Vangelo di Giovanni cap10

Commento al Vangelo di Giovanni

Cap. 10
 
Amen amen dico a voi: chi non entra per la porta nel recinto delle pecore ma sale da un’altra parte quello è un ladro ed predone.
2 Ma colui che entra per la porta è pastore delle pecore.
3 A questo apre il portinaio e le pecore ascoltano la sua voce e chiama le proprie pecore per nome e conduce fuori esse.
4 Quando ha condotto fuori tutte le proprie, va davanti a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5  Non seguiranno affatto un estraneo, ma  fuggiranno da lui, perché non conoscono la voce degli estranei.
6 Questa parabola disse a loro Gesù, quelli però non compresero quali erano le cose che diceva a loro.
7 Disse allora di nuovo Gesù:
Amen amen dico a voi: io sono la porta delle pecore.
8 Tutti coloro che sono venuti prima di me sono ladri e predoni, ma le pecore non hanno ascoltato loro.
9 Io sono la porta: se qualcuno entra attraverso di me sarà salvo ed entrerà ed uscirà e troverà pascolo.
10 Il ladro non viene se non per rubare ed uccidere e distruggere; io sono venuto affinché abbiano la vita ed abbondantemente l’abbiano.
11 Io sono il buon pastore; il buon pastore pone la sua vita per le pecore.
12 Il salariato non essendo anche pastore, di cui le pecore non sono proprie, vede il lupo venire e lascia le pecore e fugge ed il lupo le rapisce e le disperde.
13 Perché è un salariato e non gli importa delle pecore.
14 Io sono il buon pastore e conosco le mie e le mie conoscono me,
15 come il Padre conosce me anch’io conosco il Padre, e la mia vita pongo per le pecore.
16 E altre pecore ho che non sono da questo recinto; anche quelle bisogna che io conduca e la mia voce ascolteranno, e diverranno un solo gregge, un solo pastore.
17 Per questo il Padre mi ama perché io pongo la mia vita, per prenderla di nuovo.
18 Nessuno prende essa da me, ma io pongo essa da me stesso. Ho potere di porre essa e ho potere di prendere di nuovo essa: questo comandamento ho ricevuto dal Padre mio.
19 Di nuovo ci fu divisione fra i Giudei per queste parole.

20 Dicevano poi molti di loro: Ha un demonio ed è impazzito! Perché lo ascoltate?

21 Altri dicevano: Queste parole non sono di un indemoniato; un demonio può forse aprire gli occhi dei ciechi?

22 Ci fu allora la festa della dedicazione in Gerusalemme, era inverno

23 e camminava Gesù nel tempio nel portico di Salomone. 24 Lo circondarono allora i Giudei e gli dicevano: Fino a quando tieni in sospeso il nostro animo? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente.

25 Rispose a loro Gesù: L’ho detto a voi e non credete. Le opere che io faccio  nel nome del Padre mio queste cose testimoniano di me;

26 ma voi non credete, perché non siete dalle mie pecore. 27 Le mie pecore ascoltano la mia voce e io conosco esse e seguono me.

28 E io do a loro la vita eterna e non periranno in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.

29 Ciò che il Padre mio ha dato a me è più grande di tutti e nessuno può strapparlo dalla mano del Padre.

30 Io e il Padre siamo una sola cosa.

31 Portarono di nuovo delle pietre i Giudei per lapidarlo.

32 Rispose a loro Gesù: Molte opere buone vi ho mostrato dal Padre. Per quale opera di queste mi lapidate?

33 Gli risposero i Giudei: Non ti lapidiamo per una buona opera, ma per una bestemmia, e perché tu che sei uomo, fai te stesso Dio.

34 Rispose a loro Gesù. Non è scritto nella vostra Legge: Io ho detto: siete dèi?

35  Se disse dèi quelli per i quali fu la parola di Dio, e non può essere annullata la Scrittura,

36 colui che il Padre ha santificato e ha mandato nel mondo voi dite: bestemmia! Perché ho detto : Sono figlio di Dio? 37 Se non faccio le opere del Padre mio non , non credetemi,

38 se però le faccio, anche se a me non credete, credete alle opere affinché conosciate e sappiate che il Padre è in me e io nel Padre.

