la forza grandissima dicendoci che pesava trecento sicli il ferro della sua lancia. Non salva il re, dice San Basilio, il numeroso esercito di cui si circonda, né la posizione della rocca in cui sta rinchiuso, né dal semplice lavoro dell’agricoltura può il contadino sperare un’abbondante raccolta. Chi dunque salva l’uomo, giacché non si trova la salvezza nella potenza di un grande re, nella forza straordinaria di un gigante o nell’agilità del più vigoroso destriero? Dio solo tiene gli occhi rivolti in modo fisso a quelli che lo temono e che sperano della sua bontà. Il suo sguardo è del tutto efficace, uno sguardo di misericordia e di grazia che procura la salvezza liberando dalla morte e che ciba con la sua provvidenza gli uomini da lui ha salvati, come lo diede a conoscere nella persona di Davide. Noi dobbiamo essere ancora più persuasi, secondo i santi padri che la speranza che abbiamo nelle nostre buone opere ci ingannerà. La nostra salvezza è fondata innanzitutto sulla divina misericordia, su quella benevola occhiata con cui ci ha scelto per sua eredità, che sempre ci libera da mille pericoli, dal momento che la nostra anima è sempre in pericolo di perdersi. Il Signore ci alimenta con la sua grazia nel tempo della vita presente che è quello della carestia, prodotto della corruzione della natura. Se Dio tieni gli occhi rivolti a noi egli ci spinge ad alzare le nostri pupille verso di lui. Egli ci guarda affinché noi lo consideriamo unico nostro protettore ed in lui solo poniamo la nostra speranza.
20 L’anima nostra attende il Signore
perché è nostro aiuto e protettore,
21 perché in lui gioirà il nostro
cuore e nel suo santo nome abbiamo sperato.
22 Venga la tua misericordia,
Signore, su di noi, così come in te abbiamo sperato.
Parla Davide a nome di tutti i giusti allorché dalle cose dette ricava la giusta conseguenza che, poiché gli occhi di Dio sono fissamente rivolti a quelli che lo temono e che sperano in lui per liberarli dalla morte e per cibarli nella stagione di penuria, sono essi perciò risoluti di aspettare la sua consolazione con pazienza, ben sapendo che egli non può venire meno ad essi e che qualora sia posta ogni speranza nella sola sua bontà si rallegreranno essi con lui eternamente. Fa’ dunque, dice egli a Dio, risplendere sopra di noi la tua misericordia secondo la speranza che abbiamo avuto in te. Quelli che non hanno una tale speranza non possono aspirare ad ottenere misericordia e non ci sarà gioia se non in coloro che avranno sperato nel santo tuo nome.
Da Agostino
1 salmo di Davide
Esultate , giusti, nel Signore,
ai retti si addice la lode.
Esultate, o giusti, nel Signore: esultate, o giusti, non in voi, perché questo non è senza pericolo, ma nel Signore. Ai retti conviene il lodarlo: lodano il Signore coloro che si sottomettono al Signore: altrimenti sono distorti e perversi.
2 Confessate il Signore sulla cetra,
sul salterio a dieci corde salmeggiate a lui.
Celebrate il Signore con la cetra: celebrate il Signore, offrendogli i vostri corpi come un’ostia vivente. Sul Salterio a dieci corde inneggiate a lui. Siano le vostre membra al servizio dell’amore di Dio e del prossimo, in cui si compendiano i tre e i sette precetti.
3 Cantate a lui un cantico nuovo
salmeggiate con bellezza acclamando,
Cantate a lui un cantico nuovo: cantategli il cantico della grazia e della fede. Bene cantate a lui con suoni festanti: cantate con letizia.
4 perché retta è la parola del Signore e tutte le sue
opere nella fedeltà.
Perché retta è la parola del Signore: retta è la parola del Signore nel fare in voi ciò che da voi stessi non siete capaci di fare. E tutte le sue opere nella fede: nessuno dunque pensi di essere pervenuto alla fede per i meriti delle opere, dato che nella stessa fede si trovano tutte le opere che Dio ama.
5 Ama misericordia e giudizio, della
misericordia del Signore è piena la terra.
Egli ama la misericordia e il giudizio: ama infatti la misericordia che ora ci elargisce e il giudizio con cui esige ciò che ha elargito. Della misericordia del Signore è piena la terra: in tutto l’universo i peccati sono rimessi agli uomini grazie alla misericordia del Signore.
6 Dalla parola del Signore
furono fissati i cieli e dallo spirito
della sua bocca tutte le loro schiere.
Con la Parola del Signore furono consolidati i cieli: infatti i giusti non si sono consolidati da se stessi ma tramite il Verbo del Signore. E dal soffio della sua bocca tutta la loro fortezza. È dallo spirito Santo che hanno ricevuto tutta la loro fede.
7 Egli raccoglie come in un otre
le acque del mare, e pone in custodie gli abissi.
Egli riunisce come in un otre le acque del mare: raduna le nazioni del mondo perché rendano testimonianza della distruzione del peccato, affinché, lasciate andare, non si perdano per la superbia. Riponendo gli abissi come in forzieri: e ne conserva le sue cose occulte come ricchezze.
8 Tema il Signore tutta la terra e da lui siano scossi
tutti gli abitanti del mondo,
tema il Signore tutta la terra, abbia timore ogni peccatore e cessi di peccare. Ma per Lui siano scossi: non per paura degli uomini o di qualsiasi creatura, ma per Lui stesso siano scossi tutti coloro che abitano il mondo.
9 poiché egli disse e le cose furono
fatte , egli comandò e furono create.
perché egli disse e le cose furono fatte: nessun altro fece le cose che si devono temere; ma egli stesso ha detto e sono state fatte. Comandò e furono create: comandò tramite il suo Verbo e furono create.
10 Il Signore dissipa i consigli
delle genti, rigetta pure i pensieri dei popoli,
e rigetta i consigli dei principi,
Il Signore sventa i disegni delle genti, che non cercano il suo regno ma i loro regni. Manda a vuoto i pensieri dei popoli, che bramano la felicità terrena. E respinge i disegni dei principi, cioè di coloro che cercano di dominare su tali popoli.
11 ma il consiglio del Signore rimane in eterno,
i pensieri del suo cuore di generazione in generazione.
ma il disegno del Signore in eterno sussiste: il disegno del Signore, nel quale non diviene beato se non chi a lui è soggetto, permane in eterno, i pensieri del suo cuore nei secoli dei secoli: i pensieri della sua sapienza non sono soggetti a mutamenti, ma permangono nei secoli dei secoli.
12 Beata la nazione il cui Dio è il Signore,
il popolo che ha scelto come sua eredità.
Beata la nazione che ha il Signore per suo Dio; una sola è la nazione beata, che appartiene alla città celeste: quella che sceglie per unico Signore il suo Dio. Il popolo che il Signore si è scelto per la sua eredità: tale scelta non è opera del popolo, ma dono di Dio che, facendolo suo, non lo lascia nell’ignoranza e nell’infelicità.
13 Dal cielo ha guardato il Signore,
ha visto tutti i figli degli uomini,
Il Signore ha guardato dal cielo e ha visto tutti i figli degli uomini: nella sua misericordia, il Signore ha visto tutti coloro che vogliono rinascere a nuova vita.
14 dalla sua dimora che si è preparata
ha guardato su tutti gli abitanti della terra.
dalla sua dimora che si è preparata: dalla dimora della sua umanità che ha preparato per sé. Ha guardato su tutti coloro che abitano la terra: ha visto con misericordia tutti quelli che rivestono la carne per reggerli con il suo governo.
15 Lui che ha plasmato uno a uno
i loro cuori, lui che comprende tutte le loro opere.
Egli che ha plasmato i loro cuori ad uno ad uno: ai loro cuori ha dato spiritualmente i propri doni, affinché tutto il corpo non sia occhio, o tutto udito, ma chi in un modo chi in un altro tutti si incorporino in Cristo. Che discerne tutte le sue opere: gli sono manifeste tutte le sue opere.
16 Non si salva il re per la grande
potenza e il gigante non
sarà salvato per la sua molta forza.
Non sarà salvo il re per il suo grande valore: non sarà salvo colui che governa la sua carne, se troppo avrà presunto della sua virtù; ne sarà salvo il gigante per la grandezza del suo vigore: non sarà salvo neppure chi combatte contro le abitudini della sua concupiscenza, oppure contro il diavolo e i suoi angeli, se troppo avrà confidato nella sua fortezza.
17 Fallace è il cavallo per la
salvezza, per il suo molto vigore non sarà salvato.
Fallace è il cavallo per la salvezza: si inganna chiunque crede di poter raggiungere la desiderata salvezza tra gli uomini e per mezzo di uomini, oppure crede di difendersi dal pericolo con l’impeto del suo coraggio. E non sarà salvo per la potenza della sua forza.
18 Ecco gli occhi del Signore su
quelli che lo temono, che sperano
nella sua misericordia,
Ecco gli occhi del Signore sopra coloro che lo temono: perché, se cerchi la salvezza, ecco che l’amore di Dio è su coloro che lo temono. E che sperano nella sua misericordia: su coloro che sperano, non nella propria virtù ma nella sua misericordia.
19 per liberare dalla morte le loro anime
e nutrirli in tempo di fame
per strappare dalla morte le loro anime e alimentarli in tempo di fame: per dare ad essi il cibo della parola e della verità eterna che avevano perduto nel presumere delle loro forze, per cui ora, affamati di giustizia, non dispongono neppure di tali forze.
20 L’anima nostra attende il Signore
perché è nostro aiuto e protettore,
La nostra anima spera con pazienza nel Signore: la nostra anima, in attesa di essere poi saziata con il cibo incorruttibile, mentre ora si trova in questa terra spera con pazienza nel Signore. Perché egli è nostro aiuto e protettore: è il nostro soccorritore mentre ci sforziamo di tendere a lui; ed è protettore mentre resistiamo al nemico.
21 perché in lui gioirà il nostro
cuore e nel suo santo nome abbiamo sperato.
Perché in lui sia il nostro cuore: non in noi, dove senza di lui immensa è la miseria, ma in lui si allieterà il nostro cuore. E nel suo santo nome abbiamo sperato: abbiamo sperato di poter un giorno giungere a Dio proprio perché ha mandato il suo nome mediante la fede a noi che eravamo lontani.
22 Venga la tua misericordia,
Signore, su di noi, così come in te abbiamo sperato.
Sia la tua misericordia, o Signore, sopra di noi, così come noi abbiamo sperato in te: sia la tua misericordia, o Signore, su di noi; non ci può infatti ingannare la speranza perché è in te che abbiamo sperato.
Dai Padri della Chiesa
1 Gregorio Nisseno: esultate nel Signore, applaudite colui che, dal cielo, viene sulla terra. È lui che regge il mondo, che ha tratto dal nulla tutto ciò che esiste e mantiene in vita tutte le cose; infatti il suo comando è la sostanza stessa delle cose: egli disse e le cose furono; egli comandò e furono create. Egli benedice il popolo che confida nel suo nome: questo popolo siamo noi, poiché ogni nostra speranza di salvezza è nel nome di Gesù Cristo e noi siamo chiamati cristiani dalla nostra fede in Cristo. Dalla dimora che si è preparata ha guardato. La sua abitazione, la dimora che egli abita, è il seno del Padre, nel quale abita da sempre. Da questa dimora eterna è disceso, ha assunto la natura umana, è divenuto Figlio dell’uomo, lui che ha plasmato i cuori degli uomini uno ad uno; dunque è nella sua eredità che è disceso il vasaio della natura umana; ed è proprio nella sua casa che i suoi non lo hanno accolto. Il cavallo fallace, il gigante che non si può salvare, sono figura della legge carnale e di ogni comprensione materiale dei precetti, che il salmista esprime in figura. Ma, guardando verso colui che libera le nostre anime dalla morte col cibo celeste di cui il salmista ha detto: ecco gli occhi del Signore su quelli che lo temono, su quelli che sperano nella sua misericordia, per liberare dalla morte le anime loro e nutrirli in tempo di fame, noi proclamiamo: l’anima nostra sopporta e attende il Signore che ci guarda dall’alto del cielo e diciamo: ho atteso, tanto atteso il Signore.
Origene: gioite nella sapienza.
Basilio: rallegratevi d’avere un tale Signore.
Cirillo Alessandrino: esultate nella contemplazione del Signore.
Agostino: solo se si è retti, cioè se si è in sintonia con Dio, lo si può lodare con totalità: altrimenti lo lodiamo per le circostanze favorevoli e non lo lodiamo per le altre. Dunque facciamo sì che la nostra volontà coincida sempre con quella di Dio. Quando Dio dà e quando Dio riprende ciò che ci ha dato, canta sempre: il Signore ha dato… Il Signore ha tolto.
2 Cirillo Alessandrino: offriamo a Dio il sacrificio di lode, con uno spirito ben disposto e un animo gioioso. È quanto esprimono qui, in modo poetico, la cetra e il Salterio.
3 Origene: un canto nuovo è un canto rinnovato, come anche l’uomo interiore è rinnovato.
Cirillo Alessandrino: un canto nuovo è la vita nuova.
Eusebio: è l’esultanza mistica.
Basilio: per cantare a Dio, occorre uno spirito rinnovato. Colui che si protende sempre in avanti, come San Paolo, è sempre nuovo.
Atanasio: un canto nuovo: chiaramente la legge di Mosè è giunta al suo termine.
Girolamo: la vita nuova è vita di risurrezione.
Agostino uomo nuovo, alleanza nuova, canto nuovo.
Basilio: il grido di vittoria.
Agostino: il cuore goda senza parole e l’ampiezza immensa dei gaudi non abbia il limite delle sillabe.
4-5 Basilio: si prende cura del più piccolo passero… È venuto non per giudicare il mondo ma per salvarlo. Eusebio: parola e fedeltà: contemplazione, misericordia e giudizio: vita pratica.
Atanasio: la terra non potrebbe sussistere se non fosse piena della sua misericordia.
6 Origene, Eusebio, Basilio, Atanasio, Girolamo. Questo versetto esprime la Trinità.
7 Basilio: il mare Rosso, davanti agli Ebrei che fuggivano dall’Egitto.
Origene il computo degli abissi è nei tesori di Dio.
Basilio: abissi sono tutti i giudizi di Dio che non comprendiamo.
8 Atanasio e Cirillo Alessandrino: tutta la terra abbandoni gli idoli e adori Dio.
Origene: questa scossa è il passaggio dalla ignoranza e dalla malizia alla conoscenza e a un agire retto.
Girolamo: si convertano!
9 Gregorio di Nissa: disse: è il Verbo.
Atanasio: al versetto 9a si allude alla creazione della natura ragionevole e al versetto 9 b alla nuova creatura in Cristo.
Cirillo Alessandrino: prima creazione, poi seconda creazione che è la rigenerazione per mezzo del Cristo.
Eusebio: Dio crea il mondo e chiede che lo si onori.
10 Eusebio: il Signore incoraggia i suoi servi di fronte alle minacce: egli saprà sventare i progetti dei malvagi.
11 Agostino: il consiglio del Signore rimane in eterno: Dio ci ha conosciuto e predestinato prima della creazione del mondo.
Eusebio: di generazione in generazione Dio trova dei fedeli che custodiscono la sua parola.
12 Eusebio: questo popolo benedetto comprende ora anche le genti.
13 Eusebio guardando ovunque e scegliendo, Dio si è formato un popolo.
Agostino: è uno sguardo di misericordia.
Girolamo: guarda per fare misericordia a tutti, perché il suo sguardo non è mai privo di misericordia.
14 Gregorio di Nissa: dalla dimora, cioè dal seno del Padre.
Atanasio: il cielo è descritto come la dimora di Dio.
15 Gregorio di Nissa: ha plasmato i loro cuori, cioè è venuto tra i suoi.
Eusebio: ha plasmato a uno a uno i loro cuori, perché ha cura degli uomini a sua immagine.
16 Eusebio: nuovamente Dio incoraggia i suoi: non devono temere né la potenza armata né il potere politico.
Gregorio di Nissa: l’immagine del cavallo è un artificio, è una figura che esprime lo scacco del compimento carnale della legge.
18 Cirillo Alessandrino: l’introduzione “ecco” annuncia una cosa vera e sperimentata, che viene proclamata con solennità.
Eusebio: in tempo di persecuzione, quando non si parla più di Dio, il solo sguardo di Dio nutre le anime e le educa per mezzo di una potenza misteriosa.
Basilio: i nostri occhi verso il Signore, come per attirare il suo sguardo su di noi.
19 Origene: libera dalla morte con le sue opere e nutre con la conoscenza.
Gregorio di Nissa: in contrapposizione alla falsa sicurezza del cavallo, Dio libera dalla morte le nostre anime con un cibo celeste.
Girolamo non soffriranno la fame della Parola.
Agostino: l’alimento della verità eterna.
20 Basilio: pazientiamo non solo per necessità, ma con tutta la gioia del Signore. Sopportiamo l’avversità con tutto il nostro animo.
Atanasio: considerano un onore la loro fiducia in Dio e la loro attesa di Dio.
Cirillo Alessandrino: si deve pazientare per amore di Dio e non rifiutare la fatica.
Girolamo tutto ciò che ci manda, ci piace.
Agostino: quale diritto abbiamo alla sua misericordia? Quello di avere sperato in lui.
Salmo 33
1 di Davide, quando mutò il suo
aspetto davanti ad Abimelech
e lo mandò via, ed egli se ne andò
2 Benedirò il Signore in ogni tempo,
sempre la sua lode sulla mia bocca
3 Nel Signore si glorierà l’anima mia.
Ascoltino i miti e si rallegrino.
4 Magnificate il Signore con me
ed esaltiamo il suo nome tutti insieme.
5 Ho cercato il Signore e mi ha
esaudito e da tutte le
mie tribolazioni mi ha liberato
6 Accostatevi a lui e siate illuminati e i vostri volti
non resteranno confusi.
7 Questo povero ha gridato
e il Signore lo ha esaudito
e da tutte le sue tribolazioni lo ha salvato.
8 Si accamperà l’angelo del Signore
intorno a quelli che lo temono e li libererà.
9 Gustate e vedete quanto è soave il Signore;
beato l’uomo che spera in lui.
10 Temete il Signore, voi tutti
suoi santi, perché nulla manca a quelli che lo temono.
11 I ricchi sono divenuti poveri e
affamati, ma quelli che cercano il
Signore non saranno privati di alcun bene . pausa
12 Venite, figli, ascoltatemi,
vi insegnerò il timore del Signore.
13 Chi è l’uomo che vuole la vita
e desidera vedere giorni buoni?
14 Tieni lontana la tua lingua dal male e le tue labbra
non dicano inganno.
15 Distogliti dal male e fa il bene,
cerca la pace e seguila.
16 Gli occhi del Signore
sui giusti e le sue orecchie alla loro supplica.
17 Il volto del Signore contro i
malfattori per distruggere dalla terra il loro ricordo.
18 Hanno gridato i giusti e
il Signore li ha esauditi e da tutte le
loro tribolazioni li ha liberati.
19 È vicino il Signore a quelli che
hanno il cuore tribolato
e salverà gli umili di spirito.
20 Molte le tribolazioni dei giusti
ma da tutte queste li ha liberati.
21 il Signore custodisce tutte le
loro ossa, neppure una di esse
sarà spezzata.
22 La morte dei peccatori è pessima e quelli
che odiano il giusto falliranno.
23 Redimerà il Signore le anime dei suoi servi
e non falliranno tutti quelli che sperano in lui.
Da Sacy
1 di Davide, quando mutò il suo
aspetto davanti ad Abimelech
e lo mandò via, ed egli se ne andò.
2 Benedirò il Signore in ogni tempo,
sempre la sua lode sulla mia bocca
3 Nel Signore si glorierà l’anima mia.
Ascoltino i miti e si rallegrino.
4 Magnificate il Signore con me
ed esaltiamo il suo nome tutti insieme.
5 Ho cercato il Signore e mi ha
esaudito e da tutte le
mie tribolazioni mi ha liberato
Davide scampato dalle mani del re di Get, fingendo di essere un pazzo mostra qui la gratitudine del suo animo verso Dio, poiché da saggio egli giudicò che Dio solo lo aveva salvato e che senza il soccorso divino nulla gli avrebbe giovato tutta la sua prodezza. Proclama dunque che lo benedirà in ogni tempo e in tutte le occasioni della sua vita e che in lui riporrà la sua gloria. Perciò colui che vuol gloriarsi riponga la sua gloria nel riconoscere e nel comprendere che Dio solo è il suo Signore e il suo appoggio onnipotente. Soltanto i mansueti e gli umili comprendono una tale verità e sinceramente si rallegrano di vedere in questo modo l’orgoglio umano abbassato sotto la divina potenza. Perciò solo a essi si indirizza qui il santo profeta per esortarli a celebrare con lui la grandezza di Dio e la gloria del suo santo nome. Diciamo ad alta voce con la nostra vita ancor più che con le nostre parole: magnificate il Signore con me. Osservate, dice San Basilio che il profeta non dice che il Signore lo ha guardato dal cadere nella afflizione, ma che il Signore lo ha da quella liberato. Dio non vuole che i suoi santi siano senza prove, ma li sostiene nelle lotte in cui li mette. Quindi dal momento che l’afflizione è motivo di pazienza, e dalla pazienza nasce la prova, così colui che rigetta l’afflizione si priva egli stesso della prova tanto necessaria al cristiano.
6 Accostatevi a lui e siate illuminati e i vostri volti
non resteranno confusi.
Quando siete afflitti ed in pericolo come io mi sono visto, ricorrete al Signore accostandovi a lui con la fede e un cuore puro e siate pur certi che egli vi guarderà con sguardo benigno e che non sarete confusi nella speranza in lui riposta. Questo è il significato che possiamo comprendere secondo la lettera, ma i santi padri hanno creduto che queste parole del profeta spiegate in un senso spirituale si indirizzassero in modo particolare ai gentili e a tutti quelli che erano seduti nelle tenebre e nell’ombra della morte. Ma come, dirà qualcuno, oserà avvicinarsi al Dio della gloria un peccatore carico di delitti? Per quanto tu sia colpevole non temere di avvicinarti a lui purché tu ti sia umiliato con la penitenza: le tue tenebre saranno dissipate dalla sua luce. Beato colui che nel giorno della universale rivelazione, nel giorno tremendo in cui il Signore porterà la luce della sua verità nei più cupi nascondigli dei cuori si sarà dato da fare per avvicinarsi a quella luce divina, al fine di esserne illuminato e potrà comparire al suo cospetto pieno di una santa fede.
7 Questo povero ha gridato
e il Signore lo ha esaudito
e da tutte le sue tribolazioni lo ha salvato.
8 Si accamperà l’angelo del Signore
intorno a quelli che lo temono e li libererà.
Davide si propone come esempio, e paragonandosi ad un popolo che ha bisogno di soccorso, dà coraggio a quelli a cui parla, allorché ad essi dichiara di essere stato esaudito nel momento stesso in cui ha esclamato al Signore. In tal modo nulla devono temere coloro che lo temono poiché il suo angelo li circonda, ovvero secondo la forza del termine ebraico, forma una specie di campo intorno a loro e li pone in salvo dai loro nemici. San Basilio dice che la Scrittura ci dà un’idea della forza della natura angelica quando paragona un solo angelo a un intero campo, ove si è schierato un esercito di uomini potentissimo. E per questo angelo intende egli in modo particolare quello che Dio assegna a ciascun fedele per custodirlo e per condurlo nella via della salvezza. Se per questo angelo del Signore vogliamo intendere Gesù Cristo stesso, chiamato dai profeti l’angelo del gran consiglio, di cosa possono aver paura coloro che hanno il suo timore poiché sanno che egli vive e veglia intorno ad essi per difenderli contro tutti i loro nemici?
9 Gustate e vedete quanto è soave il Signore;
beato l’uomo che spera in lui.
10 Temete il Signore, voi tutti
suoi santi, perché nulla manca a quelli che lo temono.
11 I ricchi sono divenuti poveri e
affamati, ma quelli che cercano il
Signore non saranno privati di alcun bene . pausa
L’esempio altrui, il più delle volte è inutile per convincere gli increduli, che di solito non prestano fede se non a ciò che vedono. Gustate dunque voi parimenti, dice loro Davide, e vedete quanto è buono il Signore, cioè pieno di bontà con coloro che nelle afflizioni si accostano a lui con fede per chiedergli il suo aiuto. San Pietro usa le stesse parole per esortare i cristiani a cibarsi e a crescere a poco a poco nella pietà dopo il battesimo, gustando con la propria esperienza la beatitudine che si incontra nel servizio di Gesù Cristo. Il profeta ci dice qui di congiungere il timore e la speranza, poiché si sostengono scambievolmente queste due virtù, né può l’una delle due sussistere senza l’altra. Ma l’uomo carnale fa fatica a comprendere quanto egli aggiunge: che coloro che temono Dio non mancano di nulla, all’opposto i ricchi soffrono penuria e fame. E nell’esperienza di molti grandi santi che vissero in vari secoli è certo che non mancò mai il necessario a quelli che cercano veramente il Signore, come lo cercavano Davide e gli altri santi. Tutte le storie sono piene di esempi che provano questa verità. Spesse volte si vide che Dio faceva miracoli per cibare i suoi servi nei deserti, allorché avevano abbandonato ogni cosa per lui. Ma anche se accadesse che ad un giusto viene meno il necessario è nondimeno vero che allora niente gli manca, poiché essendo come Giobbe disposto a tutto soffrire per la sua perfetta carità, egli è in un certo modo tanto più ricco quanto più ha il cuore pieno di Dio e in lui possiede veramente tutte le cose. Si vedono al contrario, prosegue Davide molti ricchi diventare poveri, perché malsicuri sono i beni della terra ed esposti a mille pericoli. Ma anche se questi ricchi innamorati dei loro tesori possedessero le loro ricchezze fino alla morte, il profeta aveva ragione di considerarli sin d’allora come destinati a cadere in una spaventosa miseria e in una fame che non si può concepire allorché non sostenuti dalla giustizia divina cadranno in un vuoto capace di annientarli, perché siano affamati in eterno senza poter mai saziare la loro orribile fame. San Basilio ha visto in queste parole del Santo profeta la incomprensibile indigenza in cui il popolo giudeo che si considerava ricco e colmo di beni, cadde per sua propria colpa, allorché crocifiggendo il Dio della gloria, si privò del pane della vita, che solo poteva alimentarlo. I gentili invece che cominciarono a ricercare il Signore si trovarono in una santa abbondanza di beni come afferma il più povero e insieme il più ricco tra gli apostoli, allorché dichiara: che non avendo essi nulla, possedevano ogni cosa.
12 Venite, figli, ascoltatemi,
vi insegnerò il timore del Signore.
13 Chi è l’uomo che vuole la vita
e desidera vedere giorni buoni?
14 Tieni lontana la tua lingua dal male e le tue labbra
non dicano inganno.
15 Distogliti dal male e fa il bene,
cerca la pace e seguila.
16 Gli occhi del Signore
sui giusti e le sue orecchie alla loro supplica.
Non crediate, dice Sant’Agostino che sia semplicemente un uomo come Davide che esclama a tutti gli altri uomini: venite figli miei, affinché io vi insegni il timore del Signore. Lo spirito Santo parla qui per bocca di Davide. Ascoltiamo dunque con un profondo rispetto lo Spirito Santo a cui solo appartiene insegnare al cuore dei suoi figli ed ai suoi discepoli il santo timore del Signore. Vi è nessuno, egli dice, che aspiri alla vita? Ma vi è qualcuno per l’opposto dice ancora Davide che non la desideri?. Ciò nonostante purtroppo è vero che pochi la desiderano come conviene e nella maniera intesa dallo Spirito Santo. Voi amate una vita beata, ma la cercate in un luogo dove questa non si trova. Volete vedere giorni felici e desiderate quelli che lo Spirito Santo chiama giorni cattivi. Se è dunque vero che aspirate principalmente alla vita futura, l’unico modo per ottenerla è vegliare sopra la vostra lingua. L’apostolo, ci assicura che siamo perfetti quando più non pecchiamo con essa. Le tue labbra non parlino con frode, cioè come lo spiegano i due grandi apostoli: amatevi tutti con un sincero affetto e non usate finzione né inganno tra voi, ma vivete insieme con cuore aperto e pieno di carità. Allontanatevi dal male e fate il bene che voi potete. Cercate la pace con Dio unendovi a lui con un amore sincero, ricercatela affaticandovi a distruggere tutto ciò che si oppone alla sua volontà. Sopportate e conservate un animo pacato e tranquillo col vostro prossimo anche quando vi perseguita e vi nuoce. Questa pace non sarà mai perfetta quaggiù, però bisogna cercarla continuamente cercando di ottenere la perfezione che non si troverà se non in cielo. Lo Spirito Santo ci esorta a ricercare la pace per prepararci alla guerra che dovremo necessariamente sostenere rispetto a noi stessi e rispetto ai nostri fratelli se vogliamo resistere al male e fare il bene.
17 Il volto del Signore contro i
malfattori per distruggere dalla terra il loro ricordo.
18 Hanno gridato i giusti e
il Signore li ha esauditi e da tutte le
loro tribolazioni li ha liberati.
Davide in mezzo a tante persecuzioni ci esorta continuamente a pensare che Dio tiene gli occhi rivolti sopra i giusti, innanzitutto per vedere la loro pazienza e l’umile disposizione del loro cuore e in secondo luogo per esaudirli e per soccorrerli. Lo sguardo di Dio sopra i giusti è ben diverso da quello che volge ai peccatori poiché l’uno tende a salvare, l’altro a punire; l’uno procura una eterna dimora nella terra dei viventi e l’altro cancella e fa perire dalla terra quelli che per i loro delitti sono resi indegni della memoria di Dio e degli uomini. Quello che il profeta aggiunge: che i giusti hanno esclamato, ci fa osservare che i giusti sono in guerra e che si studiano di ricercare la pace di cui egli ha parlato. Se fossero in pace non esclamerebbero. Non temete e non vi affliggete o santi combattenti, perché Dio vi guarda ed ascolta i sospiri del vostro cuore. Colui che voi invocate vi assicura per bocca di Davide, che tante volte l’ha sperimentato: che le sue orecchie sono sempre aperte per ascoltare e che egli è vicino a voi per salvarvi, se il vostro cuore è afflitto e se il vostro spirito è umiliato ed abbattuto.
19 È vicino il Signore a quelli che
hanno il cuore tribolato
e salverà gli umili di spirito.
20 Molte le tribolazioni dei giusti
ma da tutte queste li ha liberati.
21 il Signore custodisce tutte le
loro ossa, neppure una di esse
sarà spezzata.
I giusti sono esposti a molte afflizioni e il Signore da tutte li libera. Il Signore custodisce tutte le loro ossa; neppure una di queste ossa potrà essere spezzata. Ciò prova quello che abbiamo detto che la salvezza, di cui ha parlato il profeta, riguarda piuttosto il tempo a venire che il presente. Egli non propone ai giusti se non molte afflizioni. Quantunque assicuri il Signore che li libererà da tutte le pene è nondimeno manifesto che non tutti i giusti ne restano liberati prima di morire. Sant’Agostino spiegando in un senso spirituale le ossa di cui parla il santo profeta intende per esse la fermezza che Dio concede ai giusti per sostenerli contro tutti i colpi dei loro nemici. Aggiunge mirabilmente che non permise che le ossa di Gesù Cristo fossero infrante sulla croce come quelle dei due ladroni, per significare in qualche modo che egli doveva essere fino alla fine dei secoli tutta la forza del suo corpo mistico che è la Chiesa e che non potrà essere infranto alcun osso delle sue membra che sono gli eletti, cioè che non potrà perire nessuno di quelli che gli ha dato il Padre suo.
22 La morte dei peccatori è pessima e quelli
che odiano il giusto falliranno.
23 Redimerà il Signore le anime dei suoi servi
e non falliranno tutti quelli che sperano in lui.
Volendo Dio confortare i giusti contro la moltitudine delle afflizioni che avranno come loro porzione, raffigura ad essi la morte dei malvagi che li affliggono, come la cosa più funesta che si debba temere. Considerate dunque con gli occhi della fede la morte orribile dei peccatori e i vostri occhi non siano abbagliati dalla splendore delle loro pompe funebri. I peccatori che non ebbero se non odio per i giusti, finché vissero, si trovano miseramente ingannati alla loro morte. Troppo tardi essi riconoscono di aver sudato inseguendo la loro rovina allorché, vedendosi perduti in eterno, il Signore apre i tesori della sua misericordia verso quelli che erano l’oggetto del loro odio. Quanto essi saranno allora delusi nei loro pensieri, altrettanto i giusti si vedranno premiati nella speranza che avevano riposto nel solo Dio.
Da Agostino
1 di Davide, quando mutò il suo
aspetto davanti ad Abimelech
e lo mandò via, ed egli se ne andò
Nel libro dei Re leggiamo che Davide, fuggendo da Saul, volle nascondersi presso un certo re di Get, di nome Achis. Siccome la sua gloria era conosciuta in quel luogo, affinché per gelosia il re presso il quale era fuggito non macchinasse qualcosa contro di lui, finse la pazzia, quasi fosse colto dal furore: mutò il suo volto e, come leggiamo, affettava la pazzia, suonava il timpano alle porte della città, era portato dalle sue mani e si gettava a terra alle aperture delle porte. E disse il re Achis: perché mi avete portato costui? Ho forse io bisogno di uno che fa pazzie? E così lo lasciò, per adempiere a quanto sta scritto nel salmo. Mutò il suo volto e abbandonandolo se ne andò. Abbandonò dunque il re Achis: nel salmo invece è scritto che mutò il suo volto alla presenza di Abimelec e abbandonandolo se ne andò. I nomi furono cambiati per mostrare il mistero. Se nel titolo del salmo fosse stato ripetuto lo stesso nome, ci sarebbe potuto sembrare che ci fossero narrati unicamente fatti storici e non ci fosse stato profetato niente nel mistero. Ambedue i nomi racchiudono infatti un grande mistero. Achis significa: in qual modo è; e Abimelec significa: il regno del Padre mio. Nelle parole: in qual modo è, si designa l’ignoranza affinché tu intenda che sono parole di chi si meraviglia, non di chi capisce; mentre nel significato di Abimelec si designa il regno dei Giudei. Riferendoci alla persona di Cristo si può dire: regno del Padre mio, perché padre suo secondo la carne è Davide; ed il regno di Davide era sul popolo dei Giudei. Dunque alla presenza del regno del Padre suo mutò il suo volto e abbandonandolo se ne andò, perché ivi si praticava il sacrificio secondo l’ordine di Aronne, mentre poi egli istituì, con il suo corpo ed il suo sangue, il sacrificio secondo l’ordine di Melchidesec. Mutò dunque il suo volto nel sacerdozio e abbandonando il popolo dei Giudei, venne ai Gentili.
2 Benedirò il Signore in ogni tempo,
sempre la sua lode sulla mia bocca
Benedirò il Signore in ogni tempo, sempre nella mia bocca la sua lode. Lo dice Cristo, lo dica anche il cristiano; perché il cristiano è nel corpo di Cristo e per questo Cristo si è fatto uomo, affinché il cristiano possa essere un angelo che dice: benedirò il Signore in ogni tempo, sempre nella mia bocca la sua lode. Il Signore dà ed il Signore toglie; ma non toglie se stesso a chi lo benedice.
3 Nel Signore si glorierà l’anima mia.
Ascoltino i miti e si rallegrino.
Perché l’uomo benedice il Signore in ogni tempo? Perché è umile. Che significa essere umili? Non volere essere lodati per sé . Chi vuole essere lodato per sé è superbo. Coloro che non vogliono essere lodati nel Signore non sono mansueti, ma sono violenti, aspri, orgogliosi, superbi. Il Signore vuole avere giumenti mansueti. Sii il giumento del Signore, cioè sii mansueto. Egli siede sopra di te, egli ti guida. Non avere timore di inciampare e di cadere nel precipizio. Certo tu sei debole, ma tieni conto di chi ti regge. Sei puledro d’asino, ma porti Cristo. Egli infatti cavalcando un puledro d’asino venne nella città e quel giumento fu mansueto. Si glorierà nel Signore l’anima mia, ascoltino i mansueti e si allietino. Infatti quando coloro che non sono mansueti ascoltano queste parole, non si allietano, ma si adirano. Sono costoro che dicono che li abbiamo fatti diventare asini. Coloro invece che sono mansueti, non disdegnino di ascoltare e di essere ciò che odono.
4 Magnificate il Signore con me
ed esaltiamo il suo nome tutti insieme.
Così continua: magnificate Signore con me. Chi è colui che ci esorta a magnificare il Signore con lui? Fratelli chiunque appartiene al corpo di Cristo deve darsi da fare affinché con lui sia magnificato il Signore. Perché chiunque fa così ama il Signore. Ed in qual modo lo ama? Lo ama senza essere geloso di coloro che con lui lo amano. Chiunque ama secondo la carne è inevitabile che ami con pestifera gelosia. Si roderà di invidia e gelosia.
Ed esaltiamo il suo nome allo stesso modo. Vuol dire insieme. Infatti molti codici recano: magnificate il Signore con me, ed esaltiamo il suo nome insieme. Sia che si dica allo stesso modo, sia che si dica insieme, si dice la medesima cosa.
5 Ho cercato il Signore e mi ha
esaudito e da tutte le
mie tribolazioni mi ha liberato
Ho cercato il Signore e mi ha esaudito. Dove ti ha esaudito il Signore? Nell’intimo. Ivi prega, ed ivi sarai esaudito e sarai reso beato. Entra nella tua camera, chiudi la tua porta, e prega in segreto e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti esaudirà. Entrando nella tua camera, entri nel tuo cuore. Beati coloro che si allietano quando entrano le loro cuore e non vi trovano niente di male.
Ho cercato il Signore e mi ha esaudito. Quelli dunque che non sono esauditi non cercano il Signore. Altro è cercare qualcosa dal Signore, altro è cercare il Signore stesso. Mentre ancora stai parlando, ti dirà: Ecco, sono qui.
6 Accostatevi a lui e siate illuminati e i vostri volti
non resteranno confusi.
Avvicinatevi a lui e sarete illuminati. Davide dice ciò che egli stesso ha provato. Un membro spirituale del corpo di Cristo, ovvero anche lo stesso nostro Signore Gesù Cristo secondo la carne, capo che esorta le altre membra, che cosa dice: avvicinatevi a Lui e sarete illuminati. Avviciniamoci a Lui e ne saremo illuminati. Non come si avvicinarono a lui i Giudei per essere ottenebrati. Si avvicinarono infatti a lui per crocifiggerlo. Essi dal crocifisso furono ottenebrati; noi, mangiando e bevendo il crocifisso siamo illuminati.
7 Questo povero ha gridato
e il Signore lo ha esaudito
e da tutte le sue tribolazioni lo ha salvato.
8 Si accamperà l’angelo del Signore
intorno a quelli che lo temono e li libererà.
Ma qualcuno dirà: come posso avvicinarmi a lui? Sono carico di tanti mali, di tanti peccati; tanti delitti gridano dal fondo della mia coscienza: come oso avvicinarmi a Dio? Chiedi in qual modo? Umiliandoti nella penitenza. Fa’ risuonare il grido della miseria e il Signore ti esaudirà. E da tutte le sue tribolazioni lo ha liberato. In quale modo lo ha liberato da tutte le sue tribolazioni? Prenderà posto l’angelo del Signore presso coloro che lo temono e li salverà. Così sta scritto fratelli, non come recano alcuni codici scorretti: manderà il Signore il suo angelo presso coloro che lo temono e li salverà, ma così ripeto: prenderà posto l’angelo del Signore presso coloro che lo temono e li libererà. Chi è che viene chiamato angelo del Signore, che prenderà posto presso coloro che lo temono e li libererà? Lo stesso nostro Signore Gesù Cristo è definito in profezia l’angelo del grande consiglio, il messaggero del grande consiglio; così lo hanno chiamato i profeti. Orbene, questo stesso angelo del grande consiglio, questo messaggero, scenderà presso coloro che temono il Signore e li libererà. Non avere dunque timore di non essere visto: ovunque tu sia, temi il Signore: sa dove sei quell’angelo che si porrà presso di te e ti libererà.
9 Gustate e vedete quanto è soave il Signore;
beato l’uomo che spera in lui.
Beato l’uomo che spera in lui. Che bisogno c’è di spiegare a lungo queste parole? Chiunque non spera nel Signore è infelice. E chi è che non spera nel Signore? Colui che spera in sé. Ma talvolta gli uomini, e questo ancora peggiore, non confidano in se stessi ma in altri uomini
10 Temete il Signore, voi tutti
suoi santi, perché nulla manca a quelli che lo temono.
11 I ricchi sono divenuti poveri e
affamati, ma quelli che cercano il
Signore non saranno privati di alcun bene . pausa
Temete il Signore, o voi suoi santi, perché niente manca a coloro che lo temono. Promette l’abbondanza a chi dubita che gli venga meno il superfluo se avrà temuto il Signore. Il Signore ti nutriva quando tu lo disprezzavi e ti abbandonerà quando lo temi? Sentite quanto segue: i ricchi cadono in miseria e patiscono la fame, ma coloro che cercano il Signore non mancano di alcun bene. Se prendi questo alla lettera sembra che tu ti inganni. Vedi infatti molti ricchi ingiusti morire nelle loro ricchezze, senza esser divenuti poveri durante la loro vita; li vedi invecchiare, giungere all’estremo istante della vita fra grande abbondanza di ricchezza. Io so che cosa ha fatto; mi ha ingannato e si è sbagliata la Scrittura, e sento dire e canto: i ricchi cadono in miseria e patiscono la fame. Quando mai costui fu povero? Quando ha avuto fame? Ma coloro che cercano il Signore non mancano di alcun bene. Il laccio dello scandalo soffoca chi pensa così, perché cerca sulla terra il cibo mortale e non cerca la vera ricompensa in cielo. Mette la testa nel laccio del diavolo, gli sono strette le fauci e il diavolo lo spinge a fare il male per imitare in tal modo quel ricco che vede morto in mezzo a tanta abbondanza. Non interpretare così quelle parole. E come debbo intenderle? Riguardo ai beni spirituali. Ma dove sono? Non si vedono con gli occhi, ma col cuore. Io non vedo questi beni. Li vede chi ama. Se sarai ricolmo delle ricchezze dello Spirito, sarai forse povero?
12 Venite, figli, ascoltatemi,
vi insegnerò il timore del Signore.
Venite, figli, ascoltatemi, vi insegnerò il timore del Signore. Ascoltiamolo insieme, ascoltatelo voi attraverso di noi. Ci vuole insegnare colui che è umile, colui che suona il timpano, colui che fa cose strane, egli ci vuole insegnare. Non apriamo le orecchie della carne e chiudiamo il cuore; ma facciamo come egli ha detto nel Vangelo: Chi ha orecchi per intendere, intenda!
13 Chi è l’uomo che vuole la vita
e desidera vedere giorni buoni?
Qual è l’uomo che anela alla vita e ama vedere giorni felici? Non cercare qui giorni buoni. Ma i nostri padri li hanno conosciuti. Vi sbagliate! Tutti qui hanno sofferto. Leggete le Scritture: proprio per questo Dio ha voluto che fossero scritte, per nostra consolazione. Sempre ci sono giorni cattivi nel secolo, ma sempre ci sono giorni buoni in Dio. Non si turbino i servi del Signore: Cristo stesso non conobbe buoni giorni in questo mondo, ove soffrì offese, ingiurie, la croce e tanti altri mali.
14 Tieni lontana la tua lingua dal male e le tue labbra
non dicano inganno.
15 Distogliti dal male e fa il bene,
cerca la pace e seguila.
Chi ama giorni buoni, ascolti colui che insegna e che dice: venite, figli, ascoltatemi, vi insegnerò il timore del Signore. Ascolta e agisci: trattieni la tua lingua dal male e le tue labbra non proferiscano inganno, cioè non commettere nessuna frode, nessuna menzogna. Però non solo allontanati dal male ma fa anche il bene. Cerca la pace e tienile dietro. Non ti ha detto: avrai qui la pace, ma: cercala e seguila. Il Signore è la nostra pace, è risorto ed è asceso in cielo. Quando sarai risorto muterai questa natura mortale ed abbraccerai la pace dove nessuno ti molesterà. In questa vita non c’è la pace vera né la tranquillità. Ci è promessa la gioia dell’immortalità, la società con gli angeli, ma chi non l’avrà cercata mentre è qui non l’avrà quando sarà giunto lassù.
16 Gli occhi del Signore
sui giusti e le sue orecchie alla loro supplica.
Gli occhi del Signore sopra i giusti. E le sue orecchie alle loro preghiere. Cosa vuoi di più? Tu segui la via del Signore e quando soffrirai egli ti ascolterà. Il nostro Dio è ricolmo di carità. Per questo sembra che non ci esaudisca, per risanarci e perdonarci in eterno.
17 Il volto del Signore contro i
malfattori per distruggere dalla terra il loro ricordo.
Gli occhi del Signore sopra i giusti, e le sue orecchie alle loro preghiere. Forse dicono i malvagi: dunque posso fare il male tranquillamente, perché gli occhi del Signore non sono sopra di me: Dio infatti presta attenzione ai giusti, non guarda me, e qualunque cosa faccia, posso farla sicuro. Ma subito lo Spirito Santo vedendo questi pensieri degli uomini aggiunge: gli occhi del Signore sopra i giusti e le sue orecchie alle loro preghiere; ma il volto del Signore sopra chi fa il male per sterminare dalla terra la loro memoria
18 Hanno gridato i giusti e
il Signore li ha esauditi e da tutte le
loro tribolazioni li ha liberati.
Hanno gridato i giusti e il Signore li ha esauditi e da tutte le tribolazioni li ha liberati. Giusti erano i tre giovinetti: dal mezzo della fornace hanno gridato verso il Signore e i loro cantici hanno spento l’ardore delle fiamme. La fiamma non poté avvicinarsi né bruciare gli innocenti e giusti fanciulli che lodavano Dio, perché Dio li liberò dal fuoco. Il Signore ha liberato Pietro quando a lui venne l’angelo mentre era in prigione e gli disse: alzati ed esci! E subito le catene si sciolsero. Pietro seguì l’angelo del Signore che lo liberò. Forse che Pietro aveva perduto la giustizia quando il Signore non lo liberò dalla croce? Forse lo esaudì più dopo che prima, allorché veramente lo liberò da tutte le tribolazioni. Infatti quando lo liberò la prima volta, quante persecuzioni! Molte poi ne dovette più tardi subire. Alla fine lo trasportò in un luogo dove non poteva più soffrire alcun male.
19 È vicino il Signore a quelli che
hanno il cuore tribolato
e salverà gli umili di spirito.
20 Molte le tribolazioni dei giusti
ma da tutte queste li ha liberati.
Il Signore è vicino a coloro che hanno il cuore contrito e salverà gli umili di spirito. Alto è Dio, umile sia il cristiano. Se vuole che l’alto Dio si avvicini a lui, sia umile. È un grande mistero fratelli. Dio è sopra ogni cosa; ti innalzi e non lo tocchi, ti fai umile ed egli stesso discende a te. Molte le tribolazione dei giusti. Gli ingiusti verranno alla sofferenza eterna, dalla quale mai saranno liberati; i giusti invece dopo molte tribolazioni verranno alla pace eterna, dove mai subiranno alcun male. Molte le tribolazione dei giusti e da tutte le libererà il Signore.
21 il Signore custodisce tutte le
loro ossa, neppure una di esse
sarà spezzata.
Il Signore custodisce tutte le loro ossa: non una sola di esse sarà spezzata. Non intendiamo in modo carnale queste parole, fratelli. Le ossa sono la fermezza dei fedeli. Allo stesso modo, infatti per cui nella nostra carne le ossa fanno da sostegno, così nel cuore cristiano la fede costituisce la saldezza. La costanza della fede costituisce le ossa interiori. Sono queste ossa che non potranno essere spezzate.
Il Signore custodisce tutte le loro ossa, non una sola di esse sarà spezzata. Se avesse detto questo riferendosi al nostro Signore Gesù Cristo come altrove è prefigurato riguardo a lui quando si parla dell’agnello che deve essere immolato e si dice: non spezzare le sue ossa; ebbene nel Signore si compì la profezia perché mentre pendeva dalla croce spirò prima che gli uomini giungessero alla croce così che trovarono già esanime il suo corpo e non vollero spezzare le sue gambe, appunto perché si adempisse quanto era scritto. Ma questa promessa è fatta anche a tutti i cristiani. Quali sono queste ossa se non la fermezza della fede, cioè la sapienza e la tolleranza nelle tribolazioni?
22 La morte dei peccatori è pessima e quelli
che odiano il giusto falliranno.
Orribile è la morte dei peccatori. Quella che a te può sembrare una buona morte è orribile, se vedi nell’intimo. Ascoltate fratelli e considerate dal Vangelo come sia orribile la morte dei peccatori. Non c’erano forse in questo secolo due uomini: uno ricco che vestiva di porpora e di bisso, che ogni giorno splendidamente banchettava, mentre l’altro, povero, stava disteso pieno di piaghe alla porta del primo ed i cani venivano a leccare le sue ferite e desiderava sfamarsi con le briciole che cadevano dalla tavola del ricco? Accadde che quel povero morì: era un giusto e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Se siamo cristiani crediamo tutto questo; se non lo crediamo, fratelli, nessuno si illuda di essere cristiano. È la fede che ci guida. Il Signore ha detto queste cose e così sono. Ebbene, di quale morte è morto quel ricco? Mentre è in mezzo ai tormenti dell’inferno, brama che una goccia d’acqua sia versata dal dito di quel povero tanto disprezzato sulla sua lingua ardente e non lo ottiene. Imparate dunque che cosa significano le parole: orribile è la morte dei peccatori e non state a guardare i letti imbottiti di preziose coperte, il corpo avvolto di grandi ricchezze, i solenni lamenti funebri, la famiglia che piange, la folla che gli rende omaggio precedendo e seguendo il cadavere, le lapidi di marmo e d’oro. Credete al Vangelo ed esso mostrerà alla vostra fede l’anima del ricco che arde nei supplizi, questa anima a cui nessun soccorso hanno dato tutti gli onori e gli omaggi che la vanità dei viventi ha reso al suo corpo morto.
23 Redimerà il Signore le anime dei suoi servi
e non falliranno tutti quelli che sperano in lui.
poiché molti sono i generi dei peccati, ed è difficile non essere peccatori, o forse è impossibile in questa vita, subito aggiunge di quale genere di peccatori è pessima la morte. E coloro che hanno odiato il giusto andranno in rovina. Quale giusto, se non colui che giustifica l’empio? Quale giusto se non il Signore Gesù Cristo che intercede per i nostri peccati? Ebbene quelli che hanno odiato questo giusto, vanno incontro a una morte pessima, perché muoiono nei loro peccati, dato che per suo mezzo non si sono riconciliati con il nostro Dio. Riscatta infatti Signore le anime dei suoi servi. E non periranno tutti coloro che sperano in lui. Questa è la norma della giustizia possibile all’uomo: che la vita mortale, tendendo per quanto può alla perfezione, dato che non può essere senza peccato, non venga meno in questo: nello sperare in colui nel quale è la remissione dei peccati.
Dai Padri della Chiesa
1 Origene: è il Cristo che parla.
Eusebio: Davide ha deciso di offrire la lode delle sue labbra al posto degli olocausti.
Basilio: nella prosperità e nell’avversità, lode a Dio! Il pensiero di Dio, una volta scolpito in lui, dimora in lui e può essere chiamato lode continua.
Agostino e Girolamo: l’umile benedice il Signore in ogni tempo.
2 Origene: nel Signore, cioè nella Sapienza.
Atanasio: non vuole cantare da solo la sua lode, invita tutti quelli che, come lui, beneficiano della misericordia del Signore.
Basilio: Beati i miti.
3 Cirillo di Gerusalemme: immaginate che tutte le creature, tutta la Chiesa presente e futura si riuniscano: ebbene , non potrebbero ancora cantare degnamente il loro pastore.
Cirillo Alessandrino e Atanasio: c’è la consapevolezza della propria insufficienza a lodare Dio.
Agostino: non vuole essere solo ad amare Dio. Volete che si condivida con voi l’amore per un attore o uno sportivo e non esortate i vostri fratelli ad amare Dio? Trascinate dietro voi quanti potete, trascinateli verso l’amore!
4 Beda: cercare escludendo tutto il resto.
5 Origene ci accostiamo con una vita retta e siamo illuminati dalla conoscenza spirituale.
Cirillo Alessandrino: chiama quelli che sono seduti nelle tenebre e nell’ombra della morte.
Agostino: sarete illuminati con una luce che non può venir meno. Anche nel momento in cui era deriso dai soldati il Cristo era pur sempre la vera luce che illumina ogni uomo che viene nel mondo.
6 Basilio: questo povero è il Cristo.
7 Origene: la garanzia è assoluta, sebbene angelo sia al singolare.
Agostino: l’angelo è il nostro Signore Gesù Cristo in persona.
Girolamo: è certo che, quanti temono Dio, sono custoditi dagli angeli.
8 Origene: il Signore si gusta per mezzo della fede, si assapora comprendendolo.
Basilio: non sarete subito saziati: in questa vita potrete gustare il Signore e nell’altra sarete saziati.
Eusebio: sulla terra abbiamo parte al pane della vita; in cielo i beati ne usano con pienezza e perfettamente.
Atanasio: gustate il vero pane venuto dal cielo, che dà la vita al mondo.
Girolamo, Agostino, Beda: annuncio dell’eucarestia.
8 Eusebio beato l’uomo che resiste grazie alla sua speranza fissa in Dio.
Beda: per sperare in Dio, bisogna abituarsi a gustare la verità.
11 Cirillo Alessandrino: è un invito alle genti.
Girolamo: è il Cristo che chiama.
Agostino: non cercare giorni felici quaggiù ma in un’altra terra.
14 Basilio: il Cristo è la nostra pace.
Girolamo in Cristo è la nostra pace. Seguirlo fino alla fine vuol dire seguirlo fino alla croce.
Agostino: il Signore non ci ha promesso la pace sulla terra: abbraccerai questa pace quando sarai risorto come lui.
15 Cirillo Alessandrino e Girolamo: il Signore ci guarda come un buon padre guarda i suoi figli.
16 Girolamo: volto: in questo caso è un volto pieno di sdegno. Perde il ricordo del peccato, cioè sradica il peccato e pianta le radici della sua benevolenza.
18 Cirillo alessandrino: sono un Dio vicino.
Girolamo: con lui sarò nella tribolazione.
19 Girolamo: chi non soffre non è un giusto.
Baldovino di Ford: Dio manda molte prove a tutti i giusti perché molte sono le tribolazioni dei giusti. Col pungiglione della prova, Dio li custodisce nella umiltà o mette alla prova la loro pazienza.
20 Baldovino di Ford: le ossa non spezzate sono figura della divinità di Cristo che non ha potuto soffrire, la forza della sua potenza che lo ha fatto risuscitare dai morti, la forza della sua pazienza nella quale ha aderito alla verità fino alla morte.
21 Baldovino di Ford: la morte spaventosa dei peccatori è un modo per pagare il castigo meritato, ma non elimina la loro ingratitudine; invece la morte preziosa dei santi è come un rendimento di grazie per la morte del Cristo e qualcosa che assomiglia a uno scambio, poiché Cristo è buono e si accontenta della rassomiglianza più piccola con la sua morte.
22 Girolamo: ci riscatta ogni giorno dalla morte seconda e resterà con noi fino alla consumazione dei secoli.
Salmo 34
1 Di Davide
Giudica, Signore, quelli che mi
fanno del male, combatti quelli che mi combattono,
2 prendi armi e scudo e sorgi in mio aiuto.
3 Sfodera la spada e sbarra il
cammino davanti a quelli che mi inseguono.
Dì all’anima mia: sono io la tua salvezza.
4 Siano confusi e svergognati
quelli che cercano l’anima mia.
Siano respinti indietro e
siano confusi quelli che tramano mali contro di me.
5 Diventino come polvere in faccia al vento e
l’angelo del Signore li schiacci;
6 la loro via diventi tenebre e luogo scivoloso
e l’angelo del Signore li perseguiti,
7 perché senza ragione mi hanno
nascosto il loro laccio di morte,
senza motivo hanno insultato l’anima mia.
8 Sopraggiunga a quello un laccio
che non conosce e il tranello che ha nascosto
lo afferri e cada nel laccio, proprio in quello,
9 ma l’anima mia esulterà nel Signore,
si delizierà della sua salvezza.
10 Tutte le mie ossa diranno:
Signore, chi è simile a te?
Tu che liberi il povero dalla mano
dei più forti di lui il misero e il povero
dai suoi predatori.
11 Testimoni iniqui, alzandosi,
mi interrogavano di cose che ignoravo,
12 mi rendevano male
per bene: sterilità all’anima mia.
13 Ma io, mentre quelli mi
molestavano, vestivo il
cilicio, umiliavo nel digiuno l’anima mia
e la mia preghiera ritornerà nel mio seno.
14 Come per un vicino, come per un
nostro fratello, così mi compiacevo;
come piangente e rattristato così mi umiliavo.
15 eppure contro di me hanno
gioito e si sono riuniti, sono stati
accumulati su di me flagelli e non li ho conosciuti.
16 Sono stati divisi e
non si sono compunti, mi hanno
tentato, mi hanno colmato di beffe,
hanno digrignato contro di me i loro denti.
17 Signore , quando volgerai
lo sguardo? Reintegra l’anima mia
dalla loro perfidia, dai leoni la mia unica.
18 Ti confesserò nella grande
assemblea, in un popolo forte ti loderò.
19 Non godano di me quelli che
mi avversano ingiustamente,
quelli che mi odiano senza ragione
e ammiccano con gli occhi;
20 poiché a me dicevano parole di pace e
con collera terrena parlando tramavano inganni.
21 E hanno spalancato contro di me
la loro bocca; hanno detto: bene,
bene, i nostri occhi hanno visto.
22 Hai visto Signore, non stare in
silenzio, Signore, non allontanarti
da me. 23 Sorgi e attendi al mio
giudizio, o mio Dio e mio Signore secondo la mia causa.
24 Giudicami, secondo la tua
giustizia, Signore, Dio mio, e non godano di me.
25 Non dicano nei loro cuori:
bene, bene, per l’anima nostra e
non dicano: l’abbiamo divorato.
26 Arrossiscano e abbiano timore
nel contempo quelli che godono dei
miei mali, siano rivestiti di
confusione e di vergogna quelli che
parlano con arroganza contro di me
27 Esultino e gioiscano quelli che vogliono la mia giustizia.
E dicano sempre: Sia magnificato il Signore,
quelli che vogliono la pace del suo servo.
28 E la mia lingua mediterà
la tua giustizia, tutto il giorno la tua lode.
Da Sacy
1 Di Davide
Giudica, Signore, quelli che mi
fanno del male, combatti quelli che mi combattono,
2 prendi armi e scudo e sorgi in mio aiuto.
3 Sfodera la spada e sbarra il
cammino davanti a quelli che mi inseguono.
Dì all’anima mia: sono io la tua salvezza.
4 Siano confusi e svergognati
quelli che cercano l’anima mia.
Siano respinti indietro e
siano confusi quelli che tramano mali contro di me.
