16 - Salmi 121 -135

Salmi numero e pagina

Salmo 121      pag 2

Salmo 122      pag 14

Salmo 123      pag 21

Salmo 124      pag 28

Salmo 125      pag 35

Salmo 126      pag 44

Salmo 127      pag 54

Salmo 128      pag 63

Salmo 129      pag 72

Salmo 130      pag 84

Salmo 131      pag 88

Salmo 132      pag 112

Salmo 133      pag 120

Salmo 134      pag 125

Salmo 135      pag 142

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 121

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Ho gioito per le cose

che mi sono state dette:

Andremo alla casa del Signore.

2 Stavano i nostri piedi

nei tuoi atri Gerusalemme,

3 Gerusalemme che è costruita

come città di cui si partecipa tutti insieme.

4 Là sono salite le tribù, le tribù

del Signore come testimonianza

per Israele, per confessare il nome del Signore.

5 Perché là  sono stati posti  i

troni per il giudizio, i troni sulla casa di Davide.

6 Chiedete le cose che sono per la

pace di Gerusalemme e sia

prosperità per quelli che ti amano.

7 Sia fatta la pace nella tua potenza

e prosperità nelle tue torri;

8 per i miei fratelli e i miei

vicini  auguravo la pace su di te.

9 Per la casa del Signore nostro

Dio ho cercato per te il bene.

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Ho gioito per le cose

che mi sono state dette:

Andremo alla casa del Signore.

Il motivo della grande gioia che dimostravano gli ebrei è di un importante insegnamento. Reca stupore che il popolo, schiavo da così gran tempo in un paese remoto, non si rallegra di ritornare alla propria patria per rientrare in possesso della propria eredità, ma per rivedere Gerusalemme e andare nella casa del Signore. Tale fu, dice San Giovanni Crisostomo, il frutto della loro schiavitù. Le stesse persone che avevano prima dimostrato una così grande indifferenza per il Signore fino ad abbandonarsi alla idolatria, sono finalmente diventate sagge per la privazione delle cose sante e non hanno più desiderio se non per la città di Gerusalemme e per la casa del Signore. Quelli che sono pieni dell’amore delle cose del cielo, dice Sant’Ilario, non troveranno oscurità in questo salmo, ma entreranno facilmente, per quello che sentono in se stessi, nella intelligenza del senso del profeta. Ricordandosi essi di essere chiamati nella Scrittura gli eredi di beni eterni e di dover essere un giorno annoverati fra gli abitanti della città celeste fabbricata di pietre viventi, non possono fare a meno di esclamare con quel popolo: io mi sono rallegrato perché mi è stato detto e annunciato dai profeti, da Gesù Cristo e dagli apostoli che noi andremo nella casa del Signore. Questa è la casa  di cui quella di Gerusalemme non era che un’immagine; verso lei dobbiamo sospirare. Guai a coloro che avendo il cuore pieno dell’amore dei beni presenti non possono innalzare i loro desideri fino alla celeste Gerusalemme.

2 Stavano i nostri piedi

nei tuoi atri Gerusalemme,

Il ricordo del tempo antico era una ragione per raddoppiare la gioia di quel popolo, il quale voleva ritornare in quella città così bella al cui ingresso si fermavano gli stranieri per contemplarne la bellezza. Non possiamo noi dire parimenti che prima della caduta di Adamo i nostri piedi erano come sull’ingresso della Gerusalemme celeste per quello stato di innocenza in cui eravamo stati creati e che era in certo modo la porta e l’ingresso della gloria? Come dunque la memoria della grande passata beatitudine , deve in noi risvegliare una santa gioia allorché ci viene annunciato da Dio medesimo  per bocca dei suoi profeti che noi saremo ristabiliti nello stesso luogo dal quale ci aveva esclusi la divina giustizia e che non rimarremo soltanto nell’ingresso ma che saremo introdotti fino alla casa del Signore!

3 Gerusalemme che è costruita

come città di cui si partecipa tutti insieme.

Essendo Gerusalemme stata distrutta da Nabuccodonosor non era più una città. Ma quando Ciro e Dario, re dei persiani ebbero ordinato che fosse ricostruita, concedendo agli ebrei schiavi la libertà di ritornare al loro paese nativo, si vide allora la ricostruzione di Gerusalemme con la perfetta unione di tutti quelli che l’abitarono. È questa una eccellente figura dell’edificio spirituale della Chiesa che comincia ad essere costruito sulla terra e che non sarà consumato se non in cielo. Tutta la sua bellezza consiste nella unione delle sue parti e nella unità di cuore e di sentimento che si ammiravano in tutti i fedeli della Chiesa nascente, di cui ci dice la Scrittura che  avevano un cuore solo ed un’anima sola. Tutti quelli che si separano dalla Santa società dei fedeli e dal sacro corpo della Chiesa non hanno parte con la casa di Dio poiché tutte le sue parti sono strettamente unite fra esse con la carità e con l’ unione in uno stesso spirito.

4 Là sono salite le tribù, le tribù

del Signore come testimonianza

per Israele, per confessare il nome del Signore.

Questo versetto deve riferirsi a ciò che ha detto prima: che i loro piedi erano fermi all’ingresso di Gerusalemme, poiché qui egli aggiunge, tutti gli uomini delle varie tribù venivano ogni anno in folla a rendere i loro omaggi al Dio di Israele, a celebrare le lodi del suo nome e della sua potenza, a ringraziarlo di tutti i suoi benefici. Si univano insieme più strettamente tutte le tribù in una stessa religione per figurare fin da allora l’unità della Chiesa di Gesù Cristo, di cui Gerusalemme era  un’immagine.

6 Chiedete le cose che sono per la

pace di Gerusalemme e sia

prosperità per quelli che ti amano.

7 Sia fatta la pace nella tua potenza

e prosperità nelle tue torri;

Dio aveva già accordato la pace alla città di Gerusalemme, allorché i re Ciro e Dario ordinarono che si ricostruisse la città ed il tempio e che andassero liberi gli schiavi. Il Signore voleva tuttavia che il popolo gli chiedesse questa pace, come donata per le sue preghiere, benché fosse un effetto della sua infinita misericordia. I Giudei dovevano pregare per ottenere una pace perfetta per superare gli ostacoli posti dai loro nemici. La preghiera degli antichi giudei è un’immagine di quella dei nuovi israeliti. Quand’anche noi fossimo pure certi di godere la pace che viene dalla carità, non saremmo però meno obbligati a chiederla sempre. Dio vuole che noi lo preghiamo in continuazione per manifestare la nostra umile sottomissione. Ben lontani dall’avere la sicurezza di cui parliamo, siamo continuamente assaliti da vari nemici che vogliono impedirci di fabbricare dentro di noi il tempio di Dio. Questo ci costringe a una continua preghiera. Il bene, o abbondanza, di cui qui si parla non è che per quelli che amano sinceramente Gerusalemme. Poche persone hanno il vero amore per Gerusalemme e operano per la sua divina costruzione, senza temere i mali che devono sopportare e i pericoli che accompagnano un tale edificio. La loro pace non crescerà se non con la fortezza che avranno nel combattere: nelle loro torri troveranno l’abbondanza.

8 per i miei fratelli e i miei

vicini  auguravo la pace su di te.

9 Per la casa del Signore nostro

Dio ho cercato per te il bene.

Desidero la pace per te o Gerusalemme, perché il culto del vero Dio sia diffuso per ogni dove. Sappiano i Giudei miei fratelli, che sono rimpatriati per la gloria del loro Dio e si guardino dal peccare di nuovo se non vogliono provare ancora una volta simili castighi.

 

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Ho gioito per le cose

che mi sono state dette:

Andremo alla casa del Signore.

Andremo nella casa del Signore! Ebbene, corriamo! Corriamo perché andremo nella casa del Signore. Corriamo perché tal corsa non stanca; [corriamo] perché arriveremo a una meta dove non esiste stanchezza. Corriamo alla casa del Signore, e la nostra anima gioisca per coloro che ci ripetono queste parole. Coloro che ce le riferiscono han visto prima di noi la patria e, da lontano, a noi che li seguiamo, gridano: Andremo nella casa del Signore. Camminate, correte! L'han vista gli Apostoli e ci han detto: Correte, spicciatevi, veniteci appresso! Andremo nella casa del Signore. E ciascuno di noi cosa dice? Mi son rallegrato per coloro che mi dicevano: Andremo nella casa del Signore. Mi son rallegrato per la compagnia dei Profeti e degli Apostoli. Tutti costoro infatti ci hanno detto che andremo nella casa del Signore.

2 Stavano i nostri piedi

nei tuoi atri Gerusalemme,

I nostri piedi stavano negli atri di Gerusalemme. Se cercavi cosa fosse la casa del Signore, eccotelo spiegato. In quella casa, la casa appunto del Signore, si loda il costruttore della casa stessa, il padrone di casa è la gioia di tutti coloro che vi abitano: egli, che quaggiù è l'unica [nostra] speranza, lassù [sarà] la nostra reale felicità. Pertanto, quelli che corrono a che cosa debbono pensare? D'essere in certo qual modo lassù e d'esserci stabilmente. Gran cosa essere stabilmente in quella casa, in compagnia degli angeli, e mai perderne il posto!... Non è possibile che pensi alla Gerusalemme terrena colui che ama con tanto ardore. Egli vuol senz'altro giungere all'altra Gerusalemme, quella che è la nostra madre  e che l'Apostolo definisce come eterna nei cieli .

3 Gerusalemme che è costruita

come città di cui si partecipa tutti insieme.

Se non vuoi credere a me, ascolta come continui il salmo e qual Gerusalemme voglia rappresentare alle nostre menti. Egli aveva detto: I nostri piedi stavano negli atri di Gerusalemme. Come se qualcuno gli avesse chiesto: A qual Gerusalemme ti riferisci? di quale Gerusalemme parli?, egli soggiunge immediatamente: Gerusalemme è edificata in forma di città. Fratelli, quando David pronunciava queste parole la città di Gerusalemme era completamente costruita, non la si stava costruendo. Si riferiva quindi a un'altra non so quale città che viene costruita ai nostri giorni, a una città verso la quale mediante la fede corrono le pietre vive, della quale dice l'apostolo Pietro: E anche voi, come altrettante pietre viventi, siete insieme costruiti per formare una casa spirituale, cioè il tempio santo di Dio. Che significa: Voi siete insieme costruiti come pietre viventi? Per vivere, ti è necessario credere; credendo diventi tempio di Dio, nel senso inteso dall'apostolo Paolo quando dice: Santo è il tempio di Dio, e questo siete voi . È dunque una città che adesso viene costruita: adesso vengono staccate dai monti le pietre ad opera di coloro che annunziano la verità, adesso le si squadra perché entrino a far parte dell'edificio eterno.

4 Là sono salite le tribù, le tribù

del Signore come testimonianza

per Israele, per confessare il nome del Signore.

Là infatti ascesero le tribù. Ci stavamo infatti proprio domandando dove salisse colui che era caduto, poiché la voce [che udiamo] è - come si diceva - voce di uno che sta salendo, è la voce della Chiesa in atto di ascendere. Ebbene, dove crediamo che ascenda? dove va? dove si innalza? Dice: Là ascesero le tribù. Dove ascesero le tribù? Nella città la cui partecipazione è nell'Assoluto. È là che si ascende: in Gerusalemme… Dodici erano le tribù del popolo d'Israele, e in quelle tribù c'erano persone cattive e persone buone. Quanto cattive non furono infatti quelle tribù che crocifissero il Signore, e quanto buone quelle che lo riconobbero! Certamente le tribù che crocifissero il Signore sono tribù del diavolo; per cui, dicendo in quel luogo il salmo che là ascesero le tribù, affinché tu non riferissi le sue parole a tutte quante le tribù, soggiunse: Le tribù del Signore. Che significa: Le tribù del Signore? Le tribù che riconobbero il Signore. Difatti, dalle dodici tribù di per sé cattive vennero fuori degli individui buoni, nati da tribù buone, che riconobbero il Costruttore della città [superna]: erano i grani [del buon frumento] che, nati in seno a quelle tribù, rimasero frammisti alla paglia. [Quando fu l'ora di ascendere], ascesero non insieme alla paglia ma purificate, selezionate, come tribù del Signore.

5 Perché là hanno sono stati posti  i

troni per il giudizio, i troni sulla casa di Davide.

Poiché ivi si posero i seggi per il giudizio? Senza dubbio vi risuonano frequenti all'orecchio le parole dette da Dio: Il cielo mi fa da trono, la terra è lo sgabello dei miei piedi. In latino la frase è resa così: Il cielo mi fa da seggio . E chi sono tali persone, se non i giusti? Chi sono i cieli, se non giusti? Essi sono insieme il cielo e i cieli: la stessa cosa è l'unica Chiesa e le varie chiese. Come la Chiesa è molteplice pur restando una, così i giusti. Essi sono il cielo e insieme i cieli. In questi cieli siede e giudica Dio. Se  seggio di Dio è il cielo e gli Apostoli sono il cielo, sono gli stessi Apostoli che costituiscono il seggio di Dio e il suo trono. Si dice in un altro passo [scritturale]: L'anima del giusto è il trono della sapienza . Grande, grandissima affermazione questa: Trono della sapienza [è] l'anima del giusto. E significa: Nell'anima del giusto risiede la sapienza come nel suo proprio seggio, nel suo proprio trono, e da lì giudica ogni cosa che giudica. Costoro dunque erano i troni della sapienza e per questo diceva loro il Signore: Sederete su dodici troni per giudicare le dodici tribù d'Israele . In tal modo le stesse persone sederanno su dodici seggi, mentre sono già seggi di Dio. Di loro infatti era stato detto: Là si sedettero i seggi.

6 Chiedete le cose che sono per la

pace di Gerusalemme e sia

prosperità per quelli che ti amano.

Chiedete le cose che contribuiscono alla pace di Gerusalemme. Voi, seggi che ormai siete seduti in giudizio e siete divenuti trono del Signore che giudica, chiedete - dice - quali cose contribuiscano alla pace di Gerusalemme. Tocca infatti a chi giudica interrogare, mentre chi è giudicato deve rispondere alle interrogazioni. Ebbene, ponendosi a interrogare cosa trovano? Che alcuni hanno esercitato la misericordia, altri no; e quindi alla Gerusalemme chiameranno [solo] coloro che constateranno aver esercitato la misericordia, poiché le opere di misericordia contribuiscono alla pace di Gerusalemme.

7 Sia fatta la pace nella tua potenza

e prosperità nelle tue torri;

Si faccia la pace mediante il tuo vigore. O Gerusalemme, o città costruita in forma di città, la cui partecipazione è nell'Assoluto, si faccia la pace mediante il tuo vigore! Si faccia la pace mediante il tuo amore, poiché la tua forza è il tuo amore. Ascolta il Cantico dei Cantici: L'amore è forte come la morte . Grande affermazione, fratelli! L'amore è forte come la morte. Ma non si sarebbe potuto descrivere in maniera più efficace quanto grande sia la forza dell'amore, che ricorrendo all'espressione: L'amore è forte come la morte? O c'è forse qualcuno, fratelli, che possa opporre resistenza alla morte? Si resiste al fuoco, alle inondazioni, al ferro; si resiste alle autorità e magari ai re; arriva la morte: è sola, ma chi può resisterle? Non c'è nulla più forte di lei.

8 per i miei fratelli e i miei

vicini  auguravo la pace su di te.

Non è senza motivo che  il salmista, parlando della carità, dice: Per amore dei miei fratelli e dei miei vicini io parlavo della pace [che viene] da te. O Gerusalemme, città la cui partecipazione [è] nell'Assoluto, in questa vita e in questa terra io, povero e pellegrino, vado gemendo poiché non godo ancora della tua pace; tuttavia voglio farmi araldo della tua pace e predicarla [a tutti]. Io  - dice il salmo - parlavo della pace [che viene] da te. Ma con quali mire? Per amore dei miei fratelli e dei miei vicini. Non in vista del mio onore e della mia ricchezza, e nemmeno per amore della mia vita. Difatti, per me vivere è Cristo e il morire un vantaggio. Se parlavo della pace [che viene] da te, [era] per amore dei miei fratelli e dei miei vicini.

9 Per la casa del Signore nostro

Dio ho cercato per te il bene.

Per amore della casa del Signore mio Dio io ho chiesto per te i beni. Non te li ho chiesti per avvantaggiarmene io stesso. In tal caso infatti non li avrei chiesti per te ma per me, con la conseguenza che, non avendoli chiesti per te, non li avrei avuti per niente. Te li ho chiesti, invece, per la casa del Signore mio Dio, cioè per la Chiesa, per i santi, per i pellegrini, per i bisognosi, affinché possano ascendere secondo quel che loro diciamo: Andremo alla casa del Signore. Proprio per amore di questa casa del Signore mio Dio io ho chiesto per te i beni.

Dai Padri

Crisostomo: i giudei, purificati dalla prigionia, cantano questo salmo. Hanno fame e sete del Verbo di Dio.

Eusebio: i padri che ritornano dall’esilio descrivono Gerusalemme ai loro figli.

Ilario: chi è tutto preso dal desiderio del cielo, non vede alcuna oscurità in questo salmo: è il suo stesso sentimento che gli dà intelligenza di questa magnifica profezia, perché egli si ricorda di essere coerede e compartecipe dei beni eterni, che la risurrezione lo renderà simile agli angeli, che sarà reso conforme alla gloria del corpo di Gesù Cristo e diverrà cittadino della città di pietre vive di cui è scritto: non giurate per Gerusalemme, che è la città del grande re (Matteo 5,35). Non si tratta della città che uccide i profeti, ma di quella di cui Paolo dice: siete concittadini dei santi… Edificio eretto sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendone pietra angolare lo stesso Gesù Cristo (Efesini 2,19). Città annunciata da angeli e profeti, che è stata data come modello dal Signore e di cui hanno parlato gli apostoli. Nell’ apprendere che tutti questi beni sono accessibili a noi, per la fede, ognuno esclamerà: ho gioito quando mi hanno detto

Girolamo: mi hanno detto: la legge e i profeti.

2 Atanasio: gli anziani si ricordano del tempo passato in cui andavano alla casa di Dio.

3 Atanasio: la città non è disseminata ma forma un tutt’uno.

Cassiodoro: Gerusalemme è costruita di pietre vive e ha in sé cittadini unanimi; sulla terra contiene genti di ogni sorta ma la Gerusalemme celeste accoglie solo i perfetti. La Gerusalemme terrestre è perseguitata, l’altra gioisce di una pace senza fine; l’una è piena di uomini che piangono, l’altra non conosce le lacrime. L’una crede e spera, l’altra vede Dio faccia a faccia: sono come due città, ma non ci sarà che un solo popolo.

Ilario: l’edificio terreno prefigura la Gerusalemme celeste, costruita come città. Il verbo è al presente: la città si costruisce fino a che non sia entrata la totalità dei gentili (Romani 11,25). Non è un amalgama informe ma una unità per mezzo della fede, una unione per mezzo della carità, una concordia per mezzo della volontà. La partecipazione infatti a questa città è nell’idipsum. È impossibile avervi parte nella dispersione, ma solo nell’unità.

3 Crisostomo: non c’è deserto in essa: è tutta compatta, perfetta e molto popolata: hai in sé l’assemblea dei popoli.

Ilario: anche noi facciamo parte delle tribù del Signore: la parola del Signore è uscita da Gerusalemme ed è giunta fino alle genti.

Eusebio: il luogo del raduno fu chiamato testimonianza perché era il segno più manifesto della provvidenza di Dio. Vi si leggeva la legge, vi si raccontavano le meraviglie di un tempo e così si rinnovava la carità reciproca tra il popolo.

4 Origene: tutte le tribù che Dio ha fatto uscire dall’Egitto si recano a Gerusalemme per rendere testimonianza al Dio di Israele e per un rendimento di grazie. Il profeta parla delle tribù che cammineranno verso la virtù e la conoscenza di Dio. Tutte le tribù sono divenute partecipi della virtù e della scienza, e la promessa si è realizzata. Dio ha comandato di pregare, di celebrare feste e di immolare sacrifici a Gerusalemme: è questo che egli chiama testimonianza. Questo raduno a Gerusalemme era, infatti, il momento più importante per far conoscere la legge, la Scrittura, la storia dei patriarchi e per riunire una comunità nella carità.

5 Origene questo è rivolto agli ascoltatori: quando saprete cosa è Gerusalemme pregate per la sua pace. Abbiamo detto molte volte che Gerusalemme si traduce con “visione di pace”. Se dunque Gerusalemme si costruisce nel nostro cuore, cioè se una visione di pace prende dimora in noi, se contempliamo e custodiamo sempre nel nostro cuore il Cristo che è la nostra pace, se  dimoriamo in questa visione di pace, allora potremo dire che siamo in Gerusalemme.

Origene: la torre è l’anima contemplativa. La prosperità sono i beni corporali.

Ilario la pace e la forza di questa casa sono un’unica cosa, affinché vi si partecipi nell’unità.

Ilario: chiede i beni promessi, per la casa di Dio. La città, formata da fratelli e vicini, si affretta per essere tutta di Dio; e da città del Signore diviene casa di Dio: voi siete il tempio di Dio ( 1 Corinzi 3,6).

Girolamo: per amore della casa… Perché tutta la città si trasferisca nella dimora di colui che ha detto: Padre, voglio che dove sono io, siano con me anche coloro che mi hai dato (Giovanni 17,24).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 122

( Cantico delle ascensioni )

1 A te ho levato i miei occhi

a te che abiti nel cielo.

2 Ecco, come gli occhi dei servi

alle mani dei loro padroni

come gli occhi della serva

alle mani della sua padrona, così

i nostri occhi verso il Signore nostro

Dio, finchè abbia pietà di noi.

3 Pietà di noi, Signore, pietà di noi,

perché molto siamo stati colmati di disprezzo.

4 Perché molto è stata colmata l’anima nostra,

obbrobrio da parte di quelli che

hanno in abbondanza e disprezzo

da parte degli orgogliosi.

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 A te ho levato i miei occhi

a te che abiti nel cielo.

2 Ecco, come gli occhi dei servi

alle mani dei loro padroni

come gli occhi della serva

alle mani della sua padrona, così

i nostri occhi verso il Signore nostro

Dio, finchè abbia pietà di noi.

3 Pietà di noi, Signore, pietà di noi,

perché molto siamo stati colmati di disprezzo.

Riconosco, o mio Dio, che sulla terra non troverò aiuto nella tribolazione in cui sono ridotto. Per questo, togliendo gli occhi miei dalla terra, li tengo sempre alzati a te, che, sebbene presente dappertutto con l’immensità del tuo essere, vuoi nondimeno che noi ti contempliamo innanzitutto in cielo, affinché i nostri cuori tendano di continuo lassù coi santi loro desideri e si distacchino sempre più dai beni terreni. Sapendo noi, o Signore, che la tua mano onnipotente ci percuote e ci piaga per sanarci, non accusiamo gli uomini di tutto il male che  soffriamo come pure da loro non ci aspettiamo la fine degli stessi mali. Ma ci comportiamo verso di te come i buoni servi verso i loro padroni e le buone ancelle verso la loro signora. Come essi hanno gli occhi attenti alla mano di quelli sia per essere corretti sia per ricevere alcuna grazia, parimenti noi non distogliamo  mai i nostri sguardi da colui che o ci castiga o ci promette la sua misericordia. Noi gli siamo fedeli in ogni cosa, finché egli degna di farci sentire gli effetti della sua clemenza. Giovanni Crisostomo attribuisce queste parole ai Giudei che erano nel paese di Babilonia. Costoro vivevano prima quasi senza religione e senza giogo, confidavano orgogliosamente nella fortezza delle loro mura, nelle loro ricchezze e nel soccorso dei loro alleati. Ma dopo che la giustizia del loro Dio li ebbe spogliati di tutto lo splendore che fino ad allora li aveva accecati, cominciarono ad alzare gli occhi al cielo, a guardare a Dio come al loro Signore e a sottomettersi a lui come fanno i servi a loro padrone.

4 Perché molto è stata colmata l’anima nostra,

obbrobrio da parte di quelli che

hanno in abbondanza e disprezzo

da parte degli orgogliosi.

Se vogliamo con Giovanni Crisostomo, secondo il senso letterale, intendere questi due versetti riferiti ai Giudei schiavi fra i barbari, è facile comprendere come i superbi e quelli che vivevano nell’abbondanza  avessero per loro un sommo disprezzo. Gli assiri che erano popoli  assai orgogliosi e assai ricchi, avendoli ridotti in schiavitù, li trattavano come gli ultimi degli uomini. Questo feriva oltremodo quelli che si erano sempre gloriati di essere un popolo libero e il solo popolo di tutta la terra che fosse il popolo di Dio. E ciò nonostante per un effetto di misericordia aveva egli permesso che fossero caduti in uno stato così miserevole, per obbligarli non solo ad alzare gli occhi al cielo e a riconoscere che tali castighi venivano a loro dalla mano di Dio, ma inoltre ad implorare la sua clemenza sia per l’estrema confusione in cui si trovavano sia per l’orgoglio dei loro nemici che li calpestavano.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

1 A te ho levato i miei occhi

a te che abiti nel cielo.

Proceda dunque il nostro cantore nelle sue ascensioni, ma che egli canti col cuore di ciascuno di voi, anzi che ciascuno di voi sia quel cantore. Difatti, pur pronunciando ciascuno le sue parole, siccome tutti insieme voi formate in Cristo una sola entità, una sola è la persona che parla, e quindi non dice: A te, Signore, abbiamo elevato i nostri occhi, ma: A te, Signore, ho elevato i miei occhi. Pensate pure che a parlare sia ciascuno di voi, ma chi parla è soprattutto quell'unico [corpo] che è diffuso per tutta la terra. Parla quell'unico che altrove dice: Dai confini della terra ho gridato a te quand'era angustiato il mio cuore. Chi mai può gridare dalle [varie] estremità della terra? O qual è quell'uomo che si espanda fino a toccare [tutte] le estremità della terra? Un uomo singolo può gridare dal paese dove si trova, ma potrà forse farlo dalle varie estremità della terra? C'è però l'eredità di Cristo, della quale fu detto: Ti darò in eredità le genti e qual tuo possesso i confini della terra ; ed è proprio questa eredità che gridando dice: Dai confini della terra ho gridato a te quand'era angustiato il mio cuore.

2 Ecco, come gli occhi dei servi

alle mani dei loro padroni

come gli occhi della serva

alle mani della sua padrona, così

i nostri occhi verso il Signore nostro

Dio, finchè abbia pietà di noi.

Sebbene per la grazia siamo diventati figli, tuttavia per essere creature siamo servi. Infatti tutto il creato è al servizio di Dio. In tale atteggiamento diciamo: Come gli occhi dei servi [son fissi] alle mani dei loro padroni, come gli occhi dell'ancella alla mano della sua signora, così gli occhi nostri al Signore Iddio nostro, finché abbia pietà di noi… Espone anche la causa per la quale, come i servi hanno gli occhi rivolti alle mani del loro padrone e le serve alle mani della loro padrona, così - dice - anche i nostri occhi [son rivolti] al Signore Dio nostro. E come se gli avessi chiesto: Ma perché?, soggiunge: Finché egli non abbia avuto pietà di noi. Come dovranno concepirsi, o fratelli, questi servi che hanno gli occhi rivolti alle mani dei loro padroni e queste serve che hanno gli occhi rivolti alle mani della loro padrona, finché questa padrona non abbia avuto pietà di loro? Chi sono questi servi e queste serve che tengono in tal modo gli occhi rivolti alle mani dei loro padroni, se non coloro che vengono fatti fustigare? I nostri occhi al Signore Dio nostro finché non abbia avuto pietà di noi. Son quindi, e gli uni e le altre, in tale atteggiamento finché non si sia impietosito di loro il padrone o la padrona… Immagina che un padrone abbia ordinato la fustigazione di un servo. Il servo incassa i colpi e mentre soffre per le battiture guarda alle mani del suo padrone finché non dica [all'esecutore]: " Basta così ". Per " mano " infatti dobbiamo intendere l'autorità. E allora cosa diremo, fratelli? Nostro Signore ha comandato che noi fossimo flagellati, e così ha comandato quella nostra padrona che è la Sapienza di Dio; e noi durante la vita presente siamo sotto i suoi colpi, e nostra piaga è tutt'intera la presente vita mortale.

3 Pietà di noi, Signore, pietà di noi,

perché molto siamo stati colmati di disprezzo.

Ascoltiamo la voce di questo percosso, e facciamo in modo che tali accenti siano anche i nostri: e ciò anche quando le cose procedono bene. Chi infatti non s'accorge d'essere sotto i colpi del flagello quando è malato o carcerato o incatenato, o quando lo assalgono i banditi? Certamente, quando i malvagi lo opprimono egli s'accorge d'essere flagellato. È invece segno di sentimento penetrante accorgersi d'essere sotto la sferza anche quando tutto va bene. Non dice infatti la Scrittura, nel libro di Giobbe, che la vita umana è piena di tentazioni; ma si chiede: Forse che la vita dell'uomo sulla terra non è di per sé una tentazione? La stessa vita, tutta intera, è detta tentazione. Per cui tutta la tua vita sulla terra costituisce la tua molteplice piaga, e tu finché vivi sopra la terra avrai da piangere. Sia che viva nella prosperità sia che ti trovi in qualche tribolazione, hai da gridare: Ho elevato i miei occhi a te che abiti nel cielo . Volgiti dunque alle mani del Signore, che ha ordinato ti si percuotesse e al quale in un altro salmo dici: Tu hai emendato l'uomo a motivo della [sua] iniquità e hai fatto logorare la mia anima come ragno . Rivolto alle mani di chi ti colpisce grida e di': Pietà di noi, Signore! pietà di noi! Non sono forse grida d'un fustigato queste: Pietà di noi, Signore! pietà di noi?

4 Perché molto è stata colmata l’anima nostra,

obbrobrio da parte di quelli che

hanno in abbondanza e disprezzo

da parte degli orgogliosi.

Oltremodo è ripiena l'anima nostra: [ripiena di] obbrobrio da parte di coloro che sono nell'abbondanza e [di] disprezzo da parte dei superbi. Cercavamo chi fossero gli uomini che sono nell'abbondanza. Te l'espone dicendo: I superbi. L'obbrobrio è lo stesso che disprezzo; coloro che sono nell'abbondanza è lo stesso che i superbi. È la ripetizione d'uno stesso concetto: obbrobrio da parte di coloro che sono nell'abbondanza e disprezzo da parte dei superbi. Perché si trovano nell'abbondanza i superbi? Perché aspirano a una felicità di questo mondo… E se diventano miseri, forse che sono ancora nell'abbondanza?"   Ci beffeggiano quando sono nella prosperità, quando possono pavoneggiarsi delle loro ricchezze e dei loro onori vacui e falsi. È allora che ci scherniscono, dicendoci: " Eccomi qua! Io sto benone, godendomi le cose che ho a portata di mano. Via da me quanti mi promettono cose che non possono farmi toccare! Io mi tengo stretto al concreto; io voglio godermi quel che è visibile. Mi arrida la fortuna finché dura la vita presente! ". Rimani fermo [o cristiano]! Cristo è risorto…

Dai Padri

Origene: Dio abita nel cielo corporeo con la sua sapienza, come  creatore; abita nei cieli spirituali come giustizia, con la conoscenza e la scienza.

Girolamo: vi è un progresso. Al  quarto salmo graduale, il pellegrino alza gli occhi verso il Signore stesso.

Cassiodoro: osa alzare gli occhi verso il Signore stesso, ora che egli è membro del Cristo.

2 Origene: teniamo gli occhi rivolti verso le mani del Signore per cogliere il momento in cui ci dirà di compiere l’opera; e speriamo che le sue mani ci porgano il cibo, al suo banchetto. Noi non fissiamo un termine a questa speranza.

Crisostomo: osservate come è forte questa pietà: non è da poco tempo che sono là a sperare. Speriamo da molto tempo e sospirando. Lo schiavo non spera niente da nessuno tranne che dal suo padrone.

Ruperto: è un salmo che rivela una grande umiltà: il profeta è attento al più piccolo segno, a un cenno.

Teodoreto: non fissiamo limiti alla nostra speranza

Ilario: donec: in questo caso vuol dire finché: anche se il Signore tarda.

3 Atanasio: gli schiavi sanno che i padroni hanno diritto di vita e di morte; anche noi aspettiamo che Dio ci doni la vita o ci punisca per i nostri peccati.

Ilario: dice due volte pietà, esprimendo così che è tutto proteso verso Dio.

Ilario conosce le due lezioni: cita Lazzaro esposto al disprezzo del ricco malvagio, ma propone anche: despectio superbis. Questa è forse il rovescio della beatitudine di coloro che piangono: guai a voi che ora ridete, perché piangerete (Luca 6,25).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 123

( cantico delle ascensioni di Davide)

1 Se il Signore non fosse stato in

mezzo a noi, lo dica ora Israele.

2 Se il Signore non fosse stato con

noi quando insorsero gli uomini contro di noi,

3 forse ci avrebbero inghiottiti

vivi, quando divampò il loro

furore contro di noi.

4 Forse l’acqua ci avrebbe sommersi.

5 L’anima nostra ha attraversato

un torrente. Forse l’anima nostra

sarebbe passata in un’acqua travolgente?