39 Cercavano allora di prenderlo di nuovo, e uscì dalla loro mano.

40 E andò di nuovo al di là del Giordano nel luogo dove era Giovanni in precedenza a immergere e rimase là.

41 E molti vennero da lui e dicevano: Giovanni non ha fatto alcun segno, ma tutte  le cose che Giovanni disse di questo erano veritiere.

42 E molti credettero in lui là.

 

 

 

 

Amen amen dico a voi: chi non entra per la porta nel recinto delle pecore ma sale da un’altra parte quello è un ladro ed predone.

La porta è la via ordinaria d’ingresso ad un edificio, predisposta e precostituita allo scopo. Recinto è lo spazio definito, la struttura entro la quale è custodito il gregge di Dio che è la chiesa. Il popolo di Israele allorché incontra ed è incontrato dal Cristo non è affatto una comunità di persone spiritualmente disperse. Ha una sua unità intorno a Dio e alla sua legge ed una centralità intorno al culto che è in Gerusalemme. Cristo non è venuto innanzitutto per il mondo, ma per quel mondo che è Israele, gregge unito e riunito dal Signore nella Sua casa.

Coloro che sono stati più volte visitati da Dio vivono nell’attesa di una nuova visita dal cielo: evento unico e straordinario che rappresenta la novità della storia. Israele è una realtà chiusa e separata dagli altri popoli. La sua identità è solo in rapporto alla venuta del Salvatore e tale identità va salvata e preservata dallo spirito delle genti, che vivono un’attesa puramente terrena e mondana. Tutto è in funzione dell’evento e tutto è stato preparato per esso.

Come non c’è altro popolo di Dio, così non c’è altra via d’ingresso che non sia quella voluta dal Padre. Il Figlio non entra nel mondo quando, come, e dove vuole, ma secondo l’eterno disegno di Dio Padre. Qualsiasi entrata che segua una diversa via non è per la vita, ma per la  morte.

Il Padre stesso è portinaio e custode dell’ingresso e a nessun altro apre se non a Colui che Egli stesso ha eletto.

Chi sale da un’altra parte è costretto a sfondare e a forzare, ad agire senza il consenso e l’approvazione del portinaio. Deve nascondersi agli occhi di Dio Padre, perché non viene per beneficare il gregge, ma per derubarlo e depredarlo. Non di questa o quell’altra cosa, ma del bene più prezioso che è la sua vita. A nulla valgono le pecore per il Satana se non come carne da macello. E chi può fermare la mano omicida di questo macellaio di anime se non colui che è vero pastore delle pecore?

2 Ma colui che entra per la porta è pastore delle pecore.

Pastore delle pecore è colui che entra per la porta, nello spirito di verità ed obbedienza a Dio Padre. Portato dallo Spirito, è pure portatore dello stesso Spirito, in virtù di un nuovo soffio dell’alito divino, che apre finalmente una porta chiusa, per donare una vita nuova. Riuniti nella chiesa, in Cristo e per Cristo siamo rivisitati dallo Spirito di Dio: in Lui e per Lui siamo condotti verso una nuova vita. Nutriti e fatti crescere dallo Spirito in uno spazio chiuso e limitato, Cristo viene a noi per condurci verso una pienezza di vita  illuminata dalla sua presenza e guidata dalla sua parola.

3 A questo apre il portinaio e le pecore ascoltano la sua voce e chiama le proprie pecore per nome e conduce fuori esse.

Per Gesù la porta della chiesa è sempre aperta. Lui solo ha il benestare del Padre ed il suo mandato per una nuova visita dall’alto. Non c’è comunità degli eletti se non per Cristo ed in vista di Cristo.