Bello spettacolo, dice Sant’Agostino, è vedere Dio stesso armato in nostra difesa. Ma quali sono dunque le armi di Dio? Le armi di Dio sono indicate altrove da queste parole: tu Signore ci copri col tuo amore come di uno scudo. Nei tesori dell’ineffabile amore che Dio ha per noi stanno rinchiuse le armi di cui egli si serve per abbattere i nostri persecutori. Tutte le espressioni usate da Davide, allorché supplica il Signore che prenda le sue armi e il suo scudo e che sguaini la sua spada per opporsi ai suoi nemici, non sono che un modo di parlare umano che egli usa per atterrire i malvagi in modo salutare e per far loro meglio comprendere quello che si devono aspettare da un Dio armato di tutta la sua potenza e di tutta la sua collera per castigarli. Ciò che deve formare il terrore dei nostri nemici è la ragione della nostra fiducia, poiché la fede ci insegna che Dio si è armato per la nostra salvezza. Davide dunque gli chiede che voglia confortare il suo cuore nel grande rischio in cui si ritrovava. Noi parimenti chiediamo a Dio che l’anima nostra si renda attenta allorché egli farà udire la sua voce.
5 Diventino come polvere in faccia al vento e
l’angelo del Signore li schiacci;
6 la loro via diventi tenebre e luogo scivoloso
e l’angelo del Signore li perseguiti,
7 perché senza ragione mi hanno
nascosto il loro laccio di morte,
senza motivo hanno insultato l’anima mia.
8 Sopraggiunga a quello un laccio
che non conosce e il tranello che ha nascosto
lo afferri e cada nel laccio, proprio in quello,
Questi quattro versetti sono una viva espressione di cui si serve Davide per dichiarare con uno spirito profetico che quelli che lo volevano morto sarebbero stati confusi ed abbattuti col più grande scompiglio che si possa immaginare. Li paragona alla polvere esposta in faccia al vento, a motivo della loro estrema leggerezza e fiacchezza. Li rappresenta ancora come spinti ed incalzati da un angelo del Signore per indicare che la divina potenza li avrebbe costretti a fuggire in maniera precipitosa. Egli aggiunge che fuggiranno nelle tenebre e per un sentiero lubrico e sempre in mezzo all’oscurità.
Se è vero che questo salmo riguarda il tempo della guerra contro Assalonne, si scorge in esso facilmente una immagine reale di quanto si vide allora accadere. Ma quelli che hanno considerato Davide come un santo pieno dello Spirito di Dio, che nei suoi nemici vedeva tutti gli empi, lasciano intendere lo stato deplorevole nell’anima dei peccatori. Non avendo, dice egli, alcuna consistenza come la polvere che è trastullo dei venti, sono trasportati ovunque li trascina lo spirito di iniquità. L’angelo del Signore che è il ministro della sua ira, della sua giustizia, li incalza continuamente, e li caccia di delitto in delitto cioè non permette che mai smettano di commettere il male, guidandoli per vie oscure e per sentieri sdrucciolevoli. Tali sono le funeste conseguenze dell’empietà.
8 Sopraggiunga a quello un laccio
che non conosce e il tranello che ha nascosto
lo afferri e cada nel laccio, proprio in quello,
Se questi versetti li riferiamo alla guerra di Assalonne figlio di Davide, non c’è cosa più chiara della predizione fatta qui riguardo alla sciagurata sorte di colui che non è nominato dal profeta, ma che si era dichiarato in una maniera così indegna contro di lui. Stiamo parlando di Achitofel, quell’uomo consumato nella malizia e nella più scaltra politica il quale avendo dato ad Assalonne due consigli per far perire Davide, a tal punto si offese che per suggerimento di Cusai non venisse abbracciato il suo parere, che alla fine cadde nella disperazione ed in tal modo nel laccio che aveva teso al suo legittimo sovrano. Avendo Gesù Cristo, di cui Davide è figura, provato un uguale tradimento da parte di uno dei suoi apostoli, colui che l’aveva tradito cadde in una simile prostrazione.
9 ma l’anima mia esulterà nel Signore,
si delizierà della sua salvezza.
10 Tutte le mie ossa diranno:
Signore, chi è simile a te?
Tu che liberi il povero dalla mano
dei più forti di lui il misero e il povero
dai suoi predatori.
Davide rende manifesti i santi trasporti della sua contentezza, ma di una contentezza che riguardava il solo Dio e che voleva essere riconoscente della grazia del suo divino liberatore. Non già in me egli diceva, ma nel mio Dio troverò la mia consolazione e tutta la mia gioia. Non solo la mia anima ma tutte le mie ossa, cioè il mio stesso corpo e finalmente tutto quanto io sono gli renderà gloria.
Quantunque le ossa non possano rendere una tale testimonianza alla gloria del Signore, i santi profeti sono così soliti animare le cose inanimate per indicare più vivamente l’impressione che deve fare sulla natura la grandezza e la maestà di Dio. Queste parole di Davide si possono intendere in una maniera più spirituale. Chi potrebbe, dice Sant’Agostino, spiegare in modo degno parole così ineffabili? O santa Chiesa, egli esclama, o divino corpo di Gesù Cristo, tutte le tue ossa, cioè tutti quelli tra le tue membra che sono giusti, che sono forti per non cedere ad alcuna tentazione dicano col re profeta: Signore chi è simile a te? Non sei tu o mio Dio che ci hai reso forti con la tua grazia e che quando eravamo schiavi e miserabili ci hai tratto con forza dalle mani di colui che ci teneva in suo potere? Gesù Cristo stesso è stato il povero consegnato fra le mani dei suoi nemici, che sono sembrati più potenti di lui allorché l’hanno spogliato con violenza e l’hanno dopo molti oltraggi fatto morire sopra la croce.
11 Testimoni iniqui, alzandosi,
mi interrogavano di cose che ignoravo,
12 mi rendevano male
per bene: sterilità all’anima mia.
13 Ma io, mentre quelli mi
molestavano, vestivo il
cilicio, umiliavo nel digiuno l’anima mia
e la mia preghiera ritornerà nel mio seno.
14 Come per un vicino, come per un
nostro fratello, così mi compiacevo;
come piangente e rattristato così mi umiliavo.
Questo luogo sembra riferirsi al tempo in cui Saul perseguitava Davide prestando fede ad impostori che l’accusavano di cospirare contro la sua persona. Egli dice dunque che falsi testimoni con una malizia del tutto volontaria insorgevano per interrogarlo cioè per costringerlo a giustificarsi dei delitti di cui non aveva alcuna conoscenza. In quelle persone l’ingratitudine si univa alla malizia, poiché quanto maggior bene aveva fatto a loro tanto più si sforzavano di privarlo di ogni sorte di consolazione. Questo sembra voler intendere per la desolazione a cui volevano ridurre la sua anima. Ciò nonostante più essi si davano da fare per opprimerlo, più egli si umiliava dinanzi a Dio, facendo ricorso non alla vendetta ma alla preghiera, al digiuno e al cilicio, sostenuto dell’umile fiducia che la sua preghiera sarebbe ritornata non già sterile nel suo seno ma col frutto e col vantaggio di cui doveva egli sperare. Si può assimilare la condotta di Davide a quella di Gesù Cristo, contro cui sono insorti falsi testimoni. Ridotto all’estrema desolazione sopra la croce ha ricevuto da parte dei suoi nemici una infruttuosa sterilità invece di quella abbondanza di beni di cui egli li aveva ricolmati. Ha digiunato e pregato per loro. Li ha amati come fratelli, essendo mosso da vera compassione verso di loro quando pure si vedeva ridotto al più profondo annientamento dalla loro malizia. Non li ha egli salvati rispondendo a coloro che l’odiavano, ma pregando e soffrendo per loro.
15 eppure contro di me hanno
gioito e si sono riuniti, sono stati
accumulati su di me flagelli e non li ho conosciuti.
16 Sono stati divisi e
non si sono compunti, mi hanno
tentato mi hanno colmato di beffe,
hanno digrignato contro di me i loro denti.
17 Signore , quando volgerai
lo sguardo? Reintegra l’anima mia
dalla loro perfidia, dai leoni la mia unica.
Quanto io mi affliggevo, dice il profeta, e dimostravo compassione e carità per quelli che mi maltrattavano, altrettanto essi si rallegravano della mia afflizione e si sforzavano di opprimermi di nuovo senza che io sapessi che cosa li spingeva a trattarmi in questo modo. Se Davide parlava dei ribelli che si unirono ad Assalonne, non ignorava egli senza dubbio la vera causa di questa guerra. La discordia di cui egli parla si insinua comunemente fra coloro che abbracciano il partito della ribellione e forse anche il termine in cui si serve e che significa propriamente che sono stati dispersi è allusivo a ciò che si vide accadere allorchè fu dimenticato il consiglio di Achitofel. Ma per un effetto dell’accecamento e della insensibilità che accompagna il delitto, invece di essere finalmente toccati da compunzione e di rientrare in sé medesimi, si rafforzavano nella loro malizia mettendo sempre a nuova prova la sua pazienza ed insultandolo come persone, che ridevano della sua debolezza e che non aspiravano se non a divorarlo. In tale stato Davide si rivolge a Dio e gli dice non con diffidenza ma con fede: quando Signore tu guarderai verso di me e considererai l’orgoglio dei miei nemici? È tempo che tu faccia risplendere la tua potenza per liberarmi dalle loro mani.
Sant’Agostino fa un’eccellente applicazione di questo passo a Gesù Cristo e fa vedere che quanto è accaduto al tempo della sua passione, quando i giudei aggravarono la loro mano sopra di lui percuotendolo con molti colpi, egli li sopportava con una pazienza così divina che sembrava non conoscere quello che gli facevano. Ma ricordiamoci che se vi è un tempo di silenzio e di ignoranza, che è quello della vita presente, vi sarà un tempo in cui Dio farà sì che risuoni la voce terribile della sua giustizia. Se egli al presente mostra di non vedere gli insulti dei malvagi, aprirà gli occhi alla fine, per guardarli con furore e punirli senza misericordia. Allora salverà dalle loro violenze l’anima desolata dei suoi servi, ovvero la sua Chiesa, che gli è unica e che unicamente è da lui amata.
18 Ti confesserò nella grande
assemblea, in un popolo forte ti loderò.
Questa promessa nel santo profeta non è stata adempiuta solamente quando vedendosi egli totalmente liberato dall’oppressione dei suoi nemici dichiarò con umile riconoscenza in mezzo a tutti suo popolo che si sentiva debitore della sua salvezza al solo Dio e non alla forza del suo braccio. Ancor di più questo accade in un’assemblea così grande come quella della Chiesa diffusa in tutto l’universo. Il santo re celebra ancora oggi le lodi del Signore per bocca di coloro che hanno abbracciato la fede. I sacri suoi cantici sono sulla bocca di tutti i fedeli.
19 Non godano di me quelli che
mi avversano ingiustamente,
quelli che mi odiano senza ragione
e ammiccano con gli occhi;
20 poiché a me dicevano parole di pace e
con collera terrena parlando tramavano inganni.
21 E hanno spalancato contro di me
la loro bocca; hanno detto: bene,
bene, i nostri occhi hanno visto.
Davide chiedeva a Dio principalmente che non permettesse che i suoi nemici in atto di trionfo si rallegrassero contro di lui. In effetti benché Dio consenta non di rado che i malvagi si rallegrino a spese dei giusti con insulti, come sosteneva Davide alla fine perirà del tutto la letizia degli uomini ribaldi e dei demoni. Si può dire parimenti che la più crudele persecuzione che soffre oggi il Figlio di Dio è quella che gli fanno molti dei suoi membri e di quelli che si mostrano suoi amici in qualità di cristiani. Essendo cibati alla sua mensa, dove gli danno il bacio di pace, riverendo apparentemente la sua parola tengono poi un altro linguaggio con il mondo suo nemico, per insultare con la loro condotta profana l’obbrobrio della sua morte e della sua croce.
22 Hai visto Signore, non stare in
silenzio, Signore, non allontanarti
da me. 23 Sorgi e attendi al mio
giudizio, o mio Dio e mio Signore secondo la mia causa.
24 Giudicami, secondo la tua
giustizia, Signore, Dio mio, e non godano di me.
Essendo Davide certo per la fede che Dio vedeva la condotta così ingiusta dei suoi nemici, lo scongiura a non mantenere il silenzio come se non l’avesse vista e a non allontanarsi da lui ricusando di soccorrerlo. Fammi giustizia tu che io onoro come mio Dio e mio Signore; cioè tu in cui io ripongo tutta la mia fiducia non riconoscendo altro Signore fuori di te. Davide nulla temeva se non il trionfo dei suoi nemici.
25 Non dicano nei loro cuori:
bene, bene, per l’anima nostra e
non dicano: l’abbiamo divorato.
Un padre antico esorta quelli che leggeranno questo passo a non scandalizzarsi della preghiera di quel giusto dell’Antico Testamento e a non prendere dalle sue parole alcun motivo di imprecazione contro quelli che vogliono loro male. Giova ricordare che Davide viveva al tempo della legge, la quale ordinando di amare il prossimo permetteva di odiare il nemico. Tutto questo diversamente dal Vangelo che ci comanda di nutrire sentimenti di benevolenza per i nostri nemici e di benedire i nostri persecutori. Sant’Agostino fa una eccellente osservazione riguardo al fatto che sono più volte ripetute in questo salmo le stesse cose circa gli oltraggi e gli insulti che si facevano soffrire al santo re dai suoi nemici. Lo Spirito Santo ha forse qui voluto farci considerare questo salmo come relativo in senso spirituale a colui di cui Davide era figura non solo relativamente al tempo della passione del Cristo ma relativamente a tutti i tempi in cui Cristo ha dato e darà la sua divina protezione alla Chiesa, dalla sua origine fino alla consumazione dei secoli. Non solamente Davide è stato insultato, schernito e vilipeso dei suoi nemici. Era egli figura di un altro Davide che allo stesso modo doveva essere oltraggiato e dai giudei che erano il suo popolo e dai cristiani, di cui un numero assai grande con una vita opposta alla sua, proseguirà ad insultarlo fino alla fine del mondo.
26 Arrossiscano e abbiano timore
nel contempo quelli che godono dei
miei mali, siano rivestiti di
confusione e di vergogna quelli che
parlano con arroganza contro di me
27 Esultino e gioiscano quelli che vogliono la mia giustizia.
E dicano sempre: Sia magnificato il Signore,
quelli che vogliono la pace del suo servo.
28 E la mia lingua mediterà
la tua giustizia, tutto il giorno la tua lode.
Siccome Davide ha predetto la confusione di tutti quelli che sorgevano contro di lui, parimenti predice la gioia che riservava Dio a coloro che entravano a far parte dei suoi patimenti e l’ammirazione piena di rispetto che avrebbero avuto della grandezza e della onnipotenza divina, allorché avrebbero visto l’innocente liberato da tutte le sue pene e in possesso della pace che desideravano per lui. Sembra molto strano ciò che egli aggiunge secondo l’espressione letterale: che la sua lingua mediterà la giustizia del Signore poiché è proprio della mente il meditare e della lingua il parlare. Forse egli non vuol dire altro se non che la sua lingua proferirà esternamente le lodi del Signore come il frutto dell’interiore meditazione del suo cuore. L’amore del cuore dice Sant’Agostino essendo a modo di lingua, medita continuamente la giustizia del Signore e la sua eloquenza del tutto spirituale supera di gran lunga ogni più perfetta qualità che si possa attribuire alla lingua del nostro corpo.
Da Agostino
1 Di Davide
Giudica, Signore, quelli che mi
fanno del male, combatti quelli che mi combattono,
2 prendi armi e scudo e sorgi in mio aiuto.
Giudica, o Signore, coloro che mi fanno del male, combatti coloro che mi combattono. E come ci dà Dio questo aiuto? Imbraccia, dice, l’arma e lo scudo, e levati in mio soccorso. Grande spettacolo è vedere Dio armato per te. E qual è il suo scudo? Quali le sue armi? In un certo passo parla di queste nostre armi l’apostolo, cioè dello scudo della fede, dell’elmo della salvezza e della spada dello Spirito, che è il Verbo di Dio. Ci ha armato con le armi che avete udito, degne di lode ed invitte, insuperabili e splendide; armi spirituali e invisibili giacché combattiamo anche contro i nemici invisibili. Armiamoci con la fede nelle cose che non vediamo e sterminiamo i nemici che non vediamo. La fede medesima, dunque, può essere corazza e scudo. È scudo perché accoglie e respinge i dardi dei nemici; è corazza perché non consente che sia trafitto il tuo intimo. Si levi dunque, così è stato infatti invocato, impugni l’arma, si levi in nostro soccorso. Donde si levi, è detto a lui altrove, dalla stessa voce: levati, perché dormi, o Signore? E quando è detto che egli dorme, siamo noi che dormiamo; quando si dice che egli si leva, siamo noi a svegliarci. Gesù sulla barca è la fede nel cuore. Se ti ricordi della tua fede, non vacilla il tuo cuore; se ti sei dimenticato della tua fede, Cristo dorme: aspettati il naufragio.
Ma fa tuttavia ciò che ti resta, perché, se dorme, si svegli. Digli: Signore, levati, moriamo, affinché comandi ai venti e torni la tranquillità nel tuo cuore. Si ritireranno infatti tutte le tentazioni, o almeno di certo non avranno più forza, quando Cristo, cioè la tua fede, veglierà nel tuo cuore. Levati, che significa dunque? Fatti conoscere, appari, guarda. Levati dunque in mio soccorso.
3 Sfodera la spada e sbarra il
cammino davanti a quelli che mi inseguono.
Dì all’anima mia: sono io la tua salvezza.
Sguaina la spada e fatti addosso a coloro che mi perseguitano. Chi sono coloro che ti perseguitano? Forse il tuo vicino, o colui che hai ferito o a cui hai fatto ingiuria, o che ti vuol togliere le tue cose, o contro il quale predichi la verità, o a cui rimproveri i peccati, o colui che, vivendo nel male, tu offendi vivendo nel bene. Sono certamente anche questi i nostri nemici; ma ci viene insegnato a conoscere altri nemici, contro i quali combattiamo in modo invisibile, a proposito dei quali ci ammonisce l’Apostolo, dicendo: non dobbiamo lottare contro la carne e il sangue, cioè contro gli uomini, non contro coloro che vedete, ma contro coloro che non vedete, contro i principi e le potestà e i reggitori del mondo di queste tenebre.
4 Siano confusi e svergognati
quelli che cercano l’anima mia.
Siano respinti indietro e
siano confusi quelli che tramano mali contro di me.
Che cosa segue? Siano confusi svergognati coloro che cercano l’anima mia: infatti è accaduto: molti sono stati confusi in modo salutare, molti, pieni di vergogna, dalla persecuzione di Cristo sono passati con devoto amore alla società dei suoi membri; e ciò non sarebbe accaduto se non fossero stati confusi e svergognati. Dunque il desiderio si è realizzato bene per costoro. Ma poiché due sono i generi di coloro che sono vinti (in due modi infatti si è vinti: o si è vinti per essere convertiti a Cristo, o si è vinti per essere condannati da Cristo) , sono spiegati appunto questi due generi, ma la spiegazione è oscura e necessita di interpretazione. Intendi dunque che di coloro che si convertono è detto: siano confusi e svergognati coloro che cercano la mia anima. Si volgano indietro. Cioè non precedano, ma seguano; non diano consiglio, ma lo ricevano. Stessa cosa: si volgano indietro e siano confusi coloro che mi vogliono male. Quando infatti avranno cominciato a venirmi dietro, più non mi vorranno male, ma desidereranno il bene.
5 Diventino come polvere in faccia al vento e
l’angelo del Signore li schiacci;
6 la loro via diventi tenebre e luogo scivoloso
e l’angelo del Signore li perseguiti,
E che dire degli altri? Diventino come polvere in faccia al vento. Non così gli empi, non così, ma come polvere che il vento spazza via dalla faccia della terra. Il vento è la tentazione, la polvere è l’empio. Quando sopraggiunge la tentazione, la polvere è tolta di mezzo, non sta in piedi, non resiste. Diventino come polvere in faccia al vento e l’angelo del Signore li tormenti. Sia la loro via tenebre e sdrucciolo. Dove andrai nelle tenebre e nello sdrucciolo? Dove poggerai il piede? Sono questi due mali le grandi condanne degli uomini: le tenebre, l’ ignoranza, lo sdrucciolo, la lussuria. Ma qui c’è l’angelo del Signore che li perseguita. Queste cose ha predetto come future, non come desiderando che avvengano.
7 perché senza ragione mi hanno
nascosto il loro laccio di morte,
senza motivo hanno insultato l’anima mia.
Donde derivano questi innumerevoli mali? Per quale causa? Ascolta per quale causa: perché senza ragione mi nascosero il loro laccio di morte. Osservate che nello stesso nostro capo questo fecero i giudei, nascondendo il loro laccio di morte. A chi nascosero il laccio: a colui che vedeva i cuori di chi lo nascondeva. Egli vedeva il suo traditore e lo scelse per un compito quanto mai necessario. Con il male di lui ha compiuto un grande bene; e tuttavia quello è stato scelto tra i dodici, affinché lo stesso tanto esiguo numero di dodici non fosse scevro dal male.
8 Sopraggiunga a quello un laccio
che non conosce e il tranello che ha nascosto
lo afferri e cada nel laccio, proprio in quello,
Ma che dobbiamo fare? Senza ragione mi nascosero il loro laccio di morte. Che vuol dire senza ragione? Vuol dire che niente di male avevo loro fatto, e niente avevo loro nuociuto. Vanamente oltraggiavano l’anima mia. Che significa vanamente? Dicendo il falso senza addurre nessuna giustificazione.
Dice di nuovo: il Signore è la porzione della mia eredità. Ti possegga dunque, affinché tu lo possegga. Sarai la sua proprietà, sarai la sua dimora. Ti possiede per giovarti, è posseduto da te per donarti Cristo Salvatore: poiché hanno visto i miei occhi la tua salvezza.
9 ma l’anima mia esulterà nel Signore,
si delizierà della sua salvezza.
10 Tutte le mie ossa diranno:
Signore, chi è simile a te?
Tu che liberi il povero dalla mano
dei più forti di lui il misero e il povero
dai suoi predatori.
Tutte le mie ossa diranno: Signore, chi è simile a te? Chi potrà degnamente commentare queste parole? Io credo che esse possano soltanto essere pronunciate, non spiegate. Perché cerchi questo e quello? Che vi è di simile al tuo Signore? Mi sono mostrate le cose terrene, tu sei il creatore della terra. Tu hai fatto la luna e le stelle, tu hai acceso il sole del giorno, tu hai ordinato il cielo. Ma vi sono molte cose invisibili migliori. E forse anche qui mi si dice: rendi culto agli angeli, adora gli angeli. Anche qui dirò: Signore, chi è simile a te? Tutte le mie ossa diranno: Signore, chi è simile a te? O corpo di Cristo, santa Chiesa, dicano tutte le tue ossa: Signore, chi è simile a te? E se la carne ha ceduto alla persecuzione, dicano le ossa: Signore, chi è simile a te? È detto infatti dei giusti: ama il Signore tutte le loro ossa, non una sola di esse sarà spezzata. Con il nome di ossa nel corpo del Signore sono designati tutti i giusti, i fermi di cuore, i forti, che non cedono a nessuna persecuzione e che per nessuna tentazione acconsentono al male.
Che liberi il misero dalla mano dei più forte di lui e l’indigente e il povero da coloro che lo spogliano. Chi è che libera, se non colui che è forte di mano? Ma che ha fatto colui che è forte di mano? Nessuno entra nella casa del forte per rubare le masserizie, se prima non avrà legato il forte. Con il suo potere santissimo, magnifico, ha legato il diavolo, sguainando la spada per catturarlo, onde liberare il misero e l’indigente che nessuno aiuta. E chi è il tuo soccorritore se non il Signore al quale tu dici: o Signore, mio soccorritore e mio redentore? 11 Testimoni iniqui, alzandosi,
mi interrogavano di cose che ignoravo,
12 mi rendevano male
per bene: sterilità all’anima mia.
Dica dunque il nostro capo: levandosi testimoni iniqui, mi interrogavano su quanto non sapevo. E diciamo noi al nostro capo: Signore, che cosa non sapevi? Signore, che cosi ignoravi? Che cosa hanno potuto chiederti che tu non conoscessi? Risponde: ignoravo le iniquità, ero interrogato riguardo a iniquità. Levandosi testimoni iniqui mi interrogavano su quanto non sapevo. Che cosa Cristo tanto ignorava quanto il bestemmiare? Eppure era interrogato dai persecutori e poiché disse il vero, fu giudicato un bestemmiatore. Ma da chi? Da coloro di cui parla dopo: mi rendevano male per bene e sterilità alla mia anima. Io avevo portato la fecondità, essi mi restituivano la sterilità: io la vita ed essi la morte: io l’onore, essi le offese: io la medicina, essi le ferite. In tutte queste cose che rendevano, certamente era la sterilità.
13 Ma io, mentre quelli mi
molestavano, vestivo il
cilicio, umiliavo nel digiuno l’anima mia
e la mia preghiera ritornerà nel mio seno.
Ma io, quando essi mi molestavano, mi vestivo di cilicio; umiliavo nel digiuno l’anima mia e la mia preghiera ritornava nel mio seno. Ricordiamoci, o fratelli, che noi apparteniamo al corpo di Cristo, che siamo membra di Cristo e siamo qui esortati in ogni nostra tribolazione a non pensare in qual modo rispondere ai nemici, ma al modo di renderci benigno Dio con la preghiera, e soprattutto a come non essere vinti dalla tentazione; infine anche al modo di convertire alla salvezza coloro che ci perseguitano. Nella prova niente di più importante, niente di meglio c’è da fare, quanto l’allontanarsi dal chiasso che regna fuori ed entrare nell’intimo segreto dell’anima. Ivi occorre invocare Dio; e chiudere la porta della propria cella in faccia ad ogni molestia che preme dal di fuori, umiliare noi stessi nella confessione del peccato, magnificare e lodare Dio sia quando corregge come quando consola; è così che in ogni modo dobbiamo comportarci. Che cosa di simile riconosciamo al Signore nostro Gesù Cristo? Leggendo accuratamente il Vangelo ed esaminandolo con grande attenzione non abbiamo trovato che il Signore abbia indossato il cilicio in qualche sua sofferenza o tribolazione. Certo abbiamo letto che ha digiunato dopo essere stato battezzato: ma non abbiamo sentito parlare, nè abbiamo letto, che abbia indossato il cilicio. Probabilmente chiama cilicio la mortalità della sua carne. Perché cilicio? Per la sua somiglianza con la carne del peccato. Dice infatti l’Apostolo: Dio mandò il suo Figlio in carne simile a quella del peccato, affinché condannasse il peccato della carne. Cioè: rivestì di cilicio il suo Figlio, affinché con il cilicio condannasse i capri. Dunque, mi vestivo di cilicio e umiliavo nel digiuno l’anima mia. Abbiamo capito il significato del cilicio: come interpreteremo il digiuno? Di che cosa aveva fame, di che cosa aveva sete Cristo, se non delle buone opere, in coloro che lo crocifiggevano e lo perseguitavano, poiché in essi nessuna buona opera aveva trovato? E la mia preghiera, dice, ritornerà nel mio seno. In questo verso il seno appare come un grande abisso e ci assista il Signore affinché possiamo penetrarlo. Io intendo che le parole nel mio seno ritornerà la mia preghiera, si riferiscano alla presenza del Padre nel suo seno. Dio era infatti in Cristo, per riconciliare a sé il mondo. Aveva in sé colui che doveva pregare; non era lontano da lui, dato che egli stesso aveva detto: io sono nel Padre, ed il Padre è in me. Ma poiché la preghiera compete di più all’uomo stesso, il Cristo in quanto Verbo non prega ma esaudisce; e non chiede di essere aiutato, ma, insieme con il Padre, tutti soccorre. E quindi le parole, la mia preghiera ritornerà nel mio seno, significano che nel Cristo stesso l’umanità invoca la divinità che è in lui medesimo.
14 Come per un vicino, come per un
nostro fratello, così mi compiacevo;
come piangente e rattristato così mi umiliavo.
Come in un prossimo, come in un nostro fratello, così mi compiacevo; come un uomo che piange si rattrista, così mi umiliavo. Guarda egli il suo corpo, nel quale dobbiamo riconoscere noi stessi. Quando proviamo la gioia della preghiera, quando la nostra anima gusta la pace, non nella prosperità terrena ma nella luce della verità, colui che avverte questa luce sa che cosa dico e vede e riconosce la verità di queste parole: come in un prossimo, come in un nostro fratello, così mi compiacevo. È così che l’anima infatti si compiace in Dio, da cui non è lontana. In lui, dice l’apostolo, ci muoviamo e siamo, come in un fratello, come in un vicino, in un amico.
15 eppure contro di me hanno
gioito e si sono riuniti, sono stati
accumulati su di me flagelli e non li ho conosciuti.
E contro di me si sono allietati. E si sono radunati insieme. Essi lieti, io triste. Ma abbiamo ascoltato nel Vangelo le parole: Beati coloro che piangono. Se sono beati coloro che piangono, sono miseri quelli che ridono.
16 Sono stati divisi e
non si sono compunti, mi hanno
tentato mi hanno colmato di beffe,
hanno digrignato contro di me i loro denti.
Mi hanno tentato e mi hanno schernito con scherno feroce. Cioè mi hanno deriso, mi hanno insultato: sia nel Capo che nel corpo.
17 Signore , quando volgerai
lo sguardo? Reintegra l’anima mia
dalla loro perfidia, dai leoni la mia unica.
Signore, quando guarderai? Libera l’anima mia dalle loro astuzie, dai leoni l’unica mia. L’unica mia, cioè la mia Chiesa, dai potenti che incrudeliscono.
18 Ti confesserò nella grande
assemblea, in un popolo forte ti loderò.
Vuoi infine sapere perché essa è unica? Leggi le parole che seguono: ti confesserò, o Signore, nella grande Chiesa, nel popolo forte ti loderò. È chiaro: la confessione di fede si compie infatti in tutta la folla ma non da tutti Dio è lodato. Tutta la folla ascolta la nostra confessione ma non da tutti Dio è lodato. In tutta questa moltitudine, cioè nella Chiesa che è diffusa in tutto il mondo c’è la paglia ed il grano; la paglia vola via, il grano resta; perciò nel popolo forte ti loderò. Nel popolo forte, che il vento della tentazione non porta via, in questo è lodato Dio.
18 Ti confesserò nella grande
assemblea, in un popolo forte ti loderò.
19 Non godano di me quelli che
mi avversano ingiustamente,
quelli che mi odiano senza ragione
e ammiccano con gli occhi;
20 poiché a me dicevano parole di pace e
con collera terrena parlando tramavano inganni.
21 E hanno spalancato contro di me
la loro bocca; hanno detto: bene,
bene, i nostri occhi hanno visto.
22 Hai visto Signore, non stare in
silenzio, Signore, non allontanarti
da me.
Hai visto, Signore: non tacere. Che significa: hai visto, Signore, e non tacerai, poiché è necessario che tu giudichi. Signore, non allontanarti da me. Fino a quando giunga il giudizio, non allontanarti da me, come hai promesso: ecco io sono con voi fino alla consumazione dei secoli.
23 Sorgi e attendi al mio
giudizio, o mio Dio e mio Signore secondo la mia causa.
24 Giudicami, secondo la tua
giustizia, Signore, Dio mio, e non godano di me.
Levati, o Signore, e prendi a cuore il mio giudizio. Come prosegue? Prendi a cuore il mio giudizio, Dio mio e mio Signore, secondo la mia causa. Non secondo la mia pena, ma secondo la mia causa: non secondo ciò che con me ha in comune il ladrone, ma secondo ciò che io ho in comune con i beati che subiscono persecuzioni a causa della giustizia. Non secondo la mia pena, ma secondo la mia giustizia, Signore Dio mio, cioè secondo questo giudicami.
25 Non dicano nei loro cuori:
bene, bene, per l’anima nostra e
non dicano: l’abbiamo divorato.
26 Arrossiscano e abbiano timore
nel contempo quelli che godono dei
miei mali, siano rivestiti di
confusione e di vergogna quelli che
parlano con arroganza contro di me
E non si facciano beffe di me i miei nemici. Non dicano in cuore loro: bene, bene, per l’anima nostra, cioè: abbiamo fatto quanto abbiamo potuto, lo abbiamo ucciso, lo abbiamo tolto di mezzo. Il mondo ti vuole divorare; e tu divora il mondo, fallo passare per il tuo corpo, uccidilo e mangialo.
27 Esultino e gioiscano quelli che vogliono la mia giustizia.
E dicano sempre: Sia magnificato il Signore,
quelli che vogliono la pace del suo servo.
28 E la mia lingua mediterà
la tua giustizia, tutto il giorno la tua lode.
Che dici tu che sei il capo, con le membra? Esultino e si rallegrino coloro che vogliono la mia giustizia, cioè che si sono tenuti stretti al mio corpo. E dicano sempre: sia magnificato il Signore coloro che vogliono la pace del suo servo. E la mia lingua celebrerà la tua giustizia, tutto il giorno la tua lode. La lingua di chi, continua a celebrare tutto il giorno la lode di Dio? Chi è capace di lodare Dio tutto il giorno? Ti suggerisco un mezzo, perché tu possa lodare Dio tutto il giorno, se lo vuoi. Qualunque cosa tu faccia, falla bene e avrai lodato Dio. Quando canti gli inni, lodi Dio; ma che cosa fa la tua lingua, se non lodi anche con la coscienza. Nella purezza delle tue opere disponiti a lodare Dio tutto il giorno.
Dai Padri
1 Cirillo Alessandrino: è il Cristo perseguitato dai giudei.
Eusebio: il misero e povero: il Cristo.
Girolamo: è la voce del Cristo nella sua passione e nelle avversità che colpiscono la Chiesa.
Beda: tutto il salmo è preghiera del Cristo: a volte per sé, a volte per le sue membra.
Ruperto: il Cristo in croce affida i persecutori al giudizio del Padre.
3 Eusebio: di’ all’anima mia: sono io la tua salvezza: è una parola efficace che opera ciò che dice.
Beda: anche se un angelo o un uomo vengono in mio aiuto: io dirò sempre: è Dio la mia salvezza! Anche se trovo su questa terra una qualche consolazione, essa resta per me un luogo di sosta, non una casa ove abito.
4 Origene: prendano coscienza per convertirsi.
Agostino e Girolamo: conversione dei peccatori che vogliono veramente convertirsi. Quanto agli altri, sono come polvere.
Origene: le schiere angeliche fanno parte della forza di Dio.
Girolamo: si tratta di un angelo malvagio: il Signore li ha in suo potere.
Cirillo Alessandrino: Dio manda il suo angelo contro di loro, come ha fatto contro gli Egiziani.
6 – 7 Girolamo: privi della luce divina, scivolino ad ogni passo senza riuscire a nulla.
8 Origene: davano la caccia all’uomo ma saranno presi e dati alla morte. I tempi alludono al tempo escatologico.
Agostino: siccome eravamo destinati a vivere tra uomini malvagi, il Cristo ha voluto tutto che tra i dodici vi fosse un malvagio e ci ha insegnato il modo di sopportarlo.
Origene: questo laccio è soprattutto l’inganno del diavolo che è fallito. L’anima mia si delizierà della sua salvezza, cioè della risurrezione.
10 Atanasio: è il Cristo che parla.
Agostino e Girolamo: il povero è il Cristo.
11 Origene: inizialmente l’uomo non era incline al male ma, tentato, scelse la conoscenza del male.
Eusebio: non avevo mai conosciuto il male. Se avessi risposto alle loro domande, sarei divenuto come loro.
13 Eusebio: tutto questo è proprio del Salvatore nella sua umanità. È il Cristo che parla, che soffre per noi, ferito a causa dei nostri peccati.
Agostino: ci insegna quello che dobbiamo fare nella tribolazione: non dobbiamo cercare come rispondere ai malvagi ma come pregare Dio. Il cilicio è la carne del peccato.
Girolamo: io do loro la vita ed essi mi danno in cambio la morte.
Beda: non ha trovato nessuno in cui riposare, all’infuori del ladrone.
Eusebio: l’empietà è tanto grande che trattiene la preghiera, per così dire e non la lascia giungere fino al Padre: allora ritorna nel seno del Cristo. Se avessero lasciato la loro empietà, la preghiera del Salvatore per loro sarebbe salita direttamente al Padre.
Cirillo Alessandrino: la mia preghiera non è valsa per loro ma è valsa per me.
Agostino: l’umanità in me interroga la divinità. È il Cristo che parla.
15 – 16 Eusebio, Aquila, Simmaco: si è fatto debole fino alla morte.
Girolamo e Agostino: il Cristo non conosce il peccato e i peccatori: non vi conosco (Matteo 7,23).
17 Eusebio: il Cristo si stupisce della longanimità del Padre. Reintegra la mia anima equivale a glorificami con la gloria che avevo presso di te (Giovanni 17,5). Vi sono molte analogie tra questo salmo e il salmo 21: i leoni, la promessa di glorificare Dio in mezzo al popolo e in mezzo alla grande assemblea.
17 Atanasio cita Geremia 12,8: la mia eredità è divenuta come un leone della foresta.
Cirillo di Gerusalemme: la parola Chiesa vuol dire convocazione e riunione di tutti gli uomini, come ha detto il Signore in Levitico 8,3: riunisci tutta la comunità.
Eusebio: maestro, sappiamo che insegni la via di Dio in verità: è lecito o no pagare il tributo a Cesare? (Matteo 22,16). E hanno gridato dicendo: crocifiggilo! E davanti alla sua passione: i nostri occhi hanno visto.
Origene cita Genesi 3,5: cioè l’insidia del diavolo che lusinga l’uomo: sarete come dei.
21 Eusebio: nella passione lo videro come un agnello condotto al macello.
Atanasio: parlano come persone che hanno raggiunto finalmente il loro scopo, davanti alla croce di Cristo.
Girolamo: ora si capisce bene che i suoi miracoli non erano nulla!
22 Agostino: non stare in silenzio: invoca il giudizio.
23 Eusebio: il Signore ha rivolto al Padre tutti questi lamenti durante la sua passione, perché noi capissimo che si era fatto vero uomo.
25 Atanasio: l’abbiamo inghiottito: il mondo vuole inghiottirti; al contrario, inghiotti tu il mondo!
26 Origene: gli uni rivestono il Cristo: vi siete rivestiti di Cristo nel battesimo; gli altri rivestono vergogna e terrore nel Satana.
Eusebio: le maledizioni si sono realizzate per i colpevoli. Ma tutti quelli che lo hanno accolto ricevano le benedizioni dei versetti 27 – 28.
Cirillo Alessandrino: la giustizia è il Cristo.
Eusebio: quelli che vogliono la mia giustizia sono quelli che amano la sua divinità. Dicano sempre: Sia magnificato il Signore e saranno così trascinati dietro a lui nella vita eterna.
Origene: dicano sempre: Sia magnificato il Signore, il che equivale ad augurare loro la vita eterna.
Eusebio: canterò la tua giustizia, perché hai chiamato non un solo popolo ma tutte le nazioni; è un giorno solo ma è un giorno infinito, perché il dimorare con te è il giorno eterno.
salmo 35
1 per la fine, del servo del Signore, Davide.
2 Ha detto l’ingiusto, per peccare, fra sé.
Non c’è timore di Dio davanti ai suoi occhi,
3 poiché con inganno ha agito al suo cospetto
cosi che la sua iniquità sia trovata odiosa.
4 Le parole della sua bocca, iniquità ed inganno,
non ha voluto comprendere per fare il bene.
5 Iniquità ha tramato sul suo giaciglio,
Ha sostato in ogni via non buona,
mentre la malvagità non la detesta.
6 Signore, nel cielo è la
tua misericordia e la tua verità fino alle nubi.
7 La tua giustizia come i monti
di Dio, i tuoi giudizi come grandi
abissi. Uomini e bestie salverai, Signore
8 Come hai moltiplicato la tua misericordia, o Dio!
ma i figli degli uomini al riparo delle tue ali spereranno.
9 Saranno inebriati dalla pinguedine
della tua casa, e al torrente del tuo
beneplacito li farai bere.
10 Poiché presso di te è la sorgente
della vita, nella tua luce vedremo la luce.
11 Stendi la tua misericordia
per quelli che ti conoscono e la tua giustizia
sui retti di cuore.
12 Non mi venga addosso il piede della superbia e la mano
del peccatore non mi smuova.
13 Là sono caduti gli operatori di iniquità,
sono stati cacciati fuori e non hanno potuto stare in piedi.
Da Sacy
1 per la fine, del servo del Signore, Davide.
2 Ha detto l’ingiusto, per peccare, fra sé.
Non c’è timore di Dio davanti ai suoi occhi,
3 poiché con inganno ha agito al suo cospetto
così che la sua iniquità sia trovata odiosa.
4 Le parole della sua bocca, iniquità ed inganno,
non ha voluto comprendere per fare il bene.
Se noi consideriamo questo ritratto come quello dell’uomo perverso, indurito nel male, come Saul, noi lo troveremo in esso dipinto con tutti i colori che possono farcelo chiaramente riconoscere. Sembrava infatti che quel reo principe avesse in se stesso deciso di peccare sempre, avendo bandito dal suo cuore il timore di Dio, che ferma l’uomo sul declivio che porta alla colpa. Confessava egli pubblicamente che Davide era più giusto di lui; riconosceva di aver peccato e operato stoltamente contro il suo servo fedele, piangeva e diceva che non gli avrebbe fatto alcun male per l’avvenire. Ma costui operava con inganno alla presenza di Dio, che conosceva l’intimo del suo cuore, sempre pieno di invidie e di orgoglio. Pensava Saul continuamente di uccidere colui che così generosamente l’aveva perdonato. E nel suo letto stesso, quando Davide avrebbe qui potuto ucciderlo, macchinava il modo di togliere dal mondo il suo benefattore. Alla fine in tutta la condotta di quel principe riprovato si manifestò chiaramente che egli non odiava veramente la malvagità ma che si tratteneva con colpevole volontà in ogni strada non buona, abbracciando con gioia tutti i mezzi per soddisfare la sua ambizione e il suo furore.
Non bisogna, ciò nonostante, considerare questo empio di cui parla Davide come un solo uomo, ma come tutto il corpo degli empi che sono nemici di se stessi non conoscendo la verità e non volendo conoscerla. Il letto, di cui qui si parla, può rappresentarci il segreto del nostro cuore in cui dobbiamo riposare con la sapienza e con lo Spirito di Dio che ci dà la vera intelligenza per fare il bene. Ma se il giusto riposa così nel santuario del suo cuore come nel suo letto con la eterna sapienza, qual è l’occupazione dell’empio e quale riposo può egli trovare nel suo letto dove tutto è pieno di furore? Il suo cuore è come un tesoro di malizia che gli somministra mille rei pensieri. Non avendo egli l’odio del peccato si ferma in tutte le vie dell’ingiustizia, perché trova in quelle il suo piacere. Il profeta ci propone qui l’esempio di quel ribaldo affinché tanto più ci studiamo di acquisire il vero odio di ogni male quanto più vediamo che chi ne è privo è sempre pronto a fermarsi in tutte le vie contrarie a Dio.
5 Iniquità ha tramato sul suo giaciglio,
Ha sostato in ogni via non buona,
mentre la malvagità non la detesta.
Chi non rimarrebbe attonito vedendo che l’empio si trattiene in ogni sorte di male, disprezzando Dio come se potesse ingannarlo impunemente? Il Signore nondimeno lo soffre con una pazienza così prodigiosa come tollerò Saul nella lunga serie di delitti che si succedevano gli uni agli altri. Questa riflessione porta dunque il santo profeta, dopo che ci ha abbozzato il ritratto del peccatore indurito, ad esclamare con meraviglia: Signore come è ineffabile la tua misericordia; essa è sublime al pari dei cieli, cioè supera infinitamente tutti i nostri pensieri, poiché a Te piace aspettare in questo modo che i peccatori si volgano a penitenza. E la fedeltà della tua parola e delle tue promesse ci assicurano che tu accogli quelli che tornano a te con animo sincero. Ma, Dio mio, se la tua misericordia e la tua verità sono rispetto a noi come il cielo e come le nubi a cui non possiamo noi giungere, nondimeno sono per noi sublimi la tua giustizia i tuoi giudizi. Sono come le montagne di Dio inaccessibili a tutti gli uomini e come i più profondi abissi del mare che non possono essere scandagliati da occhio mortale.
6 Signore, nel cielo è la
tua misericordia e la tua verità fino alle nubi.
7 La tua giustizia come i monti
di Dio, i tuoi giudizi come grandi
abissi. Uomini e bestie salverai, Signore
8 Come hai moltiplicato la tua misericordia, o Dio!
ma i figli degli uomini al riparo delle tue ali spereranno.
9 Saranno inebriati dalla pinguedine
della tua casa, e al torrente del tuo
beneplacito li farai bere.
10 Poiché presso di te è la sorgente
della vita, nella tua luce vedremo la luce.
Per far vedere la grandezza della divina misericordia il salmista dice che la medesima non solo si estende agli uomini che si reggono con la ragione, ma anche alle bestie. Alimenta essa e conserva in mille maniere così gli uni come gli altri ed anche i malvagi nel tempo in cui disprezzano e violano senza alcun timore i precetti divini. Ma subito egli aggiunge la differenza che c’è tra gli uomini, da lui in un certo modo uniti alle bestie e quelli che egli chiama, figli degli uomini, cioè i giusti, come Gesù Cristo ha chiamato se stesso il Figlio dell’uomo. I primi, niente più delle bestie, hanno parte soltanto ad una salute temporale, mentre gli altri sono in salvo sotto le ali dell’Onnipotente e si sostengono con la fiducia, che essi hanno in qualità di figli suoi, di essere un giorno compartecipi dell’eredità del Padre loro. La qual cosa egli esprime poi quando dice che saranno inebriati dell’abbondanza dei beni ineffabili che gusteranno eternamente nella sua casa e pienamente si disseteranno nel torrente delle sue delizie. Quello che promette loro nell’altra vita è una cosa tanto grande e tanto incomprensibile che Davide ha pensato di non poterla meglio esprimere che paragonandola ad un torrente e ad una specie di ebbrietà. Nuoteranno come in mezzo a un torrente di delizie del tutto divine, torrente a cui berranno e che li farà in un certo modo perdere beatamente in Dio come il vino bevuto in modo moderato ubbriaca e fa uscire dal senno la mente umana. Vero è dunque che Dio fa variare mirabilmente la sua misericordia sopra le sue creature. Egli dà agli uomini carnali, come il figliol prodigo, la porzione che può loro spettare dei beni della terra e che subito li riduce allo stato dei bruti. Riserva i suoi propri beni ai suoi fedeli servi che si riparano all’ombra delle ali divine del suo amore e della sua giustizia, nella speranza delle ineffabili letizie di cui saranno inebriati per tutta l’eternità.
11 Stendi la tua misericordia
per quelli che ti conoscono e la tua giustizia
sui retti di cuore.
La misericordia di cui Dio copre quelli che lo conoscono cioè quelli che essendo veramente presi dal sentimento della sua grandezza conducono una vita degna di colui che essi conoscono. La giustizia di cui copre quelli che hanno il cuore retto, sono le due ali di Dio menzionate da Davide sotto cui si ricoprono gli uomini giusti da lui chiamati figli degli uomini. L’unione della giustizia e della misericordia di Dio è necessaria per mettere in salvo i giusti, non dovendo l’una essere mai disgiunta dall’altra nella loro memoria, anche quando possono rendere a se medesimi buona testimonianza di avere un cuore retto. Per questo Davide chiede subito a Dio che lo preservi dalla caduta e perfino dal minimo sentore di orgoglio. Non mi venga addosso dice, il piede dell’orgoglioso né mi scuota la mano del peccatore cioè: non si accosti a me l’orgoglio; il peccatore o i superbi con il loro esempio o i miei nemici con le loro persecuzioni non siano capaci di scuotermi dall’umile fiducia che io ho riposto nella tua misericordia. Pregava egli dunque Dio di non permettere che il piede dell’orgoglio, cioè dell’orgoglioso e probabilmente di Saul, potesse mai giungere fino a lui ed averlo in sua balia.
12 Non mi venga addosso il piede della superbia e la mano
del peccatore non mi smuova.
13 Là sono caduti gli operatori di iniquità,
sono stati cacciati fuori e non hanno potuto stare in piedi.
Alcuni hanno pensato che Davide trasportato da un santo impulso dello spirito divino vedesse fino da allora la caduta dei suoi persecutori, quindi ne parlò come di cosa già accaduta. Altri pensano che avendo Davide detto che gli uomini giusti saranno un giorno inebriati dell’abbondanza della casa del Signore aggiunga che qui, al contrario, coloro che egli chiama operatori di iniquità dovevano vedere l’orribile loro caduta, allorché scacciati dalla casa di delizie sarà loro impossibile di alzarsi mai più. Altri ancora riferiscono questo passo all’orgoglio di cui ha parlato Davide e dicono che egli ha voluto indicarci che per tale orgoglio erano caduti tutti i malvagi ad esempio del primo angelo e del primo uomo che erano stati respinti dal luogo della loro prima felicità e non avevano potuto rimanervi più oltre, perché Dio rigetta da sé i superbi e agli umili, al contrario, dona la sua grazia.
Da Agostino
1 per la fine, del servo del Signore, Davide.
2 Ha detto l’ingiusto, per peccare, fra sé.
Non c’è timore di Dio davanti ai suoi occhi,
3 poiché con inganno ha agito al suo cospetto
cosi che la sua iniquità sia trovata odiosa.
Ha detto l’ingiusto per peccare tra sé e sé: non c’è timore di Dio davanti ai suoi occhi. Non parla di un uomo solo, ma della genia degli uomini ingiusti, i quali combattono con se stessi, non comprendendo come vivere bene, non perché non possono, ma perché non vogliono. Questo accade quando gli ingiusti amano i loro peccati e odiano i comandamenti di Dio. La parola di Dio è tua amica e nemica della tua iniquità. Non c’è timore di Dio davanti ai suoi occhi. Davanti agli occhi sta il timore degli uomini. Non osa infatti proclamare pubblicamente la sua iniquità, per non essere rimproverato o condannato dagli uomini. Si allontana dunque dal cospetto degli uomini per andare dove? In se stesso! Rientra in sé medesimo e nessuno lo vede; laddove medita inganni insidie e delitti e nessuno lo vede. Poiché non c’è timore di Dio davanti ai suoi occhi, quando si è distolto dallo sguardo degli uomini di chi avrà timore? Ma forse là non è presente Dio? Si, ma non c’è timore di Dio al suo cospetto.
Perché ha agito con inganno al suo cospetto. Al cospetto di chi? Al cospetto di colui del quale non c’è timore davanti agli occhi di chi ha agito con inganno. Per trovare la sua malvagità e odiarla. Costui insomma ha operato in modo da non trovare. Vi sono infatti uomini che sembra che si sforzino di cercare la loro iniquità e temono di trovarla; perché, se l’avranno trovata verrà loro detto: allontanati da essa, queste cose hai commesso prima di conoscere; sei caduto nell’iniquità quando eri nell’ignoranza. Dio ti perdona; ora l’hai conosciuta, abbandonala, affinché possa facilmente essere concesso il perdono alla tua ignoranza e tu dica con fronte alta a Dio: non ricordarti dei delitti della mia gioventù per la mia ignoranza. Cerca questa ingiustizia e teme di trovarla; quindi la cerca in modo disonesto. Quand’è che l’uomo dice: non sapevo che è peccato? Quando vedrà che è peccato e cesserà dal commettere quel peccato che commetteva perché non lo sapeva. Così costui davvero ha voluto conoscere la giustizia, per trovarla ed odiarla.
4 Le parole della sua bocca, iniquità ed inganno,
non ha voluto comprendere per fare il bene.
Le parole della sua bocca sono iniquità e inganno; non ha voluto intendere per fare il bene. Vedete che la colpa di questo comportamento è della volontà, in quanto vi sono uomini che vogliono comprendere e non possono, ma vi sono anche uomini che non vogliono capire e per questo non intendono. Non ha voluto intendere per fare il bene.
5 Iniquità ha tramato sul suo giaciglio,
Ha sostato in ogni via non buona,
mentre la malvagità non la detesta.
Ha meditato iniquità sul suo giaciglio. Perché ha detto sul suo giaciglio? Il nostro giaciglio è il nostro cuore. È là che subiamo il tumulto della cattiva coscienza ed è là che riposiamo quando la nostra coscienza è buona. Chi ama il giaciglio del suo cuore, compia in esso qualcosa di buono. La c’è il giaciglio, dove il Signore Gesù Cristo ci ordina di pregare. Entra nella tua cella e chiudi la tua porta. Che significa chiudi la tua porta? Non attendere da Dio cose esteriori, ma quelle che sono nell’intimo e il Padre tuo che vede nel segreto te le darà. Chi è che non chiude la sua porta? Chi chiede a Dio, come cosa di gran pregio e a cui dedica tutte le sue preghiere, di ottenere i beni di questo mondo. Si è fermato per ogni via non buona. Che significa si è fermato? Ha peccato insistentemente. Per questo di chi è pio e buono è detto: sulla via dei peccatori non si è fermato. Come quello non si è fermato, così questo si è fermato.
6 Signore, nel cielo è la
tua misericordia e la tua verità fino alle nubi.
Signore, nel cielo e la tua misericordia e la tua verità giunge sino alle nubi. Non so di quale sua misericordia parli, dicendo che è nel cielo. Perché la misericordia del Signore è infatti anche in terra. Sta scritto: della misericordia del Signore è piena la terra. Di quale misericordia parla dunque quando dice: Signore nel cielo è la tua misericordia? I doni di Dio sono in parte temporali e terreni ed in parte eterni e celesti. Chi ama Dio per ricevere questi beni terreni e temporali, che sono a disposizione di tutti, è ancora come un animale: si serve certo della misericordia di Dio ma non di quella speciale che viene data solo ai giusti, ai santi, ai buoni. Ma questi veramente hanno capito quale misericordia si deve chiedere a Dio. Signore nel cielo è la tua misericordia e la tua verità giunge sino alle nubi; cioè quella misericordia che doni ai tuoi santi è celeste, non terrena, è eterna, non temporale. In qual modo hai potuto annunciarla agli uomini? Perché la tua verità giunge sino le nubi. Chi potrebbe infatti conoscere la misericordia celeste di Dio, se Dio non l’avesse annunciata agli uomini? Ed in qual modo l’ha annunciata? Mandando sino alle nubi la sua verità. Che cosa sono le nubi? Sono gli annunciatori della parola di Dio. Sono stati mandati gli apostoli predicatori. Quando Dio compie miracoli per mezzo dei predicatori, lampeggia attraverso le nubi, spaventa con le nubi, ed irriga per mezzo della pioggia. Dunque questi predicatori, per cui mezzo è annunciato il Vangelo di Dio, sono le nubi di Dio. Speriamo perciò nella misericordia, ma in quella che è in cielo.
7 La tua giustizia come i monti
di Dio, i tuoi giudizi come grandi
abissi. Uomini e bestie salverai, Signore
La tua giustizia come i monti di Dio; i tuoi giudizi come profondo abisso. Quali sono i monti di Dio? Coloro che sono chiamati nubi, essi stessi sono anche i monti di Dio. I grandi predicatori sono i monti di Dio. Allo stesso modo per cui, quando sorge il sole, dapprima la luce investe monti e poi discende sino all’infima terra, così quando è venuto il Signore nostro Gesù Cristo, per prima cosa ha illuminato con i suoi raggi la sublimità degli apostoli; per prima cosa sono rischiarati i monti e da lì la sua luce è discesa alle valli della terra. Ma non credere che questi stessi monti ti daranno l’aiuto: essi ricevono ciò che danno, non danno del loro. Se ti sarai fermato ai monti, non sarà sicura la tua speranza. La tua speranza la tua fiducia devono essere riposte in colui che illumini i monti. L’aiuto viene dai monti, ma non è dato dai monti. E da chi? Dal Signore che ha fatto il cielo e la terra.
I tuoi giudizi come profondi abissi. Come monti di Dio sono la sua giustizia e per la sua grazia diventano grandi, così per i suoi giudizi diventano abisso coloro che alla fine sono sommersi. Per questo ti allietano i monti, per questo tieniti lontano dall’abisso. Nella Chiesa di Dio tu trovi l’abisso e trovi anche monti. Vi trovi pochi buoni, perché pochi sono i monti, mentre l’abisso è ampio. Fuggi l’abisso, guarda i monti, ma non fermarti ai monti. L’aiuto per te viene dal Signore, che ha fatto il cielo dalla terra.
8 Come hai moltiplicato la tua misericordia, o Dio!
ma i figli degli uomini al riparo delle tue ali spereranno.
Uomini e bestie tu salvi, o Signore; come si è moltiplicata la tua misericordia, o Dio! Poiché ha detto: la tua misericordia è in cielo, affinché si sappia che è anche in terra dice: uomini e bestie tu salvi, o Signore. Come si è moltiplicata la tua misericordia, o Dio! Infatti da chi deriva la salvezza degli uomini? Da Dio. E forse la salvezza degli animali non deriva da Dio? Perché colui che ha fatto gli uomini, egli stesso ha fatto anche gli animali. Vi sono però alcuni che chiedono a Dio come grande grazia proprio ciò che egli ha dato agli animali. Si è moltiplicata la tua misericordia, o Dio, per cui questa salute carnale e temporale che è data agli uomini, è data non solo a loro, ma anche gli animali. Dunque gli uomini non hanno presso Dio una particolare considerazione che gli animali non meritano ed alla quale essi non pervengono? Certo che ce l’hanno. E dove è ciò che hanno? Ma i figli degli uomini spereranno nella protezione delle tue ali. Ha detto uomini e animali, ma poi dice: i figli degli uomini, come se altri fossero gli uomini ed altri i figli degli uomini. Talvolta nelle Scritture figli degli uomini sono chiamati gli uomini in generale. Altre volte si parla di figli degli uomini in modo particolare, con uno speciale significato, perché si intenda che non ci si riferisce a tutti gli uomini. Infatti non senza motivo qui è scritto: uomini e animali tu salvi o Signore, ma i figli degli uomini, come se, dopo averli divisi, guardasse separati ai figli degli uomini. Separati da chi? Non soltanto dagli animali, ma anche dagli uomini che chiedono a Dio la salute di cui fruiscono gli animali e la desiderano come cosa di grande valore. Chi sono dunque i figli degli uomini? Coloro che sperano nella protezione delle sue ali. Questi insieme con gli angeli, sperano nei beni futuri.
9 Saranno inebriati dalla pinguedine
della tua casa, e al torrente del tuo
beneplacito li farai bere.
Si inebrieranno nell’abbondanza della tua casa e li disseterai al torrente della tua delizia. Intravvedo che ci promette qualcosa di grande. È detto torrente il corso d’acqua che scorre con impeto. Impetuosa sarà la misericordia di Dio, nell’irrigare e nell’inebriare coloro che ora pongono la loro speranza sotto la protezione delle sue ali. Che cos’è quella delizia? E come un torrente che inebria gli assetati. Chi ora dunque ha sete, fondi la sua speranza e inebriato avrà la realtà.