6 Benedetto il Signore

che non ci ha dato in preda ai loro denti.

7 L’anima nostra come un passero

è stata strappata dal laccio dei

cacciatori, il laccio è stato spezzato

e noi siamo stati liberati.

8 Il nostro aiuto è nel nome del

Signore che ha fatto il cielo e la terra.

 

Da Sacy

( cantico delle ascensioni di Davide)

1 Se il Signore non fosse stato in

mezzo a noi, lo dica ora Israele.

2 Se il Signore non fosse stato con

noi quando insorsero gli uomini contro di noi,

3 forse ci avrebbero inghiottiti

vivi, quando divampò il loro

furore contro di noi.

Esclama Giovanni Crisostomo: è dunque per noi motivo di meraviglia e di profonda riconoscenza considerare il furore dei nemici della nostra salute e il bisogno che abbiamo della grazia del nostro Dio. Essendo così deboli da noi stessi ed avendo a che fare con nemici così infuriati dobbiamo temere, se Dio non è presente con noi, di essere divorati vivi da colui che viene chiamato un leone dalla Scrittura e di cui ci dice che esso ruggisce e continuamente si aggira intorno a noi. Questo inno di rendimento di grazie conviene innanzitutto ai martiri e ai santi che sono in cielo, dopo che la grazia di Gesù Cristo li ha liberati dalla violenza dei persecutori e dalla corruzione del secolo presente, dal momento che possono essere considerati con certezza come salvati dal furore dei loro nemici.

4 Forse l’acqua ci avrebbe sommersi.

5 L’anima nostra ha attraversato

un torrente. Forse l’anima nostra

sarebbe passata in un’acqua travolgente?

La nostra anima ha passato il torrente: essa avrebbe dovuto passare per un acqua invalicabile. Il torrente  significa  le grandi tribolazioni e le persecuzioni per cui erano passati gli Ebrei. Essi non si meravigliavano come la loro anima avesse potuto passare un torrente così profondo e furioso, ma aggiungono al tempo stesso di averlo valicato con l’aiuto del Signore. Se egli non fosse stato presente con loro, cosa che si deve qui sottintendere, sarebbero stati obbligati a passare in un acqua travolgente né avrebbero potuto uscirne. Tale è il senso che sembra in questo luogo più naturale.

6 Benedetto il Signore

che non ci ha dato in preda ai loro denti.

7 L’anima nostra come un passero

è stata strappata dal laccio dei

cacciatori, il laccio è stato spezzato

e noi siamo stati liberati.

Si serve il profeta di due metafore diverse per esprimere il furore dei suoi nemici e la maniera con cui a Dio era piaciuto  salvare il suo popolo dalle loro mani. Egli  paragona questi ultimi a bestie feroci che si preparavano a divorarlo e a cacciatori che cercavano di catturare uccelli nelle loro reti. Considerandosi dunque ora come una pecora esposta alla rabbia dei leoni o dei lupi e come un uccello a cui una schiera numerosa di cacciatori tende lacci per prenderlo, ringrazia e benedice Dio perché non lo ha dato in preda per essere sbranato dai denti delle bestie furiose e perché mediante la sua assistenza sono stati spezzati i lacci dei cacciatori. Tutto questo mondo è pieno di lacci che il demonio tende alle anime per la loro perdizione , come già vide Sant’Antonio in una rivelazione riferita da San Atanasio. Tali lacci sono come tele di ragno per quelli che non si appoggiano alla propria prudenza ma a quella di Dio. Tuttavia dobbiamo temerli finché siamo rivestiti di un corpo mortale, poiché non saranno totalmente spezzati se non quando l’anima sarà sciolta dai vincoli di questa carne corruttibile.

8 Il nostro aiuto è nel nome del

Signore che ha fatto il cielo e la terra.

Colui che ha prodotto con una parola tutto l’universo ci promette il suo aiuto contro tutti i nostri nemici. Il suo adorabile nome, innanzi a cui tutte le ginocchia si chinano in cielo in terra e nell’inferno è il divino scudo dal quale siamo protetti. Se cerchiamo un altro appoggio non potremo salvarci né dai lacci degli uccellatori, né dai denti delle fiere che ci vogliono divorare. Temiamo ogni cosa guardando a noi stessi, ma tutto speriamo appoggiandoci al soccorso del Signore.

Da Agostino

( cantico delle ascensioni di Davide)

1 Se il Signore non fosse stato in

mezzo a noi, lo dica ora Israele.

Cantano pieni di esultanza costoro di cui leggiamo [le parole]. Sono membra di Cristo che han conseguito la felicità coloro che cantano il presente salmo. Ma chi può esultare quaggiù se non è animato dalla speranza, come ho detto? Siamo anche noi animati da sicura speranza e canteremo nell'esultanza. Non sono infatti estranei a noi i cantori di questo salmo, né la voce che vi risuona è di altri che non noi.

2 Se il Signore non fosse stato con

noi quando insorsero gli uomini contro di noi,

3 forse ci avrebbero inghiottiti

vivi, quando divampò il loro

furore contro di noi.

Dica ora Israele: Se il Signore non fosse stato con noi... Lo dica adesso che ormai è fuori [pericolo]. Il presente salmo infatti presenta al nostro sguardo della gente in atto di sfuggire, o meglio, gente che è già scampata. Rappresentiamoci interiormente questi nostri fratelli ormai trionfanti, e, come se anche noi fossimo insieme con loro, ripetiamo quel che ci si faceva dire nel salmo precedente: I nostri piedi stavano negli atri di Gerusalemme. Non erano lassù, ma vi erano incamminati, e nell'affrettarsi alla meta tanta era la gioia e tanta la fiducia di arrivarvi che, sebbene in via e fra i travagli, tuttavia sembravano essere già pervenuti. Così anche noi. Consideriamoci già partecipi di questo trionfo che si avrà nel mondo a venire, quando potremo irridere alla morte, ormai debellata e svigorita, quando potremo dire: Dov'è, o morte, la tua resistenza? dov'è, o morte, il tuo pungiglione?

4 Forse l’acqua ci avrebbe sommersi.

Chiama acqua i popoli peccatori, e nelle righe seguenti vedremo di che acqua si tratti. Sta di fatto che, chiunque avesse acconsentito ai loro voleri, l'acqua lo avrebbe sommerso. Sarebbe morto come morirono gli egiziani; non avrebbe attraversato il mare come gli israeliti.

5 L’anima nostra ha attraversato

un torrente. Forse l’anima nostra

sarebbe passata in un’acqua travolgente?

Ma com'è quest'acqua? È un torrente: scorre impetuosa ma presto si esaurisce. Si chiamano infatti torrenti quei corsi d'acqua che, gonfiati da piogge improvvise, scorrono con grande impeto, sicché chiunque vi si cacci dentro viene travolto… Cos'è l'acqua senza consistenza, se non l'acqua del peccato, che è proprio senza consistenza? Il peccato, in effetti, non ha consistenza: racchiude miseria, non abbondanza; povertà, non ricchezza…

6 Benedetto il Signore

che non ci ha dato in preda ai loro denti.

Benedetto il Signore, che non ci dette in preda alle loro zanne. I persecutori  avevano posto dell'esca nella trappola. Qual è quest'esca? L'attrattiva della vita presente. Chiunque attratto dalle dolcezze di questa vita caccia la testa nel male è preso dalla trappola e schiacciato. Non così coloro che hanno in sé il Signore.

7 L’anima nostra come un passero

è stata strappata dal laccio dei

cacciatori, il laccio è stato spezzato

e noi siamo stati liberati.

La nostra anima è scampata, come il passero, alla trappola dei cacciatori. È stata spezzata; ma forse che con essa è stato schiacciato anche il passero? Certamente no. Ma solo perché non si trovava dentro la trappola. La trappola è stata ridotta in frantumi, e noi ne siamo scampati.

8 Il nostro aiuto è nel nome del

Signore che ha fatto il cielo e la terra.

Gridino dunque che sono stati scampati. Scampati, volino a Dio e in Dio celebrino il loro trionfo. Se infatti non sono rimasti intrappolati, è stato perché in loro c'era il Signore. Come, poi, s'è potuta spezzare la trappola e noi esserne liberati? Vuoi saperlo? Il nostro aiuto è nel nome del Signore, creatore del cielo e della terra. Senza un tale aiuto, non che la trappola sarebbe rimasta efficiente in eterno, ma il passero, una volta preso, vi sarebbe rimasto schiacciato… Non credere che con le sole tue forze tu possa realizzare tutto questo. Bada bene di chi hai bisogno per essere liberato, poiché, se montassi in superbia, cadresti nella trappola.

Dai Padri

Origene: un sacerdote si rivolge all’assemblea del popolo che si riunisce, al mattino, davanti al tempio: lo dica Israele: se il Signore non fosse stato in mezzo a noi… Il popolo risponde: se il Signore non fosse stato in mezzo a noi… È lo stesso Israele che dice anche: molte volte mi hanno combattuto fin dalla mia giovinezza! (Salmo 128,1).

Ilario: nel salmo precedente abbiamo appreso che passeremo dall’umiliazione alla felicità e agli onori. Come comportarsi allora? Il profeta ce lo insegna, dettando queste parole: se il Signore non fosse stato in mezzo noi, gli uomini ci avrebbero inghiottiti vivi. La natura dell’uomo è superba nella prosperità. Ci si può forse gloriare quando si pensa che Dio ha fatto tutto? Gioiamo per colui che abita in noi, per il Dio che è stato il mio pastore fin dalla mia giovinezza…

Cassiodoro: canto delle membra di Cristo che sono già in paradiso e canto di coloro che, quaggiù, hanno una speranza certa.

Atanasio: lo dica Israele, cioè il popolo illuminato, il popolo che ha ricevuto il battesimo.

3 Crisostomo: inghiottiti vivi, perché erano senza armi, nudi, prigionieri e schiavi: erano una preda pronta per chiunque.

4 Origene: l’acqua è simbolo delle tentazioni.

Ilario elenca le diverse interpretazioni dell’acqua. È considerata anche come la potenza nemica, che è terribile e insostenibile per quelli in cui Dio non abita.

Crisostomo: torrente: acqua che scende precipitosamente e con violenza, simbolo della collera dei nemici.

Cassiodoro: il torrente è un corso d’acqua violento, reso più gonfio da tutti i mali. È da questo che il Signore ha bevuto.

Atanasio: il Signore è venuto e ha distrutto il peccato per mezzo del battesimo (l’acqua).

7 Origene: è il passero del Vangelo, che non cade in terra senza il permesso del padre celeste. I cacciatori sono i demoni.

Cassiodoro: il laccio sono le promesse lusinghiere di questa vita

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 124

( Cantico delle ascensioni )

1 Quelli che confidano nel Signore

sono come il monte Sion: non sarà

scosso in eterno chi abita  in Gerusalemme.

2 Monti intorno ad essa e il Signore intorno

al suo popolo da ora e in eterno,

3 poiché non lascerà lo scettro

dei peccatori sulla sorte dei giusti,

perché i giusti non tendano

le loro mani all’iniquità.

4 Benefica Signore i buoni e i retti di cuore,

5 ma quelli che deviano in

impedimenti li condurrà il Signore

con gli operatori di iniquità.

Pace su Israele.

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 Quelli che confidano nel Signore

sono come il monte Sion: non sarà

scosso in eterno chi abita  in Gerusalemme.

2 Monti intorno ad essa e il Signore intorno

al suo popolo da ora e in eterno,

Il profeta ci assicura, parlando di quelli che confidano nel Signore: che la loro umile fede li rende incrollabili come il monte Sion. Aggiunge che come è salvo chi abita in Gerusalemme perché la città santa è tutta circondata da monti, così il popolo di Dio non poteva essere smosso perché Dio lo circondava in ogni tempo come un monte e un argine impenetrabile. Tale è il senso più naturale che sembra potersi dare a questo passo. Ma, al dire di Sant’Ilario, se il monte di Sion e l’abitare in Gerusalemme e i monti che la circondano non rinchiudono un senso più spirituale, il salmo che noi spieghiamo e il profeta che in esso parla ben potrebbero essere accusati di menzogna. La città di Gerusalemme santificava forse i suoi abitanti o  al contrario non è forse in Gerusalemme dove si commettevano tanti sacrilegi, dove si facevano morire i profeti, dove si pronunciò un decreto di morte contro Gesù Cristo, dove gli apostoli mostrarono con la fuga la loro viltà, dove diventò uno scandalo la croce del Figlio di Dio? Non fu essa alla fine smantellata fino alle sua fondamenta? Secondo la spiegazione di un altro profeta e secondo San Paolo, per il monte Sion deve intendersi la Chiesa di cui Gesù Cristo è la pietra principale e fondamentale, che viene altrove dall’apostolo stesso chiamata Gerusalemme. In questa Chiesa dobbiamo noi abitare, ad essa dobbiamo stare abbracciati con una viva fede se non vogliamo essere mai smossi. Questa Gerusalemme essendo tutta cinta all’intorno da monti, cioè dagli angeli, dai patriarchi, dei profeti e dagli apostoli salva quelli che qui cercano un asilo. Dentro le sue mura si trova il vero popolo del Signore che egli circonda da ogni lato per difenderlo dagli insulti dei suoi nemici. Giovanni Crisostomo afferma che per questo il profeta avendo fatto osservare la fortezza di Gerusalemme, che era in mezzo ai monti, non permette di confidare in essa, ma stimola ad implorare il soccorso del Signore che circonda il suo popolo e lo rende invincibile.

3 poiché non lascerà lo scettro

dei peccatori sulla sorte dei giusti,

perché i giusti non tendano

le loro mani all’iniquità.

Vero è che i giusti sono tribolati in questo mondo, vero è che spesso sono perseguitati dai peccatori; ma le tribolazioni e le persecuzioni non durano che un tempo. Il Signore non permetterà che la verga dei peccatori domini sempre sopra la sua eredità, affinché  stanchi e sopraffatti dalla violenza degli iniqui i giusti non cessino di perseverare nella giustizia.

4 Benefica Signore i buoni e i retti di cuore,

5 ma quelli che deviano in

impedimenti li condurrà il Signore

con gli operatori di iniquità.

Pace su Israele.

Il profeta fa qui la distinzione fra due sorte di persone: quelle che sono veramente buone, cioè che hanno il cuore retto e quelle che si piegano a vie storte cioè che non hanno nell’intimo del cuore la rettitudine necessaria per aderire a Dio. Pare che il castigo , di cui parla, serva a discernere quelli che sono veramente buoni da quelli che non lo sono, se non in apparenza. Meritano di essere colmati di beni solo coloro che conservano in mezzo ai loro patimenti la sottomissione dovuta agli ordini di Dio. Quelli che seguono vie storte, che sono tiepidi e paurosi saranno trattati dalla giustizia divina come quelli che commettono apertamente l’iniquità.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

Il presente salmo appartiene alla serie dei salmi graduali. Esso ci insegna a salire verso il Signore nostro Dio elevando l'anima in un empito di carità e di devozione, senza lasciarci incantare dalla sorte felice di quanti prosperano in questo mondo. La loro felicità è falsa, vuota, un autentico specchio per le allodole; e chi la possiede non si nutre che di superbia, mentre il suo cuore, gelido nei riguardi di Dio, rimane arido sotto la pioggia della grazia celeste né reca alcun frutto.

1 Quelli che confidano nel Signore

sono come il monte Sion: non sarà

scosso in eterno chi abita  in Gerusalemme.

Chi sono costoro? Gli abitanti di Gerusalemme. A non vacillare in eterno saranno gli abitanti di Gerusalemme. Ma, se ci riferiamo alla Gerusalemme terrena, tutti i suoi antichi abitanti ne sono stati scacciati dalla guerra e dalla completa distruzione di quella città: se oggi vai a Gerusalemme a cercarvi un giudeo, non ce lo trovi. Come dire, dunque, che gli abitanti di Gerusalemme non vacilleranno in eterno, se non perché c'è un'altra Gerusalemme, della quale tante meraviglie avete ormai ascoltate? Questa Gerusalemme è la nostra madre, è la città che sospiriamo e per la quale gemiamo nel presente esilio, finché non vi abbiamo fatto ritorno. Ce ne eravamo allontanati e ci eravamo sperduti, né c'era per noi una via di ritorno; ma il Re di quella città ci è venuto incontro, si è fatto nostra via sicché ora possiamo tornarvi.

2 Monti intorno ad essa e il Signore intorno

al suo popolo da ora e in eterno,

Quali le caratteristiche di questa Gerusalemme? La descrive succintamente. Intorno a lei [ci sono] i monti. Ma, è proprio una gran cosa abitare in una città circondata da monti? E la nostra felicità consisterà proprio nell'avere una città circondata da monti? O non sappiamo noi che cosa siano i monti e com'essi non siano se non alture che emergono in varie zone della terra? Veramente, debbono esserci altri monti: amabili, sublimi, ed essi sono i predicatori della verità: angeli, apostoli, profeti. Ecco i monti che attorniano Gerusalemme, la circondano e le fanno come da muro. Di questi monti, amabili e giocondi, parla spesso la Scrittura… Poneteci mente tutte le volte che l'ascoltate o leggete. Sono innumerevoli i passi in cui trovate descritti certi monti deliziosi, né qui si possono elencare tutti. Tuttavia ci piace parlare diffusamente di questi monti, per quanto il Signore avrà voluto ispirarci, ricordando anche le testimonianze divine forniteci dai libri santi. Questi monti sono illuminati da Dio e sono illuminati per primi, sicché è da loro che la luce scende sulle valli e sui colli, alture inferiori rispetto ai monti. Gli stessi monti sono il tramite per cui vi viene somministrata la Scrittura, si tratti della profezia o degli scritti apostolici o dei Vangeli. Sono questi i monti dei quali cantiamo: Ho sollevato i miei occhi ai monti dai quali mi verrà l'aiuto , l'aiuto cioè dei libri santi, di cui abbiamo bisogno nella vita presente.

3 poiché non lascerà lo scettro

dei peccatori sulla sorte dei giusti,

perché i giusti non tendano

le loro mani all’iniquità.

Il Signore non lascerà lo scettro degli empi sul retaggio dei giusti. Peserà per un certo tempo la verga dei peccatori sulla vita dei giusti, ma non vi resterà in eterno. Verrà tempo in cui si riconoscerà l'unico Dio; verrà tempo in cui Cristo, apparendo nel suo splendore, radunerà dinanzi a sé tutte le genti e le dividerà come il pastore divide i capri dalle pecore e porrà le pecore a destra e i capri a sinistra … L'importante per questi servi buoni è che, finché han da servire a padroni cattivi, tollerino la loro situazione con pazienza, poiché il Signore non lascerà lo scettro degli empi sul retaggio dei giusti. Perché questo? Affinché non stendano i giusti all'iniquità le loro mani. I giusti cioè debbono tollerare il provvisorio dominio degli empi, convinti che ciò non durerà in eterno, e così prepararsi al possesso della eredità eterna.

4 Benefica Signore i buoni e i retti di cuore,

5 ma quelli che deviano in

impedimenti li condurrà il Signore

con gli operatori di iniquità.

Pace su Israele.

Quelli che piegano per sentieri tortuosi accomunerà il Signore con gli operatori d'iniquità. Cioè: li collocherà fra coloro di cui essi hanno imitato le opere, in quanto come loro amarono le gioie presenti e non credettero ai supplizi futuri. Invece coloro che sono retti di cuore e non s'allontanano da Dio, cosa avranno? È ormai tempo che ci avviciniamo a questa eredità, essendo noi figli [di Dio]. Cosa possederemo? Quale sarà la nostra eredità? Quale la nostra patria? Che nome reca? Pace. Con l'augurio di pace vi salutiamo; della pace vi predichiamo: la pace ricevono i monti, mentre sui colli si spande la giustizia .

Dai Padri

Origene richiama Ebrei 12,22: quelli che si accostano al monte Sion e alla città del Dio vivente portano in sé l’immagine celeste. Ponendo la loro fiducia nel Signore, diventano come il monte Sion.

Crisostomo: la speranza posta in Dio è più solida di una montagna.

Girolamo e Cassiodoro: il monte è Cristo.

2 Origene: si accamperà l’angelo del Signore intorno (salmo 33,7). Queste montagne sono le potenze celesti.

Ilario: i monti sono gli angeli.

3 Crisostomo: lo scettro è simbolo del regno; qui è il regno dei peccatori. Dio non permetterà che i peccatori occupino l’eredità dei giusti, se non per un periodo limitato, per la loro correzione e il loro emendamento.

Atanasio: i giusti, sotto la spinta dei demoni, non abbandonino il loro animo alla cupidigia.

Crisostomo: non si mescolino col vizio: è solo per renderli migliori che Dio permette le prove.

Teodoreto: i giusti non dicano: tutto accade per caso, non c’è un governo divino del mondo. In questo caso diverrebbero malvagi.

4 Origene: tu che sei buono per essenza, aiuta a quelli che sono buoni solo incidentalmente: custodisci la loro volontà stabile nella tua bontà.

Cassiodoro: Dio solo è buono; ma quando gli obbediamo, ecco che siamo buoni in lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 125

( Cantico delle ascensioni )

1 Quando il Signore fece tornare

Sion dalla prigionia fummo come consolati!

2 Allora si riempì di gioia

la nostra bocca e la nostra lingua

di esultanza. Allora diranno fra

le genti: è stato grande il

Signore nell’agire con noi.

3 Il Signore ha fatto

cose grandi per noi.

Siamo stati colmati di gioia.

4 Fa’ tornare, Signore, i nostri prigionieri

come un torrente nel mezzodì .

5 Quelli che seminano

nelle lacrime, nell’esultanza mieteranno.

6 Andando, andavano

e piangevano portando i loro semi,

ma venendo verranno

nell’esultanza portando i loro covoni.

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 Quando il Signore fece tornare

Sion dalla prigionia fummo come consolati!

2 Allora si riempì di gioia

la nostra bocca e la nostra lingua

di esultanza. Allora diranno fra

le genti: è stato grande il

Signore nell’agire con noi.

Noi vediamo, secondo i padri, e nella schiavitù di Sion e nei trasporti di gioia che ebbero gli schiavi per la loro liberazione, un’immagine di quanto è accaduto dal principio del mondo sino a Gesù Cristo e da Gesù Cristo sino a noi. Quali furono i trasporti di gioia provati da tutti quelli che appartenevano alla vera Sion e alla Chiesa di Gesù Cristo allorché videro il loro liberatore e il loro Salvatore che ruppe le catene della loro schiavitù. Ma quanti, dopo che Gesù Cristo ha redento l’universo con la sua morte si rimettono volontariamente sotto il giogo del peccato e del demonio! E quale ineffabile gioia non provano fra loro quelli di cui egli spezza i vincoli una seconda volta e che a lui si convertono con una seria penitenza, gustando per un effetto della sua misericordia, quanto sia il suo giogo più soave e il suo peso più lieve di  quello del mondo e del demonio!

3 Il Signore ha fatto

cose grandi per noi.

Siamo stati colmati di gioia.

4 Fa’ tornare, Signore, i nostri prigionieri

come un torrente nel mezzodì .

Chi non si rallegrerebbe, dice il Crisostomo, essendo liberato dalla schiavitù. Volgete lo sguardo, egli aggiunge, ai padri di quelli che parlano, e vedrete che essendo stati liberati dalla schiavitù d’Egitto, mormoravano con somma ingratitudine, lasciandosi prendere dalla tristezza invece di essere  trasportati da una santa letizia. Tali sono oggi molti schiavi liberati mediante la grazia di Gesù Cristo dal peccato e dalla morte; sembrano freddi verso il loro liberatore ed occupati in ogni altra cosa fuorché dall’essere presi da quella allegrezza che è frutto di un umile e viva riconoscenza verso il loro Salvatore. Osservate inoltre, dice il Crisostomo, che gli antichi israeliti diventati liberi da schiavi qual erano, non si rallegrano soltanto della libertà da essi ricevuta, ma anche perché sarebbe stata conosciuta e glorificata da tutte le nazioni la provvidenza e la bontà del loro Signore.

5 Quelli che seminano

nelle lacrime, nell’esultanza mieteranno.

6 Andando, andavano

e piangevano portando i loro semi,

ma venendo verranno

nell’esultanza portando i loro covoni.

Ciascuno interprete dà a suo modo un senso a queste parole che possono indicarci il grande desiderio che avevano tutti gli schiavi di ritornare al loro paese. Quelli che erano già liberati dalla schiavitù volevano  vedere tutti gli altri loro fratelli anch’essi liberi al par di loro e ristabiliti nella loro patria; cosa che essi esprimono con l’immagine di un torrente che scorre tutto ad un tratto nelle terre più arse del mezzogiorno dove c’è un gran bisogno di acqua. Tale era lo stato in cui si trovavano i santi patriarchi e tutti gli altri antichi giusti che la Scrittura ci rappresenta in vari luoghi come anelanti con un ardore estremo alla venuta del Messia che doveva farli entrare  nella celeste Gerusalemme, da dove li aveva esclusi il peccato.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

1 Quando il Signore fece tornare

Sion dalla prigionia fummo come consolati!

 

 

È un salmo della serie intitolata Cantici dei gradini, quindi è, come ben sapete, la voce di persone che salgono. Dove salgono, se non verso la Gerusalemme celeste che è la madre di noi tutti? Essendo una città celeste, è anche una città eterna; e di essa la Gerusalemme terrena fu semplicemente una figura. Se, pertanto, l'una fu abbattuta, l'altra resta; se l'una ha esaurito la sua missione rappresentativa nel tempo, l'altra perpetua nell'eternità la propria missione di salvezza. Finché restiamo in vita noi siamo esuli da questa città e ritornarvi forma il nostro sospiro, miseri e sventurati come siamo finché non l'avremo raggiunta. Gli angeli, nostri concittadini, non ci hanno lasciato soli nell'esilio; anzi ci hanno preannunziato la venuta del nostro Re. Difatti egli venne a noi, ma fu accolto con disprezzo da noi che, in seguito, avremmo dovuto condividere gli stessi disprezzi. Disprezzato ci insegnò a ricevere il disprezzo. Sopportando con pazienza egli ci insegnò a pazientare. Affrontando la morte, ci insegnò a morire, e con la sua resurrezione ci diede un pegno della nostra resurrezione, mostrando in se stesso ciò che dobbiamo sperare. Se pertanto, o miei fratelli, gli antichi profeti, nostri padri [nella fede] vissuti prima dell'incarnazione del Signore Gesù Cristo, sospiravano verso quella [superna] città, quali non dovranno essere i nostri desideri per il cielo, dove Cristo ci ha preceduti e da cui mai si era allontanato?

2 Allora si riempì di gioia

la nostra bocca e la nostra lingua

di esultanza. Allora diranno fra

le genti: è stato grande il

Signore nell’agire con noi.

Quando il Signore richiamò [in patria] i deportati di Sion, noi fummo come consolati. Intende dire: noi ci rallegrammo. Quando ci rallegrammo? Quando il Signore richiamò [in patria] i deportati di Sion. Quale Sion? Gerusalemme, la Sion eterna. Ma come questa Sion può essere insieme eterna e prigioniera? È eterna negli angeli, è prigioniera negli uomini. Non è detto infatti che i figli di quella città siano tutti prigionieri: sono prigionieri quelli che ne sono esuli. L'uomo è cittadino di Gerusalemme, ma, vendutosi in potere del peccato, ne è divenuto esule, e l'umanità intera, traendo origine da quel [primo] uomo, costituisce la Sion prigioniera che popola la terra. Ma in che senso questa prigionia di Sion potrà essere figura della Gerusalemme celeste? L'immagine sta nella riconquista di quella Sion [terrena] da parte dei giudei: fu un simbolo, una figura, il fatto che quel popolo, deportato in Babilonia, dopo settanta anni poté tornare in patria . I settanta anni significano la totalità del tempo, in quanto questo si svolge nel periodo di sette giorni. Trascorso completamente il tempo, torneremo anche noi alla nostra patria, come il popolo ebraico dopo settanta anni tornò dalla cattività babilonese. Babilonia, infatti, raffigura il mondo presente: il suo nome significa " confusione ", e vedete se non sia una confusione tutta la vita dell'uomo… È " confusione " tutta la vita presente quando è circoscritta nell'ambito delle cose umane e non è riferita a Dio. In tale confusione, in tale Babilonia, è imprigionata la città di Sion, ma il Signore richiama i prigionieri di Sion.

3 Il Signore ha fatto

cose grandi per noi.

Siamo stati colmati di gioia.

Noi fummo - dice - come consolati. Cioè: godemmo come ricevendo consolazione. La consolazione ha luogo fra gli sventurati, fra la gente che geme e piange. Perché dice: Come consolati, se non perché continuiamo a gemere? Anche se consolati nella speranza, di fatto gemiamo. Solo quando sarà cessata la condizione presente, dal gemito si passerà al godimento eterno, dove non ci sarà bisogno di consolazione, poiché non saremo afflitti da alcuna miseria…Allora si dirà fra le genti: Il Signore ha operato grandi cose a loro vantaggio. Il Signore ha operato cose grandi per noi;[e] noi siamo ricolmi di letizia. Notate, fratelli, se non siano queste le parole che ai nostri giorni Sion dice fra le genti in tutto il mondo. Notate come da ogni parte si corre verso la Chiesa. Il prezzo della nostra redenzione è accolto dagli uomini di tutto il mondo e [da tutti] si risponde Amen. Così dicono fra tutte le genti i cittadini di Gerusalemme, ridotti, sì, in schiavitù ma animati dalla speranza del ritorno, esuli ma desiderosi della patria. Che cosa dicono? Il Signore ha operato cose grandi per noi, [e] noi siamo colmi di letizia.

4 Fa’ tornare, Signore, i nostri prigionieri

come un torrente nel mezzodì .

Anche noi, nella [nostra] prigionia ci eravamo gelati e i peccati ci tenevano irrigiditi. Si levò il vento australe, lo Spirito Santo, e ci furono rimessi i peccati e noi ci sentimmo sciolti dal gelo dell'iniquità. I peccati furono dissolti come si squaglia il gelo al comparire del sole. Corriamo verso la patria, come i torrenti a mezzodì. Abbiamo tribolato assai, e anche l'operare il bene ora ci costa fatica. La vita umana nella fase presente è misera, piena d'affanni, di dolori, di pericoli, d'angustie e di tentazioni. Non lasciatevi incantare dalle gioie che possono darvi le cose terrene; osservate quanti motivi di pianto sono sparsi nelle vicende umane. Potrebbe ridere il bambino che nasce; ma perché cominciare la vita col pianto? Non conosce il riso: come fa a conoscere il pianto? Il fatto stesso d'entrare in questa vita glielo insegna. È prigioniero, e per questo piange e geme. Più tardi però verrà la gioia.

5 Quelli che seminano

nelle lacrime, nell’esultanza mieteranno.

Continua  [il salmo]: Quei che seminano tra le lacrime mieteranno nella gioia. Seminiamo finché dura la vita presente, piena di lacrime. Cosa semineremo? Le opere buone. Nostra semente sono le opere di misericordia, parlando delle quali dice l'Apostolo: Non stanchiamoci di fare il bene, poiché se non ci stancheremo, a suo tempo mieteremo [copiosamente]. Finché dunque ne abbiamo il tempo, facciamo del bene a tutti, specialmente ai nostri fratelli nella fede.

6 Andando, andavano

e piangevano portando i loro semi,

ma venendo verranno

nell’esultanza portando i loro covoni.

Nell'avanzare andavano e piangevano, spargendo le loro sementi. Perché piangevano? Perché si trovavano fra gente misera ed erano miseri loro stessi… Finché c'è qualcuno bisognoso di misericordia, non stanchiamoci di spargere la nostra semente prendendo occasione dall'altrui sofferenza. Seminiamo nel pianto, per mietere nell'esultanza. Nella resurrezione dei morti ciascuno raccoglierà i propri manipoli, cioè il frutto di quanto ha seminato, vale a dire la corona di gioia e d'esultanza. Sarà il trionfo, e ciascuno, ricolmo di gioia, irriderà alla morte sotto il cui giogo prima aveva da gemere, e le dirà: Dov'è, o morte, la tua resistenza? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?  Ma perché tanta gioia? Perché ormai portano in mano i loro manipoli. Perché prima andavano piangendo, allorché spargevano la loro semente. Ma perché spargere la propria semente? Perché chi avrà seminato nelle lacrime mieterà nell'esultanza.

Dai Padri

Origene: è la prigionia della malizia e dell’empietà. Sono gli apostoli che parlano e che, presto, ricorderanno la semina e la raccolta.

Atanasio: senso spirituale: quando il Signore sottrae il nostro cuore alla schiavitù del peccato.

Teodoreto: questo salmo è cantato da quanti rientrano a Gerusalemme per celebrarvi il culto, mentre altri giudei rimangono a Babilonia.

Ilario: salmo profetico della redenzione per mezzo del Figlio di Dio. La scrittura infatti, prima della venuta del Signore, è stata annunciata dai profeti, divulgata dai giudei, conosciuta da re e accolta dai gentili, ma non è stata compresa che dai cristiani.

Eusebio conosce le due lezioni: come consolati e in sogno: questa visione della nostra libertà non era ancora pienamente vera; sarà vera soltanto quando il resto dei nostri fratelli tornerà dalla schiavitù.

Cassiodoro: non saremo pienamente consolati che in cielo.