4 Quando ha condotto fuori tutte le proprie, va davanti a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce.

Non siamo condotti fuori dalla vita vecchia se non per una migliore. Una vita rinchiusa, benché nutrita e curata dal Padre è una vita limitata, non soltanto da vincoli materiali, ma ancor più ed ancor prima da limiti spirituali. Oltre un certo punto non ci è concesso di andare: è più un’esistenza di conservazione che una vita di crescita e di sviluppo. Possiamo bensì crescere nelle carne ed essere produttivi in questo mondo, ma spiritualmente siamo legati ad una battuta d’arresto. E’ Cristo che ci conduce fuori dall’uomo che è in Adamo. Anche se custoditi in Israele, abbiamo bisogno di un liberatore: non di uno qualsiasi, ma di colui che è approvato da Javè e fa la sua volontà, in una sorta di necessaria continuità, per cui l’opera del Padre richiama quella del Figlio e l’opera del Figlio richiama quella del Padre. Il buon pastore innanzitutto è  un liberatore: è colui che ci porta fuori perché respiriamo aria nuova e diversa.

Nessuna liberazione è fine a se stessa ed è conchiusa in se stessa: è semplicemente l’inizio di una nuova vita e come ogni vita conosce un cammino ed una guida. Chi vuol camminare da solo cadrà su se stesso e si ritroverà nell’antica schiavitù.

5  Non seguiranno affatto un estraneo, ma  fuggiranno da lui, perché non conoscono la voce degli estranei.

Allorché siamo entrati nella logica di una esistenza illuminata e guidata, non è indifferente quale guida seguire. Ci sono anche uomini che vantano una pretesa libertà di azione e che si considerano “fabbri della propria vita”. Non è proprio così. O siamo guidati da Dio o siamo guidati da Satana. Chi pensa di essere guida a se stesso è docile strumento nelle mani del diavolo: fa la sua volontà anche se non ne è consapevole. Il Satana è il nemico antico, l’estraneo, il principe delle tenebre, Colui che la fa da padrone in questa vita prima che arrivi il Liberatore.

Presupposto della libertà è un’ansia ed un desiderio di liberazione. Ma da chi e da che cosa? Noi diciamo : dal Maligno e dal peccato. I segni della liberazione in Cristo, da Adamo in poi, possono essere dati a tutta l’umanità, prima e al di fuori della conoscenza del liberatore, così come è data attraverso la Chiesa. Se la grazia del Figlio arriva a tutti ed ovunque, c’è anche una conoscenza di Cristo storicamente definita, nella comunità degli eletti.

Ma, nonostante questo, le esperienze non solo si unificano,  molto spesso si diversificano, perché ogni conoscenza di Cristo è mediata dal  tempo, dalla  cultura, da un’anima diversa per ogni uomo. Benché il nostro desiderio sia quello di diventare in Gesù un cuor solo ed un’anima sola, non sempre nella Chiesa ci si intende. Allorché la conoscenza di Dio è codificata a livello di comunità, di questo o quel gruppo, si assiste non alla comunione dei cuori, ma alla loro divisione. La Chiesa diventa setta, dove si parla e si comunica soltanto con chi la pensa come noi, con chi ha le nostre stesse idee, riguardo a Dio, la Madonna, la chiesa, la parola rivelata. La vera comunione dei cuori e l’appartenenza alla chiesa universale va cercata ad un livello superiore e diverso, che non è quello della mediazione culturale, ma dell’immediatezza del cuore. Cosa intendiamo  per immediatezza del cuore? Non certo il primo modo di sentire dell’uomo, che viene dal Maligno, ma quel rapporto autentico e veritiero con Dio, che per natura è dato ad ogni uomo attraverso la voce della coscienza. Ci può essere una buona ed una cattiva coscienza, una coscienza che ascolta ed una che non ascolta, ma è indubbio che la risposta dell’individuo riguardo al proprio essere o non essere in Dio, non può venire da altro se non dall’interiorità del proprio io: interiorità macchiata dal peccato e dalle  sovrastrutture da esso create nel tempo. Ma alla fine di ogni travaglio, di ogni confronto, di ogni teoria della chiesa, l’unica certezza di verità è data dalla voce della coscienza. Nella coscienza dell’uomo non parla soltanto la voce di Dio, ma anche quella del Maligno, ma è proprio in questo ed in rapporto a questo che ci giochiamo il senso della vita. Quale voce ascoltiamo?