10 Poiché presso di te è la sorgente
della vita, nella tua luce vedremo la luce.
Da quale fonte dunque sarà inondato e donde scaturisce questo così grande torrente della sua delizia? Perché presso di te è la sorgente della vita, dice. Chi è la sorgente della vita, se non Cristo? Perché presso di te è la sorgente della vita, nella tua luce vedremo la luce. Qui una cosa è la sorgente ed un’altra la luce: non così lassù. Perché ciò che è la fonte è anche la luce. Sulla terra in un luogo è la luce ed in un altro la sorgente. Talvolta i fiumi scorrono anche nelle tenebre e talora nel deserto sopporterai il sole, ma non troverai la fonte. Qui dunque queste due cose possono essere separate: lassù non ti affaticherai, perché è sorgente; e non sarai ottenebrato, perché è luce.
11 Stendi la tua misericordia
per quelli che ti conoscono e la tua giustizia
sui i retti di cuore.
Porgi la tua misericordia a coloro che ti conoscono e la tua giustizia a coloro che sono retti di cuore. Retti di cuore sono coloro che seguono in questa vita la volontà di Dio. La volontà di Dio è che a volte tu sia sano, a volte ammalato. Se, quando sei sano, ti è dolce la volontà di Dio e ti è invece amara quando sei ammalato, non sei retto di cuore. Perché? Perché ti rifiuti di uniformare la tua volontà al volere di Dio, ma vuoi piegare la volontà di Dio alla tua. Essa è retta, sei tu che sei curvo. La tua volontà deve correggersi su quella, non quella deve piegarsi a te. Allora avrai il cuore retto. Se uno sta bene in questo mondo, sia benedetto Dio che consola; se nel mondo soffre, sia benedetto Dio che corregge e mette alla prova. Sarai retto di cuore, se dirai: benedirò il Signore in ogni tempo, sempre la sua lode sulla mia bocca.
12 Non mi venga addosso il piede della superbia e la mano
del peccatore non mi smuova.
Non mi venga addosso il piede della superbia. Ha già detto: all’ombra delle tue ali spereranno i figli degli uomini e si inebrieranno nell’abbondanza della tua casa. Quando ciascuno avrà cominciato ad essere più abbondantemente irrigato da questa fonte, stia attento a non insuperbire. Non mancò infatti tale abbondanza ad Adamo, il primo uomo, ma a lui venne addosso il piede della superbia e lo smosse la mano del peccatore, cioè la mano superba del diavolo. Poiché la superbia ci ha ferito, l’umiltà ci fa sani. Dio è umile, per guarire l’uomo dalla così grande ferita della superbia.
13 Là sono caduti gli operatori di iniquità,
sono stati cacciati fuori e non hanno potuto stare in piedi.
Guarda il serpente quando ti viene addosso il piede della superbia, quando vacilli, per farti cadere, ma tu sta’ attento al suo capo, perché la superbia è l’inizio di ogni peccato. Qui sono caduti coloro che operano iniquità; sono stati scacciati e non hanno potuto reggersi in piedi. Si tratta per primo di colui che non stette fermo nella verità, poi di coloro che, per colpa di lui, Dio scacciò dal paradiso.
Dai Padri
1 Cirillo Alessandrino: il trasgressore dice in se stesso di peccare, non c’è timore di Dio davanti ai suoi occhi: abbandona tutte le leggi divine e vorrebbe che neppure esistessero.
Atanasio: ha deciso di peccare e allontana da sé, volontariamente il timore di Dio accogliendo poi, volontariamente, il male. Non pensa che Dio odia il peccato.
Ambrogio: pecca contro se stesso. E dice: Porrò il mio trono verso Aquilone.
Girolamo: si può dire sia che pecca contro se stesso sia che ha deciso di peccare.
2 Eusebio: ha ingannato se stesso: ha compreso che si ingannava e ha distolto gli occhi.
Ambrogio: si mente a se stessi quando si mente a proprio danno.
Beda: agisce in modo perverso, contro se stesso, per non comprendere.
Ruperto: chi pecca sapendo di peccare non ha scuse per la sua colpa fatta davanti a Dio. Ma per chi confessa il suo peccato e fa penitenza, la misericordia di Dio è alta fino al cielo.
Cirillo Alessandrino e Atanasio: se avesse il timore di Dio, vedrebbe la sua iniquità e la odierebbe.
3 Cirillo Alessandrino: è il rifiuto della verità.
Ambrogio: è la volontà di peccare.
Girolamo: sono parole ingannatrici e menzognere, come quelle di Giuda: salve, maestro! (Matteo 26,49).
Girolamo: ha smesso di pensare.
4 Cirillo Alessandrino fa notare che il trasgressore è esattamente l’opposto del giusto del salmo 1,1.
Ambrogio: sul suo giaciglio: proprio là dove il profeta ci invita a pentirci dei nostri peccati.
5 Eusebio: il salmista descrive la pazienza incommensurabile di Dio: è grazie alla sua misericordia che gli empi sono conservati in vita e gioiscono.
Ambrogio: l’uomo stanco per i suoi combattimenti si volge verso il cielo e supplica: chi mi libererà da questo corpo di morte?
Girolamo: misericordia e verità sono il Cristo.
Beda: l’empio vuole peccare, ma tu, Signore, non abbandonarlo per la tua misericordia!
Ruperto: la tua misericordia è alta come il cielo.
6 Eusebio: hai moltiplicato la tua misericordia, estendendola alle bestie e agli empi.
Cirillo Alessandrino e Atanasio: gli uomini sono i giudei istruiti dalla legge. Le bestie sono i gentili nella loro ignoranza. Tutti saranno salvati: ecco perché il profeta dice: i tuoi giudizi come un grande abisso.
Atanasio: chiama tutti alla salvezza, giusti e peccatori.
Girolamo cita Paolo: sono debitore ai savi e agli stolti.
7 Cirillo Alessandrino: negli anni trascorsi sulla terra da Gesù, la misericordia di Dio si è talmente accumulata che tutti gli uomini si trovano ora sotto le sue ali.
8 Eusebio e altri: la casa di Dio è la Chiesa.
Girolamo la pinguedine è l’unzione di grazia dello Spirito.
Eusebio e Atanasio: il torrente è il Cristo.
Ambrogio: è il torrente del paradiso (confronta genesi 2,10).
Girolamo: il torrente è lo spirito Santo.
Baldovino di Ford: l’opera della nostra salvezza è la volontà del Padre; di questa, il Cristo in croce ha detto: ho sete (Giovanni 19,28). Dirigendo lo sguardo verso il compimento di questa sua opera dice: ormai non berrò più del frutto della vite fino al giorno della mia glorificazione, quando lo berrò con voi… poiché anche voi berrete con me: vi abbevererò al torrente delle mie delizie.
9 Origene, Eusebio, Atanasio, Ambrogio, Agostino: sorgente della vita è il Cristo che è a un tempo torrente e luce.
Cirillo alessandrino: il Figlio è luce da luce.
Gregorio Nazianzeno: nella luce dello Spirito Santo vediamo e annunciamo la luce che è in Cristo, il quale procede dalla luce che è il Padre.
Girolamo: il battesimo e la dottrina.
Efrem: il battesimo è la sorgente della vita che il Figlio ha aperto sulla terra. Dal suo costato è scaturita l’onda purificante: venite, voi tutti che avete sete!
10 Ambrogio: è il mistero dalla conoscenza di Dio per quelli che appartengono al popolo dell’alleanza; la giustificazione è per i retti di cuore, anche per quelli che non conoscono ancora Dio, come Zaccheo e la Maddalena.
Beda...: i retti di cuore sono quelli che non vogliono allontanare il loro cuore dal tuo, ma piuttosto renderlo puro come il tuo.
11 Origene: secondo lui il piede e la mano sono i pensieri che ci distolgono dal riposo in Dio.
Eusebio: la mano dell’empio potrebbe distogliermi da te.
Cirillo Alessandrino: questo piede e questa mano esprimono lo stravolgimento operato dal peccato.
Agostino: il piede e la mano del Satana.
Gregorio di Nissa: vi fu un tempo in cui tutta la creatura dotata di ragione formava un solo coro, proteso verso l’unico corifero. La danza si muoveva e procedeva verso la vittoria conquistata per mezzo del precetto, per mezzo dell’obbedienza, verso l’armonia, verso la sinfonia. Ma sorse il peccato, disintegrò il coro divino, scivolando sotto i piedi dei nostri progenitori che vivevano tra gli angeli: fu un inganno che li fece cadere. Con questa caduta, la comunione si infranse. Perché l’uomo riconquisti i cori angelici è posta questa condizione: che il nemico sia vinto. Il padre delle potenze nemiche è chiamato inventore del male.
12 Cirillo Alessandrino: sono caduti a causa del peccato di orgoglio e di ribellione.
Ambrogio: che io non sia orgoglioso al fine di non cadere; che io non cada, per non essere cacciato come Adamo.
Beda: è là che sono caduti i primi peccatori, il diavolo e l’uomo cacciati dal paradiso.
12 Eusebio: il salmo termina con un ricordo dell’empio citato all’inizio. Riporta la traduzione di Simmaco: non trascinarmi là ove sono caduti.
Beda: non sono potuti restare al loro posto: il diavolo nel paradiso celeste e l’uomo nel paradiso terrestre.
salmo 36
di Davide
1 Non emulare i malvagi e non invidiare quelli che
commettono l’iniquità;
2 perché come fieno rapidamente seccheranno
e come fili di erbe presto appassiranno.
3 Spera nel Signore e fa’ il bene e abita la terra
e ti pascerai delle sue ricchezze.
4 Deliziati del Signore e ti
concederà le richieste del tuo cuore.
5 Rivela al Signore la tua via e spera in lui ed egli agirà.
6 E farà uscire come luce la tua giustizia
e il tuo giudizio come il mezzogiorno.
7 Sii soggetto al Signore e imploralo: non emulare
chi ha successo nella propria via.
8 Cessa dall’ira e abbandona il furore.
Non emulare così da fare il male,
9 perché i malvagi saranno sterminati, ma quelli che
attendono il Signore essi erediteranno la terra.
10 E ancora un poco e più non
sussisterà il peccatore e cercherai
il suo luogo e non lo troverai.
11 I miti invece erediteranno la terra e si delizieranno
nell’abbondanza della pace.
12 Il peccatore spierà il giusto
e digrignerà contro di lui i suoi denti.
13 Ma il Signore si riderà di lui
perché già vede che verrà il suo giorno.
14 Hanno sfoderato la spada i peccatori, hanno teso
il loro arco per abbattere il povero e il misero,
per sgozzare i retti di cuore.
15 La loro spada penetri nei loro cuori
e il loro arco sia spezzato.
16 Meglio è per il giusto il poco che
le molte ricchezze dei peccatori,
17 perché le braccia dei peccatori
saranno spezzate , ma sorregge i giusti il Signore.
18 Il Signore conosce i giorni
di quelli che sono senza macchia
e la loro eredità durerà in eterno.
19 Non saranno confusi nel tempo
cattivo e nei giorni di fame saranno saziati.
20 Poiché i peccatori periranno, anzi i nemici del Signore,
non appena glorificati ed esaltati,
dileguando come fumo sono svaniti.
21 Prenderà a prestito e non restituirà il peccatore,
il giusto invece ha compassione e dona;
22 poiché quelli che lo benedicono erediteranno la terra,
ma quelli che lo maledicono andranno in rovina.
23 Dal Signore saranno diretti i passi dell’uomo,
e amerà la sua via,
24 se cadrà non rovinerà,
perché il Signore sostiene la sua mano.
25 Sono stato giovane e sono invecchiato e non ho visto un
giusto abbandonato né la sua discendenza in cerca di pani.
26 Tutto il giorno fa misericordia e
presta e la sua discendenza sarà in benedizione.
27 Distogliti dal male e fa’ il bene
e sta’ nella dimora per i secoli dei secoli;
28 perché il Signore ama il giudizio e non
abbandonerà i suoi santi: in eterno saranno custoditi.
Gli ingiusti saranno puniti e la discendenza degli empi perirà.
29 I giusti invece erediteranno
la terra e dimoreranno in essa per il secolo del secolo.
30 La bocca del giusto mediterà
la sapienza e la sua lingua parlerà del giudizio.
31 La legge del suo Dio è nel
suo cuore e non sarà posto inciampo ai suoi passi.
32 Il peccatore spia il giusto e cerca di farlo morire.
33 Ma il Signore non lo abbandonerà nelle sue mani
e non lo condannerà quando si farà il giudizio per lui.
34 Attendi il Signore e custodisci la sua via
e ti innalzerà perché tu prenda in eredità la terra.
Quando i peccatori periranno, tu lo vedrai.
35 Ho visto l’empio sopraesaltato
ed innalzato come i cedri del Libano
36 e sono passato ed ecco non
c’era più, l’ho cercato e non si è trovato il suo luogo.
37 Custodisci l’innocenza e guarda la rettitudine,
poiché c’è un resto per l’uomo di pace.
38 Ma gli ingiusti periranno
tutti insieme, quel che resta degli empi perirà,
30 ma la salvezza dei giusti viene
dal Signore ed è loro protettore
nel tempo della tribolazione
40 e li aiuterà il Signore e li libererà
e li strapperà dai peccatori
e li salverà perché hanno sperato in lui.
Da Sacy
1 Non emulare i malvagi e non invidiare quelli che
commettono l’iniquità;
2 perché come fieno rapidamente seccheranno
e come fili di erbe presto appassiranno.
È cosa naturale dello spirito dell’uomo corrotto dal peccato guardare con invidia la prosperità dei malvagi. Accade spesso, dice Sant’Ambrogio, che vedendoli arricchirsi e giungere per vie ingiuste al possesso delle ricchezze e degli onori siano tentati di seguirli nei sentieri da loro battuti. Davide ci spinge a considerare con lui la loro prosperità, non già nel suo splendore, ma nella sua fine. Il paragone dell’erba e del fieno, a cui dichiara che questa è simile, è idonea per suscitare in noi un sommo disprezzo. Egli non parla qui delle erbe, che come il frumento e gli altri cereali hanno qualche radice, ma delle altre che la freschezza della terra prontamente fa germogliare e che si inaridiscono per l’ardore del sole e si bruciano con altrettanta prontezza. Il Signore sarà rispetto ai peccatori ciò che un sole cocente è rispetto a tutte le erbe, di cui parliamo, e vedranno essi in quel terribile giorno tutta la loro luce spegnersi e venir meno in un istante.
3 Spera nel Signore e fa’ il bene e abita la terra
e ti pascerai delle sue ricchezze.
4 Deliziati del Signore e ti
concederà le richieste del tuo cuore
5 Rivela al Signore la tua via e spera in lui ed egli agirà.
6 E farà uscire come luce la tua giustizia
e il tuo giudizio come il mezzogiorno.
7 Sii soggetto al Signore e imploralo: non emulare
chi ha successo nella propria via.
Se i malvagi fondano la loro speranza nel loro grande potere e nella loro astuzia e nelle loro ricchezze non volere tu riporre la tua se non nel Signore e nella pietà di lui. Siccome egli è il padrone della terra e di tutti i suoi beni, così è onnipotente per fartela abitare senza timore dei tuoi nemici e per sostenerti. Non desiderare i vani piaceri della terra, ma il Signore sia egli stesso tutta la tua delizia e ti accorderà tutto quello che desidera il tuo cuore, poiché non trovando il tuo piacere se non in lui solo, non potrai desiderare se non ciò che gli è gradito. Se tu poi sei esposto alla persecuzione degli uomini fai presente a Dio l’innocenza della tuo condotta ed egli stesso assumerà la difesa della tua causa e farà splendere la tua giustizia come un lume scintillante. Sta’ soggetto a Dio, prega senz’inquietudine e senza agitazione colui che è onnipotente e tutto pieno di bontà per soccorrerti.
8 cessa dall’ira e abbandona il furore.
Non emulare così da fare il male,
9 perché i malvagi saranno sterminati, ma quelli che
attendono il Signore essi erediteranno la terra.
Il profeta non teme di ripetere più volte la stessa cosa a motivo dell’importanza di questa grande verità e del pericolo, in cui si trovano i giusti, di concepire qualche segreta gelosia contro quelli di cui vedono la malizia spesso accompagnata da prosperità. Pensate che i malvagi periranno miseramente e solo quelli che aspettano il Signore, avranno la terra in eredità: o quella in cui vivono gli uomini, come allora viveva Davide o quella in cui dobbiamo al pari di lui aspirare, la quale è in cielo.
10 E ancora un poco e più non
sussisterà il peccatore e cercherai
il suo luogo e non lo troverai;
11 I miti invece erediteranno la terra e si delizieranno
nell’abbondanza della pace.
12 Il peccatore spierà il giusto
e digrignerà contro di lui i suoi denti.
13 Ma il Signore si riderà di lui
perché già vede che verrà il suo giorno.
Benché ti sembri lungo, brevissimo è però in se stesso il tempo dei patimenti a cui tu sei esposto. Perciò Dio, il cui spirito metteva in cuore le parole al santo re e davanti al quale già è presente l’avvenire, vedendo vicina la punizione dei peccatori, quantunque sembri ancora lontana alla nostra debolezza e alla nostra impazienza, gli fa dire con verità: di qui a poco non vi sarà il peccatore e spariranno tutti i segni della sua grandezza. Quindi è vero che il peccatore cerca ora tutti i mezzi per rovinare il giusto e che può ora far scoppiare il suo furore. Ma è una grande consolazione per il giusto essere certo dalla fede che Dio fin d’ora vede come prossimo il giorno della caduta di colui che vuole mandarlo in rovina. Egli già ride di tutti i suoi vani pensieri e se ne riderà un giorno in una maniera ben più terribile, quando farà cadere su di lui la perdizione
14 Hanno sfoderato la spada i peccatori, hanno teso
il loro arco per abbattere il povero e il misero,
per sgozzare i retti di cuore.
15 La loro spada penetri nei loro cuori
e il loro arco sia spezzato
Alcuni credono che Davide parli in questo luogo dei suoi nemici che avevano sfoderata la spada e che si erano uniti ad Assalonne contro di lui. In tale senso egli considera se stesso come un povero che era abbandonato poiché il maggior numero e, secondo l’espressione della Scrittura tutto Israele, aveva abbracciato il partito di Assalonne. Ma più generalmente si può intendere dei malvagi che insorgono con violenza contro i poveri e i deboli per opprimerli con le loro ingiustizie. La spada da loro sgominata e l’arco da essi teso, significano in una maniera figurata tutti i mezzi che adoperano per lo scopo. Ma per un funesto accidente, che il profeta qui predice, la spada che hanno sguainato contro il povero trafigge il seno a loro stessi, perché volendo togliere a lui la vita del corpo, uccidono la loro propria anima. In quel modo dunque, dice Sant’Ambrogio, in cui torna la pace ai servi fedeli di Dio, parimenti ridonda a fatale danno dei peccatori la malizia con cui costoro si sforzano di nuocere al giusto; e le loro proprie armi danno ad essi la morte.
16 Meglio è per il giusto il poco che
le molte ricchezze dei peccatori,
17 perché le braccia dei peccatori
saranno spezzate , ma sorregge i giusti il Signore.
18 Il Signore conosce i giorni
di quelli che sono senza macchia
e la loro eredità durerà in eterno.
19 Non saranno confusi nel tempo
cattivo e nei giorni di fame saranno saziati.
20 Poiché i peccatori periranno anzi i nemici del Signore,
non appena glorificati ed esaltati
dileguando come fumo sono svaniti.
Il giusto che ripone la fiducia in Dio, con pochi beni è più felice dei malvagi con i loro tesori. Le braccia, cioè tutta la forza dei malvagi è fiaccata nell’ora stessa in cui perirono le loro ricchezze. O che queste siano loro tolte in questa vita, come accade spesso, o al punto della loro morte. Il giusto abbandonandosi tutto a Dio è dal Signore stesso sostenuto nella sua povertà. Dal momento che egli si impegna in ogni modo per conservarsi illibato, il Signore si prende cura in modo particolare di lui nel corso della sua vita. Guarda principalmente al giorno della sua morte in cui deve concedergli una eredità non passeggera e caduca come quella dei perversi, ma incorruttibile ed eterna. Perciò nel tempo della calamità che è propriamente, secondo Sant’Ambrogio, quello della collera e della giustizia di Dio, non potrà egli essere confuso, essendosi egli sempre appoggiato alla sua divina misericordia. I nemici di Dio, dopo un momento di esaltazione e di gloria cadranno in un istante nello sfinimento e a guisa di fumo si dilegueranno.
21 Prenderà a prestito e non restituirà il peccatore,
il giusto invece ha compassione e dona;
22 poiché quelli che lo benedicono erediteranno la terra,
ma quelli che lo maledicono andranno in rovina.
Tale è molto spesso la maledizione delle ricchezze, che impoveriscono in un certo senso i malvagi col pessimo uso che ne fanno e che li obbliga a prendere sempre in prestito senza poter mai restituire. Al contrario è proprio della santa povertà mettere i giusti nello stato in cui furono gli apostoli, che non avevano niente e che possedevano ogni cosa, che erano poveri e arricchivano gli altri. Il ricco perverso prende dunque in prestito ogni giorno per avere di che provvedere al suo lusso e alle sue pazze spese. Non che trovarsi in grado di fare elemosine, neppure può egli soddisfare i suoi debiti. Quantunque il giusto possegga molto poco, avendo il cuore pieno di carità, ha sempre le mani aperte per dare liberamente. Questo lo rende degno, secondo le parole di Gesù Cristo, di possedere l’eredità della terra, cosa che si è vista adempiersi nella persona di tutti i santi che per la loro pietà sembravano resi come i padroni della natura poiché tutto ciò che era sopra la terra sembrava sottoposto alla potenza della loro fede. I reprobi al contrario maledicono Dio nelle loro ricchezze.
23 Dal Signore saranno diretti i passi dell’uomo,
e amerà la sua via,
24 se cadrà non rovinerà,
perché il Signore sostiene la sua mano.
I passi dell’uomo saranno raddrizzati del Signore e le sue vie saranno provate da lui. Quando cadrà non si fracasserà perché il Signore mette la sua mano sotto di lui. Quest’uomo è il giusto di cui ha parlato Davide. La sua grande felicità è che, riponendo la sua fiducia in Dio, è certo che Dio si prende cura di lui. Il Signore dunque conduce i suoi passi e secondo il senso proprio della Vulgata i suoi andamenti sono regolati del consiglio di Dio; cioè non cammina che secondo le regole della volontà dello Spirito del Signore che lo conduce; poiché non chi vuole, né chi corre, ma Dio con la sua misericordia veglia sopra i passi del suo servo perché egli non cada. Per questo non bisogna meravigliarsi che Dio approvi le sue vie, essendone egli stesso l’autore.
25 Sono stato giovane e sono invecchiato e non ho visto un
giusto abbandonato né la sua discendenza in cerca di pani.
26 Tutto il giorno fa misericordia e
presta e la sua discendenza sarà in benedizione.
Sembra questo contrario alla esperienza di tutti i secoli, ma bisogna innanzitutto considerare che Davide non parla se non di ciò che ha osservato in tutto il tempo della sua vita. In secondo luogo egli parlava nel tempo della antica legge che ricompensava in maniera rozza e carnale i giudei, quantunque non fosse esclusa la speranza dei beni eterni. Il giusto di cui parla il profeta ha sempre il cuore e le mani aperte per esercitare la carità. Egli assicura che sebbene fosse vecchio cioè in età di anni settanta non aveva mai visto i giusti abbandonati né la loro discendenza ridotta ad accattare pane, perché Dio essendo fedele all’adempimento delle sue promesse, aveva cura di benedire i frutti della terra in favore di quelli che osservavano i suoi precetti, secondo la parola che aveva loro dato. Non è già che alcun giusto non sia stato ridotto ad accattar il pane, in tutto il tempo della antica legge, poiché l’esempio del solo Lazzaro, di cui ha parlato Gesù Cristo, quand’anche si considerasse questa storia come una semplice parabola, fa vedere il contrario e ci possono essere stati effettivamente alcuni giusti che cercassero il pane senza trovarlo. Davide parla qui solamente di ciò che egli ha visto e di ciò che più comunemente si vedeva in quei primi tempi. Quanto ai giusti della nuova legge è vero in un senso che mai sono abbandonati anche quando sembra che lo siano. Essi hanno nell’intimo del loro cuore il Signore che li sostiene in una maniera del tutto divina donando il pane vivente disceso dal cielo. Si può anche assicurare che di rado avviene che a un vero giusto che vive della fede, come dice San Paolo, manchino i suoi bisogni temporali, prendendosi Dio cura in modo particolare di quelli che cercano il suo regno e non mancando alla parola loro data di somministrare ad essi quanto loro necessita.
27 Distogliti dal male e fa’ il bene
e sta nella dimora per i secoli dei secoli;
28 perché il Signore ama il giudizio e non
abbandonerà i suoi santi: in eterno saranno custoditi.
Gli ingiusti saranno puniti e la discendenza degli empi perirà.
29 I giusti invece erediteranno
la terra e dimoreranno in essa per il secolo del secolo.
A spiegare questi versetti giova moltissimo la spiegazione dei precedenti, onde sarebbe inutile ripetere le stesse cose.
30 La bocca del giusto mediterà
la sapienza e la sua lingua parlerà del giudizio.
31 La legge del suo Dio è nel
suo cuore e non sarà posto inciampo ai suoi passi.
32 Il peccatore spia il giusto e cerca di farlo morire.
33 Ma il Signore non lo abbandonerà nelle sue mani
e non lo condannerà quando si farà il giudizio per lui.
34 Attendi il Signore e custodisci la sua via
e ti innalzerà perché tu prenda in eredità la terra.
Quando i peccatori periranno, tu lo vedrai.
35 Ho visto l’empio sovraesaltato
ed innalzato come i cedri del Libano
La bocca del giusto non parla in modo sconsiderato, ma parla in modo assennato, premeditando ciò che essa deve dire e non proferendo che parole di sapienza, conformi alla giustizia. Siccome egli custodisce la legge di Dio nell’intimo del suo cuore, questa legge divina gli fa le veci di quel buon tesoro da cui l’uomo dabbene, così come dice Gesù Cristo, cava e produce di fuori cose buone. Se la medesima serve a contenerlo nelle sue parole, essa regola anche i suoi piedi e impedisce che egli metta il piede in fallo e che non cada. Perciò quantunque il peccatore, cioè il demonio stesso o il ministro del demonio lo spii con artificio per metterlo a morte o nell’anima o nel corpo il Signore non lo abbandonerà perché gli darà una sapienza che gli farà superare i suoi nemici e non lo condannerà nel tempo in cui egli sarà giudicato. La grande consolazione dei giusti perseguitati è che mantenendosi giusti, quantunque siano esteriormente fra le mani dei loro nemici, non sono per questo abbandonati perché sono sempre sotto la protezione del loro Dio. Tutti i giudizi che saranno pronunciati contro di loro non potranno nulla contro la sentenza del giusto giudice, che corona coloro a cui guarda nel segreto del cuore.
36 e sono passato ed ecco non
c’era più, l’ho cercato e non si è trovato il suo luogo.
Uno dei punti fermi della pietà della vera religione è il guardarsi dal voler prevenire il tempo di Dio. Allorché il giusto si vede come assediato dai malvagi che l’osservano per la sua rovina, bisogna che aspetti con pazienza il momento in cui Dio ha deciso di liberarlo e che si studi, ciò nonostante, di non uscire dalla sua via, cioè di camminare sempre nell’angusto sentiero dei suoi precetti. Quanto è umiliato al presente, altrettanto un giorno sarà esaltato. Nella perdizione dei malvagi vedrà l’adempimento della divina parola. Volendo il santo profeta far comprendere quanto breve sia il tempo della esaltazione degli empi, aggiunge che avendone visto alcuni esaltati all’apice degli onori, appena era egli passato più non erano né più di essi rimaneva alcuna traccia. Ma quanti ce ne sono che non passano vedendo l’elevazione dei malvagi e che si fermano piuttosto per una segreta invidia da cui sono mossi. Passano solo coloro che nell’atto di vedere l’empio sollevato in gloria alzano lo sguardo fino all’eternità ove non lo ritrovano. Passiamo dunque anche noi e senza badare allo splendore presente degli empi e alla presente afflizione dei giusti consideriamo al lume della fede la fine funesta degli uni e la gloria che spetta agli altri.
37 Custodisci l’innocenza e guarda la rettitudine,
poiché c’è un resto per l’uomo di pace.
Quale effetto deve produrre la vista della rovina dell’empio se non un sincero disprezzo di ciò che sembra più sublime nel secolo allorché non serve che a sostenere l’empietà? Dall’altro lato spinge a una più esatta osservanza di tutti i doveri della vera pietà. Perciò dice Davide: custodisci l’innocenza, vegliando molto per conservare il tuo cuore puro dinanzi a Dio senza prender parte all’empietà dei malvagi e non avere di mira se non l’equità. Cosa che si può intendere in due maniere, cioè cancella interamente dal tuo animo tutto lo splendore degli empi che è capace di abbagliarti al fine di non guardare e di non amare se non la sovrana bellezza della giustizia. Nella tua condotta verso il prossimo, in tutti i tuoi giudizi, non guardare se non alla sola equità, non imitando gli empi che si innalzano sulla rovina degl’ innocenti. L’uomo pacifico, cioè che vive nella pace, nell’umiltà e nella mansuetudine non rassomiglia all’empio che perde ogni cosa e non lascia e non porta cosa alcuna con sé. Sono preziose come spiega Sant’Ambrogio le opere sante praticate dal giusto poichè l’accompagnano davanti a Dio.
38 Ma gli ingiusti periranno
tutti insieme, quel che resta degli empi perirà,
30 ma la salvezza dei giusti viene
dal Signore ed è loro protettore
nel tempo della tribolazione
40 e li aiuterà il Signore e li libererà
e li strapperà dai peccatori
e li salverà perché hanno sperato in lui.
La salvezza in cui spera il giusto, non viene da lui, dovendola egli aspettare dal Signore. Il santo re, volendo ora ispirare l’umiltà a coloro che egli ha innalzato tanto, fa loro questa dichiarazione: la salvezza dei giusti viene dal Signore. Non perdano di vista l’ancora ferma della salvezza che è la divina protezione di colui che rischiarando la loro fede anima la loro speranza. Non attendano la loro salvezza se non dal Signore, avendo per certo che se in lui sperano egli li aiuterà nei loro travagli e per quanto forti siano i malvagi che li affliggono, essi non potranno resistere alla forza del suo braccio poderoso che li strapperà dalle loro mani e li salverà. Davide a tale proposito usa le diverse espressioni di assistere, di liberare, di strappare dalle mani e di salvare.
Da Agostino
di Davide
1 Non emulare i malvagi e non invidiare quelli che
commettono l’iniquità;
2 perché come fieno rapidamente seccheranno
e come fili di erbe presto appassiranno.
Invero questo ti turba o uomo cristiano: vedere felici coloro che vivono male, vederli possedere in abbondanza i beni terreni, essere in buona salute, elevarsi a superbe cariche, conservare intatta la propria casa, la gioia dei familiari, l’omaggio dei clienti, grandi poteri, vedere che la vita di costoro non è mai interrotta da niente di triste. Apri, per mezzo dell’orecchio, la bocca del cuore e bevi ciò che ascolti: non ti sdegnare per i malvagi e non invidiare quelli che commettono iniquità. Perché come erba presto inaridiranno e come verzura del prato presto seccheranno. Ciò che a te sembra lungo, rapido è per Dio. Unisciti a Dio e sarà rapido anche per te. Ciò che chiama erba è lo stesso che verzura del prato. Sono cose da poco, che stanno a fior di terra e non posseggono radici profonde. Per questo verdeggiano d’inverno; ma appena il sole dell’estate comincia a diventare cocente, inaridiscono. Ora dunque è il tempo dell’inverno, la tua gloria non è ancora manifesta; ma se profonda è la radice della tua carità, come quella di molti alberi durante l’inverno, passa il freddo, verrà l’estate, cioè il giorno del giudizio: allora inaridirà il verde dell’erba, allora si manifesterà la gloria degli alberi.
3 Spera nel Signore e fa’ il bene e abita la terra
e ti pascerai delle sue ricchezze.
4 Deliziati del Signore e ti
concederà le richieste del tuo cuore
E tu che farai? Spera nel Signore. Molti sperano, infatti, ma non nel Signore: mortale è la loro speranza, caduca, fragile, effimera, vana. Spera nel Signore. Ecco, spero, e che cosa faccio? E fa’ il bene. Non il male che vedi in quelli che nel male prosperano; fai il bene e abita sulla terra. Intendi con esattezza le parole “i desideri del tuo cuore”. Distingui le richieste del tuo cuore dalle richieste della carne. Non invano è detto in un altro salmo: Dio del mio cuore. Continua infatti e dice: la mia parte è il mio Dio nei secoli. Come la richiesta della carne chiede la guarigione degli occhi per vedere questa luce che può essere vista con gli occhi del corpo, così la richiesta del cuore mira ad un’altra luce. Beati, infatti, i puri di cuore, perché vedranno Dio. Gioisci nel Signore e ti concederà i desideri del tuo cuore.
5 Rivela al Signore la tua via e spera in lui ed egli agirà.
6 E farà uscire come luce la tua giustizia
e il tuo giudizio come il mezzogiorno.
Fa’ conoscere al Signore la tua via e spera in lui ed egli agirà. Mostragli che cosa soffri, mostragli che cosa vuoi. Che cosa vuoi dunque? Me infelice uomo, chi mi libererà da questo corpo di morte? E per essere certo che egli agirà, quando gli avrai fatto conoscere la tua via, osserva quanto segue: farà risplendere come luce la tua giustizia e il tuo giudizio come il mezzogiorno. Poiché ora la tua giustizia è nascosta; la sua realtà è nella fede, non nella chiara visione. Tu credi e agisci secondo la tua fede, ma non vedi ancora ciò in cui credi. Ma quando comincerai a vedere ciò in cui hai creduto, risplenderà come luce la tua giustizia. La tua giustizia era la tua fede. Il giusto infatti vive della fede.
Sii soggetto al Signore e imploralo: non emulare
chi ha successo nella propria via.
Che devo fare dunque: ascolta ciò che devi fare: sii sottomesso al Signore e supplicalo. Questa sia la tua via, obbedire ai suoi comandi. Questo significa essere a lui sottomesso e scongiurarlo fino a che ci doni quanto ha promesso. Insisti nelle opere buone, insisti nella preghiera, poiché è necessario pregare sempre, e non smettere mai.
8 cessa dall’ira e abbandona il furore.
Non emulare così da fare il male,
Contro l’uomo che commette iniquità, cessa dall’ira e abbandona lo sdegno. Non sai a che cosa ti conduce questa ira? Dirai a Dio che è ingiusto, ecco fin dove l’ira ti trascina. Perché quello è felice e quell’altro è infelice? Guarda che cosa genera l’ira: soffoca il malvagio concepimento. Cessa dall’ira e abbandona lo sdegno. Si è turbato per l’ira il mio occhio. Quale occhio, se non quello della fede? Chiedo all’occhio della tua fede: hai creduto in Cristo; perché hai creduto? Che cosa ti ha promesso? Se Cristo ti ha promesso la felicità di questo mondo mormora contro Cristo, protesta contro di lui, allorché vedi un infedele felice. Quale felicità ha promesso? Quale, se non quella che si avrà nella resurrezione dei morti? E cosa, invece, in questa vita? Ciò che egli stesso, proprio lui, dico, ha avuto. Forse disdegni, o servo discepolo, di avere ciò che ha avuto il Signore, ciò che ha avuto il maestro? Non hai mai udito dire da lui: non c’è servo maggiore del suo padrone e non c’è discepolo da più del maestro? Egli sulla terra ha sopportato dolori, flagelli, contumelie, la croce e la morte. E quale di queste sofferenze era dovuta a lui, il giusto? E che cosa non si doveva a te, peccatore? Conserva dunque retto il tuo occhio, non sia turbato per l’ira. Non ti irritare per fare il male. Poiché coloro che operano il male saranno sterminati. Ma coloro che sperano nel Signore, essi possederanno la terra in eredità. Quale terra, se non quella Gerusalemme del cui amore chi arde perviene alla pace?
9 perché i malvagi saranno sterminati, ma quelli che
attendono il Signore essi erediteranno la terra.
10 E ancora un poco e più non
sussisterà il peccatore e cercherai
il suo luogo e non lo troverai;
Per quanto tempo prospererà il peccatore? Per quanto lo sopporterò? Rapido sarà ciò che per te è lungo. La debolezza fa vedere lungo ciò che è breve. Ancora un poco e più non sarà il peccatore. Sopporta un poco e otterrai quanto attendi senza che mai abbia fine. Ancora un poco: non è molto. Ripensa agli anni da Adamo sino al giorno d’oggi. Scorri le Scritture: appena ieri egli è stato cacciato dal paradiso. Tanti secoli sono trascorsi e passati. Dove sono i tempi passati? Così passeranno i pochi che restano. Cercherai il suo posto e non lo troverai. Chiarisce quanto ha detto: non sarà, non perché non sarà più assolutamente, ma perché non potrà più essere di alcuna utilità. Se completamente cessasse di essere, neppure sarebbe tormentato. Così al peccatore verrebbe data la tranquillità, tanto da dire: finché vivo, farò quel che voglio, tanto, dopo, non sarò più. Andate nel fuoco eterno, dirà Gesù agli iniqui. Non sarebbe eterno tale fuoco per quelli che più non ne esisteranno. E tuttavia il Signore non ha taciuto affatto ciò che in tal luogo accadrà loro dicendo: ivi sarà pianto e stridore di denti.
11 I miti invece erediteranno la terra e si delizieranno
nell’abbondanza della pace.
I mansueti invece possederanno la terra in eredità. La terra è la Santa Gerusalemme, che sarà liberata da quest’esilio e gli eletti in eterno vivranno con Dio e di Dio. E quali saranno le loro gioie? E gioiranno nell’abbondanza della pace. La pace è il tuo oro, la pace è il tuo argento, la pace sono le tue terre, la pace la tua vita, pace del tuo Dio. Tutto quanto tu desideri sarà pace per te.
12 Il peccatore spierà il giusto
e digrignerà contro di lui i suoi denti.
13 Ma il Signore si riderà di lui
perché già vede che verrà il suo giorno.
Starà l’empio in agguato contro il giusto e digrignerà contro di lui i suoi denti, ma il Signore lo deriderà. Chi deriderà? Ovviamente il peccatore che digrigna i denti contro il giusto. Ma perché il Signore lo deriderà? Perché vede che ha da venire il suo giorno. Quale giorno? Quello nel quale renderà a ciascuno secondo le sue opere. L’empio accumula per sé l’ira per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio.
13 Ma il Signore si riderà di lui
perché già vede che verrà il suo giorno.
14 Hanno sfoderato la spada i peccatori, hanno teso
il loro arco per abbattere il povero e il misero,
per sgozzare i retti di cuore.
15 La loro spada penetri nei loro cuori
e il loro arco sia spezzato
16 Meglio è per il giusto il poco che
le molte ricchezze dei peccatori,
Hanno teso il loro arco, per abbattere il misero il povero, per trucidare i retti di cuore. La loro spada entrerà nel loro cuore. È facile che la spada trapassi il tuo corpo, come la spada dei persecutori trapassò i corpi dei martiri. Ma, colpito il corpo è rimasto illeso il cuore, mentre il cuore di chi ha fatto penetrare la spada nel corpo del giusto, certamente non è rimasto illeso. Questo salmo lo testimonia. Non ha detto che la loro spada entrerà nel loro corpo, ma: la loro spada entrerà nel loro cuore. Hanno voluto uccidere il corpo, muoiano nell’anima. È decreto del Signore: non può accadere altrimenti. E il loro arco si spezzerà. Che vuol dire il loro arco si spezzerà? Saranno rese vane le loro insidie. Prima infatti aveva detto: i peccatori hanno sguainato la spada, hanno teso il loro arco. Con lo sguainare la spada ha voluto significare l’aperta aggressione; mentre l’arco vuol rappresentare le occulte insidie. Ecco che la sua spada lo uccide e l’apparecchio delle sue insidie è reso vano. Cosa vuol dire reso vano? Vuol dire che non nuoce in nulla al giusto.
17 perché le braccia dei peccatori
saranno spezzate , ma sorregge i giusti il Signore.
Perché le braccia dei peccatori saranno spezzate. Le loro braccia, cioè la loro potenza. Quel ricco, che sulla terra banchettava, all’inferno è torturato. Ma sostiene i giusti il Signore. Egli sa per quale retto sentiero condurre i suoi mansueti. Guiderà i miti nel giudizio, insegnerà ai mansueti le sue vie. In qual modo li sostiene? Che cosa dice loro? Ciò che in un altro salmo è detto: spera nel Signore comportati da uomo e si conforti il tuo cuore. Che significa spera nel Signore? Ora ti affatichi, ma non ti affaticherai in eterno; breve è il tuo fastidio, eterna sarà la tua beatitudine. Per un poco soffrirai, senza fine godrai. Non dobbiamo considerare quanto il Signore permette agli ingiusti, ma quanto riserba ai giusti.
18 Il Signore conosce i giorni
di quelli che sono senza macchia
e la loro eredità durerà in eterno.
E la loro eredità durerà in eterno. Noi riteniamo questo per fede: forse che anche il Signore lo sa per fede? Il Signore conosce queste cose tanto apertamente quanto noi neppure possiamo dire, neppure quando saremo fatti uguali agli angeli. Per questo sono pronti i nostri cuori in tutte le tribolazioni e le tentazioni di questa vita. Non stupirti, se è nelle fatiche che ti prepari: sei preparato a qualcosa di grande. Quale sarà la nostra gloria se non essere uguagliati agli angeli e vedere Dio?
19 Non saranno confusi nel tempo
cattivo e nei giorni di fame saranno saziati.
Non saranno confusi nel tempo cattivo. Che significa non saranno confusi nel tempo cattivo? Non saranno confusi nei giorni della tribolazione, nei giorni delle sofferenze, come resta confuso colui che inganna la speranza.
20 Poiché i peccatori periranno anzi i nemici del Signore,
non appena glorificati ed esaltati
dileguando come fumo sono svaniti.
Perché i peccatori periranno. Come possono non perire coloro che non hanno un luogo ove rifugiarsi? Per chiunque è malvagio il male è con lui: è necessario che si torturi con il suo medesimo tormento. Egli stesso è la sua pena, perché la sua coscienza lo tormenta. Fuggirà dal suo nemico ove potrà; ma da se stesso dove fuggirà? I nemici del Signore, non appena si glorieranno e si esalteranno, subito venendo meno svaniranno come fumo. Come si oppongono alla verità, se non gonfiandosi nella loro superbia, finendo in vento, innalzandosi quasi fossero giusti e grandi? Che dice dunque di costoro? Svaniranno come fumo.
21 Prenderà a prestito e non restituirà il peccatore,
il giusto invece ha compassione e dona;
Prende a prestito il peccatore e non restituisce. Non restituisce al Signore dal quale ha ricevuto, non gli rende grazie; o piuttosto rende male per bene: cioè bestemmie, mormorazioni contro Dio. Il giusto invece ha compassione e dona.
22 poiché quelli che lo benedicono erediteranno la terra,
ma quelli che lo maledicono andranno in rovina.
Poiché coloro che lo benedicono, in eredità possederanno la terra: benedicendo quel giusto, il solo vero giusto e giustificante, il quale qui fu povero e portò immense ricchezze, con cui fare ricchi coloro che trovò poveri. Egli stesso è infatti colui che arricchì i cuori dei poveri con lo Spirito Santo. Poiché coloro che lo benedicono possederanno la terra in eredità: saranno suoi coeredi in quella terra dei viventi, della quale in un altro salmo è detto: tu sei la mia speranza, la mia parte nella terra dei viventi.
23 Dal Signore saranno diretti i passi dell’uomo,
e amerà la sua via,
Dal Signore saranno diretti passi dall’uomo e amerà la sua via. Allorché l’uomo stesso vuole la via del Signore, è il Signore medesimo a dirigere i suoi passi. Infatti, se il Signore non dirigesse i passi degli uomini, sarebbero tanto perversi che sempre andrebbero per sentieri malvagi e non potrebbero rivolgersi a lui seguendo le vie tortuose. Ma è venuto Lui e ha chiamato e ha redento e ha versato il suo sangue; ha pagato questo prezzo, ha patito queste sofferenze.
24 se cadrà non rovinerà,
perché il Signore sostiene la sua mano.
Se cadrà, non rovinerà, perché il Signore sostiene la sua mano. Ecco che cosa significa volere la via di Cristo. Gli capiti pure di patire qualche tribolazione, qualche disonore, qualche offesa, qualche afflizione, qualche danno e qualunque altra cosa di quelle che abbondano in questa vita del genere umano. Ponga davanti a sé il suo Signore e non si turberà quando cade, perché il Signore sostiene la sua mano.
25 Sono stato giovane e sono invecchiato e non ho visto un
giusto abbandonato né la sua discendenza in cerca di pani.
Fui giovane ed ecco sono invecchiato e non ho visto il giusto abbandonato né la sua prole mendicare il pane. E se invece trova ciò lungo il corso della sua vita, trova tuttavia qualcosa di diverso nella Scrittura divina, che è più degna di fede della vita degli uomini.
26 Tutto il giorno fa misericordia e
presta e la sua discendenza sarà in benedizione.
Tutto il giorno ha compassione e presta. Il Signore stesso che ti vieta di dare ad usura ti insegna a chi devi prestare. Il povero non ha di che restituire quanto gli dai; gli resta solo la buona volontà di pregare per te. Ma quando il povero prega per te, è come se dicesse a Dio: Signore, ho avuto un prestito; fa tu fede per me. Anche se il tuo povero non ti può restituire, hai però un capace garante. Ecco che Dio nella sua Scrittura dice: da’ sicuro, io restituisco. E la tua discendenza sarà in benedizione. La discendenza è ciò che rimane :il tuo seme sarà in benedizione. Lo affidi alla terra e tanto di più raccogli; lo affidi a Cristo e lo perdi? Ascolta l’apostolo, allorché parla delle elemosine. Chi semina poco, poco anche mieterà; chi semina nelle benedizioni, nelle benedizioni anche mieterà.
27 Distogliti dal male e fa’ il bene
e sta nella dimora per i secoli dei secoli;
Rifuggi dal male e fa il bene. Non credere che ti basti non spogliare chi è vestito. In questo modo eviti il male, ma sta’ attento a non inaridire e a non diventare sterile! Non solo non devi spogliare chi è vestito, ma vestire chi è nudo. Questo è rifuggire dal male e fare il bene.
perché il Signore ama il giudizio e non
abbandonerà i suoi santi: in eterno saranno custoditi.
Gli ingiusti saranno puniti e la discendenza degli empi perirà.
Perché il Signore ama il giudizio e non abbandonerà i suoi santi. Quando i santi sopportano travagli, non crediate sia perché Dio non giudica, oppure perchè giudica in modo perverso. La vita dei santi è in lui nascosta, per cui coloro che ora sono travagliati in terra appaiono simili ad alberi che nella stagione invernale non hanno né frutti né foglie, al suo manifestarsi, come al sorgere del nuovo sole, ciò che viveva nella radice verrà alla luce nei frutti. Dio castiga ogni figlio che ama. E quando sarà nell’abbondanza? Quando sentirà dire: Venite benedetti del Padre mio, ricevete il regno che per voi è stato preparato dall’inizio del mondo. Ma gli ingiusti saranno puniti ed il seme degli empi perirà. Allo stesso modo che il seme del giusto sarà in benedizione, quello degli empi perirà. Perché il seme degli empi sono le opere degli empi. In tutte le loro opere periranno, non avranno frutto.
29 I giusti invece erediteranno
la terra e dimoreranno in essa per il secolo del secolo.
I giusti in eredità possederanno la terra. Per questo è detto: tu sei la mia speranza, la mia parte nella terra dei viventi. Se quella è la tua vita, comprenderai quale terra riceverai. Quella è la terra dei viventi; questa invece è la terra di coloro che muoiono. Se la vita è eterna, eterna è la sua terra. E abiteranno in essa nel secolo dei secoli . Sarà dunque un’altra terra quella in cui abiteremo nel secolo dei secoli. Di questa terra infatti è detto: il cielo e la terra passeranno.
30 La bocca del giusto mediterà
la sapienza e la sua lingua parlerà del giudizio.
31 La legge del suo Dio è nel
suo cuore e non sarà posto inciampo ai suoi passi.
32 Il peccatore spia il giusto e cerca di farlo morire.
La bocca del giusto medita sapienza. Il giusto rumina nella sua bocca la sapienza. E la sua lingua parla giustizia. La legge di Dio è nel suo cuore. La parola di Dio nel cuore libera dal laccio, la parola di Dio nel cuore libera dalla via perversa, la parola di Dio nel cuore libera dalla rovina. La legge del suo Dio è nel suo cuore e non incespicano i suoi passi. Viva dunque sicuro anche tra i malvagi. Anche tra gli empi viva sicuro. Che male possono fare al giusto l’empio e l’ingiusto? Ecco, vedi ciò che segue: il peccatore spia il giusto e cerca di farlo morire. E che? Il Signore che lo custodisce, che abita con lui, che non si allontana dalla sua bocca, dal suo cuore, lo abbandona? Come si adempirà quanto è detto prima: e non abbandonerà i suoi santi.
33 Ma il Signore non lo abbandonerà nelle sue mani
e non lo condannerà quando si farà il giudizio per lui.
Ma il Signore non lo abbandonerà nelle sue mani e non lo condannerà quando si farà il giudizio per lui. Quando il giusto sarà venuto davanti a quel giudizio, non lo condannerà anche se sembra che per qualche tempo sia stato condannato dall’uomo.
34 Attendi il Signore e custodisci la sua via
e ti innalzerà perché tu prenda in eredità la terra.
Quando i peccatori periranno, tu lo vedrai.
35 Ho visto l’empio sovraesaltato
ed innalzato come i cedri del Libano
Ma quando accadrà? Non credere che accada ora: è tempo di fatica, è tempo di semina, è tempo di freddo. Anche se tra venti e piogge, semina; non essere pigro. Verrà l’estate, che ti allieterà e nella quale sarai felice di aver seminato. Che devo dunque fare ora? Custodisci le sue vie. E cosa riceverò se le avrò custodite? Egli ti eleverà a possedere in eredità la terra. Quale terra? È la terra della quale è detto: venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno che è stato preparato per voi dall’inizio del mondo. E cosa accadrà di coloro che ci hanno tormentato, in mezzo ai quali abbiamo levato il nostro gemito? Continua: vedrai lo sterminio dei peccatori. E lo vedrai molto da vicino: tu sarai a destra, essi a sinistra.
37 Custodisci l’innocenza e guarda la rettitudine,
poiché c’è un resto per l’uomo di pace.
Custodisci l’innocenza. Tienila stretta, come tenevi la borsa quando eri avaro, in modo che non ti fosse strappata dal ladro. Custodisci l’innocenza, perché non ti sia strappata dal diavolo. Custodisci l’innocenza, e mira alla via diritta. Abbi occhi retti, per vedere la direzione, né distorti tanto che anche Dio ti appaia distorto e malvagio perché favorisce gli empi e perseguita i fedeli. E cosa vedrai? Perché vi è un resto per l’uomo pacifico. Significa che quando sarai morto, non sarai morto; cioè vi è un resto. Ci sarà infatti per l’uomo di pace qualcosa anche dopo questa vita: ossia quel seme che sarà in benedizione. Per questo dice il Signore: chi crede in me, anche se muore, vivrà.
36 e sono passato ed ecco non
c’era più, l’ho cercato e non si è trovato il suo luogo.
38 Ma gli ingiusti periranno
tutti insieme, quel che resta degli empi perirà,
39 ma la salvezza dei giusti viene
dal Signore ed è loro protettore
nel tempo della tribolazione
Gli ingiusti invece periranno tutti insieme. I resti degli empi saranno distrutti.
ma la salvezza dei giusti viene dal Signore, ed egli è loro protettore
40 e li aiuterà il Signore e li libererà
e li strapperà dai peccatori
e li salverà perché hanno sperato in lui.
Li aiuterà il Signore e li salverà, e li libererà, e li scamperà dai peccatori. I giusti sopportino dunque ora i peccatori, sopporti il grano la zizzania, sopporti il frumento la paglia. Perché verrà il tempo della vagliatura e il buon seme sarà liberato da ciò che deve essere arso dal fuoco. Il seme sarà posto nel granaio ed il resto nell’incendio eterno. L’ingiusto sarà dannato, il giusto sarà incoronato.
Dai Padri
1 Origene: i malvagi gareggiano nel male.
Eusebio riporta le interpretazioni di Aquila: non gareggiare con loro; Simmaco: non discutere con loro. Non irritarti per loro. Non invidiare, non crederli felici e non desiderare di condividere la loro sorte.
Girolamo: non avere niente a che fare con loro, non invidiarli, non misurarti con loro. Occupati solo di Dio.
Origene: non lasciarti provocare.
Efrem: il Maligno che ci spinge a fare il male ci affascina con le sue seduzioni e fa di tutto per portarci a dimenticare il timore di Dio.
2 Agostino: non scegliere di prosperare sulla terra; piuttosto, da filo d’erba diventa un albero.
3 Eusebio: spera nel Signore: questa è la via diritta e regale.
Agostino: venuta la sera, avrai il tuo salario: è fedele chi ti ha preso a lavorare nella sua vigna.
Origene: coltiva il tuo animo, cioè semina nello Spirito.
Eusebio: ti pascerai come una pecora fedele e tranquilla.
Ambrogio: coltiva il tuo spirito, rendi il cento per uno. Produci i frutti dello spirito che sono la gioia, la pace…
4 Origene: chi si applica con ogni cura a comprendere la Sacra Scrittura è non solo nutrito, ma saziato.
Eusebio: esaudirà le richieste del tuo cuore e ti darà anche quanto non è salito nel cuore dell’uomo.
6 Origene: Dio vede la giustizia del cuore. Quando rivelerà il segreto dei cuori, chi brillerà della sua giustizia, avrà un giudizio pieno di luce.
Girolamo: è lo splendore pieno della sua grazia che rivela davanti agli angeli.
7 i Padri di solito commentano sii sottomesso citando San Paolo: quando tutto sarà sottomesso al Cristo.
Eusebio e Cirillo Alessandrino conoscono le due lezioni: sii sottomesso e taci.
Eusebio: spera in silenzio la promessa.
Origene: è una adesione volontaria della natura spirituale alla conoscenza di Dio.
Origene interpreta il versetto chi ha successo nella propria via alla luce di 2 Timoteo 3,13 e commenta: è colui che progredisce nel male. Non eccitiamo la collera del Signore dicendo: I malvagi sono i più felici.
Eusebio: non dire che sono fortunati; non desiderare di essere come loro. Ambrogio rimanda al salmo 72,13: dunque invano ho custodito giusto il mio cuore!
Agostino: l’altro prospera nella sua via; tu ti affatichi nella via di Dio. Non permettere che la tua fede si turbi: quaggiù devi essere trattato come il tuo maestro.
8 Girolamo: non lottare, arriveresti a compiere azioni malvagie.
Origene: cessa dall’ira: nessuno giunge a farlo in pienezza, neppure i perfetti.
Atanasio: non emulare, finiresti col compiere il male.
9 Origene: non lasciarti affascinare dalla loro prosperità : attendi la fine e vedrai la loro rovina.
Origene: il nostro cielo e la nostra terra sono chiamati così per indicare il vero cielo e la vera terra.
Eusebio: la terra è la Gerusalemme celeste.
Girolamo: la terra è quella della promessa, è la vita eterna che erediteranno i miti e gli umili.
10 Origene: più non sussisterà il peccatore; o non esiste più o non è più peccatore.
Ambrogio: in questo caso il peccatore è il diavolo.
Origene: il luogo del peccatore è ciò che passa.
11 Origene: qui la terra è la Sapienza. Abbondanza della pace è l’imperturbabilità dell’anima che deriva dalla vera conoscenza del reale. La pace piena sarà per il giorno del Cristo.
Eusebio: chi si delizia in Dio, possiede la pace in pienezza.
Cirillo alessandrino: è la pienezza della pace, nella vita futura.
Girolamo: il Cristo, che è la nostra pace.
12 Eusebio: il peccatore non sopporta il giusto perché la sua vita è per lui una condanna: non può sopportarne neppure la vista e lo spia per farlo cadere.
Ambrogio: è la collera del diavolo e dei peccatori contro il giusto.
Agostino: ci sono due generi di uomini in questa vita: i giusti, coronati nei cieli per la loro umiltà e i peccatori, schiacciati negli abissi per la loro superbia. Gli uni e gli altri si sopportano a fatica. I giusti vorrebbero guadagnare i peccatori alla vera vita, ma i peccatori vorrebbero togliere ai giusti anche la vita presente. 13 Girolamo: il suo giorno è il giorno dell’ira del giudizio.
14 Girolamo: la spada sono le parole che lusingano per uccidere con la morte dell’anima.
15 Eusebio: Dio ride dei progetti dei malvagi perché invano tramano le loro macchinazioni. Ma quando il malvagio sfodera la spada, Dio non ride più: rivolge la spada contro di lui.
16 Origene: il poco del giusto è la conoscenza spirituale.
Girolamo: il poco che ha il giusto è la fede.
Origene: le grandi ricchezze degli empi sono la sapienza mondana.
Origene: è la grazia spirituale che vi confermerà.
18 – 19 Origene: non solo lì conferma nella loro vita ma conosce anche i loro giorni futuri e l’eredità che prepara loro: questa eredità è la conoscenza di Dio che ha la creatura spirituale. La loro porzione di lacrime in questo mondo non fa loro torto, al contrario li esercita nella pazienza. Camminano sulla via stretta, ma non saranno confusi nel tempo cattivo (quello del giudizio), il tempo in cui Dio farà scendere la collera sui peccatori. Mentre i peccatori muoiono per denutrizione dello spirito e sono privati del pane disceso dal cielo, i giusti si saziano di Dio.
19 Girolamo: i giorni di fame sono i giorni in cui si avrà fame della Parola.
21 Eusebio: il peccatore ha udito le parole di salvezza; non ha dato in cambio ciò che avrebbe dovuto dare, cioè le opere buone.
Girolamo: il peccatore non fa fruttare il talento del Vangelo. Al contrario, il giusto cerca di salvare l’anima del fratello oltre che la propria.
Eusebio: il giusto è arricchito da Dio e dà le sue ricchezze a quelli che ne sono privi.
Cirillo Alessandrino: il giusto dona ai buoni e ai malvagi, come fa il Padre celeste.
Agostino: se tu non hai niente da dare, la buona volontà non può restare oziosa. I poveri prestano ad altri poveri di buon grado portando frutto.
23 Ambrogio: Dio si compiace della via del giusto.
Girolamo: Dio vuole che il giusto vada a lui che è la via, la verità e la vita.
24 Girolamo: se cade… Il Signore ha subito pietà di lui.
25 Cassiodoro: fa riferimento a questo versetto e parla di Israele che, dalla giovinezza alla vecchiaia, non è mai stato abbandonato da Dio.
Girolamo: sono giovane per l’innocenza e vecchio per la forza divina: partecipo agli altri la mia sapienza: non ho visto un giusto abbandonato.