Ilario: abbiamo qualche consolazione ma non la consolazione piena: ogni creatura attende la manifestazione dei figli di Dio (Romani 8,19). Allora avremo la consolazione piena.

3 Origene: le genti hanno detto lo stico 2 d e gli apostoli rispondono col versetto 3: in passato, abbiamo pianto sui fiumi di Babilonia, ma oggi siamo stati colmati di gioia.

4 Origene: il resto dei prigionieri, cioè le genti, ritorni come i torrenti nel mezzogiorno.

Atanasio: i giudei ritornati dalla schiavitù pregano per quelli che sono ancora a Babilonia. Il torrente è simbolo della moltitudine, della folla. Senso spirituale: l’acqua del battesimo, come un torrente, cancella i nostri peccati.

5 Crisostomo: per la messe materiale come per quella spirituale sono necessarie fatiche e sudori: è per questo che Dio rende stretta e angusta la via che conduce alla virtù. E come l’acqua è necessaria per far crescere la messe, così le lacrime servono alla virtù. Come l’aratro è necessario per la terra, così giovano all’anima fedele le tentazioni e le afflizioni che la lacerano. Il profeta quindi vuol dire che dobbiamo ringraziare Dio non solo per il ritorno ma anche per la prigionia. Come il seminatore non si rattrista ma pensa alla messe futura quando siamo nella afflizione non tormentiamoci ma pensiamo  che ciò  ci procurerà un gran bene.

Cassiodoro: la semina spirituale avviene sempre nelle lacrime: Beati quelli che piangono, perché saranno consolati (Matteo 5,5). Questa  semina consiste nel cercare la pace, nel sopportare tutto per la carità, nel fare l’elemosina a piene mani, così come si sparge la semente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 126

( Cantico delle ascensioni di Salomone )

1 Se il Signore non avrà costruito

la casa invano hanno faticato

quelli che la costruiscono.

Se il Signore non avrà custodito

la città invano ha vigilato chi la custodisce.

2 E’ vano per voi alzarvi

prima della luce, alzarvi dopo che vi

siete coricati, voi che mangiate il pane del dolore

avendo egli dato ai suoi diletti il sonno.

3 Ecco, l’eredità del Signore, i figli,

la ricompensa del frutto del ventre.

4 Come frecce nella mano di

un potente così i figli dei provati.

5 Beato l’uomo che riempirà

di essi il suo desiderio.

non saranno confusi quando

parleranno ai loro nemici alla porta

 

da Sacy

( Cantico delle ascensioni di Salomone )

1 Se il Signore non avrà costruito

la casa invano hanno faticato

quelli che la costruiscono

Se il Signore non avrà custodito

la città invano ha vigilato chi la custodisce.

2 E’ vano per voi alzarvi

prima della luce, alzarvi dopo che vi

siete coricati, voi che mangiate il pane del dolore

avendo egli dato ai suoi diletti il sonno.

3 Ecco, l’eredità del Signore, i figli,

la ricompensa del frutto del ventre.

La casa fabbricata del Signore è figura di quella che doveva fabbricare. Opera sua del tutto singolare è la Chiesa. Ciascun fedele è come una pietra viva dell’edificio, tagliata per mano dell’artefice supremo. Finché gli uomini lavorano senza di lui, non lavorano che invano. I Giudei si gloriavano della bellezza del loro tempio e confidavano nella fortezza delle mura della loro città. Poiché l’orgoglio li rendeva  indegni dell’assistenza di Dio, tutte le loro veglie furono inutili per custodire Gerusalemme, dal momento che il Signore stesso non la custodiva. Esercitiamoci dunque nell’edificio della casa del Signore e ricordiamoci che senza di lui sarà inutile ogni nostra fatica. Vegliamo per custodire Gerusalemme e per chiudere da ogni parte l’ingresso ai nemici della nostra salute. Vana sarà tutta la nostra vigilanza senza la sua: cosa confermata dai versetti che seguono. Queste parole, molto oscure, si spiegano in vario modo; possono così essere intese: invano vi tormentate o Israeliti; vegliate inutilmente alzandovi prima del giorno. Confidate dunque innanzitutto in Dio, voi che mangiate un pane di dolore, cioè che siete nella tribolazione e nella amarezza a motivo della continua persecuzione dei vostri nemici che si oppongono alla vostra opera; prendete il sonno che vi è assolutamente necessario e poi alzatevi per tornare alle vostre occupazioni. Il Signore concederà finalmente il riposo ai suoi diletti, cioè ad Israele, da lui amato sopra tutti gli altri popoli e concederà a loro il pacifico godimento della sua eredità e una lieta fecondità che li renderà padri di molti figlioli e che sarà ricompensa della loro pietà. Ma un tale riposo afferma Sant’Ilario non sarà perfetto se non nell’altra vita, quando entreremo nel pieno godimento dell’eredità del Signore.

4 Come frecce nella mano di

un potente così i figli dei provati.

5 Beato l’uomo che riempirà

di essi il suo desiderio.

non saranno confusi quando

parleranno ai loro nemici alla porta

Una tale predizione sembra non essersi adempiuta alla lettera fuorché nel modo in cui l’ ha intesa un santo padre della Chiesa che la spiega in riferimento agli apostoli. Erano essi i figli, secondo la carne, degli Ebrei tribolati e perseguitati di cui parla qui il profeta e diventarono nelle mani dell’Onnipotente come saette vibrate con forza, così che varcarono l’universo e colpirono felicemente con la loro salutare dottrina della fede il cuore di una moltitudine di infedeli.

 

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni di Salomone )

1 Se il Signore non avrà costruito

la casa invano hanno faticato

quelli che la costruiscono

Se il Signore non avrà custodito

la città invano ha vigilato chi la custodisce.

Fra tutti i salmi intitolati Cantici dei gradini questo è l'unico a recare nel titolo un qualcosa di più, in quanto vi si aggiunge: Di Salomone. Questa infatti è la sua iscrizione: Cantico dei gradini di Salomone. È un titolo poco o nulla frequente tra i salmi consimili, per cui dobbiamo ricercare con diligenza perché vi sia stato aggiunto quel Di Salomone… Effettivamente, come il primo Salomone aveva costruito il tempio materiale, così il nostro Signore Gesù Cristo, il vero Salomone (cioè il vero pacifico), costruì a se stesso il suo tempio. La parola Salomone significa infatti " pacifico ", e vero pacifico è colui del quale l'Apostolo dice: Egli è la nostra pace, egli che delle due realtà ne ha fatta una sola … Egli è il vero pacifico, che riunì in sé le due pareti, provenienti da direzioni opposte e ne divenne pietra angolare. Prese il popolo dei credenti proveniente dalla circoncisione e il popolo pagano, o degli incirconcisi, divenuti anch'essi credenti, e dei due popoli fece un'unica Chiesa, della quale divenne la pietra angolare. Veramente pacifico, dunque! e quindi vero Salomone. Quanto all'altro Salomone, figlio di David e di quella donna ben nota che fu Bethsabea e re d'Israele, con la costruzione del tempio simboleggiava il nostro Pacifico ; e proprio per mostrarti questa verità - affinché cioè tu non pensassi all'antico Salomone, costruttore della casa di Dio ma a questo secondo - la Scrittura così inizia il nostro salmo: Se il Signore non costruisce la casa, invano lavorano coloro che la costruiscono. Chi dunque edifica la casa è il Signore: il Signore Gesù Cristo è colui che costruisce la sua casa.

2 E’ vano per voi alzarvi

prima della luce, alzarvi dopo che vi

siete coricati, voi che mangiate il pane del dolore

avendo egli dato ai suoi diletti il sonno.

Cosa significa: Vano è per voi levarvi prima della luce? Se vi levate prima che spunti la luce, dovrete per forza restare nella vanità, poiché sarete nelle tenebre. La nostra luce è Cristo, il quale è risorto, ed è bene per te muovere i passi dietro a Cristo, non davanti a Cristo. Chi sono coloro che si muovono davanti a Cristo? Coloro che preferiscono se stessi a Cristo. E chi sono coloro che preferiscono se stessi a Cristo? Coloro che pretendono essere altolocati quaggiù dove egli fu umile. Se pertanto desiderano la gloria là dove Cristo è glorificato, occorre che siano umili quaggiù… Dice dunque il salmo a quanti

volessero levarsi prima della luce: Vano è per voi levarvi prima della luce. Quando allora dovremo levarci? Dopo essere stati umiliati. Levatevi dopo d'essere stati seduti. Il levarsi indica glorificazione, il sedersi indica umiltà. È vero che in alcuni testi lo stare seduti indica l'onore connesso col potere giudiziario, ma in altri esprime umiltà. Dove è da riferirsi all'onore dovuto al giudice? Sederete su dodici seggi a giudicare le dodici tribù d'Israele . Dove invece è da prendersi come indizio d'umiltà? All'ora sesta il Signore, stanco, si sedette presso il pozzo . La stanchezza del Signore è da identificarsi con la sua debolezza: la debolezza di chi è potenza e sapienza [di Dio]; e la sua debolezza è umiltà. Se dunque lui si sedette a motivo della sua debolezza, il suo star seduto indica umiltà. E fu proprio questo suo star seduto, cioè la sua umiltà, che ci ha salvati, poiché ciò che in Dio è debole è più forte degli uomini . A questo proposito dice un salmo: Signore, tu mi conosci quando mi siedo e quando mi alzo ; conosci cioè la mia umiliazione e la mia glorificazione… Qualcuno potrebbe credere che lo star seduto rappresenti un privilegio, un onore, mentre il salmo chiaramente vuol dimostrare che è un segno di umiltà. Nessuno pertanto deve pensare che gli si ordini di sedere per giudicare o desinare e divertirsi, ripromettendosi quindi un successo per la propria superbia. Per sottolineare l'umiltà, eccolo quindi aggiungere: Voi che mangiate il pane del dolore. Mangiano il pane del dolore coloro che gemono nell'esilio terreno. Essi sono nella valle del pianto, e Dio opera le ascensioni nel loro cuore.

3 Ecco, l’eredità del Signore, i figli,

la ricompensa del frutto del ventre.

Suppone che tu insista ancora nella domanda: Chi sono questi amici? Ecco, eredità del Signore [sono] i figli, ricompensa del frutto del ventre… Dicendo: Frutto del ventre, significa che parla di figli già nati. C'è una donna nella quale spiritualmente si avverano le parole dette ad Eva: Partorirai fra le doglie. Difatti la Chiesa, sposa di Cristo, genera figli e, se li genera, li partorisce. Tant'è vero che Eva, appunto perché ne era il simbolo, fu chiamata madre dei viventi. Membro della Chiesa partoriente era colui che affermava: Figlioletti miei, che io di nuovo partorisco finché Cristo non sia formato in voi . Né ha partorito o generato senza successo: la stirpe santa si paleserà nella resurrezione, e saranno innumerevoli i giusti che ora vivono sparsi per tutta la terra. Adesso la Chiesa geme per causa loro, mentre li partorisce; nella resurrezione dei morti invece apparirà in piena luce la fecondità della Chiesa, e finiranno il dolore e il gemito. E cosa si dirà? Ecco, eredità del Signore [sono] i figli, ricompensa del frutto del ventre. Del frutto, non " il frutto ". [Ci sarà] una mercede del frutto del ventre. Quale sarà questa ricompensa? Risorgere dai morti. Alzarti dopo d'essere stato seduto. Allietarti dopo aver mangiato il pane del dolore.

4 Come frecce nella mano di

un potente così i figli dei provati.

Come le frecce in mano al potente, così i figli degli sbattuti. Quale origine ebbe infatti, o fratelli, questa eredità? Come divenne così numerosa che alla fine si dovrà dire di lei: Ecco, eredità del Signore [sono] i figli, ricompensa del frutto del ventre? Ci furono certuni che vennero scagliati come frecce dalla mano del Signore, e si spinsero lontano e riempirono la terra facendola pullulare di santi. Si tratta di quell'eredità di cui è detto: Chiedimelo e io ti darò in eredità le genti e in possesso i confini della terra …Ora io nelle mie possibilità vorrei, o fratelli, intendere come figli degli sbattuti gli stessi Apostoli, in quanto figli dei profeti. I profeti infatti contenevano sacramenti occulti e impenetrabili. Furono sbattuti e ne uscirono verità manifeste. Supponete che un profeta abbia detto, come in realtà ha detto, parole di questo genere: Il bue ha conosciuto il suo padrone e l'asino la stalla del suo proprietario; Israele invece non mi ha conosciuto . È un esempio di profezia che m'è venuto in mente per primo e ho voluto dirvelo; se me ne fosse venuto un altro, vi avrei citato quest'altro. Di fronte a tali parole profetiche, l'uditore profano penserebbe subito all'asino, al bue, o agli altri animali e quadrupedi che conosce, e succederebbe come quando una cosa è racchiusa in un involucro: si palpa l'esterno di questo involucro ma si ignora cosa vi sia contenuto. Il bue e l'asino sono simboli… Prima della venuta del Signore queste cose erano tutte racchiuse [nel mistero]. Venne il Signore e scosse il sacco che conteneva tutte quelle verità occulte, sicché divennero manifeste. Furono sbattuti i profeti e ne nacquero gli Apostoli, ai quali, in quanto nati dai profeti, sottoposti a delle battiture, si addice bene il nome di figli degli sbattuti. Essi vennero a trovarsi in mano dell'Onnipotente e, simili a dardi, raggiunsero gli estremi confini della terra. Per cui alla fine si potrà dire: Ecco, eredità del Signore [sono] i figli, ricompensa del frutto del ventre. E intanto questa eredità viene radunata dagli estremi confini della terra in quanto come le frecce in mano a un potente, così i figli degli sbattuti. In altre parole: gli Apostoli, figli dei profeti, furono come dardi in mano dell'Onnipotente. Se chi tendeva l'arco era potente, lo scoccò con forza, e se lo scoccò con forza, le persone che egli lanciò con l'arco evidentemente raggiunsero le più remote plaghe della terra.

5 Beato l’uomo che riempirà

di essi il suo desiderio.

non saranno confusi quando

parleranno ai loro nemici alla porta

Beato l'uomo che con tali cose colma la sua brama. Attenzione, fratelli! Chi è l'uomo che con tali cose colma la sua brama? Colui che non ama il mondo presente: poiché quando uno è pieno di desideri mondani non c'è modo che gli entri in cuore quanto da loro predicato. Vomita ciò che hai dentro, se vuoi diventar capace di avere ciò che non hai… Non sarà confuso quando dovrà parlare con i suoi nemici sulla porta. Fratelli, parliamo pure presso la porta, cioè facciamo in modo che tutti conoscano quel che diciamo. Chi si rifiuta di parlare presso la porta vuole che restino celate le sue parole, e ciò, facilmente, perché si tratta di cose cattive. Se è sicuro [di quanto dice], parli presso la porta, conforme asserisce la Sapienza: Egli parla coraggiosamente sulle porte della città . Finché ci si conserva nella giustizia e nell'innocenza non si dovrà arrossire, e questo è parlare presso la porta. Ora chi è l'uomo che parla presso la porta? Colui che predica nel nome di Cristo, il quale è la porta per la quale entriamo nella santa città.

Dai Padri

Atanasio: se il Signore stesso non avesse costruito la sua Chiesa, i profeti avrebbero lavorato invano. E se il Signore non custodisce l’uomo, questi lavora invano, qualsiasi cosa faccia.

Crisostomo e Teodoreto: al ritorno dalla schiavitù, i giudei ricostruiscono con una mano e con l’altra brandiscono la spada, mentre altri fanno la guardia. Non possono costruire le loro case senza l’aiuto divino: Dio stesso permetteva la prova per custodirli nella vigilanza.

Ilario: sebbene non sia escluso il riferimento alla cattività babilonese, si tratta soprattutto del fine a cui tendono i desideri dei patriarchi, la fede degli apostoli, la confessione dei martiri e il pellegrinaggio di tutti i fedeli: la città eterna, la beatitudine nel regno di Dio. Dio ha scelto Sion per sua dimora, ma non la Sion che fu distrutta. Voi siete il tempio di Dio ( 1 Corinzi 3,16), la dimora capace di Dio, il tempio santo, mirabile per la giustizia. Questa dimora deve essere costruita da Dio, fondata sui profeti e sugli apostoli. Cresce con pietre vive, tenute insieme dalla pietra angolare, e sale fino a raggiungere la statura del corpo di Cristo (Efesini 2,19).

Cassiodoro: la casa è il tempio di Dio che siete voi, città di cui ritroveremo la porta al versetto 5.

Ilario: il Signore custodisce questa città quando protegge le peregrinazioni di Abramo, quando risparmia Isacco, arricchisce Giacobbe, pone Giuseppe come governatore d’Egitto, sostiene Mosè davanti al faraone, sceglie Giosuè come condottiero in guerra, libera Davide da tutti i pericoli, dà a Salomone la sapienza; la custodisce quando si rivela ai profeti, rapisce Elia, sceglie Eliseo, nutre Daniele, diffonde la sua rugiada sui tre fanciulli nella fornace e sta al loro fianco; quando istruisce Giuseppe, per mezzo di un angelo, prima di nascere dalla Vergine, quando dà forza a Maria, invia Giovanni come precursore, sceglie gli apostoli, prega il Padre dicendo: Padre santo, conservali nel tuo nome… Quando ero con loro nel mondo, li conservavo nel tuo nome (Giovanni 17,11); e quando, dopo la passione, ci promette infine di vegliare su di noi sempre: ecco, io sono con voi sempre, fino alla fine del mondo (Matteo 28,20). Ecco la custodia eterna di questa città beata e santa, costituita da una moltitudine riunita in unità e che è, in ciascuno di noi, una città per Dio.

Crisostomo: senza l’aiuto di Dio non serve a nulla che vegliate, che vi alziate di buon mattino, che tardi andiate riposare.

Origene: sonno: la contemplazione; pane: l’azione

Ilario: mangia il pane del dolore chiunque si ricorda di essere un uomo nato nei vizi e che vive nei vizi . Abbiamo ricevuto il dolore di questa vita attraverso l’infermità della nostra volontà decaduta; cita il salmo 79,5: il pane di lacrime e anche Matteo 5,5: Beati quelli che piangono perché saranno consolati; consolati dal dolore di non aver potuto essere perfetti.

Crisostomo: quando Dio non aiuta, tutto muore. Quando aiuta, tutto è bello e anche questo sonno cui seguirà la risurrezione e la ricompensa.

Ilario: spesso Dio chiama sonno la morte dei santi. Dopo il sonno della morte, verrà il tempo di risvegliarsi nella resurrezione.

Girolamo: i santi sembrano dormire, dopo questa vita, per poter giungere alla vita eterna per mezzo della risurrezione.

3 Crisostomo: se Dio aiuta, la città potrà reggere, avranno molti figli e questi saranno terribili per i nemici, come frecce nella mano del Potente.

Teodoreto: se Dio si prende cura di noi, potremo vincere senza difficoltà, costruire, dormire senza timore e generare figli, poiché Dio ha promesso che essi saranno numerosi quanto le stelle del cielo. Ecco l’eredità del Signore, i figli: è la promessa fatta ad Abramo (Genesi 15,5).

Ilario: l’eredità del Signore sono questi santi che si sono addormentati. Ricompensa del frutto del grembo è l’incarnazione. Il frutto è il Cristo.

Girolamo: i santi diventano l’eredità del Signore. Il Signore stesso si è fatto frutto del grembo. L’umanità che ha assunto gli ha meritato come salario che i gentili diventino figli e siano la sua eredità: ha dato loro il potere di diventare figli di Dio (Giovanni 1,12).

Ilario: le frecce sono il simbolo di questa vita che passa in fretta e va diritta allo scopo… Le frecce sono simbolo dell’insegnamento dei profeti e degli apostoli; il verbo di Dio si trova in loro e queste frecce sono inviate ovunque: passano, penetrano, volano. Non sono, in questo caso, frecce mortali e funeste. Beato chi si è riempito di parole di dottrina! Tutto questo è in rapporto alla costruzione della città: non resteranno confusi quando parleranno ai loro nemici alla porta.

Atanasio: la predicazione del Vangelo trionferà.

Crisostomo: questa assicurazione: non resteranno confusi, esprime  il culmine della gioia e della felicità. Non si potrà più dire loro che Dio non si occupa di loro o che hanno un Dio impotente: fieri e pieni di gloria, affronteranno i nemici perché Dio, con tutte queste benedizioni, avrà mostrato loro di proteggerli.

Cassiodoro: la porta della città è il Signore Gesù Cristo. Gli apostoli che annunciano il Signore sono sulla porta della città, perché è alla porta che parlano gli araldi.

Girolamo: la porta è il Cristo

Salmo 127

( Cantico delle ascensioni )

1 Beati tutti quelli che temono il

Signore, che camminano nelle sue vie.

2 Perché mangerai delle fatiche delle tue mani.

Beato sei e bene per te sarà.

3 La tua sposa come vite feconda

nell’intimo della tua casa,

i tuoi figli come novelli ulivi

intorno alla tua mensa.

4 Ecco così  sarà benedetto l’uomo

che teme il Signore.

5 Ti benedica il Signore da Sion

e veda tu i beni di Gerusalemme

tutti i giorni della tua vita,

6 e veda i figli dei tuoi figli.

Pace su Israele!

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 Beati tutti quelli che temono il

Signore, che camminano nelle sue vie.

Il timore del Signore, di cui parla qui il profeta, è un timore che consiste secondo Sant’Ilario nell’amore, poiché dalla carità esso riceve la sua perfezione. Ora è proprio dell’amore nostro verso Dio ubbidire ai suoi precetti. Per questo la Scrittura congiunge al timore del Signore la pratica dei suoi comandamenti, che è la prova dell’amore sincero, che hanno per lui quelli che lo temono come suoi figli.

2 Perché mangerai delle fatiche delle tue mani.

Beato sei e bene per te sarà.

La beatitudine di tutti quelli che temono Dio e camminano nelle sue vie, consisterà nell’essere eternamente alimentati dal frutto delle fatiche delle loro mani. Le sante opere da loro praticate sono sin da ora il loro sostegno e il loro cibo in questo esilio. Saranno un giorno la sorgente di quella eterna beatitudine che dalla Scrittura altrove è paragonata ad un torrente di delizie, a un’affluenza di ogni sorta di beni di cui saremo sazi ed inebriati nel cielo.

3 La tua sposa come vite feconda

nell’intimo della tua casa,

i tuoi figli come novelli ulivi

intorno alla tua mensa.

4 Ecco così  sarà benedetto l’uomo

che teme il Signore.

Tali erano le benedizioni della legge antica, la quale prometteva all’uomo che temeva il Signore una sposa che stando chiusa nella sua casa lo avrebbe fatto lieto di molti figli. Vengono questi paragonati dal profeta a teneri olivi che mostrano sempre una grande verzura, che sono vigorosi e i cui frutti sono di una grande soavità. Tutta la beatitudine di un padre consisteva nel vedere intorno alla sua mensa una moltitudine di figli di indole pieghevole  e sempre disposti ad eseguire i suoi voleri. Quello che si dice della moglie e dei figli possiamo spiegarlo in una maniera più sublime della sposa di Gesù Cristo, che è la Chiesa e dei suoi figli, che sono i fedeli. Ella sta ritirata in un angolo della sua casa , poiché, come si dice altrove, tutta la sua bellezza è dentro di lei, dov’è il suo sposo e non al di fuori ove si schierano e si mettono in mostra tutti i vari oggetti della corruzione del secolo. È feconda in virtù della fede; i suoi figli come teneri ulivi circondano la mensa del suo sposo: sono tutti quelli da lei partoriti a Gesù Cristo. Essendo mansueti e miti di cuore , sono degni di avvicinarsi alla mensa del  divino corpo dove mangiano il pane vivente che dona la vita.

5 Ti benedica il Signore da Sion

e veda tu i beni di Gerusalemme

tutti i giorni della tua vita,

6 e veda i figli dei tuoi figli.

Pace su Israele!

Dal momento che Dio aveva scelto in Sion  la sua abitazione, il profeta si rivolge a lui in quel sacro luogo ed invoca la sua benedizione sopra il popolo di Israele. Egli augura a tutto il popolo ritornato dalla schiavitù la consolazione di rivedere la città di Gerusalemme in uno stato florido e ricolmo di beni invece del così misero stato in cui la ritrovarono allorché fecero  ritorno da Babilonia. Tutte queste benedizioni riguardavano ancora di più il popolo nuovo poiché per noi innanzitutto il profeta si indirizza a Dio e lo prega di benedirci dall’alto, ricolmandoci di grazie, di renderci degni di contemplar eternamente i beni della Gerusalemme celeste, di comunicarci mediante il suo spirito una beata fecondità di grazia, onde procurare alla chiesa una santa posterità di figli virtuosi.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

1 Beati tutti quelli che temono il

Signore, che camminano nelle sue vie.

2 Mangerai le fatiche delle tue mani.

Beato sei e bene per te sarà.

Beati tutti coloro che temono il Signore, [e] che camminano nelle sue vie. Parla a molti; ma, poiché questi molti sono in Cristo una sola realtà, continua al singolare e subito dice: Mangerai i lavori dei tuoi frutti. Prima aveva detto: Beati tutti coloro che temono il Signore, [e] che camminano nelle sue vie; perché dire adesso: Mangerai i lavori dei tuoi frutti, e non piuttosto: Mangerete? E perché dire: I lavori dei tuoi frutti, e non: I lavori dei vostri frutti? Così presto si è dimenticato che parlava a molti? Se lo avrai sbattuto a dovere, cosa ti risponde? Parlando a dei cristiani, sebbene siano molti, nell'unico Cristo io li considero una sola unità. Voi dunque siete molti e siete uno; noi siamo molti e siamo uno. In che modo, pur essendo molti, siamo uno? Perché ci teniamo strettamente uniti a colui del quale siamo membra, e se il nostro Capo è in cielo lassù lo seguiranno anche le membra.

3 La tua sposa come vite feconda

nell’intimo della tua casa,

Si dice a Cristo, quindi la sua sposa è la sua Chiesa: noi stessi, sua Chiesa, siamo la sua sposa. Come vite feconda. Per quali suoi figli può dirsi vite feconda la Chiesa? Se guardiamo queste mura, vediamo entrarvi molti [rami] infruttuosi: vi entrano infatti molti ubriaconi, usurai, falsari; molti che consultano gli stregoni, che quando hanno male di testa ricorrono a sedicenti guaritori o guaritrici. Sarà mai questa la fecondità della vite, la prolificità della sposa? Certo no. Queste ne sono le spine, ma essa non è da ogni parte spinosa. Ha una sua fecondità; è una vite feconda: ma dove? Ai fianchi della tua casa. Non di tutti può dirsi che siano fianchi della casa. Indago cosa siano i fianchi della casa, e che dirò? Che sono le pareti, intendendo con ciò le pietre più resistenti? Se si parlasse di questo edificio materiale, forse potremmo intendere così il termine " fianchi ". Nel nostro caso però chiamiamo fianchi della casa coloro che si tengono uniti a Cristo. E ciò non senza motivo. Capita infatti anche nel nostro linguaggio ordinario, come quando, ad esempio, parliamo di uno che si comporta male perché consigliato da amici disonesti. Diciamo: Ha cattivi fiancheggiatori. Che significa: Ha cattivi fiancheggiatori, se non che gli stanno attorno persone cattive? Di un altro viceversa diciamo: Ha buoni fiancheggiatori; e questo per indicare che vive seguendo buoni consigli o, in altre parole, che si regge sulla base di buoni consigli. Fianchi della casa sono, dunque, coloro che vivono uniti a Cristo... Ebbene, sì, la tua sposa [è] come vite feconda; ma in quali persone? Nei fianchi della tua casa. È invece sterile negli altri, cioè in coloro che si trovano staccati da Cristo: i quali non voglio nemmeno computarli fra i componenti la vite.

i tuoi figli come novelli ulivi

intorno alla tua mensa.

I tuoi figli. Identici sono sposa e figli. Nelle nozze e nei matrimoni d'ordine naturale una cosa è la moglie e un'altra i figli; nella Chiesa moglie e figli si identificano. Così gli Apostoli: facevano parte della Chiesa e della Chiesa erano membra. Erano quindi della sposa di Cristo, anzi costituivano la stessa sposa, per quella parte che loro competeva e che avevano conseguita fra le membra [di lei]. Perché allora è detto nei loro riguardi: Quando lo sposo se ne sarà andato, i figli dello sposo digiuneranno? È segno che loro sono la sposa, come sono anche i figli. Vi dirò, miei fratelli, una cosa sorprendente. Esaminando la parola del Signore, troviamo che la Chiesa è fratello, sorella e madre di Cristo. Ci riferiamo all'episodio quando fu annunziato a Gesù che lì fuori c'erano sua madre e i suoi fratelli. Per il fatto di essere fuori costituivano un simbolo. E chi simboleggiava la madre? La sinagoga. Chi i fratelli carnali [di lui]? I giudei che rimangono al di fuori. In effetti la sinagoga è rimasta fuori. Maria invece appartiene ai fianchi della sua casa, come vi fan parte quei suoi parenti che, nati dalla stirpe di Maria Vergine, credettero in lui. E questo non tanto perché fossero suoi congiunti di sangue quanto piuttosto perché ascoltavano la parola di Dio e la mettevano in pratica. .. Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Stese le mani sui discepoli e disse: Ecco mia madre e i miei fratelli. Se erano fratelli, come potevano essere anche sua madre? Aggiunse: Chi infatti compie la volontà del Padre mio, questi è mio fratello e sorella e madre. Probabilmente fratello in relazione al fatto che nella Chiesa ci sono maschi, sorella per le donne che Cristo ugualmente annovera fra le sue membra. Ma madre per quale altro motivo se non perché nella persona del cristiano c'è lo stesso Cristo e ogni giorno la Chiesa partorisce di questi cristiani mediante il battesimo?

4 Ecco così  sarà benedetto l’uomo

che teme il Signore.

Ci si dica ora come debbano essere questi figli. Come? Pacifici. Perché pacifici? Perché beati i pacifici, perché essi saranno chiamati figli di Dio . Ricordiamo come nell'oliva è nascosto il frutto della pace: l'olio infatti simboleggia la pace, come anche simboleggia la carità, senza la quale non ci può essere pace.

5 Ti benedica il Signore da Sion

e veda tu i beni di Gerusalemme

tutti i giorni della tua vita,

Ti benedica il Signore, ma da Sion. Non andare in cerca di benedizioni che non provengono da Sion. Ma non è stato il Signore, o miei fratelli, colui che ha benedetto anche gli altri? Certo, è del Signore anche la benedizione materiale. Se infatti non fosse del Signore ma egli fosse contrario, chi si sposerebbe? E se il Signore non volesse, chi sarebbe sano? Chi potrebbe essere ricco se il Signore non lo volesse? È dunque Dio colui che dà questi beni, ma non ti accorgi che li ha dati anche alle bestie? Non proviene perciò da Sion una tale benedizione. Ti benedica il Signore da Sion e che tu possa vedere i beni di Gerusalemme. Ti consoli dunque il Signore facendoti vedere i beni di Gerusalemme. I quali beni veramente sono [consistenti]. Perché sono [consistenti]? Perché sono eterni. Perché sono [consistenti]? Perché là risiede il re: Io sono colui che sono. Quanto invece ai beni presenti, sono e non sono. Non hanno stabilità: fuggono, corrono via. Hai dei bambini piccoli e tu li accarezzi. Si accarezzano perché bambini, ma forse che rimarranno per sempre tali? Tu stesso desideri che crescano, desideri che avanzino negli anni. Nota però come, sopraggiungendo una nuova età, la precedente scompare. Ecco venire la fanciullezza, ma sparisce l'infanzia; viene l'adolescenza ma sparisce la fanciullezza; viene la giovinezza ma muore l'adolescenza; viene la vecchiaia ma muore la giovinezza, finché, arrivando la morte, finisce ogni età. Desiderando quindi il passaggio ad una nuova età [della vita], desideri insieme anche la morte dell'età precedente. Tutte queste cose quindi non sono… Tuttavia, se si gode per dei figli che vengono a prenderci il posto, quanto più non si dovrà godere per quei figli con i quali si vivrà stabilmente e per quel Padre che ci ha generati, il quale non solo non muore ma ha il potere di farci vivere per sempre con lui? Ecco i beni di Gerusalemme; essi davvero son beni che sussistono. Orbene, ti benedica il Signore da Sion, e che tu possa vedere i beni di Gerusalemme. Quanto agli altri beni a cui volgi lo sguardo, li vedi da cieco. Che tu veda! ma quei beni che si vedono col cuore. E quanto tempo durerà il mio vedere i beni di Gerusalemme? Tutti i giorni della tua vita. Se la tua vita sarà eterna, in eterno vedrai i beni di Gerusalemme. Se al contrario, miei fratelli, si trattasse di questi beni temporali, non li vedresti per tutti i giorni della tua vita.

6 e veda i figli dei tuoi figli.

Pace su Israele!