Ascoltiamo e seguiamo la voce del Signore o quella del Maligno? Si ripete la nostra condizione di Eden, ma alla rovescia. All’origine è la voce di Dio, insidiata da quella del Maligno, ora è la voce del Maligno insidiata da quella di Gesù. Gesù tutto giudica e mette in discussione. Non semplicemente questa o quell’azione, ma il senso stesso della nostra vita e la nostra appartenenza a Lui. Una coscienza che non si sente sotto accusa è una coscienza che dorme tranquilla tra le braccia del Satana. Ma Colui che ci accusa di peccato è anche Colui che ci guarisce dal peccato. Allorché fatti suoi, diventa nostro avvocato difensore davanti a Dio Padre ed il Satana, da difensore del peccato, diventa accusatore della giustizia che è in Cristo. Si ritorna con ciò ad una sorta di religiosità naturale in cui alla fine conta soltanto la coscienza dell’uomo? Niente affatto. Tutto ciò che Dio ha dato perché l’uomo abbia una buona coscienza è giusto e santo: il patto, la Legge, la promessa ed infine il Cristo. Con Cristo è recuperata la vera voce della coscienza in tutta la sua chiarezza e potenza. Una coscienza in Cristo è una coscienza massimamente presente alla sua voce.

Ma a questo punto dobbiamo fare un salto di qualità, da una conoscenza di Dio mediata dalla parola rivelata, dalla Chiesa, dai sacramenti ad una conoscenza di Cristo che più propriamente è esperienza: ascolto non semplicemente della sua parola, quale ci è data dalle Sacre Scritture, dall’obbedienza alla Chiesa, ma ascolto della sua voce quale ci è data nella coscienza in maniera immediata. Qualsiasi presenza di Dio in forma mediata,  è scavalcata dalla sua presenza immediata. E questo ha il nome di voce. La voce è qualcosa di più della semplice parola. La parola è ciò che è prodotto dalla voce; non necessariamente è presenza in atto, può anche essere ricordo, retaggio o testimonianza di una presenza e di una manifestazione del divino. La parola che è scritta può aiutarci per una migliore intelligenza della voce di Cristo: non può sostituirla.

Se non c’è questo rapporto personale ed individuale con il Cristo, per cui ci sentiamo chiamati per nome hic et nunc ( qui e ora ), guidati ed illuminati ogni momento dalla sua voce, non c’è maturità né autentica esperienza di fede. Niente di più deleterio delle direzioni spirituali che inibiscono un rapporto personale col Cristo. Alla fine ne sortiscono  forme spaventose di immaturità spirituale; anche se tutto aveva il nome di umiltà e di obbedienza e di rinnegamento della propria volontà.

Nessun uomo può sovrapporre la sua parola alla voce di Cristo, peggio ancora se prende il suo posto. L’uomo può solo dare consigli all’altro uomo , non può e non deve dare comandi, perché con ciò ha violato il cuore che è santuario di Dio.

Qualcuno può ascoltare in maniera sbagliata con cuore impuro? Indubbiamente! E’ questo il rischio della fede e la ragione per cui dovrà essere giudicata. Ma non avremo alcuna garanzia di verità all’infuori della voce della nostra coscienza.

Gesù esclude in maniera categorica che sia possibile in chi cerca la verità una qualche confusione tra la sua voce ed un’altra voce.

Non dobbiamo mettere in discussione la veracità della voce, ma la veracità del nostro ascolto. La fede viene dall’ascolto e l’ascolto dalla parola di Dio. Non la voce di per sé va messa sotto accusa e sotto custodia ma la nostra volontà di ascolto.

5  Non seguiranno affatto un estraneo, ma  fuggiranno da lui, perché non conoscono la voce degli estranei.

Allorché veramente si cerca e si vuole l’amico del cuore non c’è possibilità di inganno: unica ed inconfondibile è la voce del Cristo.