Origene: i giusti sono abbandonati per uno spazio di tempo, per essere messi alla prova.
Agostino: il pane è la Parola di Dio.
Eusebio: il servitore buono e fedele fa fruttare il denaro del suo padrone.
30 Cirillo Alessandrino, Atanasio, Eusebio: è una esortazione a imitare il giusto, è un richiamo al salmo 1.
32 Eusebio: il peccatore, da parte sua, invidia il giusto e vuole farlo cadere; è la replica dell’inizio del salmo: non emulare i malvagi.
Cirillo Alessandrino: il peccatore è il dragone apostata.
36 Ambrogio: l’empio non c’era più; è l’esatta contrapposizione del Verbo che era presso Dio e di Io sono colui che sono.
Eusebio: non era più là né da nessun’altra parte; non lascia neppure traccia di sé.
Cirillo Alessandrino: l’uomo di pace ha una eredità; lascia qualcosa dietro di sé. Questa promessa si contrappone al posto vuoto lasciato dall’empio.
Simmaco: l’uomo di pace ha un futuro di gloria.
Attanasio: avrà una eredità.
Agostino: non credere che alla fine di questa vita, l’uomo finisca nel nulla: c’è un’altra vita dopo questa. Chi crede in me, benché sia morto, vivrà (Giovanni 11,25).
salmo37
1 salmo di Davide per il memoriale del sabato
2 Signore nel tuo sdegno non
accusarmi e nella tua ira non castigarmi,
3 perché le tue frecce si sono conficcate in me
e hai appesantito su di me la tua mano
4 non c’è sanità nella mia carne dinanzi alla tua ira,
non c’è pace per le mia ossa dinanzi ai miei peccati,
5 poiché le mie iniquità
hanno oltrepassato il mio capo.
Come un grave peso si sono aggravate sopra di me.
6 Si sono imputridite e corrotte le mie piaghe
a causa della mia stoltezza.
7 Sono diventato un miserabile e sono stato piegato
fino in fondo. Tutto il giorno me ne andavo contristato,
8 poiché i miei reni sono stati riempiti di illusioni
e non c’è sanità nella mia carne.
9 Sono stato afflitto ed umiliato all’estremo.
Ruggivo per il gemito del mio cuore
10 Signore, davanti a te ogni mio desiderio
e il mio gemito non ti è nascosto.
11 Il mio cuore è sconvolto,
mi ha abbandonato la mia forza e la luce
dei miei occhi anche quella non è con me.
12 I miei amici e i miei vicini
contro di me si sono avvicinati
e si sono fermati e quelli che erano accanto a me
sono stati fermi da lontano.
13 E facevano violenza quelli che cercavano l’anima mia,
e quelli che cercavano il male
contro di me hanno detto vanità
e meditavano inganni tutto il giorno.
14 Ma io come un sordo non sentivo
ed ero come un muto che non apre la sua bocca.
15 E sono diventato come un uomo
che non sente e non ha repliche nella sua bocca.
16 Poiché in te, Signore,
ho sperato, tu esaudirai, Signore, Dio mio.
17 Poiché ho detto: Non sia mai
che godano di me i miei nemici,
che al vacillare dei miei piedi
contro di me hanno parlato con arroganza
18 Poichè io sono pronto
ai flagelli e il mio dolore
mi sta sempre davanti.
19 Poiché proclamerò la mia iniquità
e rifletterò sul mio peccato.
20 Ma i miei nemici vivranno
e si sono rafforzati più di me
e si sono moltiplicati quanti
mi odiano ingiustamente.
21 Quelli che mi rendono male per bene mi calunniavano
perché seguivo la rettitudine.
22 Non abbandonarmi, Signore,
Dio mio , non allontanarti da me.
23 Volgiti in mio aiuto,
Signore della mia salvezza.
Da Sacy
1 salmo di Davide per il memoriale del sabato
Davide che così piange nella memoria del sabato, ci può rappresentare le anime che gemono nella miseria della vita presente, ricordandosi del sabato, cioè dell’eterno riposo a cui tendono continuamente con i loro sospiri. Questo spinge il profeta a mostrare in questo salmo l’estrema inquietudine da lui sofferta per il timore che egli ha di una miseria molto più grande di quella che lo fa gemere.
2 Signore nel tuo sdegno non
accusarmi e nella tua ira non castigarmi,
3 perché le tue frecce si sono conficcate in me
e hai appesantito su di me la tua mano
Davide vedendo le piaghe della sua anima chiede di esserne risanato. Chi chiede di essere guarito, dice Sant’Ambrogio, non rifiuta di essere ripreso. Chiede soltanto che Dio non lo faccia nel suo furore, ma che lo corregga con la sua divina Parola, perché la Parola di Dio è la guarigione dei popoli. Considera se ti piace o Signore l’orribile stato in cui mi hanno ridotto la tua divina giustizia e il sentimento della enormità del mio delitto. Accontentati del giusto castigo che io soffro senza destinarmi ad essere a un tempo vittima del tuo furore nel grande giorno della tua ira. Sebbene Nathan l’avesse assicurato che gli era stato rimesso il suo peccato, questo non smetteva di procurargli nell’animo una santa inquietudine, che nasceva dall’ardore della sua penitenza. Le saette di Dio qui menzionate possono significarci i vari flagelli di cui Dio si servì per castigarlo: la morte del figlio partoritogli da Betsabea, l’empietà di Assalonne e la sua ribellione che portò alla guerra. Alcuni aggiungono una grave infermità di cui pretendono che fosse allora afflitto, quantunque niente ne dica la storia.
4 non c’è sanità nella mia carne dinanzi alla tua ira,
non c’è pace per le mia ossa dinanzi ai miei peccati,
5 poiché le mie iniquità
hanno oltrepassato il mio capo.
Come un grave peso si sono aggravate sopra di me.
6 Si sono imputridite e corrotte le mie piaghe
a causa della mia stoltezza.
7 Sono diventato un miserabile e sono stato piegato
fino in fondo. Tutto il giorno me ne andavo contristato,
8 poiché i miei reni sono stati riempiti di illusioni
e non c’è sanità nella mia carne.
9 Sono stato afflitto ed umiliato all’estremo.
Ruggivo per il gemito del mio cuore
Non si può vedere una immagine più orrenda della condizione estrema a cui riduce il peccato, né si trova una confessione più sincera di quella che fa il re penitente delle funeste conseguenze del suo delitto. Voi vedete qui un uomo oppresso da un peso insopportabile, lo vedete come un altro Giobbe tutto ricoperto di piaghe. Lo vedete in un sommo avvilimento camminare come un miserabile, tutto incurvato. Dice ad alta voce che la causa di un tanto disordine era l’estrema follia a cui egli si era abbandonato. Non c’è alcuna esagerazione nel modo con cui Davide si esprime in questo luogo, poiché il suo peccato comportava tante circostanze colpevoli per cui egli aveva ragione di considerare le sue iniquità come un mare gonfiatosi sopra il suo capo, ovvero come un fardello il cui peso lo opprimeva. Perciò si affliggeva dinanzi a Dio, deplorava la sua miseria, gli presentava le sue piaghe, come al medico onnipotente. Dice al riguardo Sant’Ambrogio: Quanto più Davide sentiva il peso dei suoi delitti tanto più era vicino alla sua guarigione. La sua afflizione e la sua umiliazione crescevano, non c’è dubbio, al ricordo dei tanti favori che egli aveva ricevuto da Dio. E l’umile confessione con cui esclamava lacrimando che in tutta la sua carne non vi era che infermità e turbamento, diventava la preghiera più efficace che potesse fare per ottenere la guarigione; non essendovi che l’umiltà di un cuore contrito e l’ardente fiamma dell’amore di Dio, capace di guarire le sue piaghe e di purificare la sua corruzione.
10 Signore, davanti a te ogni mio desiderio
e il mio gemito non ti è nascosto.
C’è un gemito segreto che non si ode dagli uomini; ma ce n’è un altro che uscendo dal cuore si fa udire di fuori, come quello di cui ha parlato Davide nel versetto precedente. Dio solo può discernere un gemito del cuore da un gemito della carne. Forse per questa ragione il santo re dopo aver detto che il gemito segreto del suo cuore lo faceva erompere in ruggiti, dichiara di non avere alcun riguardo a quanto gli uomini potessero giudicarne ma che egli ricercava unicamente l’approvazione di Dio. Questi gemiti del cuore, ovvero questi ruggiti, che forma nel cuore dell’uomo colui che viene chiamato il leone della tribù di Giuda, hanno la forza di volgere in fuga il nostro nemico. I ruggiti della carità di Dio fanno tacere quelli della cupidigia dell’uomo. Gemiamo dunque con Davide umilmente confessando la nostra infermità, ma gemiamo al pari di lui coll’ardore della carità, poiché il venir meno della carità è il silenzio del nostro cuore.
11 Il mio cuore è sconvolto,
mi ha abbandonato la mia forza e la luce
dei miei occhi anche quella non è con me.
Il grande turbamento che provava Davide e la perdita, che diceva aver fatto della luce dei suoi occhi a forza di versar lacrime, provavano quanto fosse sincero il dolore della suo penitenza. Egli si turbava, ma senza perdere la fiducia in Dio, essendo penetrato fino all’intimo midollo dall’orrore del suo peccato. Egli era debole, ma la stessa debolezza divenne in lui per grazia del Signore il principio di una forza singolare, mettendolo sempre più nella condizione di essere rivestito della forza di Dio stesso. Si può dire con i santi padri che l’anima dell’uomo si allontana dalla sua vera luce nel momento stesso che cade nel peccato, che è sempre accompagnato da tenebre, come si vide in Adamo che dopo aver disubbidito al Signore andò a nascondersi, non potendo più sopportare la presenza del suo Dio. Ciò nonostante dice Sant’Ambrogio è nondimeno un segno che non è del tutto estinta la vita ed è un motivo per sperare la sua guarigione allorché l’uomo sente almeno quello che produce il suo turbamento. Poiché questo sentimento è un indizio di vita mentre l’insensibilità è un preludio di morte.
12 I miei amici e i miei vicini
contro di me si sono avvicinati
e si sono fermati e quelli che erano accanto a me
sono stati fermi da lontano.
13 E facevano violenza quelli che cercavano l’anima mia,
e quelli che cercavano il male
contro di me hanno detto vanità
e meditavano inganni tutto il giorno.
Il santo re passa tutto d’un tratto dall’ interiore turbamento della sua anima alle sollevazioni che agitavano il suo regno, poiché suo figlio si era ribellato contro di lui. Egli rappresenta queste cose a Dio non per fargli sapere ciò che da lui non si ignorava ma semplicemente per esporre lo stato miserabile in cui si trovava e muoverlo a confessione col suo umile abbassamento sotto gli ordini della sua giustizia. Lo faceva anche per insegnare a tutti gli uomini le conseguenze della ribellione contro il Signore e la giustizia del castigo che punisce ogni orgoglio. Benché nelle sue parole appaia qualche contraddizione quando da una parte dice che si erano avvicinati i suoi amici e dall’altra aggiunge che quelli che erano a lui vicini si erano allontanati, con queste due diverse espressioni indica la stessa cosa. Se dice degli uni che si accostavano, subito aggiunge che erano appostati contro di lui, come fece Semei, il quale non comparve alla sua presenza se non per usargli villania. Se dice poi che si erano allontanati quelli che si trovavano a lui vicini, vuole forse con ciò indicare l’avversione di tutti gli altri che erano andati ad abbracciare il partito di Assalonne. Vero è che tutti questi ribelli si perdevano in discorsi pieni di menzogna. Mentre ricercavano mille inganni per sorprenderlo, Davide era unicamente occupato a fare a Dio una santa violenza con quella ammirabile disposizione del cuore da lui espressa nei seguenti termini.
14 Ma io come un sordo non sentivo
ed ero come un muto che non apre la sua bocca.
15 E sono diventato come un uomo
che non sente e non ha repliche nella sua bocca.
16 Poiché in te, Signore,
ho sperato, tu esaudirai, Signore, Dio mio.
17 Poiché ho detto: Non sia mai
che godano di me i miei nemici,
che al vacillare dei miei piedi
contro di me hanno parlato con arroganza
Davide ha fatto vedere la sordità e il silenzio di cui qui parla quando Semei lo malediceva all’uscire da Gerusalemme e gettandogli pietre con incredibile insolenza lo chiamava uomo di sangue e gli diceva mille ingiurie. Apparve egli allora veramente come un uomo sordo e muto e se poi fu costretto ad aprire la bocca lo fece solo per contenere il giusto sdegno dei suoi ufficiali. Ora dunque dichiara quale fu la ragione che gli fece osservare un silenzio capace di far rimanere attoniti gli stessi suoi nemici. La ragione è, dice egli a Dio, che io spero in te o Signore, cioè avendo riposto in te solo la mia speranza e non negli uomini, io non potevo più inquietarmi di quello che essi mi dicevano. Io ti considero unicamente come mio giudice e mio protettore. Non mi sono rivolto ad altri dei nella mia estrema afflizione , ma mi sono rivolto a te per pregarti di non permettere che i miei nemici godano di me. Beato colui, dice Sant’Ambrogio, che si fa muto come Davide, e che osservando il silenzio nei confronti dei suoi nemici, si accontenta di parlare a Dio. Questo principe, tacendo, ha vinto i suoi avversari; poiché quando taceva la sua lingua, si faceva udire la voce del suo cuore. E cosa diceva egli al suo Dio? In te, Signore, ho sperato. Quantunque io abbia peccato e quantunque io sia caduto, sei tu che mi perdoni il mio peccato e che mi resusciti. Non abbiano dunque gioia coloro che si rallegrano dei peccati altrui, poiché quanto più abbiamo peccato, tanto più sono accresciute le nostre ricchezze, rendendoci l’abbondanza della tua misericordia assai più felici della nostra propria innocenza.
18 Poichè io sono pronto
ai flagelli e il mio dolore
mi sta sempre davanti.
19 Poiché proclamerò la mia iniquità
e rifletterò sul mio peccato.
Davide essendo preparato a tutto soffrire per espiare i suoi peccati rimaneva sordo e muto davanti a coloro che lo maledicevano.. Non temeva di essere considerato peccatore. Non gli recavano dolore i castighi con cui Dio lo affliggeva, ma piangeva per il suo peccato. Davide pronunciava la propria iniquità contro se stesso. Aveva l’animo continuamente preso non dalle sue ricchezze ma da dolore del suo peccato. Il suo esempio, le sue parole, dice Sant’Ambrogio, vi giovino per la vostra salute, finché vi rimane ancora tempo per correggervi. Non possiedano il vostro cuore le dolcezze di questo mondo e pensate sempre che le voluttà passeggere non impedirono a Davide seduto sul trono di espiare le sue colpe mediante la penitenza.
20 Ma i miei nemici vivranno
e si sono rafforzati più di me
e si sono moltiplicati quanti
mi odiano ingiustamente.
21 Quelli che mi rendono male per bene mi calunniavano
perché seguivo la rettitudine.
Davide scorgeva, non c’è dubbio, nella condotta dei suoi nemici verso di lui un giustissimo castigo per le sue infedeltà verso Dio. Il Signore permetteva che questi fossero ingiusti con lui perché egli comprendesse l’ingiustizia e la crudeltà di cui si era reso colpevole. Sant’Ambrogio riguardo a ciò che si dice dei nemici di Davide, che si rafforzavano e si moltiplicavano, ci fa osservare che è poco saldo l’appoggio del secolo e che non c’è stabile fermezza se non in Dio e che alla fine si fanno riconoscere quelli che non pensano che a prendere potenza in questo mondo. Essi odiano ingiustamente gli imitatori della mansuetudine e della pazienza di Davide.
22 Non abbandonarmi, Signore,
Dio mio , non allontanarti da me.
23 Volgiti in mio aiuto,
Signore della mia salvezza.
Il santo re prima aveva detto che voleva vivere in una continua vigilanza. Aggiunge ora questa preghiera, senza cui inutili sarebbero le nostre vigilanze e tutte le nostre sollecitudini. Signore non mi abbandonare e non ti allontanare da me. Vegliamo noi dunque pure assiduamente, ma accompagniamo la nostra vigilanza con la preghiera e siamo convinti che, dipendendo da Dio la nostra salvezza, dobbiamo essere particolarmente attenti a chiedergli con le nostre preghiere e molto più con le nostre opere buone che egli non ci abbandoni e non si allontani da noi. Questo salmo secondo il pensiero di molti padri, si applica molto bene a Gesù Cristo, rivestito della nostra debolezza e carico di tutti i peccati degli uomini, per amore dei quali egli si è volontariamente esposto alla giustizia del Padre suo. Vedendolo in uno stato di così profonda umiliazione e di così meravigliosa pazienza è giusto che assumano i suoi sentimenti le sue membra, che devono vivere nel suo spirito.
Da Agostino
1 salmo di Davide per il memoriale del sabato
Ecco il titolo: Salmo di Davide, per la commemorazione del sabato. Tra le cose buone che di lui conosciamo attraverso le Scritture non troviamo che Davide abbia alcuna volta commemorato il sabato. Era da osservare, non da ricordare. C’è dunque qualcuno che soffre, che geme, che piange, ricordandosi del sabato. Il sabato è la pace. Senza dubbio questo sconosciuto si trovava in qualche inquietudine, se gemendo si ricordava della pace.
2 Signore nel tuo sdegno non
accusarmi e nella tua ira non castigarmi,
Orbene, questi narra e raccomanda a Dio l’inquietudine per cui soffre, temendo qualcosa di più grave dello stato in cui si trova. In effetti, chi si trova nel male lo dice apertamente e non c’è bisogno di interpretare né di ricorrere a sospetti o a congetture. Dalle sue parole risulta chiaro in quale male si trovi: non c’è bisogno che noi indaghiamo, ma che comprendiamo ciò che dice. E se non temesse qualcosa di peggio di ciò da cui era stretto, non comincerebbe col dire: Signore, nel tuo sdegno non mi rimproverare e non correggermi nella tua ira. Temendo costui più gravi mali, lasciando da parte la stessa vita, nelle cui sofferenze piange e geme, prega e dice: Signore non mi rimproverare nel tuo sdegno. Che io non sia tra coloro cui dirai: andate nel fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e gli angeli suoi. E non mi correggere nella tua ira, in modo da purificarmi in questa vita e da rendermi tale da non aver ormai più bisogno del fuoco della correzione, come accade per coloro che si salveranno, ma attraverso il fuoco.
3 perché le tue frecce si sono conficcate in me
e hai appesantito su di me la tua mano
Perché costui chiede di non essere rimproverato nello sdegno e di non essere corretto nell’ira? È come se dicesse: poiché già sono molte e grandi le sofferenze che subisco, ti prego che tu non le accresca. E comincia ad enumerarle, per soddisfare Dio, offrendo le sofferenze che patisce, onde non subirne di peggiori. Perché le tue frecce si sono conficcate in me ed hai aggravato su di me la tua mano.
4 non c’è sanità nella mia carne dinanzi alla tua ira,
non c’è pace per le mia ossa dinanzi ai miei peccati,
Finora parlava delle sofferenze che qui subiva; ed ora già parla dell’ira del Signore e quindi della vendetta del Signore. Di quale vendetta? Quella che ricevette in Adamo. Portiamo infatti un corpo mortale, ricolmo di tentazioni, pieno di affanni, oppresso da dolori corporali, schiacciato dal bisogno, mutevole, debole anche quando è sano, perché non è mai completamente sano. Perché diceva: non v’è sanità nella mia carne, se non perché quella che è detta salute in questa vita non lo è affatto per coloro che comprendono bene e si ricordano del sabato? Ciò che per il primo uomo era condanna, per noi è natura. Ecco perché l’apostolo dice: fummo anche noi per natura figli dell’ira, come gli altri. Per natura figli dell’ira perché portiamo il peso della vendetta. Ma perché dice fummo? Perché nella speranza non lo siamo più. Sta’ attento a quanto dice: perché nella speranza siamo stati salvati; ma la speranza che si vede non è speranza. Infatti, chi già vede una cosa, che spera più? Ma se speriamo ciò che non vediamo, con pazienza aspettiamo. E che cosa aspetta con pazienza? La salvezza. La salvezza di che cosa? Del corpo stesso: perché così ha detto: la redenzione del nostro corpo. Non c’è sanità nella mia carne di fronte al volto della tua ira. Non c’è pace per le mie ossa dinanzi ai miei peccati. Si suole chiedere di chi sia questa voce. Alcuni ritengono che si tratti della voce di Cristo, dato che nel salmo si dicono certe cose che si riferiscono alla passione di Cristo. Ma come avrebbe potuto dire colui che non aveva nessun peccato le parole: non c’è pace per le mie ossa al cospetto dei miei peccati? Noi non possiamo intendere queste parole se non riconoscendo che si tratta del Cristo pieno e totale, cioè capo e corpo. Quando il Cristo parla, talora parla solo in persona del capo, che è egli stesso, il Salvatore, nato da Maria vergine. Talaltra in persona del suo corpo, che è la santa Chiesa diffusa in tutto il mondo. Anche noi siamo nel suo corpo, se la nostra fede in lui è sincera, la nostra speranza sicura e la nostra carità ardente. Siamo nel suo corpo e siamo le sue membra e siamo perciò noi a parlare qui, come dice l’Apostolo: perché noi siamo le membra del suo corpo; concetto questo che l’Apostolo ripete in molti passi. E donde derivano allori i peccati, se non dal corpo che è la Chiesa? Chi parla dunque è il corpo di Cristo.
5 poiché le mie iniquità
hanno oltrepassato il mio capo.
Come un grave peso si sono aggravate sopra di me.
Perché le mie iniquità hanno oltrepassato il mio capo, come una pesante fascina hanno gravato su di me. La superbia fa sollevare il capo contro Dio e le iniquità gravano come fascina sull’uomo che le opera.
6 Si sono imputridite e corrotte le mie piaghe
a causa della mia stoltezza.
Sono imputridite ed hanno esalato cattivo odore le mie piaghe. Già più non è sano chi ha delle piaghe. Ed aggiunge che tali piaghe sono imputridite ed hanno esalato cattivo odore. Perché hanno esalato cattivo odore? Perché sono imputridite. E chi non sa in che modo questo sia spiegabile riguardo alla vita umana? Se uno ha sano l’olfatto dell’anima, sentirà in qual modo puzzano i peccati. Ma se non emanassero fetore per noi le nostre colpe, mai confesseremmo tra i gemiti: sono imputridite ed hanno esalato cattivo odore le mie piaghe. Perché? A causa della mia stoltezza. Prima aveva detto: davanti ai miei peccati, ed ora dice: a causa della mia follia.
7 Sono diventato un miserabile e sono stato piegato
fino in fondo. Tutto il giorno me ne andavo contristato,
Sono afflitto dalle miserie e curvato fino alla fine. Perché fu incurvato? Perché si era esaltato. Se sei umile, sarai esaltato; se ti esalti, sarai umiliato: non mancherà certo a Dio il peso onde schiacciarti. Ed il peso sarà quello: la fascina dei tuoi peccati che calerà sul tuo capo e ti curverà. Che significa infatti essere curvo? Non potersi alzare. Che significa: fino alla fine? Fino alla morte. Tutto il giorno, cioè senza sosta: per tutta la vita. Ma da quando se ne è accorto? Da quando ha cominciato a ricordarsi del sabato.
8 poiché i miei reni sono stati riempiti di illusioni
e non c’è sanità nella mia carne.
Perché l’anima mia è ricolma di illusioni e non c’è sanità nella mia carne. L’anima è piena di illusioni, la carne non ha salute: che cosa rimane di cui allietarsi? Non è forse inevitabile contristarsi? Tutto il giorno me ne andavo contristato. Sia dunque in noi la tristezza, finché la nostra anima non si sarà spogliata delle illusioni e il nostro corpo non si sarà rivestito della salute. La vera salute è l’immortalità.
9 Sono stato afflitto ed umiliato all’estremo.
Ruggivo per il gemito del mio cuore
Sono debole e umiliato oltremodo. Chi si ricorda della sublimità del sabato, da se stesso vede quanto sia umiliato. Infatti chi non è in grado di immaginare quale sia la profondità di quella quiete, nemmeno vede dove giace ora. Per questo in un altro salmo ha detto: io ho detto nella mia estasi: sono stato rigettato dalla vista dei tuoi occhi. Tale è quel non so che da me intravvisto nell’estasi, che mi rende conto di quanto ne sono lontano, io che ancora non sono colà. Scrive Paolo: ho udito parole ineffabili, che non è consentito all’uomo dire. Non è dunque il caso che chiediate a me o a chiunque altro cose che non è lecito all’uomo dire, dato che non fu lecito dirle a colui cui fu consentito ascoltarle. Orbene piangiamo e gemiamo nella confessione, riconosciamo dove siamo, ricordiamoci del sabato, e pazientemente aspettiamo ciò che egli ci ha promesso, egli che ha dato in se stesso a noi l’esempio della pazienza.
Ruggivo per il gemito del mio cuore. Voi osservate abitualmente i servi di Dio supplicare con i gemiti. Si avverte soltanto il gemito di qualche servo di Dio, sempre che esso giunga alle orecchie dell’uomo che gli sta vicino. C’è infatti un gemito nascosto che l’uomo non ode; tuttavia se l’intenso pensiero di un qualche desiderio occuperà il cuore, tanto che la ferita dell’uomo interiore pervenga ad esprimersi con voce più chiara, se ne cerca la causa. L’uomo che ascolta dice tra sé. Forse è per questo che geme e forse quest’altro gli è stato fatto. Chi può capirlo, se non colui dinanzi ai cui occhi ed alle cui orecchie geme? Per questo ruggivo, dice, per il gemito del mio cuore, in quanto gli uomini, quando odono il gemito dell’uomo odono il servo di Dio ruggire nel ricordo del sabato, ove è il regno di Dio che né carne né sangue possederanno.
10 Signore, davanti a te ogni mio desiderio
e il mio gemito non ti è nascosto.
E chi capiva perché ruggiva? Aggiunge: e dinanzi a te sta ogni mio desiderio. Non dinanzi agli uomini che non possono vedere il cuore, ma dinanzi a te sta ogni mio desiderio. Sia dinanzi a lui il tuo desiderio ed il Padre, che vede nel segreto, lo esaudirà. Il tuo desiderio è la tua preghiera. Se continuo è il desiderio, continua è la preghiera. Pregando senza interruzione desideri quel sabato. Non smettere di pregare. Il tuo desiderio continuo sarà la tua continua voce. Tacerai se cesserai di amare.
11 Il mio cuore è sconvolto,
mi ha abbandonato la mia forza e la luce
dei miei occhi anche quella non è con me.
Il mio cuore si è turbato. Per che cosa si è turbato? E mi ha abbandonato la mia forza. Spesso irrompe in noi repentinamente un non so che cosa; ne nasce il turbamento del cuore, trema la terra, dal cielo echeggiano tuoni, scoppia un assordante fragore, strepito e magari ecco anche un leone che ci sbarra la strada. Ne siamo turbati, i ladroni tendono insidie. Ecco il turbamento, lo spavento e da ogni parte ci assale la paura. Perché tutto questo? Perché mi ha abbandonato la mia forza. Se tale forza non mi abbandonasse che cosa temerei? Perché mi ha abbandonato? E la luce dei miei occhi non è con me. Si nascose ad Adamo la luce dei suoi occhi. Infatti la luce dei suoi occhi era Dio stesso. Avendolo offeso, fuggì nell’ombra e si nascose tra gli alberi del paradiso. Aveva paura del volto di Dio e cercò l’ombra degli alberi. Ormai tra gli alberi non aveva più la luce degli occhi di cui era solito rallegrarsi. Ebbene: egli ha perduto all’origine la luce degli occhi, noi l’abbiamo perduta perché da lui discendiamo. Questo soffre l’uomo nel suo intimo, con sé, in se per se stesso e nessuno, all’infuori di sé medesimo ne é la causa: ha meritato egli stesso la sua pena.
12 I miei amici e i miei vicini
contro di me si sono avvicinati
e si sono fermati e quelli che erano accanto a me
sono stati fermi da lontano.
I miei amici e i miei parenti si sono avvicinati e si sono posti contro di me. Intendi che cosa vuol dire con le parole: sono stati contro di me. Già intendiamo le parole del capo, già comincia a illuminarsi nella Passione il nostro capo. Ma allorché il capo comincia a parlare, non separare da esso il suo corpo. Se il capo non ha voluto separarsi dal corpo, oserà il corpo separarsi dalle sofferenze nel Capo? Soffri in Cristo, così come Cristo, in un certo senso, ha peccato nella tua debolezza. Poiché ora parlava dei tuoi peccati con la sua bocca e li diceva suoi. Affermava infatti: davanti ai miei peccati, mentre non erano suoi. Ebbene come egli ha voluto che i nostri peccati fossero suoi a cagione del suo corpo, vogliamo anche noi che le sue sofferenze siano nostre a cagione del nostro capo. Prepariamoci dunque anche noi a sedere alla medesima mensa; non respingiamo quel calice, onde trovare attraverso la sua umiltà il desiderio della sua sublimità. I miei amici e i miei parenti si sono avvicinati e si sono posti contro di me; e i parenti sono stati lontani. Quali parenti si sono avvicinati e quali sono stati lontani? Parenti erano i giudei, poiché erano consanguinei e si sono avvicinati quando lo hanno crocifisso. Parenti erano anche gli apostoli; e tuttavia sono stati lontani per non soffrire insieme con lui. Si possono anche intendere le parole “i miei amici” nel senso di coloro che hanno finto di essere amici allorché hanno detto: sappiamo che insegni nella verità la via di Dio; quando hanno cercato di tentarlo chiedendogli se doveva o no essere pagato il tributo a Cesare. Volevano sembrare amici; ma egli non aveva bisogno che qualcuno gli rendesse testimonianza dell’uomo, perché sapeva che cosa c’era nell’uomo, al punto che alle loro parole amichevoli ha risposto: perché mi tentate ipocriti?
13 E facevano violenza quelli che cercavano l’anima mia,
e quelli che cercavano il male
contro di me hanno detto vanità
e meditavano inganni tutto il giorno.
E facevano violenza coloro che cercavano la mia vita. Coloro che cercavano la sua vita erano lontani da essa, ma la cercavano per ucciderla. Chi è che cerca a fin di bene la sua anima? Colui che imita le sue sofferenze. E chi sono coloro che cercavano a fin di male la sua anima? Coloro che gli facevano violenza e lo crocifiggevano. Continua: coloro che cercavano il mio male, hanno detto vanità. Cosa vuol dire? Forse avrà voluto dire: cercavano le mie colpe. Perché hanno cercato che cosa dire contro di lui e non hanno trovato. Cercavano il male nel buono, cercavano il delitto nell’innocente poiché cercavano i peccati in colui che non aveva alcun peccato non restava loro che inventare ciò che non avevano trovato. Hanno detto vanità, cioè non verità. E tutto il giorno meditavano inganni, cioè senza sosta tramavano tranelli.
14 Ma io come un sordo non sentivo
ed ero come un muto che non apre la sua bocca.
15 E sono diventato come un uomo
che non sente e non ha repliche nella sua bocca.
Ma io come un sordo non udivo. Colui che non rispondeva a ciò che udiva è come se non avesse udito. Sono divenuto come un uomo che non ode e non ha repliche nella sua bocca; come se non esistesse di che parlar loro. Non perché non aveva che cosa dire, ma perché aspettava che essi compissero tutte le profezie che si riferivano a lui, del quale appunto sta scritto: come pecora senza voce in presenza del tosatore, non aprì la sua bocca. Era dunque necessario che tacesse nella Passione colui che non tacerà nel giudizio.
16 Poiché in te, Signore,
ho sperato, tu esaudirai, Signore, Dio mio.
Perché in te, o Signore, ho sperato, tu mi esaudirai, o Signore, Dio mio. Ti esorta a fare così, se per avventura ti troverai nella tribolazione. Forse cerchi di difenderti e nessuno si assume la tua difesa e già ti turbi, come se avessi perduto la tua causa, in quanto non disponi della difesa o della testimonianza di nessuno. Custodisci dentro di te la tua innocenza, dove nessuno può vincere la tua causa. Ha prevalso contro di te un falso testimone, ma di fronte agli uomini. Avrà forse valore presso Dio, dove la tua causa deve essere discussa? Quando il giudice sarà Dio, non ci sarà altro testimone della tua coscienza.
17 Poiché ho detto: Non sia mai
che godano di me i miei nemici,
che al vacillare dei miei piedi
contro di me hanno parlato con arroganza
Perché ho detto: non sia mai che esultino contro di me i miei nemici e già nel vacillare del mio piede, hanno detto grandi cose contro di me. Di nuovo torna alla debolezza del suo corpo e ancora una volta il capo sta attento ai suoi piedi. Non è in cielo sino al punto da abbandonare ciò che ha in terra; ma per certo guarda e ci vede. Talvolta infatti, così è questa vita, i nostri piedi vacillano e cadono in qualche peccato. Allora si levano le lingue perverse dei nemici. Parlano senza mitezza e in tono aspro godendo di aver trovato qualcosa di cui dovrebbero dolersi. E ho detto: non sia mai che esultino contro di me i miei nemici. Questo ho detto e tuttavia allo scopo di correggermi hai permesso loro di dire grandi cose contro di me. Mentre vacillano i miei piedi, cioè si sono fatti grandi, hanno detto molte cose malvagie mentre vacillavo.
Perché io sono pronto alle sofferenze. Come se dicesse: per questo sono nato, per subire le sofferenze. Altrimenti non sarebbe nato da Adamo, cui le sofferenze sono dovute. Ma talvolta i peccatori in questa vita non soffrono, oppure soffrono meno di altri, perché ormai la loro disposizione è senza speranza. Ma coloro per i quali è preparata la vita eterna è necessario che qui soffrano. Dio infatti corregge chi ama e flagella ogni figlio che accoglie. Non mi insultino perciò i miei nemici, non dicano grandi cose contro di me. Se il Padre mi flagella, io sono pronto alle sofferenze, perché per me è preparata l’eredità. Non vuoi la sofferenza, ebbene non ti sarà data l’eredità. Perciò ogni figlio è necessario che sia castigato.
18 Poichè io sono pronto
ai flagelli e il mio dolore
mi sta sempre davanti.
19 Poiché proclamerò la mia iniquità
e rifletterò sul mio peccato.
E il mio dolore è sempre dinanzi a me. Quale dolore? Forse quello del castigo. Per la verità, fratelli miei, vi dirò che gli uomini si dolgono dei loro castighi, ma non si dolgono del perché sono castigati. Non così era costui. Se il cuore è ricolmo di Dio, tuo bene, perché non dici: il Signore ha dato, il Signore ha tolto? Come al Signore è piaciuto così è stato fatto. Sia benedetto il nome del Signore.
Di che cosa dunque si doleva costui? Per le sofferenze che subiva? No di certo. Perché io confesso la mia ingiustizia e sto in pena per il mio peccato. Ecco donde deriva il dolore. Non dal castigo: dalla ferita, non dalla medicina. Il castigo è infatti un rimedio contro i peccati. Si deve piangere insomma nel modo in cui avete udito piangere costui. Perché io confesso la mia ingiustizia e sto in pena per il mio peccato.
20 Ma i miei nemici vivranno
e si sono rafforzati più di me
e si sono moltiplicati quanti
mi odiano ingiustamente.
Ma i miei nemici vivono. Essi stanno bene, si godono la felicità del secolo, mentre io soffro e ruggisco per il gemito del mio cuore. In qual modo vivono i suoi nemici, dato che di costoro ha già detto che hanno proferito cose vane? Ascolta quanto dice anche in un altro salmo: i figli di costoro come nuove piante allevate, le loro figlie sono figure d’ornamento come quelle del tempio, le loro dispense sono piene e traboccano di questo e di quello, i loro buoi sono grassi e le loro pecore feconde; nessuna breccia nella siepe né allarme nelle loro piazze. Vivono dunque i miei nemici. Questa è la loro vita. Questa vita lodano, questa amano, questa posseggono per loro sciagura.
21 Quelli che mi rendono male per bene mi calunniavano
perché seguivo la rettitudine.
Mi denigravano coloro che rendono male per bene, perché ho perseguito la giustizia. Che significa ho perseguito la giustizia? Non l’ho abbandonata. Ascolta il nostro capo che piange nella sua passione. E hanno rigettato me che ero il prescelto, esecrato come morto. Era poco esser morto perché anche esecrato? Perché è stato crocifisso. Infatti questa morte sulla croce era presso costoro ignominiosa in quanto non comprendevano ciò che sta scritto nella profezia: maledetto ognuno che pende dal legno. Perché non lui ha portato la morte, ma l’ha trovata trasmessa qui dalla maledizione del primo uomo. Accettando la nostra stessa morte ha inchiodato al legno quella morte che era venuta per mezzo del peccato. Il Figlio di Dio è morto della morte, che gli derivava dalla sua carne mortale, affinché tu non creda che egli non essendo maledetto, non sia perciò realmente morto. Egli è giunto pienamente alla vera morte, perché noi pervenissimo alla vera vita.
22 Non abbandonarmi, Signore,
Dio mio , non allontanarti da me.
Non mi abbandonare, o Signore Dio mio, non ti allontanare da me. Diciamolo in lui, per lui, dato che egli intercede per noi. E tuttavia egli aveva detto: Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato? E ora dice: Dio mio, non ti allontanare da me. Se non si allontana dal corpo, si è forse allontanato dal capo? Quella voce, dunque, non era altro che quella del primo uomo. Mostrando con tali parole di rivestire la vera carne dice: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Non lui aveva abbandonato Dio. Se non abbandona te che credi in lui, abbandonerà Cristo il Padre, che con il Figlio e lo spirito Santo è un solo Dio? Dunque quella era la voce della debolezza, era la voce nostra, con la quale è stato detto: perché mi hai abbandonato? In questo senso ha detto: le parole dei miei peccati, come se dicesse: queste sono le parole che sono state trasferite in me dalla persona del peccatore.
23 Volgiti in mio aiuto,
Signore della mia salvezza.
Accorri in mio aiuto, o Signore della mia salvezza. Questa è la salvezza, o fratelli, della quale hanno parlato i Profeti, come dice l'apostolo Pietro, e non l'hanno ottenuta coloro che l’hanno cercata; ma l’hanno preannunciata e noi siamo venuti ed abbiamo trovato ciò che essi hanno cercato. Ma ecco anche noi non ancora l’abbiamo ricevuta. Soltanto alla fine riceveremo la salvezza eterna in modo che, contemplando la gloria di Dio e vedendo il suo volto, lo loderemo in eterno, senza difetto, senza castigo di iniquità, senza perversità di peccato. Saremo infatti in quella città dove il nostro bene è Dio, la luce è Dio, il pane è Dio, la vita è Dio. In lui sarà la pace di cui ora dobbiamo ricordarci dolendoci della sua assenza. Ricordiamoci di quel sabato nel cui ricordo sono state dette tante cose e tante dobbiamo dire e dicendole non dobbiamo mai tacere, non con la bocca ma col cuore.
Dai Padri
1 Ruperto il Cristo prega per quanti riconoscono il loro peccato; parla in prima persona, ma è di loro che parla. Ha compassione di quelli che sono nell’ignoranza e peccano, come uno che è stato tentato su tutto, tranne il peccato.
Origene: come nel salmo 6,1 fa appello al medico, non al giudice.
Eusebio: Signore, correggimi con le parole di salvezza e fa’ che non sia riservato per il giorno dell’ira.
Ambrogio: vuole essere istruito mediante la dottrina, non punito nell’ira.
Girolamo: dal versetto 12 in poi questo salmo si applica al Cristo.
Eusebio: rifiuta gli angeli malvagi del salmo 77,49.
Ambrogio: l’ira si compie per mezzo degli angeli malvagi.
2 Origene: le frecce del Signore non l’hanno raggiunto invano.
Eusebio: le frecce della sua collera bevono il mio sangue (Giobbe 6,4).
Cirillo Alessandrino e Atanasio: le potenze vendicatrici.
Agostino: ciò che fu castigo per il primo uomo è per noi la nostra natura.
Beda: frecce sono tutte le miserie umane contratte da Adamo, perché siamo figli di ira, per natura.
Eusebio: la mano del Signore mi ha toccato.
3 Eusebio e Girolamo intendono l’espressione “a facie” nel senso di: a causa di.
Atanasio: il peccato è la causa dell’infermità.
Agostino: voce del Cristo, caricato dei nostri peccati.
4 Atanasio: il pesante fardello dei miei peccati mi spezza per il dolore. La pesantezza esprime il movimento della coscienza verso la disperazione.
Ambrogio: venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi consolerò.
5 Origene: ha il senso del peccato.
6 Origene: Beati quelli che piangono.
8 Atanasio: quando castighi la mia coscienza, vedo così bene il mio male che il mio cuore prorompe in gemiti.
9 Cirillo Alessandrino: gemo davanti a te solo, non davanti agli uomini. Tu conosci ciò che desidero, e sai che non è il mio piacere.
10 Origene: la luce dei miei occhi: la contemplazione di Dio che svanisce durante la tentazione.
Cirillo Alessandrino: il mio cuore è turbato e il mio spirito si è ottenebrato.
12 Cirillo Alessandrino: il Cristo ha sofferto questo per noi.
14 Ambrogio: maledetto, non malediceva (Isaia 53,9), per tener lontana, con l’attenzione della mente, la voce di colui che parlava.
15 Ambrogio: la tua grazia ci fa più beati della nostra innocenza.
16 Cirillo Alessandrino: ciò che non vuole è che il nemico lo vinca e poi bestemmi Dio.
17 Atanasio: si offre ai flagelli.
18 Atanasio: accuso me stesso.
Girolamo: è stato fatto maledizione per noi (Galati 3,13).
Cirillo Alessandrino: ho riflettuto a lungo sul mio peccato.
Ambrogio: il servo che si offre per essere punito, placa la collera del padrone.
Girolamo: sono triste per il mio peccato
19 Atanasio: i miei nemici vivono: egli invece è stato reciso dalla terra dei viventi (Isaia 53,8). Sono per loro come un morto.
Cirillo Alessandrino: vivono, quindi possono fare quello che vogliono contro di me.
20 Girolamo: il bene che il Cristo seguiva era la volontà del Padre.
21 Agostino: il Cristo trasfigura in sé la persona del primo uomo che, in una certa misura, viene deposto. Il nostro uomo vecchio è inchiodato sulla croce con lui.
22 Eusebio: la fine del salmo mostra il salmista vinto dai nemici, almeno per un certo tempo. Non gli resta che una sola speranza: la liberazione divina. Questo salmo è in stretto rapporto col seguente.
salmo 38
1 per la fine, di Idithun, cantico di Davide
2 Ho detto: custodirò le mie vie;
per non peccare con la mia lingua.
Ho posto alla mia bocca
una custodia mentre il peccatore stava davanti a me.
3 Sono rimasto muto e umiliato, ho taciuto il bene,
e il mio dolore si è rinnovato.
4 Dentro di me si è infiammato il
mio cuore e nella mia meditazione divamperà un fuoco.
5 Ho detto con la mia lingua:
Fammi conoscere Signore, il mio termine
e qual è il numero dei miei giorni, perché io
sappia che cosa mi manca.
6 Ecco hai stabilito misurabili i miei giorni e la mia sostanza
come un nulla davanti a te.
Davvero è tutta vanità ogni uomo che vive pausa
7 Certo come un’ombra passa l’uomo, e per di più
invano si agita, accumula tesori e non sa
per chi li raccoglierà.
8 E ora, qual è la mia attesa? Non forse il Signore?
E la mia sostanza è presso di te.
9 Liberami da tutte le mie iniquità, obbrobrio allo stolto mi hai dato .
10 Sono rimasto muto e non ho aperto la mia bocca
poiché tu mi hai fatto.
11 Allontana da me i tuoi flagelli.
12 Per la forza della tua
mano io sono venuto meno nei
rimproveri. Per l’iniquità hai colpito l’uomo
e hai fatto dissolvere come ragnatela la sua anima.
Davvero invano si agita ogni uomo. pausa
13 Esaudisci la mia preghiera,
Signore, e la mia supplica.
Afferra con le orecchie le mie lacrime.
Non stare in silenzio, perché io
sono straniero presso di te e
pellegrino come tutti i miei padri.
14 Perdonami, perché io abbia
refrigerio, prima che me ne vada e più non sia.
Da Sacy
1 per la fine, di Idithun, cantico di Davide
Idithun era al tempo di Davide uno dei capi di tutti i cantori destinati a cantare e a suonare strumenti in lode di Dio. Questo salmo doveva essere cantato a motivo della così sublime dottrina in esso contenuta e doveva esserlo non solo per un tempo, ma per sempre, poiché non si dovevano mai dimenticare le verità eccellenti che esso racchiude.
2 Ho detto: custodirò le mie vie;
per non peccare con la mia lingua.
Ho posto alla mia bocca
una custodia mentre il peccatore stava davanti a me.
3 Sono rimasto muto e umiliato, ho taciuto il bene,
e il mio dolore si è rinnovato.
4 Dentro di me si è infiammato il
mio cuore e nella mia meditazione divamperà un fuoco.
5 Ho detto con la mia lingua:
Fammi conoscere Signore, il mio termine
e qual è il numero dei miei giorni, perché io
sappia che cosa mi manca.
Vedendo Davide messa a dura prova la sua pazienza allorché Semei lo assalì con aspri rimproveri, rientrò in se stesso e si risolvette di vegliare molto sopra di sé per impedire che uscisse dalla sua bocca alcuna parola da cui Dio potesse rimanere offeso. In tale importanti occasioni riesce difficilissimo contenere la lingua in modo che non si dica se non ciò che è lecito all’uomo. Il timore che hanno i servi di Dio di offendere la carità, la mansuetudine o l’umiltà, li porta piuttosto a tacere del tutto, ad umiliarsi dinanzi a Dio e ad astenersi perfino da dire cose buone. Così fece Davide che non disse neppure una parola a Semei. Quello che egli aggiunge “si era inasprito il suo dolore” può indicarci o che il silenzio da lui osservato aveva accresciuto il suo dolore o che la grande compassione da cui fu mosso vedendo il suo nemico non in grado di ricevere alcuna correzione lo afflisse più di prima; oppure che il santo re ingiuriato da Semei si ricorda al tempo stesso dell’oltraggio che egli medesimo aveva fatto a Dio. Sentendosi come trafitto dalle acute frecce del suo peccato, invece di pensare a rintuzzare le invettive del suo nemico taceva, considerando con estremo dolore come egli aveva usato offendere un Dio così pieno di bontà. Il silenzio di Davide e l’inasprirsi del suo dolore produsse un altro effetto: il suo cuore si infiammò dentro di lui e si accese un fuoco mentre era egli occupato a meditare intorno a queste cose. Secondo la spiegazione di Sant’Ambrogio pensando i suoi peccati sentì divampare in seno una fiamma non già distruttrice e vorace, ma una fiamma quale fu vista da Mosè nel Roveto del deserto, fiamma che sempre ardeva senza mai consumarsi, una fiamma che non serve se non a distruggere il peccato e a purificare il cuore, una fiamma che si accende con la meditazione delle divine Scritture; una fiamma simile a quella di cui parlavano i due discepoli che si dicevano con un altro, dopo che era loro apparso Gesù Cristo: non era forse il nostro cuore tutto infiammato dentro di noi allorché ci spiegava le Scritture? Questa divina fiamma della carità si accese nell’intimo del cuore del santo profeta, quando egli pensava ai suoi peccati per riconoscere più umilmente la misericordia del Signore e l’ingiustizia dei peccatori che tanto insolentemente abusano della pazienza di Dio.
5 Ho detto con la mia lingua:
Fammi conoscere Signore, il mio termine
e qual è il numero dei miei giorni, perché io
sappia che cosa mi manca.
6 Ecco hai stabilito misurabili i miei giorni e la mia sostanza
come un nulla davanti a te.
Davvero è tutta vanità ogni uomo che vive pausa
7 Certo come un’ombra passa l’uomo, e per di più
invano si agita, accumula tesori e non sa
per chi li raccoglierà.
8 E ora, qual è la mia attesa? Non forse il Signore?
E la mia sostanza è presso di te.
Il fuoco di cui ardeva il santo profeta, essendo simile a quello della Pentecoste, gli dava come una nuova lingua, affinché parlasse un linguaggio proprio non dell’uomo vecchio, ma del nuovo. Non invano, dice Davide in questo luogo, egli ha sciolto la sua lingua come se qualcuno potesse parlare con la lingua di altri. Intende dunque da salmista che per parlare a Dio riguardo a ciò che doveva chiedergli si era servito non di una lingua nota alla moltitudine degli uomini ma di una lingua imparata dallo Spirito del Signore. Ma cosa domandava a Dio il santo profeta nel segreto linguaggio del suo cuore? Forse che gli facesse conoscere quanto spazio di vita ancora gli rimaneva, come se per una semplice curiosità avesse desiderato sapere il giorno della sua morte? No certamente! Temerario sarebbe stato un simile desiderio e contrario all’ordine di Dio che vuole che l’uomo ignori questo giorno, affinché sia sempre più costretto a vegliare su di sé. Chiedeva a Dio che non permettesse che nel sublime grado in cui era si abbandonasse ai deliri della mente umana, che facilmente si persuade che sia assai lungo il tempo che l’uomo ha da vivere in questo mondo, perché questo lo spinge ad affaticarsi dietro faccende del tutto temporali. Per preservarlo da tale disavventura volesse Dio fargli comprendere quanto è breve il corso della vita, quanto limitata la misura prescritta ai suoi giorni e per conseguenza quanto vicina l’ora dell’ultimo suo fine.
La persecuzione allora sofferta dal re Davide lo metteva più che mai in condizione di pensare alla brevità ed alla estrema fragilità della vita. Questo luogo si spiega ancora molto semplicemente in relazione alla tristezza in cui era Davide, vivendo in mezzo a tanti scandali e per il desiderio che aveva dell’altra vita, al cui confronto la presente deve essere considerata come un soffio. Se vogliamo intendere come ha fatto Sant’Agostino in un senso più spirituale, si può dire che il re profeta, poiché il suo cuore rimase infiammato dal fuoco della carità, in quel silenzio in cui l’uomo, poco trattenendosi con i simili, parla spessissimo con Dio, gli chiese che volesse a lui far conoscere la sua fine, cioè la perfezione a cui lo destinava e che egli anche esprime col numero e con la misura dei giorni che qui si ricordano dal salmista. Fammi dunque ben comprendere, diceva egli a Dio, quanto io sia lontano da te e di quante cose io abbia bisogno, affinché ricordandomi continuamente del cammino che mi resta da fare io mi guardi dal fermarmi a mezza strada o dall’andare indietro e non avanti. Come se il santo re avesse già ottenuto almeno in parte l’effetto della sua domanda, esclama: quanto limitata è la misura dei miei giorni, o mio Dio! Che cosa mai sono io se non un nulla alla tua presenza? Vuol dire che essendo illuminato in quel momento da un raggio divino, dal quale venne abbagliata all’improvviso la sua vita, non ebbe più voce per esprimere lo stupore in cui si trovava assorto per l’estrema sproporzione che scorgeva fra Dio e l’uomo, fra ciò che era allora e ciò che doveva essere un giorno per arrivare all’ultimo suo fine.
Veramente ogni uomo che vive sopra la terra è tutto vanità. Tale è il frutto della santa meditazione della re profeta e della conoscenza del fine dell’uomo da lui chiesta a Dio. Egli proclama a tutta la terra che non è che vanità ogni uomo che vive quaggiù e una vanità generale e universale: in qualunque maniera e da qualsiasi lato si guardi o nella sua nobiltà o nella sua bellezza o nella sua forza o nella sua sapienza, qualora non sia premuroso di seguire lo Spirito e la sapienza del Signore. È poi degno di osservazione che colui che parla non è un uomo del volgo, ma un re, il quale dichiara che non c’è verità più grande di questa. L’uomo passa nel mondo presente come in figura o come ombra. Tutto quanto si offre ai suoi occhi, tutte le ricchezze, tutti gli onori tutti i piaceri che lusingano la suo cupidigia sono piuttosto una apparenza che vera realtà: sono immagini dei veri beni, dei fondati piaceri e della vera gloria. Oppure secondo i padri egli intende che l’uomo stesso passa come un’immagine e un’ombra che fugge e si dilegua in un baleno. E ciò nonostante l’uomo è così cieco che non cessa di agitarsi per questa vita così breve come se dovesse durare un’eternità. Ci affatichiamo a contendere per i beni mondani, ci facciamo la guerra, ci esponiamo a mille pericoli sommari, passiamo tutta la vita nell’agitazione e la morte prontamente pone termine a giorni così tumultuosi. Davide parlava in questo modo per l’esperienza fatta da se stesso. Avendo reso il suo regno assai più florido e più potente di quanto non fosse prima, avendo soggiogato molti popoli e ridottili suoi tributari, vide tutto un tratto il proprio suo figliolo ribellarsi contro di lui ed impossessarsi dei suoi tesori. Questo gli fece dire a ragione che l’uomo si inquieta e si turba vanamente, allorché si affatica ad accumular tesori non sapendo perché li accumula.
8 E ora, qual è la mia attesa? Non forse il Signore?
E la mia sostanza è presso di te.
9 Liberami da tutte le mie iniquità, obbrobrio allo stolto mi hai dato .
10 Sono rimasto muto e non ho aperto la mia bocca
poiché tu mi hai fatto.
11 Allontana da me i tuoi flagelli.
Ed ora cioè dopo avermi tu così sensibilmente fatto conoscere con il lume del tuo spirito e con la mia propria esperienza quanto sia vana la inquietudine degli uomini posso io in altra cosa fuori di te riporre la mia fiducia? Non sei tu tutto il mio tesoro, tutto il mio appoggio e tutta la mia speranza? Ma quanto più bramo di accostarmi al mio bene supremo tanto più mi accorgo quanto io ne sia lontano a causa dei miei peccati. Per questo io ti chiedo Signore che tu voglia rimuovere da me un tale ostacolo, purificandomi non solo dai delitti che ho commesso ma da tutte le mie iniquità, cioè da tutto quello che vedi in me opposto alla tua giustizia. Per questo, Dio mio, tu mi hai reso l’oggetto della beffa e del disprezzo di un uomo insensato che mi ha insultato con i più terribili oltraggi. Io l’ho sopportato senza aprire la mia bocca, sapendo che tu hai voluto tutto questo. Solamente allontana da me le tue piaghe. Sollevando il suo cuore a Dio, Davide gli domanda non di togliergli il castigo ma di allontanare da lui le piaghe delle tenebre e dell’indurimento del peccato. Le tenebre dell’accecamento, in cui cade un’anima, allorché costringe con le sue infedeltà il Signore ad allontanarsi da lei, si possono propriamente nominare le piaghe con cui Dio punisce gli uomini da lui riprovati. Ne abbiamo un tremendo esempio nella persona di faraone.
12 Per la forza della tua
mano io sono venuto meno nei
rimproveri. Per l’iniquità hai colpito l’uomo
e hai fatto dissolvere come ragnatela la sua anima.
Davvero invano si agita ogni uomo. pausa
Quando tu punisci l’uomo a causa della sua iniquità dissolvi l’anima sua come ragnatela. In verità si turbano invano e si inquietano tutti gli uomini . L’orgoglio rende gli uomini simili ai malati, la cui forza consiste tutta nella loro malattia. Agostino dice che Dio usa loro grazia guidandoli con i suoi castighi alla conoscenza della loro debolezza, a una specie di consapevolezza del proprio nulla affinché non trovino più la loro forza se non in Lui solo. In questo modo operò Dio nei confronti di Davide, il quale soggiacendo alla potenza del suo braccio e al peso dei suoi castighi riconosceva la giustizia di un trattamento che abbatteva il suo orgoglio e serviva a sottometterlo al suo divino padrone. Un altro dotto commentatore considerando che il principe che domanda qui a Dio che allontani le sue piaghe da lui è lo stesso che ha proclamato nel salmo precedente di essere pronto ai suoi castighi ha perciò spiegato queste parole in un altro senso che egli crede sia meno letterale e più spirituale. Egli dice dunque che per potenza o peso della mano di Dio che faceva consumare il re Davide, quando lo riprese nel suo furore, si può intendere detto della così terribile piaga, di cui già si è parlato, cioè del funesto castigo, con cui egli punì il suo primo delitto, che fu un adulterio, allorché permise che egli cadesse nell’orribile accecamento che lo spinse a commettere un omicidio e a passare molti mesi in uno stato così colpevole senza poter rientrare in se stesso. La più terribile di tutte le pene, dice un interprete è che un delitto diventi il castigo di un altro delitto, come San Paolo stesso ha osservato scrivendo ai Romani che Dio per punire gli uomini perché non l’avevano glorificato dopo averlo conosciuto li aveva abbandonati alle sregolatezze del loro cuore. Quindi il profeta avendo dichiarato che si consumava sotto la potenza del braccio di Dio che l’aveva ripreso nel suo furore, ha dimostrato quanto grande sia la debolezza e la miseria dell’uomo, che non ha più la forza di Dio per appoggio e che al contrario non sente più la potenza del braccio divino se non per esserne aggravato. Passando da se stesso agli altri uomini attesta che i loro peccati spesso sono puniti da Dio nella sua collera quando, allontanandosi sempre di più da Lui, permette che si inaridiscono e si consumino miseramente in mille pene e in mille inutili sollecitudini, come la ragnatela che logora tutta la propria sostanza nel prendere mosche. Questo fa esclamare al salmista come prima: in verità ogni uomo si turba e si inquieta invano, poiché qual giovamento avrà l’uomo dall’aver acquistato tutto il mondo se perde l’anima sua?
13 Esaudisci la mia preghiera,
Signore, e la mia supplica.
Afferra con le orecchie le mie lacrime.
Non stare in silenzio, perché io
sono straniero presso di te e
pellegrino come tutti i miei padri.
14 Perdonami, perché io abbia
refrigerio, prima che me ne vada e più non sia.
L’aspetto del castigo così terribile della collera divina, di cui abbiamo parlato o, secondo altri, il peso delle afflizioni a cui era esposto Davide, lo porta a indirizzare a Dio la sua preghiera per impietosirlo con i suoi sospiri e con le sue lacrime. È ammirabile, soprattutto nella bocca di un grande re, la ragione che egli presenta per muoverlo a non osservare il silenzio e a non essere sordo alla sua voce. Perché, dice egli a Dio, sono alla tua presenza come un pellegrino e un viandante, come erano tutti i miei padri e non fermandomi sopra la terra, ma camminando di continuo per giungere alla mia vera patria imito in ciò l’esempio di Giacobbe, di Isacco e di Abramo che non hanno mai considerato la terra che tu avevi loro promessa se non come l’immagine di quella del cielo. Alcuni spiegano in un altro modo questo passo e dicono che Davide, considerando che egli doveva presto abbandonare questo mondo in cui non era che un viandante, come viandanti furono in esso tutti i suoi padri, prega Dio che gli rivolga il suo sguardo benigno per ascoltare e per esaudire la sua preghiera prima che fosse prevenuto dalla morte. Ma se alla fine chiede egli con tanto affanno e con tante lacrime, chiede forse di essere sollevato nelle pene da lui sofferte? Anche se molti intendono in questo modo, il senso che sembra più naturale di questo passo relativamente alla santa disposizione del profeta, è che egli chiedeva a Dio che gli facesse conoscere prima di morire che non era più adirato contro di lui e che glielo facesse conoscere dandogli la consolazione di togliere da lui il peso della sua mano. Perciò egli propriamente domandava la pace del Signore e non la fine dei suoi mali. Egli sapeva che nel tempo della vita presente, che è quello della misericordia, si deve chiedere a Dio che dica alla nostra anima di essere la sua salvezza, ispirandoci un’umile fiducia che per noi è quel divino sollievo del tutto necessario prima che partiamo da questo mondo e più non siamo. Per conciliare i vari sentimenti degli interpreti riguardo all’argomento di questo salmo, si può dire che esso racchiude ugualmente i due sensi letterali, l’uno che riguarda la persona di Davide perseguitato da Assalonne e l’altro che riguarda la persona del Figlio di Dio nato secondo la carne.