E che tu veda, non solamente i tuoi figli, ma anche i figli dei tuoi figli. Che significa: I tuoi figli? Le opere che tu stesso compi quaggiù. E i figli dei figli cosa sono? I risultati delle tue opere. Tu fai l'elemosina: è un tuo figlio. In premio dell'elemosina ricevi la vita eterna: è un figlio di tuo figlio. Che tu veda i figli dei tuoi figli. In tal modo si verificherà anche l'augurio successivo con cui [il salmo] si conclude: Sia pace su Israele! È questa la pace che noi vi predichiamo, che noi stessi amiamo e desideriamo sia amata da voi. È una pace che conseguiranno coloro che qui in terra sono stati pacifici. Per essere di là nella pace occorre essere pacifici di qua. Tali pacifici attorniano la mensa del Signore come polloni di olivo, sicché l'albero non rimane infruttuoso come quel fico in cui il Signore non trovò frutto quel giorno che ebbe fame .

Dai Padri

Ilario: quando si parla di timore nella Scrittura, discerniamo bene di quale timore si tratta? Si giunge gradualmente al timore di Dio invocando la sapienza che ce lo insegna. Invece, per l’opinione mondana, il timore sarebbe il tremito della debolezza umana davanti a un male che questa rifiuta di subire: la violenza, la malattia… Quel timore non si insegna.

Del timore del Signore è scritto: venite, figli, ascoltate, vi insegnerò il timore del Signore (Salmo 33,11). Non consiste quindi nel terrore ma in una sapienza di dottrina, nell’obbedienza, nella innocenza, nella conoscenza della verità. Se dobbiamo temere Dio per i lampi e il tuono, dove è la fede in questo tipo di timore? Per noi, il timore di Dio sta tutto nell’amore; e la consumazione di questo timore è l’amore perfetto, che caccia ogni paura. La testimonianza del timore di Dio è l’obbedienza. Se qualcuno teme senza obbedire, sperimenta il tremore della carne non la beatitudine del timore di Dio.

Origene: richiama le benedizioni dell’alleanza (Deuteronomio 28 – 30).

Crisostomo: il salmo dice: Beati tutti; quindi tutti possono avere questa beatitudine, lo schiavo, il padrone, il povero, il ricco, il mutilato… Invece, quando cerchiamo gli altri beni, non riusciamo mai ad avere tutto quello che vorremmo. Il padrone ebbe questa sola beatitudine e disse: neppure tu temi Dio? (Luca 23,40).

Cassiodoro: questo salmo mette in risalto il timore del Signore, che non è timore mondano: il timore mondano rende gli uomini infelici, mentre il timore del Signore scaturisce dall’amore, nasce dalla carità e porta alla mitezza; cita Deuteronomio 10,12: che cosa chiede da te il Signore tuo Dio, se non che tu tema il Signore Dio tuo, e tu cammini per le sue vie e tu lo ami, e tu serva il Signore Dio tuo con tutto il cuore e con tutta l’anima?

Crisostomo: le vie che conducono in cielo: si usa il plurale perché ve ne sono di diverso genere.

Ilario: ci sono molte vie del Signore e non ce ne è che una sola: per mezzo dell’insegnamento di numerosi apostoli e profeti, dobbiamo trovare la via.

Atanasio: senso spirituale: nel regno di Dio, sarai colmato dei frutti di giustizia che produrrai sopportando le tribolazioni di questo mondo.

Atanasio: diverrai degno della beatitudine dei santi ed entrerai nella gioia del tuo Signore.

Crisostomo il salmista ripete: beato… Perché si attarda con gioia davanti alla sublimità di ciò che contempla, in visione profetica.

3 Ilario: la mensa è il corpo del Signore, ma anche i suoi insegnamenti. In senso spirituale i figli sono le opere buone.

Atanasio: s’ beni spirituali: ciò che occhio non vide. Sono le promesse messianiche.

Crisostomo: i beni di Gerusalemme sono tutti i beni messianici. È bene notare che nella preghiera domenicale si chiede una sola cosa materiale: il pane quotidiano. Gli altri doni che si chiedono sono spirituali.

 

 

 

 

 

salmo 128

( cantico delle ascensioni )

1 Molte volte mi hanno assalito

dalla mia giovinezza, lo dica ora Israele.

2 Spesso mi hanno assalito

dalla mia giovinezza, perchè

non hanno avuto potere su di me

3 Sopra il mio dorso  fabbricavano i peccatori:

a lungo hanno praticato la loro iniquità.

4 Il Signore giusto  taglierà

le cervici dei peccatori.

5 Siano confusi e respinti indietro

tutti quelli che odiano Sion.

6  Diventino come l’erba dei tetti

che prima di essere strappata si è già seccata,

7 di cui non ha riempito  la sua

mano chi miete e il suo seno chi raccoglie fasci.

8 E non hanno detto  quelli che

passavano: La benedizione del

Signore su di voi. Vi abbiamo

benedetti nel nome del Signore.

 

da Sacy

( cantico delle ascensioni )

1 Molte volte mi hanno assalito

dalla mia giovinezza, lo dica ora Israele.

2 Spesso mi hanno assalito

dalla mia giovinezza, perchè

non hanno avuto potere su di me

3 Sopra il mio dorso  fabbricavano i peccatori:

a lungo hanno praticato la loro iniquità.

Sant’Agostino applica questi versetti alla Chiesa e fa vedere che essa è stata assalita in tutti i secoli dopo la sua gioventù, cioè dopo Abele, dalla iniquità e dalla malizia dei peccatori, ma essa sussisterà fino alla fine per la potenza di colui che ha dichiarato che contro di lei non prevarranno le forze dell’Inferno. Si possono anche applicare in modo particolare a Gesù Cristo e a molti martiri le parole del profeta. La carne del capo e delle sue membra era come una terra mirabile che essendo per così dire coltivata e lavorata doveva produrre una messe abbondante secondo il così celebre detto di uno antico: il sangue dei martiri è seme di molti cristiani. Vero è che l’iniquità e l’ingiustizia dei peccatori durò lungamente: per ben tre secoli imperversarono le persecuzioni dei pagani. Le potenze delle tenebre, dice un grande Santo, non si muovono così spesso ad assalire i veri fedeli se non a causa della fermezza della loro fede. È un segno che questi non si possono sopraffare il vedere che mai cessano di essere assaliti.

4 Il Signore giusto  taglierà

le cervici dei peccatori.

5 Siano confusi e respinti indietro

tutti quelli che odiano Sion.

Il Signore taglia la cervice ai peccatori. Egli è giusto, perciò libererà il popolo suo dalla ingiustizia dei suoi assalitori. È però così paziente che invita i peccatori a penitenza, non castigando subito le loro iniquità, ma aspettando che si cambi la loro volontà e cessi finalmente il peccato. Verrà tempo che taglierà a loro la cervice ed abbatterà il loro orgoglio, quando avranno abusato della sua pazienza e sarà passato il tempo della misericordia. Quelli che odiano Sion, figura della Chiesa, saranno tutti coperti di confusione e costretti a tornare indietro, cioè non avendo voluto sottomettersi alla verità si vedranno da ultimo abbattuti dalla verità che hanno rigettato.

6  Diventino come l’erba dei tetti

che prima di essere strappata si è già seccata,

7 di cui non ha riempito  la sua

mano chi miete e il suo seno chi raccoglie fasci.

Il profeta paragona i nemici del popolo di Dio non solo a fieno comune ma all’erba che cresce sui tetti, poiché essa è assolutamente inutile ad ogni uso, essendo arida già prima che venga sradicata. I mietitori neppure si danno pensiero di raccoglierla. Questo non distrugge la verità dell’altro detto della Scrittura: che alla fine del mondo comanderà Dio ai mietitori di raccogliere prima il loglio, che è figura dei peccatori e di legarlo in fasci per arderlo, e poi di riunire il frumento nel granaio. Il profeta vuole fare intendere quanto disprezzati saranno un giorno coloro che nel tempo della loro prosperità si sono considerati come padroni del mondo ed hanno oppresso i piccoli. Saranno raccolti come zizzania e bruceranno eternamente nell’inferno.

8 E non hanno detto  quelli che

passavano: La benedizione del

Signore su di voi. Vi abbiamo

benedetti nel nome del Signore.

Queste espressioni, secondo tutti gli interpreti, sono relative alla consuetudine che hanno quelli che passano davanti a un campo di spighe biondeggianti o davanti ai mietitori, di augurare loro la benedizione del Signore per un abbondante raccolto. Avendo il santo profeta paragonato i nemici di Sion all’erba secca dei tetti, aggiunge che i passanti non  augureranno la benedizione del cielo, come si fa per la messe del frumento, poiché questa erba non è buona a nulla ed è universalmente disprezzata.

Da Agostino

( cantico delle ascensioni )

1 Molte volte mi hanno assalito

dalla mia giovinezza, lo dica ora Israele.

2 Spesso mi hanno assalito

dalla mia giovinezza, perchè

non hanno avuto potere su di me

Spesso [e] fin dalla mia giovinezza mi hanno combattuta. È la Chiesa che parla di coloro che le tocca sopportare, e pare voglia dire: Ma è forse da adesso? Da gran tempo esiste la Chiesa: essa è sulla terra da quando furono chiamati i [primi] santi. Un tempo risultò costituita dal solo Abele, e fu combattuta da Caino, fratello cattivo e sciagurato . Poi fu costituita dal solo Enoch, e lo si dovette sottrarre di fra mezzo agli iniqui . Poi fu costituita dalla famiglia di Noè, e dovette sostenere l'opposizione di tutti coloro che perirono nel diluvio, quando solamente l'arca restò a galleggiare sui marosi finché non toccò la terraferma . In seguito la Chiesa fu costituita dal solo Abramo, e ben note ci sono le prove che ebbe a subire da parte dei cattivi; poi risultò formata esclusivamente da Lot, figlio di suo fratello, e dalla famiglia di lui, residente a Sodoma, e dei sodomiti dovette affrontare gli abusi e la perversione finché Dio non intervenne a liberarlo . Più tardi la Chiesa fu costituita dal popolo d'Israele, ma ebbe a tollerare l'odio del faraone e degli egiziani. Nell'ambito della Chiesa così costituita, cioè all'interno dello stesso popolo israelitico, la Chiesa cominciò a contare certi santi quali Mosè e altri, i quali però dovettero soffrire da parte dei giudei iniqui, sebbene popolo d'Israele. E così si giunse al nostro Signore Gesù Cristo e cominciò a predicarsi il Vangelo.

3 Sopra il mio dorso  fabbricavano i peccatori:

a lungo hanno praticato la loro iniquità.

Spesse volte [e] fin dalla mia giovinezza mi hanno combattuta; difatti però non riuscirono [a prevalere] contro di me; sopra le mie spalle hanno costruito i peccatori. Cioè: Non essendo riusciti a estorcere il mio consenso, mi procurarono pesi da portare… Per avermi combattuta fin dalla mia giovinezza qual nocumento potevano arrecarmi? Mi hanno messa alla prova, non mi hanno schiacciata. Son riusciti a fare quel che il fuoco fa con l'oro, non col fieno. Applicato all'oro, il fuoco ne toglie le scorie; applicato alla paglia la riduce in cenere. Siccome non riuscirono [a prevalere] contro di me - in quanto io non ho consentito a loro e loro non sono riusciti a rendermi com'essi - i peccatori hanno costruito sopra le mie spalle, hanno sospinto lontano la loro ingiustizia. Mi han procurato pesi da portare, ma non sono riusciti a estorcermi il consenso. Pertanto la loro malizia è estranea a me.

4 Il Signore giusto  taglierà

le cervici dei peccatori.

Se  tutti siamo peccatori e nessuno è esente da peccato, tutti dobbiamo temere la spada sospesa sopra le nostre teste, poiché il Signore giusto taglierà la testa dei peccatori. Non credo, miei fratelli, che si riferisca a tutti i peccatori, ma dal membro colpito, la testa, ci lascia intravvedere quale sia la categoria dei peccatori che viene punita. Non dice infatti: Il Signore giusto troncherà le mani dei peccatori, e nemmeno: Il Signore giusto troncherà i piedi dei peccatori. Non dice così, ma menziona la testa; e questo perché col nome di peccatori intende i superbi, i quali superbi son tutti gente che incede a testa alta. Essi non solo commettono il male ma si rifiutano anche di riconoscerlo; e, se li si rimprovera, tentano ogni via per giustificarsi.

5 Siano confusi e respinti indietro

tutti quelli che odiano Sion.

Siano confusi e si volgano indietro tutti coloro che odiano Sion. Odiano Sion coloro che odiano la Chiesa, poiché Sion è la Chiesa. Anche coloro che entrano nella Chiesa con intenzioni non rette odiano la Chiesa, come la odiano quei tali che ricusano di mettere in pratica la parola di Dio. Essi hanno costruito sulle mie spalle. Cosa dovrà fare la Chiesa se non sopportarli sino alla fine?

6  Diventino come l’erba dei tetti

che prima di essere strappata si è già seccata,

Nei riguardi di loro cosa dice [il salmo]? Prosegue: Diventino come l'erba dei tetti che si secca prima d'essere sradicata. L'erba dei tetti è quella che nasce appunto sul tetto fra le tegole. A guardarla, sta in alto, però non ha radici. Quanto sarebbe stato meglio per lei se fosse nata in basso, e con quanto maggiore giocondità verdeggerebbe? Invece nasce in alto per seccarsi più presto: non la si è ancora sradicata e già è secca. Non sono ancora finiti, poiché non è arrivato il giudizio di Dio; eppure è disseccata la linfa che li faceva verdeggiare. Guardate alle loro opere e vedrete che sono davvero inariditi. Ma vivono e sono ancora quaggiù: quindi non è vero che siano stati sradicati. Sì, si sono essiccati, sebbene non siano ancora stati strappati dalla terra. Son diventati proprio come l'erba dei tetti, che inaridisce prima che la si sradichi.

7 di cui non ha riempito  la sua

mano chi miete e il suo seno chi raccoglie fasci.

Verranno in seguito i mietitori ma con loro non formeranno dei covoni. In effetti, i mietitori verranno e riporranno nel granaio il buon frumento, mentre del loglio faranno dei fasci che butteranno nel fuoco. Così ogni tetto sarà ripulito dall'erbaccia e tutta questa erbaccia sarà sradicata e gettata nel fuoco, essendo secca già prima che la si sradicasse. Impossibile quindi che con essa il mietitore si riempia le mani.

8 E non hanno detto  quelli che

passavano: La benedizione del

Signore su di voi. Vi abbiamo

benedetti nel nome del Signore.

Quelli che camminano sulla strada chi sono? Son coloro che, traversata quella via che è la vita presente, sono giunti in patria. Tali passanti sono stati gli Apostoli, quando erano vivi; sono stati i profeti. E su chi sparsero benedizioni gli Apostoli e i profeti? Su coloro nei quali videro la radice della carità. Quanto agli altri invece, cioè coloro che videro troneggiare sui tetti, pieni di superbia nella testa del loro scudo, essi li avversarono predicendo quel che sarebbero [alla fine] diventati, né diedero ad essi la benedizione. Effettivamente, se leggete cos'è detto nelle Scritture a proposito dei tanti cattivi che la Chiesa tollera, troverete che li si chiama maledetti, che appartengono all'anticristo, al diavolo, che costituiscono la paglia e la zizzania.

Dai Padri

Atanasio: i seguaci del Cristo sanno che subiranno persecuzioni ma che Cristo sarà vincitore.

Crisostomo: Dio ha voluto che i giudei fossero ora vinti, ora vincitori, perché questo servisse loro come istruzione; ma non ha mai permesso che questo popolo eletto fosse distrutto.

Teodoreto: chiama giovinezza il tempo della schiavitù di Israele in Egitto e della sua liberazione. È Israele ma è anche la Chiesa.

Cassiodoro ricorda il Salmo 36,25: sono stato giovane ed eccomi invecchiato, eppure non ho visto un giusto abbandonato. La persecuzione dei giusti esiste da sempre: Abele… Giobbe… Alla morte del Cristo, la Chiesa sembrava perdere tutto ed era esattamente il contrario. La Chiesa è ora giunta alla vecchiaia, sono gli ultimi tempi, è l’ultima ora.

Ilario: l’artefice delle ingiustizie umane è il diavolo mentre l’uomo è l’esecutore di questa ingiustizia. L’esecuzione materiale è dell’uomo, l’ impulso viene dal diavolo. In ogni tentazione è bene riconoscere questo tentatore.

Cassiodoro: lo dica Israele: ora, sulla terra; ma in cielo non canteremo che le lodi del Signore.

Origene: sul mio dorso: questa espressione è sinonimo di inganno, frode e perfidia.

Cassiodoro: sul mio dorso: di nascosto.

Ilario: mi hanno attaccato alle spalle. Quanto a noi, dimentichiamo, ciò che è dietro le nostre spalle.

Ilario: trascinano il loro peccato come una lunga corda e senza fine.

Atanasio: i persecutori feroci periranno di triste morte.

Crisostomo: il Signore giusto ha tagliato la cervice o le corde, altra lezione possibile, dei peccatori. Le stesse persecuzioni sono continuate contro il secondo popolo, la Chiesa. Anche lei continua a sopravvivere mentre i suoi nemici muoiono.

Ilario: il Signore è paziente, invia la punizione ma questa verrà.

Cassiodoro: cominciano ora le imprecazioni contro coloro che odiano il Signore: temeranno come giudice colui che avevano disprezzato.

Crisostomo: non avranno radice, cadranno da soli.

Cassiodoro: se avessero germogliato nella valle del pianto del salmo 83,6, i loro frutti sarebbero maturati con la grazia di Dio.

7 Atanasio: gli angeli mietitori, cioè quelli che accolgono le anime nell’altro mondo, e gli angeli loro custodi in questo mondo non trovano nulla in essi da raccogliere e da offrire a Dio come seme di giustizia.

Agostino e Cassiodoro: gli angeli mietitori.

Origene: ci sono fasci di loglio. Non possono saziare l’anima perché non appartengono a colui che riempie tutte le cose.

Origene: i santi che vivano transitoriamente in questo mondo non benedicono quei covoni.

Teodoreto: è un’usanza della campagna invocare la benedizione di Dio sui mietitori, quando si passa davanti a loro.

Girolamo: santi di Dio sono passati per andare in cielo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 129

( Cantico delle ascensioni )

1 Dalle profondità ho gridato a te, Signore,

2 Signore, ascolta la mia voce,

siano le tue orecchie attente

alla voce della mia supplica.

3 Se scruterai le iniquità, Signore,

Signore chi potrà resistere?

4 Poiché presso di te c’è propiziazione.

Per la tua legge, ti ho atteso, Signore.

Ha atteso l’anima mia nella sua parola.

5 Ha sperato l’anima mia nel Signore.

6 Dalla veglia del mattino fino a

notte speri Israele nel Signore,

7 perché presso il Signore è la

misericordia e grande presso di lui

la redenzione;

8 ed egli redimerà Israele da tutte le sue iniquità.

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 Dalle profondità ho gridato a te, Signore,

2 Signore, ascolta la mia voce,

siano le tue orecchie attente

alla voce della mia supplica.

Quello che pregava era immerso in un profondo abisso di miserie e si considerava come infinitamente lontano da Dio. Per questo egli implora il suo soccorso con grandi esclamazioni perché i suoi peccati lo rendevano indegno di avvicinarsi alla sua somma purità. Davide esclama, secondo i padri, non tanto con la lingua, quanto con l’intimo del cuore.

3 Se scruterai le iniquità, Signore,

Signore chi potrà resistere?

4 Poiché presso di te c’è propiziazione.

Per la tua legge, ti ho atteso, Signore.

Ha atteso l’anima mia nella sua parola.

5 Ha sperato l’anima mia nel Signore.

Il profeta ci fa intendere che se il Signore volesse giudicarci secondo il rigore della sua giustizia nessuno potrebbe sussistere alla sua presenza, ma Egli è pieno di misericordia e questo ci fa ben sperare. Ecco dunque secondo san Giovanni Crisostomo il tenore del discorso del profeta: se io mi fossi fermato soltanto a considerare le mie iniquità avrei perso ogni fiducia ed ogni speranza. Ma pensando alla tua parola e alla tua legge che promette la tua indulgenza se ritorniamo a te, ho incominciato a sperare nella tua bontà o mio Dio. Tu hai dichiarato che quanto il cielo si innalza sopra la terra, altrettanto tu hai confermato la tua misericordia su quelli che ti temono: l’Oriente non è tanto lontano dall’Occidente come tu hai allontanato da noi le nostre iniquità.

6 Dalla veglia del mattino fino a

notte speri Israele nel Signore,

7 perché presso il Signore è la

misericordia e grande presso di lui

la redenzione;

Dal momento della nostra nascita, che può essere figurata dalla veglia del mattino, fino alla nostra morte, che è il tempo della notte, noi dobbiamo di continuo sperare in Dio: in tutto il corso della vita non c’è alcun tempo in cui siamo esclusi da tale speranza. Il Signore, come dice Giovanni Crisostomo, perdona tutto a quelli che sinceramente ed umilmente implorano il suo perdono. In lui, secondo il profeta, si trova una sorgente e un tesoro inesauribile di bontà: un’ abbondante redenzione  ricopre in noi un’ abbondante iniquità.

8 ed egli redimerà Israele da tutte le sue iniquità.

Chi sarebbe capace, come dice il salmista, di resistere alla presenza di Dio, se egli tenesse in conto tutte le iniquità del suo popolo? Ma Israele ha motivo di sperare in lui perché non solo non esaminerà con rigore tutte le sue iniquità per castigarle, ma perché, come dice San Paolo egli diffonderà una sovrabbondanza di grazia dove prima c’era una sovrabbondanza di peccato. Quale fiducia e quale consolazione non dobbiamo avere, essendo certi che il giudice e il vendicatore dei nostri peccati è al tempo stesso in nostro Redentore e Salvatore.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

1 Dalle profondità ho gridato a te, Signore,

2 Signore, ascolta la mia voce,

siano le tue orecchie attente

alla voce della mia supplica.

Dal profondo ho gridato a te, Signore; Signore, ascolta la mia voce. E', questa, la voce di uno che ascende: essa echeggia da un cantico dei gradini. Occorre pertanto che ciascuno di noi comprenda quale sia l'abisso in cui si trova e da cui grida al Signore. Giona fu uno che gridò al Signore dall'abisso, dal ventre del mostro marino . Egli si trovava non solo nelle profondità del mare ma anche nelle viscere di una bestia; eppure né il corpo [del mostro] né i flutti del mare impedirono alla sua preghiera di arrivare a Dio. La voce dell'orante non poté essere trattenuta nemmeno dal ventre dell'animale: superò tutto, squarciò tutto, finché non giunse all'orecchio di Dio… Dobbiamo renderci conto di quale sia l'abisso dal quale gridiamo al Signore. Questo baratro è la nostra stessa vita mortale; e chiunque vi si sente immerso, grida, geme, sospira, finché non ne venga tratto fuori e raggiunga colui che risiede al di sopra degli abissi, anzi al di sopra dei cherubini e di tutte le creature, non solo materiali ma anche spirituali. L'anima fedele continuerà a gemere finché non raggiunga colui che l'ha creata e da lui venga liberata l'immagine divina che è l'uomo stesso, immagine che, trovandosi nell'abisso di questo mondo, ormai si è logorata per essere stata sbattuta dai continui marosi. Se a rinnovarla e ad aggiustarla non interviene Dio che l'ha scolpita nell'uomo al momento della creazione, essa rimarrà per sempre nell'abisso.

3 Se scruterai le iniquità, Signore,

Signore chi potrà resistere?

Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere? Ecco indicato chiaramente l'abisso da dove gridava. Gridava da sotto il cumulo delle sue colpe, sommerso dai loro marosi. Aveva esaminato se stesso e tutti i risvolti della sua vita, e l'aveva trovata ovunque coperta di atrocità e delitti. In nessuna parte dove aveva posato lo sguardo era riuscito a trovare del bene: nemmeno il più piccolo squarcio di quel sereno che è frutto di giustizia gli si era offerto [allo sguardo]. Vedendo quindi per ogni dove i suoi innumerevoli e gravissimi peccati, o meglio le montagne dei suoi misfatti, come in preda al terrore esclamava: Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere? Non ha detto: Io non resisterò, ma: Chi potrà resistere? Ha notato come attorno alla vita di ciascun uomo, o quasi, si leva come un latrare causato dai peccati commessi; ha compreso che ogni coscienza è sotto accusa per i pensieri che l'attraversano e che non c'è [sulla terra] un cuore casto che possa sentirsi sicuro sulla base della propria giustizia. Se pertanto non c'è cuore casto che possa nutrire fiducia basandosi sulla propria giustizia,  ci si fidi tutti della misericordia di Dio e si dica: Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere?

4 Poiché presso di te c’è propiziazione.

Per la tua legge, ti ho atteso, Signore.

Ha atteso l’anima mia nella sua parola.

Notate ora la voce del peccatore che grida dall'abisso: Dal profondo ho gridato a te, Signore; Signore, ascolta la mia voce. I tuoi orecchi siano attenti alla voce della mia supplica. Da dove grida? Dall'abisso. Chi grida? Il peccatore. Quale speranza lo induce a gridare? Grida perché colui che venne a rimettere i peccati non lasciò senza speranza nemmeno il peccatore che avesse toccato il fondo [del male]. In questa fiducia, dopo le parole precedenti cosa aggiunge? .] Eppure egli ha fiducia. Perché? Perché presso di te c'è propiziazione. Ora, questa propiziazione cos'è se non un sacrificio? E qual è questo sacrificio se non quello che venne offerto per noi? Venne sparso un sangue innocente e con esso vennero cancellate tutte le colpe dei peccatori; venne sborsato un prezzo talmente grande che valse a redimere tutti i prigionieri dalle mani del nemico che li teneva imprigionati. Veramente presso di te c'è propiziazione. Se infatti non ci fosse propiziazione, se cioè tu volessi essere soltanto giudice rifiutando ogni misericordia e scrutassi con severità tutte le nostre colpe esigendone l'espiazione, chi potrebbe resistere? chi potrebbe sostenere la tua presenza e dirti: Io sono innocente? ovvero chi potrebbe affrontare il tuo giudizio? Una sola è quindi la nostra speranza: il fatto che presso di te c'è propiziazione. Per amore della tua legge io ti ho atteso, Signore. Qual è questa legge? Forse quella che rende peccatori? Ai giudei infatti fu data una legge che, sebbene fosse santa, giusta e buona, non poteva renderli se non peccatori . Non fu [loro] data una legge capace di portarli alla vita ma solo di mostrare i peccati che l'uomo peccatore effettivamente aveva . Egli infatti s'era dimenticato d'essere peccatore né era in grado di capire il suo stato. Affinché se ne rendesse conto gli fu data la legge. Questa legge lo rese più colpevole, ma il Legislatore venne poi a liberarlo, poiché a dare quella legge era stato lo stesso Imperatore. Comunque, la legge che gli era stata data mirava a incutere timore e ad accrescere la schiavitù della colpa. Non scioglieva, quella legge, i vincoli del peccato ma metteva a nudo i peccati. Asservito forse a questa legge, il salmista, nell'abisso in cui giace, si rende conto delle trasgressioni che ha commesse contro la legge, e per questo esclama: Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere? Significa con questo che c'è un'altra legge, quella della misericordia divina: la legge di Dio divenuto propizio. Se l'antica legge fu legge di timore, quest'altra è legge di carità: la quale legge di carità ottiene il perdono dei peccati, cancella le colpe del passato e consiglia per quanto concerne il futuro… Non abbandona quanti le si accompagnano nella via; si offre anzi ad accompagnare quanti la scelgono per guida. Occorre però che tu ti metta d'accordo con il tuo avversario mentre sei ancora in viaggio con lui . Tuo avversario è, in questo caso, la parola di Dio, finché tu vivi in contrasto con essa. Quando invece comincerai a provar gusto nell'eseguire quel che ti ordina la parola di Dio, allora sei d'accordo, ed essa da avversaria ti diventa amica, per cui al termine del viaggio non ci sarà alcuno che ti consegni in mano al giudice.

5 Ha sperato l’anima mia nel Signore.

In questo senso dunque per amore della tua legge ti ho atteso, Signore: perché tu ti sei degnato d'impormi una legge di misericordia, di perdonarmi tutti i peccati e di darmi delle direttive per non offenderti ulteriormente. E se in qualcuna di queste tue prescrizioni mi capitasse di vacillare, tu mi hai dato il rimedio anche per questo: poterti cioè pregare e dirti: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori . Questa è la legge che mi hai imposta: che sia perdonato a me come io perdono agli altri. Per amore di questa legge io ti ho atteso, Signore. Ho aspettato la tua venuta, in cui sarei stato liberato da ogni angustia, poiché nel tempo stesso dell'angustia tu non mi avevi privato della legge della misericordia.

6 Dalla veglia del mattino fino a

notte speri Israele nel Signore,

La mia anima ha sperato nel Signore dalla veglia del mattino fino a notte, è un'espressione da riferirsi al fatto che il nostro Signore, per i cui meriti ci sono stati rimessi i peccati, risuscitò da morte durante la veglia del mattino, e su questa base anche noi possiamo attendere per noi stessi quel che in anticipo è avvenuto nella persona del Signore. Sono stati, quindi, rimessi i nostri peccati, ma non siamo ancora risorti. Se non siamo risorti, non s'è avverato in noi ciò che invece si è avverato nel nostro Capo. Cos'è accaduto nel nostro Capo? Nel nostro Capo è risorta anche la carne, poiché, quanto all'anima, forse che essa incorse nella morte? Risorse ciò che in lui era morto e risorse il terzo giorno. Con questo il nostro Signore ci ha come detto: Quel che avete visto in me, speratelo anche per voi. Cioè: Essendo io risuscitato, risorgerete anche voi…

Dalla veglia del mattino Israele speri nel Signore. Non solamente Israele speri nel Signore, ma dalla veglia del mattino Israele speri. Sarà dunque cosa riprovevole la speranza di cose terrene quando le si spera da Dio? No, ma la speranza che distingue Israele è diversa. Che Israele non si riprometta come suo bene supremo le ricchezze o la salute fisica o l'abbondanza dei beni terreni! Gli toccherà anzi sostenere tribolazioni o già, forse, ha esperimentato molestie a causa della verità. Speravano in Dio i martiri, eppure ebbero in sorte gli stessi tormenti degli assassini e dei malfattori: furono gettati in pasto alle belve, bruciati, decapitati, scarnificati, incatenati e uccisi in prigione. Mentre subivano questi mali, forse che non speravano nel Signore? Ovvero vi speravano per essere esentati dalle sofferenze e potersi godere la vita presente? Certo no. Essi speravano [in Dio] fin dalla veglia del mattino. Che significa questo? Significa che essi non perdevano di vista quella veglia mattutina in cui il loro Signore era risorto e si ricordavano come anche lui, prima di risorgere, aveva affrontato le stesse sofferenze che ora essi subivano. In tal modo erano fiduciosi che, passati tutti i tormenti, sarebbero anche loro risorti per la vita eterna. Israele ha sperato nel Signore dalla veglia del mattino fino alla notte.

7 perché presso il Signore è la

misericordia e grande presso di lui

la redenzione;

8 ed egli redimerà Israele da tutte le sue iniquità.

Perché presso il Signore [c'è] la misericordia e abbondante [è] presso di lui la redenzione. Splendido! Nulla di meglio si sarebbe potuto dire in riferimento a quanto detto sopra: Dalla veglia del mattino Israele speri nel Signore. Perché? Perché il Signore risorse durante la veglia del mattino e il corpo deve ripromettersi la stessa sorte che l'ha preceduto nel Capo. Tuttavia a questo punto potrebbe insinuarsi un'idea come questa: È vero che il Capo risorse, ma lui lo poté perché non era gravato di peccati, che anzi ne era completamente esente; ma di noi che ne sarà? Noi siamo sotto il peso di tanti peccati; potremo ciononostante sperare la stessa resurrezione del Signore? Osserva bene come continua: Presso il Signore c'è la misericordia e abbondante è presso di lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe. Per quanto dunque l'uomo si senta gravato di colpe, c'è sempre la misericordia di Dio. Anzi, se è andato innanzi a noi uno che era senza peccato, l'ha fatto proprio per eliminare i peccati di chi l'avrebbe seguito. Non riponete in voi stessi la vostra fiducia ma volgetela a quella veglia del mattino. Fissate lo sguardo sul vostro Capo, risorto e asceso al cielo. In lui non c'era colpa, e per suo mezzo saranno cancellate anche le colpe vostre. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe. Israele poté vendersi e diventare schiavo del peccato, ma da solo non potrà redimersi dalle iniquità. Lo potrà redimere solamente colui che [al peccato] non poté vendersi. Colui che fu senza peccato è il Redentore [che libera] dal peccato. Egli redimerà Israele. Da che cosa lo redimerà? Da questa colpa o da quella? Lo redimerà da tutte le sue colpe.

Dai Padri

Crisostomo: dalle profondità del cuore, con un desiderio ardente e un grande slancio dello spirito. Tali sono le anime afflitte: mettono in moto tutto il loro cuore e tutto il loro essere. Invocano Dio con grande compunzione e così sono esaudite. Tali preghiere sono molto potenti e il diavolo non può far nulla contro di esse: sono come un albero che ha radici molto profonde e che resiste perciò al vento. Preghiere con radici così profonde non saranno rese vane né dalle distrazioni, per quanto numerose possano essere, né dagli assalti dei demoni. I santi pregavano con una tale forza che piegava tutto il loro corpo. Elia cercava prima la solitudine, poi nascondeva la testa tra le ginocchia e quindi effondeva le sue preghiere… Prega anche in piedi, ma sempre con una tale forza che può far scendere  il fuoco dal cielo o risuscitare un morto.