I dubbi, le ansie e le incertezze riguardo al nostro essere nella verità ci vengono non dal confronto con la verità stessa, ma con tutto ciò che fa da mediazione. La Chiesa che conduce al Cristo è anche la Chiesa che allontana dal Cristo, la Chiesa che accoglie nel suo grembo i figli di Dio è anche quella che li getta fuori, lontano dal suo abbraccio. Ascoltiamo la voce di Cristo e facciamo la sua volontà: non troveremo la verità semplicemente nei costrutti teologici o in questa o quella teoria della Chiesa. C’è chi molto costruisce in letture, studi, riflessioni, ma alla fine si trova vuoto della vera consolazione e dell’unica certezza che vengono dalla voce di Cristo.

Quando si parla della voce abbiamo toccato il limite della parola: la voce non si comprende se non in sé e per sé e non può essere compresa se non da chi tutto ne è compreso. Quando ascoltiamo la voce di Dio possiamo anche mettere a tacere la sua parola.

6 Questa parabola disse a loro Gesù, quelli però non compresero quali erano le cose che diceva a loro. 7 Disse allora di nuovo Gesù: Amen amen dico a voi: io sono la porta delle pecore.

Di fronte al fallimento di una lezione di per sé difficile Gesù non si arrende e cerca un’altra via, un modo diverso per spiegare la medesima realtà.

Non si accontenta di una semplice ripetizione, ma affronta il medesimo discorso da un’angolatura, per così dire, diversa. Rispetto a quanto detto prima non tutto collima alla perfezione.

io sono la porta delle pecore. Se è vero pastore solo colui che entra per la porta e non altrimenti, con evidente riferimento al Figlio di Dio, ora è detto che il buon pastore è Lui stesso la porta. La porta ha quindi un duplice significato: innanzitutto è la via seguita dal Figlio per venire a noi, nello stesso tempo è la via che l’uomo deve seguire per andare a Lui. Se non giova insistere più di tanto sulla via che il Padre ha destinato al Figlio per l’operazione di salvezza, certamente ci interessa di più comprendere quale via dobbiamo percorrere per entrare in questa salvezza. Qual è la porta d’accesso all’eternità?

Una qualche opera in particolare o semplicemente la fede in Colui che già ha operato per noi? Siamo di fronte ad una porta chiusa o ad una porta già aperta? Tutto il discorso si accentra e si concentra intorno a Gesù. Se è lui la porta delle pecore, nessuno può andare al Padre se non per Lui e attraverso Lui. Diversamente l’uomo sbatte contro un muro e contro una porta sigillata.

8 Tutti coloro che sono venuti prima di me sono ladri e predoni, ma le pecore non hanno ascoltato loro.

Chi entra nel recinto per la porta è solo il Figlio di Dio, e figli di Dio sono tutti coloro che passano per la medesima porta.  Gesù trova una porta chiusa e deve operare per aprirla, coloro che vanno dietro a Lui la trovano già aperta. La porta aperta ha il nome del Figlio, è  Cristo stesso, così com’è conosciuto da tutti coloro che si mettono alla sua sequela.

Non c’è via d’uscita dalla vita vecchia se non in Lui e per Lui. Bisogna trovare la porta giusta che conduce alla salvezza, ma questa porta prima ancora di essere una via è Colui che apre la via.

9 Io sono la porta: se qualcuno entra attraverso di me sarà salvo ed entrerà ed uscirà e troverà pascolo.

Il discorso si fa più chiaro e più semplice. Lasciamo stare ciò che è passato e veniamo al presente. Con la venuta di Cristo è aperta la possibilità di entrare in una vita nuova che è salvezza. Non sfondando le barriere innalzate dal Maligno, più semplicemente seguendo la via aperta dal Figlio di Dio. Ci è chiesta innanzitutto la volontà di essere fatti salvi, non i mezzi o la forza per aprire ciò che un Altro ha già aperto. Non si può entrare in maniera diretta per opera o iniziativa personale, ma soltanto attraversando ciò che Cristo ha fatto per noi. Sperimentando la sua grazia e nello stesso tempo conoscendo l’autore di una così grande salvezza. La fede in Gesù gode del dono, ma ancor più gode di Colui che tanto ci ha amato, fino a sacrificare la sua vita per noi.

se qualcuno entra attraverso di me sarà salvo  Niente di assolutamente necessario… è un’ipotetica possibilità e la proposta di un amore. Si può anche rifiutare e volgere altrove il proprio sguardo. Ma chi vuole “approfittarne” e dà il proprio consenso… entrerà ed uscirà e troverà pascolo.