Da Agostino
1 per la fine, di Idithun, cantico di Davide
Il titolo di questo salmo è: Per la fine, per Idithun. Ascoltiamo come si interpreta questo nome e nell’interpretazione stessa del nome cerchiamo l’intelligenza della verità. Idithun significa: colui che li attraversa. Chi è dunque costui che attraversa? E chi attraversa? Perché non è detto semplicemente colui che attraversa, ma: colui che li attraversa. Attraversando canta, oppure cantando attraversa? Se qualcuno attraversando ha cantato tenendosi ancora stretto alla terra, desideri di essere ciò che ha cantato. Infatti è appunto di coloro che sono stretti alla terra, che sono curvi sulla terra, che pensano alle cose infime e ripongono la loro speranza nelle cose che passano, ad essere oltrepassati da questi che è chiamato colui che li oltrepassa. Chi ha oltrepassato infatti se non coloro che restano terra? Sapete che alcuni salmi sono chiamati “cantico dei gradi”. Sono infatti gradini, ma ascendenti, non discendenti. Ma questa ascensione e questo transito non si effettuano con i piedi, con le scale e con le ali. Tuttavia, se poni mente all’uomo interiore, sono fatti e con i piedi e con le scale e con le ali. Se non fossero fatti con i piedi, perché l’uomo interiore direbbe: non mi venga addosso il piede della superbia? Se non fossero fatti con le scale, che cos’è quella che vide Giacobbe e sulla quale salivano e discendevano gli angeli? Se non avvenissero con le ali, chi potrebbe dire: chi mi darà leali come le colombe e volerò e mi riposerò? Ma nelle cose temporali, una cosa sono i piedi, un’altra le scale ed un’altra ancora le ali. Nell’intimo invece i piedi le scale, le ali sono gli affetti della buona volontà. Con questi camminiamo, ascendiamo, voliamo.
2 Ho detto: custodirò le mie vie;
per non peccare con la mia lingua.
Ho posto alla mia bocca
una custodia mentre il peccatore stava davanti a me.
Non stare in silenzio, perché io
sono straniero presso di te e
pellegrino come tutti i miei padri.
14 Perdonami, perché io abbia
refrigerio, prima che me ne vada e più non sia.
Custodirò le mie vie, per non peccare nella mia lingua. Custodisci dunque le tue vie o Idithun e non peccare nella tua lingua, stai bene attento a quanto dirai, scruta, osserva l’ interiore verità ed in questo modo rivolgiti all’ascoltatore esterno. Per chi dunque vuoi custodire le tue vie, affinché la tua lingua non pecchi e poni una custodia alla tua bocca? Mentre il peccatore sta contro di me. Non sta dinanzi a me, ma sta contro di me.
3 Sono rimasto muto e umiliato, ho taciuto il bene,
e il mio dolore si è rinnovato.
Divenni sordo e fui umiliato e tacqui nelle cose buone. Mentre troppo temo, per non dire qualcosa di male, ho taciuto anche ogni cosa buona. Come potevo dire cose buone, se non perché le udivo? Tacqui, infatti,, sulle cose buone. Il mio dolore si è rinnovato. Nel silenzio aveva quasi trovato quiete quel tale dolore che mi avevano inflitto i calunniatori. Ma appena ho taciuto sulle cose buone, il mio dolore si è rinnovato.
4 Dentro di me si è infiammato il
mio cuore e nella mia meditazione divamperà un fuoco.
5 Ho detto con la mia lingua:
Fammi conoscere Signore, il mio termine
e qual è il numero dei miei giorni, perché io
sappia che cosa mi manca.
E nella mia meditazione si è infiammato il fuoco. Ha incominciato ad essere inquieto il mio cuore. Vedevo gli insensati e mi consumavo, non li rimproveravo. E lo zelo per la tua casa divorava me che così tacevo. Posto in quest’ondeggiare tra il dire il tacere, in questo ardore ho ricercato una soluzione diversa, migliore di quella nella quale l’uomo fatica e corre pericoli. E finalmente ho parlato con la mia lingua. A chi? Non all’ascoltatore che voglio istruire ma a colui che esaudisce e dal quale voglio essere istruito. Ho parlato con la mia lingua a colui dal quale ascolto nell’intimo quando odo qualcosa di buono e di vero. Che cosa ha detto? Fammi conoscere, aggiunge, o Signore il mio termine: il termine che mi manca non il cammino che mi sta davanti. Dove sono gli anni vi è in certo modo un numero, ma tuttavia: tu sei lo stesso e i tuoi anni non verranno meno. Tutte le cose sono rapite in istanti fuggenti, scorre il torrente delle cose. Questi giorni dunque non sono, quasi se ne vanno prima di venire e appena sono venuti non possono restare: si congiungono, si rincorrono e non si arrestano. Niente del passato torna indietro. Ciò che è futuro si aspetta che trascorra; non ancora lo sai, finché non viene; e non si può trattenere quando sarà venuto. Il numero dei miei giorni quello che è. Non questo che non è mi turba con ansia e pena. Cerco quello che veramente è. Quello che risiede nella Gerusalemme sposa del mio Signore, ove non vi sarà morte, nè giorno che passa, ma quello che sempre resta. Ripeto: questo numero dei miei giorni, quello che è, fammelo conoscere. Affinché sappia che cosa mi manca. Questo infatti manca qui a me che mi affatico e finché mi manca non posso dirmi perfetto. Vi sarà una dimora alla fine del correre in questa dimora: sarà la patria che non conosce esilio, nè sovvertimento, né tentazione.
6 Ecco hai stabilito misurabili i miei giorni e la mia sostanza
come un nulla davanti a te.
Davvero è tutta vanità ogni uomo che vive pausa
Ecco hai fatto vecchi i miei giorni. Poiché essi invecchiano io voglio quelli nuovi che mai invecchiano per poter dire: i vecchi sono trascorsi, ed ecco son fatti nuovi, ora nella speranza allora nella realtà. Davvero è tutto vanità, ogni uomo vivente. Quale ricchezza c’è per l’uomo in ogni sua fatica, nella quale egli lavora sotto il sole? Forse Idithun è ancora sotto il sole? Ha qualcosa sotto il sole ed ha qualcosa oltre il sole? Sotto il sole ha il vegliare, il dormire, il mangiare, il bere, l’aver sete, l’essere forte, l’essere stanco, l’essere fanciullo, il divenire giovane, invecchiare, l’essere incerto su ciò che desidera e ciò che teme. Tutte queste cose che sono sotto il sole le ha anche Idithun, anche colui che li attraversa. Perché attraversa? Per quel desiderio: fammi conoscere, Signore, il mio fine. Perché questo desiderio è oltre il sole, non sotto il sole. Sotto il sole sono tutte le cose visibili; ciò che non è visibile non è sotto il sole. Non è visibile la fede, non è visibile la speranza, non è visibile la carità, non è visibile la bontà, non è visibile infine quel casto timore che permane nei secoli dei secoli. In tutte queste cose, trovando Idithun dolcezza e consolazione e vivendo oltre il sole perché la sua dimora è in cielo, geme per quelle cose che sono ancora per lui sotto il sole. Queste cose disprezza, si duole e arde per quelle che desidera. Ha parlato di quelle, parli anche di queste. Avete udito ciò che è da desiderare, udite ciò che è da disprezzare. Davvero tutto è vanità ogni uomo vivente.
7 Certo come un’ombra passa l’uomo, e per di più
invano si agita, accumula tesori e non sa
per chi li raccoglierà.
Certamente nell’immagine cammina l’uomo. In quale immagine, se non di colui che ha detto: facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza? Ecco perché dice certamente perché quella immagine è una grande cosa. E questo certamente è seguito da tuttavia, in modo che certamente si riferisca a ciò che è oltre il sole, mentre il tuttavia che segue si intende sotto il sole. Quello riguarda la verità, questo la vanità. Certamente, dunque, l’uomo cammina nell’immagine, tuttavia vanamente si turba. Ascolta il suo turbamento e guarda se non è vano. Così lo calpesterai, passerai oltre e dimorerai nel cielo dove non c’è questa vanità. Quale vanità? Accumula e non sa per chi raccoglie. Ascolta il suo turbamento e guarda se non è vano. Così lo calpesterai, passerai oltre, e dimorerai nel cielo, dove non c’è questa vanità. O folle vanità! Beato colui, la cui speranza è il Signore e non guarda le vanità e le stoltezze mendaci.
8 E ora, qual è la mia attesa? Non forse il Signore?
E la mia sostanza è presso di te.
Ed ora qual è la mia attesa? Non è forse il Signore? Egli stesso è la mia attesa, colui che mi ha dato tutte queste cose che devo disprezzare. Egli mi ha dato anche se stesso che è sopra tutte le cose e per il quale tutte le cose sono state fatte. Egli stesso è la mia attesa, il Signore.
9 Liberami da tutte le mie iniquità, obbrobrio allo stolto mi hai dato .
Liberami da tutte le mie iniquità. Molte cose ho attraversato, certamente molte ho oltrepassato, ma ancora mi batto il petto e dico: rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Tu dunque sei la mia attesa il mio fine. Perché fine della legge è Cristo a giustificazione di ogni credente.
10 Sono rimasto muto e non ho aperto la mia bocca
poiché tu mi hai fatto.
11 Allontana da me i tuoi flagelli.
Mi hai esposto al ludibrio dallo stolto. Sono divenuto sordo e non ho aperto la mia bocca. Contro lo stolto sono divenuto sordo e non ho aperto la bocca. Perché dovrei dire a lui che cosa provo in me? Ascolterò infatti che cosa dice in me il Signore Dio, perché parlerà di pace al suo popolo; ma non c’è pace per gli empi, dice il Signore.
12 Per la forza della tua
mano io sono venuto meno nei
rimproveri. Per l’iniquità hai colpito l’uomo
e hai fatto dissolvere come ragnatela la sua anima.
Davvero invano si agita ogni uomo. pausa
Sotto la forza della tua mano, sono venuto meno nei rimproveri, cioè, sono venuto meno perché mi hai rimproverato. E il tuo rimproverare che cos’è, se non quanto segue? Riguardo alla iniquità hai istruito l’uomo ed è consumata come un ragno l’anima mia. È molto ciò che comprende questo Idithun, e qualcuno con lui capirà, se qualcuno con lui attraversa. Dice infatti di esser venuto meno nei rimproveri di Dio e vuole che siano da lui allontanati i flagelli, perché è Dio stesso che lo ha fatto. Egli stesso lo rifaccia. Colui che lo ha creato, egli stesso lo ricrei. Ma tuttavia poiché in tal modo è venuto meno da voler essere ricreato e riplasmato, crediamo, fratelli, che tutto questo sia accaduto senza motivo? Riguardo alla iniquità, dice, hai istruito l’uomo. Tutto il mio venir meno, la mia debolezza, il grido che emana del mio intimo, tutto questo si deve all’iniquità. E in questo mi hai istruito, non condannato. Ascolta questo concetto
esposto più chiaramente in un altro salmo: è un bene per me che tu mi abbia umiliato, affinché apprenda la tua giustizia. Sono stato umiliato, ed è un bene per me, è pena ed è grazia. Ed in qual modo hai istruito? Parlaci di questo insegnamento o Idithun. In qual modo sei stato istruito? Ed hai logorato come un ragno l’anima mia. Questo è l’insegnamento. Chi è più svigorito del ragno? Parlo dell’animale stesso. E che cosa è più tenue delle tele di ragno? Osserva l’animale stesso, quanto è tenue: poggia su di esso un dito ed è distrutto. Così hai reso l’anima mia dice, istruendomi a causa dell’iniquità. Poiché l’insegnamento mi ha reso debole, significa che un certo tipo di forza era vizio. Per una certa forza è dispiaciuto l’uomo, tanto da essere ammaestrato mediante la debolezze. È dispiaciuto per una certa superbia, onde essere ammaestrato mediante l’umiltà. Tutti i superbi dicono infatti di essere forti. Per questo molti, venendo dall’Oriente e dall’Occidente, hanno vinto, per sedere insieme con Abramo e Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli. Perché hanno vinto? Perché non hanno voluto essere forti. Hanno avuto timore di presumere di se stessi. Non hanno posto innanzi la loro giustizia, per esser sottomessi alla giustizia di Dio. Davvero vanamente si turba ogni uomo che vive. Ritorna a ciò che poco prima ha menzionato. Per quanto qui progredisca, vanamente si turba ogni uomo che vive, perché vive nell’incertezza. Chi infatti sta sicuro anche nel suo stesso bene? Vanamente si turba. Affidi al Signore il suo affanno, riponga in lui ciò di cui si preoccupa. Lui lo nutrirà, lui lo custodirà.
13 Esaudisci la mia preghiera,
Signore, e la mia supplica.
Afferra con le orecchie le mie lacrime.
Orbene, attraversando tutte queste cose e già trovandosi in alcune più elevate e disprezzando le inferiori, posto fra ambedue, esaudisci, dice, la mia preghiera. Di quali cose godrò, di quali gemerò? Godrò di quelle che ho oltrepassato, e gemo per quelle che restano. Esaudisci la mia preghiera e la mia supplica; porgi l’orecchio alle mie lacrime. Forse perché ho attraversato tante cose e tante cose ho superato, più non piangerò? Non piangerò invece molto di più? Poiché chi accresce la conoscenza accresce il dolore. Forse che tanto più non piangerò quanto più si fanno frequenti gli scandali, quanto più abbonda l’iniquità, quanto più si raggela la carità di molti?
Perché sono ospite presso di te. Ma presso chi sei ospite? Mentre ero presso il diavolo, ero ospite, ma avevo un malvagio padrone di casa. Ora invece sono presso di te, ma sono ancor ospite. Che vuol dire ospite? Vuol dire che me ne andrò, che non vi resterò in eterno. Laddove resterò in eterno è la mia casa. Presso il mio Dio, ricevuta la dimora, resterò. Ma qual è la casa ove si deve andare abbandonando questa condizione di ospite? Quella di cui parla l’Apostolo: abbiamo una dimora da parte di Dio, una casa non fatta con le mani, eterna nei cieli. Se questa casa eterna è nei cieli, quando ad essa perverremo, non saremo ospiti.
Che cosa mi resta dunque da chiedere, dal momento che senza dubbio, devo migrare da qui? Perdonami, affinché provi refrigerio prima di andarmene. Vedi, vedi, Idithun quali nodi hai da sciogliere per provare refrigerio prima di andartene. Hai infatti qualcosa che ti brucia e dici: perdonami, Signore. Da che cosa ti scioglierà, se non da quel timore per il quale e dal quale dici: Perdonami prima che me ne vada e più non sia. Fammi libero dai peccati prima che me ne vada, affinché non me ne vada con i peccati. Perdonami, affinché sia pace nella mia coscienza; affinché essa sia liberata dal bruciore dell’affanno, pena per il mio peccato.
Dai Padri
1 Eusebio: questo salmo è in rapporto col precedente. Il profeta, assalito dal peccato, così come ha descritto nel salmo 37, dichiara: ho posto alla mia bocca una custodia.
Ambrogio e Girolamo: l’empio è il diavolo. Se Eva avesse taciuto, avremmo vinto.
2 Cirillo Alessandrino: come avrebbe peccato il salmista, se avesse aperto la bocca? Ascoltiamo la sapienza di Pietro: non rendete male per male, né maledizione per maledizione (1 Pietro 3,9). E San Paolo dice: insultati benediciamo (1 Corinzi 4,12) Del Salvatore Pietro ha detto: maledetto non malediceva (1 Pietro 2,23). L’espressione del salmista è un eufemismo per dire: mi sono astenuto dal maledire.
Eusebio sembra adottare l’interpretazione di Simmaco: ho taciuto perché non ero nel bene ma nel male, cioè avevo peccato.
Atanasio: oltraggiato non rendo l’offesa perché mi ricordo del mio peccato.
Ambrogio: una coscienza tranquilla non ha bisogno di difendersi con le parole.
Girolamo: taccio sul bene che è in me.
3 Eusebio e Atanasio: i rimorsi della coscienza.
Ambrogio: il fuoco che il Cristo è venuto a portare sulla terra.
Origene e Cirillo Alessandrino: La collera.
4 Origene: fammi conoscere, Signore, il mio termine: la natura spirituale ha come fine la conoscenza della Santa Trinità.
Eusebio: ho fatto la mia confessione: fammi conoscere ciò che mi accadrà.
Cirillo Alessandrino: il salmista continua la descrizione della sua lotta interiore: provato a lungo dalla sofferenza, parla timidamente e sottovoce. Fammi conoscere, cioè fammi comprendere che non sono niente davanti a te che sei eterno. La sua meditazione continua su questo argomento della fragilità e miseria dell’uomo.
Ambrogio e Girolamo: il mio termine: è tutta l’umanità che chiede quando il Cristo consegnerà il regno al Padre.
5 Simmaco: in luogo di “come nulla”: un palmo.
6 Origene: in immagine passa l’uomo: quella di Dio o quella della bestia.
Cirillo Alessandrino e Atanasio: passa in immagine e non in verità. Quaggiù non abbiamo una vera vita, ma una specie di immagine di vita. Cirillo Alessandrino aggiunge: è proprio invano che si tormenta l’uomo!
Ambrogio: sotto la legge si viveva in figura: col Vangelo viviamo in immagine, in cielo vivremo in verità, perché lo vedremo faccia a faccia.
7 Cirillo Alessandrino: conoscendo le creature per quello che sono, ripone la sua speranza nel Cristo. In questo caso, il Signore è il Cristo.
8 Origene: Dio consegna i suoi all’ obbrobrio per una confessione più luminosa.
9 Cirillo Alessandrino: continuo a restare in silenzio. Non ho parlato che a Dio.
Cirillo Alessandrino: tu mi hai creato e tu sai che sono infermo: sono sufficientemente castigato dalla mia infermità .
Ambrogio: sei tu che hai voluto l’obbrobrio per me.
10 Eusebio: come discepolo ingenuo aveva detto: sono pronto ai flagelli. Ma quando i colpi lo lacerano dice: io sono venuto meno.
Atanasio: sotto la mano di Dio che punisce, il peccatore non può che venire meno.
12 Eusebio: si confessa pellegrino. Sa che c’è un’altra vita di beatitudine ed è quella che domanda. Beato colui che sull’esempio dei padri e dei profeti, vive in questo mondo come se non ne facesse parte, da straniero.
Girolamo: tutti siamo pellegrini, lontani dal Signore.
Ambrogio: se perdoni non sarai più straniero ma cittadino.
Efrem: quaggiù siamo pellegrini: sforziamoci dunque di ritornare alla nostra città e alla nostra patria, carichi di ricchezze.
13 Origene e Atanasio: e più non sia: non sarò più peccatore: col tuo perdono, sarò trasformato.
Cirillo alessandrino: non chiede subito la beatitudine, ma una breve tregua.
Salmo 39
1 per la fine, salmo di Davide
2 ho atteso, tanto atteso il Signore e si è volto a me
3 ed ha esaudito le mie suppliche
e mi ha fatto risalire dalla fossa
della miseria e dalla melma della
feccia e ha posto sulla roccia i miei piedi
e ha diretto i miei passi
4 e ha messo sulla mia bocca un canto nuovo,
un inno al nostro Dio.
Vedranno molti e temeranno e spereranno nel Signore.
5 Beato l’uomo la cui speranza è il nome del Signore
e non ha volto lo sguardo alla
vanità e alle follie bugiarde.
6 Sono molte Signore, Dio mio, le tue meraviglie che tu
hai fatto e non c’è chi sia simile a te nei tuoi pensieri.
Ho annunciato e ho parlato, si
sono moltiplicati oltre ogni numero.
7 Sacrificio e oblazione non hai
voluto, ma orecchie mi hai fatto, e
sacrificio per il peccato non hai chiesto.
8 allora ho detto: ecco vengo, in
testa al libro sta scritto di me,
9 per fare la tua volontà.
Dio mio, ho voluto anche la tua
legge in mezzo al mio cuore.
10 Ho annunciato la giustizia nella grande assemblea.
Ecco non terrò chiuse le mie labbra, Signore, tu lo sai.
11 La tua giustizia non ho nascosto nel mio cuore:
ho detto la tua verità e la tua salvezza,
non ho nascosto la tua misericordia
e la tua verità alla grande assemblea.
12 Ma tu, Signore, non allontanare
da me le tue compassioni, la tua
misericordia e la tua verità
mi hanno sempre sostenuto.
13 Perché mi hanno circondato mali senza numero.
Mi hanno afferrato le mie iniquità
e non ho potuto vedere; si sono moltiplicate più
dei capelli del mio capo
e il mio cuore mi ha abbandonato.
14 Compiaciti , Signore,
di liberarmi; Signore, volgiti ad aiutarmi.
15 Siano confusi e insieme
svergognati quelli che cercano
l’anima mia per toglierla;
siano respinti indietro e
svergognati quelli che vogliono per me il male.
16 Ricevano all’istante la loro
confusione quelli che mi dicono Bene, bene.
17 Esultino e gioiscano
in te tutti quelli che ti cercano
e dicano sempre: Sia magnificato
il Signore, quelli che amano la tua salvezza.
18 Ma io sono misero e povero.
Il Signore ha cura di me.
Mio aiuto e protettore, sei tu. Dio mio non tardare.
Da Sacy
1 per la fine, salmo di Davide
2 ho atteso, tanto atteso il Signore e si è volto a me
3 ed ha esaudito le mie suppliche
e mi ha fatto risalire dalla fossa
della miseria e dalla melma della
feccia e ha posto sulla roccia i miei piedi
e ha diretto i miei passi
4 e ha messo sulla mia bocca un canto nuovo,
un inno al nostro Dio.
Vedranno molti e temeranno e spereranno nel Signore.
Davide, aggravato dal peso della persecuzione di suo figlio, si riconforta con la sua speranza in Dio e con il ricordo delle misericordie che gli erano già state fatte da Lui. Quanto a lungo, dice egli, io ho aspettato il momento in cui a Dio piacesse di soccorrermi, allorché ero perseguitato da Saul. E non mi ha egli finalmente ascoltato? E non mi ha forse tirato fuori dallo stato di miseria in cui ho languito per molto tempo? Si paragona ad un uomo che si trova impedito in una fossa profonda e piena di fango, da cui non si può uscire e dove al contrario tanto più si affonda quanto maggiori sforzi si fanno per venirne fuori. E proseguendo la metafora aggiunge che Dio dopo averlo liberato aveva collocato i suoi piedi sulla rupe. Siccome dunque egli si ricordava dell’assistenza miracolosa con cui il Signore lo aveva guidato contro tutti i suoi nemici, conducendo egli stesso i suoi passi; e siccome tanti prosperi eventi egli non aveva attribuito se non alla divina sua protezione, tutto ciò da lui si esprime con quel cantico nuovo di rendimenti di grazie, che Dio pure gli aveva posto sulle labbra, essendo la riconoscenza dei doni di Dio un dono della sua grazia niente meno degli stessi doni. Perciò Davide non si perdeva mai d’animo nelle sue disavventure. Egli confidava pertanto di nuovo nel soccorso del suo potente protettore. Tale è il discorso del re profeta, ma se vogliamo applicare le parole di questo salmo a Gesù Cristo, come fa San Paolo, egli parla in esso in qualità di capo a nome delle sue membra. Noi, secondo Sant’Ambrogio, ne vediamo l’adempimento nella nuova legge del Vangelo. Quanto tempo la Chiesa ha in effetti aspettato la venuta del Signore? Ma finalmente il Signore è apparso in mezzo a noi in Gesù Cristo ed avendoci tratti dall’abisso della nostra miseria e dal fango così profondo dei nostri peccati, in cui eravamo per così dire sepolti, ha posto saldamente i nostri piedi sopra la sua santa umanità, come sopra la soda pietra, che doveva servire come base alla nostra salvezza. Ha condotto i nostri passi conformemente alle regole del suo Vangelo; ha posto sulle nostre labbra un cantico nuovo, che è quello della nuova alleanza. Cantiamo dunque ora con giubilo, continua Ambrogio, un inno alla gloria del nostro Dio, perché egli ci ha dato precetti per virtù nuove. Abbandoniamo ogni cosa, seguiamo Gesù Cristo, ed amiamo i nostri nemici. Si vedono molti che aspettano il Signore ancora al presente. Che cosa vuol dire dunque aspettare il Signore? Essere nell’umile disposizione in cui era Davide di sopportare, aspettando il suo aiuto. Non bisogna infastidirsi né perdersi d’animo per la consapevolezza della propria fiacchezza. Dio non ci ha tratto fuori dall’abisso della nostra miseria e dal fango così profondo della nostra corruzione soltanto con la redenzione generale di cui abbiamo ricevuto l’effetto con il nostro battesimo, ma con una infinità di grazie, di cui continuamente si serve per liberarci dalla stessa corruzione o impedendo che vi ricadiamo o comunicandoci la virtù di uscirne se di nuovo siamo in essa caduti.
5 Beato l’uomo la cui speranza è il nome del Signore
e non ha volto lo sguardo alla
vanità e alle follie bugiarde.
Beati sono coloro che nelle afflizioni hanno sperato nel nome del Signore e non hanno mirato ad altri aiuti che non possono essere se non vani, poiché ingannano tutti quelli che in essi ripongono la loro fiducia. Sarebbe grande follia andarne in cerca. Per vanità si intendono anche gli idoli delle nazioni e le follie piene di menzogne, la scienza dell’astrologia e della magia che sebbene tutta stravagante e falsa serve nondimeno di appoggio a molte persone che in quella ripongono la loro fiducia.
6 Sono molte Signore, Dio mio, le tue meraviglie che tu
hai fatto e non c’è chi sia simile a te nei tuoi pensieri.
Ho annunciato e ho parlato, si
sono moltiplicati oltre ogni numero.
Il profeta avendo presente tutto ciò che Dio aveva fatto di grande per gli uomini dopo la creazione del mondo o nell’Egitto o nel deserto al tempo di Mosè o nella terra dei Cananei sotto Giosuè o al tempo dei Giudici, o prima di tutte queste cose al tempo di Abramo e degli altri patriarchi, a ragione ammirava ugualmente la sua onnipotenza e la sua bontà. Nessuno poteva mai essere alla pari nella profondità dei suoi pensieri del tutto divini ed impenetrabili. È questa la prova del suo detto che era una vanità, un inganno ed una stravaganza sperare in un altro appoggio fuorché in quello di Dio, poiché per sperare in Lui solo bastava ricordarsi di tante meraviglie da Lui operate. I santi padri spiegano in una maniera più spirituale lo stesso passo. Essendo venuto Gesù Cristo, figurato dalla persona di Davide, con l’annuncio del suo santo Vangelo si è accresciuto all’infinito il numero dei credenti. Quantunque una tale spiegazione sia vera non sembra però essa corrispondere alla lingua originale, così perfettamente come la prima che non deve considerarsi come contraria alla Vulgata, in cui secondo molti interpreti può essersi introdotto qualche errore per negligenza dei copisti.
7 Sacrificio e oblazione non hai
voluto, ma orecchie mi hai fatto, e
sacrificio per il peccato non hai chiesto.
8 allora ho detto: ecco vengo, in
testa al libro sta scritto di me,
9 per fare la tua volontà.
Dio mio, ho voluto anche la tua
legge in mezzo al mio cuore.
Pensando dunque a tali meraviglie e ricordandosi forse al tempo stesso che il sacrificio che intendeva egli offrire era stato causa della sua riprovazione, Davide dice a Dio che egli desiderava attestargli la sua riconoscenza per tante grazie. Ma ben si accorge che non sono di suo gradimento i sacrifici e le offerte. Chiede all’uomo l’ ubbidienza come l’omaggio a lui dovuto sopra tutte le cose. E perciò, Signore, egli dice, hai tu voluto darmi orecchie perfette per ascoltare umilmente i tuoi ordini e per sottomettermi alla tua divina volontà. Quindi, allorché tu mi hai chiamato, ho detto subito: eccomi pronto ad andare ove a te piacerà, come ti sei dichiarato per bocca di Samuele dicendo che tu avevi cercato un uomo secondo il tuo cuore che avrebbe fatto ogni tua volontà. In effetti quantunque Davide avesse disubbidito a Dio e se ne fosse allontanato col suo peccato, non si mostrò ribelle alla voce del profeta che lo richiamò e al contrario fece conoscere di essere pronto all’adempimento della volontà di Dio per sua penitenza e di avere la legge del suo Dio veramente scolpita nel suo cuore.
È questo il senso letterale che si deve dare alle parole di Davide. Ancor più esse si riferiscono a Gesù Cristo figlio di Davide come hanno inteso San Paolo e dopo di lui Sant’Ambrogio, Sant’Agostino e molti altri. L’apostolo dunque dichiara: il Figlio di Dio entrando nel mondo disse al Padre suo: non hai voluto sacrifici , né offerte, ma tu mi hai formato un corpo. Gli olocausti e i sacrifici per il peccato non ti sono piaciuti. Allora ho detto: eccomi, io vengo, secondo quello che sta scritto di me nel libro, per fare, mio Dio, la tua volontà. Tale è l’ineffabile mistero dell’incarnazione dell’Unigenito Figlio suo che supera infinitamente tutta la capacità dell’intelletto umano e che fa conoscere quanto egli ebbe ragione di affermare che nessuno è simile a Dio nella impenetrabile profondità dei suoi pensieri. Siccome era impossibile, come dichiara San Paolo nello stesso luogo, che il sangue dei giovenchi o dei capri purificasse dai peccati, e siccome tutti i sacrifici dell’antica legge erano soltanto figura del sacrificio della legge nuova così è vero dire che per se stessi non potevano essere graditi a Dio gli antichi sacrifici. Perciò, dice l’Apostolo, dichiarando il Figlio al Padre suo: eccomi, vengo per fare, mio Dio, la tua volontà, attesta di aver abolito i primi sacrifici per stabilire il secondo. Questa divina volontà egli aggiunge ci ha santificati mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo. L’obbedienza del tutto divina che il Figlio ha reso al Padre fino alla morte di croce, è a lui piaciuta incomparabilmente più di tutte le offerte, più di tutti gli olocausti e più dei vari sacrifici da Dio stesso ordinati per bocca di Mosè. La differenza che si trova in San Paolo ove dice: tu mi hai formato un corpo e nel testo del salmo stesso in cui si legge: tu mi hai dato orecchie perfette, si concilia facilmente. Essendo le orecchie una parte del corpo e parlando in questo luogo dell’obbedienza che si attribuisce all’udito, l’Apostolo ha indicato il tutto, di cui Davide ha soltanto espresso la parte principale, che era allora in questione.
10 Ho annunciato la giustizia nella grande assemblea.
Ecco non terrò chiuse le mie labbra, Signore, tu lo sai.
11 La tua giustizia non ho nascosto nel mio cuore:
ho detto la tua verità e la tua salvezza,
non ho nascosto la tua misericordia
e la tua verità alla grande assemblea.
Davide compreso dei tanti favori ricevuti da Dio, gli dichiara di aver fatto risuonare fra i popoli la sua gratitudine e afferma che niente in futuro potrà trattenerlo dal rendere noti i benefici della sua giustizia e della sua misericordia tanto verso di sé quanto verso gli altri. I salmi che si andavano da lui componendo perché fossero cantati pubblicamente erano altrettanti famosi monumenti dell’umile sua riconoscenza verso il suo divino Salvatore e prove assai luminose della giustizia, della verità e della misericordia di Dio. Ma chi ha mai annunciato questa misericordia, verità e giustizia in una maniera più divina dell’eterno Verbo che essendosi fatto uomo è diventato il dottore e il maestro di tutti gli uomini per insegnare loro la vera giustizia e la verità giustificante del suo Vangelo, per metterli a parte dei tesori della divina misericordia e per portare ad essi la grazia della loro salvezza? Egli ha annunciato, dice Sant’Ambrogio queste cose nella chiesa composta da tutti i popoli della terra. Ha condannato, dice Sant’Agostino, i cristiani timidi che non osano professare la verità alla presenza dei suoi nemici. Facciano tutti conoscere quello che sta nascosto nell’intimo del loro cuore e facciano con ciò vedere che il timore di Dio ha creato in loro la carità. Ma siano bene avvertiti che in cuore loro devono essere veramente penetrati dai sentimenti espressi dalle loro labbra, affinché l’ipocrisia non abbia alcuna parte nella loro condotta.
12 Ma tu, Signore, non allontanare
da me le tue compassioni, la tua
misericordia e la tua verità
mi hanno sempre sostenuto.
13 Perché mi hanno circondato mali senza numero.
Mi hanno afferrato le mie iniquità
e non ho potuto vedere; si sono moltiplicate più
dei capelli del mio capo
e il mio cuore mi ha abbandonato.
14 Compiaciti , Signore,
di liberarmi; Signore, volgiti ad aiutarmi.
La sollecitudine di Davide nel rendere noti gli effetti così ammirabili della giustizia, della verità, della misericordia di Dio, nella afflizione in cui allora si trovava, gli dava diritto di supplicarlo a non allontanarsi da lui e a non rifiutare Egli nuove prove della sua bontà. Siccome dunque, Signore, dice egli, la tua misericordia e la tua verità e la tua giustizia mi hanno sempre sostenuto in tutti i più grandi pericoli in cui sono caduto, ora che mi trovo circondato da una infinità di mali e le mie iniquità, ossia le pene che io soffro per le stesse iniquità, sembrano opprimermi sino a farmi venir meno il cuore, volgi lo sguardo o Signore a colui che tu affliggi. So, mio Dio, che questo dipende dalla tua bontà: per questo ti chiedo soltanto che tu voglia farlo. Così si deve dire di colui che essendo del tutto innocente si è per nostro amore rivestito della forma del peccatore e si è caricato di tutte le nostre iniquità per portarne tutte le pene. Si può veramente dire che i mali da lui sofferti tanto nel suo corpo quanto nella sua anima sono stati senza numero, poiché egli solo ha portato il peso delle iniquità di tutta la terra. Quello che qui si dice che il numero delle iniquità del mondo che egli ha fatto sue per espiarle ha superato quello degli stessi capelli del capo, non contiene esagerazione alcuna. Si può al contrario dire che il numero delle iniquità del mondo che Egli ha portato su di sé per espiarle è una espressione molto inferiore alla verità. Se ancora sta scritto che il numero delle iniquità è stato così grande che egli stesso non ha potuto vederlo ha forse voluto con ciò indicarci che l’anima di Gesù Cristo fu inorridita alla vista di tanti delitti ed ha avuto bisogno del soccorso del Padre per compiere la sua salvezza.
15 Siano confusi e insieme
svergognati quelli che cercano
l’anima mia per toglierla;
siano respinti indietro e
svergognati quelli che vogliono per me il male.
16 Ricevano all’istante la loro
confusione quelli che mi dicono Bene, bene.
Davide, come si è osservato altre volte, parla spesso da profeta riguardo ai suoi nemici; e quello che nella bocca degli altri uomini potrebbe passare per una imprecazione è nella sua una vera e propria predizione dell’avvenire. Allorché dunque egli dice a modo di augurio: Siano confusi coloro che cercano la mia vita per togliermela, lo Spirito di Dio pronuncia per mezzo della sua bocca un decreto della sua divina giustizia. E allorché aggiunge parlando a Dio: esultino e si rallegrino in te coloro che ti cercano e coloro che amano la tua salvezza lodino eternamente la tua grandezza: è lo Spirito del Signore che dichiara che solo quelli che lo cercano avranno motivo di rallegrarsi in Lui. Gli altri che aspettano la loro salvezza o da sé medesimi o dalle creature, non riconoscendo come devono la grandezza di Dio, non lo loderanno nell’eternità.
17 Esultino e gioiscano
in te tutti quelli che ti cercano
e dicano sempre: Sia magnificato
il Signore, quelli che amano la tua salvezza.
18 Ma io sono misero e povero.
Il Signore ha cura di me.
Mio aiuto e protettore, sei tu. Dio mio non tardare.
La più eccellente, anzi l’unica disposizione di cuore, che meriti di essere esaudita da Dio è considerarsi veramente come poveri alla sua presenza. Colui che essendo ricco, dice Sant’Agostino, si è fatto povero per la nostra salvezza, non si compiace se non di arricchire i veri poveri e al contrario impoverire i falsi ricchi, cioè i superbi che vanamente confidano nelle loro facoltà intellettuali e nelle loro ricchezze. Consideriamo la voce di Davide come pure la voce del figlio di Davide, Gesù Cristo, nato da lui secondo la carne ovvero di tutto il corpo di Gesù Cristo. Le membra di questo corpo divino sparse in tutto l’universo componendo tutti insieme con il loro capo un solo uomo si presentano davanti a Dio come un solo povero che riconosce la sua indigenza ad esempio di colui che si è fatto povero per essere loro capo. Basta che quelli che fanno parte di questo corpo lo preghino in qualità di poveri, per essere certi che Dio veglierà alla loro cura. Devono essere inquieti e turbati solo quelli che non riconoscono la loro indigenza.. Se i poveri di Gesù Cristo lo pregano di non indugiare lo fanno perché sentono l’urgente pericolo in cui si trovano da parte dei loro nemici e desiderano con ardore la venuta del regno di colui che solo può arricchirli davvero.
Da Agostino
1 per la fine, salmo di Davide
2 ho atteso, tanto atteso il Signore e si è volto a me
3 ed ha esaudito le mie suppliche
Fiducioso, dice, ho sperato nel Signore, ed Egli che ha fatto? Forse si è allontanato da te, ti ha disprezzato mentre speravi o magari non ti ha visto? Certamente non è così! E si volse a me ed ha esaudito la mia supplica. Mi ha guardato e mi ha esaudito. Ecco che non invano hai sperato: su di te sono i suoi occhi, chinati verso di te sono i suoi orecchi. Ed ha esaudito le mie suppliche.
e mi ha fatto risalire dalla fossa
della miseria e dalla melma della
feccia e ha posto sulla roccia i miei piedi
e ha diretto i miei passi
Vedranno molti e temeranno e spereranno nel Signore.
Mi ha tratto dall’abisso della miseria. Che cos’è l’abisso della miseria? È l’abisso dell’iniquità, proveniente dalle concupiscenze carnali. Coloro che gridano nell’abisso non sono completamente in fondo all’ abisso, perché il grido stesso porta in alto. Altri sono nel più profondo dell’abisso, perché neppure si accorgono di essere così in basso. Chi invece dal profondo ha gridato, già ha levato il capo dal fondo dell’abisso : è stato tratto fuori dall’abisso della miseria e dalla melma del fango. Ormai ha la fede che non aveva: cammina in Cristo, lui che errava con il diavolo. Dice perciò: ha posto sulla pietra i miei piedi e ha guidato i miei passi. La pietra è Cristo. Pur se siamo sulla pietra, siano pure guidati nostri passi perché abbiamo ancora bisogno di camminare per giungere alla meta.
4 e ha messo sulla mia bocca un canto nuovo,
un inno al nostro Dio.
Ha posto nella mia bocca un cantico nuovo. Quale cantico nuovo? Un inno al nostro Dio. Forse recitavi inni vecchi, poiché era il vecchio uomo che li diceva, non il nuovo.
5 Beato l’uomo la cui speranza è il nome del Signore
e non ha volto lo sguardo alla
vanità e alle follie bugiarde.
Beato l’uomo la cui speranza è il nome del Signore e non si è volto alle vanità e alle follie menzognere. Sia il Signore Dio tuo la tua speranza. Non sperare qualcosa dal Signore Dio tuo, ma lo stesso tuo Signore sia la tua speranza. Cerca lo stesso tuo Dio, anzi disprezzando ogni altra cosa, tendi a lui. Dimenticando le altre cose ricordati di lui, lasciando indietro tutto, protenditi verso di lui.
Colui che ha fatto tutte le cose, è migliore di tutte le cose. Colui che ha fatto le cose belle è più bello di tutti. Più forte di tutti è colui che ha creato i forti. Qualunque cosa tu ami, egli sarà il tuo amore. Impara ad amare il creatore nella creatura, l’artefice nelle cose che ha fatto se non vuoi essere prigioniero di ciò che da lui è stato fatto e se non vuoi perdere colui dal quale anche tu sei stato fatto.
6 Sono molte Signore, Dio mio, le tue meraviglie che tu
hai fatto e non c’è chi sia simile a te nei tuoi pensieri.
Ho annunciato e ho parlato, si
sono moltiplicati oltre ogni numero.
Ho annunciato, dice, e ho parlato. È Cristo che parla; è lui che ha annunciato quale nostro capo, ed ha annunciato nelle sue membra, ha mandato i suoi messaggeri, ha mandato gli apostoli. In tutta la terra è giunta la loro voce e fino ai confini della terra le loro parole e si sono moltiplicati oltre il numero i discepoli.
7 Sacrificio e oblazione non hai
voluto, ma orecchie mi hai fatto, e
sacrificio per il peccato non hai chiesto.
Sacrificio e offerta non hai voluto, ma orecchie mi hai fatto… Non hai voluto i sacrifici per formarmi un corpo, mentre li volevi prima che fosse formato. La realizzazione delle promesse rende inutili le parole che promettono. Le promesse erano espresse con taluni segni. Sono stati tolti i segni della promessa, perché ormai si è manifestata la verità promessa. Siamo corpo di Cristo, siamo partecipi di questo corpo. Il corpo è stato formato per noi, per la nostra perfezione
8 allora ho detto: ecco vengo, in
testa al libro sta scritto di me,
9 per fare la tua volontà.
Dio mio, ho voluto anche la tua
legge in mezzo al mio cuore.
Non hai chiesto olocausti per la colpa; o allora io ho detto: ecco vengo, in testa al libro sta scritto di me, per fare la tua volontà. È il Cristo che parla, ecco egli stesso ha fatto la volontà del Padre. All’inizio di quale libro è scritto di lui? Forse in testa a questo libro dei salmi. Perché dunque cercare lontano o indagare in altri libri? Ecco che in testa a questo libro dei salmi sta scritto: beato l’uomo che non va dietro il consiglio degli empi e sulla via dei peccatori non si ferma, e non si è seduto alla cattedra della pestilenza, ma nella legge del Signore rimane fissa la sua volontà…
10 Ho annunciato la giustizia nella grande assemblea.
Ecco non terrò chiuse le mie labbra, Signore, tu lo sai.
11 La tua giustizia non ho nascosto nel mio cuore:
ho detto la tua verità e la tua salvezza,
non ho nascosto la tua misericordia
e la tua verità alla grande assemblea.
Ho annunciato la tua giustizia nella grande assemblea. Cristo parla alle sue membra, esorta a fare ciò che ha fatto. Egli ha annunciato, annunciamo anche noi. Egli ha sofferto, soffiamo con lui. È stato glorificato, saremo con lui glorificati. Ho annunciato la tua giustizia nella grande chiesa. Quanto grande? Grande come tutta la terra, grande come tutte le nazioni. Ecco non terrò chiuse le mie labbra, Signore, tu lo sai. Dice così affinché non si creda solo con il cuore e non si vieti alle labbra di annunciare ciò che si crede, per timore. Chi si sarà vergognato di me al cospetto degli uomini, io mi vergognerò di lui al cospetto del Padre mio. Dicano dunque le labbra quanto c’ è nel cuore; così sarà vinto il timore. Ha detto il tuo Cristo, perché Cristo è la verità e la salvezza.
12 Ma tu, Signore, non allontanare
da me le tue compassioni, la tua
misericordia e la tua verità
mi hanno sempre sostenuto.
13 Perché mi hanno circondato mali senza numero.
Mi hanno afferrato le mie iniquità
e non ho potuto vedere; si sono moltiplicate più
dei capelli del mio capo
e il mio cuore mi ha abbandonato.
Ma tu Signore non allontanare da me le tue misericordie. Volgi lo sguardo alle membra ferite, guarda i peccatori e i colpevoli e non allontanare le tue misericordie. La tua misericordia e la tua verità mi hanno sempre sostenuto. Attendo perché sei buono, attendo perché sei giusto. Amo il buono, temo il giusto. L’amore ed il timore mi conducono. Signore, non ti allontanare, stammi vicino. A chi sta vicino il Signore? A coloro che hanno il cuore contrito. Sta lontano dai superbi, è vicino agli umili.
13 Perché mi hanno circondato mali senza numero.
Mi hanno afferrato le mie iniquità
e non ho potuto vedere; si sono moltiplicate più
dei capelli del mio capo
e il mio cuore mi ha abbandonato.
14 Compiaciti , Signore,
di liberarmi; Signore, volgiti ad aiutarmi.
Le mie ingiustizie mi hanno sopraffatto, non ho più potuto vedere. Che cosa ci schiaccia tanto da non farci vedere? Non è forse l’ingiustizia? Siano rimosse dunque le mie ingiustizie, siano rimessi i miei peccati, sia tolto il peso dall’occhio, sia risanato ciò che è ferito.
Si sono moltiplicate più dei capelli del mio capo. Indica con l’immagine dei capelli del capo un numero enorme. Chi ha mai contato i capelli del capo? E molto meno si possono contare i peccati, il cui numero eccede quello dei capelli. Appaiono piccoli, ma sono molti. E il mio cuore mi ha abbandonato. Che significa il mio cuore mi ha abbandonato? Significa che il mio cuore non è capace di conoscere se stesso. Nessuno si conosce, nessuno presuma troppo di sé. E allora, che cosa gridiamo, che cosa diciamo? Ti piaccia o Signore liberarmi.
15 Siano confusi e insieme
svergognati quelli che cercano
l’anima mia per toglierla;
siano respinti indietro e
svergognati quelli che vogliono per me il male.
16 Ricevano all’istante la loro
confusione quelli che mi dicono Bene, bene.
17 Esultino e gioiscano
in te tutti quelli che ti cercano
e dicano sempre: Sia magnificato
il Signore, quelli che amano la tua salvezza.
Siano confusi e svergognati coloro che cercano di togliermi la vita. In un altro passo si dice: siano respinti indietro e storditi coloro che vogliono la mia rovina. Siano confusi coloro che mi dicono: bene, bene. Sono malvagi anche quando benedicono. E cosa segue? Gioiscano e si rallegrino tutti coloro che ti cercano Signore. Coloro che non cercano me, ma te; che non dicono a me: bravo, bravo, ma vedono che in te io mi glorio, se ho qualcosa di cui gloriarmi. Perché chi si gloria si glori nel Signore. Gioiscano e si rallegrino in te tutti coloro che ti cercano Signore e dicano sempre: sia magnificato il Signore. Anche se da peccatore diventi giusto, da’ gloria a colui che giustifica l’empio.
18 Ma io sono misero e povero.
Il Signore ha cura di me.
Mio aiuto e protettore, sei tu. Dio mio non tardare.
Io sono misero povero. E che farai, o misero e povero? Chiedi l’elemosina dinanzi alla porta di Dio. Bussa e ti sarà aperto. Il Signore ha cura di te. Di che cosa ti preoccuperai? Perché cosa ti affannerai? Chi ti ha fatto si prende cura di te. Chi ebbe cura di te prima che tu esistessi non si curerà di te quando ormai sei ciò che egli ha voluto che tu fossi? Perché ormai sei fedele, già cammini sulla via della giustizia. Non avrà dunque cura di te colui che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti?
Mio soccorso e mio protettore sei tu; Dio mio, non tardare. Invoca, implora, temi di venir meno. I giorni dell’attesa saranno di tribolazione ma non saranno tanto lunghi come ci si attende. Presto passeranno e verrà la pace che non passerà.
Dai Padri
Cirillo Alessandrino. secondo diversi punti di vista questo salmo è detto:
dalla persona stessa del Signore che annuncia la sua incarnazione e la redenzione mentre svela agli uomini il mistero di Dio;
dal popolo di Dio dell’Antico Testamento che confessa le sue sventure e i suoi errori;
dall’uomo in generale e da tutta l’umanità destinata ad abbracciare la fede del Cristo. Questa triplice considerazione a proposito di chi dice il salmo: se Israele, o il Cristo o tutta l’umanità, vale per un buon numero di salmi.
Ho atteso, tanto atteso il Signore. Il Salvatore, gettando la sua rete sulla terra, vi ha raccolto tutti i suoi abitanti: Israele, per primo, poi tutte le nazioni. Di due popoli ha fatto un uomo nuovo nella pace, riconciliando ambedue in un corpo al Padre.
Ho tanto atteso: è tutta l’umanità che attendeva. È del Cristo che Mosè ha scritto (Giovanni 5,46); e Simeone ha profetizzato: i miei occhi hanno visto il tuo Salvatore che tu hai preparato… per essere luce delle nazioni e gloria di Israele (Luca 2,30); anche la povera samaritana l’ha confessato chiaramente: sappiamo che il Messia, cioè il Cristo verrà; quando sarà venuto, ci farà conoscere ogni cosa (Giovanni 4,25).
Si è volto a me. Il Signore si è manifestato a noi e ci ha tirato fuori dalla nostra miseria. Dalla corruzione ci ha fatto passare all’incorruttibilità, in lui; ha riplasmato la natura dell’uomo per renderle l’integrità nella quale l’aveva creata. Sulla roccia: è il Cristo, posto dal Padre come fondamento di Sion, pietra scelta, sulla quale siamo tutti costruiti per divenire una dimora spirituale, un tempio santo, perché Dio vi abiti nello Spirito. Ci ha insegnato a raddrizzare le nostre vie.
Il canto nuovo è quello del Cristo che sostituirà quello di Mosè; canteremo le meraviglie del Cristo. Molti verranno e crederanno e porranno la loro fiducia nel Signore. Di bocca in bocca, la verità di quelli che credono si comunicherà a quelli che non credono ancora e che gareggeranno, da questo momento, nel timore di Dio. Vedranno quelli che erano ciechi Dio come dice Isaia 42,16: condurrò i ciechi per la strada che mai avevano conosciuto. Poiché il Cristo è stato inviato dal Padre per aprire gli occhi ai ciechi (Luca 4,19).
Beato l’uomo la cui speranza è il nome del Signore: questa beatitudine è la nostra, di tutti noi che portiamo il nome glorioso di cristiani.
Le meraviglie sono quelle del Cristo Salvatore. Il cantarle, corrisponde al canto nuovo del versetto 3. Sorpassano le meraviglie della fuga dall’Egitto, delle vittorie di Giosuè… Di fronte alla salvezza concessa un tempo a un uomo (Abramo) o a un popolo (Israele), sta ora la salvezza portata a tutte le nazioni; di fronte al culto secondo la legge che si accordava alla debolezza di Israele, sta ora la grazia del Cristo, che ci ha introdotti al culto spirituale. I ciechi hanno ricevuto la luce, gli zoppi camminano speditamente (Luca 7,22), la morte è stata distrutta e l’immortalità risplende. È ben giusto dire: quante meraviglie!
I tuoi pensieri su di noi: è tutta l’economia dell’incarnazione fino all’assunzione della nostra carne e del nostro sangue.
Sacrificio e oblazione non hai voluto.: Il profeta ispirato ci presenta il Figlio Unigenito che ha preso la forma di schiavo per noi. Mi hai formato un corpo… Allora ho detto: ecco vengo. Mi offro come vittima immacolata e pongo fine ai riti che non possono cancellare il peccato.
In testa al libro: qui il profeta chiama testa l’ insieme delle Scritture, così come Ezechiele, chiama testa del libro tutta la sua profezia.
Per anticipazione, il profeta vedeva e conosceva la grande assemblea: vi era ammesso, gli era del tutto familiare. La voce del profeta risuona attraverso tutti gli apostoli ed evangelisti, riempie la terra, si diffonde tra le moltitudini riunite dal Cristo e che sanno che il Cristo è venuto.
1 Efrem: chi è paziente, grazie alla pazienza possiede la speranza e può gridare con fiducia al Signore: ho atteso, atteso il Signore e ha esaudito la mia supplica.
Ambrogio: tutto questo salmo è detto in nome del Cristo: annuncia la nuova alleanza.
Girolamo: attendevo la venuta del Signore: è venuto per mezzo del Vangelo.
2 Origene: sventura e melma del pantano sono la malizia e l’ignoranza.
Tutti: la roccia era il Cristo (confronta 1 Corinzi 10,4).
Baldovino di Ford: la roccia era il Cristo; è di questa roccia che è scritto: ha posto i miei piedi sulla roccia.
Ruperto: la fede cristiana lo sa bene: tutta la Chiesa degli eletti dei tempi antichi, costituitasi progressivamente dall’inizio del mondo e in attesa della redenzione nel soggiorno dei morti, fu purificata, rigenerata e unita al suo sposo per l’acqua e il sangue che uscirono dal costato di Cristo. Da allora, tutti quelli che sono battezzati, in tutte le nazioni, sono generati come figli dello sposo e della sposa.
Quando fu creato il vecchio mondo la Sapienza disse: sia la luce e la luce fu e la Sapienza separò la luce dalle tenebre (Genesi 1,3). Invece, all’inizio della nuova creazione, essa portò la luce fino agli inferi, per far vedere Dio vera luce a tutti quelli che la attendevano seduti nelle tenebre, ma che erano stati scelti fin dalla creazione del mondo.
In tre giorni la morte di Cristo ha distrutto i peccati di tre epoche del mondo, ha liberato in una sola volta tutti quelli che erano venuti prima della legge, tutti quelli che erano sotto la legge e tutti quelli che sarebbero venuti nel tempo della grazia.
Giobbe gridava a Dio: rispondimi! Perché mi nascondi il tuo volto? Quando questa supplica era solo sulla bocca dei santi dell’Antico Testamento un ostacolo si ergeva: il peccato originale e questo faceva ritardare le parole di misericordia sulle labbra del giudice. Ma ecco che il Cristo si è offerto per tutti perché erano veramente suoi tutti quelli che l’avevano atteso dall’origine del mondo e ai quali Dio nascondeva il suo volto dietro al muro dell’iniquità.
2 Origene: quelli che vogliono vedere nella Scrittura solo il senso letterale, possono dirmi quale vantaggio c’è a stare in piedi su una roccia materiale e perché dovrei rendere grazie? Noi invece affermiamo che, chi pronuncia queste parole, è stato costituito in una perfezione indiscutibile e indefettibile, dalla Verità. Ma che cosa è questa roccia? Impariamolo da San Paolo: la roccia era il Cristo (1 Corinzi 10,4): questa roccia è la stabilità di tutte le cose, pietra scelta e posta a fondamento di Sion da Dio. Su di essa noi tutti siamo edificati in dimora spirituale, in tempio santo, in dimora di Dio nello Spirito.
3 Eusebio: è il Signore che, mediante la nuova vita, ha messo sulla sua bocca il canto nuovo. Questo canto nuovo è in rapporto con il sacrificio nuovo.
Atanasio: il canto nuovo è la legge del Vangelo .
Ambrogio: il canto nuovo è la nuova alleanza.
3 Atanasio: la predicazione riempirà il mondo di un gran numero di credenti.
Beda: il frutto della redenzione è che essi vedano.
5 Eusebio: chi ha fatto l’esperienza di Dio invita tutti a fare altrettanto.
6 Origene: qui il salmista richiama il sacrificio spirituale.
7 Origene: possiamo chiamare l’ insieme delle Sacre Scritture “il libro” e tutti gli altri una dispersione di libri. Non è un libro solo della Scrittura che parla del Cristo: si parla di lui nel Pentateuco, in ognuno dei profeti, nei salmi e complessivamente in tutte le Scritture, come il Salvatore stesso afferma quando ci rimanda ad esse: scrutate le Scritture perché pensate di trovare in quelle la vita eterna e sono proprio quelle che testimoniano di me! (Giovanni 5,39).
Rabano Mauro: i segni della promessa sono tolti perché si manifesta la verità promessa. Per questo il salmo dice: sacrificio e oblazione non hai voluto. Ma mi hai formato un corpo. Questo è detto in riferimento alla persona del Cristo che ha assunto il nostro corpo mortale per avere la materia da offrire per noi. Allora disse: ecco vengo; questo fu il tempo in cui i segni scomparvero e venne la Verità.
Salmo 40
1 Per la fine, salmo di Davide
2 Beato colui che ha intelligenza
del misero e del povero,
nel giorno cattivo lo libererà il Signore.
3 Il Signore lo custodisca e gli dia vita
e lo faccia beato sulla terra e non lo consegni
in potere dei suoi nemici.
4 Il Signore lo assista sul letto del suo dolore.
Tutto il suo giaciglio hai rivoltato nella sua infermità.
5 Io ho detto: Signore, pietà di me,
guarisci l’anima mia perché ho peccato contro di te
6 I miei nemici mi hanno augurato il male.
Quando morirà e perirà il suo nome?
7 E se entrava per vedere vanamente parlava,
il suo cuore ha accumulato per sé
l’iniquità, usciva fuori e parlava allo stesso modo.
8 Contro di me bisbigliavano
tutti i miei nemici, contro
di me tramavano mali per me.
9 Una parola iniqua hanno deposto contro di me:
Forse chi dorme potrà mai risorgere?
10 Perfino l’uomo della mia pace
in cui ho sperato, che mangiava i miei pani,
ha fatto grande l’inganno contro di me.
11 Ma tu, Signore, abbi pietà di me e fammi risorgere
e darò loro il contraccambio.
12 In questo ho conosciuto che mi hai amato,
perché non godrà il mio nemico su di me,
13 me invece hai accolto per la mia
innocenza e me hai confermato
davanti a te in eterno.
Benedetto il Signore Dio di Israele,
di secolo in secolo. Sia, sia
da Sacy
1 Per la fine, salmo di Davide
2 Beato colui che ha intelligenza
del misero e del povero,
nel giorno cattivo lo libererà il Signore.
3 Il Signore lo custodisca e gli dia vita
e lo faccia beato sulla terra e non lo consegni
in potere dei suoi nemici.
Davide nella condizione estrema in cui si trovava era veramente ridotto in uno stato di povertà e di indigenza, vedendosi abbandonato dal suo popolo e dai suoi migliori amici e spogliato dei suoi tesori. Egli però non cessava in tale stato di essere il re legittimo e l’unto del Signore. Beato era dunque colui che aveva l’intelligenza per poterlo riconoscere in quella grande umiliazione poiché aveva egli motivo di sperare che non avendo abbandonato il tribolato e il povero, Dio
non abbandonerà lui stesso nel tempo della sua tribolazione, ma lo libererà non permettendo che egli cada in balia dei suoi nemici.