Teodoreto: il coro dei giusti canta questo salmo. È proprio il contrario di Isaia 29,13: questo popolo mi onora con le labbra, ma col cuore è lontano da me. Dalle profondità: dal profondo dell’uomo, dal cuore stesso.

Cassiodoro: è dalle profondità che Pietro versò le sue gloriose lacrime, che  il pubblicano si batteva il petto, che Giona gridava verso il Signore.

Agostino: Giona  gridò dalle profondità, dal ventre del pesce. Era non solo sotto i flutti, ma nel ventre del pesce: ma nè questo grande corpo né i flutti poterono arrestare la sua preghiera. Essa attraversò tutto, lacerò tutto e giunse alle orecchie di Dio. È un peccatore colui che grida. Con quale speranza? Spera in qualcuno che è venuto a riscattarci dai peccati e ci ha donato la speranza, anche quando siamo nell’abisso.

Gregorio Magno: chiunque si trova nell’abisso grida verso colui che scruta gli abissi e siede sui cherubini… Grida per poter giungere a gioire della luce della conoscenza divina. Giona  gridò verso il Signore dal ventre del pesce, dalla profondità del mare e dalla profondità della sua disobbedienza. Il peccatore grida… Ma si può applicare questo salmo a un uomo che ha disposto nel suo cuore ascensioni? Sì, perché più i giusti si avvicinano a Dio e più si sentono peccatori e infermi. È  nel momento in cui parla a Dio che Abramo si vede cenere e polvere (Genesi 18,27); è quando vede Dio che Giacobbe comincia a zoppicare (Genesi 32,24). Non avere più alcuna speranza nella carne è come perdere una gamba. La vita di questo mondo ha una profondità che schiaccia il peccatore, rovina l’empio e turba il giusto.

2 Origene il ripetere la parola Signore è proprio di colui che ammira l’enorme peso della misericordia divina che opera senza le nostre opere.

Gregorio Magno: la ripetizione del nome Signore raddoppia l’ intensità della preghiera. Questa insistenza sembra creare un diritto. Cita come esempio Matteo 15,23: mandala via, perché ci viene dietro gridando! La cananea, infiammata di fede e d’amore non cessa di gridare finché non abbia ottenuto la guarigione della figlia.

Origene: le orecchie di Dio sono immagine della sua potenza di ascolto della preghiera.

Gregorio Magno: è come dire a Dio di mettere da parte gli altri problemi per prestare tutta la sua attenzione a questo solo uomo che lo supplica.

Crisostomo: da parte mia, porto la preghiera. Poi sei tu che devi agire.

3 Atanasio: se guardi i nostri peccati non ci sarà neppure un piccolo resto.

Gregorio Magno cita Romani 3,23: tutti hanno peccato. Ma la confessione del peccato giunge fino a distruggere, presso Dio, il ricordo del peccato.

Atanasio: il nostro Signore Gesù Cristo è propiziazione per il mondo intero.

Crisostomo: solo la tua misericordia può salvarci dalla collera del giudizio.

Girolamo: il Cristo ci ha riconciliati al Padre.

Gregorio Magno: propiziazione: è il Cristo Gesù.

5 Atanasio: per il tuo nome: sono parole proprie di chi viene non per necessità ma per il suo nome, che è degno di venerazione.

Origene, a proposito dei versetti 5 – 6: la pazienza produce la speranza e la speranza non delude. La fede è il consenso dato ad eventi che non cadono sotto la nostra esperienza sensibile.

Crisostomo: per la tua clemenza, per il tuo nome, per la tua legge, ho atteso la salvezza. Se avessi agito diversamente sarai caduto nella disperazione. Al contrario, nutro una viva speranza nell’attesa del suo verbo.

Origene bisogna attendere il Signore non solo dalla veglia del mattino, cioè quando il giorno è vicino, ma anche nelle tenebre delle calamità.

Crisostomo: per tutta la vita. Niente giova di più alla salvezza quanto il tenere sempre lo sguardo rivolto a Dio, l’essere sospesi a questa speranza, anche se innumerevoli incidenti ci spingerebbero a disperare. Non credere che il soccorso di Dio sia presente solo quando tutto va bene. Al contrario, è soprattutto nella tempesta violenta e nell’estremo pericolo che Dio mostra la sua onnipotenza.

Gregorio Magno il mattino è la risurrezione del Cristo. La risurrezione del Cristo è il fondamento della nostra speranza: spero a motivo di questo mattino in cui sei risuscitato. E inoltre, la prima luce del mattino è il battesimo.

Origene: attendo i beni promessi, perché ha versato il suo sangue per noi.

Atanasio: col suo sangue prezioso, riscatta tutti quelli che credono in lui.

Crisostomo è una sorgente perenne di misericordia che scorre sempre; è un oceano di misericordia. Il giudice è così misericordioso e così incline alla clemenza che va aldilà dei nostri peccati, ma mano che questi si moltiplicano.

Gregorio Magno: dobbiamo divenire Israele (colui che vede Dio) e oltrepassando ogni creatura dobbiamo dirigere l’intensità del nostro sguardo verso colui che ha creato tutto. Disponiamo delle ascensioni nel nostro cuore e per mezzo di esse saliamo verso il Creatore, con una conoscenza pura e semplice. Quale  più grande felicità può esserci del contemplare Dio con gli occhi dello spirito e del gustarlo con desiderio del cuore?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 130

( Cantico delle ascensioni di Davide )

Signore non si è esaltato

il mio cuore né si sono innalzati

i miei occhi, e non ho camminato

in cose grandi né in cose

straordinarie al di sopra di me,

2 se  non sentivo umilmente, ma

ho innalzato l’anima mia,

come un bimbo svezzato in braccio

a sua madre, così  la retribuzione per l’anima mia.

3 Speri Israele nel Signore da ora e in eterno.

3 Speri Israele nel Signore

da ora e in eterno.

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni di Davide )

Signore non si è esaltato

il mio cuore né si sono innalzati

i miei occhi, e non ho camminato

in cose grandi né in cose

straordinarie al di sopra di me,

2 se  non sentivo umilmente, ma

ho innalzato l’anima mia,

come un bimbo svezzato in braccio

a sua madre, così  la retribuzione per l’anima mia.

3 Speri Israele nel Signore da ora e in eterno.

3 Speri Israele nel Signore

da ora e in eterno.

È una follia, come dice San Paolo, dare lode a se medesimi; talvolta tuttavia è una necessità. Così scrive ai Corinzi: che egli poteva gloriarsi senza essere un insensato, perché diceva la verità e perché essi a ciò lo costringevano. Non si può dunque dubitare che il santo profeta  abbia potuto lodarsi senza sembrare imprudente. Le atroci accuse che si divulgarono contro di lui l’obbligavano a giustificarsi ed egli non poteva farlo diversamente che attestando quale fosse la interiore disposizione del suo cuore e dichiarando che essa era conforme alla umiltà della sua condotta. Ora dal momento che gli occhi non possono giudicare il cuore dell’uomo, chiama Dio stesso a testimone della verità da lui affermata. Signore, gli dice, tu che penetri il cuore degli uomini sai che in me non c’è orgoglio ed arroganza. Pretendeva forse Davide di essere immune da ogni orgoglio? No certamente! Bastava che egli fosse innocente rispetto a ciò di cui era accusato, perché potesse parlare a Dio con l’umile fiducia che gli veniva dettata dalla testimonianza del suo cuore. Egli ben sapeva che quantunque fosse stato consacrato re, non gli era però mai passato per l’animo di mettersi in possesso del regno di Israele, che mai aveva egli operato fastosamente né in maniera da suscitare sospetti che egli volesse innalzarsi in uno stato maggiore di quello in cui si trovava.

Secondo il pensiero di alcuni commentatori Davide conferma l’animo suo con una specie di imprecazione, che osa fare contro sé medesimo dicendo che se mentiva voleva che l’anima sua fosse ridotta nello stato di un fanciullo svezzato in braccio alla madre. Chi crede che  ci sia afflizione maggiore di quella che prova un fanciullo a cui la madre toglie tutto in una volta il latte della mammella che aveva egli sempre succhiato?

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Signore non si è esaltato

il mio cuore né si sono innalzati

i miei occhi, e non ho camminato

in cose grandi né in cose

straordinarie al di sopra di me,

Signore, il mio cuore non s'è innalzato.  Ma vediamo subito quale sia l'offerta che dobbiamo presentare, dal momento che il nostro Dio  non si compiace degli olocausti.  Sacrificio a Dio è lo spirito contrito; Dio non disprezza il cuore contrito e umiliato … Signore non si è insuperbito il mio cuore; né si sono levati alteri i miei occhi; non ho ambito cose grandi, né cose straordinarie sopra le mie forze. Ripetiamolo in forma più semplice e comprensibile. Non sono stato superbo, non ho voluto richiamare l'attenzione altrui, come chi è capace di cose strabilianti. Non ho ambito cose superiori alle mie forze, per avere di che pavoneggiarmi presso gli indotti.

2 se  non sentivo umilmente ma

ho innalzato l’anima mia,

come un bimbo svezzato in braccio

a sua madre, così  la retribuzione per l’anima mia.

Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima mi sia data la mercede. Sembrerebbe quasi augurarsi del male. Come in quell'altro salmo è detto: Signore mio Dio, se questo ho fatto, se c'è iniquità nelle mie mani, se ho reso male a coloro che così mi retribuivano, soccomba pure senza speranza sotto i miei nemici, con quel che segue; così anche qui sembra voler dire: Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima. Ecco sta quasi per dirlo: Mi capiti tale e tale sventura.

3 Speri Israele nel Signore da ora e in eterno.

Occorre sperare nel Signore Dio finché non giungiamo all'eternità, poiché, una volta entrati nell'eternità, non ci sarà più luogo per la speranza, ma avremo il possesso effettivo [dei beni promessi].

Dai Padri

Origene: non si è esaltato il mio cuore. Sono le parole del giusto che non si inorgoglisce tra le grazie divine.

Atanasio: l’uomo che si sente perdonato non deve esaltarsi per questo ma avere dei pensieri umili: non sono degno di te, Signore.

Crisostomo: non bisogna gloriarsi che in Dio. Ma in Dio, nella croce e nella fede, bisogna gloriarsi.

Ilario: la più grande opera della nostra fede è l’umiltà e questa è il sacrificio più gradito a Dio.

Girolamo: con lo spirito contrito e umile ti ho offerto il sacrificio accettevole. Umilio il mio cuore, ma nel Signore, innalzo l’anima mia fino al cielo.

Crisostomo: non ho aggrottato le ciglia nè camminato a testa alta.

Crisostomo: non ho camminato tra i grandi, tra gli uomini superbi, gonfi, arroganti. Ha fuggito questi uomini per odio dell’orgoglio. Il fuggire la compagnia dei superbi è una garanzia di umiltà.

Teodoreto: cose straordinarie al di sopra di me. Giudicavo me stesso e non affrontavo ciò che era al di sopra delle mie forze.

Atanasio: la mia sola ambizione è che, come un bambino si aggrappa istintivamente al seno della madre, così io mi umili davanti a te e pensi a come esserti gradito.

Ilario: segue la vulgata: dammi il cibo dei forti, il pane del Cristo, il pane perfetto, celeste, vivente. Fa’ per me questo banchetto, come Abramo ha fatto un banchetto per svezzare Isacco.

Salmo 131

( Cantico delle ascensioni )

1 Ricordati Signore di Davide

e di tutta la sua mitezza.

2 Come giurò al Signore,

fece voto al Dio di Giacobbe.

3 Non entrerò nella tenda della mia casa,

non salirò sul letto del mio giaciglio,

4 non darò sonno ai miei occhi

e alle mie  palpebre assopimento

5 e riposo alle mie tempie finchè

non trovi un luogo per il Signore,

un tabernacolo per il Dio di Giacobbe.

6 Ecco abbiamo udito che è in

Efrata, l’abbiamo trovata nei campi della selva.

7 Entreremo nei suoi tabernacoli,

adoreremo nel luogo dove stettero i suoi piedi.

8 Sorgi Signore verso il tuo riposo

tu e l’arca della tua santificazione

9 I tuoi sacerdoti siano rivestiti di

giustizia e i tuoi santi esulteranno.

10 A motivo di Davide servo tuo,

non respingere il volto del tuo Cristo.

11 Ha giurato il Signore la

verità a Davide e non lo ingannerà:

Del frutto del tuo ventre porrò sul tuo trono.

12 Se custodiranno i tuoi figli

la mia alleanza e queste mie testimonianze

che insegnerò a loro, anche i loro figli in eterno

siederanno sul tuo trono,

13 poiché il Signore ha eletto

Sion, l’ha scelta per sua abitazione.

14 Questo è il mio riposo nel secolo del secolo.

Qui abiterò perché l’ ho scelta.

15 Benedirò benedicendo la sua

vedova, i suoi poveri sazierò di pani.

16 I suoi sacerdoti rivestirò di

salvezza e i suoi santi

esulteranno di  gioia.

17 Là farò sorgere un corno

per Davide, ho preparato una lampada al mio Cristo,

18 rivestirò i suoi nemici di vergogna,

ma su di lui fiorirà la mia santità.

 

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 Ricordati Signore di Davide

e di tutta la sua mitezza.

Parlando Salomone e forse tutto il popolo israelita a Dio ed invocando la sua onnipotente protezione sopra il tempio che era stato allora fabbricato e in cui era stata collocata l’arca dell’alleanza gli viene ricordato Davide che era stato un uomo conforme alla sua volontà.

2 Come giurò al Signore,

fece voto al Dio di Giacobbe.

3 Non entrerò nella tenda della mia casa,

non salirò sul letto del mio giaciglio,

4 non darò sonno ai miei occhi

e alle mie  palpebre assopimento

5 e riposo alle mie tempie finchè

non trovi un luogo per il Signore,

un tabernacolo per il Dio di Giacobbe.

Vediamo in molti altri luoghi della scrittura che Davide si doleva grandemente di abitare in un palazzo magnifico, mentre l’arca dell’alleanza non aveva altro ricovero che quello fatto di pelli. Non si legge che questo principe abbia fatto il giuramento che qui viene accennato. Altre volte abbiamo osservato che nei salmi si incontrano diverse cose che non sono riferite altrove. Non dobbiamo prendere a rigore un tale voto e un tale giuramento di Davide come se egli avesse deciso di non entrare più nella sua casa e di privarsi di ogni riposo finché non avesse fabbricato un tempio al Signore. Sarebbe stato impegnarsi in una cosa impossibile e un simile voto sarebbe apparso temerario. In qualunque senso si debba intendere, egli ha perfettamente adempiuto il suo voto. Sebbene Dio gli avesse dichiarato che non lui, ma il suo figlio Salomone gli avrebbe edificato un tempio non smise però di accumulare l’oro e l’argento e tutti i materiali necessari per la costruzione e la decorazione del tempio, che doveva fabbricare il figlio suo dopo la sua morte. Davide fu in questo, dice Sant’Ilario, come in altre cose, una eminente figura di Gesù Cristo, di cui è verissimo il dire che riguardandosi nel cielo prima della sua incarnazione, come Davide nel suo palazzo di cedro, risolvette allorché discese in terra facendosi uomo di non rientrare nella sua casa, fintantoché non avesse fabbricato una casa al Signore, la quale altro non è che la sua chiesa formata sopra la sua croce.

6 Ecco abbiamo udito che è in

Efrata, l’abbiamo trovata nei campi della selva.

7 Entreremo nei suoi tabernacoli,

adoreremo nel luogo dove stettero i suoi piedi.

Si rallegrano essi perché non avendo avuto l’arca fino ad allora una dimora fissa, né conveniente alla maestà di colui che la riempiva con la sua presenza, avrebbero essi avuto in futuro la consolazione di entrare nel tempio di Dio che viene chiamato il suo tabernacolo. Questo medesimo tempio non doveva sussistere se non per un tempo per far luogo al vero tempio del Signore  che è la Chiesa.

8 Sorgi Signore verso il tuo riposo

tu e l’arca della tua santificazione

9 I tuoi sacerdoti siano rivestiti di

giustizia e i tuoi santi esulteranno.

10 A motivo di Davide servo tuo,

non respingere il volto del tuo Cristo.

Queste parole son quasi le stesse che il libro dei Paralipomeni mette sulle labbra di Salomone, quando offrì la prima volta le sue preghiere a Dio nel tempio. Questo principe prega dunque il Signore che si degni di entrare finalmente con l’arca nel luogo da lui preparato come un luogo stabile, dove essa doveva dimorare e in un certo modo riposarsi dopo che aveva tante volte soggiornato, nel deserto e nella Palestina. Egli  la chiama l’arca della santità, ovvero della fortezza del Signore, poiché Dio faceva qui risplendere la sua santità, non permettendo che i popoli vi si avvicinassero e pronunciando qui oracoli che servissero alla loro santificazione. Manifestava inoltre in essa la sua onnipotenza contro i suoi nemici e quelli che indegnamente si accostavano ad essa come si vide nel severo castigo dei Filistei e dei Bersamiti. Dal momento che i sacerdoti erano destinati al ministero del tempio egli chiede a Dio che non ne profanino la santità ma che siano essi stessi rivestiti di giustizia per essere di modello a tutto il popolo e che essendo veramente devoti al Signore esultino di una santa gioia nelle funzioni del loro ministero. Si può nondimeno intendere anche di tutti gli israeliti ciò che egli dice: i tuoi santi esulteranno. Salomone pregando poi per se stesso dà nella sua persona un esempio di grande umiltà allorché chiede al Signore che si compiaccia di non rigettare il volto del suo Cristo, cioè di colui che lo aveva fatto consacrare re.

11 Ha giurato il Signore la

verità a Davide e non lo ingannerà:

Del frutto del tuo ventre porrò sul tuo trono.

12 Se custodiranno i tuoi figli

la mia alleanza e queste mie testimonianze

che insegnerò a loro, anche i loro figli in eterno

siederanno sul tuo trono,

13 poiché il Signore ha eletto

Sion, l’ha scelta per sua abitazione.

Questo giuramento che Dio fa a Davide a cui dà egli stesso il nome di fedeltà o di verità, a motivo della sua infallibile certezza, riguardava principalmente Gesù Cristo nato secondo la carne di Davide. Quantunque sia vero che Salomone ha regnato pacificamente dopo il padre suo, essendo caduto per la sua empietà nella divina indignazione, non si può dire rispetto a lui che il Signore non ritrattò il giuramento fatto a Davide, suo padre, di costituire sul trono il figlio suo. Si deve quindi riconoscere con Sant’Ilario che la infallibile verità del giuramento del Signore riguarda lo stabilimento del trono eterno di Gesù Cristo. Dal momento che i figli Davide, e i figli dei suoi figli non furono fedeli alla santa alleanza, il giuramento di Dio non ebbe il suo effetto. Sotto la stessa condizione, di custodire la Santa alleanza che abbiamo fatto con Gesù Cristo, siamo tutti noi  battezzati. Egli ci promette di far parte a noi del suo regno. Se noi veniamo meno, cessa ogni diritto a una promessa, di cui violiamo le condizioni essenziali.

14 Questo è il mio riposo nel secolo del secolo.

Qui abiterò perché l’ ho scelta.

15 Benedirò benedicendo la sua

vedova, i suoi poveri sazierò di pani.

Quantunque Dio avesse scelto Gerusalemme per luogo della sua abitazione a motivo del tempio che qui fu fabbricato,  che diventò il centro della religione dei Giudei, essa non fu per sempre il luogo del suo riposo. Lo riprovò e lo rigettò nel momento in cui egli stesso fu rigettato dai Giudei. La Sion da lui scelta è dunque, secondo Sant’Ilario, la santa assemblea dei fedeli uniti insieme con uno stesso spirito, santificati dai sacramenti della Chiesa.

16 I suoi sacerdoti rivestirò di

salvezza e i suoi santi

esulteranno di  gioia.

17 Là farò sorgere un corno

per Davide, ho preparato una lampada al mio Cristo,

18 rivestirò i suoi nemici di vergogna,

ma su di lui fiorirà la mia santità.

Gli Ebrei stessi riconoscono che questo passo, insieme con molti altri nella Scrittura, si intende riferito al Cristo, che doveva nascere dalla stirpe di Davide. Questa veramente è l’opera fatta dall’Onnipotente. Tutto l’universo era immerso nella notte dell’ignoranza, bisognava perciò che Dio accendesse una lucerna per illuminare le nazioni e per essere la gloria del suo popolo Israele. Alcuni  per la lucerna hanno inteso Giovanni Battista che il Figlio stesso di Dio ha nominato come lampada ardente e lucente, destinato a precedere la vera luce del mondo e per servire da precursore a Gesù Cristo. Questa spiegazione benché buona sembra estranea al senso letterale dei passi in questione: rivestirò i suoi nemici di confusione ma su di lui fiorirà la mia santità. Si è già visto l’adempimento di questa predizione e si vedrà ancora lungo tutto il volgere dei secoli fino alla fine del mondo. Il Cristo del Signore ebbe nemici fino dalla sua nascita; ne ebbe per tutto il corso della sua vita mortale; ne ebbe dopo la sua morte nella persona di tanti principi idolatri; ne ebbe e ne avrà in ogni tempo nella persona degli empi. Ma non dobbiamo stupircene perché lo Spirito Santo l’aveva predetto e si è già vista una parte dei suoi nemici ricoperta di confusione, tanto in persona dei Giudei che l’hanno fatto morire quanto dei Gentili che così crudelmente l’hanno perseguitato nelle sue membra. Se tanti empi, tanti eretici e tanti re cattolici sembrano farsi tuttavia beffe impunemente della sua pazienza ciò accade perché ancora non è giunto il tempo della sua gloria, quando manifestamente apparirà a tutto l’universo che egli è il santo del Signore e l’Unigenito Figlio. La pienezza della gloria del Cristo, santificato dal Padre suo e reso la sorgente della santificazione di tutti i suoi eletti non si manifesterà propriamente che alla fine dei secoli, quando il regale diadema, secondo quello che dice la lingua originale, fiorirà sopra di lui, cioè sarà egli universalmente riconosciuto per il solo re, sotto cui ogni cosa deve inchinarsi in cielo, in terra, nell’inferno e tutti i suoi nemici saranno coperti di un’eterna confusione.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

1 Ricordati Signore di Davide

e di tutta la sua mitezza.

2 Come giurò al Signore,

fece voto al Dio di Giacobbe

Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine. Come egli giurò al Signore e come fece voto al Dio di Giacobbe. Secondo le fonti storiche David figlio di Iesse fu re d'Israele,. A quel che ci riferisce la Scrittura divina e dagli elogi che gli tributa, fu di carattere assai mite, tanto da non ripagare con il male nemmeno il suo persecutore Saul. Anzi, verso di lui conservò sempre un senso di umiltà così profondo da riconoscere lui suo re e se stesso definirsi "cane" [in rapporto a lui]. Pur essendo in Dio più possente del re, non osò mai rispondergli con arroganza e superbia ma sempre cercava di placarlo attraverso l'umiltà anziché irritarlo mediante la superbia. Una volta poi - e ciò per disposizione del Signore Dio - Saul cadde in potere di David e David avrebbe potuto disporne a suo talento. Siccome però non aveva ricevuto l'ordine di ucciderlo ma soltanto la facoltà di disporne a suo talento - David  preferì regolarsi secondo mitezza nell'usare la facoltà ricevuta da Dio. Saul entrò nella grotta dov'era nascosto David, senza saper nulla di questo: vi entrò solo per un bisogno corporale. David alle sue spalle si alzò pian piano e avanzò lentamente; gli tagliò un lembo del vestito per potergli a tempo e luogo dimostrare che l'aveva avuto in suo potere e, se l'aveva risparmiato, l'aveva fatto non per necessità ma per libera scelta . Tuttavia non lo uccise. Può darsi che elogiando proprio questa mansuetudine dica ora [il salmo]: Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine. Ciò corrisponderebbe alla realtà storica dei fatti riferiti, come abbiamo detto, dalla Scrittura divina. Quando tuttavia ci avviciniamo ai salmi, è nostro costume non fermarci sul senso letterale ma, come in ogni altra profezia, attraverso la lettera vogliamo penetrare nel mistero.  Si elogiano l'umiltà e la mansuetudine di David e a Dio si dice: Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine. Perché dovrà il Signore ricordarsi di David? In quanto giurò al Signore, fece un voto al Dio di Giacobbe. Per questo dunque si ricordi di lui: affinché possa mantenere quanto ha promesso. David di sua iniziativa fece un voto, libero com'era di farlo; ora prega Dio perché possa adempiere quanto ha votato. Nota la devozione del vivente e l'umiltà dell'orante. Nessuno infatti ha da fidarsi delle proprie forze nel mantenere quanto ha promesso: il voto lo si mantiene perché c'è l'aiuto di colui che ti esorta a farlo. Osserviamo ora in che cosa sia consistito il suo voto, e da ciò comprenderemo come David nel nostro caso debba intendersi in senso figurato. La parola David significa " forte di mano ". E infatti David portò a felice compimento tutte le guerre [intraprese] e con l'aiuto di Dio annientò tutti i suoi nemici, conforme a quanto richiedeva il compito [storico] che il suo governo doveva svolgere. Egli tuttavia simboleggiava un altro, la cui mano robusta avrebbe distrutto altri nemici, cioè il diavolo e i suoi angeli. Sono questi i nemici che la Chiesa continuamente sconfigge. E come li sconfigge? Con la mansuetudine, come con la mansuetudine li sconfisse il nostro Re, vincitore del diavolo. Il diavolo si accaniva contro di lui e lui tollerava: e successe che colui che infieriva fu vinto e colui che tollerava risultò vincitore. Forte della stessa mansuetudine vince i nemici anche il corpo di Cristo, cioè la Chiesa. Occorre però che sia robusta di mano, che vinca cioè mediante le opere. Si sa poi che il corpo di Cristo è anche suo tempio, sua casa, sua città.

3 Non entrerò nella tenda della mia casa,

non salirò nel letto del mio giaciglio,

4 non darò sonno ai miei occhi

e alle mie  palpebre assopimento

Il possesso privato dei beni, quando uno ci si compiace, rende superbi. Per questo dice: Se entrerò. Quando si possiede qualcosa in proprietà privata, si diventa superbi e, per la stessa ragione, ciascuno, pur essendo uomo e quindi carne, tende a dilatarsi ai danni del suo simile… Se darò sonno ai miei occhi. Ci son molti che non preparano una dimora al Signore perché dormono. Costoro sveglia l'Apostolo: Svegliati, o tu che dormi, sorgi di fra i morti e Cristo t'illuminerà . E altrove: Noi che siamo [figli] del giorno vigiliamo e siamo sobri; perché quelli che dormono, dormono di notte, e quelli che s'inebriano, s'inebriano di notte . Chiama notte la malizia in cui giacciono addormentati coloro che bramano le cose della terra. In effetti, tutte le prosperità - cosiddette - del mondo sono sogni di gente addormentata. Succede loro come a chi sogna tesori: finché dorme è ricco, quando si sveglierà si troverà povero. Così è di tutte le vanità del mondo presente. Gli uomini che ne godono ne godono come nel sonno, ma dovranno svegliarsi quando non vorrebbero (se non si saranno svegliati in tempo utile), e troveranno che tutti quei beni erano sogni e quindi sono svaniti. Per questo il salmista che vuol preparare un posto al Signore dice ancora: Se darò sonno ai miei occhi… E calma alle mie tempia. Dalle tempie in stato di calma il sonno passa agli occhi. Sono infatti vicini tempia e occhi e la pesantezza alle tempia è segno di sonno [ormai] imminente. Quando infatti ci si sta per addormentare le tempia cominciano ad appesantirsi e a sentire appunto questa pesantezza: è segno di sonno ormai vicino. Ebbene, quando qualcosa di terreno comincia a gustarti lusingandoti al peccato, le tue tempia sono bell'e appesantite. Vuoi star desto, e non dormire né sonnecchiare? Non abbandonarti a tale gusto lusinghiero, che ti arrecherebbe più dolore che non piacere.

5 e riposo alle mie tempie finchè

non trovi un luogo per il Signore,

un tabernacolo per il Dio di Giacobbe.

Osservate bene il suo voto: l'oggetto del voto, l'ardore, l'amore e il desiderio con cui ha fatto voto. Tuttavia, per adempiere il voto, si è sentito in dovere di raccomandarsi al Signore dicendo: Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine. Animato da tale mansuetudine emise il suo voto per cui divenne casa di Dio. Se entrerò al coperto nella mia casa, se andrò sul mio letto per riposare. Se darò sonno ai miei occhi. Gli sembrò poco dire: Sonno ai miei occhi; aggiunse: Se darò riposo alle mie tempia, finché non trovi una dimora per il Signore, un tabernacolo al Dio di Giacobbe. Dove cercava una dimora per il Signore? Se era mansueto la cercava dentro se stesso. Ma come si diviene dimora del Signore? Ascolta il profeta. Su chi riposa il mio spirito? Sopra l'umile, il pacifico e chi teme la mia parola . Vuoi essere dimora del Signore? Sii umile, pacifico e timorato della parola di Dio, e sarai tu stesso ciò che desideri.

Finché non trovi un luogo per il Signore, un tabernacolo al Dio di Giacobbe. Talvolta col nome " tabernacolo di Dio " si intende la casa di Dio e col nome di " casa di Dio " il suo tabernacolo. Tuttavia, carissimi fratelli, a parlare con proprietà, tabernacolo o tenda di Dio è la Chiesa del tempo presente, casa di Dio invece la Chiesa celeste, la Gerusalemme verso la quale siamo incamminati. La tenda infatti richiama alla mente l'ambiente militare e il tempo di guerra. Hanno la tenda i soldati pronti a marciare, a intraprendere una spedizione, tanto è vero che dei soldati si dice che sono degli attendati, come per indicare che hanno per abitazione la tenda e vivono per così dire sotto la stessa tenda. Finché dunque abbiamo da combattere col nostro nemico, alziamo a Dio una tenda. Alla fine però terminerà il tempo della lotta e giungerà quella pace che oltrepassa ogni intendimento, come si esprime l'Apostolo: E la pace di Cristo che oltrepassa ogni intendimento … . Quando dunque giungerà quella patria, allora [la nostra dimora] sarà davvero una casa, né più ci saranno avversari a tentarci per cui si debba parlare ancora di tenda. Non si dovrà più marciare né combattere ma si starà immobili nella lode continua.

6 Ecco abbiamo udito che è in

Efrata, l’abbiamo trovata nei campi della selva.

Ecco abbiamo udito di lei che è in Efrata. Chi è questa lei? La sede del Signore.  L'abbiamo trovata nei campi con balze selvose.  Indaghiamo  cosa siano i campi con balze selvose dove l'ha trovata. La parola ebraica Efrata corrisponde al latino " specchio ", come ci han riferito coloro che tradussero in altre lingue le parole ebraiche esistenti nella Scrittura permettendoci così di penetrarne il senso. Questa traduzione fu fatta prima dall'ebraico in greco e poi dal greco in latino. C'è sempre stata infatti gente vigile attorno alla Scrittura. Se dunque Efrata significa specchio, ne segue che di quella casa trovata in campi dalle balze selvose egli ha sentito parlare solo di riflesso. Lo specchio, infatti, d'una cosa riproduce solo l'immagine, e in effetti ogni profezia è immagine di eventi futuri. Ne segue che della casa di Dio, che sarebbe stata eretta in futuro, furono dette in antecedenza varie cose, ma velate nell'immagine della profezia.  La trovammo nei campi con balze selvose. I campi con balze selvose cosa sono? Le selve. Nel linguaggio proprio si chiama balza selvosa un terreno incolto e coperto di boscaglie. Tant'è vero che alcuni codici leggono: Nei campi della selva. Cosa sono, allora, questi campi con balze selvose se non le genti pagane immerse nell'ignoranza? Cosa erano, dico, se non tutte quelle zone dove crescevano le spine dell'idolatria? Tuttavia proprio in quelle zone coperte dalle spine dell'idolatria noi abbiamo trovato una dimora per il Signore, una tenda per il Dio di Giacobbe.

7 Entreremo nei suoi tabernacoli,

adoreremo nel luogo dove stettero i suoi piedi.

Entreremo nelle sue tende. Di chi? Del Signore, Dio di Giacobbe. Coloro che entrano in casa per abitarvi stabilmente son gli stessi che vi entrano per essere fatti sua dimora. Quando entri in casa tua vi entri per abitarvi, quando entri nella casa di Dio vi entri perché lui abiti in te. Superiore a te è, infatti, il Signore e quando egli comincia ad abitare in te comincia a renderti beato, mentre invece se tu non ti lascerai abitare da lui sarai sempre misero. Volle essere autonomo quel figlio che disse [al padre]: Dammi la parte del patrimonio che mi spetta. Gli era conservato tanto bene presso suo padre senza che potesse sperperarlo con le prostitute! Quando invece egli lo ottenne e ne dispose a suo talento, partì per quella lontana regione e là scialacquò ogni cosa con le prostitute. Alla fine però cominciò a soffrire la fame; si ricordò del padre e tornò a casa per saziarsi di pane. Entra dunque e lasciati possedere [da Dio]. Non pretendere d'essere tua proprietà; sii proprietà di lui. Entreremo nelle sue tende.