Non si entra nella morte di Cristo se non per uscirne, verso la sua resurrezione, per trovarsi alla fine nei pascoli eterni di Dio.

10 Il ladro non viene se non per rubare ed uccidere e distruggere;

C’è un ladro per eccellenza in senso proprio: è l’antico Maligno, ma c’è anche chi è figlio suo. L’uomo che è figlio del diavolo non viene per dare la vita, ma per dare la morte. Depreda i cuori dei doni di Dio e li riempie con il fiele della sua amarezza. Uccide e spegne nelle creature ogni anelito alla vera vita. Distrugge ogni traccia di bene e rovina ogni residuo di bontà.
io sono venuto affinché abbiano la vita ed abbondantemente l’abbiano.

Di fronte e contro colui che ogni giorno viene per rubare ed uccidere e distruggere, sta colui che è venuto una volta per sempre, perché abbiamo la vita e l’abbiamo abbondantemente. L’opera del Satana è collocata al presente, quella del Cristo al passato.

Perché l’attualità della vita è nella conoscenza dell’opera del Maligno. Non si può rompere questa tragica attualità se non con la fede in ciò che Cristo ha operato.

La vita del Satana è già realtà: non dobbiamo fare alcuna scelta. La vita del Cristo è solo un’offerta: dobbiamo farla nostra con un atto di  fede in Lui. Non può esserci fede riguardo a colui che già si conosce, ma semplice assenso o consenso. Allorché si presenta Colui che non conosciamo nessuna promessa può diventare realtà se non abbiamo fiducia in lui.

11 Io sono il buon pastore; il buon pastore pone la sua vita per le pecore.

Se pur ci sono tanti pastori, uno solo è quello buono. Il buon pastore è quello che offre la sua vita per il bene delle pecore.

12 Il salariato non essendo anche pastore, di cui le pecore non sono proprie, vede il lupo venire e lascia le pecore e fugge ed il lupo le rapisce e le disperde. 13 Perché è un salariato e non gli importa delle pecore.

Salariato è colui che compie un lavoro per avere una ricompensa. Il suo cuore non è la dove ci sono le pecore: poco o nulla gli importa della loro sorte. Se pur fatica per custodirle, lo fa per un interesse e per un tornaconto; più di tanto non si spende, e non pone certo a repentaglio la vita per ciò che non considera proprio. Allorché arriva il Maligno e si apre la prospettiva di una lotta all’ultimo sangue, se la dà a gambe levate. Abbandona le pecore in pasto ai lupi: giova innanzitutto salvare la propria vita.

14 Io sono il buon pastore e conosco le mie e le mie conoscono me,

Buon pastore è colui che dà la vita per le proprie pecore, buon pastore è colui che conosce le sue pecore ed è da esse conosciuto come tale. Basta la voce, ed ecco, docili ed obbedienti, lo seguono sempre e ovunque, fiduciose nella sua guida, piene di ogni speranza.

15 come il Padre conosce me anch’io conosco il Padre,

Qualcuno potrebbe credere che sia in gioco una fede da pecoroni, superficiale ed infondata. Non si dà fiducia all’ultimo arrivato. Ma per quel che riguarda Gesù le cose stanno molto diversamente: la fede nel suo nome non è affatto mal riposta, ma l’unica ben posta, perché solo il Figlio è conosciuto dal Padre nell’eternità e dall’eternità. Come il Figlio è conosciuto dal Padre, così il Padre è conosciuto dal Figlio. E chi, se non Cristo, può riportarci ai pascoli eterni del cielo?

 e la mia vita pongo per le pecore.