Quello che si vide accadere riguardo al re Davide e a quelli che gli prestarono aiuto nella sua avversità, allorché Dio, secondo l’espressione del profeta, non lo abbandonò al desiderio di coloro che l’odiavano si è poi adempiuto in un modo più eccellente nella persona del Figlio di Dio e dei suoi discepoli. Beato colui, dice Sant’Ambrogio, che ha la vera intelligenza della povertà di Gesù Cristo, il quale si è fatto povero per amor nostro. Egli era ricco nel regno del Padre suo ed è diventato povero rivestendosi della carne dei poveri. Noi tutti eravamo ridotti alla miseria estrema della povertà, essendo stati per l’inganno del serpente spogliati del ricco ornamento della virtù. Entra dunque, egli aggiunge, nella intelligenza della povertà di Gesù Cristo affinché tu diventi ricco, entra nella intelligenza della sua infermità, affinché tu stesso riceva la salute, entra nell’intelligenza della sua croce, finché tu non abbia ad arrossire; entra nell’intelligenza delle sue piaghe, affinché tu risani le tue; entra nella intelligenza della sua morte, affinché tu acquisti la vita eterna; entra nella intelligenza della sua sepoltura, affinché tu pervenga alla sua risurrezione. Comprendete, dice Sant’Agostino, nell’ uomo Dio, che vedete povero, le ricchezze divine che sono in esso nascoste. Volgete al tempo stesso lo sguardo ai poveri, agli indigenti, ai famelici, agli assetati, ai pellegrini, ai nudi, agli infermi e ai carcerati poiché se avete l’intelligenza che conviene avere intorno ai poveri, l’avrete pure intorno a colui che ha detto: ho avuto fame, ed ho avuto sete… (
4 Il Signore lo assista sul letto del suo dolore.
Tutto il suo giaciglio hai rivoltato nella sua infermità.
Il profeta si serve di una metafora per indicare la cura paterna che ha Dio stesso nel mitigare le tribolazioni dei suoi servi che hanno una vera compassione dei poveri e degli abbandonati al pari di lui. Egli dice che quando saranno addolorati Dio verrà in loro aiuto e paragonandoli ad un infermo coricato sul suo letto si rivolge a Dio e gli attesta per un moto di gratitudine che Egli allora li tratta con quella carità compassionevole che si dimostra verso gli infermi che non possono riposare, a cui si rivolta il letto, per poterli adagiare più morbidamente e procurare loro qualche riposo.
5 Io ho detto: Signore, pietà di me,
guarisci l’anima mia perché ho peccato contro di te
Davide avendo rappresentato la beatitudine di quelli che giudicano con sapienza e intelligenza riguardo allo stato del povero e dell’afflitto quale era lui, ed operavano in conformità a questa luce, torna a se stesso ed afferma che se egli parlava in tal modo, non riponeva perciò la fiducia nella bontà compassionevole degli altri, poiché pensava al solo Signore. A te però, mio Dio, egli dice mi sono rivolto e ti supplico di avere pietà di me. Dal momento che io mi ritrovo ridotto in tale stato a motivo del mio peccato, ti chiedo che tu risani l’anima mia e che risanandola tu tolga da me la causa di tutti i miei mali.
6 I miei nemici mi hanno augurato il male.
Quando morirà e perirà il suo nome?
7 E se entrava per vedere vanamente parlava,
il suo cuore ha accumulato per sé
l’iniquità, usciva fuori e parlava allo stesso modo.
Sebbene queste parole si possano intendere in riferimento a Davide, di cui i suoi nemici desideravano la morte allorché si sforzavano di togliergli dal capo la corona ed alcuni fingevano di essere suoi amici solo per tradirlo, cospirando così tutti insieme alla sua rovina, sembra nondimeno che dobbiamo piuttosto tenerci alla spiegazione che hanno dato i santi padri e i dotti interpreti relativamente a Gesù Cristo.
Quando esclamavano i giudei che tutto il mondo si faceva di lui seguace; quando vedendo tante sue opere meravigliose dicevano costoro che egli seduceva con inganno il popolo, cos’altro volevano significare quegli uomini scellerati se non: quando morirà e quando perirà il suo nome? Giuda non era forse quello di cui si è parlato, che entrava per visitare, cioè per osservare Gesù Cristo? Non cercava il perfido nuove ragioni per credere in lui ma i mezzi più adatti per tradire il suo maestro? Come Giuda perì volendo far perire Gesù Cristo, parimenti gli ipocriti della Chiesa si affaticano dietro la propria rovina, allorchè non pensano che a quella degli altri.
8 Contro di me bisbigliavano
tutti i miei nemici, contro
di me tramavano mali per me.
9 Una parola iniqua hanno deposto contro di me:
Forse chi dorme potrà mai risorgere?
Davide pieno di fede si anima egli stesso per impulso dello Spirito di Dio contro la crudele risoluzione dei suoi nemici che lo volevano morto. Si sostiene con la ferma speranza di risorgere un giorno dopo che gli iniqui l’avessero ucciso. Ma è così naturale che queste parole con i santi padri si intendano riguardo a Gesù Cristo. Subito si ravvisa nel presente passo il detestabile disegno che avevano i farisei e i dottori della legge di far morire colui che era innocente per eccellenza. L’espressione della Scrittura che dà il nome di sonno alla morte di Gesù Cristo non intacca la verità della sua morte e della sua risurrezione. Come Lazzaro era veramente morto e fu veramente risuscitato, nonostante Cristo avesse usato la stessa espressione allorché dice che Lazzaro loro amico dormiva, egli nessun’altra cosa voleva indicare se non che la sua morte benché reale sarebbe stata seguita dalla sua risurrezione. Per un effetto della sua onnipotenza egli sarebbe risuscitato con quella facilità con cui un uomo risveglia dal sonno un altro uomo. Sant’Ambrogio ci fa notare la potenza del tutto divina con cui il Figlio di Dio si è da se stesso risuscitato.
10 Perfino l’uomo della mia pace
in cui ho sperato, che mangiava i miei pani,
ha fatto grande l’inganno contro di me.
Se chi parla in questo luogo è Davide, l’uomo accennato qui per suo amico poteva essere Achitofel, che in un modo così indegno lo tradì unendosi ad Assalonne e dandogli un consiglio pernicioso contro il suo sovrano. Ma poiché il Figlio di Dio ha egli stesso citato questo passo come una predizione che riguarda la persona di Giuda dobbiamo noi senza dubbio attenerci innanzitutto a questa spiegazione. Questo uomo, cioè Giuda, secondo le apparenze esteriori viveva in pace con Gesù Cristo, ed anzi aveva ricevuto la pace dal suo divino maestro, allorché fu scelto per essere uno dei dodici. Il figlio di Dio aveva riposto in lui la sua fiducia. Giuda si cibava del pane del suo divino maestro essendo alimentato alla sua mensa non solo del pane della terra, ma pure, dice Sant’Ambrogio, del pane celeste che è la sua Parola e di quello del suo corpo che egli ricevette nell’ultima cena in compagnia degli altri apostoli.
11 Ma tu, Signore, abbi pietà di me e fammi risorgere
e darò loro il contraccambio.
12 In questo ho conosciuto che mi hai amato,
perché non godrà il mio nemico su di me,
13 me invece hai accolto per la mia
innocenza e me hai confermato
davanti a te in eterno.
Benedetto il Signore Dio di Israele,
di secolo in secolo. Sia, sia
La situazione estrema in cui era Davide non gli impediva di avere un’umile fiducia in Dio, che lo avrebbe guidato alla fine a un sicuro trionfo sui suoi nemici e lo avrebbe fatto risorgere da quella specie di morte in cui si vedeva ridotto dalla loro violenza. E tutto ciò gli era messo così vivamente davanti dallo Spirito di Dio, come se fosse già avvenuto. Allorché dice a Dio che a motivo della sua innocenza lo aveva accolto sotto la sua divina protezione, ciò si deve intendere perché era già egli giustificato alla sua presenza e d’altronde perché doveva essere considerato come innocente rispetto a coloro che lo odiavano e lo perseguitavano senza ragione. Dio gli fece vedere al tempo stesso che egli sarebbe stato stabilito per sempre alla sua presenza. Siccome abbiamo visto che questo salmo riguarda in modo particolare Gesù Cristo non dobbiamo immaginarci, dice Sant’Ambrogio, che egli dubiti della sua risurrezione, allorché chiede a Dio suo Padre che abbia pietà di lui e lo resusciti. Dice ai giudei: distruggete questo tempio ed io lo riedificherò in tre giorni. Domandava egli stesso una tale risurrezione per il suo corpo, che è la Chiesa. Quanto alla espressione che renderà loro il contraccambio si può spiegarla in due modi, aggiunge il santo stesso, o relativamente alla sua giustizia che doveva punire la loro perfidia, o relativamente alla sua divina bontà poiché doveva diffondere sopra molti giudei la grazia della salvezza. Egli ha conosciuto l’amore del Padre suo nella impotenza del nemico a trionfare su di lui. Quantunque sia morto per noi, egli ha trionfato del suo nemico per mezzo della sua risurrezione. Riguardo a Gesù Cristo è vero dire che il Padre suo lo ha ricevuto come dal sepolcro fra le sue braccia a motivo della sua innocenza e lo ha stabilito dopo la sua risurrezione perché fosse eternamente alla sua presenza, egli che in quanto Dio era lo splendore della sua gloria e l’immagine della sua sostanza.
Da Agostino
1 Per la fine, salmo di Davide
2 Beato colui che ha intelligenza
del misero e del povero,
nel giorno cattivo lo libererà il Signore.
Beato colui che comprende il misero e il povero; nel giorno del dolore lo libererà il Signore . Intendi dunque il misero ed il povero, cioè abbi l'intelligenza del Cristo, comprendi che stanno segrete ricchezze in Lui che tu vedi povero. Sono in lui infatti nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza . Poiché Egli è Dio, ti libererà nel giorno della sventura; poiché è uomo, ha risuscitato quello che in lui c'era di umano, lo ha mutato in meglio, lo ha innalzato al cielo. Guarda i poveri, i bisognosi, gli affamati, gli assetati, gli esuli, gli ignudi, i malati, coloro che sono chiusi in carcere. Comprendi anche quel tale povero perché, se hai intelligenza di quel tale povero, intendi colui che ha detto: ho avuto fame, ho avuto sede, ero nudo, esule, malato, in carcere. In questo modo nel giorno della sventura il Signore ti libererà.
3 Il Signore lo custodisca e gli dia vita
e lo faccia beato sulla terra e non lo consegni
in potere dei suoi nemici.
Il Signore lo conserverà e lo vivificherà. Cosa significa, a cosa si riferisce: lo vivificherà? Alla vita futura. È vivificato infatti chi era morto. Affinché coloro che capiscono il misero ed il povero non credano che saranno sicuramente accolti in cielo ma trascurati in terra, aggiunge: lo faccia beato in terra. Solleva dunque gli occhi a questa promessa. Dio non ti abbandona in terra e qualcosa ti promette in cielo. E non lo abbandoni nelle mani del suo nemico. Quel nemico è il diavolo. Nessuno consideri suo nemico l’uomo, quando ascolta queste parole.
4 Il Signore lo assista sul letto del suo dolore.
Tutto il suo giaciglio hai rivoltato nella sua infermità.
Il Signore lo assista. Ma dove? Forse nel cielo, forse nella vita eterna? Non sia mai. Hai la promessa della vita presente e di quella futura. È venuto a te in terra colui dal quale è stato fatto il cielo e la terra. Osserva infine che cosa dice: il Signore lo assista sul letto del suo dolore. Il letto del dolore è l’infermità della carne. Non dire: non posso sopportare e frenare la mia carne. Sarai aiutato perché tu lo possa. Il Signore ti assista sul letto del tuo dolore. Il letto portava te, non tu portavi il letto, poiché eri dentro paralitico; ma c’è chi ti dice. Prendi il tuo lettuccio e vai a casa tua. Perché, mentre Dio ci assiste, soffriamo tante sciagure in questa vita, tanti scandali, tante fatiche, tante inquietudini? Il salmista volge se stesso a Dio e come se esponesse a noi il consiglio che dà la sua medicina, dice: tutto il suo letto hai rivoltato nella sua infermità. Per letto si intende qualcosa di terreno. Ogni anima debole cerca per sé in questa vita qualcosa di terreno ove riposare. Poiché difficilmente può sopportare di continuo la tensione della fatica e dell’anima protesa verso Dio, cerca qualcosa in terra ove riposarsi e godere in qualche modo di una certa pausa. Anche gli innocenti ricercano questo. Non dobbiamo infatti parlare ora dei desideri dei malvagi, poiché molti trovano riposo nei teatri, nel circo, nel gioco nei piaceri delle osterie, nelle voluttà dell’adulterio, nelle violenze delle rapine, nell’inganno e nelle truffe. In tutte queste cose gli uomini trovano riposo. Che significa trovano riposo? Significa che in tali cose trovano piacere. Ma allontaniamoci da tutte queste cose e veniamo all’uomo innocente. Egli si riposa nella sua casa, nella sua famiglia, nella sposa, nei figli, nella sua piccola proprietà, nell’ultima seminagione fatta con le sue mani, nella casa costruita con un suo lavoro. Gli innocenti riposano in queste cose. Tuttavia Dio, volendo che noi nutriamo amore soltanto per la vita eterna, anche in queste innocenti gioie mescola l’amarezza e affinché anche in queste cose noi soffriamo tribolazioni ha rivoltato tutto il nostro letto nell’ infermità. Non si lamenti quello che possiede innocentemente queste cose, quando soffre qualche tribolazione. Gli è insegnato ad amare le cose migliori per mezzo dell’amarezza che danno quelle inferiori, affinché il viandante che va verso la patria non preferisca l’albergo alla sua casa.
5 Io ho detto: Signore, pietà di me,
guarisci l’anima mia perché ho peccato contro di te
6 I miei nemici mi hanno augurato il male.
Quando morirà e perirà il suo nome?
Io ho detto: Signore abbi pietà di me; risana l’anima mia, perché ho peccato contro di te. O Signore, rafforzami nelle tribolazioni tu che giudichi degno di punizione ogni figlio che accogli, tu che non ha mai risparmiato neppure il Figlio unico. Certamente egli è stato punito senza aver peccato; ma io dico: abbi pietà di me, risana l’anima mia perché ho peccato contro di te. Affidiamoci senza esitazione alla mano del medico, perché egli non sbaglia in modo da incidere il sano al posto del malato. Sa ciò che vede, conosce il vizio, poiché egli stesso ha creato la natura. Sa discernere quello che egli stesso ha creato e ciò che alla natura ha aggiunto la nostra cupidigia. Sa di aver dato all’uomo sano il comandamento, affinché non precipitasse nella malattia, sa di aver detto nel paradiso: mangia questo e non toccare quest’altro. Il sano non ha ascoltato il precetto del medico, rivolto a far sì che non cadesse. Lo ascolti dunque il malato per risorgere.
7 E se entrava per vedere vanamente parlava,
il suo cuore ha accumulato per sé
l’iniquità, usciva fuori e parlava allo stesso modo.
Ciò che ha sofferto Cristo, soffre anche la Chiesa; ciò che ha sofferto il capo soffrano anche le membra. È forse il servo maggiore del suo signore? Oppure il discepolo è da più del maestro? Dice: se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi. Se hanno chiamato Beelzebub il padre di famiglia, quanto più i suoi nemici? Entravano per vedere. Giuda era presso il nostro capo e si avvicinò al nostro capo per vedere, cioè per sondare; non per avere di che credere, ma per trovare di che tradire. Ecco egli entrava per vedere, e questo esempio è proposto nel nostro Capo. E che accade dopo l’assunzione nel nostro Capo? Non dice forse l’apostolo Paolo: e ciò a motivo di falsi fratelli intrusi, i quali si sono introdotti per attentare alla nostra libertà? Dunque anche costoro entravano per vedere: ipocriti, malvagi simulatori che si uniscono con falsa carità, che colgono ogni atteggiamento, ogni parola dei santi, tentando in ogni cosa di tendere dei lacci. E cosa accade loro? Vedete ciò che segue: vanamente ha parlato il loro cuore. Cioè hanno parlato con falso amore. Vano è ciò che hanno detto: non è vero, non è concreto. E, poiché essi stanno attenti per cogliere di che accusare, che cosa dice? Hanno accumulato contro di sé l’iniquità. Contro di sé, dice non contro di me. Allo stesso modo Giuda agì contro di sé, non contro Cristo, e così agiscono i traditori della Chiesa contro di sé, non contro di noi. Di essi anche altrove è detto: e l’iniquità ha mentito a se stessa. Hanno accumulato contro di sé l’iniquità. E poiché sono entrati per vedere, uscivano fuori e parlavano. Colui che entrò per vedere usciva fuori e parlava. Volesse il cielo che fosse rimasto dentro e avesse detto il vero! Non sarebbe uscito fuori per dire il falso. È traditore e persecutore colui che esce fuori e parla. Se tu appartieni alle membra di Cristo, vieni dentro, stai stretto al capo. Sopporta la zizzania se sei buon grano; sopporta la paglia se sei frumento; sopporta i pesci cattivi dentro la rete, se sei un buon pesce.
8 Contro di me bisbigliavano
tutti i miei nemici, contro
di me tramavano mali per me.
Insieme contro di me sussurravano tutti i miei nemici. Contro di me tutti insieme. Quanto meglio se fossero stati insieme con me! Che significa contro di me insieme? Significa con un solo consiglio, con una sola cospirazione.
9 Una parola iniqua hanno deposto contro di me:
Forse chi dorme potrà mai risorgere?
Una parola perversa hanno tramato contro di me. Quale parola perversa? Fai attenzione al capo stesso! Uccidiamolo e nostra sarà l’eredità. Stolti! In qual modo sarà vostra l’eredità? Perché lo avete ucciso? Ecco, lo avete ucciso e l’eredità non sarà vostra. Forse che colui che dorme non si volgerà per risorgere? Quando voi avete esultato per averlo ucciso, egli dormiva. Dice infatti anche in un altro salmo: io dormii. Se non lo avessi voluto, non avrei certo dormito. Io dormii perché ho il potere di dare la mia vita ed ho il potere di prenderla di nuovo.
10 Perfino l’uomo della mia pace
in cui ho sperato, che mangiava i miei pani,
ha fatto grande l’inganno contro di me.
E perché dormiva? A causa di quello che era entrato per vedere e aveva accumulato per sé l’iniquità. Infatti l’uomo della mia pace, nel quale speravo, che mangiava il mio pane, stese su di me calcagno; levò su di me il piede, cercò di calpestarmi. Chi è quest’uomo della sua pace? È Giuda. Ed in lui Cristo sperava, dato che ha detto: nel quale speravo. Egli designò il traditore per mezzo del pezzetto di pane, affinché apparisse chiaramente come detto di lui: quello che mangiava il mio pane. E di nuovo, quando venne colui che lo avrebbe tradito, gli dette un bacio, perché fosse chiaro che a lui si riferiscono queste parole: uomo della mia pace.
11 Ma tu, Signore, abbi pietà di me e fammi risorgere
e darò loro il contraccambio.
Ma tu, Signore abbi pietà di me e fammi risorgere e darò loro il contraccambio. Vedete che quanto è stato detto già si è compiuto. I giudei hanno ucciso Cristo per non perdere il paese. Morto Cristo hanno perduto il paese, sradicati dal regno sono stati dispersi. Risuscitato egli ha retribuito loro la tribolazione; li ha ripagati per ammonirli, non ancora per condannarli. Non crediate, fratelli, che il Figlio sia meno potente del Padre, per il fatto che ha detto: fammi risorgere, come se non potesse risorgere da se stesso. Ha risuscitato infatti ciò che poteva morire, cioè la carne. Perché non crediate che Dio, Padre di Cristo, abbia potuto risuscitare Cristo, cioè la carne del Figlio suo, mentre Cristo pur essendo il Verbo di Dio uguale al Padre non avrebbe potuto risuscitare la sua carne, ascoltate il Vangelo: distruggete questo tempio e io in tre giorni lo ricostruirò. E l’evangelista aggiunge per fugare ogni dubbio che egli diceva questo del tempio del suo corpo.
12 In questo ho conosciuto che mi hai amato,
perché non godrà il mio nemico su di me,
In questo ho capito che mi hai amato, perché il mio nemico non si rallegrerà su di me. I giudei ci sono rallegrati quando hanno visto il Cristo crocifisso, hanno creduto che fosse soddisfatta la loro volontà di fargli del male. Hanno visto compiuto il frutto della loro crudeltà nel Cristo pendente dalla croce ed hanno scosso il capo dicendo: sei il Figlio di Dio, discendi dalla croce. Non discendeva colui che lo poteva; non dimostrava la potenza, ma insegnava la pazienza. È rimasto sulla croce di fronte a coloro che lo insultavano, saldo mentre essi vacillavano. Ecco perché agitavano il capo, poiché non riuscivano a stare uniti al vero Capo. È chiaro dunque che egli ci ha insegnato la pazienza, poiché ha fatto poi cose ben più grandi di quelle che non ha potuto fare quando i giudei lo provocavano. È segno di potenza molto maggiore risorgere dal sepolcro anziché discendere dalla croce. Vediamo ora che questo crocifisso trascina dietro di sé il genere umano e forse non andrebbero dietro di lui se non fosse stato ucciso. In questo ho capito che mi hai amato, perché il mio nemico non si rallegrerà su di me.
13 me invece hai accolto per la mia
innocenza e me hai confermato
davanti a te in eterno.
Benedetto il Signore Dio di Israele,
di secolo in secolo. Sia, sia
Ma per la mia innocenza mi hai accolto. Verace innocenza, integrità senza peccato, restituzione senza debito, castigo senza colpa! Per la mia innocenza mi hai accolto e mi hai confermato al tuo cospetto in eterno. Mi hai confermato in eterno e mi hai reso debole per breve tempo al cospetto degli uomini. Che dire? Sia lode a lui, gloria a lui. Benedetto il Signore Dio d’Israele. Egli infatti è il Dio di Israele, il nostro Dio, il Dio di Giacobbe, il Dio del figlio minore, il Dio del popolo più giovane. Il figlio maggiore, cioè il popolo più anziano è stato condannato; il minore è il popolo diletto. Ogni cosa il Signore ha distribuito, ogni cosa ha ordinato per la nostra salvezza. Ha preannunciato prima di noi, ha adempiuto al tempo nostro e ciò che ancora non ha adempiuto adempirà. Diciamo perciò tutti: Benedetto il Signore Dio d’Israele nei secoli dei secoli. E tutto il popolo dica: così sia, così sia.
Dai Padri
Cirillo Alessandrino: poichè il Cristo ha detto nel Vangelo: bisogna che si compia la Scrittura: chi mangia il pane con me… (Giovanni 13,18), questo salmo si addice a lui solo. Quindi l’inizio del salmo vuol dire: Beati quelli che pongono la loro fede nel Cristo. È lui il povero che essendo ricco si è fatto povero per arricchire noi.
Il Signore lo custodisca: è la ricompensa per quanti si affidano al Cristo. Dio ricompenserà pure quanti fanno l’elemosina ai poveri.
Dal versetto 4 in poi è il Cristo che parla: ho peccato. Il Salvatore non lo può dire che assumendo i nostri peccati come primogenito della nostra natura. Essendo stato fatto maledizione ha bisogno di misericordia.
I nemici vogliono fare scomparire anche il suo nome. Al contrario la Chiesa dice allo sposo nel salmo 44,17: ricorderanno il tuo nome in ogni generazione.
Complotti di Giuda e dei giudei (versetto 6).
Un’accusa iniqua: il “crocifiggilo” dei giudei. Forse chi dorme potrà mai risorgere? Pensavano che la morte l’avrebbe tolto di mezzo, come uno qualsiasi di noi.
Abbi pietà di me e fammi risorgere: queste parole convengono al Cristo umiliato che ha assunto la natura umana. Chiede misericordia, perché doveva adempiere ogni giustizia: poiché si è fatto uomo, non rifiuta l’umiltà dell’umanità; inoltre, chiedeva il perdono e la risurrezione più per noi che per lui, per noi che avevamo bisogno di entrambi. Quando il peccato entrò nel mondo, vi entrò anche la morte che è sua figlia e quando il peccato fu cacciato dal mondo, anche la morte fu scacciata insieme a lui. La morte è distrutta con la risurrezione del Cristo, per il quale e nel quale la natura umana rifiorisce nella incorruzione.
da questo so che mi vuoi bene. Nel Cristo abbiamo acquisito un diritto di figli verso il Padre, per essere, da questo momento, amati da lui.
Non godrà il mio nemico su di me: il diavolo, nemico del genere umano, ha introdotto la morte nel mondo per mezzo del peccato, ma cesserà di gioire quando vedrà la natura umana cambiata, rivestita di immortalità, trasformata nella sua bellezza primitiva.
Eusebio: beato colui che ha intelligenza del povero. Bisogna riferire queste due parole profetiche alla sola persona del Salvatore e dire: beato colui che può comprendere che il Cristo si è fatto povero per noi… Il povero e il misero lo troviamo anche nel Vangelo: avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete… Era straniero… Nudo… Infermo… Prigioniero (Matteo 25,35). Si, beato chi ha questa intelligenza del povero e del misero. Questa beatitudine è rivolta tanto ai ricchi che soccorrono i poveri quanto ai poveri di spirito.
Gregorio di Nissa: come nel salmo 1 si tratta di una beatitudine; ma in questo caso non si dice di volgere le spalle al male: la beatitudine è la conoscenza del bene; il bene è il Figlio di Dio che per noi si è fatto povero, da ricco qual era. Questo versetto attira l’attenzione sulla povertà dell’incarnazione che il Vangelo ci ha descritto: proclama beato chi conosce e comprende rettamente la povertà del Cristo. Chi si è fatto povero assumendo la forma di servo è benedetto, grazie alla sua natura divina.
Cirillo Alessandrino: beato chi comprende questa povertà che il Cristo ha assunto, lui che era ricco.
Atanasio: il povero è il Cristo che si è fatto povero per noi
Ambrogio: questo povero è il Cristo. Colui che, nel salmo precedente diceva: ecco, io vengo, ora viene e soffre .
Girolamo: beato chi conosce il Cristo nella sua incarnazione, per la quale si è fatto povero.
Beda: il Cristo era ricco presso il Padre ed è povero presso gli uomini. È Il povero per eccellenza. È tanto povero da farsi pane.
Ruperto: il povero è il Cristo nell’umiltà della sua passione: vi è un rapporto tra la fine del salmo precedente e l’inizio di questo. Il salmista stabilisce un contrasto tra la miseria e la condanna di quanti si scandalizzeranno per causa sua e la beatitudine di quelli che crederanno in lui, come vero Dio e vero uomo.
1 Eusebio: nel giorno cattivo è il giorno del giudizio.
2 Girolamo: li trasferirà dalla morte alla vita.
3 Origene: il letto del dolore del Cristo è il suo corpo umiliato.
Gregorio di Nissa: il Verbo discende ricoperto d’ombra, sul letto di questa vita.
Ilario: così interpreta: è il cambiamento e il passaggio dal letto regale del cielo al giaciglio doloroso della croce. Questo salmo ce lo testimonia perché annuncia nella persona del Cristo, tutto il mistero della passione. Tutto il suo giaciglio hai rivoltato nella sua malattia: quando, per volontà del Padre, il Figlio, che è Dio, si è fatto uomo; quando da onnipotente è divenuto debole; quando lui, che è la fonte della vita, è morto; quando lui che è il giudice eterno di tutti i secoli, è stato condannato al supplizio della croce, allora il suo letto regale è stato rivoltato nella sua malattia.
Ambrogio ci offre tre interpretazioni: hai scambiato tutta l’infermità umana con l’infermità del Cristo; lo hai fatto passare da uno stato a un alto; hai capovolto la situazione.
4 Origene: guarisci l’anima mia, perché contro di te ho peccato. È il Salvatore che dice questo, avendo preso su di sé i nostri peccati. Il Cristo è morto per noi, divenuto maledizione per causa nostra.
Atanasio: è il Cristo che parla. Chi ha sofferto per gli uomini dice che i loro peccati sono i suoi.
6 Cirillo Alessandrino: si tratta di Giuda, il traditore.
Girolamo: le accuse false lanciate contro il Cristo.
8 Girolamo cita Geremia 8,4: chi cade, forse non si rialza?
9 Eusebio: Giuda ha mangiato con il Signore non solo il pane comune ma anche il pane che nutre l’anima e di cui il Salvatore ha detto: sono il pane disceso dal cielo e che dà la vita al mondo (Giovanni 6,33).
Cirillo Alessandrino: l’uomo della mia pace è Giuda. Ha ordito contro di me un grande inganno: è l’azione dolosa di chi corre e fa lo sgambetto al rivale.
Ambrogio: i miei pani: è l’eucaristia. L’atto di soppiantare rivela l’inganno. Al tradimento Giuda aggiunge l’insolenza del bacio, cosa che Adamo non aveva fatto.
10 Atanasio: il Cristo parla al Padre in modo umano, a motivo del suo stato di umiliazione.
Cirillo Alessandrino: è il Cristo stesso la misericordia di Dio; ma per compiere ogni giustizia chiede misericordia.
11 Atanasio: da questo so che tu mi vuoi: il Padre vuole il Cristo e vuole l’umanità della quale il diavolo è nemico.
12 Eusebio: a proposito della semplicità dell’agnello che non apre la bocca, Pietro ci dice: maledetto non malediceva (1 Pietro 2,23).
Girolamo: la più grande innocenza è il Giusto che muore per gli empi.
13 Cirillo Alessandrino: cominciamo a benedirti quaggiù e continueremo a farlo in cielo, quando avranno fine le cose relative e provvisorie.
salmo 41
1 per la fine, per la comprensione dei figli di Core
2 Come il cervo anela alle fonti delle acque,
così l’anima mia anela a te, o Dio.
3 Ha avuto sete l’anima mia
del Dio del Dio forte e vivo.
Quando verrò ed apparirò al volto di Dio?
4 Le mie lacrime sono state per me pane giorno e notte,
mentre mi si dice ogni giorno dov’è il tuo Dio?
5 Di questo mi sono ricordato
e ho effuso in me l’anima mia:
poiché passerò nel luogo della tenda meravigliosa
fino alla casa di Dio, con voce di
esultanza e di lode, suono di chi banchetta.
6 Perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi?
Spera in Dio, poiché lo confesserò
salvezza del mio volto, il mio Dio.
7 In me stesso l’anima mia è turbata.
perciò mi ricorderò di te dalla terra del Giordano e
dell’Ermon, dal piccolo monte.
8 L’abisso chiama l’abisso
nella voce delle tue cascate,
tutte le tue acque alte e le tue onde
sopra di me sono passate.
9 Di giorno il Signore ha disposto
la sua misericordia e di notte il suo cantico.
Presso di me è la preghiera al Dio della mia vita.
10 Dirò a Dio : mio sostegno sei tu,
perché mi hai dimenticato?
Perché cammino contristato
mentre il mio nemico mi affligge?
11 Mentre vengono spezzate le mie
ossa mi hanno insultato quelli che mi tormentano
mentre mi dicono ogni giorno:
Dov’è il tuo Dio?
12 Perché sei triste anima mia
e perché mi turbi? Spera in Dio, perché
ancora lo confesserò, salvezza del mio volto e Dio mio.
Da Sacy
1 per la fine, per la comprensione dei figli di Core
Per la fine, salmo per l’intelligenza dei figli di Kore. Troviamo i figli di Kore anche in altri titoli di salmi. Kore fu un uomo, e come tale avrà avuto certamente dei figli che erano chiamati figli di Kore; noi tuttavia scrutiamo l’arcano del sacramento, affinché il nome partorisca questo mistero del quale è pregno. È una cosa molto misteriosa che i cristiani siano chiamati figli di Kore. Perché figli di Kore? Figli dello sposo, figli di Cristo. I cristiani infatti sono detti figli dello sposo. Perché dunque, Kore è Cristo? Perché Kore significa calvario. Andiamo ancora più lontano. Cercavo perché Kore è Cristo. Ma forse non abbiamo trovato che il Salvatore è stato crocifisso appunto sul luogo del calvario? Certamente! Dunque i figli dello sposo, i figli della sua passione, i figli redenti dal suo sangue, i figli della sua croce, che portano in fronte il segno che i nemici posero nel luogo del calvario.
2 Come il cervo anela alle fonti delle acque,
così l’anima mia anela a te, o Dio.
3 Ha avuto sete l’anima mia
del Dio, del Dio forte e vivo.
Quando verrò ed apparirò al volto di Dio?
Il santo re amando Dio con acceso amore, non potendo tuttavia esprimere come vorrebbe questo celeste amore va in cerca di similitudini per darcene l’intelligenza e renderci partecipi del sacro fuoco di cui arde egli stesso. Tre cose contribuivano a rendere Dio infinitamente amabile a Davide: la somma bellezza della sua divina natura, visibile soltanto ad un cuore puro; la grandezza del suo amore verso di noi; le innumerevoli grazie con cui ricolma gli uomini ogni giorno. Per esprimere l’ardore divino che lo faceva continuamente anelare a Dio, dice che egli è come un cervo assetato che desidera trovare acqua per dissetarsi. Si crede che questo animale abbia una sete ardente sia per sua natura sia perché prende e mangia i serpenti il cui veleno gli brucia le viscere. Oltre a ciò essendo inseguito dai cani non desidera che trovare acqua per gettarsi in essa e rinfrescarsi. Il profeta non dice che la sua anima ha amato il Dio forte e vivo, ma che essa ha una sete ardente per lui. Questa sete così veemente non durava soltanto un giorno, ma tutti i giorni della sua vita, di notte come di giorno, poiché l’amore di Dio è perseverante e accompagnato da una costante pietà. Davide dà a Dio il nome di forte per distinguerlo dagli dei delle nazioni che non potevano cosa alcuna e lo chiama vivo per significare che egli vive per virtù propria e comunica la vita a tutti gli esseri creati. Quel principe, manifestando l’ardente sete che lo bruciava per il Dio forte e vivo gridava in un certo modo, dice San Crisostomo a tutti quelli che sono ancora attaccati alla vita presente. Amiamo colui che è vivo e eterno. Vedete dice lo stesso Santo, come questo uomo sia tutto acceso di amore. Sapendo che all’uscire da questa vita vedrà Dio, fa fatica ad aspettare il tempo in cui questo avverrà.
4 Le mie lacrime sono state per me pane giorno e notte,
mentre mi si dice ogni giorno dov’è il tuo Dio?
5 Di questo mi sono ricordato
e ho effuso in me l’anima mia:
poiché passerò nel luogo della tenda meravigliosa
fino alla casa di Dio, con voce di
esultanza e di lode, suono di chi banchetta.
Cosa poteva fare Davide nella sete così ardente che sentiva per Dio, se non piangere allorché se ne vedeva ancora lontano? Le lacrime sono consolazione e cibo per le persone afflitte. Per questo egli dice che gli servivano come cibo giorno e notte. Le sue molte sofferenze gli dicevano con uno spirito simile a quello della moglie di Giobbe: dov’è il tuo Dio, che tu servi con fedeltà? Perché ti abbandona in tale stato se è vero che egli è onnipotente? Ai tempi dell’antica legge non si riconosceva la grandezza di Dio se non quando faceva del bene ai suoi servi. Ancora oggi si vedono troppo spesso questi giudei del cristianesimo i quali non adorano Dio se non in mezzo alla loro prosperità. Egli esprime poi come si fosse in qualche modo consolato in mezzo agli insulti dei suoi nemici e alle tribolazioni che soffriva continuamente nel suo cuore. Ho sparso, diceva, l’anima mia dentro me stesso. Essendo l’anima mia tutta costretta dalla violenza del dolore io in un certo modo l’ho diffusa e messa al largo con la fermissima speranza che mi dava Dio, che io sarei passato finalmente nel luogo del suo tabernacolo, non solo di quello che è sopra la terra, ma di quello che è veramente ammirabile, della Gerusalemme celeste, che è propriamente la casa di Dio. Io non rimarrò sempre in questi luoghi d’esilio. Pensando dunque il profeta alla festa eterna a cui aspirava, per far meglio comprendere, la paragona ai canti di gioia e di lode che si udivano risuonare nelle grandi feste e a tutte le grida di giubilo dei conviti che in occasione di quelle si soleva imbandire.
6 Perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi?
Spera in Dio, poiché lo confesserò
salvezza del mio volto, il mio Dio.
7 In me stesso l’anima mia è turbata.
perciò mi ricorderò di te dalla terra del Giordano e
dell’Ermon, dal piccolo monte.
Pensando dunque Davide, come si è detto, in mezzo al suo dolore al tempo beato in cui doveva passare nel luogo del tabernacolo così ammirabile di Dio chiede a se stesso perché egli fosse triste. Gli insulti che ti fanno i tuoi nemici, dice egli all’anima sua, sono forse capaci di fare vacillare la tua speranza e di farti dubitare del soccorso divino? Spera dunque in lui con forza e abbi la certezza che sarai in grado poi di lodarlo come Salvatore non solo nel tempo della vita presente, ma molto più in cielo, allorché egli ricolmerà di gloria il tuo volto. È vero egli aggiunge che l’anima mia si turba in me stesso, cioè quando non guardo che a me stesso. Per questo io voglio, o mio Dio pensare solamente a te e ricordarmi dei grandi prodigi da te operati nei tempi passati verso la terra del Giordano e i monti di Hermon per la salvezza di Israele. Tu hai steso il tuo braccio potente per renderlo vittorioso sui suoi nemici. Queste prove della tua bontà e della tua somma potenza mi fanno sicuro della tua protezione. I monti dell’Hermon erano due montagne altissime, ovvero una sola montagna separata in due, situata ai confini estremi della Palestina. Riguardo alla piccola montagna di cui si parla in questo luogo non si può dire nulla di sicuro.
8 L’abisso chiama l’abisso
nella voce delle tue cascate,
tutte le tue acque alte e le tue onde
sopra di me sono passate.
Davide si serve di una espressione figurata e poetica per esprimere il peso delle afflizioni che l’opprimevano. Le paragona alle ondate di una inondazione d’acqua che piombando con veemenza dall’alto, si succedono continuamente le une alle altre. Chiama esse un abisso che attrae un altro abisso al suo posto. Considerandosi egli dunque come cinto dai flutti e dalle onde che si sono formati da un tale diluvio caduto dal cielo e che lo coprono ogni momento, vede in questi mali, da cui si sente oppresso, una mano superiore e non l’ opera dell’uomo. San Bernardo dice che l’abisso dell’umana miseria chiama e provoca l’abisso della divina misericordia. Altri dicono che l’abisso della malizia del cuore umano provoca l’abisso della divina giustizia.
9 Di giorno il Signore ha disposto
la sua misericordia e di notte il suo cantico.
Presso di me è la preghiera al Dio della mia vita.
10 Dirò a Dio : mio sostegno sei tu,
perché mi hai dimenticato?
Perché cammino contristato
mentre il mio nemico mi affligge?
In mezzo a una tale inondazione di mali, Dio manifesterà la sua misericordia verso di me ed io passerò la notte a cantargli un inno di gratitudine. Mi chiudo dentro me stesso per offrirgli la mia preghiera nel segreto del mio cuore. Per pregare Dio e per essere da lui esordito non devo andare in un luogo lontano e cercare doni che siano degni di essergli offerti. Porto in me stesso la vittima che gli devo immolare; ho nel mio cuore l’incenso che deve ardere dinanzi a lui. È nascosto nel petto il sacrificio con cui posso placarlo: un cuore contrito e umiliato alla sua presenza. Nell’intimo del mio cuore io gli dico e sempre gli dirò: ti riconosco, mio Dio, come unico mio rifugio e mio difensore. Perché Signore mi hai tu in questo modo dimenticato e perché permetti che il nemico mi affligga e mi riempia di tristezza? Io sono nell’affanno e nella pena come se tu mi avessi dimenticato. So peraltro che tu mi tratti in questo modo per mettermi alla prova e che soltanto differisci il concedermi ciò che tu mi hai promesso. Ma chi è mai quello, dice Sant’Ambrogio, che osi dire al Signore: perché mi hai tu dimenticato? Eppure questo detto è comune ai santi e ai deboli.
11 Mentre vengono spezzate le mie
ossa mi hanno insultato quelli che mi tormentano
mentre mi dicono ogni giorno:
Dov’è il tuo Dio?
12 Perché sei triste anima mia
e perché mi turbi? Spera in Dio, perché
ancora lo confesserò, salvezza del mio volto e Dio mio.
Davide si serve ancora di una espressione poetica e metaforica per indicare l’estrema debolezza che gli avevano procurato i suoi nemici corporali e spirituali, con le loro persecuzioni o con le loro tentazioni. Non si vede che a Davide siano mai state spezzate le ossa. Poiché la forza e il sostegno del corpo dell’uomo stanno nel perfetto legame di tutte le sue ossa egli perciò indica in modo figurato la sua grande debolezza col dire che sono state infrante le sue ossa. Davide non fu mai messo a più dura prova del rimprovero, che sempre gli facevano i suoi nemici, di essersi inutilmente fidato di Dio, che era in modo particolare il suo Dio a motivo dell’umile pietà con cui lo serviva. Ma in mezzo a tanti rimproveri e a tanti mali che lo riducevano all’estrema afflizione non cessa mai di rialzarsi di volta in volta e di rinforzare la propria anima, domandandogli di nuovo perché fosse triste ed esortandola a radicarsi nella sua speranza.
Da Agostino
1 per la fine, per la comprensione dei figli di Core
È una cosa molto misteriosa che i cristiani siano chiamati figli di Core. Perché figli di Core? Figli dello sposo, figli di Cristo. I cristiani infatti sono detti figli dello sposo . Perché, dunque, Core è Cristo? Perché Core significa Calvario. Andiamo ancora più lontano. Cercavo perché Core è Cristo: Ma forse non abbiamo trovato che il Salvatore è stato crocifisso appunto sul luogo del Calvario ? Certamente! Dunque i figli dello sposo, i figli della sua passione, i figli redenti dal sangue suo, i figli della sua croce, che portano in fronte il segno, si chiamano figli di Core. Per costoro si canta questo salmo perché comprendano .
2 Come il cervo anela alle fonti delle acque,
così l’anima mia anela a te, o Dio.
Questo salmo inizia con un santo desiderio e colui che canta dice: come il cervo anela alle fonti dell’acqua, così l’anima mia anela a te o Dio. Chi dice queste cose? Se lo vogliamo, siamo noi. Non è un uomo solo che parla, ma un solo corpo: il corpo di Cristo che è la Chiesa. Coloro che hanno gustato la dolcezza del Signore e avvertono nel cantico un sapore particolare non pensino di essere soli. Siano convinti di essere sparsi nel campo del Signore, cioè in tutto il mondo e questa voce è la voce dell’unità cristiana. Come il cervo anela alle fonti dell’acqua così anela l’anima mia a te, o Dio. È esatto pensare che si tratta della voce dei catecumeni che si affrettano alla grazia del santo lavacro. Perciò si canta solennemente questo salmo affinché essi desiderino la fonte della remissione dei peccati, come il cervo anela alle fonti dell’acqua. Anche noi già battezzati, aneliamo a quella fonte nella quale la Scrittura altrove dice: perché presso di te è la fonte della vita. Egli stesso è la fonte e la luce; perché nella tua luce vedremo la luce. Se è fonte è anche luce e giustamente è anche intelligenza che sazia l’anima avida di sapere. Chiunque capisce è illuminato da una certa luce non corporale, non carnale, non esteriore, ma interiore. Tu corri alla fonte, desidera le fonti delle acque. Presso Dio c’è la fonte della vita, una fonte inesauribile, nella luce di lui c’è una luce che non si oscurerà mai. Desidera questa luce, questa fonte: una luce che i tuoi occhi non hanno mai conosciuto. Vedendo questa luce l’occhio interiore si aguzza, bevendo a questa fonte la sete interiore diventa più ardente. Corri alla fonte, anela alla fonte; ma non correre a casaccio, non correre come corre un qualsiasi animale; corri come un cervo. Che significa “corri come un cervo?” Non essere lento nel correre, corri veloce, anela con prontezza alla fonte. Sappiamo infatti che il cervo è velocissimo.
Ma la Scrittura non ha voluto che considerassimo solo questo. Nel cervo, ha voluto indicarci anche altro. Ascolta che cosa c’è d’altro nel cervo. Esso uccide i serpenti, e dopo la morte dei serpenti arde di una sete ancora più forte. Uccisi i serpenti corre ancora più velocemente alla fonte. I serpenti sono i tuoi vizi; distruggi i serpenti dell’ingiustizia e allora ancor di più desidererai la fonte della verità. Se ancora tu favorisci il tuo vizio, cedi al tuo desiderio e alla tua avarizia, al tuo serpente, quando troverò in te il desiderio che ti spinge alla fonte delle acque? Quand’è che desideri la fonte della sapienza se ancora ti affatichi nel veleno della malvagità? Uccidi in te tutto quanto è contrario alla verità. Quando ti renderai conto di essere privo di desideri perversi, non restare fermo, quasi che tu non avessi altro da desiderare. Desidera ciò che ti può dar gioia, anela alle fonti delle acque. Dio ha di che ristorarti e ricolma chi viene a lui assetato, dopo aver ucciso i serpenti, veloce come il cervo. C’è qualcosa altro da notare nel cervo. Dicono che i cervi quando camminano nella loro mandria, oppure quando nuotando si dirigono verso altre regioni, appoggiano la testa gli uni sugli altri, di modo che uno precede e lo segue un altro che appoggia il capo su di lui e il terzo lo appoggia sul secondo e così via fino alla fine del branco. Il primo che porta il peso del capo di quello che lo segue, quando è stanco va in coda, in modo che il secondo diventa il primo e lui appoggiando la testa sull’ultimo possa riposarsi dalla sua stanchezza. In questo modo portando alternativamente il peso, portano a termine il viaggio senza allontanarsi gli uni dagli altri. Non parla forse di cervi di questo genere l’apostolo quando dice: portate gli uni i pesi degli altri e così adempirete la legge di Cristo? Tale cervo dunque, stabilito nella fede ma che ancora non vede ciò che crede e desidera comprendere ciò che ama, soffre anche di contrasti provocati da coloro che non sono cervi, che hanno l’intelligenza oscurata, che vivono nelle tenebre interiori, accecati dalla cupidigia dei vizi. Per di più insultano e dicono all’uomo che crede e non manifesta ciò che crede: dov’è il tuo Dio? Ascoltiamo come reagisce questo cervo di fronte a tali parole, per farlo anche noi, se possiamo. Prima di tutto ha manifestato la sua sete dicendo: come il cervo anela alle fonti delle acque, così anela l’anima mia a te Dio. Ascolta quanto segue e non cercare più oltre: l’anima mia ha sete del Dio vivente. Di che ha sete? Quando verrò e comparirò alla presenza di Dio? È di questo che ho sete: di venire e di apparire. Ho sete nel cammino, ho sete nella corsa. Sarò saziato quando arriverò. Ma quando arriverò? Ciò che è rapido per Dio è lento per il desiderio. Quando verrò e comparirò alla presenza di Dio? Da quel desiderio deriva anche ciò che altrove grida: una cosa sola ho chiesto al Signore e questa desidero: di abitare nella casa del Signore per tutti i giorni della mia vita.
3 Ha avuto sete l’anima mia
del Dio del Dio forte e vivo.
4 Le mie lacrime sono state per me pane giorno e notte,
mentre mi si dice ogni giorno dov’è il tuo Dio?
Quando verrò ed apparirò al volto di Dio? Di questo ho sete: di venire e di apparire. Ho sete nel cammino, ho sete nella corsa; sarò saziato quando arriverò. Ma quando arriverò? Ciò che è rapido per Dio, è lento per il desiderio. Quando verrò e comparirò alla presenza di Dio? Da quel desiderio deriva anche ciò che altrove grida: Una cosa sola ho chiesto al Signore, e questa desidero, di abitare nella casa del Signore per tutti i giorni della mia vita. Frattanto mentre medito, mentre corro, le lacrime sono per me pane di giorno e di notte, mentre ad ogni istante mi si ripete: dov’è il tuo Dio? Dice: le lacrime furono per me non amarezza, ma pane. Assetato di quella fonte non potevo bere, avidamente mi nutrivo delle mie lacrime. E certamente, nutrendosi delle sue lacrime, aumenta la sua sete per la fonte. Il cibo che è chiamato pane, è mangiato di giorno dagli uomini, i quali di notte dormono. Il pane delle lacrime si mangia di giorno e di notte. Sia che tu intenda per giorno e notte la totalità del tempo, sia che intenda per giorno la prosperità di questo secolo e per notte le avversità, sia, ripeto, nelle prosperità, sia nelle avversità, io verso le lacrime del mio desiderio, io non trascuro l’avidità del mio desiderio. Non mi resta altro da conoscere se non Dio stesso. La dimora del mio Dio è al di sopra della mia anima: ivi egli abita, di lì mi guarda, di lì mi ha creato, di lì mi governa, mi sollecita, mi chiama mi dirige, mi spinge, mi trascina. Egli che ha una sublime e segreta dimora ha anche in terra la sua tenda. La sua tenda in terra è la Chiesa: ma è ancora pellegrina. Nondimeno è qui che dobbiamo cercare; perché nella tenda si trova la via, grazie alla quale si giunge alla dimora. Entrerò dunque nella tenda, nella mirabile tenda, fino alla dimora di Dio.
5 Di questo mi sono ricordato
e ho effuso in me l’anima mia:
poiché passerò nel luogo della tenda meravigliosa
fino alla casa di Dio, con voce di
esultanza e di lode, suono di chi banchetta.
6 Perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi?
Spera in Dio, poiché lo confesserò
salvezza del mio volto, il mio Dio.
Finché fratelli siamo in questo corpo, siamo esuli dal Signore. Il corpo che si corrompe appesantisce l’anima e la terrena dimora deprime l’intelligenza di chi pensa molte cose, anche se, fugate in qualche modo le nebbie, camminando spinti dal desiderio, siamo giunti talvolta a questo suono e ci siamo sforzati di sentire qualcosa di ciò che proviene da quella casa di Dio, tuttavia per il peso della nostra debolezza, ricadiamo nelle cose consuete e precipitiamo di nuovo nei pensieri quotidiani. E come là avevamo trovato di che gioire, qui non mancherà di che gemere. Questo cervo infatti, nutrendosi giorno e notte delle sue lacrime, rapito dal desiderio che lo spinge alle fonti delle acque, cioè alla interiore dolcezza di Dio, effondendo al di sopra di sé la sua anima per toccare ciò che sta al di sopra dell’anima sua, camminando nella mirabile tenda fino alla casa di Dio, guidato dalla giocondità dell’intimo e intelligibile suono, fino a disprezzare le cose esteriori e a sentirsi attirato da quelle interiori, tuttavia è ancora un uomo, ancora geme, ancora porta la carne fragile, ancora corre pericoli in mezzo agli scandali di questo mondo. Ha guardato dunque se stesso, considerando donde è venuto e, quasi fosse inchiodato tra le tristezze della terra che paragona a quelle cose che per un solo momento è riuscito a vedere, dice a se stesso: perché sei triste, anima mia, è perché mi turbi?
7 In me stesso l’anima mia è turbata.
perciò mi ricorderò di te dalla terra del Giordano e
dell’Ermon, dal piccolo monte.
Spera in Dio. Perché spera? Perché ancora potrà dare lode a Lui. Salvezza del mio volto, Dio mio. La salvezza non mi può venire da me stesso. Questo dirò, questo confesserò. Temendo quelle cose che in qualche modo ha conosciuto le esamina di nuovo perché non si insinui il nemico e ancora dice che non è salvo da ogni parte. Avendo infatti le primizie dello Spirito, gemiamo in noi stessi aspettando l’adozione e la redenzione del nostro corpo. Perfezionata in noi la salvezza saremo nella casa di Dio e vivremo senza fine e senza fine loderemo il Signore. Nella speranza già siamo salvati, ma la speranza che si vede non è speranza. Persevera dunque per giungere alla salvezza; persevera finché la salvezza non verrà. In me l’anima mia si è turbata. Forse che per Dio si è turbata? Per me si è turbata. Nell’immutabile si era ristorata, per il mutevole si è turbata. È la superbia a suscitare questo turbamento. Per questo mi sono ricordato di te, o Signore, dalla terra del Giordano e dall’Ermon, dal piccolo monte. Donde mi sono ricordato di te? Dal piccolo monte e dalla terra del Giordano. Non dal monte grande, affinché tu faccia grande il monte piccolo; perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato. Se tu cerchi anche il significato dei nomi, Giordano significa “discesa di costoro”. Discendi dunque se vuoi sollevarti; non innalzarti, se non vuoi essere abbattuto. E dall’ Ermon, dal monte piccolo. Ermon significa condanna. Condanna dunque te stesso, sii a te stesso sgradito. Sarai infatti sgradito Dio, se piacerai a te. Dio ci dona tutti i beni poiché egli è misericordioso non perché meritiamo alcunché.
8 L’abisso chiama l’abisso
nella voce delle tue cascate,
tutte le tue acque alte e le tue onde
sopra di me sono passate.
L’abisso invoca l’abisso nella voce delle tue cascate. Di quale abisso si tratta e quale abisso invoca? Abisso è ogni intelligenza umana. L’abisso infatti è una profondità impenetrabile, incomprensibile. Così ci si suole esprimere a proposito della profondità delle acque. Perché in esse è l’altezza, la profondità che non si può penetrare fino in fondo. Altrove infatti è detto: i tuoi giudizi sono come l’abisso immenso, volendo la Scrittura sottolineare che i giudizi di Dio non possono essere compresi. Di quale abisso si tratta dunque e quale abisso si invoca? Se la profondità è nell’abisso, riteniamo che il cuore dell’uomo non sia un abisso? Cosa c’è infatti di più profondo di questo abisso? Chi mai potrà comprendere che cosa l’uomo reca nell’intimo, che cosa può, che cosa sa, di che cosa dispone, che cosa vuole, che cosa non vuole? Se dunque l’uomo è l’abisso, in quale modo l’abisso invoca l’abisso? L’uomo invoca l’uomo. Così si impara la sapienza, così si apprende la fede, quando l’abisso invoca l’abisso. Quanto era grande la profondità della debolezza che si celava in Pietro quando egli non sapeva che cosa avesse nel suo intimo e in modo temerario prometteva che sarebbe morto insieme col Signore oppure per il Signore. Che immenso abisso! Questo abisso tuttavia, era manifesto agli occhi di Dio. Infatti Cristo gli preannunciava proprio questo abisso che egli ignorava di avere in sé. Dunque ogni uomo, anche santo, anche giusto anche se in molte cose progredisce, è un abisso ed invoca l’abisso, quando annuncia all’uomo la fede e la verità in vista della vita eterna. Ma l’invocazione dell’abisso da parte dell’abisso è utile, quando si compie nella voce delle tue cascate. L’abisso invoca l’abisso, cioè l’uomo guadagna un altro uomo; ma non con la sua voce bensì nella voce della tue cascate. Tutti i tuoi cavalloni e i tuoi flutti passano sopra di me. I flutti in ciò che subisco, i cavalloni in ciò che tu minacci. Ogni colpa che sento è una tua ondata; ogni tua minaccia è un tuo rinvio. Ma poiché tu liberi, questo ho detto all’anima mia: spera in Dio perché lui loderò; è la salvezza del mio volto, Dio mio. Quanto più frequenti sono le sciagure, più dolce sarà la tua misericordia.
9 Di giorno il Signore ha disposto
la sua misericordia e di notte il suo cantico.
Presso di me è la preghiera al Dio della mia vita.
Continua pertanto: di giorno il Signore concede la sua misericordia e di notte l’annuncerà. Nella prosperità Dio ti manda la sua misericordia, se fedelmente lo avrai servito, perché ti libera dalla tribolazione. Soltanto per mezzo della notte ti annuncia la misericordia che ti manda per mezzo del giorno.
10 Dirò a Dio : mio sostegno sei tu,
perché mi hai dimenticato?
Perché cammino contristato
mentre il mio nemico mi affligge?
Che farai dunque in questo esilio? Come ti comporterai? In me la preghiera a Dio, vita mia. Mi comporto come quel cervo, assetato e anelante alla fonte delle acque, al ricordo della dolcezza di quella voce grazie alla quale sono stato condotto attraverso la tenda sino alla casa di Dio. In me la preghiera a Dio, vita mia. Dentro di me ho la vittima da immolare, dentro di me ho l’incenso da offrire, dentro di me ho il sacrificio con il quale piegare il mio Dio: sacrificio a Dio è lo spirito contrito. Quale sacrificio di spirito contrito abbia dentro di me, ascolta: dirò a Dio, tu sei il mio protettore, perché ti sei scordato di me? Soffro tanto in questo mondo che è come se ti fossi scordato di me. Ma tu mi metti alla prova e so che rimandi, non mi togli ciò che hai promesso.
11 Mentre vengono spezzate le mie
ossa mi hanno insultato quelli che mi tormentano
mentre mi dicono ogni giorno:
Dov’è il tuo Dio?
12 Perché sei triste anima mia
e perché mi turbi? Spera in Dio, perché
ancora lo confesserò, salvezza del mio volto e Dio mio.
Perché mi hai scacciato? Dalla profondità della fonte dell’intelligenza della immutabile verità, perché mi hai scacciato? Perché per il peso della mia iniquità, mentre mi ero già sollevato lassù, sono precipitato in queste cose? Quando vediamo i forti della Chiesa cedere spesso agli scandali, non dice forse allora il corpo di Cristo: il nemico spezza le mie ossa. Talvolta gli stessi forti cedono alle tentazioni. Quando un membro del corpo di Cristo osserva tutte queste cose non grida forse con la voce del corpo di Cristo: perché mi hai scacciato e perché rattristato devo camminare, mentre il nemico mi affligge, mentre spezza le mie ossa? Mi hanno vituperato coloro che mi fanno soffrire. Di nuovo si sente quella voce: dicendomi ogni giorno: dov’è il tuo Dio? E soprattutto queste cose dicono delle tribolazioni della Chiesa. Questo è ciò che udirono i martiri forti e pazienti nel nome di Cristo, quando fu detto loro: dov’è il vostro Dio? Vi liberi, se può. Gli uomini vedevano i loro supplizi esteriori, ma non vedevano le intime corone. Ed io per queste cose, perché in me si è turbata l’anima mia che cosa dirò se non questo: perché sei triste anima mia e perché mi turbi? Ed essa sembra rispondermi: non vuoi che ti turbi mentre sono in mezzo a tante sciagure? Mentre sospiro al bene, assetata e affaticata? Spera in Dio perché ancora potrò dare lode a lui. Si ripete la stessa lode; si ripete la conferma della speranza: salvezza del mio volto e Dio mio.
Dai Padri
Cirillo Alessandrino: è l’ Israele penitente che canta questo salmo: quando ci farai tornare? Quando ritornerò? L’olivo rigettato vorrebbe ritrovare la sua linfa. Ha sete di accostarsi a Dio per mezzo della fede nel Cristo. Il Cristo che hanno ucciso lo chiamano il Dio della mia vita!