8 Sorgi Signore verso il tuo riposo

tu e l’arca della tua santificazione.

Sorgi, Signore, [e avviati] al tuo riposo. Dice: Sorgi al Signore addormentato; e voi sapete chi sia questo addormentato e com'egli sia risorto. In un testo del salmo dice lui personalmente: Turbato ho preso sonno, per cui veramente a proposito gli si dice: Sorgi, Signore, [e avviati] al tuo riposo. Ormai non avrai di che turbarti, poiché Cristo risorgendo dai morti più non muore né la morte avrà più alcun potere su di lui . Di lui è la voce in un altro salmo: Dormii e presi sonno, ma mi destai perché il Signore m'è sostegno . È lui che s'è addormentato: è quindi a lui che si dice: Sorgi, Signore, [e avviati] al tuo riposo, tu e l'arca della tua santificazione. Cioè: sorgi in modo che [con te] sorga anche l'arca della tua santificazione, cioè quell'arca che tu hai santificata. Egli è il nostro capo; la sua arca è la sua Chiesa. Egli è risorto per primo ma anche la Chiesa risorgerà.

9 I tuoi sacerdoti siano rivestiti di

giustizia e i tuoi santi esulteranno.

I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia e si rallegrino i tuoi santi. Con la tua resurrezione dai morti e il tuo ritorno al Padre, i giusti, conseguito il sacerdozio regale, si rivestano di fede , poiché il giusto vive di fede , e, ricevuto come pegno lo Spirito Santo, le membra [di Cristo] si allietino per la speranza della resurrezione che antecedentemente s'è realizzata nel Capo.

10 A motivo di Davide servo tuo,

non respingere il volto del tuo Cristo.

Per amore di David tuo servo non allontanare la faccia del tuo Cristo. Lo si dice a Dio Padre. Per amore di David tuo servo non allontanare la faccia del tuo Cristo. Nella Giudea fu crocifisso il Signore e a crocifiggerlo furono i giudei: turbato da loro si addormentò. Ma, se si addormentò tra le mani di quel popolo inferocito, fu pure in mezzo a loro che risorse per giudicarli, come dice in un passo [la Scrittura]: E risuscitami e renderò loro la retribuzione . Li ha ripagati e li ripagherà ancora. Quante traversie han dovuto subire i giudei, dopo che ebbero ucciso il Signore, lo sanno bene loro stessi: furono tutti scacciati da quella città in cui lo uccisero. E allora? Forse che sono andati in rovina tutti i discendenti della stirpe di David e i componenti la tribù di Giuda? No! Diversi di loro credettero, anzi molte migliaia di loro credettero, e questo subito dopo la resurrezione del Signore. Si erano accaniti contro di lui fino a crocifiggerlo, ma quando più tardi videro che nel nome di quel crocifisso apparso come un impotente in loro balia cominciarono a operarsi prodigi, furono atterriti dalla potenza del suo nome, e il loro cuore si compunse. Persuasi che in quell'uomo da loro ritenuto eguale a tutti gli altri si nascondeva la divinità, ricorsero agli Apostoli per averne un consiglio  [salutare] e si sentirono rispondere: Fate penitenza e ciascuno di voi si battezzi nel nome del nostro Signore Gesù Cristo . Cristo dunque risorse per giudicare coloro dai quali era stato crocifisso: distolse lo sguardo dai giudei e lo volse alle genti. Per questo si leva [dal salmo] come una implorazione a Dio a vantaggio del resto d'Israele e gli si dice: Per amore di David tuo servo non allontanare la faccia del tuo Cristo.

11 Ha giurato il Signore la

verità a Davide e non lo ingannerà:

Del frutto del tuo ventre porrò sul tuo trono.

Il Signore ha giurato la verità a David e non se ne pentirà. Che significa: L'ha giurato? Ha confermato la promessa impegnando se stesso. Che significa: Non se ne pentirà? Non cambierà consiglio. Non che Dio possa esperimentare il dolore del pentimento o che possa sbagliare, sì che decida di rettificare lo sbaglio commesso: tuttavia, come l'uomo quando si pente vorrebbe cambiare il suo operato, così è anche in Dio: quando senti parlare di un suo pentimento, aspettati pure qualche cambiamento. Solo che il suo pentimento, pur essendo designato con questo nome, si verifica in maniera [totalmente] diversa che non in te. Tu ti penti riparando uno sbaglio fatto; lui si pente nel senso che o punisce o libera. Per essersi pentito, come è detto [nella Scrittura], Dio sostituì Saul nel suo regno. E proprio in questa circostanza, dopo aver detto: Egli si pentì, qualche riga più avanti la Scrittura dice: Egli infatti non è un uomo perché abbia a pentirsi.

Così è anche qui. Siccome lo promise escludendo ogni mutamento e attestando che la promessa si sarebbe necessariamente realizzata e sarebbe stata permanente, per questo dice: Il Signore ha giurato a David la verità e non se ne pentirà: Porrò sul tuo trono un frutto del tuo ventre. Poteva certo dire: Dal frutto della tua virilità. Perché avrà voluto dire invece: Un frutto del tuo ventre? Anche usando la precedente espressione, avrebbe certo detto la verità; ma molto più profonda nel suo significato è l'espressione: Un frutto del ventre, in quanto Cristo è nato da donna senza alcun intervento di uomo.

12 Se custodiranno i tuoi figli

la mia alleanza e queste mie testimonianze

che insegnerò a loro, anche i loro figli in eterno

siederanno sul tuo trono,

Se i tuoi figli osserveranno il mio patto e le leggi che io loro insegnerò, anche i loro figli sederanno in perpetuo sopra il tuo trono.  Perché si promette la beatitudine ai figli come conseguenza del merito dei padri? Dice infatti: Se i tuoi figli [lo] osserveranno anche i loro figli sederanno in perpetuo. Perché questo se non perché col termine " figli " volle qui intendere i loro frutti? Dice: Se i tuoi figli custodiranno la mia legge e osserveranno quei precetti che io loro insegnerò, anche i loro figli sederanno sopra il tuo trono. Cioè: Il loro frutto sarà l'assidersi sul tuo trono. Ora proprio questa speranza è descritta nell'accenno ai figli, in quanto speranza dell'uomo che vive in questo mondo sono appunto i figli, come anche ne sono il frutto. Tant'è vero che quando uno vuole scusarsi della propria avarizia di solito dice che, se mette da parte qualcosa, lo fa per i figli. Non vuol dare nulla al povero e, cercando una scusa che abbia l'apparenza della pietà, ricorre ai figli che sono la sua speranza. Per l'uomo infatti che vive a livello terreno tutta la speranza è nel generare figli e lasciarli [dopo di sé]. Su questa base il salmista chiama " figli " la stessa speranza, dicendo: Se i tuoi figli osserveranno il mio patto e le leggi che io loro insegnerò, anche i loro figli sederanno in perpetuo sul tuo trono. Cioè avranno tali frutti che la loro speranza non resterà delusa; giungeranno a quella meta dove sperano arrivare. Adesso sono, diciamo così, dei padri, cioè la gente della speranza futura; quando avranno raggiunto ciò che sperano saranno figli, poiché la ricompensa conseguita se la son procurata e generata attraverso le opere buone. Non per nulla infatti questa, ricompensa vien tenuta loro in serbo per la generazione che ha da venire, la quale generazione successiva ordinariamente è chiamata " dei figli”.

13 poiché il Signore ha eletto

Sion, l’ha scelta per sua abitazione.

Poiché il Signore ha prescelto Sion e l'ha eletta quale sua dimora. Sion è la Chiesa: la quale Chiesa è anche quella Gerusalemme verso la cui pace corriamo, che non negli angeli ma in noi uomini ora è pellegrina, mentre nella sua parte più nobile attende il ritorno dei lontani. Da questa Gerusalemme ci son venute delle lettere che noi leggiamo ogni giorno. Ecco la città di Sion che Dio ha prescelta.

14 Questo è il mio riposo nel secolo del secolo.

Qui abiterò perché l’ ho scelta.

Questo il mio riposo nei secoli dei secoli. Son parole di Dio. Mio riposo significa: In essa trovo riposo. Quanto ci ama Dio, o fratelli! Fino a dire che lui riposa quando noi siamo nella pace. Difatti non è che lui si turbi per poi calmarsi. Se dice di trovar riposo è perché noi avremo in lui il nostro riposo. Qui abiterò perché l'ho eletta.

15 Benedirò benedicendo la sua

vedova, i suoi poveri sazierò di pani.

La sua vedova benedirò largamente, sazierò di pani i suoi poveri. Ogni anima che si sente priva di qualsiasi sostegno all'infuori di Dio è vedova. Come descrive infatti l'Apostolo la vedova? Colei che è veramente vedova, ed è rimasta sola, ripone la sua speranza nel Signore …  Cos'è ciò che distingue una vedova? L'essere priva di qualsiasi sostegno all'infuori di Dio, a differenza delle donne che hanno marito e vanno orgogliose per l'appoggio che da lui ricevono. Le vedove al contrario appaiono come persone abbandonate. Orbene, tutta la Chiesa è un'unica [grande] vedova, la si consideri negli uomini o nelle donne, negli uomini ammogliati o nelle donne maritate, nei giovani o nei vecchi o nelle vergini. Tutta la Chiesa è un'unica vedova che vive nel deserto di questo mondo, purché di questo si renda conto e si consideri realmente nella vedovanza. Solo a questo patto infatti troverà soccorso…

Sazierò di pani i suoi poveri. Che significa questo, fratelli? Siamo poveri e saremo saziati. Ci son molti che, pur essendo cristiani, hanno una sicurezza basata su risorse mondane e di questo vanno orgogliosi. Adorano Cristo ma non trovano [in lui] la sazietà. Sono infatti già sazi e traboccano per la loro superbia. In effetti costoro sono nell'abbondanza, per cui mangiano ma non riescono a saziarsi. E sempre a proposito di costoro, cosa è detto nel salmo? Mangiarono e adorarono tutti i ricchi della terra . Adorano Cristo, lo venerano, lo invocano, ma non vengono saziati dalla sua sapienza né dalla sua giustizia. Perché? Perché non sono poveri. Quando al contrario si è [veramente] poveri cioè umili di cuore, allora quanto maggiore è la fame tanto più si mangia, e la fame tanto più cresce quanto più ci si svuota di questo mondo. Uno che è pieno, appunto perché è pieno rigetta tutto quello che gli offrirai. Dammi un affamato, dammi di quelle persone delle quali è detto: Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia poiché saranno saziati. Costoro saranno i poveri di cui il salmo dice: Sazierò di pani i suoi poveri. Tant'è vero che nello stesso salmo in cui si dice: Mangiarono e adorarono tutti i ricchi della terra, si parla proprio dei poveri e con accenti perfettamente identici a quelli del nostro salmo. I poveri mangeranno e saranno saziati, e loderanno il Signore coloro che lo cercano . 

16 I suoi sacerdoti rivestirò di

salvezza e i suoi santi

esulteranno di gioia.

17 Là farò sorgere un corno

per Davide, ho preparato una lampada al mio Cristo,

E i suoi santi esulteranno di gioia. Per qual motivo esulteranno di gioia? Per essere rivestiti della salvezza, non per le risorse personali. Sono infatti diventati luce, ma nel Signore, mentre prima erano tenebre . Per questo soggiunge: Là farò spuntare un corno a David. Che si riponga la fiducia in Cristo! Ecco in che cosa consisterà l'eccelsa dignità di David rappresentata dal corno. E com'è questa altissima dignità? Non certo carnale. Tant'è vero che mentre tutte le altre ossa sono ricoperte di carne, il corno sporge oltre la carne. Il corno è un'altezza spirituale. E qual è questa altezza spirituale se non sperare in Cristo e non dire: Io faccio, io battezzo, ma: È lui che battezza ?

Ecco in che consiste il corno di David. E per rendervene ancor più consapevoli notate le parole che aggiunge: Ho preparato una lucerna al mio Cristo. Chi è la lucerna? Vi son certo note le parole dette dal Signore a proposito di Giovanni. Egli era una lucerna ardente e luminosa . E cosa diceva Giovanni? È lui che battezza. Di questo dunque dovranno esultare i santi, di questo i sacerdoti: che ogni loro bene non è loro ma di colui che ha il potere di battezzare. Con animo sereno pertanto si avvicina al tempio di Dio chiunque abbia ricevuto il battesimo, in quanto non è un ritrovato dell'uomo ma un dono di colui che ha fatto spuntare un corno a David.

18 rivestirò i suoi nemici di vergogna,

ma su di lui fiorirà la mia santità.

Ma sopra di lui fiorirà la mia santificazione. Sopra chi? Sopra il mio Cristo. Quando infatti si dice: Per il mio Cristo, è la voce del Padre che parla, quella stessa voce che aveva detto: Benedirò largamente la sua vedova, sazierò di pani i suoi poveri. I suoi sacerdoti rivestirò di santità ed i suoi santi esulteranno di gioia. Era stato ugualmente Dio a dire: Là farò spuntare un corno a David. E così è ancora Dio che dice: Ho preparato una lucerna al mio Cristo, in quanto Cristo è nostro ma lo è anche del Padre. È nostro perché ci salva e governa in qualità di nostro Signore. Quanto al Padre, egli ne è Figlio, tuttavia è Cristo nei riguardi nostri e nei riguardi del Padre. Se infatti non fosse il Cristo del Padre non si sarebbe potuto dire in quell'altro verso: Per riguardo a David mio servo non allontanare il volto del tuo Cristo. Ma in lui fiorirà la mia santificazione.  Come poté il mondo lasciarsi conquistare da tale bellezza? Perché fiorisce sulla radice che è Cristo.

Dai Padri

Ilario: i salmi precedenti ci fanno salire di gradino in gradino, ma questo ci apre alla conoscenza del Figlio di Dio. Ricordati, Signore, di Davide: qui Davide è il Signore che si è fatto carne e ha portato la salvezza al genere umano con la sua incarnazione. Molto tempo dopo che Davide ebbe lasciato questa vita, Geremia annunciava: io susciterò loro un re, Davide (30,9); io susciterò a Davide un germoglio giusto e infine: susciterò ad esse un pastore unico… Il mio servo David… E stringerò con esse un’alleanza di pace (Ezechiele 34,23. 25). Questo Davide non è il figlio di Iesse, ma il buon pastore che dà la vita per le sue pecore (Giovanni 10,11) ed è l’erede per la sua dignità di figlio: ogni potere mi è stato dato in cielo e in terra (Matteo 28,18). Il vero Davide prende il nome dal suo antenato perché ha da lui l’origine secondo la carne, ma nè il tempo né le circostanze concordano con la storia del profeta Davide; sono invece perfettamente appropriati al Davide promesso dai profeti.

Ricordati Signore… Tutta questa preghiera è del Figlio unigenito di Dio. È lui che parla. La mitezza è propria di colui che si è proclamato mite e umile di cuore (Matteo 11,29). La presenta al Padre, al quale ha promesso di portare a compimento una missione umile.

Giurò… Il figlio unigenito ha giurato? In ogni caso ha agito e parlato come se adempisse un voto religioso. Ad esempio, quando Pietro aveva appena confessato per primo la sua filiazione divina, egli lo chiamò Satana, rimproverandolo di averlo voluto  distogliere dalla passione (Marco 8,33). Quando Pietro tagliò l’orecchio al servo del sommo sacerdote, Gesù gli disse: non berrò il calice che il Padre mi ha dato? (Giovanni 18,11). in tal modo caratterizzava come empia e profana l’ipotesi di sottrarsi alla passione promessa. E quando rese lo spirito disse: tutto è compiuto (Giovanni 19,30). Aveva percorso, infatti, tutte le tappe del suo giuramento e nell’adempimento perfetto della sua missione, trovava la gioia.

… Non darò sonno ai miei occhi nè alle mie palpebre assopimento… finché non avrò trovato un luogo per il Signore… Queste promesse un uomo non può farle. Ma la grande opera del nostro Signore Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio, che il salmo chiama Davide, era di fare dell’uomo, una abitazione degna di Dio, come dice la Scrittura: abiterò in loro e camminerò con loro ( Levitico 26,12) e il Signore nel Vangelo: Faremo dimora presso di lui (Giovanni 14,23). Il Cristo giura di non ritornare in cielo prima di aver preparato per Dio questa dimora nelle anime degli uomini. Non salirò sul giaciglio del mio letto è un modo di parlare umano. Nostro Signore, in forma di Dio, si riposa sempre in cielo e la sua natura impassibile non conosce la fatica. Ma ha voluto morire e non ha rifiutato l’abitazione inferma del nostro corpo. È disceso dal suo giaciglio regale del cielo: ce ne dà testimonianza il salmo 40 che presenta, nella persona del Signore, tutto il mistero della passione. Hai scambiato il tuo giaciglio, trono regale, con un letto di dolore (Salmo 40,3). Per obbedienza alla volontà di Dio Padre si fa uomo, da potente diviene infermo, autore della vita si sottomette alla morte, il giudice eterno dei secoli è condannato a morte: allora tutto il suo giaciglio fu rivoltato nella sua malattia; e fece voto di non tornare al letto di riposo della beatitudine eterna e di non dare assopimento alle sue palpebre, prima d’aver trovato una dimora per Dio. Si tratta del sonno di cui ha detto: mi sono coricato e addormentato, mi sono destato perché  il Signore mi accoglierà (Salmo 3,5), e del sonno della morte di cui Giacobbe aveva detto: Giuda è un uccello… Chi oserà svegliarlo? (Genesi 49,9). L’immagine del leone che dorme senza paura, nella sicurezza, per noi è simbolo della morte del Cristo nella pace (Salmo 4,8). Anche nel sonno della morte, il Cristo è troppo potente per temere. Si è riposato colui per il quale la morte fu un sonno. Ciò che per noi è decadimento, fu un riposo per il Figlio unigenito, che anche nel suo corpo mortale restava Dio. Ma prima di questo riposo, gli apostoli sono scelti: il Cristo li trova perché siano dapprima dimora del Dio di Giacobbe, loro che provengono dalla legge e ricevono il potere di legare e sciogliere (Matteo 16,19). E ora il salmista parla al plurale perché molti profeti lo hanno annunciato: abbiamo udito che è Efrata. Efrata è Betlemme ove Gesù è nato da Maria: e tu Betlemme… Da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele (Matteo 5,2). È là che la Chiesa ha avuto origine. La Chiesa è il riposo di Dio.

Molti profeti hanno desiderato vedere… (Matteo 13,17). Il salmista è impaziente a causa di questo desiderio: dopo aver saputo ove si trovava il riposo di Dio, dopo aver creduto che vi sarebbe entrato e che avrebbe adorato, dice: Sorgi, Signore verso questo riposo che Davide aveva giurato con voto di trovarti e che i profeti hanno conosciuto.

Tu e l’arca della tua santità. L’arca dell’alleanza non era che una figura di questo corpo del Cristo che ricapitola in sé tutti i misteri della legge. Il Signore Gesù Cristo ha in sé la manna eterna: egli stesso infatti è il pane vivo. Osserva le tavole dell’alleanza e il libro della legge che contiene parole di vita, lui che il Padre ha santificato e segnato (Giovanni 6,27).

Ha giurato il Signore la verità a Davide: come sono finite queste promesse di Dio a Davide? Il popolo è stato condotto in schiavitù. La città distrutta. Ma il salmo 88 ci aiuta a chiarire tutto questo:  il primogenito che chiama Dio col nome di Padre, regna per l’eternità. Questo è il mio riposo. Il Signore ha scelto come riposo coloro dei quali il Vangelo dice: nessuno può venire a me se non vi è attratto dal Padre (Giovanni 6, 44). Questa è la città santa, l’assemblea unanime dei fedeli. Rivestiti di salvezza: resi conformi al Cristo nel suo corpo di gloria.

Un corno per Davide. Il corno è un’insegna regale perché conteneva l’olio dell’unzione per la consacrazione del re. Il riposo si identifica col corno, cioè con regno del Cristo. Il re dunque non è nascosto: la legge lo promette, i profeti l’annunciano, Giovanni Battista lo indica, perché Giovanni era la lampada che arde e brilla (Giovanni 5,35), per mostrare il Cristo alle tenebre di questo mondo. Ogni profezia è una lampada del Cristo e illumina la notte della nostra ignoranza. È per questo che il salmo continua: ho preparato una lampada al mio Cristo. I suoi nemici si rivestiranno di vergogna quando vedranno il Figlio dell’uomo nella maestà del Padre. Su di lui fiorirà la mia santità: Dio lo ha esaltato… (Filippesi 2,9).

1 Secondo la maggioranza dei padri Davide è figura del Cristo in questo salmo. La parola tradotta con mitezza nella Vulgata è interpretata da: Origene: condizione imperturbabile dell’anima.

Aquile Simmaco: dolore, afflizione.

Crisostomo: il mite, il pacifico.

Girolamo: afflizione .

Origene: il nazireo consacra se stesso a Dio: tale è il voto del nazireo, sorpassa tutti gli altri voti. Offrire se stessi a Dio, ecco la cosa più perfetta e più grande di tutti i voti. Colui che fa questo voto, imita il Cristo.

Teodoreto: annuncio del Cristo Salvatore.

Girolamo: è il Cristo che parla. Il Figlio di Dio che doveva assumere la carne ha voluto farsi chiamare Davide; dalla sua discendenza doveva prendere questa carne.

2 Cassiodoro: in un certo senso, il Cristo ha giurato: ha promesso al Padre di bere il calice (Matteo 26,42).

3 Atanasio: Davide giura di non prendersi riposo finché non abbia una rivelazione precisa sulla venuta del Messia. Dio gliela concede: in Efrata, cioè a Betlemme.

Girolamo: sonno, letto, riposo indicano il riposo eterno verso il quale non salirà finché non abbia fatto dell’uomo e della Chiesa un luogo per il Signore.

5 Cassiodoro: ci ha cercato, ci ha trovato, ci ha costruito in tempio per il Signore.

8 Atanasio: sorgi, Signore: è l’ascensione del Signore.

Girolamo: ora che hai portato a compimento il tuo giuramento e trovato un luogo per il Signore, ora che hai fatto nascere dal tuo costato la Chiesa, risorgi, ritorna verso il tuo riposo e non solo tu ma anche l’arca della tua santificazione, il corpo assunto che ci ha dato le parole di vita, il pane del cielo, la  via, la verità e la vita.

Origene: rivestano l’abito nuziale del Vangelo che è la giustizia e il Cristo stesso.

10 Girolamo: per colui che ha preso la forma di servo dalla stirpe di Davide, non distogliere la luce del tuo volto dai tuoi santi.

12 Eusebio: anche i discepoli del Cristo siederanno su questo trono; ma i tuoi discendenti, o Davide, non saranno delusi se accoglieranno il Cristo e osserveranno la mia alleanza, non quella della prima legge ma quella del Nuovo testamento.

Atanasio: è la futura nuova alleanza.

14 Atanasio: i luoghi della crocifissione, risurrezione e ascensione.

Girolamo: è la nostra giustizia e la nostra salvezza.

17 Atanasio: nel tempo della salvezza, la gloria di Davide si innalzerà.

Girolamo: un corno per Davide è il regno del Cristo.

Teodoreto: sua santità: le chiese, corpo del Cristo che ricevono da lui le fonti della santità.

Cassiodoro: fiorirà esprime la gloria dell’incarnazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 132

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Ecco come è buono e come è

giocondo che i fratelli abitino insieme.

2 Come unguento profumato sul capo che scende

sulla barba di Aronne, che scende

sull’orlo della sua veste.

3 Come rugiada dell’Ermon,

che scende sui monti di Sion;

perché lì ha disposto

il Signore la benedizione e la vita in eterno.

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Ecco come è buono e come è

giocondo che i fratelli abitino insieme.

Cosa dunque secondo il profeta è buono e soave? Che i fratelli abitino insieme. Non parla soltanto di una esteriore unità e di una abitazione comune nella stessa casa. Parla egli della unione che viene dalla carità e che crea una sola volontà. La prerogativa del popolo di Dio è di vivere insieme in uno stesso spirito, vivere in santa concordia in una sola casa che è la Chiesa del Dio vivente, essere tutti membri di uno stesso corpo sotto un solo capo.

2 Come unguento profumato sul capo che scende

sulla barba di Aronne, che scende

sull’orlo della sua veste.

3 Come rugiada dell’Ermon,

che scende sui monti di Sion;

Il profeta rappresenta con due similitudini la dolcezza e l’utilità dell’unione fraterna di cui ha parlato. Essa è come l’olio di  squisito profumo  che fu versato da Mosè in abbondanza sul capo di Aronne, suo fratello, per consacrarlo sommo pontefice. Scendendo sopra la sua barba corse poi fino all’orlo della sua veste, cioè nella parte superiore dei suoi abiti pontificali. San Paolo ha paragonato la pietà e la carità apostolica a un unguento del tutto divino allorché diceva di se stesso: noi siamo davanti a Dio il buon odore di Gesù Cristo. Il profeta aggiunge che questa unione fraterna è come la rugiada che dal monte Hermon scende sul monte Sion. Non c’è cosa più utile, per procurare ai monti la fertilità, di una rugiada che dolcemente si spande e va poco a poco a penetrare l’ aridità della terra. Ermon è uno dei monti più eccelsi della Palestina. Il monte Sion  è assai più basso e molto lontano dall’Ermon. L’unguento che scende dal capo sulla barba di Aronne e da questa all’orlo della sua veste indica, come hanno detto i santi padri, l’effusione della carità e dello spirito Santo in virtù di Gesù Cristo nostro capo.

perché lì ha disposto

il Signore la benedizione e la vita in eterno.

Là dove regna l’unione e la carità fra i fratelli, Dio effonde la sua benedizione. E come non può essere con loro la benedizione del Signore quando Egli stesso  dichiara:  quando due o tre persone si riuniscono in nome mio io sono presente in mezzo a loro?

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni di Davide )

1 Ecco come è buono e come è

giocondo che i fratelli abitino insieme.

È un salmo breve ma molto noto e frequentemente citato. Ecco, com'è buono e giocondo che i fratelli vivano nell'unità! È una melodia così soave, questa, che anche la gente ignara del salterio canta questo versetto. E questo fatto, che cioè il convivere nell'unità sia una cosa buona e gioconda, non c'è bisogno, fratelli, né di delucidarlo né di esporlo. Al contrario le affermazioni successive contengono degli aspetti che saranno chiariti [solo] a chi bussa. Siccome però la comprensione del salmo nella sua struttura globale deriva da questo primo verso, è necessario che lo consideriamo, e ripetutamente, in apertura. Occorre cioè appurare se le parole: Com'è buono e giocondo che i fratelli vivano nell'unità! siano dette di tutti i cristiani o ci sia una specifica categoria di persone che, mature nella perfezione, convivano nell'unità, per cui la benedizione di questo salmo non è per tutti ma per certi privilegiati dai quali poi si propaga agli altri…  Queste parole del salterio, questa dolce armonia, questa melodia soave tanto a cantarsi quanto a considerarsi con la mente, hanno effettivamente generato i monasteri. Da questa armonia sono stati destati quei fratelli che maturarono il desiderio di vivere nell'unità. Questo verso fu per loro come una tromba: squillò per il mondo ed ecco riunirsi gente prima sparpagliata…  Dalle parole di questo salmo è derivato anche l'appellativo di monaci, per cui nessuno può deridere voi cattolici a causa di questo nome…In realtà significa "uno" sebbene non uno in qualsiasi caso. " Uno " infatti si può dire anche di chi è immerso tra la folla; "uno" si può dire anche di chi si trova insieme a molti; di lui però non si può dire che è , cioè uno solo. Eccovi ora della gente che vive nell'unità al segno da costituire un solo uomo, gente che veramente ha - come sta scritto - un'anima sola e un sol cuore . Molti ne sono i corpi ma non molte le anime; molti i corpi ma non molti i cuori. Di costoro giustamente si afferma che sono cioè uno solo, soldati di Cristo e non del diavolo! Ci sono anche purtroppo, o carissimi, dei falsi monaci e noi ne siamo al corrente. Tuttavia non è compromessa la vita santa dei [veri] fratelli a motivo di quei tali che si spacciano per ciò che non sono. Ci son monaci falsi, come ci son falsi chierici e falsi fedeli.

2 Come unguento profumato sul capo che scende

sulla barba di Aronne, che scende

sull’orlo della sua veste.

Ci dica poi il salmo a cosa son simili [coloro che vediamo]. Come l'unguento sulla testa, che scende sulla barba, la barba di Aronne, e cola fin nell'orlo della sua veste. Cos'era Aronne? Un sacerdote. E chi è sacerdote se non quell'unico che penetrò nel santo dei santi? Chi è sacerdote se non colui che è stato insieme vittima e sacerdote? se non colui che, non trovando nel mondo un'ostia monda da offrire [a Dio], offrì se stesso? Sulla sua testa c'è dell'unguento poiché, sebbene il Cristo totale comprenda anche la Chiesa, l'unguento fluisce [esclusivamente] dalla testa. La nostra testa, o capo, è Cristo: crocifisso, sepolto e risuscitato, salì al cielo. Dal capo venne lo Spirito Santo. E dove scese? Sulla barba. La quale barba è segno di fortezza, è una prerogativa dei giovani, della gente valorosa, dinamica, decisa, al segno che, quando vogliamo raffigurare gente di tal fatta, diciamo: È un uomo con tanto di barba. Ebbene, quell'unguento scese in primo luogo sugli Apostoli, in coloro che per primi sostennero l'urto delle potenze mondane. In loro scese lo Spirito Santo e cominciarono ad abitare nell'unità; e quando si riversò su di loro la persecuzione, essendo sceso sulla loro barba quell'unguento, subirono sì la persecuzione ma non ne furono vinti. Li aveva infatti preceduti la testa da cui quell'unguento scendeva. E se dinanzi alla barba c'era un modello così sublime, chi avrebbe potuto superarla?... Costoro dunque erano, per così dire, la barba. Erano infatti una schiera di forti e molte furono le persecuzioni che toccò loro subire. Tuttavia se da quella barba l'unguento non fosse fluito ancora più in basso, ora non avremmo i monasteri. Siccome invece è fluito fin nell'orlo della veste (dice infatti che esso è sceso fin nell'orlo della sua veste), ne è venuta fuori la Chiesa, e [quell'unguento] dalla veste del Signore proliferò in monasteri. La veste sacerdotale è in effetti un simbolo della Chiesa, la quale è la veste di cui dice l'Apostolo: Poiché egli volle presentare a se stesso la Chiesa tutta risplendente, senza macchia né piega …Ma come intenderemo, miei fratelli, quale sia esattamente l'orlo di cui parla, l'orlo in cui è potuto fluire l'unguento? Non penso si sia voluto riferire agli orli che il vestito ha lateralmente, poiché ci sono effettivamente anche questi orli laterali. Perché l'unguento scendendo dalla barba potesse cadere sull'orlo, quest'orlo doveva essere dalla parte della testa, dove si apre il cappuccio. In realtà i fratelli che convivono nell'unità son proprio così. Come dentro all'orlo del cappuccio passa la testa dell'uomo che indossa un vestito, così Cristo, nostro capo, passa per la concordia dei fratelli quando noi vogliamo rivestirci di lui, quando la Chiesa si propone d'essergli unita.

3 Come rugiada dell’Ermon,

che scende sui monti di Sion;

perché lì ha disposto

il Signore la benedizione e la vita in eterno.

Cos'altro dice? Come la rugiada dell'Hermon che cade sopra i monti di Sion. Volle significare, miei fratelli, che è per grazia di Dio che i fratelli dimorano nella unità. Non è per le loro forze né per i loro meriti, ma per dono di Dio, per la sua grazia, che come rugiada [scende] dal cielo…  Ma dovete anche sapere cosa sia l'Hermon. È un monte assai lontano da Gerusalemme, cioè da Sion, sicché è strano quel che afferma il salmo. Come la rugiada dell'Hermon che cade sopra i monti di Sion, mentre il monte Hermon dista assai da Gerusalemme trovandosi, a quel che si dice, in Transgiordania. Dobbiamo dunque cercare qualche significato [recondito] del nome Hermon. È infatti un nome ebraico e di esso conosciamo il significato tramandatoci dagli esperti in lingue semitiche. Ci si riferisce che Hermon significa " lume posto in alto ". Orbene, da Cristo scende la rugiada poiché all'infuori di Cristo non c'è altro lume posto in alto… Eccoci ai monti di Sion, ai grandi di Sion. Cos'è Sion? La Chiesa. E chi sono i monti di Sion?  Monti sono gli stessi che prima erano raffigurati con la simbolica barba e con l'orlo della veste. Non si capisce infatti la barba se non fra uomini perfetti. Non potranno quindi abitare in vita comune se non coloro che hanno perfetta la carità di Cristo. Coloro infatti che non posseggono la perfezione della carità di Cristo, una volta uniti insieme, non mancheranno di odiarsi e di crearsi delle molestie, saranno turbolenti e propagheranno agli altri la propria irrequietezza, né ad altro baderanno che a captare dicerie sul conto di terzi. Saranno come un mulo indomito attaccato al carretto. Non solo non tirerà, ma a furia di calci lo sconquasserà. Se viceversa un fratello possiede la rugiada dell'Hermon, quella che scende sopra i monti di Sion, sarà una persona pacifica, calma, umile, capace di tollerare [il male] e alla mormorazione risponderà con la preghiera… Perché in questo il Signore ha ordinato la benedizione. Dov'è che l'ha ordinata? Tra i fratelli che vivono nell'unità. Là è stata ordinata la benedizione e là difatti benedicono il Signore coloro che abitano concordi. Se sei in discordia non benedici il Signore. È inutile che la tua lingua risuoni di benedizioni al Signore quando non le fai risuonare col cuore. Benediresti con la bocca e malediresti col cuore.