Quando poi Gesù pone la sua vita per le pecore, quale rifiuto può essere giustificato? E non si creda che Cristo ami alla maniera dell’uomo: secondo capriccio ed in maniera selettiva. Il Signore ama tutte le sue creature, nessuna è dimenticata e messa da parte.

16 E altre pecore ho che non sono da questo recinto; anche quelle bisogna che io conduca e la mia voce ascolteranno, e diverranno un solo gregge, un solo pastore.

Il discorso si fa sempre più difficile per le orecchie dure degli ascoltatori. L’esaltazione dell’universalità dell’ amore intacca il primato di Israele. Qual è il senso di una storia, di un’avventura con fuga, la predilezione per Israele, se adesso Dio se la intende con tutte le genti? Prima o poi l’amore  divino manifesta tutto il suo volto. E non come quello umano che dapprima presenta il bello e poi il brutto: qui è vero il contrario. Il più bello viene alla fine, quando le braccia di Dio si allargano da Israele all’umanità tutta. L’amore umano nasce con la divisione e la selezione ed in esse muore, l’amore divino comincia bensì con l’elezione di un popolo, ma conclude con un abbraccio pieno e totale che nessun uomo esclude. Ed è proprio la capacità di dilatazione dai pochi ai molti che distingue l’amore vero da quello che vero non è. Riflettano coloro che nella Chiesa coltivano uno spirito di setta. E’ volontà di Dio che tutti i suoi figli si riuniscano in una sola Chiesa, sotto la guida dell’unico pastore che è Cristo Gesù. E Tu, perché non fai posto nella tua vita anche a coloro che appaiono ai tuoi occhi  lontani da Dio? La Chiesa non vive in un’unità presupposta e scontata: l’unità va  fatta e cercata, conforme al desiderio di Dio.

diverranno un solo gregge, un solo pastore.

Non è l’affermazione di una fatale necessità: le cose potranno andare anche diversamente. In ogni caso questa è la volontà di Dio e tutto si deve operare in essa e conforme ad essa. Se osservi e giudichi con gli occhi della carne, quale unità nei cristiani? Se consideri con gli occhi dello spirito vedrai una moltitudine immensa che segue l’unico pastore. Bisogna però scavalcare le categorie carnali e terrene create dall’uomo: il primato di questo o quel vescovo, di questa o quella chiesa. Vera chiesa è quella che vive al cospetto di Dio nell’ascolto della voce del Figlio suo.

17 Per questo il Padre mi ama perché io pongo la mia vita, per prenderla di nuovo.

Non ci spaventi un discorso di morte. Le sorprese non sono ancora finite: adesso c’è il più bello. Non c’è morte del Figlio di Dio se non nella prospettiva di una resurrezione per la vita eterna. La storia non finisce su una croce, ma nella gloria del regno dei cieli.

18 Nessuno prende essa da me, ma io pongo essa da me stesso.

Nessuno può strappare la vita a Dio? Niente paura è Lui stesso che la offre per noi.

Ho potere di porre essa e ho potere di prendere di nuovo essa: questo comandamento ho ricevuto dal Padre mio.

Gesù ha il potere di sacrificare la propria vita ed il potere di riprenderla. Buono a sapersi! Ma si resta col fiato sospeso. Qualsiasi potere di per sé esprime una semplice possibilità dell’operare. Non c’è in esso certezza alcuna: garantisce chi lo possiede, non chi dovrebbe beneficiarne. Ma allorché c’è di mezzo il comando divino, nessun dubbio e nessuna incertezza: possiamo stare tranquilli. Avverrà proprio così, perché questa è volontà del Padre: un comandamento eterno non suscettibile di pentimento o di revisione alcuna.

19 Di nuovo ci fu divisione fra i Giudei per queste parole. 20 Dicevano poi molti di loro: Ha un demonio ed è impazzito! Perché lo ascoltate? 21 Altri dicevano: Queste parole non sono di un indemoniato; un demonio può forse aprire gli occhi dei ciechi?