Le lacrime sono le calamità che si sono rovesciate sul popolo ebreo, dopo la morte del Signore. Alcuni ridono delle sofferenze di questo popolo. Gioisce al pensiero della beatitudine futura: la tenda meravigliosa è il tempio di Dio sulla terra, fatto a imitazione di quello del cielo. E gli angeli di Dio che gioiscono per un peccatore che fa penitenza, l’accoglieranno come una moltitudine in festa. Poiché è fissato il tempo in cui tutto Israele sarà salvato, perché sei tutta triste anima mia? Verrà un tempo in cui la chiamata alla fede nel Cristo sarà anche per voi e noi entreremo in questa esultanza con tutti gli altri. Verrà un tempo in cui riprenderemo a confessare Dio, confessando il Cristo. È la salvezza del mio volto: mi renderà la mia bellezza. Sei triste anima mia perché pensi alle meraviglie passate, al Giordano. Ora non mi resta che la speranza. Il versetto 8 ricorda le promesse di Dio per mezzo dei profeti e il loro adempimento nella notte. Il giorno e la notte sono immagine delle promesse e delle tribolazioni. È nella tribolazione che l’uomo fa salire a Dio la sua risposta alle promesse.
La preghiera al Dio della mia vita: è una consacrazione di Israele, la cui vita è ormai promessa a Dio. Dov’è questo Dio che aveva promesso di salvarti? (Versetto 11). Perché sei tutta triste anima mia? Spera in Dio! È proprio di chi soffre il ripetere parole di speranza e parole di disperazione. Israele prigioniero, che riconosce il suo peccato, piange per le sue calamità e incoraggia il suo animo a tenere fissa la speranza in Dio.
1 Eusebio: il profeta fa sue le sventure del popolo giudaico.
Gregorio di Nissa: il primo libro del Salterio ci distoglie dalla menzogna e dalla vanità perché cerchiamo Dio, perché impariamo a gustarlo e a desiderarlo. Nel secondo libro la buona abitudine, come una sete, ci attira verso il bene. Per questo il libro si apre con un paragone sull’animale che è quasi un simbolo della sete: il cervo. Chi ha cominciato a gustare Dio (libro 1) desidera la sua presenza e la sua comunione più di quanto il cervo non desideri le sorgenti di acqua viva: trovandole, questi beve a sazietà. Non è come per la sete naturale: la sorgente divina che penetra nell’uomo trascina verso Dio chiunque ne abbia bevuto, e gli comunica parte della sua forza. Le sorgenti d’acqua viva sono la stessa natura divina. Il salmista dice che la sua anima è triste perché soffre del più piccolo ritardo frapposto a questa perfetta comunione con la natura divina, a cui aspira. Spera in Dio, perché la speranza ci promette il vero riposo in Dio.
Ruperto: coloro che hanno capito il povero del salmo precedente dicono: come la cerva anela…
2 Crisostomo: la sete esprime l’amore, la perseveranza dell’amore, la sua impazienza. Il profeta sa che vedrà Dio, una volta uscito da questo mondo, ma non può attendere e dice: quando? L’anima che è veramente presa dall’amore divino non si interessa a ciò che è sulla terra. Quindi teniamo fisso lo sguardo a ciò che ci attende lassù e non guardiamo alle cose che sono sulla terra. Se non avessimo nè scienza, nè libro, né tempo disponibile per parlare a Dio, questo versetto del salmo basterebbe. È la sintesi di tutta la filosofia.
Eusebio: di fronte alla calamità del suo popolo, il profeta rifiuta di mangiare il pane e non fa che piangere.
Origene: niente nutre quanto queste lacrime che nutrono l’anima.
Agostino: dalla preghiera del salmista sale la fiamma del desiderio: le lacrime mi sono divenute pane giorno e notte. Piangi per il desiderio: queste lacrime e questo pane sono il pegno del Dio che attendi. Verrà, seguirà al pane delle lacrime e sarà tuo cibo per l’eternità lui, il Verbo di Dio, il pane degli angeli.
Agostino: quanti corrono dietro agli idoli ci possono mostrare il loro Dio, mentre noi non possiamo mostrare loro il nostro: non perché non abbiamo nessun Dio da mostrare, ma perché essi non hanno gli occhi per vederlo.
4 Origene: la tenda è simbolo di pellegrinaggio.
Crisostomo, Eusebio, Atanasio, Cirillo Alessandrino: al futuro, perché si riferisce alla Gerusalemme celeste.
Atanasio: dal momento che ci è riservata una eternità di felicità, perché sei triste?
7 Eusebio: ricorda il passaggio del Giordano, quando le acque si accumulavano a monte… Ma, per me, non compi prodigi: tutte le tue onde sopra di me sono passate.
8 Origene: di giorno e di notte canto la tua misericordia. Il più delle volte non ci rendiamo neppure conto che la misericordia di Dio è veramente misericordia.
Gregorio Magno: la misericordia di Dio ci è inviata di giorno: è riconosciuta e accolta in tempo di pace. Si rivela la notte perché, il dono ricevuto nella pace, si manifesta nelle tribolazioni.
9 Cirillo Alessandrino: è proprio del popolo che fa penitenza il dire: perché mi hai dimenticato?
Eusebio: il Signore potrebbe rispondere: quante volte ho voluto radunare i tuoi figli (Matteo 23,37).
Salmo 42
1 salmo di Davide
Giudicami o Dio e separa la mia causa
da quella di gente non santa.
Liberami dall’uomo ingiusto e ingannatore.
2 Poiché tu sei, o Dio, la mia fortezza. Perché mi hai respinto?
Perché cammino triste mentre
il nemico mi affligge?
3 Manda la tua luce
e la tua verità: esse mi hanno
condotto via e portato al tuo monte santo
e ai tuoi tabernacoli.
4 E mi accosterò all’altare di Dio, al Dio che allieta la mia giovinezza.
Ti confesserò sulla cetra, o Dio, Dio mio.
5 Perché sei triste anima mia e perché mi turbi?
Spera in Dio, poiché ancora lo confesserò:
salvezza del mio volto e Dio mio.
Da Sacy
1 salmo di Davide
Giudicami o Dio e separa la mia causa
Da quella di gente non santa.
Liberami dall’uomo ingiusto e ingannatore.
2 Poiché tu sei, o Dio, la mia fortezza. Perché mi hai respinto?
Perché cammino triste mentre
il nemico mi affligge?
Non ritrovando Davide alcuna giustizia né alcun rifugio da parte degli uomini, si rivolge perciò a Dio e lo prega che voglia essere lui stesso il suo giudice e discutere la sua causa, cioè far conoscere quanto fosse più giusta di quella dei suoi nemici, difendendolo contro una nazione che non è santa, cioè o contro i sudditi del re Achis, che erano idolatri o in generale contro tutti i suoi nemici, che erano crudeli e senza alcuna misericordia. Quanto all’uomo iniquo ingannatore da cui chiede di essere liberato egli intende o in generale ogni uomo iniquo e fraudolento o forse Saul stesso, la cui condotta verso lui era in effetti piena di malizia e di frode. Conveniva propriamente a un uomo che riconosceva che Dio solo era la sua forza domandargli che lo liberasse dall’uomo iniquo e ingannatore. Chi umilmente si abbandona a Dio e non all’uomo, costringe Dio ad assumere la sua difesa contro quelli che ben lontani dall’esser santi si rendono anzi i persecutori dei santi. Ma anche questo gli fa supplicare Dio, perché sembrava che lo avesse rigettato e lo avesse lasciato in balia del suo nemico per punirlo di qualche peccato. Questa la ragione della grande tristezza da cui si sentiva oppresso.
3 Manda la tua luce
e la tua verità: esse mi hanno
condotto via e portato al tuo monte santo
e ai tuoi tabernacoli.
Il profeta chiede al Signore che dissipi con la luce della sua presenza e della sua grazia le tenebre sparse nell’anima sua da una profonda tristezza. La speranza nella luce del Signore e nella verità stessa, l’hanno condotto fino alla santa montagna e ai divini tabernacoli in cui doveva essere collocato il tabernacolo e l’arca santa. Secondo un senso più sublime e più degno ancora del santo profeta esse gli serviranno di guida nella via così difficile della vita presente e lo faranno giungere finalmente alla montagna di Dio che veramente è santa, cioè al cielo dove è la santa Gerusalemme e in cui sono i tabernacoli delle varie abitazioni che Dio qui prepara ai suoi eletti. Quindi non fermandosi all’altare di Dio voleva andare fino a Dio stesso, il cui solo possesso poteva rinnovare in lui tutto ciò che vi era di vecchio e riempire la sua gioventù così rinnovata di una letizia ineffabile.
4 E mi accosterò all’altare di Dio, al Dio che allieta la mia giovinezza.
Ti confesserò sulla cetra, o Dio, Dio mio.
5 Perché sei triste anima mia e perché mi turbi?
Spera in Dio, poiché ancora lo confesserò:
salvezza del mio volto e Dio mio.
Tu o Dio, che sei in un modo del tutto particolare il mio Dio, motivo della fiducia che ho riposto in te e dei favori che ho ricevuto dalla tua bontà, tu sarai eternamente l’oggetto delle mie lodi o davanti all’altare del tuo santo tabernacolo o in cielo, dove i santi, come sta scritto nelle sacre pagine, hanno cetre che essi suonano intonando un cantico nuovo davanti al trono dell’Altissimo. Le nostre anime, dice Sant’Ambrogio hanno le loro cetre del tutto spirituali che danno mirabile suono, essendo toccate per impulso dello Spirito Santo. Siccome dunque lo Spirito Santo gli dava interiormente una tale sicurezza aveva egli ragione di chiedere alla sua anima in mezzo a tanti mali che l’affliggevano perché fosse triste? Ma si deve sapere che vi erano in Davide, come in Paolo e in tutti i giusti due sorti di uomini: l’uomo vecchio o carnale e l’altro nuovo o spirituale. Tutta la virtù dei più giusti consiste nel perpetuo conflitto dell’uomo nuovo rinnovato dalla grazia contro l’uomo vecchio, cioè contro l’anima sensuale turbata dai resti della concupiscenza che noi abbiamo e ereditato da Adamo e che San Paolo chiama la legge del peccato. La parte superiore dunque dell’anima del santo profeta, illuminata dalla verità chiedeva alla parte interiore della stessa anima turbata dai sensi e indebolita dal peccato perché si lasciasse così abbattere dalla tristezza e nel tempo stesso la consolava esortandola a sperare in Dio.
Da Agostino
1 salmo di Davide
Giudicami o Dio e separa la mia causa
Dal quella di gente non santa.
Liberami dall’uomo ingiusto e ingannatore.
2 Poiché tu sei, o Dio, la mia fortezza. Perché mi hai respinto?
Giudicami o Dio e distingui la mia causa dalla gente non santa. Per ora in questo esilio non distingui ancora il mio posto, perché vivo insieme con la zizzania fino al tempo della mietitura. Non ancora distingui la mia pioggia, non ancora distingui la mia luce: ebbene distingui la mia causa. C’è distanza fra colui che crede in te e colui che non crede in te. Pari è la debolezza, ma diversa è la coscienza; pari è la fatica, ma diverso è il desiderio. Il desiderio degli empi perirà. Dovremmo dubitare anche del desiderio dei giusti se non fossimo certi della promessa che ci è stata fatta? Il fine del nostro desiderio è colui stesso che ci ha fatto tale promessa. Giudicami o Dio e distingui la mia causa dalla gente non santa. Liberami dall’uomo ingiusto e ingannatore, cioè liberami dalla gente non santa.
Perché cammino triste mentre
il nemico mi affligge?
3 Manda la tua luce
e la tua verità: esse mi hanno
condotto via e portato al tuo monte santo
e ai tuoi tabernacoli.
4 E mi accosterò all’altare di Dio, al Dio che allieta la mia giovinezza.
Ti confesserò sulla cetra, o Dio, Dio mio.
Perché rattristato avanzo mentre il nemico mi affligge con le sue quotidiane tentazioni, suggerendo ora un amore disordinato, ora un disordinato timore? La causa della tua tristezza è il peccato: sia la giustizia la causa della tua gioia. In un altro salmo queste parole: bene per me che tu mi abbia umiliato, affinché io apprenda le tue giustificazione. Perché rattristato cammino, mentre il nemico mi affligge? Cerchi chi è questo nemico: egli veramente ti affligge, ma sei tu che gli hai dato l’occasione . Ora sai che cosa fare. Prendi la tua decisione, accetta il re, respingi il tiranno. Prega quando ascolti, e di tutti noi sia questa voce. Manda la tua luce e la tua verità; esse mi hanno sollevato e mi hanno condotto nella tua tenda. Che altro è la luce di Dio, se non la verità di Dio? E che cosa è la verità di Dio se non la luce di Dio? E ambedue queste cose sono il solo Cristo. Io sono la via, la verità la vita. Egli è la luce, egli è la verità. Venga dunque e ci liberi distinguendo finalmente la nostra causa da quella della gente non santa. Ci liberi dall’uomo ingiusto e ingannatore, separi il frumento dalla zizzania. Manderà la sua luce e la sua verità, perché esse già ci hanno condotto nel suo santo monte e nella sua tenda. Abbiamo un pegno, speriamo il premio. Santo è il suo monte, santa è la sua Chiesa. In questo monte dichiara di essere esaudito colui che dice: gridai con la mia voce al Signore, egli mi esaudì dal suo monte santo. Chiunque prega al di fuori di questo monte non speri di essere esaudito in vista della vita eterna.
5 Perché sei triste anima mia e perché mi turbi?
Spera in Dio, poiché ancora lo confesserò:
salvezza del mio volto e Dio mio.
Cerchiamo chi è colui che parla. È forse la carne che parla all’anima, dato che la carne senza l’anima non parla? È più logico che sia l’anima a parlare alla carne, piuttosto che la carne a parlare all’anima. Il dolore dell’anima è detto tristezza; il disagio che si manifesta nel corpo può esser detto dolore, ma non tristezza. Ma molte volte l’anima si rattrista per il dolore del corpo. Ci rendiamo conto di possedere qualcosa ove sta l’immagine di Dio: la mente e la ragione. La mente stessa invoca la luce di Dio e la verità di Dio: è dunque il nostro intelletto che parla alla nostra anima. Essa nelle tribolazioni si è snervata,,
stancata nelle angosce, ripiegata nelle tentazioni, ammalata nelle fatiche. La mente che comprende dall’alto la verità, solleva l’anima e le dice: perché sei triste, anima mia e perché mi turbi? Quando Gesù dice: triste è l’anima mia sino alla morte, raffigura in se stesso le sue membra. Di solito infatti lo spirito già crede con certezza, e con sicurezza sa che l’uomo, secondo la sua fede, sarà nel seno di Abramo. Dall’alto risuona nel silenzio qualcosa, non alle orecchie, ma alla mente; per cui chiunque ode quella melodia prova disgusto per lo strepito del corpo e tutta questa vita umana è per lui solo rumore assordante che gli impedisce di udire quel suono sublime, straordinariamente piacevole, incomparabile ed ineffabile. Quando, colpito da qualche turbamento, l’uomo subisce violenza, lo Spirito dice all’anima sua: perché sei triste, anima mia, perché mi turbi? Spera nel Signore, non in te. Cosa sei in te e cosa si può attendere da te? Egli sia la tua salvezza, lui che ha accettato le ferite per te. Spera nel Signore perché lui confesserò. Che cosa confesserai? Che egli è la salvezza del mio volto, il mio Dio.
Dai Padri
1 Origene: per dire: difendi la mia causa da gente non santa, è necessario aver rinunciato a farsi giustizia e aver abbandonato la propria causa alla giustizia divina.
Eusebio: questo salmo è strettamente legato al precedente: i profeti prendono su di sé la calamità del popolo. Come Elia dicono: sono rimasto solo e cercano di togliermi la vita.
Atanasio: il tema è lo stesso del salmo precedente: Israele entrerà nella salvezza del Cristo; sarà lui a condurlo alla sua santa montagna, cioè in Paradiso.
3 Origene: la luce e la verità sono il Cristo.
Cirillo Alessandrino: ancora un poco e colui che deve venire verrà. Le genti invocano la venuta del Cristo. La parola verità è la più idonea per le genti che scoprono la vanità degli idoli. Il salmista pensava che il genere umano poteva essere salvato solo con la venuta del Figlio di Dio; quindi pregava: manda la tua luce e la tua verità! Qual è questa luce e questa verità? Il Figlio ci dice: io sono la luce e io sono la verità. Il termine mandare conviene alle missioni divine.
3 Origene: il monte santo: è Gerusalemme, il tabernacolo: il tempio.
Eusebio: sono lo stesso tabernacolo e lo stesso monte del salmo precedente.
4 Origene: il pontefice eterno vi è entrato e tutti noi rivestiamo l’uomo nuovo.
Gregorio di Nissa: il Dio che rallegra la mia giovinezza: questo rinnovamento è la rigenerazione operata dal ministero della salvezza, che è la vita nuova.
Salmo 43
1 per la fine, dei figli di Core per la comprensione
2 O Dio, con le nostre orecchie abbiamo udito.
I nostri padri ci hanno annunciato
l’opera che hai compiuto
ai loro giorni, nei giorni antichi.
3 La tua mano ha disperso le genti e hai piantato loro
hai battuto i popoli e li hai cacciati fuori .
4 Infatti non con la loro spada
hanno posseduto la terra
e il loro braccio non li ha salvati, ma la tua destra e
il tuo braccio e l’illuminazione del tuo volto, perché
ti sei compiaciuto in loro.
5 Sei tu stesso il mio re e il mio Dio
che disponi le salvezze di Giacobbe.
6 In te getteremo in aria i nostri nemici con il corno
e nel tuo nome terremo lontani
quelli che sorgono contro di noi.
7 Non spererò infatti nel mio arco
e la mia spada non mi salverà.
8 Tu infatti ci hai salvato dai nostri oppressori e i nostri
odiatori hai coperto di confusione.
9 In Dio ci glorieremo tutto il giorno
e nel tuo nome confesseremo in eterno. pausa
10 Ma ora ci hai rigettati e
ci hai coperti di confusione e non uscirai con le nostre schiere.
11 Ci hai respinti indietro di fronte ai
nostri nemici, e i nostri odiatori
saccheggiavano per se stessi.
12 Ci hai dati come pecore da pasto
e ci hai dispersi fra le genti.
13 Hai venduto il tuo popolo
senza prezzo e non c’è stata
moltitudine nei nostri scambi.
14 Ci hai reso un obbrobrio per i
nostri vicini, beffa e derisione per quelli attorno a noi.
15 Ci hai posto come una favola
per le genti , uno scrollo di testa fra i popoli.
16 Tutto il giorno la mia vergogna mi sta davanti
e la confusione della mia faccia mi ha coperto,
17 per la voce di chi insulta
e sparla, per la faccia del nemico e del persecutore.
18 Tutto questo è venuto
su di noi e non ti abbiamo
dimenticato e non abbiamo agito
ingiustamente contro la tua alleanza.
19 E non si è volto indietro il nostro
cuore e tu hai deviato i nostri sentieri dalla tua via,
20 poiché ci hai umiliato nel luogo dell’afflizione
e ci ha coperto l’ombra della morte.
21 Se abbiamo dimenticato il nome
del nostro Dio e teso le
nostre mani verso un dio estraneo,
22 forse Dio non indagherà queste cose?
Infatti egli conosce i segreti
del cuore , poiché per causa tua
siamo messi a morte tutto il giorno
siamo stimati come pecore da macello.
23 Sorgi! Perché dormi Signore? Sorgi e non
respingere per sempre.
24 Perché distogli il tuo volto,
dimentichi la nostra povertà e la nostra tribolazione?
25 Poiché è stata umiliata nella polvere l’anima nostra
e si è attaccato a terra il nostro ventre.
26 Sorgi, Aiutaci e redimici per il tuo nome.
Da Sacy
1 per la fine, dei figli di Core per la comprensione
2 O Dio, con le nostre orecchie abbiamo udito.
I nostri padri ci hanno annunciato
l’opera che hai compiuto
ai loro giorni, nei giorni antichi.
3 La tua mano ha disperso le genti e hai piantato loro
hai battuto i popoli e li hai cacciati fuori .
4 Infatti non con la loro spada
hanno posseduto la terra
e il loro braccio non li ha salvati, ma la tua destra e
il tuo braccio e l’illuminazione del tuo volto, perché
ti sei compiaciuto in loro.
Ma cosa hanno essi dunque udito dalla bocca dei loro padri? Che la tua mano ha sterminato le nazioni infedeli, cioè i Cananei, e che tu hai non solo stabilito, ma piantato e confermato gli Israeliti al loro posto, dopo aver sterminato e scacciato quelle genti della loro terra. Ma per timore, dice Sant’Agostino, che alcuni immaginassero che gli antichi Israeliti avevano essi stessi soggiogata quella terra con i loro eserciti aggiungono: non con la forza della spada possedettero quella terra, ma la tua destra e il tuo braccio li ha salvati. Certamente erano armati, ma la loro vittoria non era il risultato della loro forza delle loro armi. Non hanno vinto se non per la forza di colui che riserva a se stesso il titolo così glorioso di Dio degli eserciti.
San Giovanni Crisostomo ricercando la connessione di queste parole con le antecedenti ci scopre il tenore del discorso di quelli che qui parlano come segue: non siamo noi discesi dagli stessi uomini verso i quali in modo così meraviglioso manifestasti la tua potenza? E tu sei lo stesso Dio che oggi ci lasci nella oppressione e che nel tempo antico hai in modo così prodigioso assistito i nostri padri. Da cosa dunque deriva o Signore un tale cambiamento? Io non invoco un dio diverso da quello che invocavano i nostri padri. Anch’io ti riconosco per mio re e per mio Dio, come eri già il Dio di Giacobbe e della sua posterità di cui tu custodivi la salute in tante occasioni con il solo tuo comando.
6 In te getteremo in aria i nostri nemici con il corno
e nel tuo nome terremo lontani
quelli che sorgono contro di noi.
7 Non spererò infatti nel mio arco
e la mia spada non mi salverà.
8 Tu infatti ci hai salvato dai nostri oppressori e i nostri
odiatori hai coperto di confusione.
9 In Dio ci glorieremo tutto il giorno
e nel tuo nome confesseremo in eterno. pausa
Quello che aggiungono, che con il suo aiuto getteranno in aria i loro nemici con il corno a guisa di tori è detto per confermare ciò che avevano prima asserito: che riconoscevano lo stesso Dio dei loro padri. Sappiamo bene che non dobbiamo riporre la nostra speranza nella forza del nostro arco e della nostra spada seguendo l’esempio dei nostri padri. Servendoci per tuo ordine di tali armi non riponiamo in esse la nostra fiducia. Noi riconosciamo che a te solo o Signore appartiene la gloria della vittoria e a noi altro non rimane che l’obbligo di celebrare il tuo nome in eterno.
10 Ma ora ci hai rigettati e
ci hai coperti di confusione e non uscirai con le nostre schiere.
11 Ci hai respinti indietro di fronte ai
nostri nemici, e i nostri odiatori
saccheggiavano per se stessi.
12 Ci hai dati come pecore da pasto
e ci hai dispersi fra le genti.
13 Hai venduto il tuo popolo
senza prezzo e non c’è stata
moltitudine per i nostri scambi.
14 Ci hai reso un obbrobrio per i
nostri vicini, beffa e derisione per quelli attorno a noi.
15 Ci hai posto come una favola
per le genti , uno scrollo di testa fra i popoli.
È questa una dolorosa descrizione che il profeta fa di tutti i mali a cui erano esposti i giudei nella persecuzione di Antioco e forse anche nella schiavitù babilonese. Egli continua dunque a farli parlare a Dio in questa maniera. Dopo tanti effetti così meravigliosi della tua divina protezione sembra, mio Dio, che tu ora ci abbia rigettati come se non fossimo più il tuo popolo e come se ti piacesse di ricoprirci di confusione e di obbrobrio. Nel passato precedevi i nostri eserciti per farci vincere i nostri nemici; oggi hai dato il potere a tutti quelli che ci odiano di farci voltare le spalle e di depredare i nostri beni, di scannarci come si scannano le pecore e di disperderci tra tutte le nazioni. Hai permesso che fossimo venduti come schiavi di nessun prezzo, come persone ugualmente inutili a Dio e agli uomini. Ci hai fatto diventare come l’obbrobrio delle genti e tutti i nostri vicini ci insultano con disprezzo. Tutti i popoli scuotono il capo nel vederci, per significare che ridono di noi e che ci hanno in orrore. Le nazioni infedeli mettono in derisione la nostra miseria e la fanno passare come proverbio fra loro per esprimere lo stato sciagurato e nel tempo stesso più spregevole che si possa pensare. Leggendo questo salmo, dice Sant’Agostino, è necessaria l’intelligenza di cui si è parlato all’inizio per comprendere le ragioni dell’adorabile condotta del Signore. Come abbiamo veduto aggiunge Sant’Ambrogio che Dio rendeva un tempo i giudei vittoriosi sugli eserciti dei loro nemici, si è poi visto che volendo rendere vittoriosi per la fede i suoi servi fedeli, sembrava che per qualche tempo li abbandonasse, affinché non si intiepidisse l’ardore della loro pietà con la dolcezza di una vita riposata e tranquilla. Perciò quanto più erano spogliati da coloro che li odiavano, tanto più crescevano i loro meriti davanti a Dio.
16 Tutto il giorno la mia vergogna mi sta davanti
e la confusione della mia faccia mi ha coperto,
17 per la voce di chi insulta
e sparla, per la faccia del nemico e del persecutore.
San Giovanni Crisostomo interroga se stesso donde avvenga che quelli che parlano in tutto il presente salmo lo facciano ora al plurale e ora al singolare e né da la ragione. I santi si considerano talvolta come molte membra di un solo corpo, altre volte come un corpo composto di molte membra. Egli spiega anche egregiamente la cosa di cui qui si parla, della ignominia della croce di Gesù Cristo che gli idolatri continuamente rinfacciavano ai cristiani al tempo delle persecuzione e che anche oggi è argomento di scandalo a parecchi di quelli che volendo essere conformi all’immagine del Figlio di Dio crocifisso si vedono esposti a molti oltraggi e a mille calunnie da parte dei nemici della croce di Gesù Cristo. Vi è, dice Sant’Ambrogio, una confusione mortale e vi è una salutare. La croce di nostro Signore Gesù Cristo che ha cancellato i peccati degli uomini è una confusione salutare e gloriosa per quelli che l’abbracciano per amor suo. Si può dire che il capo di tutti i martiri, cioè Gesù Cristo ha voluto portare egli stesso ,per la consolazione dei deboli, sopra il suo volto tutta la confusione della sua croce. Ma c’è un’altra confusione che è mortale ed è quella che ci impedisce di confessare Gesù Cristo in faccia al uomini.
18 Tutto questo è venuto
su di noi e non ti abbiamo
dimenticato e non abbiamo agito
ingiustamente contro la tua alleanza.
19 E non si è volto indietro il nostro
cuore e tu hai deviato i nostri sentieri dalla tua via,
Tutti questi mali si devono intendere, come spiega San Giovanni Crisostomo, riferibili al tempo dei Maccabei .Tutti i supplizi di un crudele persecutore non riuscirono mai ad indurli a venire meno alla fedeltà dovuta a Dio, né a commettere alcuna cosa contro la santità della sua legge.
20 poiché ci hai umiliato nel luogo dell’afflizione
e ci ha coperto l’ombra della morte.
21 Se abbiamo dimenticato il nome
del nostro Dio e teso le
nostre mani verso un dio estraneo,
22 forse Dio non indagherà queste cose?
Infatti egli conosce i segreti
del cuore , poiché per causa tua
siamo messi a morte tutto il giorno
siamo stimati come pecore da macello.
23 Sorgi! Perché dormi Signore? Sorgi e non
respingere per sempre.
Sembra che essi parlino qui non di ciò che accadeva fuori di loro, ma dei più arcani movimenti dei loro cuori. L’espressione di stendere le mani a un dio straniero si deve intendere in questo luogo del consenso interiore, come se ponendo in oblio il nome del Signore avessero segretamente invocato degli dei stranieri. Dal momento che il culto di Dio è un culto del tutto spirituale, non basta che non si stendano esteriormente le mani agli idoli, ma il cuore e la mente devono rinunciare ad essi in modo totale, non riponendo la fiducia se non nel nome di Dio Onnipotente. Quindi concludono rivolgendosi a Dio stesso che poiché essendo rimasti fedeli al suo servizio erano messi a morte per la difesa della sua causa, osavano supplicarlo di sorgere in loro favore e a non trattarli più, come se fosse stato addormentato, cioè a voler finalmente assumere la loro difesa, affinché i loro nemici non avessero motivo di credere che li avesse del tutto rigettati.
24 Perché distogli il tuo volto,
dimentichi la nostra povertà e la nostra tribolazione?
25 Poiché è stata umiliata nella polvere l’anima nostra
e si è attaccato a terra il nostro ventre.
26 Sorgi, Aiutaci e redimici per il tuo nome.
Al fine di riuscire vittoriosi come San Paolo per la grazia di colui che aveva loro dichiarato un amore così grande, i santi hanno nella bocca e ancor più nel cuore questa eccellente preghiera: perché Signore ci nascondi la tua faccia? Non allontanare da noi il tuo volto. Dunque quello che da loro si temeva maggiormente era d’essere dimenticati da Dio nella loro povertà e nella loro miseria, sapendo che nessuno è povero, nessuno è miserabile quando il Signore si ricorda di lui. Però Dio non li aveva dimenticati e la povertà che appariva a loro non serviva che a fermare sempre più il suo sguardo sopra di loro. Umiliandosi profondamente alla sua presenza fino ad abbassarsi nella polvere, si trovavano nella condizione di essere esauditi in maniera mirabile. Nulla è più idoneo a placare Dio dell’umiltà di un cuore penetrato dal sentimento della propria povertà e miseria. Vedete dunque, dice mirabilmente San Giovanni Crisostomo, la conclusione di tutto ciò che hanno detto a Dio. Dopo una moltitudine di opere buone da loro fatte, donde giudicano essi di dover aspettare la loro salvezza? Dalla sua bontà e dalla sua misericordia e per la gloria del suo nome. Noi pure dobbiamo tendere ad imitarli e a rimettere a Dio, come essi facevano, tutta la gloria della grazia nella quale viviamo.
Da Agostino
1 per la fine, dei figli di Core per la comprensione
2 O Dio, con le nostre orecchie abbiamo udito.
I nostri padri ci hanno annunciato
l’opera che hai compiuto
ai loro giorni, nei giorni antichi.
3 La tua mano ha disperso le genti e hai piantato loro
hai battuto i popoli e li hai cacciati fuori .
O Dio, con i nostri orecchi l’abbiamo udito; i nostri padri ce l’hanno annunciato, l’opera che hai compiuto nei loro giorni, nei giorni antichi. Meravigliandosi, come se in questi giorni Dio avesse abbandonato coloro che ha voluto mettere alla prova nelle tribolazioni, costoro ricordano le cose passate che hanno udito dai loro padri e sembrano dire: non ci hanno tramandato i nostri padri le cose che noi ora soffriamo. Quelli sperarono e tu li hai liberati; anch’io ho sperato e tu mi hai abbandonato. Forse inutilmente ho creduto in te e senza scopo il mio nome è scritto presso di te, anzi il tuo nome è scritto in me? Queste cose dunque ci hanno indicato i nostri padri: la tua mano ha disperso le genti e vi hai insediato loro; indebolisti popoli e li hai scacciati; cioè hai scacciato i popoli dalla loro terra per introdurvi costoro e insediarli e stabilire con la tua misericordia il loro regno. Queste cose le abbiamo udite dai nostri padri.
4 Infatti non con la loro spada
hanno posseduto la terra
e il loro braccio non li ha salvati, ma la tua destra e
il tuo braccio e l’illuminazione del tuo volto, perché
ti sei compiaciuto in loro.
Forse essi hanno potuto compiere tutte queste cose perché erano forti, perché erano combattenti, invitti, allenati, bellicosi? No di certo! Non questo ci hanno narrato i nostri padri, non questo reca la Scrittura. Ma che cosa reca se non quanto segue? Non con la spada conquistarono la terra, né il loro braccio dette la vittoria; ma la tua destra e il tuo braccio e la luce del tuo volto. La tua destra è la tua potenza; il tuo braccio è il tuo stesso Figlio. E la luce del tuo volto. Che significa questo? Significa che con tali segni ti manifestasti loro, da far capire che eri presente. Forse che quando Dio è presente a noi con qualche miracolo, vediamo il suo volto con i nostri occhi? Ma con il suo miracolo egli segnala agli uomini la sua presenza. Che dicono infine coloro che si stupiscono di fronte a miracoli di questo genere? Con loro ti sei comportato in modo da compiacerti in essi affinché chiunque osservasse il loro modo di agire dicesse che veramente Dio è con loro e Dio li muove.
5 Sei tu stesso il mio re e il mio Dio
che disponi le salvezze di Giacobbe.
Che dire dunque? Allora era uno, ed ora è un altro? Non sia mai! Che segue infatti? Tu sei lo stesso mio re e mio Dio. Tu sei solito guidarmi, tu reggermi, tu soccorrermi. Tu, che mandi la salute a Giacobbe. Cosa significa: che mandi? Anche se tu per la tua sostanza e la tua natura per la quale sei ciò che sei, rimani occulto e quindi non ti manifesti ai padri in modo da farti vedere da essi faccia a faccia, tuttavia per mezzo di una qualche creatura tu mandi la salvezza a Giacobbe. La visione faccia a faccia è riservata ai fedeli liberati nella risurrezione. E anche i padri del Nuovo Testamento, sebbene avessero visto rivelati i tuoi misteri e sebbene avessero annunciato i segreti rivelati, tuttavia hanno detto che ti vedevano come in uno specchio e in immagine. La visione faccia a faccia era riserbata per il futuro, quando accadrà ciò che l’Apostolo stesso dice: voi, infatti, siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Ma quando Cristo, vostra vita, si manifesterà, allora anche voi vi manifesterete con lui nella gloria. Ci è riservata dunque per allora quella visione faccia a faccia della quale anche Giovanni dice: dilettissimi, siamo figli di Dio, e ancora non è manifesto ciò che saremo. Sappiamo che quando sarà manifesto, saremo simili a lui, perché lo vedremo qual è. Ebbene anche se i nostri padri non ti hanno visto faccia a faccia così quale sei, anche se questa visione è riservata alla risurrezione, tuttavia, pur essendo presenti i tuoi angeli, tu mandi la tua salvezza a Giacobbe. Perché allora tutte queste sofferenze?
6 In te getteremo in aria i nostri nemici con il corno
e nel tuo nome terremo lontani
quelli che sorgono contro di noi.
Forse si sono narrate soltanto le cose del passato, mentre di quelle future non c’è da sperare altrettanto? Al contrario c’è proprio da sperarlo. In te getteremo in aria i nostri nemici. I nostri padri ci hanno indicato le opere che tu hai compiuto nei loro giorni e nei tempi antichi. La tua mano ha disperso le genti, hai scacciato i popoli e hai piantato loro. Queste sono cose passate, ma nel futuro che cosa accadrà? In te getteremo in aria i nostri nemici. Verrà il tempo in cui tutti nemici dei cristiani saranno passati al vaglio come paglia, come polvere saranno soffiati via e scacciati dalla terra. Dunque se le cose passate ci sono così narrate e le future ci sono in tal modo preannunciate, perché ci affatichiamo in mezzo alle cose presenti se non per l’intelligenza dei figli di Core, cioè perché possiamo comprendere il futuro?
7 Non spererò infatti nel mio arco
e la mia spada non mi salverà.
Non spererò infatti nel mio arco, allo stesso modo in cui i nostri padri non hanno sperato nella loro spada.
8 Tu infatti ci hai salvato dai nostri oppressori e i nostri
odiatori hai coperto di confusione.
Ci hai salvati infatti da coloro che ci affliggevano. Questa immagine del passato si riferisce al futuro. È detta al passato perché il futuro è tanto sicuro come se già fosse accaduto. Comprendete perché i profeti si esprimono per lo più come se parlassero del passato quando preannunciano fatti che dovevano ancora accadere. Nello stesso modo viene preannunciata la futura Passione del Signore dicendo: hanno trafitto le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa; e non: trafiggeranno e conteranno. Tutte queste cose sono dette come se fossero già avvenute, mentre sono future. Per Dio il futuro è tanto certo come se già fosse passato.
9 In Dio ci glorieremo tutto il giorno
e nel tuo nome confesseremo in eterno. pausa
In Dio ci glorieremo ogni giorno e il tuo nome confesseremo nei secoli. Perché ci glorieremo? Perché confesseremo? Perché ci hai liberato da tutti coloro che ci affliggevano, perché ci darai il regno eterno, perché in noi si adempiranno le parole: Beati coloro che abitano nella tua casa, o Signore, ti loderanno nei secoli dei secoli.
10 Ma ora ci hai rigettati e
ci hai coperti di confusione e non uscirai con le nostre schiere.
Ma ora ci hai respinti e ci hai confusi. Ci hai confusi non nella nostra coscienza, ma al cospetto degli uomini. Vi era infatti un tempo in cui i cristiani erano perseguitati, in cui dovevano fuggire lontano. L’espressione: è un cristiano, veniva considerata come un insulto ed una ingiuria. Dov’è colui che farà tutte le cose che ci ha rivelato per mezzo del suo Spirito? Forse è mutato? Ma per l’intelligenza dei figli di Kore tutte queste cose accadono. Dobbiamo infatti capire perché ci ha voluto far soffrire tutte queste cose in questa epoca intermedia. Quali cose? Ma ora ci hai respinti e ci hai confusi e non esci, Dio, con i nostri eserciti. Marciamo contro i nostri nemici e tu non marci con noi. Li vediamo, essi vincono e noi siamo sconfitti. Dov’è quella tua forza, dov’è la tua destra e la tua potenza? Tu non esci Dio con i nostri eserciti.
11 Ci hai respinti indietro di fronte ai
nostri nemici, e i nostri odiatori
saccheggiavano per se stessi.
Ma ci fai voltare le spalle davanti ai nostri nemici, in modo che essi sono avanti e noi indietro; essi vincitori e noi sconfitti. Coloro che ci odiano saccheggiano: chi se non noi?
12 Ci hai dati come pecore da pasto
e ci hai dispersi fra le genti.
Ci hai esposti come pecore da macello e tra le nazioni ci hai disperso. Dalle nazioni siamo stati mangiati. Essi intendono che hanno sofferto tanto da passare infine nel corpo dei gentili. La Chiesa infatti li piange, come se fossero membra sue divorate.
13 Hai venduto il tuo popolo
senza prezzo e non c’è stata
moltitudine per i nostri scambi.
14 Ci hai reso un obbrobrio per i
nostri vicini, beffa e derisione per quelli attorno a noi.
Hai venduto il tuo popolo senza prezzo. Ci hai esposti al ludibrio dei nostri vicini, alla derisione di coloro che ci stanno intorno. Ci fai essere la favola di paragone fra le nazioni. Che significa: una favola di paragone? Quando gli uomini maldicenti fanno un paragone riguardo a chi detestano dicono: così morirai, così sarai punito.
15 Ci hai posto come una favola
per le genti , uno scrollo di testa fra i popoli.
16 Tutto il giorno la mia vergogna mi sta davanti
e la confusione della mia faccia mi ha coperto,
17 per la voce di chi insulta
e sparla, per la faccia del nemico e del persecutore.
Tutto il giorno la mia vergogna è dinanzi a me e il rossore mi ricopre il volto per la voce di chi insulta e mi oltraggia: la voce cioè di coloro che mi insultano e mi rinfacciano il delitto per quel nome nel quale ogni mia colpa sarà distrutta. Per la voce di chi insulta e mi oltraggia, cioè parla contro di me. Davanti al nemico e al persecutore.
18 Tutto questo è venuto
su di noi e non ti abbiamo
dimenticato e non abbiamo agito
ingiustamente contro la tua alleanza.
19 E non si è volto indietro il nostro
cuore e tu hai deviato i nostri sentieri dalla tua via,
Infine, poiché queste cose hanno capito i figli di Kore, che dicono costoro? Tutte queste cose sono venute su di noi, e noi non ci siamo dimenticati di te. Cosa significa? E non abbiamo agito ingiustamente nei confronti del tuo patto. Non si è tratto indietro il nostro cuore e tu hai piegato i nostri sentieri alla tua via. Ecco l’intelligenza! Perché non si è tratto indietro il nostro cuore, perché non ci siamo dimenticati di te, perché non ci siamo comportati ingiustamente nei confronti del tuo patto pur essendo in mezzo a grandi tribolazioni e pur essendo perseguitati dalle genti. Hai piegato i nostri sentieri alla tua via; i nostri sentieri erano infatti nei piaceri del secolo; i nostri sentieri erano nella prosperità delle cose temporali. Tu hai costretto i nostri sentieri entro la tua via e ci hai mostrato quanto stretta e angusta sia la via che conduce alla vita.
20 poiché ci hai umiliato nel luogo dell’afflizione
e ci ha coperto l’ombra della morte.
Perché ci hai umiliato nel luogo della debolezza. Dunque ci esalterai nel luogo della forza. E ci ha coperto l’ombra della morte. E questa condizione mortale è soltanto l’ombra della morte. La vera morte è la dannazione insieme con il diavolo.
21 Se abbiamo dimenticato il nome
del nostro Dio e teso le
nostre mani verso un dio estraneo,
Se ci siamo dimenticati nel nome del nostro Dio. Questa è l’intelligenza dei figli di Core. E se abbiamo steso le nostre mani ad un dio straniero.
22 forse Dio non indagherà queste cose?
Infatti egli conosce i segreti
del cuore , poiché per causa tua
siamo messi a morte tutto il giorno
siamo stimati come pecore da macello.
Forse Dio non ricercherà queste cose? Egli stesso infatti conosce i segreti del cuore. Conosce e ricerca. Se conosce i segreti del cuore perché ricerca? Conosce in sé, ricerca per noi. Ricerca per te, affinché anche tu conosca te stesso e tu renda grazie a colui che ti ha creato.
23 Sorgi! Perché dormi Signore? Sorgi e non
respingere per sempre.
Risvegliati, perché dormi, o Signore? A chi dice? E chi è che dice queste parole? Ti risponderà: so quello che dico; so che non dorme colui che custodisce Israele. O Signore Gesù! Sei stato ucciso, hai dormito nella passione e già per noi sei risorto.
24 Perché distogli il tuo volto,
dimentichi la nostra povertà e la nostra tribolazione?
25 Poiché è stata umiliata nella polvere l’anima nostra
e si è attaccato a terra il nostro ventre.
Perché distogli la tua faccia, come se tu non fossi presente, ma come se ti fossi dimenticato di noi? Ti sei dimenticato della nostra miseria e della nostra tribolazione? Perché la nostra anima è umiliata nella polvere. Mi sembra che sia espressa la pena della più grande umiliazione che possa esistere, quando si dice di uno che distendendosi aderisce con il ventre alla terra. Se volesse ancora umiliarsi, non ne avrebbe modo, a meno che si ponesse sottoterra. Già siamo giunti alla massima umiliazione, venga finalmente la commiserazione.
26 Sorgi, Aiutaci e redimici per il tuo nome
O Signore, aiutaci. E veramente, cari fratelli, si è svegliato e ci ha aiutato. Infatti quando si è svegliato, cioè quando è risorto e dalle genti è stato riconosciuto, mentre cessavano le persecuzioni, anche quelli che erano stretti alla terra si sono sollevati dalla terra, si sono pentiti e sono tornati al corpo di Cristo, sebbene deboli, sebbene imperfetti, perché quel corpo si completasse in essi.
E veramente, cari fratelli, si è svegliato e ci ha aiutato. Riscattaci dunque sia quando soffriamo nelle tribolazioni sia quando ci rallegriamo nella prosperità; non per i nostri meriti ma per il tuo nome!
Dai Padri
1 Origene: questo salmo è cantato in nome dell’Israele della diaspora.
Eusebio raccomanda di osservare bene la dualità: si tratta dei peccati del popolo e della riparazione degli stessi da parte dei profeti e dei giusti.
Cirillo alessandrino: è la supplica da parte dei profeti.
Crisostomo: parla dei Maccabei.
Eusebio: i nostri padri ci hanno annunciato, ma ora vediamo tutto il contrario.
2 Cirillo alessandrino: è la vigna feconda di Israele che tu hai trapiantato in Egitto. E anche noi, le genti, siamo stati innestati su Israele.
3 Origene e Girolamo: Beati i miti, perché erediteranno la terra: non è per mezzo della spada che la conquisteranno.
Cirillo Alessandrino: la tua destra il Figlio. L’illuminazione del tuo volto lo Spirito Santo.
4 Origene: Dio comanda agli spiriti inviati a servire per amore di coloro che devono ereditare la salvezza.
Cirillo Alessandrino: tu comandi, cioè prometti.
Crisostomo: sei tu che ordini e comandi la salvezza di Giacobbe.
Baldovino di Ford: Dio ha inviato la salvezza a Giacobbe con la promessa di un Salvatore, poi ha portato la salvezza ai re, cioè a tutti i giusti con la venuta del Salvatore; infine ha portato a compimento il piano della salvezza con la risurrezione del Salvatore.
8 Origene: i beati sono lodati in Dio per la loro vita.
Crisostomo: la vittoria è stata riportata, a noi resta da ringraziare. Non abbiamo né una grande città né un grande paese, ma abbiamo il vero Dio. Ci gloriamo in te non solo quando ci aiuti, ma anche quando sembra che tu ci abbandoni.
9 Cirillo Alessandrino: i profeti prendono su di sé i peccati del popolo.
Simmaco: parlano a nome del popolo.
10 Origene: i nostri nemici ci catturano a causa delle passioni e dell’ignoranza.
Simmaco: fai di noi gli ultimi degli ultimi.
11 Ambrogio: anche Satana vaglia la sua aia (Luca 22,31): ha chiesto di ventilarci come il grano.
12 Origene: venduti al peccato.
Crisostomo, Simmaco, Ambrogio: lo hai venduto a un prezzo basso, vile, come segno del disprezzo che hai per noi.
Atanasio e Cirillo Alessandrino: una piccola truppa è stata sufficiente per vincerci. Infatti non c’era folla alla loro acclamazione.
Girolamo: senza prezzo, perché il sangue del Cristo non era ancora stato sparso.
13 Atanasio: le beffe che i giudei hanno inflitto al Cristo le subiscono a loro volta.
14 Cirillo alessandrino: siamo citati come esempio di rovina e le genti dicono: purché non ci accada quanto è accaduto a Israele.
17 Eusebio e Atanasio: come Aronne un tempo prendeva l’incensiere per purificare il popolo e arrestare lo sterminio, ora il coro dei profeti offre il sacrificio rituale per il popolo. Prendono su di sé tutto: il peccato e l’espiazione. Non ignoravano che erano membra di un corpo.
19 Origene e Atanasio: ci hai umiliato in una terra straniera che non permette il culto divino.
Aquila: in una terra che tu non abiti.
20 Eusebio: tu sai tutto, tu sai se ti sottraiamo la nostra fiducia per darla a un altro. È perché noi viviamo da figli che tutto il giorno siamo condannati a morte. San Paolo dice: io muoio ogni giorno ( 1 Corinzi 15,31). Abbiamo dunque il diritto di risvegliarti, come se tu dormissi. Anche se i peccati del popolo ti allontanano, accogli le nostre buone opere per tutti gli uomini.
Atanasio: i profeti, come portano il peccato del popolo, così lo fanno beneficiare della loro penitenza.
Cirillo Alessandrino: ti offriamo un sacrificio per il popolo e soffriamo la morte del nostro spirito.
23 Atanasio: non respingere per sempre vuol dire: fa’ che non siamo esclusi dalla vita che il Cristo dona.
24 Eusebio: distogli il volto dai peccati del popolo per non vedere il suo proprio, ma perché lo distogli da noi? E poiché siamo maltrattati in questo modo per non aver agito da figli, perché dimentichi la nostra afflizione? Essi ottengono qui di vincere la loro causa, e nel salmo seguente cantano il loro rendimento di grazie.
26 Cirillo alessandrino: non per riguardo vostro io agirò, ma per riguardo al mio nome (Ezechiele 36,22).
Salmo 44
1 Per la fine, per quelli che saranno trasformati,
dei figli di Core, per la comprensione Cantico sul diletto.
2 Ha proferito il mio cuore la parola buona.
Io dico al re le mie opere,
la mia lingua è penna
di scriba che scrive velocemente,
3 splendente di bellezza più dei figli
degli uomini. Sulle tue labbra è stata effusa la grazia.
Per questo ti ha benedetto Dio in eterno.
4 Cingi la spada al tuo fianco o potentissimo,
5 nel tuo splendore e nella tua
bellezza e avanza felicemente.
Procedi e regna per la verità e
la mitezza e la giustizia
e ti condurrà mirabilmente la tua destra.
6 Le tue frecce sono acuminate,
i popoli cadranno sotto di te,
nel cuore dei nemici del re.
7 Il tuo trono o Dio nel secolo del secolo:
verga di rettitudine è la verga del tuo regno.
8 Hai amato la giustizia e odiato l’iniquità:
per questo ti ha unto, o Dio,
il tuo Dio con olio di letizia
al di sopra dei tuoi compagni.
9 Mirra e aloe e cassia
dai tuoi vestimenti, dai palazzi d’avorio
10 da cui ti hanno dilettato figlie di re in tuo onore.
Stette la regina alla tua destra in un
abito dorato, variamente adornata.
11 Ascolta figlia e guarda e piega il tuo orecchio,
e dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre,
12 e il re bramerà la tua bellezza,
poiché è lui il tuo Signore e lo adoreranno
13 anche le figlie di Tiro con doni,
imploreranno il tuo volto i ricchi del popolo.
14 Tutta la gloria di lei,
la figlia del re è nell’intimo, avvolta in frange d’oro con varietà.
15 Saranno condotte al re le vergini
dietro a lei: le sue compagne
saranno presentate a te;
16 saranno presentate con gioia ed esultanza.
Saranno condotte al tempio del re,
17 in luogo dei tuoi padri ti sono nati dei figli.
Li costituirai principi su tutta la terra.
18 Ricorderò il tuo nome
in ogni generazione e generazione.
Per questo i popoli ti confesseranno
in eterno e nei secoli dei secoli.
Da Sacy
1 Per la fine, per quelli che saranno trasformati,
dei figli di Core, per la comprensione Cantico sul diletto.
La spiegazione che si può dare a questo titolo secondo San Gerolamo è la seguente. Questo cantico deve essere cantato alla gloria del diletto, del Figlio Unigenito dell’eterno Padre che ha posto in lui il suo amore e la sua compiacenza. Deve essere cantato fino alla fine, cioè o sempre o relativamente alla fine dei tempi, dai coriti di cui si è parlato nei salmi precedenti. Con dottrina, ossia intelligenza, come quello che racchiude grandi misteri che riguardano coloro che devono essere cambiati, cioè i giusti e i santi di cui parla San Paolo allorché dice: ecco un segreto e un mistero che io vengo a dichiararti: noi tutti risusciteremo in verità, ma non saremo tutti cambiati. È dunque fatta ai santi la promessa di quel beato cambiamento ed è loro fatta in grazia del diletto.
2 Ha proferito il mio cuore la parola buona.
Io dico al re le mie opere,
la mia lingua è penna
di scriba che scrive velocemente,
Il profeta vuole indicarci che avendo il cuore tutto pieno dei grandi misteri che doveva annunciare non parlava per spirito proprio, come se ciò fosse stato a suo arbitrio ma per un movimento dello Spirito di Dio che lo animava e gli faceva produrre quei segreti divini; ovvero, secondo la spiegazione di un altro interprete, Davide ha voluto farci sapere che le parole erano conformi ai pensieri dell’uomo interiore e che la bocca parlava secondo l’abbondanza del cuore. Ma a chi indirizza egli o piuttosto attribuisce le sue opere, cioè il suo cantico e la sua profezia? Al re. E a quale re? A quello che è il re dei re, al Dio di tutto l’universo. A lui dunque rimanda tutta la gloria della sua opera, della quale egli si reputa un debole strumento. Per questo aggiunge che la sua lingua è come la penna di colui che scrive con somma velocità: essa è solamente l’organo o lo strumento di cui si serve lo spirito Santo, lo scrittore divino che vuol fare conoscere a tutti gli uomini i grandi misteri di cui egli si accinge a parlare. Egli dice di questo scrittore che scrive con molta velocità per significarci la differenza di quello che l’uomo produce da se stesso quando l’ignoranza e la debolezza della sua ragione rende le sue idee necessariamente tarde ed impedite, da quello che a lui fa produrre la ragione suprema e la luce ineffabile dello Spirito di Dio quando questo lo anima e gli scopre i suoi misteri. Giova osservare di passaggio che alcuni hanno attribuito all’Eterno Padre queste parole ed hanno creduto poterle intendere della eterna generazione dell’Unigenito Figlio suo, che è il suo Verbo e quella parola veramente ottima che egli produsse prima di tutti i secoli dall’intimo del suo cuore cioè da se stesso, essendo la sua propria sostanza e come l’ha definito il sacro concilio di Nicea, consostanziale con lui.
3 splendente di bellezza più dei figli
degli uomini. Sulle tue labbra è stata effusa la grazia.
Per questo ti ha benedetto Dio in eterno.
4 Cingi la spada al tuo fianco o potentissimo,
5 nel tuo splendore e nella tua
bellezza e avanza felicemente.
Procedi e regna per la verità e
la mitezza e la giustizia
e ti condurrà mirabilmente la tua destra.
Il profeta senza osservare le regole ordinarie del discorso e seguendo l’impetuoso movimento dello Spirito che lo animava, si indirizza tutto ad un tratto a Gesù Cristo stesso, lo sposo divino della Chiesa e nella estrema ammirazione in cui si trovava della suprema bellezza di quel Dio che egli considerava fin dall’ora come incarnato per amore nostro, esclama: tu superi in bellezza i figli degli uomini. Ma in qual modo il profeta può ammirare una così grande bellezza in colui del quale la Scrittura altrove dichiara che egli non aveva bellezza alcuna? La Scrittura, dice un antico, parlava in questo luogo dello stato di umiliazione in cui l’aveva ridotto la crudeltà dei giudei con i trattamenti obbrobriosi che fecero a lui sopportare. Il profeta parla qui della bellezza del tutto celeste che la sua santa umanità riceveva mediante la così intima unione con la natura divina. Essendo nato vergine da una vergine e essendo stato concepito per l’operazione soprannaturale dello Spirito Santo e non per carnale volontà dell’uomo, portava egli sopra il suo volto e nei suoi occhi qualche carattere dell’origine divina. Ma chi potrebbe esprimere la pienezza della grazia che è stata diffusa sulle labbra dell’uomo Dio di cui si dice nel Vangelo che i popoli ammiravano le parole piene di grazia che essi udivano uscire dalla sua bocca. La sua sapienza e la sua grazia risplendevano sempre più davanti a Dio e davanti agli uomini. I suoi discorsi erano sostenuti da una forza e da una virtù del tutto divina. Il santo profeta parlando dunque all’uomo Dio come a un guerriero onnipotente e non ignorando che la guerra che deve sostenere è terribile a motivo dei nemici spirituali che dovrà vincere, sembra esortarlo al conflitto. Lo scongiura di prendere le sue armi che altro non sono che la sua stessa grazia, la sua bellezza e lo splendore della sua maestà e della sua gloria; a camminare vittorioso sulla rovina dei suoi nemici per prepararsi un regno nella persona di quelli che doveva sottomettere al suo impero, dopo averli come strappati dalla tirannica potestà del demonio. Col ministero della verità, della mansuetudine e della giustizia la tua destra ti farà compiere progressi meravigliosi, per stabilire il regno tuo nelle anime, l’eterna verità della tua parola e delle tue divine promesse e la santa unzione della tua mansuetudine e del tuo amore. Secondo un altro senso, che San Giovanni Crisostomo dà a queste parole, bisogna intenderle come se il profeta dicesse a Salvatore: tutti gli altri uomini che hanno popoli sotto il loro dominio, fanno la guerra per impadronirsi di città o di tesori o per trarre vendetta dai loro nemici o per acquistarsi una gloria passeggera. Tu, Signore per nessuna di queste cose ti rivestirai delle tue armi, ma unicamente per la verità che desideri portare sulla terra, per la mansuetudine che vuoi ispirare negli uomini più crudeli delle stesse fiere e per la giustizia, diffondendola nel cuore di coloro che sono governati dalle iniquità
6 Le tue frecce sono acuminate,
i popoli cadranno sotto di te,
nel cuore dei nemici del re.
7 Il tuo trono o Dio nel secolo del secolo:
verga di rettitudine è la verga del tuo regno.
Le saette acutissime significano, secondo i padri, la Parola efficacissima di Dio che ha varcato tutto l’universo con una velocità maggiore di quella di una freccia, Parola che ha trafitto i cuori di quelli che erano i nemici del re supremo, non per ucciderli, ma per attrarli a se. La rettitudine e la giustizia sono lo scettro che indicano la sua suprema autorità: quanto egli ha in odio l’iniquità, altrettanto ama la giustizia che procura la giustificazione dei peccatori
8 Hai amato la giustizia e odiato l’iniquità:
per questo ti ha unto, o Dio,
il tuo Dio con olio di letizia
al di sopra dei tuoi compagni.
9 Mirra e aloe e cassia
dai tuoi vestimenti, dai palazzi d’avorio
Il profeta parlando di Gesù Cristo si serve di figure materiali per esprimere delle verità divine. Egli lo rappresenta come un re e uno sposo magnifico, che abita in palazzi d’avorio di cui gli abiti sono profumati e a cui con eccellenti profumi danno diletto le figlie del re che sono al suo seguito. Per non fermarci alla semplice lettera, per tali profumi possiamo intendere l’eccellente odore delle virtù di Gesù Cristo che egli ha inspirato con il suo esempio in tutte le anime da lui tratte alla partecipazione della sua gloria. La mirra che serve per imbalsamare i cadaveri può figurarci la pazienza di Gesù Cristo nella sua passione e nella sua morte. L’aloè il cui profumo è amaro ci indica forse l’amarezza della incomprensibile ubbidienza di un uomo Dio annichilito davanti a Dio suo Padre. La cannella, ovvero quell’arboscello di cui si ignora il nome, col suo squisito odore unito al suo calore ci simboleggia l’ardente carità che lo ha fatto pregare e morire per quegli stessi che lo conficcavano sulla croce. Questi profumi uscivano dei suoi abiti, cioè dalla sua santa umanità che serviva come di veste alla sua natura divina. Le case d’avorio ci indicano la somma purità di quella sacra umanità che il profeta considerava ora come la veste e ora come la casa della divinità, così come l’apostolo delle genti parlando della nostra carne mortale la chiama casa e abito. Giovanni Crisostomo per case d’avorio intende anche i ricchi templi ove il profeta dichiara che Gesù Cristo doveva un giorno essere adorato allorché gli imperatori re verranno a sottoporsi al suo impero.
9 Mirra e aloe e cassia
dai tuoi vestimenti, dai palazzi d’avorio
10 da cui ti hanno dilettato figlie di re in tuo onore.
Stette la regina alla tua destra in un
abito dorato, variamente adornata.