Dai Padri

Basilio: ed ecco, che cosa è bello o che cosa dà gioia, se non l’abitare dei fratelli insieme? La causa che riunisce i fratelli nella concordia è la grazia della carità. È un bene così grande che fa sbocciare la gioia.

Come unguento che scende… Questa grazia dall’alto, diffusa in tutta la Chiesa del Signore, fa di ogni eletto un corego spirituale. Come rugiada dell’Ermon: Basilio così interpreta: come la rugiada che scende sul monte Ermon lo fa scintillare di splendore così la rugiada spirituale che scende invisibilmente sul monte Sion lo riveste di splendore divino.  È da Sion che affluivano i fratelli provenienti da ogni parte. I fratelli abitano insieme nella Sion spirituale: qui si tratta della rugiada divina che è attribuita allo Spirito Santo. Ha disposto il Signore la benedizione, la vita… È il compimento dell’alleanza.

Ilario: talvolta vediamo dei fratelli litigare proprio perché abitano insieme. Ma c’è una casa, la casa di Dio che è la Chiesa, ove i fratelli vivono concordi nella carità di una sola volontà… È proprio del popolo di Dio l’essere fratelli sotto un solo Padre, il vivere nell’unità di un solo Spirito, l’essere membra di un solo corpo sotto un solo capo (1 Corinzi 12). Aronne ha ricevuto l’unzione sacerdotale e noi sappiamo che anche nostro Signore è stato unto invisibilmente: ti ha unto, o Dio, il tuo Dio con olio di esultanza… (Salmo 44,7). L’unzione di Aronne è figura e, secondo la legge  questi è chiamato Cristo, cioè unto, dopo la sua unzione. Sion è la Chiesa celeste, Dio manda la benedizione a Sion e alla comunità dei fratelli che vivano nell’unità. La rugiada scende dal cielo ed è elencata tra le benedizioni dei patriarchi: Dio ti dia la rugiada del cielo… (Genesi 27,28).

1 Atanasio e Girolamo: questo salmo è appropriato soprattutto alla vita monastica.

Teodoreto: Le tribù, divise al tempo di Roboamo, si riuniscono dopo il ritorno dall’esilio: è appunto questo che canta il salmo.

Cassiodoro non si deve dire che questo salmo sia appropriato solo alla vita nei monasteri: tutti sono chiamati alla carità perfetta.

2 Origene: l’unzione dello Spirito Santo ed anche la conoscenza di Dio.

Atanasio: quando la Chiesa sarà riunita e formerà una unica assemblea, l’unzione dello Spirito che unge anzitutto il Capo, che è Cristo, si diffonderà in tutto il corpo, cioè a tutti quelli che entrando nella Chiesa avranno rivestito il Cristo.

Cassiodoro: tutte le unzioni dei tempi antichi (del re, del profeta, del pontefice) annunciavano il Cristo Signore. Il Cristo Signore fu unto, in modo invisibile e incorporeo, re onnipotente, profeta superiore a tutti gli altri, pontefice eterno che si offre come vittima senza macchia per i peccatori.

Girolamo: l’unzione è il simbolo della santificazione.

3 Crisostomo: altro esempio piacevole: la rugiada, come il profumo, si diffonde ovunque. Il salmista confronta la carità alla rugiada e al profumo. Là ha disposto il Signore la benedizione: là, in tale abitazione, in tale comunità, in questa buona intesa.

Baldovino di Ford: dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto (Giovanni 1,16): tale è questa unzione che, fatta sul capo di Aronne, scende sulla barba e fino all’orlo della sua veste. Il Padre ci ha dato il Cristo da accogliere, da ascoltare e da amare, perché è in lui che ci ha dato la benedizione e la vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 133

( Cantico delle ascensioni )

1 Ecco ora benedite il Signore

servi tutti del Signore che state

nella casa del Signore, negli

atri della casa del nostro Dio.

2 Nelle notti alzate le vostre mani

verso il santuario e benedite il Signore

3 Ti benedica da Sion il Signore

che ha fatto il cielo e la terra.

Da Sacy

( Cantico delle ascensioni )

1 Ecco ora benedite il Signore

servi tutti del Signore che state

nella casa del Signore, negli

atri della casa del nostro Dio.

Il profeta sembra rivolgersi particolarmente ai sacerdoti allorché dice: voi che abitate nella casa del Signore, cioè nella parte interiore del Tempio dove solo essi entravano. Aggiunge poi: negli atri della casa del nostro Dio, cioè negli altri luoghi del tempio destinati ai leviti che lo custodivano. I santi padri ci fanno osservare che non sono accette a Dio le benedizioni di ogni sorta di persone e che il benedirlo non appartiene propriamente se non a colui che è servo di Dio e non schiavo del secolo. Conviene pure, dice Sant’Ilario, che egli sia fermo nel servizio del Signore e non nel numero di quelli che sono incostanti nella pietà e nella fede.

2 Nelle notti alzate le vostre mani

verso il santuario e benedite il Signore

3 Ti benedica da Sion il Signore

che ha fatto il cielo e la terra.

Il Signore racchiude in sé tutte le benedizioni tanto del cielo, quanto della terra, poiché ha fatto ugualmente il cielo e la terra.

Da Agostino

( Cantico delle ascensioni )

1 Ecco ora benedite il Signore

servi tutti del Signore che state

nella casa del Signore, negli

atri della casa del nostro Dio.

Ecco, ora benedite il Signore, voi tutti servi del Signore, voi che state nella casa del Signore, negli atri della casa del nostro Dio. Perché l'aggiunta: Negli atri? Per atri si intendono i vani più spaziosi di una casa. Chi si trova in un atrio non sta stretto, soffocato, ma in certo qual modo si distende. Resta dove c'è spazio e sarai in grado d'amare il tuo nemico. Questo, perché non ami gli spazi dove il nemico possa incastrarti. Cosa intenderai quindi per " stare negli atri "? Sta' nell'amore e starai negli atri. Nell'amore infatti c'è l'ampiezza, nell'odio le strettoie.

2 Nelle notti alzate le vostre mani

verso il santuario e benedite il Signore

Dunque, voi che state nella casa del Signore, negli atri della casa del nostro Dio, durante le notti alzate le vostre mani verso il santuario e benedite il Signore. È facile benedire di giorno. Che significa: "Di giorno"? Nella prosperità. La notte infatti è un qualcosa di triste, il giorno è cosa lieta. Ora è normale che tu benedica il Signore quando le cose ti van bene. Desideravi un figlio e ti nasce: tu benedici il Signore. La tua sposa ha superato i pericoli del parto: tu benedici il Signore. Tuo figlio era malato e guarisce: tu benedici il Signore… Ma quando? Durante le notti. Quando pronunziò Giobbe la sua benedizione? In una notte piena di tristezze: persi tutti i beni che possedeva, persi i figli a cui erano destinati. Che orrida notte! Vediamo però se egli interrompe la sua benedizione: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come al Signore è piaciuto, così è avvenuto. Sia benedetto il nome del Signore . Che notte funesta! Piagato da capo a piedi, si scioglieva nella putredine. E ci fu, per la circostanza, anche un'Eva che osò tentarlo: Impreca a Dio, e muori. Ascoltalo benedire durante la notte. Dice: Hai parlato come una donna stolta. Se abbiamo ricevuto dalla mano del Signore i beni, non dobbiamo accettarne anche i mali?  Ecco cosa significa: Durante le notti alzate le vostre mani verso il santuario e benedite il Signore. Cosa disse Giobbe? Hai parlato come una donna stolta. Questa volta Adamo, sebbene ridotto a un mucchio di putridume, scacciò Eva rivolgendole a un dipresso queste parole: Mi basta essere diventato mortale per causa tua. Nel paradiso me l'hai fatta, ma ora, sul letame, la vinta sei tu.

3 Ti benedica da Sion il Signore

che ha fatto il cielo e la terra.

Da Sion ti benedica il Signore, che ha fatto il cielo e la terra. Esorta varie persone a benedire [il Signore] ma Lui benedice uno solo, poiché dei molti Egli ha fatto un solo uomo, essendo cosa buona e gioconda il convivere dei fratelli nell'unità . Fratelli è di numero plurale, ma nell'unità è singolare: per questo continua: Da Sion ti benedica il Signore, che ha fatto il cielo e la terra. Nessuno di voi dica: Questa benedizione non arriva fino a me. Ma chi pensi che sia colui a cui è detto: Ti benedica il Signore da Sion? Benedice l'unità. Partecipa dell'unità e la benedizione si estenderà fino a te.

Dai Padri

Ilario: questo ultimo salmo graduale conclude degnamente le ascensioni. La benedizione corona le salite. Il profeta invita tutti gli uomini a benedire il Signore. Ed ecco: questa espressione mostra che l’ascensione è giunta al termine. Sia benedetto Dio che ci ha fatto salire e che ci ha elevati attraverso i gradini della fede, fino alla sommità ove egli abita! Ma poiché un peccatore non potrebbe benedire Dio in modo degno, il salmista precisa: voi tutti servi del Signore. Dal momento che non basta essere un servo negligente, il salmista aggiunge: voi che state nella casa del Signore… Sta, or ora correva, saliva, ma ora sta immobile, sospeso a questa beata parola che il Signore gli dirà come a Mosè: starai con me sulla vetta (Esodo 34,2)

1 Atanasio: è il Signore che parla.

Teodoreto: questo salmo esorta alla lode di Dio soprattutto coloro che hanno scelto di appartenergli.

Girolamo: è l’ultimo dei salmi graduali e li conclude tutti: benediciamo il Signore!

Arnobio il Giovane: è l’ultimo dei salmi graduali e questo ultimo grado sfocia nella carità: siete fratelli ma formate un solo uomo. Chi siete? Siamo nati dal Cristo e dalla Chiesa: formiamo un solo uomo perché ci riconosciamo servi. Alzate le vostre mani come il vessillo della croce, senza ira e senza liti, come lampade ardenti che invocano la benedizione del Signore.

Atanasio: sono servi del Signore quelli che hanno rinunciato al mondo per consacrarsi alla pazienza di Dio (Apocalisse 3,10) e presentano incessantemente questa pazienza alla volontà di Dio che è nei cieli.

Origene: quanti attendono al servizio di Dio assiduamente e senza posa e vegliano la notte per adorarlo… La loro eredità non è della terra: la loro porzione, la loro eredità è il Signore stesso. Hanno scelto e stabilito di vivere secondo la sapienza di Dio. Ciò che desiderano ardentemente è la sapienza, la conoscenza dei misteri divini. E  là dove è il loro cuore, là è anche i loro tesoro (Matteo 5,21: la è il loro cibo, la loro bevanda, la loro ricchezza. Tale è il loro regno.

Atanasio: voi che state: fermi nei precetti del Signore.

Girolamo: tra i servi, i monaci e le vergini sono quanti si tengono vicinissimi al Signore. Ma la familiarità con lui non ci deve rendere presuntuosi… Alcuni stanno ritti, altri sono caduti: lodate voi che state ritti.

Teodoreto: la notte silenziosa è favorevole alla preghiera.

Girolamo: nella notte di questo mondo, alzate le vostre mani perché la Chiesa sia vittoriosa. Sollevate le vostre mani come Gesù le ha sollevate sulla croce.

2 Atanasio: nelle notti, cioè quando il diavolo vi attacca, tendete il vostro cuore al cielo, guardando i beni che vi aspettano.

3 Atanasio: Dio ti mandi dal cielo la sua grazia.

Girolamo: da Sion: dalla Gerusalemme celeste.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 134

( alleluia )

1 Lodate il nome del Signore

lodate, servi, il Signore

2 voi che state nella casa del

Signore, negli atri della casa del nostro Dio.

3 Lodate il Signore perché buono è il Signore.

Salmeggiate al suo nome perché è dolce.

4 Perché il Signore si è

scelto Giacobbe, Israele come suo possesso.

5 Poiché io ho conosciuto che

grande è il Signore e il nostro

Dio è al di sopra di tutti gli dei.

6 Tutto ciò che ha voluto il Signore

lo ha fatto: nel cielo e sulla terra,

nel mare e in tutti gli abissi.

7 Fa salire le nubi dall’estremità

della terra, ha fatto i lampi per la

pioggia , lui che trae fuori i venti

dai suoi tesori,

8 che ha percosso i primogeniti d’Egitto,

dall’uomo fino al bestiame.

9 Mandò segni e prodigi

in mezzo a te, Egitto, contro

faraone e tutti i suoi servi.

10 Lui che percosse molte genti e uccise re forti:

11 Sehon re degli Amorrei e

Og re di Basan e tutti i regni di Canaan

12 e ha dato la loro terra

in eredità, in eredità a Israele suo popolo.

13 Signore, il tuo nome è

in eterno, il tuo memoriale,

Signore, di generazione in generazione.

14 Perché giudicherà il Signore

il suo popolo e si implorerà perdono per i servi suoi.

15 Gli idoli delle genti argento e

oro, opere delle mani degli  uomini.

16 Hanno bocca e non parleranno,

hanno occhi e non vedranno,

17 hanno orecchi e non udranno.

Infatti non c’è respiro nella loro bocca.

18 Simili a loro divengano quelli

che li fanno  e tutti quelli che sperano in essi.

19 Casa d’Israele, benedite

il Signore, casa di Aronne

benedite il Signore,

20 casa di Levi, benedite il Signore.

Voi che temete il Signore,

benedite il Signore.

21 Benedetto in Sion il Signore,

che abita in Gerusalemme.

 

Da Sacy

1 Lodate il nome del Signore

lodate, servi, il Signore

2 voi che state nella casa del

Signore, negli atri della casa del nostro Dio.

3 Lodate il Signore perché buono è il Signore.

Salmeggiate al suo nome perché è dolce.

4 Perché il Signore si è

scelto Giacobbe, Israele come suo possesso.

Il profeta esorta i servi  a lodare il Signore, ricordando tanti prodigi operati in loro sia nell’Egitto che nel deserto e nella terra promessa, affinché la riconoscenza da cui erano presi li rendesse più umili e più fedeli al servizio del loro Dio. Lodatelo, dice a loro, perché è buono, cioè pieno di misericordia, celebrate la gloria del suo nome. Ora l’argomento di tutte le lodi che il profeta obbliga il popolo suo a fare a Dio è la sua misericordia, la elezione d’amore con cui il Signore ha preferito, nella persona di Giacobbe, Israele a tutte le altre nazioni, perché fosse la sua eredità e il suo popolo. Cosa avevano fatto gli israeliti per meritare una grazia così singolare? E parimenti cosa abbiamo fatto noi altri per meritare di essere  anteposti a tante nazioni, che egli lascia ancor oggi nelle tenebre del paganesimo o dell’eresia? Cosa abbiamo fatto per diventare il suo possesso e la sua eredità? Temiamo dunque che a motivo della nostra ingratitudine il regno di Dio non ci sia tolto come ai Giudei e trasferito ad altre persone che ne siano più meritevoli.

5 Poiché io ho conosciuto che

grande è il Signore e il nostro

Dio è al di sopra di tutti gli dei.

6 Tutto ciò che ha voluto il Signore

lo ha fatto: nel cielo e sulla terra,

nel mare e in tutti gli abissi.

7 Fa salire le nubi dall’estremità

della terra, ha fatto i lampi per la

pioggia , lui che trae fuori i venti

dai suoi tesori,

Non conoscevano dunque gli altri, dice San Giovanni Crisostomo, che il Signore era grande? Lo conoscevano, certamente, ma non come il profeta. Agli uomini eminenti in santità appartiene innanzi tutti il conoscere la grandezza di Dio. Per questo egli desidera che i suoi servi tutti insieme gli diano gloria in una maniera di lui degna. Per convincerli rappresenta loro la onnipotenza della volontà di Dio, che crea quanto gli piace  in cielo e in terra, nel mare e negli abissi. Uno dei segni nell’assoluto potere di Dio è il vedere che egli fa uscire le nubi dall’estremo della terra, cioè che le fa comparire ai nostri occhi come se venissero di là e produce un portento così strano come è quello di unire due cose opposte: l’acqua e il fuoco in pioggia. Questo si è anche veduto al principio della Chiesa quando i fuochi divini dello Spirito Santo si trovarono felicemente congiunti alla pioggia volontaria ed abbondante di ogni sorta di grazia, che egli diffuse sopra gli apostoli e i primi fedeli.

8 che ha percosso i primogeniti d’Egitto,

dall’uomo fino al bestiame.

9 Mandò segni e prodigi

in mezzo a te, Egitto, contro

faraone e tutti i suoi servi.

10 Lui che percosse molte genti e uccise re forti:

11 Sehon re degli Amorrei e

Og re di Basan e tutti i regni di Canaan

12 e ha dato la loro terra

in eredità, in eredità a Israele suo popolo.

Tutto ciò che il profeta aggiunge riguardo alla morte dei primogeniti d’Egitto e i prodigi che Dio fece contro faraone o contro altri re, di cui distrusse i regni per darli al suo popolo, essendo stato spiegato nei libri dell’Esodo e nei seguenti è inutile ripeterlo in questo luogo: sono cose che si possono vedere in essi.

13 Signore, il tuo nome è

in eterno, il tuo memoriale,

Signore, di generazione in generazione.

14 Perché giudicherà il Signore

il suo popolo e si implorerà perdono per i servi suoi.

Il profeta avendo ricordato le così luminose prove d’amore che Signore aveva dato al suo popolo, prorompe in un santo trasporto di gratitudine per significare che in eterno sussisterà la gloria del Suo nome. Il Signore giudicherà il suo popolo, cioè lo vendicherà dei suoi nemici e gli farà giustizia così come lo aveva trattato nel passato lasciandosi piegare dalle sue preghiere.

15 Gli idoli delle genti argento e

oro, opere delle mani degli  uomini.

16 Hanno bocca e non parleranno,

hanno occhi e non vedranno,

17 hanno orecchi e non udranno.

Infatti non c’è respiro nella loro bocca.

18 Simili a loro divengano quelli

che li fanno  e tutti quelli che sperano in essi.

Tutti questi versetti, che d’altronde sono abbastanza chiari, non presentano alcuna diversità dai versetti 12-16 del salmo 113, che è già stato spiegato.

19 Casa d’Israele, benedite

il Signore, casa di Aronne

benedite il Signore,

20 casa di Levi, benedite il Signore.

Voi che temete il Signore,

benedite il Signore.

21 Benedetto in Sion il Signore,

che abita in Gerusalemme.

San Giovanni Crisostomo si chiede da dove nasca che il profeta non inviti tutte le case di Israele a benedire insieme il Signore, ma con distinzione e ciascuna separatamente. Non sono tutte le stesse le benedizioni che si danno al Signore. Vi è una grande differenza tra quella che dà un sacerdote, quella che dà un levita e quella di una turba popolare. Benedite dunque il Signore, voi tutti che siete servi, beneditelo ciascuno secondo il vostro stato, perché vi ha liberati dai vostri nemici, perché siete stati resi degni di servire e di adorare un tale Dio, perché siete stati così fortunati che avete conosciuto la verità.

 

Da Agostino

( alleluia )

1 Lodate il nome del Signore

lodate, servi, il Signore

Una dolcezza estremamente grande e capace di riempirci di gioia deve arrecarci l'esortazione che ci rivolge il presente salmo, il quale dice: Lodate il nome del Signore. Subito dopo aggiunge il motivo per cui è doveroso che noi lodiamo il nome del Signore: Lodate, servi, il Signore. E potrebbe esserci cosa più giusta, più conveniente, più gradita? Se infatti questi servi si rifiutassero di lodare il Signore, sarebbero superbi, ingrati ed empi. Sia che lodi [il Signore] sia che non lodi, sei sempre suo servo; solo che, se lo lodi te lo rendi propizio, se non lo lodi ne incontri la collera.

2 voi che state nella casa del

Signore, negli atri della casa del nostro Dio.

Voi che state nella casa del Signore, lodate il nome del Signore. Siate colmi di gratitudine. Stavate fuori ed ora siete saldamente ancorati dentro. E vi sembrerà cosa da poco aver conseguito questa stabilità? E non vi sentirete obbligati a lodare colui che vi ha sollevati dal luogo dove eravate prostrati e vi ha collocati stabilmente nella sua casa, concedendovi di conoscerlo intimamente e di lodarlo?

3 Lodate il Signore perché buono è il Signore.

Salmeggiate al suo nome perché è dolce.

Che dirò sul motivo per cui dovete lodare? [Lodate] perché buono è il Signore. Brevemente, anzi con una sola parola, è motivata la lode che dobbiamo tributare al Signore Dio nostro: Buono è il Signore. Non buono come lo sono le creature, da Dio fatte sovranamente buone: non solo buone ma buone in maniera superlativa. Egli creò buoni, anzi ottimi, il cielo, la terra e tutte le cose che vi si trovano . Ora se tutte queste creature di Dio sono buone, quanto più non dovrà esserlo il Creatore? Tuttavia, per quanto buone siano le creature e di gran lunga migliore il Creatore, non troverai alcuna espressione più conveniente nei suoi riguardi che dire: Buono è il Signore. Basta che questo buono tu lo intenda in maniera assoluta: il Bene da cui derivano gli altri beni.

4 Perché il Signore si è

scelto Giacobbe, Israele come suo possesso.

Gli altri popoli sono stati posti da lui in potere degli angeli, ma Giacobbe se l'è scelto il Signore, egli ha scelto Israele come suo possesso. Prese questo suo popolo e se ne fece un campo da coltivare e seminare di persona. Pur avendo creato tutti i popoli, il Signore pose i non israeliti sotto il potere degli angeli, ma degli israeliti giudicò bene farne un suo possesso esclusivo e provvedervi direttamente, [e si scelse] questo popolo, questo Giacobbe. Questo in conseguenza dei meriti del popolo o per dono gratuito del Signore? Lo precisò l'Apostolo. Non erano ancora nati quando disse [di loro il Signore]: Il maggiore sarà servo del minore . Prima che nascessero, quando nessuno dei due aveva ancora compiuto del bene o del male, che merito potevano avere? Non si inorgoglisca quindi Giacobbe non si glori, non attribuisca [la sua sorte privilegiata] ai propri meriti. Antecedentemente è stato guardato con predilezione, antecedentemente predestinato, antecedentemente eletto. Non eletto per i suoi meriti, ma trovato e vivificato dalla grazia di Dio.

5 Poiché io ho conosciuto che

grande è il Signore e il nostro

Dio è al di sopra di tutti gli dei.

Cosa inaccessibile in cui dobbiamo prestargli l'assenso per fede è avere egli conosciuto che grande è il Signore.  Quanto alla grandezza del Signore, da lui vista e proposta all'assenso della nostra fede, se la conservi lui personalmente nel suo cuore, dal momento che non gli è riuscito di elevare fin lassù i nostri occhi. Ci faccia intanto l'elenco di alcune opere compiute dal Signore sulla terra, affinché attraverso la considerazione, a noi possibile, delle opere di lui ci sia dato gustare la dolcezza del Signore, se è vero, com'è vero, che noi non siamo in grado di fissare lo sguardo come il salmista nella grandezza divina. Dice pertanto: Io ho conosciuto che grande è il Signore, e il nostro Dio è sopra tutti gli dèi. Quali dei? Lo dice l'Apostolo: E sebbene ci siano esseri chiamati dei, sia in cielo che sulla terra, come vi sono molte divinità e molti signori, tuttavia per noi non c'è che un Dio solo, il Padre da cui tutto proviene, e noi viviamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale son tutte le cose, e noi per lui esistiamo . Si applichi dunque agli uomini il nome " dio ". Sta scritto infatti: Dio sta nell'adunanza degli dèi . E ancora: Io ho detto: Siete dei, e tutti figli dell'Altissimo . E non sarà Dio superiore agli uomini? Anzi, cosa c'è di strano nell'essere Dio superiore agli uomini? Dio è anche superiore agli angeli, poiché non gli angeli fecero Dio ma Dio fece gli angeli, ed è logico che l'artefice sia superiore a tutte le opere da lui realizzate. Il salmista pertanto, conoscendo la grandezza del Signore e mirando la sua superiorità rispetto all'intero mondo creato, non soltanto cioè rispetto al mondo materiale ma anche a quello spirituale, esclama: Re grande al di sopra di tutti gli dèi. Egli è il Dio sommo, al di sopra del quale non ci sono dèi. Di lui ci narri ora le opere: queste sì che possiamo capirle.

6 Tutto ciò che ha voluto il Signore

lo ha fatto: nel cielo e sulla terra,

nel mare e in tutti gli abissi.

Tutte le cose che ha voluto, il Signore le ha fatte in cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi. Chi sarà in grado di comprendere appieno tali creature? Chi riuscirà a contare le opere compiute dal Signore nel cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi? Comunque, per quanto incapaci di conoscerle adeguatamente, dobbiamo ammettere per fede e ritenere con certezza assoluta che ogni creatura esistente nel cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi è opera di Dio, se, come abbiamo affermato, è vero che tutte le cose che ha voluto, le ha fatte in cielo e sulla, terra, nel mare e in tutti gli abissi. Quanto alle cose da lui fatte, è da escludersi che le abbia fatte per costrizione; tutte quante le ha fatte perché ha voluto. Causa dell'intero universo creato è la sua volontà.

7 Fa salire le nubi dall’estremità

della terra, ha fatto i lampi per la

pioggia , lui che trae fuori i venti

dai suoi tesori,

Solleva le nubi dalle estremità della terra. Sono queste opere del Signore che vediamo nel mondo da lui creato. Vengono le nubi dall'estremità della terra, si adunano nel mezzo [del cielo] e si mutano in pioggia; tu però non sai donde siano sorte. Te lo indica il profeta dicendo: Dalla estremità della terra. Si tratti delle profondità della terra o del limite estremo che l'attornia, è Dio che solleva le nubi da dove vuole, comunque sempre dalla terra. Rese i fulmini apportatori di pioggia. Senza pioggia, i fulmini ti spaventano, ma non ti producono nulla. Rese i fulmini apportatori di pioggia. Cadono i fulmini e tu tremi, piove e tu gioisci. Rese i fulmini apportatori di pioggia. Colui che ti spaventava ha pensato a farti gioire. Egli estrae i venti dai loro nascondigli; difatti del vento non conosci le cause né la provenienza. Senti che soffia ma non sai per qual motivo soffi né da quale nascondiglio originario provenga. Devi comunque prestare a Dio l'ossequio di credere che non soffierebbe se non gliel'avesse ordinato il suo artefice, se non l'avesse prodotto il Creatore.

8 che ha percosso i primogeniti d’Egitto,

dall’uomo fino al bestiame.

9 Mandò segni e prodigi

in mezzo a te, Egitto, contro

faraone e tutti i suoi servi.

10 Lui che percosse molte genti e uccise re forti:

11 Sehon re degli Amorrei e

Og re di Basan e tutti i regni di Canaan

12 e ha dato la loro terra

in eredità, in eredità a Israele suo popolo.

. Diamo ora uno sguardo a quanto ha egli fatto tra gli uomini in favore del suo popolo. Ha percosso i primogeniti dell'Egitto. Finora t'erano state narrate cose per cui dovevi amarlo, non ancora quelle per cui avresti dovuto temerlo. Osserva ora com'egli anche quando si adira fa ciò che vuole. Ha percosso i primogeniti dell'Egitto dall'uomo fino al bestiame. E mandò segni e prodigi in mezzo a te, o Egitto. Son cose che conoscete avendo letto quali gesta portentose fece in Egitto la mano del Signore servendosi di Mosè, per spaventare, sconvolgere e abbattere i superbi egiziani. Contro il faraone e contro tutti i suoi servi. Né bastano gli interventi compiuti in Egitto; cosa fece ancora dopo che il popolo fu condotto fuori dai suoi confini? Egli abbatté numerose popolazioni: quelle cioè che occupavano il territorio che Dio voleva dare al suo popolo. Ha ucciso i re forti, Seon re degli amorrei, Og re di Basan e tutti i regni di Canaan. Tutte queste vicende, elencate brevemente nel salmo, noi le leggiamo negli altri Libri divini, e dovunque appare potente la mano del Signore. Ebbene, vedendo quel che Dio ha fatto contro gli empi, sta' attento che le stesse cose non capitino a te. Se infatti tali cose accaddero contro quei popoli, fu perché tu ne scampassi e non imitando la loro empietà non avessi a subire la stessa sorte.

13 Signore, il tuo nome è

in eterno, il tuo memoriale,

Signore, di generazione in generazione.

Segue il giubilo della lode a Dio. Avendo tu creato tutte le cose, o Signore, il tuo nome [dura] in eterno. Con che occhio infatti vedo le cose da te create? Osservo quel che hai creato in cielo e poi scendo a osservare questa superficie inferiore dove abitiamo. Dovunque scorgo tuoi benefici: le nubi, i venti, le piogge. Considero le vicende del tuo popolo. Li liberasti dalla casa dell'asservimento e contro i loro nemici facesti segni e prodigi. Castigasti coloro da cui avevamo ricevuto tribolazioni, scacciasti dal proprio paese i popoli empi, uccidendone i re, e desti al tuo popolo la terra da loro posseduta. Ho contemplato tutto questo e colmo di entusiasmo ho esclamato: Signore, il tuo nome è in eterno…

Signore, la tua memoria di generazione in generazione, la presente generazione e l'altra generazione: la generazione di cui diventiamo fedeli e rinasciamo mediante il battesimo, e la generazione in cui risorgeremo dai morti e uniti agli angeli vivremo in eterno. Il tuo ricordo, o Signore, s'estende a questa generazione e a quella futura. Dio infatti non si è dimenticato di noi né al presente quando ci ha chiamati né si dimenticherà quel giorno quando ci darà la corona.

14 Perché giudicherà il Signore

il suo popolo e si implorerà perdono per i servi suoi.

Il Signore ha giudicato il suo popolo e tra i suoi servi sarà invocato. Dio ha già emesso il giudizio sul suo popolo: la nazione giudaica, a parte il giudizio finale, è già stata giudicata. Che significa " giudicata "? Ne sono stati separati i giusti e vi son rimasti dentro solo i perversi. Se dico il falso o qualcuno pensa che io dica il falso affermando che il giudizio è stato fatto, si ascoltino le parole del Signore: Son venuto in questo mondo per un giudizio: affinché quelli che non vedono, vedano; e quei che vedono, diventino ciechi. I superbi sono stati accecati, gli umili illuminati. È comunque un fatto che egli ha giudicato il suo popolo… Sì, Dio ha giudicato il suo popolo. Li ha dunque separati; ma è possibile che fra tanti egli non trovi chi possa attrarre nel suo regno restaurato? Certo che ve li troverà. E tra i suoi servi sarà invocato. Dice l'Apostolo: Non ha rigettato completamente il suo popolo che aveva prescelto. E come lo dimostra? Anche io sono un israelita. Il Signore, dunque, ha giudicato il suo popolo, separando i buoni dai cattivi…  E tra i suoi servi sarà invocato. Da chi [sarà invocato]? Dai pagani. Quante nazioni pagane sono infatti venute alla fede! Quanti territori, quante località del deserto vengono ora a noi! Da queste contrade viene gente innumerevole. Vogliono abbracciare la fede. Noi chiediamo loro: Cosa volete? Conoscere la gloria di Dio, rispondono.

15 Gli idoli delle genti argento e

oro, opere delle mani degli  uomini.

16 Hanno bocca e non parleranno,

hanno occhi e non vedranno,

17 hanno orecchi e non udranno.

Infatti non c’è respiro nella loro bocca.

Descritta per intero la serie ordinata e finalizzata [degli eventi del Vecchio Testamento], lo Spirito di Dio si volge a rimbrottare e deridere gli idoli, come del resto fanno ora quelli stessi che li avevano venerati. Gli idoli dei pagani sono oro e argento. Dio è l'autore di tutte queste meraviglie: ha compiuto tutto quel che ha voluto tanto in cielo quanto sulla terra, ha giudicato il suo popolo, è invocato dai suoi servi. Per le effigi plasmate [dall'uomo] cosa resta se non che le si irrida e non che le si adori? Per ingenerare in noi del disprezzo verso tutte queste invenzioni umane forse parlerà degli idoli del paganesimo soffermandosi su quelli di pietra o di legno, di gesso o di terracotta? Parlerà di questi idoli pagani? Non di questi voglio parlare: la loro materia è troppo spregevole. Voglio parlare di ciò che essi amano sommamente e sommamente stimano. Gli idoli dei pagani sono oro e argento. È vero, sono d'oro, d'argento, ma forse che, per il fatto che l'oro e l'argento luccicano, hanno quelle statue occhi per vedere? Insomma, per essere d'argento e d'oro potranno, forse, essere utili all'avaro, non all'uomo religioso.

Simulacri di questo genere poté forgiarli qualsiasi modellatore, argentiere, orafo, dotandoli di occhi e di orecchie, di naso e di bocca, di mani e di piedi. Nessuno di loro però è stato mai in grado di dare la vista a quegli occhi, l'udito a quelle orecchie, la voce a quella bocca, la facoltà olfattiva al naso, la scioltezza alle mani, il moto ai piedi.

18 Simili a loro divengano quelli

che li fanno  e tutti quelli che sperano in essi.

O uomo, se hai riconosciuto chi sia il tuo creatore senza dubbio ti verrà da ridere di quanto tu stesso ti sei fabbricato. Quanto poi a coloro che non si decidono a riconoscere Dio, cosa si dice? Siano simili ad essi coloro che li fanno e tutti quelli che in essi confidano. E in effetti (credetelo, fratelli!) si incide in loro una certa somiglianza con i loro idoli: non certo nel loro corpo ma nel loro uomo interiore. Essi hanno orecchi ma non odono quanto Dio loro grida: Chi ha orecchi per udire, ascolti . Hanno occhi ma non vedono: hanno cioè gli occhi del corpo ma non l'occhio della fede. In ogni popolo si avvera questa profezia… Si adempie davvero in essi quanto con verità era stato di loro predetto: Siano ad essi simili coloro che li fanno e tutti quelli che in essi confidano.

19 Casa d’Israele, benedite

il Signore, casa di Aronne

benedite il Signore,

20 casa di Levi, benedite il Signore.

Voi che temete il Signore,

benedite il Signore.

Casa d'Israele, benedici il Signore. Fa'  in modo che ti si possa dire veramente membro di quella casa, che ti si possa veramente chiamare popolo d'Israele, dal quale uscirono gli Apostoli che credettero insieme con migliaia di circoncisi. Casa d'Israele, benedici il Signore; casa di Aronne, benedici il Signore; casa di Levi, benedici il Signore. Benedite il Signore, voi popoli in genere! Questo significa: Casa d'Israele. Beneditelo, voi o presuli della Chiesa! Questo significa: Casa di Aronne. Beneditelo, voi ministri! Questo significa: Casa di Levi. E delle altre nazioni [che dire]? Voi che temete il Signore, benedite il Signore.

21 Benedetto in Sion il Signore,

che abita in Gerusalemme.

Quanto segue diciamolo tutti in coro: Da Sion sia benedetto il Signore, che abita in Gerusalemme. Da Sion e da Gerusalemme. Sion vuol dire "contemplazione", Gerusalemme "visione di pace". Qual è la Gerusalemme in cui adesso abita il Signore? Quella che fu distrutta? No, ma quella che è la nostra madre, quella che è nei cieli, della quale fu detto: I figli dell'abbandonata sono molto di più di quella che ha marito . Viene pertanto il Signore da Sion, perché noi, finché non sarà venuto, abbiamo lo sguardo rivolto a lui e, sebbene viviamo nella speranza, tuttavia già siamo dentro Sion. Giunti al termine della via, abiteremo in quella città che mai sarà abbattuta poiché il Signore abita lì dentro, e la custodisce. Tale città è anche visione di pace, è l'eterna Gerusalemme, dove avremo quella pace di cui, o fratelli, nessuna lingua saprà mai cantare le lodi.

Dai Padri

Ilario: questo salmo narra, in gran parte, i fatti dell’Esodo, ma l’apostolo ci dice che essi sono ombra delle cose future. Le meraviglie dell’Esodo sono simbolo di tutto ciò che Dio ha fatto per la salvezza dell’uomo. Nonostante la nostra conoscenza non si possa spingere molto lontano, Dio non ha niente di più caro dell’uomo. Ha creato il mondo con una parola, ma per l’uomo ha tenuto consiglio, si è servito della sua mano, lo ha fatto a sua immagine, ha alitato in lui il soffio vitale. Gli ha dato una legge, lo ha lasciato libero, lo ha costituito Signore del mondo e abitante del paradiso. L’uomo aveva di che eccitare l’invidia del diavolo. E dopo il peccato, Dio lo ha custodito per la sua misericordia. Nel corso dei secoli Dio lo ha istruito affinché lo conoscesse. Lo prepara a giudicare gli angeli; tutta la creazione attende la rivelazione della sua gloria e quando si pente del suo peccato, gli angeli ne gioiscono grandemente. Ecco l’uomo assunto in Gesù Cristo per il mistero dell’incarnazione. Ormai la sua bocca blasfema insegna ovunque la vera religione, il suo corpo macchiato si purifica, il suo spirito cieco diviene l’Israele che vede Dio.

1 Crisostomo: gli inviti del salmista a lodare Dio ricordano al popolo il suo patto.

Atanasio: il salmista esorta a lodare Dio coloro che in Egitto hanno lodato i falsi dei.

Teodoreto: non potete vedere la natura di Dio, ma lodate il suo nome.

Ilario: servi, è la nostra professione.

Ilario: voi che state: non erranti, ma stabili.

Atanasio: nella casa del nostro Dio, cioè nei cieli.

Teodoreto: gioia per il ritorno dalla cattività.

3 Atanasio cita 2 Pietro 3,9: il Signore usa pazienza con noi, non volendo che alcuno perisca ma che tutti ritornino a penitenza e godano eternamente dei suoi beni.

Crisostomo: il fatto stesso di cantare a Dio ha in sé un aspetto utilitario e di piacere. Il canto religioso eleva l’anima, le insegna o le ricorda le verità della salvezza, il fine ultimo. La melodia è un piacere. E l’uomo che canta a Dio acquista una specie di carattere sacro.

4 Crisostomo: questo popolo piccolo e senza alcun valore Dio lo ha scelto come cosa preziosa, non guardando al suo piccolo numero ma alla santità a cui voleva portarlo.

Ilario: Giacobbe è immagine della Chiesa.

5 Crisostomo: cosa conosci tu più di tutti gli altri? I santi hanno una conoscenza superiore agli altri, ma sempre imperfetta. Il salmista ci insegna a lodare Dio passando in rassegna tutta la creazione.

Atanasio: istruito da lui, ho conosciuto la sua grandezza per mezzo della potenza della sua morte.

Teodoreto: lo sappiamo dai fatti: non si può confrontare il nostro Dio, colui che è con gli dei che non sono.

Girolamo: lo applica ai santi e, per estensione, agli angeli.

6 Atanasio: nessuno può resistere alla sua volontà… Nell’acqua del battesimo annienta le potenze avverse.

7 Tutti i padri consultati danno spiegazioni allegoriche di questo versetto, salvato il senso letterale.

8 Atanasio: il bestiame è nominato perché, fatto per l’uomo, è punito a causa dell’uomo.

13 Origene: il salmista interrompe lo sviluppo di un discorso per rendere gloria a Dio in un modo molto spontaneo. Paolo fa spesso così:… A lui la gloria per i secoli dei secoli! (Galati 1,5).

Crisostomo: si interrompe per lodare Dio.

Ilario: questi voti che offriamo a Dio, a lui servono? Servono a noi. Desiderare e confessare il regno di Dio equivale a dire: ricordati di me, quando sarai giunto nel tuo regno (Luca 23,42).

13 Atanasio: il memoriale della sua passione.

Ilario: per i giudei, questo memoriale è il libro della legge. Ma il memoriale è passato ai cristiani.

14 Atanasio interpreta: vendicherà il suo popolo.

20 Ilario vede in Israele il simbolo della contemplazione e del servizio più alto reso Dio.

21 Ruperto: questo salmo comincia con lodi e finisce con benedizioni. Dopo aver elencato motivi di lode, conclude: benedetto il Signore in Sion. Sottintende il Dio e uomo che viene e che da sempre e per sempre abita nella Gerusalemme celeste.

Cassiodoro: il Signore, il Cristo re nella sua chiesa. È lui che abita questa Gerusalemme, costruita dall’assemblea di tutti i santi, la cui eterna felicità è nella presenza del re.

Girolamo: che abita in Gerusalemme: è il nostro Signore Gesù Cristo.

 

 

 

 

 

 

 

Salmo 135

( Alleluia )

1 Confessate il Signore perché è buono,

perché in eterno è la sua misericordia

2 Confessate il Dio degli dei

perché in eterno è la sua misericordia

3 Confessate il Signore dei signori

perché in eterno è la sua misericordia.

4 Lui che solo fa grandi meraviglie,

perché in eterno è la sua misericordia.

5 Che ha fatto i cieli nell’intelletto,

perché in eterno è la sua misericordia,

6 che ha fissato la terra sulle acque,

perché in eterno è la sua misericordia.

7 Che ha fatto i grandi luminari,

poiché in eterno è la sua misericordia:

8 il sole a dominio del giorno,

perché in eterno è la sua misericordia;

9 la luna e le stelle a dominio della notte,

perché in eterno è la sua misericordia.

10 Lui che percosse l’Egitto coi loro primogeniti,

perché in eterno è la sua misericordia.

11 Che trasse fuori Israele di mezzo a loro,

perché in eterno è la sua misericordia;

12 con mano forte e con braccio alzato,

perché in eterno è la sua misericordia.

13 Lui che divise in parti il Mare Rosso,

perché in eterno è la sua misericordia.

14 E condusse Israele in mezzo ad esso,

perché in eterno è la sua misericordia.

15 E fece precipitare faraone e

il suo esercito nel Mare Rosso,

perché in eterno è la sua misericordia.

16 Lui che condusse il suo

popolo nel il deserto,

perché in eterno è la sua misericordia.

17 Che percosse grandi re,

perché in eterno è la sua misericordia.

18  E uccise re forti,

perché in eterno è la sua misericordia:

19 Sehon re degli Amorrei,

perché in eterno è la sua misericordia,

20 e Og re di Basan,

perché in eterno è la sua misericordia.

21 E ha dato in eredità la loro terra,

perché in eterno è la sua misericordia,

22 in eredità a Israele suo servo,

perché in eterno è la sua misericordia.

23 Poiché nella nostra umiliazione si è ricordato di noi,

perché in eterno è la sua misericordia.

24 E ci ha riscattato dai nostri nemici,

perché in eterno è la sua misericordia.

25 Lui che dà il cibo ad ogni carne,

perché in eterno è la sua misericordia.

26 Confessate il Dio del cielo,

perché in eterno è la sua misericordia.

Confessate il Signore dei signori,

perché in eterno è la sua misericordia.

Da Sacy

( Alleluia )

1 Confessate il Signore perché è buono,

perché in eterno è la sua misericordia

2 Confessate il Dio degli dei

perché in eterno è la sua misericordia

3 Confessate il Signore dei signori

perché in eterno è la sua misericordia.

Lodate il Signore con rendimento di grazie, riconoscendo la sua infinita bontà. Lodate nell’adorabile unità del suo essere la ineffabile trinità delle tre persone divine, cosa che pare che il profeta voglia farci  intendere con la triplice ripetizione delle lodi che egli ci invita a dargli: prima come Signore, poi come Dio degli dei e finalmente come padrone dei padroni, perché, Egli dice, eterna è la sua misericordia; non è incostante come gli uomini nei suoi benefici e nella distribuzione delle grazie. Usa continuamente misericordia né mai cessa di beneficare il genere umano. Date tutte le vostre lodi e rendete tutte le vostre grazie a colui che  è superiore a tutti i falsi dei del paganesimo. Dategli nel vostro cuore una vera preferenza sopra ogni cosa, e riconoscetelo vero Dio e Signore vostro.

4 Lui che solo fa grandi meraviglie,

perché in eterno è la sua misericordia.

5 Che ha fatto i cieli nell’intelletto,

perché in eterno è la sua misericordia,

6 che ha fissato la terra sulle acque,

perché in eterno è la sua misericordia.

I maghi di faraone imitavano in apparenza i prodigi operati da Dio per mezzo di Mosè; Dio a maggior loro confusione permise che non potessero essi contraffare ciò che sembrava più facile da eseguirsi, cioè produrre mosche e si sentirono costretti a dichiarare a faraone che in quell’incontro si manifestava il dito di Dio. Spetta dunque alla sola divina onnipotenza operare grandi prodigi o nelle cose della natura o in quelle della grazia. Soltanto la sua suprema intelligenza poté formare i cieli in quella bellezza e in quell’ordine e in quella così mirabile varietà che hanno fatto conoscere agli antichi filosofi, come dice San Paolo, la divinità della sapienza dell’artefice onnipotente che li ha fabbricati, quantunque non l’abbiano essi glorificato come Dio dopo aver conosciuto la sua divinità.

7 Che ha fatto i grandi luminari,

poiché in eterno è la sua misericordia:

8 il sole a dominio del giorno,

perché in eterno è la sua misericordia;

9 la luna e le stelle a dominio della notte,

perché in eterno è la sua misericordia.

Dal momento che per un effetto di pura bontà Dio ha creato dapprincipio il sole, la luna le stelle e per un effetto della stessa bontà egli continua a conservare quei grandi luminari dell’universo, dopo che gli uomini se ne erano resi indegni coi loro peccati, il profeta è premuroso di riferire ciascuna cosa all’eterna sua misericordia

10 Lui che percosse l’Egitto coi loro primogeniti,

perché in eterno è la sua misericordia.

11 Che trasse fuori Israele di mezzo a loro,

perché in eterno è la sua misericordia;

12 con mano forte e con braccio alzato,

perché in eterno è la sua misericordia.

13 Lui che divise in parti il Mare Rosso,

perché in eterno è la sua misericordia.

14 E condusse Israele in mezzo ad esso,

perché in eterno è la sua misericordia.

15 E fece precipitare faraone e

il suo esercito nel Mare Rosso,

perché in eterno è la sua misericordia.

16 Lui che condusse il suo

popolo nel il deserto,

perché in eterno è la sua misericordia.

17 Che percosse grandi re,

perché in eterno è la sua misericordia.

18  E uccise re forti,

perché in eterno è la sua misericordia:

Abbiamo notato nel  salmo precedente che tutte queste circostanze e tutti questi prodigi si spiegano tanto nel libro dell’Esodo quanto nei seguenti. E siccome d’altronde tutto in essi è chiaro senza che ci sia bisogno di spiegazione, basta entrare nell’intenzione del profeta: vuole che ad uno ad uno riandiamo a questi ricordi, considerando quante volte il Signore avesse dato al  suo popolo prove del tutto singolari della sua bontà.

19 Sehon re degli Amorrei,

perché in eterno è la sua misericordia,

20 e Og re di Basan,

perché in eterno è la sua misericordia.

21 E ha dato in eredità la loro terra,

perché in eterno è la sua misericordia,

22 in eredità a Israele suo servo,

perché in eterno è la sua misericordia.

Una tale memoria suscita la riconoscenza, infiamma l’amore  verso  un Dio così misericordioso. Se tale era l’obbligo, che Israele aveva verso il Signore, quanto più coloro in favore dei quali Dio ha adempiuto le verità di cui quell’antico popolo non possedeva che le figure, sono tenuti a lodare con rendimenti di grazie colui che ha immerso i loro nemici non già nel Mare Rosso, ma nel suo sangue, che ha abbattuto la potestà delle tenebre, che ha percosso re potenti e  gli stessi demoni che sono i principi del secolo!  Tali dovrebbero essere gli argomenti  più frequenti delle nostre meditazioni che ci manterrebbero in una continua gratitudine e in una maggiore fedeltà nel corrispondere a tante grazie.

23 Poiché nella nostra umiliazione si è ricordato di noi,

perché in eterno è la sua misericordia.

24 E ci ha riscattato dai nostri nemici,

perché in eterno è la sua misericordia.

25 Lui che dà il cibo ad ogni carne,

perché in eterno è la sua misericordia.

Facile è per noi riconoscere che per la divina misericordia siamo usciti da qualche grande afflizione e che in virtù di essa siamo stati redenti dalla schiavitù dei nostri nemici . Ma forse assai di rado , se siamo nel numero dei ricchi e dei potenti della terra,  pensiamo che è Dio che dà il cibo ad  ogni carne. Un verme rinchiuso nelle ricchezze corrompe il cuore di quelli che le posseggono e impedisce loro di riconoscere che hanno da Dio quei beni, non solo per alimentare se stessi, ma per alimentarne i poveri. Se dunque i ricchi serbano solo per loro stessi quello che hanno ricevuto per i loro fratelli, imitano essi l’amministratore di un principe che ritiene per sé il denaro che è obbligato a sborsare ad altri. Si può ancora dire con Sant’Ilario: che la infinita misericordia del nostro Dio l’ ha finalmente indotto a ricordarsi di noi nell’estremo abbassamento e nella profonda miseria a cui ci aveva ridotto il peccato, allorché egli medesimo si è rivestito delle nostre bassezze e non soltanto ha redento il suo popolo dalla schiavitù dei suoi nemici, allorché trasse Israele dalla schiavitù degli Egizi, ma molto più allorché si è immolato per i nostri peccati e ci ha redenti con il suo sangue. Egli dà pure il nutrimento ad ogni carne che è redenta: un nutrimento incorruttibile ed eterno che è quello del pane vivente disceso dal cielo.

26 Confessate il Dio del cielo,

perché in eterno è la sua misericordia.

Confessate il Signore dei signori,

perché in eterno è la sua misericordia.

Finisce il salmista dove ha incominciato e conclude da quanto ha detto: che al Dio del cielo, al padrone dei padroni, cui sono sottoposti tutti quelli che hanno titolo di signore, appartiene veramente la lode: una lode che tende principalmente ad esaltare la sua misericordia, nella quale noi dobbiamo riporre la nostra gloria e la nostra fiducia.

Da Agostino

( Alleluia )

1 Confessate il Signore perché è buono,

perché in eterno è la sua misericordia

Confessate al Signore perché è buono, perché la sua misericordia [dura] in eterno. Questo salmo ha come argomento la lode di Dio e tutti i suoi versi terminano con la stessa conclusione. A lode di Dio si dicono molte cose, tuttavia quel che si sottolinea con maggiore insistenza è la sua misericordia. Tant'è vero che l'autore ad opera del quale lo Spirito Santo compose il salmo non volle chiudere alcun verso senza farvi esplicito riferimento.

2 Confessate il Dio degli dei

perché in eterno è la sua misericordia

3 Confessate il Signore dei signori

perché in eterno è la sua misericordia.

Confessate al Signore dei signori, poiché la sua misericordia [dura] in eterno. A buon diritto si pone il problema chi siano questi dèi e signori dei quali l'unico vero Dio sia dio e signore. Al riguardo troviamo in un altro salmo che anche agli uomini si dà il nome di dèi. Dice: Dio s'alzò in piedi nel consesso degli dèi, e in mezzo egli distingue gli dèi. E poco dopo: Io ho detto: Siete dèi e figli tutti dell'Altissimo, ma voi morrete come uomini e cadrete come uno dei principi . A questo testo fa riferimento anche nostro Signore quando dice nel Vangelo: Non è scritto nella vostra legge: Io dissi: Voi siete dèi ? Se chiama dèi quelli a cui fu rivolta la parola del Signore - e la Scrittura non può essere annullata - a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite che bestemmia perché ho detto: Sono Figlio di Dio? Li chiama dunque dèi non perché tutti siano buoni ma perché è ad essi rivolta la parola di Dio. Se infatti fossero stati buoni, non se ne sarebbe potuto fare alcun giudizio. Premesso invece che Dio si alzò in piedi nel consesso degli dèi, non continuò dicendo che egli lì fra mezzo distingue gli dèi e gli uomini, quasi a mostrare la differenza che intercorre fra dèi e uomini, ma dice: Lì in mezzo egli distingue gli dèi. E poi soggiunge: Fino a quando giudicherete iniquamente? eccetera. Tutto questo lo dice non a tutti ma a certuni soltanto poiché lo dice operando una discriminazione, e tuttavia questa discriminazione è compiuta in mezzo agli dèi.

4 Lui che solo fa grandi meraviglie,

perché in eterno è la sua misericordia.

5 Che ha fatto i cieli nell’intelletto,

perché in eterno è la sua misericordia,

6 che ha fissato la terra sulle acque,

perché in eterno è la sua misericordia.

Come intendere  le parole: Egli consolidò la terra al di sopra delle acque? Non è una questione ben chiara. Difatti la terra risulta più pesante delle acque, per cui è convinzione comune che non le acque reggano la terra ma la terra le acque. Ci sono a questo proposito certuni che ritengono di aver appurato questi fenomeni e di conoscerli con motivata sicurezza. Al riguardo noi non vogliamo difendere con accanimento la verità dei nostri Libri sacri contro costoro, ma, comunque stiano le cose, noi riteniamo il significato che ci viene come il più immediato. Col nome di terra quindi intendiamo la terra abitata dagli uomini e nella quale si trovano gli animali terrestri. Con altro termine la Scrittura la chiama " superficie arida ", come là dove è scritto: Appaia l'asciutto, e Dio chiamò terra l'asciutto . Di questa terra si dice che è fondata sopra le acque nel senso che sovrasta le acque che la circondano. Anche di una città marittima si dice infatti che sorge sul mare, ma non nel senso che il mare stia sotto le sue fondamenta come lo sono le acque rispetto alle cavità delle grotte [marine] o rispetto alle navi che galleggiano in superficie. Se la si dice posta sul mare, è perché è più in alto rispetto al mare che l'attornia più basso. In tal senso si dice del faraone che uscì al di sopra delle acque , lezione di certi codici greci del testo che qualche traduttore latino ha reso: Vicino alle acque. Così anche del Signore si dice che sedeva sopra il pozzo . Nell'uno e nell'altro caso significa che si trovavano in posizione più elevata rispetto al fiume o al pozzo a cui erano rispettivamente vicini.

7 Che ha fatto i grandi luminari,

poiché in eterno è la sua misericordia:

Confessiamo dunque al Dio degli dèi, al Signore dei signori; poiché la sua misericordia [dura] in eterno. Lui che da solo compie opere e miracoli. Come alla fine d'ogni versetto dice: Poiché in eterno [dura] la sua misericordia, così all'inizio di ogni versetto, sebbene non lo si dica espressamente, occorre sottintendere la parola: Confessate, come appare in maniera più evidente nel testo greco. E apparirebbe anche in latino se i nostri traduttori avessero potuto rendere alla lettera l'espressione greca. Questo, ad esempio, l'avrebbero potuto fare nel nostro versetto, traducendo: A colui che compie opere mirabili. Difatti mentre il latino legge: Colui che compie opere mirabili, il greco reca: A colui che compie opere mirabili, dove necessariamente è sottinteso il verbo: Confessate. Avessero almeno aggiunto il pronome e detto: A colui che compie, ovvero: a colui che fece, ovvero: a colui che consolidò. In tal modo si sarebbe potuto arguire con facilità che occorreva sottintendere: Confessate. Invece, come giace, il nostro testo è veramente oscuro per chi non è in grado di ricorrere al testo greco o non se ne cura. Si potrebbe addirittura pensare che le espressioni: Chi fece i cieli, Chi consolidò la terra, Chi creò i luminari perché eterna è la sua misericordia, le si debbano intendere nel senso che Dio abbia compiuto tali opere perché eterna è la sua misericordia. In realtà compito della misericordia divina è liberare quelli che si trovano nella miseria. Quanto invece alla creazione del cielo, della terra e dei luminari, non dobbiamo concepirla tanto come un effetto della sua misericordia quanto piuttosto della sua bontà, avendo creato perfettamente buone tutte le cose . Egli creò tutte le cose perché avessero un'esistenza , mentre compito specifico della misericordia è purificarci dai peccati e liberarci per l'eternità dalla nostra miseria. Questo dunque è il senso delle parole che ci rivolge il salmo: Confessate al Dio degli dèi, confessate al Signore dei signori. Confessate a colui che solo compie opere mirabili, confessate a colui che ha creato i cieli nell'intelletto, confessate a colui che ha fissato la terra sopra le acque, confessate a colui che da solo ha fatto i grandi luminari. Il motivo poi per il quale dobbiamo confessarlo è indicato alla fine di ogni verso. Perché in eterno [dura] la sua misericordia.

8 il sole a dominio del giorno,

perché in eterno è la sua misericordia;

9 la luna e le stelle a dominio della notte,

perché in eterno è la sua misericordia.

Appena  ha affermato che lui, da solo, ha creato i grandi luminari, subito ci palesa quali siano questi luminari e continua: Il sole che presiede al giorno, la luna e le stelle che presiedono alla notte; ma poi eccolo passare alla enumerazione delle opere che ha compiute mediante gli angeli o gli uomini. Dice: Egli percosse l'Egitto con i suoi primogeniti, eccetera. La totalità quindi del mondo creato, Dio non l'ha prodotta servendosi di creature ma l'ha creata da solo. Di questo mondo creato il salmista ricorda solo alcune parti, certo le più sublimi, come sono i cieli tra le creature intelligibili e la terra tra quelle visibili, da cui noi concludessimo alla totalità dell'universo. Siccome poi ci sono anche i cieli visibili, menzionando espressamente i luminari del cielo ci invita a ritenere creato da lui tutto il mondo celeste.

10 Lui che percosse l’Egitto coi loro primogeniti,

perché in eterno è la sua misericordia.

11 Che trasse fuori Israele di mezzo a loro,

perché in eterno è la sua misericordia;

12 con mano forte e con braccio alzato,

perché in eterno è la sua misericordia.

13 Lui che divise in parti il Mare Rosso,

perché in eterno è la sua misericordia.

14 E condusse Israele in mezzo ad esso,

perché in eterno è la sua misericordia.

15 E fece precipitare faraone e

il suo esercito nel Mare Rosso,

perché in eterno è la sua misericordia.

16 Lui che condusse il suo

popolo nel il deserto,

perché in eterno è la sua misericordia.

17 Che percosse grandi re,

perché in eterno è la sua misericordia.

18  E uccise re forti,

perché in eterno è la sua misericordia:

19 Sehon re degli Amorrei,

perché in eterno è la sua misericordia,

20 e Og re di Basan,

perché in eterno è la sua misericordia.

21 E ha dato in eredità la loro terra,

perché in eterno è la sua misericordia,

22 in eredità a Israele suo servo,

perché in eterno è la sua misericordia.

23 Poiché nella nostra umiliazione si è ricordato di noi,

perché in eterno è la sua misericordia.

24 E ci ha riscattato dai nostri nemici,

perché in eterno è la sua misericordia.

25 Lui che dà il cibo ad ogni carne,

perché in eterno è la sua misericordia.

26 Confessate il Dio del cielo,

perché in eterno è la sua misericordia.

Confessate il Signore dei signori,

perché in eterno è la sua misericordia.

Liberò Israele di mezzo a loro. Egli dunque liberò di mezzo ai cattivi i suoi santi e fedeli. Con mano potente e braccio sublime. Cosa più potente o più sublime di colui del quale fu detto: E il braccio del Signore a chi è stato rivelato?  Ha diviso il Mar Rosso in due parti. La stessa divisione si opera ancora, sicché lo stesso e identico battesimo per gli uni è sacramento di vita, per gli altri di morte. Ha tratto fuori Israele di mezzo ad esso. Anche ora trae fuori il suo popolo rinnovato nel lavacro della rigenerazione. Sprofondò nel Mar Rosso il faraone con tutto il suo esercito. È nel battesimo che distrugge con rapidità il peccato dei suoi [eletti] insieme col reato di colpa che l'accompagna. Accompagnò il suo popolo nel deserto. Ci accompagna durante la traversata del tempo presente, arido e infruttuoso, perché non vi moriamo. Colpì re grandi e uccise re forti. Anche in noi colpisce e uccide le potenze diaboliche a noi ostili. Seon re degli amorrei. Seon significa "germe inutile" o "calore di tentazione": re di coloro che causano amarezza. Tale il significato di " amorrei ". Og re di Basan, Og significa " colui che ammassa ". Re di " confusione ": tale il senso di Basan. Cosa infatti può ammucchiare il diavolo se non la confusione? E ha dato la loro terra in eredità, in eredità ad Israele suo servo. Egli dà anche oggi coloro che prima erano possesso del diavolo in eredità al discendente di Abramo, cioè a Cristo. Poiché nella nostra sventura si ricordò di noi. E ci liberò dai nostri nemici col sangue del suo Unigenito. Egli nutre ogni carne, cioè l'intero genere umano. Non quindi soltanto gli israeliti ma anche i pagani. A proposito di questo cibo è detto: La mia carne è veramente cibo . Confessate al Dio del cielo poiché la sua misericordia [dura] in eterno. Confessate al Signore dei signori, poiché la sua misericordia [dura] in eterno. Quanto all'espressione usata qui, e cioè: Al Dio del cielo, penso che con altro vocabolo abbia voluto esprimere la stessa cosa detta sopra con le parole: Al Dio degli dèi . Difatti le parole che là aggiungeva alle precedenti le ha qui ripetute dicendo: Confessate al Signore dei signori. Comunque, per quanti esseri ci siano in cielo e sulla terra che vengano chiamati dèi - ci sono infatti molti dèi e molti signori - per noi tuttavia c'è un solo Dio, il Padre, da cui tutto proviene e noi viviamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale tutto è stato creato e noi per lui esistiamo . È a lui che noi confessiamo che la sua misericordia (dura] in eterno.

Dai Padri

Cassiodoro: in questo salmo la confessione svolge il suo duplice ruolo: loda Dio e piange sui peccati degli uomini.

2 Origene: gli dei: sono tali per partecipazione. Sono i santi padri ai quali ha parlato: infatti egli è il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe: io ho detto siete dei.

Ilario: il Dio dei santi e dei beati.

Cassiodoro: fino alla fine del salmo la narrazione si svolge nel modo in cui un araldo annuncia le notizie. In intellectu: il salmista non ha bisogno di riflettere ma esprime qui l’assenza di ogni inganno, di ogni spiacevole sorpresa, di ogni errore. Tutto è perfettamente costruito.

6 Atanasio: senso spirituale: il battesimo.

Teodoreto: a ogni creazione meravigliosa il salmista ripete il ritornello, perché Dio ha creato tutto per puro amore, senza nessuna necessità personale.

Girolamo: si può intendere riferito al battesimo.

Cassiodoro: c’è il significato ovvio e quello spirituale del battesimo

10: Origene: Israele che è ingrato ha bisogno che gli si ricordi sempre l’Egitto.

12 Atanasio: senso spirituale: la sua mano è il Figlio unigenito.

13 Atanasio: una tradizione racconta che il mare si divise per ogni tribù, vi furono quindi dodici passaggi.

Teodoreto: la storia delle dodici divisioni è una favola.

Cassiodoro: il senso spirituale, il passaggio del Mar Rosso è simbolo del battesimo. Il faraone è il diavolo.

16 Origene, Atanasio: prodigi del deserto: gli ebrei furono salvati dalla fame, dalla sete, dalle bestie…

21 Atanasio: senso spirituale: al popolo fedele il Signore ha dato la Gerusalemme celeste mentre i diavoli, che furono i primi abitanti del cielo ne sono stati cacciati fuori.

22 Cassiodoro: l’eredità è passata ai cristiani. Tuo servo: esclude quelli che si sottraggono.

23 Origene: nostra umiliazione. È quanto il Signore ha visto in Egitto: ho veduto l’afflizione del popolo mio (Esodo 3,7). Questa considerazione si applica ancor meglio a coloro che libera dalla schiavitù del peccato.

Ilario: la conclusione del salmo mostra che tutto questo deve intendersi riferito alle realtà future. Dio si è ricordato dell’umiliazione dell’uomo quando ha liberato il suo popolo dall’Egitto; ma se ne è ricordato ancor più quando ha assunto la nostra umiliazione attraverso l’incarnazione, quando la gloria della sua natura divina ha assorbito in sé questo nostro umile corpo di terra. E non ha riscattato gli ebrei dalla schiavitù d’Egitto quanto ha riscattato noi dal peccato. E a ogni carne riscattata egli dona il cibo incorruttibile, il pane del cielo (versetto 25).

Girolamo: ci ha visitati con la sua incarnazione.

24 Cassiodoro: chi ha redento non è riferito veramente all’uscita dall’Egitto, poiché il Signore non ha pagato alcun prezzo, allora, per il suo popolo. Il prezzo, il forte riscatto, lo ha pagato per liberarci dal peccato e dal diavolo: ingiurie, dolori, percosse e soprattutto il suo sangue prezioso e il miracolo della sua risurrezione: siete stati comperati a caro prezzo. Tale fu il prezzo senza prezzo.

Girolamo: redenzione per il sangue di Cristo.

Cassiodoro: creatore di tutti, è pastore di tutti, uomini e bestie. Tutti hanno bisogno di lui. Alle creature spirituali dona il cibo spirituale: il corpo e il sangue del Signore.

Girolamo: si dona come pane di vita che dà la vita al mondo.

26 Atanasio: dopo aver nominato ogni carne, il salmista ritorna al Dio del cielo; infatti Dio ha creato tutto ma è soprattutto il Dio del cielo.

Cassiodoro: la misericordia di Dio brilla in ogni versetto di questo salmo come altrettante stelle. Fino a che punto questa lode è potente lo vediamo in 2 Cronache 5,13: quando cominciarono a lodare il Signore e a dire: date lode  al Signore perché è buono… Tutta la casa di Dio si riempì di una nube, così che i sacerdoti non poterono rimanere a fare le loro funzioni per la caligine, poiché la gloria del Signore aveva riempito la casa di Dio.

Girolamo: eravate terrestri, vi  ha reso immortali.

Ruperto: tutto il salmo loda e confessa il Signore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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