11 Ascolta figlia e guarda e piega il tuo orecchio,
e dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre,
12 e il re bramerà la tua bellezza,
poiché è lui il tuo Signore e lo adoreranno
13 anche le figlie di Tiro con doni,
Chi parla in questo salmo dopo averci rappresentato il Figlio di Dio come uno sposo, come un re potente, come un gran conquistatore, parla ora della regina sua sposa e proseguendo a indirizzare il discorso a lui stesso gli dice: che la regina è stata posta alla sua destra, cioè che la Chiesa è stata confermata in una maniera immutabile accanto a Gesù Cristo. Essa è qui rappresentata non come seduta, ma come ritta in piedi, non essendovi che il Figlio Unigenito che sta seduto alla destra del Padre suo. I suoi membri che insieme con lui compongono la sua Chiesa, che è quella adombrata sotto il titolo di regina, non si siedono accanto al Padre se non nella persona di Gesù Cristo loro Capo. L’abito che ha la sposa stando alla destra dello sposo è ricco d’oro che ordinariamente ci figura la carità nei santi libri. Essa è tutta circondata dai suoi diversi ornamenti che ci indicano le virtù varie della sposa, o della Chiesa in generale o di ciascun anima in particolare. Il profeta ovvero lo Spirito Santo che parla per bocca del profeta si rivolge a lei e per ammaestrarla di quanto dovesse fare per meritare una gloria così eminente. Figlia mia, dice la voce salutare del tuo divino sposo, guarda con umile riconoscenza a tutto ciò che egli ha fatto per te e porgi l’orecchio per obbedirgli. Dimentica il tuo popolo, cioè la dottrina e i costumi di un popolo idolatra da cui egli ti ha tirato fuori per la sua infinita misericordia e dimentica la casa del padre tuo, cioè l’amore carnale che ti rendeva affezionata la tua casa e ti impediva di chiamare il Padre tuo che è nei cieli. San Giovanni Crisostomo aggiunge che in questa umile obbedienza consiste la bellezza spirituale della regina e della sposa che è capace di attirare sopra di sé l’amore castissimo del re immortale.
imploreranno il tuo volto i ricchi del popolo.
Siccome prima della venuta del Salvatore quelli di Tiro, cioè quelli tra i gentili che desideravano unirsi alla religione giudaica supplicavano il popolo di Israele di ammetterli nel tempio del Signore, così dopo la incarnazione, quelli dello stesso Israele che hanno desiderato di abbracciare la fede di Gesù Cristo si sono rivolti alla Chiesa composta principalmente dai popoli di Tiro, cioè dai gentili e l’hanno scongiurata di fare in modo che essi trovassero in mezzo ad essa la salvezza che avevano perso nella religione giudaica. San Giovanni Crisostomo dice che per volto della regina dobbiamo intendere la gloria, la bellezza e la maestà della Chiesa che è divenuta venerabile per i grandi, i ricchi e potenti della terra, poiché si sono essi abbassati davanti a lei prostrandosi ai suoi piedi.
14 Tutta la gloria di lei,
la figlia del re è nell’intimo, avvolta in frange d’oro con varietà.
Il senso di queste parole del profeta, secondo Giovanni Crisostomo, non è diverso dal dire: non fermate lo sguardo al di fuori, penetrate al di dentro e contemplate la bellezza dell’anima, poiché di questa io vi parlo. E quando udite nominare abiti ricchi, frange d’oro dovete comprendere che questo linguaggio è spirituale e che non appartiene agli abbigliamenti esteriori ma a quelli interiori.
15 Saranno condotte al re le vergini
dietro a lei: le sue compagne
saranno presentate a te;
16 saranno presentate con gioia ed esultanza.
Saranno condotte al tempio del re,
Il Cantico dei cantici fa vedere che c’è una grande differenza fra le anime che credono in Gesù Cristo e che non sono tutte uguali in purità e in santità. Le vergini di cui qui si parla possono dunque indicarci quelli che fanno una professione di inviolabile verginità nel corpo e nello spirito. Dal momento che questa santa verginità non ha mostrato la sua candida luce nel primo nascere della Chiesa ma dopo che si fu stabilita, e dopo che essa ebbe del tutto dimenticato il suo popolo e la casa del padre suo e si è fatta conoscere con ornamenti spirituali di cui si è parlato: ecco la ragione per cui la Scrittura dice qui che esse dovevano essere condotte al seguito della regina. Ciò che la Scrittura aggiunge che sono compagne e amiche della regina può farci intendere che non sono separate dalla Chiesa ma che le sono strettamente unite nel vincolo della carità in una conformità di costumi e di dottrina. Alla fine la Scrittura dice che saranno presentate con gioia e con giubilo. Significa questo la straordinaria consolazione che ha ricevuto e che ogni giorno riceve la Chiesa dalla generosa risoluzione delle vergini consacrate a Gesù Cristo, che da un santo padre sono chiamate la porzione più illustre del suo gregge. Forse la Scrittura secondo il pensiero di San Giovanni Crisostomo con tali parole vuol farci comprendere ciò che ha detto San Paolo riguardo allo stato delle vergini, relativamente alle afflizioni a cui si trovano soggette le persone legate in matrimonio. Una vergine libera da tutte le inquietudini terrene, non aspirando che al cielo, gode nella sua anima una gioia tutta pura e celeste ed è sempre, come dice l’Apostolo, santamente trasportata dal desiderio del suo sposo e di quella camera nuziale che sta apparecchiata alle vergini nel tempio del re supremo, cioè nel cielo.
17 in luogo dei tuoi padri ti sono nati dei figli.
Li costituirai principi su tutta la terra.
18 Ricorderò il tuo nome
in ogni generazione e generazione.
Per questo i popoli ti confesseranno
in eterno e nei secoli dei secoli.
Siccome il profeta aveva esortato la Chiesa a dimenticare il suo popolo e la casa di suo padre, così le fa ora comprendere quale vantaggio ricaverà da una tale dimenticanza e non ha voluto dirle meno di quanto segue: non ti rattristare per essere costretta a dimenticare i tuoi padri, poiché tu diventerai madre e madre feconda. Invece dei padri infedeli da cui tu vieni separata, ti nascerà una moltitudine di figli molto illustri che diventeranno come altrettanti principi e che regneranno non sopra un solo popolo ma su tutta la terra. Ciò renderà il nome della Chiesa venerabile fra tutti i popoli in tutti i tempi, senza che possa mai essere dimenticata. Essa celebrerà le sue lodi al Signore di generazione in generazione. La Chiesa che fa recitare il presente salmo in tutte le feste della beatissima Vergine, propone questa ai suoi figli non solo come una di quelle che devono essere condotte al re, ma come colei che rispetto a tutte le vergini è la regina, dietro cui le altre vergini sono presentate a Gesù Cristo, Figlio suo e nello stesso tempo sposo suo. Esse anzi non possono essere a lui presentate se non in quanto sono le compagne più vicine della sposa principale, cioè in quanto si accostano in qualche modo alla purità e all’umiltà del suo cuore.
Da Agostino
1 Per la fine, per quelli che saranno trasformati,
dei figli di Core, per la comprensione Cantico sul diletto.
2 Ha proferito il mio cuore la parola buona.
Io dico al re le mie opere,
la mia lingua è penna
di scriba che scrive velocemente,
Erompe dal mio cuore la buona parola. Chi dice questo, il profeta o il Padre? Alcuni hanno creduto che sia la voce del Padre che dice: erompe dal mio cuore la buona parola, per magnificare a noi la nascita ineffabile del Figlio. Mi sembra però che si possano intendere dette dalla voce del Padre anche le parole: la mia lingua è penna di scriba.
Che rapporto ha, fratelli miei, la lingua di Dio con la penna dello scriba? Che rapporto ha la pietra con Cristo ? Che rapporto ha l'agnello con il Salvatore , il leone con la forza dell'Unigenito ? Purtuttavia tutte queste cose son dette; e se non fossero dette, noi non avremmo conosciuto in qualche modo l'invisibile per mezzo delle cose visibili. Noi non facciamo nostro il paragone tra questa umile penna e l'eccellenza di lui, ma tuttavia neppure lo respingiamo. Cerco perché ha detto che la sua lingua è penna di scriba veloce? Ma scriva velocemente quanto vuole lo scriba, non lo si potrà paragonare a quella velocità della quale un altro salmo così dice: Velocissima corre la sua parola . Mi sembra però, se tanto osa l'umana intelligenza, che si possano intendere dette dalla voce del Padre le parole: La mia lingua è penna di scriba. Perché ciò che la lingua dice, risuona e passa; ciò che è scritto resta; e poiché Dio dice il Verbo, e il Verbo che è detto non risuona e passa, ma è detto e resta, Dio ha preferito paragonare il suo Verbo alle cose scritte, e non alle parole. Dicendo poi: Che velocemente scrive, ha spinto la mente a comprendere; ma non resti pigra, guardando i copisti oppure qualche veloce scriba; se guarderà costoro, resterà lì. Pensi velocemente a quel velocemente; e veda perché è detto: velocemente. Il velocemente di Dio è tale che non c'è niente di più veloce. Nello scrivere infatti si scrive lettera dopo lettera, sillaba dopo sillaba, parola dopo parola; e non si passa alla seconda parola, se non è stata scritta completamente la prima. Ivi invece niente è più veloce, poiché le parole non sono molte né tuttavia qualche cosa è omesso, in quanto in una sola sono tutte.
3 splendente di bellezza più dei figli
degli uomini. Sulle tue labbra è stata effusa la grazia.
Per questo ti ha benedetto Dio in eterno.
Ecco che, una volta detto questo Verbo, eterno, ecco dall’eternità, verrà lo sposo. Bello al di sopra dei figli degli uomini. Perché non anche al di sopra degli angeli. Perché è uomo. Affinché tu non creda che Cristo uomo sia un uomo qualsiasi, dice: bello al di sopra dei figli degli uomini. Diffusa la grazia sulle tue labbra. È venuto a noi con la parola della grazia, con il bacio della grazia. Che cosa è più dolce di questa grazia? A chi spetta questa grazia? Per questo dice: Dio ti ha benedetto in eterno. È difficile riuscire ad intendere queste parole come dette ancora da Dio Padre. Sembra più facile intenderle come dette dalla persona del profeta. Nei santi libri delle Scritture si trovano, e del tutto all’improvviso, repentini cambiamenti di persona. Perché ivi, presta attenzione, piene ne sono le pagine divine. Non sono mancati coloro che hanno preferito intendere come dette dalla persona del profeta tutte le parole sin qui spiegate: che sia cioè stato il profeta a dire: erompe dal mio cuore la buona parola, come se dicesse un inno. Così quanto segue: io dico la mia opera al re, l’hanno inteso in questo modo: la somma opera dell’uomo è soltanto lodare Dio. Nella sua bellezza egli vuole essere gradito e a te spetta lodarlo rendendoli grazie. Essi ritengono poi che abbia detto che velocemente scrive, per intendere che egli scriveva le cose che sarebbero accadute velocemente, per cui scrivere velocemente significherebbe scrivere cose veloci, cioè scrivere cose che non tarderanno a verificarsi. Non ha tardato infatti Dio a manifestare Cristo.
4 Cingi la spada al tuo fianco o potentissimo,
Cingi la spada al tuo fianco o potentissimo. Che cosa è la tua spada se non la tua parola. Con questa spada ha abbattuto i nemici, con questa spada ha diviso il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera. Leggiamo nel Vangelo: non sono venuto a portare la pace ma la spada.
5 nel tuo splendore e nella tua
bellezza e avanza felicemente.
Procedi e regna per la verità e
la mitezza e la giustizia
e ti condurrà mirabilmente la tua destra.
Nella tua bellezza e nella tua leggiadria. Ricevi la giustizia nella quale sei sempre leggiadro e bello. E avanza e maestoso procedi e regna. Forse che non lo vediamo? Certamente questo è già accaduto. Tutto questo è visto nello spirito. Ora lo sperimentiamo nella verità. Quando queste cose erano dette non regnava ancora Cristo, non ancora avanzava, non ancora procedeva: era soltanto annunciato. Tutto si è manifestato, ora lo tocchiamo con mano. Molte cose già Dio ci ha reso, solo in poche è ancora nostro debitore. Avanza, e maestoso procedi e regna. E mirabilmente ti condurrà la tua destra. Noi saremo guidati dalla destra di lui, egli dalla sua destra. Perché egli è Dio, noi uomini. Dalla sua destra è condotto, cioè dalla sua potenza. Infatti la potenza che ha il Padre ce l’ha anche lui ed anche l’immortalità del Padre, la divinità del Padre, la virtù del Padre. Mirabilmente lo condurrà la sua destra: compiendo opere divine, sopportando i dolori umani, abbattendo con la sua bontà le malvagità degli uomini.
6 Le tue frecce sono acuminate,
i popoli cadranno sotto di te,
nel cuore dei nemici del re.
Le tue frecce sono acuminate. Sono le parole che trafiggono il cuore e suscitano l’amore. Per questo è detto nel Cantico dei cantici: io sono ferita d’amore. Dice di essere ferita d’amore, cioè di amare, di anelare, di sospirare lo sposo dal quale ha ricevuto la freccia della parola. I popoli cadranno sotto di te, nel cuore dei nemici del re.
7 Il tuo trono o Dio nel secolo del secolo:
verga di rettitudine è la verga del tuo regno.
Il tuo trono o Dio nei secoli dei secoli. Perché il trono è nei secoli dei secoli? Perché è di Dio. O divinità eterna! Non può Dio infatti avere un trono temporale. Scettro di rettitudine, è lo scettro del tuo regno. È lo scettro di rettitudine che dirige gli uomini. Erano curvi, erano distorti, desideravano regnare, amavano le loro cattive azioni, volevano sottomettere la volontà di Dio alle loro brame. Osserva lo scettro di rettitudine: hai amato la giustizia e odiato l’iniquità. Avvicinati a questo scettro, sia Cristo re per te: ti regga questa verga se non vuoi che ti spezzi. Perché quello scettro è di ferro, inflessibile. E che cosa è detto di esso? Li reggerai con verga ferrea e come vasi di argilla li stritolerai. Alcuni regge, altri stritola: regge gli spirituali, stritola i carnali.
8 Hai amato la giustizia e odiato l’iniquità:
per questo ti ha unto, o Dio,
il tuo Dio con olio di letizia
al di sopra dei tuoi compagni.
Hai amato la giustizia e odiato l’iniquità; per questo ti ha unto Dio, il tuo Dio. Per questo ti ha unto, perché tu amassi la giustizia e odiassi l’iniquità. Osserva in qual modo dice: per questo ti ha unto, Dio, il tuo Dio. O Dio, ti ha unto il tuo Dio. Dio è unto da Dio. Infatti quando senti dire l’unto, comprendi che è Cristo. Perché Cristo deriva da crisma. Questo nome, Cristo, significa unzione. In nessun altro luogo si ungevano i re e i sacerdoti, se non in quel regno ove Cristo era profetato ed era unto. Donde doveva venire il nome di Cristo? Assolutamente in nessun altro luogo, in nessun altro popolo, in nessun altro regno accadeva così. Orbene Dio è unto da Dio. Con quale olio se non con quello spirituale? Infatti l’olio visibile è nel simbolo, l’olio invisibile è nel sacramento, l’olio spirituale è nell’intimo. Dio è unto per noi, ed è mandato a noi. Lo stesso Dio per essere unto era uomo. Ma era uomo in modo tale da essere Dio: vero uomo, vero Dio. È dunque Dio uomo e perciò Dio unto, perché è uomo Dio ed è divenuto Cristo.
9 Mirra e aloe e cassia
dai tuoi vestimenti, dai palazzi d’avorio
Mirra e aloe e cassia olezza dai tuoi abiti. Buoni profumi salgono dai suoi abiti. Le sue vesti sono i suoi santi, i suoi eletti, tutta la sua Chiesa, che egli presenta come una veste senza macchia né ruga. La macchia l’ha lavata nel sangue, per la ruga si è disteso sulla croce.
10 da cui ti hanno dilettato figlie di re in tuo onore.
Stette la regina alla tua destra in un
abito dorato, variamente adornata.
Mirra e aloe e cassia dai tuoi abiti, dalle dimore di avorio, dalle quali ti hanno rallegrato figlie di re in tuo onore. Scegli quale vuoi: le case di avorio, le grandi dimore, i palazzi reali, da essi le figlie dei re hanno rallegrato Cristo. Vuoi intendere in senso spirituale le dimore d’avorio? Intendi le grandi case, le grandi tende di Dio, i cuori dei santi, gli stessi re che reggono la carne, che castigano i corpi, che li riducono in servitù. È da essi che le figlie dei re hanno rallegrato il Cristo. Infatti tutte le anime che sono nate da coloro che predicavano ed evangelizzavano, sono figlie dei re. Le chiese figlie degli apostoli, sono figlie dei re. Perché egli è il re dei re, mentre essi sono i re dei quali è detto: siederete sopra dodici troni per giudicare le dodici tribù di Israele.
Stette la regina alla tua destra in un abito dorato, variamente adornata. Ecco che tra i cantici, ricolma di gioia, avanza anche la stessa sposa. Veniva infatti lo sposo, era descritto, verso di lui tendeva tutta la nostra attenzione. Avanzi anche la sposa. La regina è alla tua destra nella veste dorata, variamente adornata. Che cos’è la veste di questa regina? È preziosa e varia: i misteri della dottrina infatti sono espressi in tutte le varie lingue. Alcuni nella lingua africana, altri nella siriaca, altri in greco, altri in ebraico, altri in questa o in quella lingua. Tutte queste lingue compongono la varietà della veste di questa regina. Ma allo stesso modo in cui la varietà si armonizza nell’unità della veste, così anche tutte queste lingue si armonizzano nell’unica fede. Ci sia varietà nella veste, ma non vi sia divisione. Che cos’è l’oro? È la sapienza. Sia quanta volete la varietà delle lingue, uno solo è l’oro che è predicato: non un oro diverso, ma la varietà dell’unico oro. Tutte le lingue infatti predicano la stessa sapienza, la stessa dottrina e la stessa disciplina. La varietà è nelle lingue, l’oro nel contenuto.
11 Ascolta figlia e guarda e piega il tuo orecchio,
e dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre,
Ascolta figlia e guarda. Il profeta canta a questa regina e a ciascuno di noi. Se sapremo dove siamo e ci sforziamo di appartenere al corpo di Cristo con la fede e la speranza saremo uniti alle sue membra. Parla infatti a noi. Parla a lei come uno dei padri, perché esse sono figlie del re. Anche se è il profeta che parla, anche se è l’apostolo, sempre parla alla figlia. Infatti noi chiamiamo nostri padri i profeti, nostri padri gli apostoli. Se noi li consideriamo padri essi ci considerano figli. L’unica voce paterna parla all’unica figlia. Prima ascolta e poi vedi. Ci è stato predicato ciò che non vediamo ancora e udendo crediamo, credendo vedremo.
12 e il re bramerà la tua bellezza,
Il re ha bramato la tua bellezza. Quale bellezza, se non quella che egli stesso ha fatto? La bellezza di chi? Della peccatrice, dell’ingiusta, dell’empia, quale era presso il diavolo e presso il suo popolo? No, ma quella della quale è detto: chi è costei che sale resa candida? Dunque prima non era candida, poi lo è diventata. Perché se i vostri peccati saranno come porpora, li renderò bianchi come neve.
poiché è lui il tuo Signore e lo adoreranno
13 anche le figlie di Tiro con doni,
imploreranno il tuo volto i ricchi del popolo.
14 Tutta la gloria di lei,
la figlia del re è nell’intimo, avvolta in frange d’oro con varietà.
E lo adoreranno le figlie di Tiro con i doni. Lo stesso tuo re e tuo Dio adoreranno le figlie di Tiro con doni. Le figlie di Tiro sono le figlie delle genti: una parte esprime il tutto. Tiro, vicina a questa terra ove era pronunciata la profezia, significava le genti che avrebbero presto creduto in Cristo. Ogni gloria della figlia del re è interiore. Colui che ha amato la bellezza di lei, sa che la veste dorata e varia è bella non soltanto esteriormente, ma nell’intimo. Qual è questa interiore bellezza? Quella della coscienza. Ivi Cristo vede, ivi Cristo ama, ivi Cristo parla, ivi Cristo punisce, ivi Cristo corona. La bellezza è interiore. Nelle frange d’oro sta la varietà delle lingue, la leggiadria della dottrina. Tutto questo a che giova se non c’è quell’ interiore bellezza?
15 Saranno condotte al re le vergini
dietro a lei: le sue compagne
saranno presentate a te;
Sono presentate al re le vergini dietro a lei. Così è veramente accaduto. La Chiesa ha creduto, la Chiesa si è diffusa in tutte le genti. In qual modo ora le vergini desiderano essere gradite, a quel re? Perché la Chiesa le precede. Non sono estranee coloro che gli sono portate, ma sono sue vicine, sono sue amiche.
16 saranno presentate con gioia ed esultanza.
Saranno condotte al tempio del re,
Sono presentate in letizia ed esultanza, sono condotte nel tempio del re. Il tempio del re è la Chiesa e la stessa Chiesa entra nel tempio. Il tempio del re è nell’unità. Il tempio del re non sta nelle rovine, non è spezzato, non è diviso.
17 in luogo dei tuoi padri ti sono nati dei figli.
Li costituirai principi su tutta la terra.
Per sostituire i tuoi padri ti sono nati i figli. Ti hanno generato gli apostoli: essi sono stati mandati, hanno predicato, essi furono i nostri padri. Ma forse essi hanno potuto essere sempre fisicamente con noi? E per la loro morte è rimasta dunque deserta la Chiesa? Certo che no! In sostituzione dei tuoi padri ti sono nati i figli. Gli apostoli sono stati mandati come padri e per sostituire gli apostoli ti sono nati i figli e sono stati costituiti vescovi. Infatti i vescovi che oggi sono diffusi in tutto il mondo, donde sono nati? La Chiesa stessa li chiama padri, essa li ha generati ed essa li ha costituiti nelle sedi dei padri. Questa è la Chiesa cattolica. I figli hanno preso il posto dei padri. Riconoscano questo coloro che sono divisi, vengano all’unità, siano condotti nel tempio del re. Dio ha collocato ovunque il suo tempio, ha stabilito ovunque le fondamenta dei profeti e degli apostoli. La Chiesa ha generato i figli e li ha costituiti al posto dei suoi padri quali principi sopra tutta la terra.
18 Ricorderò il tuo nome
in ogni generazione e generazione.
Per questo i popoli ti confesseranno
in eterno e nei secoli dei secoli.
Si ricorderanno del tuo nome di generazione in generazione. Per questo i popoli ti confesseranno. Che giova confessare, se si confessa al di fuori del tempio? Che giova pregare, se non si prega sul monte? Con la mia voce, sta scritto, ho gridato verso il Signore e mi ha esaudito dal suo santo monte. Da quale monte? Da quello di cui è detto: non può nascondersi la città posta sopra il monte. Di quale monte si tratta? Di quello che vide Daniele crescere da una piccola pietra e spezzare tutti i regni della terra e riempire tutta la faccia della terra. Ivi adori colui che vuole ricevere, ivi chieda colui che vuole essere esaudito, ivi confessi colui che vuole essere perdonato. Per questo i popoli ti confesseranno in eterno e nei secoli dei secoli.
Dai Padri
1 Cirillo Alessandrino: questo salmo canta il mistero del Cristo nel quale si uniscono i giudei e i gentili. All’inizio il Padre proferisce il Figlio, cioè genera il Figlio.
Atanasio: è il Padre che parla del Figlio, il suo Verbo.
Eusebio: il versetto 1 con i suoi tre stichi, introduce il salmo. Poi si entra in argomento e ci si rivolge al diletto. È il coro dai profeti che parla, come nei salmi precedenti: celebrano la risposta divina.
Crisostomo: la parola buona il Figlio unigenito di Dio.
Gregorio Nazianzeno: il Verbo buono: questo Verbo è il Figlio Unigenito di Dio, generato dal cuore del Padre.
Girolamo: è il Padre che parla: genera il Verbo.
Cirillo Alessandrino: io dico al re le mie opere: il Padre ammaestra il Figlio, il quale dice: le mie parole non sono mie ma del Padre che mi ha mandato (Giovanni 14,24): il Padre mi ha fatto conoscere ciò che devo dire e fare (Giovanni 8,28).
Eusebio e Crisostomo: quando è lo Spirito che muove il nostro spirito, questi non ha bisogno di fermarsi per riflettere.
Agostino: nulla è veloce quanto Dio.
2 Eusebio: non ha bellezza alcuna né splendore (Isaia 53,2).
Basilio fa lo stesso confronto: è senza bellezza, è più debole dei figli degli uomini.
Cirillo Alessandrino: ora parla il coro dai profeti. Applaudono il Verbo di Dio.
Arnobio il Giovane: il Verbo uscito dal seno del Padre apparirà sfolgorante di bellezza e si porrà alla testa dei figli degli uomini.
2 Eusebio: Mosè e Noè hanno ricevuto una porzione di grazia; ma Maria, che fu serva dell’incarnazione, è piena di grazia; e tutta la grazia del Padre è effusa sulle labbra del Figlio.
Crisostomo: labbra che fondono la grazia: è il Cristo maestro.
Cirillo Alessandrino: Dio ti ha benedetto. Siamo stati maledetti in Adamo, ma benedetti in Cristo.
Crisostomo: in lui la maledizione del paradiso si è cambiata in benedizione. Fatto maledizione per noi ha guadagnato in questo modo la benedizione per tutti gli uomini. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto (Giovanni 1,16).
Ruperto: nel segreto del seno verginale, Dio compie le nozze del Figlio: nozze molto più belle più beate di quelle di Adamo. Lo sposo avanza dalla stanza nuziale. Qual è questa stanza nuziale donde viene lo sposo se non il seno benedetto dalla Vergine Immacolata? Qui, lo spirito Santo non distingue l’uomo e la donna, ma unisce nella persona del Cristo la natura umana creata al Dio increato, al Verbo di Dio.
3 Origene: questa spada separa l’anima dal peccato e lo spirito dalla ignoranza. Crea un uomo nuovo.
4 Atanasio: poiché menziona la mitezza, dopo aver ricordato le armi, ci mostra che il regno del Cristo è spirituale.
Arnobio il Giovane: la verità è il Padre, la mitezza è il Figlio, la giustizia è lo Spirito Santo.
Origene e Cirillo Alessandrino: la tua destra è il Verbo.
5 Crisostomo: il Verbo è la freccia che, scendendo dal cielo, tocca il cuore e, da nemico, lo rende amico. Le genti ribelli sono allora riconciliate, ammaestrate e inserite nel disegno di salvezza.
Basilio: la sposa dice bene: è l’amore che mi ha ferito (Cantico 2,8).
Cirillo Alessandrino: le frecce raggiungono il cuore dei nemici: di Satana, per mandarlo in perdizione e degli altri per convertirli.
6 Eusebio: dunque è bello, pieno di grazia, benedetto, vittorioso. Ora diciamo: è Dio!
7 Basilio: gli altri hanno ricevuto una parte di Spirito, ma tu l’hai in pienezza.
Cirillo Alessandrino: unto con l’olio dell’esultanza che è la grazia dello Spirito Santo, per la nostra gioia eterna.
Girolamo: è la gioia della risurrezione, dell’ascensione e del regno.
Ruperto: è stato unto con olio di esultanza più di tutti i santi ai quali ha dato di aver parte con lui, poiché è Figlio di Dio per natura, ha dato a loro di essere figli di Dio per grazia.
Baldovino di Ford: il Padre lo ha separato dagli altri, contrassegnandolo col sigillo proprio di una santità unica: lo ha unto con olio di esultanza più dei suoi compagni.
8 Gregorio di Nissa: la sposa del cantico porta un sacchetto di mirra, che è il Signore stesso, di cui effonde il profumo.
Crisostomo: anche dai suoi abiti usciva una potenza di guarigione, dice il Vangelo (Luca 8,46).
Basilio e Crisostomo: i profumi ricordano la sepoltura.
Cirillo Alessandrino: i profumi elencati sono quelli che servivano per ungere gli oggetti sacri dell’antica legge.
Teodoreto: le vesti sono simbolo del corpo di Cristo.
Origene: i palazzi sono le chiese che Cristo ha fondato.
9 Origene: è la Chiesa, come Gerusalemme celeste.
Eusebio: è la Chiesa riunita da tutte le estremità della terra che dispiega il suo abito variamente adornato.
Crisostomo: la regina è per sempre alla tua destra. È resa stabile, confermata come tua sposa per l’eternità.
Cirillo Alessandrino: la regina è la sposa del Cristo.
10 Crisostomo: ascolta l’insegnamento, guarda i miracoli, dimentica il paganesimo.
Basilio: ascolta l’insegnamento e contempla.
Girolamo: ascolta, cioè credi.
Origene: come Abramo e come dice anche il rito del battesimo: rinuncio a Satana: chi appartiene veramente al Cristo senza commistione col mondo è questa sposa.
Cirillo Alessandrino: eravamo figli di ira ma diciamo: rinuncio a Satana.
Teodoreto: la parola dimentica dimostra che si tratta dei pagani; perché, quanto ai giudei, essi dovevano onorare e imitare il loro padri.
11 Cirillo Alessandrino: la bellezza della sposa è l’immagine di Dio.
12 Atanasio: Tiro è il simbolo di tutte le genti.
Crisostomo: tutti sono sottomessi al re, anche Tiro, simbolo del diavolo. La Chiesa sarà onorata da tutti.
14 Origene: la sapienza multiforme di Dio.
Eusebio: la varietà delle lingue.
Basilio: tutta la dottrina cristiana.
Teodoreto: tutti i doni dello Spirito.
Girolamo: tutti i popoli pagani.
Eusebio: gli angeli presentano a Dio le anime che giungono al cielo.
18 Origene e Cirillo Alessandrino: gli apostoli succederanno ai patriarchi.
Eusebio: coloro che saranno rigenerati dalla vita nuova saranno pontefici e dottori.
17 Cirillo Alessandrino: fa notare che i nemici del Cristo dicono: quando morirà e perirà il suo nome? E che la Chiesa invece dice: ricorderò il tuo nome in ogni generazione.
Ruperto: voce del Padre: ha proferito il mio cuore la parola buona.
Voce del profeta: tu sei splendente di bellezza più dei figli degli uomini.
Quale gioia quale ardore per ripetere e narrare ininterrottamente questa bellezza del Salvatore, pieno di grazia, potente, cinto della spada, che avanza e regna per la verità, la mitezza e la giustizia, mentre i popoli cadono ai suoi piedi. Colpiti dalle sue frecce di salvezza, piangono le loro colpe di nemici del re: cadono a terra per adorarlo.
Salmo 45
1 Per la fine, per i figli di Core
salmo sulle cose nascoste
2 Il nostro Dio è rifugio e
potenza, aiuto nelle tribolazioni
che troppo ci hanno colto.
3 Per questo non temeremo
quando sarà sconvolta la terra
e trasferiti i monti nel cuore del mare.
4 Echeggiarono e furono sconvolte le loro acque,
furono sconvolti i monti
per la sua forza pausa
5 L’ impeto del fiume rallegra la città di Dio,
ha santificato la sua dimora l’Altissimo.
6 Dio è in mezzo a lei:
non sarà scossa, l’aiuterà
Dio alla prima luce del mattino.
7 Sono state sconvolte le genti,
si sono piegati i regni
ha emesso la sua voce, è stata scossa la terra;
8 Il Signore delle schiere è con noi
nostro difensore il Dio di Giacobbe. pausa
9 Venite e vedete le opere del
Signore, quali prodigi ha fatto sulla terra.
10 togliendo le guerre
fino al confine della terra,
spezzerà l’arco e frantumerà
le armi e brucerà gli scudi col fuoco.
11 Siate liberi da impedimenti e vedete che io sono Dio;
sarò esaltato tra le genti, sarò esaltato sulla terra
12 Il Signore delle schiere è con noi
nostro difensore il Dio di Giacobbe.
Da Sacy
1 Per la fine, per i figli di Core
salmo sulle cose nascoste
2 Il nostro Dio è rifugio e
potenza, aiuto nelle tribolazioni
che troppo ci hanno colto.
3 Per questo non temeremo
quando sarà sconvolta la terra
e trasferiti i monti nel cuore del mare.
4 Echeggiarono e furono sconvolte le loro acque,
furono sconvolti i monti
per la sua forza pausa
Non mi parlate di armi, né di eserciti, di fortezze, di grandi tesori né di tutti gli altri sostegni della debolezza dei mondani. Se volete che io vi scopra una invincibile virtù, un sicuro asilo e una impenetrabile rocca ricorrete a Dio e mettetevi in salvo sotto la sua onnipotente protezione. A somma ragione il salmista dichiara che il Signore è il nostro rifugio e la nostra forza. Egli ci rende vittoriosi in due maniere: o servendoci di asilo quando ci rivolgiamo verso di lui o dandoci la forza di resistere in faccia ai nostri nemici. Egli ci assiste con un aiuto tanto più potente quanto sono maggiori le tribolazioni che ci sopraggiungono. Dice San Giovanni Crisostomo che Dio quasi mai ci esenta dalle tribolazioni, ma viene a noi quando siamo tribolati e si serve delle stesse tribolazioni per provarci e per rinsaldarci nella virtù. San Basilio ci assicura che ci sono poche persone che dicendo queste parole del profeta siano al par di lui in una umile e totale dipendenza dal divino aiuto e che si trovino saldamente stabilite nella fede, la quale gli faceva dire: che egli non potrà essere colto da timore seppure fosse tutto sconvolto l’ordine della natura, se le montagne fossero smosse e trasportate dal loro luogo in mezzo ai mari. Avendo lui stesso per protettore si troverebbe sicuro anche contro lo scompiglio di tutto l’universo. Per turbamento di tutta la terra egli intende forse profeticamente ancora quello che in essa ha cagionato la predicazione della verità del Vangelo, allorché questa dapprima è sembrata una follia alle nazioni. Essendo la medesima, come dice l’Apostolo, virtù e potenza di Dio, ha distrutto ogni sapienza dei saggi del mondo ed ha atterrato tutti quei grandi e tutti quei potenti che simili a montagne osavano innalzarsi con il loro orgoglio contro il cielo.
5 L’ impeto del fiume rallegra la città di Dio,
ha santificato la sua dimora l’Altissimo.
6 Dio è in mezzo a lei:
non sarà scossa, l’aiuterà
Dio alla prima luce del mattino.
È chiaro che il profeta oppone all’impeto e all’amarezza delle acque di un mare agitato e tempestoso l’abbondanza delle acque dolci di quel fiume o come lo chiama altrove di quel torrente di ineffabile delizie che deve riempire di una santa gioia la città di Dio. Il giusto dice San Basilio, incomincia fin d’ora a bere di quell’acqua viva, ma ne berrà un giorno assai più copiosamente quando si vedrà aggregato per sempre alla città di Dio che ne sarà tutta inondata. Questo fiume del tutto divino altro non è che lo Spirito Santo che, mediante la carità e mediante, la fede diffondendosi nel cuore di quelli che credono in Gesù Cristo, fa quivi nascere un fiume di acqua che sale alla vita eterna. Ma qual è stata la sorgente di quel fiume così abbondante che inonda e colma di letizia la città di Dio? È stata l’amore di un Dio che i si è incarnato ed è morto per la nostra salvezza. Ha fatto scorrere dal suo costato un fiume di acqua viva di sangue, il quale lavando i peccati di tutto l’universo ha sparso una gioia celeste in tutte le anime. Dio essendo presente in mezzo a questa città l’ha fatta diventare immobile malgrado tutte le agitazioni e le tempeste del secolo. Le ha dato segni sensibili della sua assistenza fin dal primo spuntare dell’alba. Ci ha fatto trionfare sulla morte e sul peccato, facendo apparire il principio di un nuovo giorno, che è quello della grazia da lui diffusa sopra la Chiesa.
7 Sono state sconvolte le genti,
si sono piegati i regni
ha emesso la sua voce, è stata scossa la terra;
8 Il Signore delle schiere è con noi
nostro difensore il Dio di Giacobbe.
Lo scompiglio delle genti e il vacillare dei regni ci erano stati figurati dal turbamento della terra e dallo scuotimento delle montagne. Egli esprime la stessa cosa in due maniere diverse. Ora lo scompiglio delle nazioni e il vacillare dei regni è accaduto, quando il Verbo eterno essendosi incarnato ha fatto udire la sua voce, che ha scosso tutta la terra sepolta nel paganesimo. Non si videro in effetti tutti i popoli e i principi sollevarsi contro la santa città di cui avevano giurato la rovina? Essa si trovò, dice San Giovanni Crisostomo afflitta da ogni parte e la potenza congiunta alla moltitudine dei suoi nemici sembrava doverla opprimere. Il profeta per un movimento dello Spirito di Dio che sin da allora gli scopriva i grandi misteri di cui si parla nel titolo di questo salmo, afferma che il Dio degli eserciti e il Dio di Giacobbe, essendo presente con la sua chiesa e dichiarandosi suo difensore umilierà tutti i regni in virtù della sua incarnazione. Giova osservare dice Sant’Ambrogio che la voce dello stesso Dio che ha fatto tremare tutta la terra si fa udire ancora ogni giorno nell’intimo dei nostri cuori per distruggervi tutto ciò che c’è di carnale e di terrestre.
9 Venite e vedete le opere del
Signore, quali prodigi ha fatto sulla terra.
10 togliendo le guerre
fino al confine della terra,
spezzerà l’arco e frantumerà
le armi e brucerà gli scudi col fuoco.
Anche se ciò che qui dice il profeta si deve intendere principalmente della fine del mondo, in cui avranno termine tutte le guerre e il regno di Gesù Cristo sarà stabilito in una pace sovrana mediante la perfetta schiavitù del demonio e saranno tolte al forte armato e gettate nel fuoco tutte le armi nelle quali egli riponeva la sua fiducia, nondimeno si è visto avverarsi una tale predizione allorché i principi e i popoli cessarono dal perseguitare la Chiesa e incominciò Gesù Cristo a regnare pacificamente in tutta la terra sotto gli imperatori cristiani. È dunque giusto che consideriamo col profeta le grandi meraviglie che Dio ha fatto per la nostra santificazione. La profezia che qui egli ne fa è come una esortazione indirizzata anticipatamente a tutti i popoli per indurli a sottomettersi a Gesù Cristo alla vista di tante grazie che procuravano la loro salute.
11 Siate liberi da impedimenti e vedete che io sono Dio;
sarò esaltato tra le genti, sarò esaltato sulla terra
Il profeta per dare uno stimolo più forte finge che loro parli Dio stesso nella seguente maniera. Statevene inquiete e considerate che io sono Dio. La voce del Signore ci invita, dice Sant’Ambrogio a sgombrare dalla nostra mente ogni pensiero mondano per timore che rimanga offuscata la sua luce dalle cure del secolo. Il re d’Egitto aveva anticamente ordinato che si moltiplicassero le opere degli Ebrei per togliere loro la possibilità di applicarsi alla conoscenza del loro Dio e ad ogni cosa che spettava al sacro suo culto. Quanto più dunque noi saremo in un santo riposo rispetto alle cose che non appartengono a Dio tanto più saremo in grado di considerare come il Signore sia innalzato la di sopra di tutti gli dei e come egli debba essere da noi amato. I prodigi da lui operati non bastano, qualora non siano considerati con pietà e con fede, giacché sappiamo che sono stati inutili per la salvezza di tanti giudei. Come i semplici raggi del sole non sono capaci di farci vedere se il nostro occhio non è puro e sano, parimenti i miracoli richiedono per esserci salutari la purità del nostro cuore. Per questo avendoci il santo profeta rappresentato le opere più singolari della divina potenza nello stabilimento dell’impero del suo Figlio, ci esorta a purificare l’intimo dei nostri cuori, finché siamo in grado di considerare con fede la grandezza di Dio.
12 Il Signore delle schiere è con noi
nostro difensore il Dio di Giacobbe.
Il profeta ripete ora la stessa cosa che ha già detto per significare che tutta la fiducia delle anime giuste consiste nell’essere Dio sempre presente con loro. Non peraltro si reputavano invincibili se non perché avevano per difensore colui che aveva reso i discendenti di Giacobbe sempre vincitori finché si erano mantenuti a lui fedeli.
Da Agostino
1 Per la fine, per i figli di Core
salmo sulle cose nascoste
Fino alla fine per i figli di Core, salmo per i segreti. Voi sapete che colui che fu crocifisso nel luogo del calvario squarciò il velo, affinché i segreti del tempio fossero rivelati. Ebbene poiché la croce del nostro Signore è stata la chiave con la quale i segreti sono stati aperti, crediamo che egli verrà a noi per rivelarci appunto tali segreti. Nelle parole fino alla fine, sempre dobbiamo intendere Cristo, perché fine della legge è Cristo a giustificazione per ogni credente. È detta fine, non perché consuma, ma perché adempie.
2 Il nostro Dio è rifugio e
potenza, aiuto nelle tribolazioni
che troppo ci hanno colto.
Dio è nostro rifugio e forza. Vi sono certi rifugi in cui non c’è la forza e chiunque in essi si rifugia si indebolisce, anziché rafforzarsi. Tale non è il nostro rifugio, il nostro rifugio è forza: quando in essi ci saremo rifugiati saremo forti.
Soccorso nelle tribolazioni che gravemente ci hanno assaliti. Sono molte le tribolazioni e nella tribolazione ci dobbiamo rifugiare in Dio. Se la coscienza non è ferita e se l’interno dell’uomo è sano, ovunque l’uomo subisca tribolazioni, in essa si rifugerà e in essa troverà Dio. Ma se nella coscienza non c’è pace per la sovrabbondanza delle iniquità e quindi non c’è Dio, che cosa farà l’uomo? Dove si rifugerà quando comincerà a subire tribolazioni? Tuttavia anche in esse il Signore si è fatto nostro soccorso, rimettendo i peccati. Ho trovato la tribolazione e il dolore e ho invocato il nome del Signore. Una è dunque la tribolazione che tu trovi e un’altra è quella che trova te. Tuttavia in ambedue, sia in quella che trova te sia in quella che tu trovi, per scacciarle devi pregare colui che è soccorso nelle tribolazioni. Infatti colui che l’aveva trovata esclama: e il nome del Signore ho invocato.
3 Per questo non temeremo
quando sarà sconvolta la terra
e trasferiti i monti nel cuore del mare.
Infine ricevuta tanta sicurezza, che cosa dicono? Per questo non temeremo, quando si turberà la terra. Poco prima erano preoccupati, subito sono divenuti sicuri, e dalle gravi tribolazioni sono passati ad una grande tranquillità. Perché Cristo per loro dormiva, perciò si erano turbati; Cristo si è svegliato come abbiamo dianzi letto nel Vangelo, ha comandato ai venti ed essi si sono calmati. Perché Cristo è nel cuore di ognuno per mezzo della fede, e ci fa comprendere che il cuore che dimentica la fede è sconvolto come una barca nella tempesta di questo secolo; si è turbato, come se Cristo dormisse; ma svegliatosi Cristo, sopraggiunge la tranquillità. Cristo svegliato ha risvegliato la fede. Così egli ha fatto affinché nel cuore ci fosse una grande tranquillità. Osservate tale tranquillità: Per questo non temeremo quando si turberà la terra e i monti saranno trasportati nel cuore del mare. Cerchiamo i monti trasportati e se potremo trovarli è chiaro che in ciò è la nostra sicurezza. Monte è detto quello che sarà manifestato negli ultimi tempi. È il monte del Signore ma è collocato sopra altri monti. Anche gli apostoli sono monti che portano questo monte. I monti annunziano il monte. Il mare invece significa questo secolo a paragone del quale il popolo dei Giudei sembrava come terra. Nel futuro doveva turbarsi la terra, cioè doveva essere sconvolta quella stessa gente giudea e i monti dovevano essere trasportati nel cuore del mare. Il Signore infatti abbandonò il popolo giudeo e si portò tra le genti: fu trasportato dalla terra al mare. E da chi fu trasportato? Dagli apostoli. In virtù della loro predicazione Gesù sarà glorificato tra le genti, sarà riconosciuto dalle genti e accadrà ciò che di lui è stato predetto: il popolo che non ho conosciuto mi ha servito .
4 Echeggiarono e furono sconvolte le loro acque,
furono sconvolti i monti
per la sua forza pausa
E cosa accade dopo, in seguito al fatto che i monti sono stati trasportati nel cuore del mare? Tutte queste cose, quando erano dette, erano oscure, perché non erano ancora accadute. Ora che sono accadute chi non le comprende? I monti, cioè i potenti di questo secolo, sono stati scossi. Altri infatti sono i monti di Dio ed altri i monti del secolo. I monti del secolo hanno per capo il diavolo; i monti di Dio hanno per capo Cristo. Ma per mezzo di questi monti sono stati scossi quegli altri monti. Ma per chi tutto questo è accaduto? Per quella città fondata sopra la pietra. Risuonano le acque, sono scossi i monti, il Vangelo è annunciato? E che fai tu, città di Dio? Ascolta quanto segue.
5 L’ impeto del fiume rallegra la città di Dio,
ha santificato la sua dimora l’Altissimo.
La piena del fiume allieta la città di Dio. Mentre i monti sono scossi, mentre il mare incrudelisce, Dio non abbandona la sua città per mezzo della piena del fiume. Che cos’è questa piena del fiume? È quella inondazione dello Spirito Santo della quale diceva il Signore: se qualcuno ha sete, venga e beva; e chi crede in me fluiranno dal suo ventre fiumi di acqua viva. Siccome questi fiumi fluiscono da un fiume solo, molte piene del fiume allietano la città di Dio. Glorificato Gesù dopo l’ascensione, nel giorno di Pentecoste è venuto lo Spirito Santo, ha ricolmato i credenti, ed essi hanno parlato in tutte le lingue e hanno incominciato ad annunziare il Vangelo alle genti. Per questo la città di Dio si allietava, mentre il mare era turbato dal ruggito delle sue acque, mentre i monti erano scossi e cercavano che cosa fare, in qual modo respingere la nuova dottrina, in quale modo sradicare dalla terra la stirpe dei cristiani. Contro chi lottavano? Contro la piena del fiume che allieta la città di Dio.
6 Dio è in mezzo a lei:
non sarà scossa, l’aiuterà
Dio alla prima luce del mattino.
Dio sta al centro di lei ed essa non vacillerà. Che cosa significano le parole: Dio sta al centro di lei? Significano che Dio è equo con tutti. Allo stesso modo infatti in cui chi è nel mezzo ha uguale spazio da tutti i lati, così Dio è detto essere al centro, perché provvede a tutti con equanimità. Perché non vacillerà? Perché Dio è nel suo mezzo. Dio l’aiuterà con il suo volto. Egli è soccorso nelle tribolazioni che gravemente ci hanno assaliti. Che significa con la sua presenza? Con il suo manifestarsi.
7 Sono state sconvolte le genti,
si sono piegati i regni
ha emesso la sua voce, è stata scossa la terra;
Turbate sono le genti. In qual modo sono turbate? Perché sono turbate? Per distruggere la città di Dio, al cui centro è Dio? No! Ormai le genti sono turbate per la loro salvezza. Che cosa segue infatti? E chinati sono i regni. Chinati, dice, sono i regni, cioè non sono più eretti per incrudelire, ma sono chinati per adorare. Quando si sono chinati i regni? Quando è accaduto ciò che è stato predetto in un altro salmo: lo adoreranno tutti i re della terra, tutte le genti lo serviranno. Quali cose ha fatto per indurre i regni a chinarsi? Ascolta quali cose ha fatto: l’Altissimo ha fatto sentire la sua voce e si è scossa la terra. Ha tuonato dalle sue nubi. Che cosa sono le sue nubi? Sono i suoi apostoli, i suoi predicatori, dai quali con i precetti tuonava e con i miracoli lampeggiava ed induceva gli uomini ad adorare.
8 Il Signore delle schiere è con noi
nostro difensore il Dio di Giacobbe.
Il Signore degli eserciti è con noi, nostro difensore il Dio di Giacobbe. Non un uomo qualsiasi, non una qualunque potestà, non un angelo, non una qualsiasi creatura, terrena o celeste, ma il Signore degli eserciti è con noi. Se Dio è per noi chi è contro di noi? Colui che non ha risparmiato il suo Figlio, ma per tutti noi lo ha dato, in quale modo non ha donato a noi tutte le cose insieme con lui? Siamo dunque sicuri, nutriamo la buona coscienza con il pane del Signore. Nostro difensore e il Dio di Giacobbe. Qualunque sia la tua debolezza, osserva chi è che ti sostiene. Grande è la speranza di salvezza, perché un grande medico si è preso cura di noi.
9 Venite e vedete le opere del
Signore, quali prodigi ha fatto sulla terra.
Venite e vedete le opere del Signore. Osserva il mondo intero, vieni e vedi. Perché se non vieni non vedi, se non vieni non credi; se non credi stai lontano. Ma se credi, vieni; se credi, vedi.
10 togliendo le guerre
fino al confine della terra,
spezzerà l’arco e frantumerà
le armi e brucerà gli scudi col fuoco.
Togliendo via le guerre sino ai confini della terra. Vediamo che questo non è ancora stato realizzato: ci sono ancora guerre tra i popoli per il potere. Non si sono dunque realizzate ancora le parole: togliendo via le guerre fino ai confini della terra? Oppure si sono già compiute anche ora? In parte si sono compiute; nel grano sì, nella zizzania no. Parla delle guerre con le quali si combatte contro Dio. Chi combatte contro Dio? L’empietà. E che cosa può fare l’empietà a Dio? Niente! Che cosa può causare alla pietra un vaso di argilla sbattuto contro di lei, anche se è sbattuto con grande violenza? Tanto più grande è il danno che procura a se stesso quanto più grande è l’impeto con cui colpisce. Grandi erano queste guerre, frequenti. L’empietà combatteva contro Dio e i vasi d’argilla erano stritolati. Il Signore ha tolto di mezzo queste guerre fino ai confini della terra. Spezzerà l’arco e frantumerà le armi e brucerà gli scudi col fuoco. Il fuoco con cui tutte queste cose sono bruciate è quello di cui il Signore dice: sono venuto a portare il fuoco sulla terra. Ardendo questo fuoco in noi non resterà alcuna arma dell’empietà. Tu rimani inerme non avendo da te stesso alcun aiuto. Quanto più sei debole e senza armi tanto più ti accoglie colui del quale è detto: nostro difensore è il Dio di Giacobbe. Se il tuo valore è in te, sarai necessariamente turbato.
11 Siate liberi da impedimenti e vedete che io sono Dio;
sarò esaltato tra le genti, sarò esaltato sulla terra
12 Il Signore delle schiere è con noi
nostro difensore il Dio di Giacobbe.
Che cosa segue? Liberatevi da ogni preoccupazione. Perché vediate che io sono Dio. Non discutete e non armatevi contro Dio; altrimenti sopravvivono alcune armi non ancora bruciate da quel fuoco. Ma se sono state bruciate, siete liberi da ogni preoccupazione, perché non avete con che combattere. Se sarete liberi chiederete a me ogni cosa e vedrete che io sono Dio. Sarò esaltato tra le genti e sarò esaltato in terra. I monti sono stati trasportati nel cuore del mare; le genti sono state turbate, i regni si sono inchinati e l’Altissimo ha fatto sentire la sua voce e la terra si è scossa. Il Signore degli eserciti è con noi, nostro difensore il Dio di Giacobbe. Sono stati compiuti miracoli tra le genti, la loro fede si è ricolmata, le armi dell’umana presunzione sono state consumate dal fuoco. C’è calma nella tranquillità del cuore e si riconosce che Dio è autore di tutti i suoi doni. Sarò esaltato in mare e in terra, affinché tutti dicano: il Signore degli eserciti è con noi, nostro difensore il Dio di Giacobbe.
Dai Padri
1 Gregorio di Nissa: canto di vittoria che annuncia, in enigma, l’epifania del Signore nella carne: fragore del mare, sconvolgimento della terra, turbamento dei popoli; ma il Signore delle schiere è con noi e ha posto tra noi il suo tabernacolo santo. Dio vuole che la gioia delle meraviglie del creato sospinga l’uomo alla ricerca del creatore.
Eusebio: questo salmo profetizza l’annuncio del Vangelo: ecco ciò che sconvolge il mondo!
Atanasio: parabola sulla chiamata delle genti.
2 Cirillo Alessandrino: se siamo dalla parte di Dio, non abbiamo nulla da temere.
Ambrogio: se sei con noi, chi sarà contro di noi? I monti che si trasferiscono nel cuore del mare sono poca cosa, dice il Vangelo.
3 Eusebio: le acque del mare sono simbolo delle potenze infernali, sconvolte dalla venuta del Signore e dai suoi miracoli.
Atanasio: la predicazione del Vangelo ha sconvolto le genti.
Cirillo Alessandrino: le acque sono simbolo della moltitudine delle genti.
4 Origene: i doni dello Spirito.
Eusebio riferisce il salmo al battesimo.
Cirillo Alessandrino: farò deviare il fiume di pace. È deviato perché il Cristo è venuto in primo luogo per i giudei, ma le genti sono subentrate al loro posto.
Crisostomo: la provvidenza di Dio è come un fiume le cui braccia giungono ovunque.
Cirillo di Gerusalemme: la sorgente del fiume di giustizia dell’Unigenito è il Padre che l’ha generato.
Ambrogio: il fiume è simbolo dell’acqua e del sangue sgorgate dal costato trafitto del Signore. È quello il fiume dell’Eden che si diffonde in tutta la terra, lava i peccati, irriga la città di Dio e ogni anima.
Girolamo: il battesimo è lo Spirito Santo.
Ruperto: mi mostrò un fiume puro d’acqua viva, chiaro come cristallo, che procedeva dal trono di Dio e dell’agnello, in mezzo alla piazza della città. Di qua e di là del fiume c’era l’albero della vita, che fa dodici frutti, rendendo il suo frutto per ciascun mese; e le fronde dell’albero sono per la guarigione delle genti (Apocalisse 22,1).
Alla fine del libro il profeta mostra le ricchezze inestimabili e le delizie indicibili della città gloriosa: beni che l’occhio non ha visto, di cui l’orecchio non ha sentito parlare e che non sono mai saliti nel cuore dell’uomo.
Questo fiume è la sovrabbondanza di gioia e di pace descritti dal salmista: gli impeti del fiume, rallegrano la città di Dio; e ancora: saranno inebriati dalla pinguedine della tua casa e al torrente delle tue delizie li abbevererai (Salmo 35,8). Isaia consolava così i figli di Gerusalemme: ecco io rivolgo verso di lei la pace, come un fiume, e la gloria delle genti come un torrente traboccante (Isaia 66,12). Questo fiume è il Signore stesso, è lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è questo fiume di pace, questo torrente di gloria, questa onda di gioia, questo fluire della beatitudine, questa sovrabbondanza che trabocca dalla casa di Dio. È infatti l’amore stesso dello sposo e della sposa nella città gloriosa. Tutta la felicità di questa vita e di questa città che altro potrebbe essere se non questo amore? Di questo amore vivono tutti i santi angeli e tutte le anime di tutti i santi. Ecco perché il profeta, dopo aver detto: mi mostrò il fiume, aggiunge il fiume d’acqua viva (Apocalisse 22,1). Come il Vangelo dice che lo Spirito Santo procede dal Padre (Giovanni 15,26) il profeta esprime la stessa verità dicendo che il fiume sgorga dal trono di Dio e dell’agnello. E questo è quanto professiamo nella fede cattolica: lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio. Questo fiume ha cominciato a affluire in noi dal momento in cui Gesù è stato glorificato; ma non vediamo ancora e non possiamo vedere in questa vita, ciò che compie in noi. Nella città beata apparirà il frutto di questa venuta dello Spirito, ed ecco perché il profeta aggiunge: di qua e di là del fiume c’era l’albero della vita che è il Cristo.
Il trono di Dio e il trono dell’agnello sono in questa città: i suoi servi lo adorano e sono essi stessi il trono e la dimora del re dei re, del Signore dei Signori. Col Padre lo spirito Santo, abita nei loro cuori. Vedono il suo volto, il suo nome è sulle loro fronti, il rendimento di grazie e la lode senza fine sono tutta la loro delizia.
5 Rufino: la città è la Chiesa: per la concordia dei suoi membri e perché è una città fortificata.
Cirillo Alessandrino: al mattino: è l’ora della risurrezione del Cristo. È questa la risurrezione che ci salva.
Crisostomo: al mattino: il Signore non si farà attendere.
Teodoreto: al mattino, cioè subito e con prontezza.
Ambrogio: la risurrezione avvenuta all’alba ci procura tutti i doni celesti. Il Cristo è morto la sera perché, secondo la legge, l’agnello è ucciso la sera. Altra lezione: col suo volto: lo sguardo di Dio è la nostra salvezza. Durante la passione, al Cristo bastò guardare Pietro per salvarlo.
6 Origene la maggior parte degli altri padri: si sono piegati i regni, per adorare Cristo.
Eusebio: sono i cambiamenti operati dalla predicazione del Vangelo.
Atanasio: è il grido di Cristo sulla croce
Crisostomo: uno squillo di tromba gli è bastato per prendere la città di Gerico.
Ambrogio: venite a me voi che siete affaticati (Matteo 11,28); tutti sono venuti sotto il suo giogo e ogni giorno il Signore fa risuonare questa voce nel cuore degli uomini, chiamandoli uno ad uno.
7 Crisostomo: parlate di eserciti barbari? Ma guardate le schiere del cielo!
Basilio: il Signore con noi è l’Emmanuele.
Agostino: se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? (Romani 8,31).
Rufino: il Signore delle schiere è con noi: l’incarnazione.
Teodoreto: Giacobbe è qui menzionato a motivo della profezia: fino a che venga colui che deve dire… L’attesa delle genti (Genesi 49,10).
Agostino: fatti piccolo, simile a uno che i genitori possono sollevare e prendere tra le braccia; ma Dio, ti prende solo come fa una madre? No, ti prende per l’eternità.
8 Gerolamo: il Cristo invita la Chiesa alla fede.
Rufino: la Chiesa chiama e dice: andiamo, dimentichiamo ciò che è dietro a noi e cerchiamo di vedere i suoi segni con gli occhi del cuore. Quali segni? Di due popoli, ne ha fatto uno solo.
10 Origene: è necessario avere del tempo per conoscere il Signore: quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte. Alzare le proprie mani vuol dire indirizzare a Dio tutte le nostre azioni. Se volete vincere, sollevate le vostre mani, le vostre azioni verso Dio e come dice l’Apostolo: pregate senza stancarvi mai. La vostra vita sia veramente in cielo.
Eusebio: il demonio non può sopportare il tempo della contemplazione. A Mosè che chiede di poter andare ad adorare il Dio nel deserto, il faraone risponde: fannulloni! E ordina che venga raddoppiato il lavoro agli israeliti.
Atanasio: non si può conoscere Dio senza rigettare le preoccupazioni terrestri.
Crisostomo: i miracoli di Dio non bastano per conoscerlo: occorre anche un animo filiale e riconoscente; così il sole non basta per vedere se l’occhio non è puro.
Basilio: per conoscere Dio, bisogna distogliersi da ciò che non è lui.
Ambrogio: lasciate le occupazioni terrene, preoccupatevi di conoscere Dio.
Rufino: state fermi e sappiate che io sono Dio: riposatevi dalle cose terrene e allontanate il tumulto dalle vostre anime. È per Dio che bisogna fermarsi; la negligenza può farci fermare per il diavolo e non per Dio. I demoni irridono dei nostri sabati quando vedono che ci occupiamo di cose vane.
10 Basilio: qui il Signore parla chiaramente della sua passione: quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me (Giovanni 12,32).
11 Crisostomo: Dio è sempre con noi.
Basilio: se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? (Romani 8,31).
Ambrogio: ecco che io sono con voi… Fino alla fine del mondo: è l’Emmanuele.