Per quanto si discuta e si ridiscuta riguardo al Cristo, rimane la divisione e la diversità di opinioni. Per alcuni Gesù è un demonio, per altri è mandato da Dio.

22 Ci fu allora la festa della dedicazione in Gerusalemme. Era inverno 23 e camminava Gesù nel tempio nel portico di Salomone.

Nella casa del Padre Gesù si muove liberamente rispetto alle aspettative e alle opinioni che il mondo si fa di Lui: non accetta condizionamenti posti dall’uomo, unico interesse è fare la volontà di colui che l’ha mandato.

24 Lo circondarono allora i Giudei e gli dicevano:

Quando un uomo è sotto pubblico processo e fa l’indifferente ed il superiore, suscita ira ed indignazione. Finisce  accerchiato dai suoi nemici e viene messo alle strette.

Fino a quando tieni in sospeso il nostro animo? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente.

Domanda lecita, ma viene da cuori falsi. Si cerca la testimonianza di Gesù, non per ascoltarlo, ma per condannarlo, una volta per sempre. Non si vuole approfondire e vagliare “la storia”, si vuole farla finita, dimostrando un sincero interesse, nascondendo un cuore nemico di Dio.

25 Rispose a loro Gesù: L’ho detto a voi e non credete. Le opere che io faccio  nel nome del Padre mio queste cose testimoniano di me;

Perché mai Gesù dovrebbe ripetere le stesse parole a chi non crede? Se la testimonianza che viene dalla parola è insufficiente, c’è quella delle opere.

26 ma voi non credete, perché non siete dalle mie pecore.

Le ragioni di un’incredulità sono altre e non vanno cercate in una insufficienza di prove dal cielo. Non si arriva alla fede in Cristo, Lui vagliando e scrutando, ma con la conversione del proprio cuore, passando dall’ascolto del Maligno all’ascolto di Dio. Prima di chiedere a Cristo se viene dal Padre, dobbiamo chiedere a noi stessi se vogliamo fare la volontà del Padre.

27 Le mie pecore ascoltano la mia voce e io conosco esse e seguono me.

Chi è del Padre è anche di Cristo e la fede viene dall’ascolto. Si cresce nella conoscenza, quando si cresce nell’ascolto. Quale pretesa di conoscenza in chi ha le orecchie chiuse? Nell’ascolto si gioca il senso della vita e si crea la divisione tra chi segue il Signore e chi segue Satana.

28 E io do a loro la vita eterna e non periranno in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.

Tutti coloro che sono nemici di Gesù e dei suoi discepoli, sappiano chiaramente che lottano invano contro un dono di vita eterna, che nessuna potenza può strappare dalla mano di Dio. Se il dono è in mano sicura, in mano sicura sono anche quelli che lo accolgono.

29 Ciò che il Padre mio ha dato a me è più grande di tutti e nessuno può strapparlo dalla mano del Padre. 30 Io e il Padre siamo una sola cosa.

La potenza che è del Padre è superiore a qualsiasi altra potenza. A nessuno è data se non al Figlio. Qualsiasi strappo o tentativo di scippo sono destinati al fallimento. Non avrà maggior fortuna l’uomo che opera con inganno, creando divisione e confusione. Chi  vorrebbe mettere il Padre contro il Figlio ed il Figlio contro il Padre è nell’errore e nell’inganno: Cristo ed il Padre sono una sola cosa. Qualsiasi insinuazione che venga posta tra l’uno e l’altro è subito stroncata .

31 Portarono di nuovo delle pietre i Giudei per lapidarlo.

E’ la conferma che le intenzioni sono cattive. Chi mette sotto processo Gesù, anche se fa molte domande, non ha alcuna intenzione di ascoltarlo. Ha già deciso per la condanna. Il Signore può solo costatare l’iniquità dei cuori.

32 Rispose a loro Gesù: Molte opere buone vi ho mostrato dal Padre. Per quale opera di queste mi lapidate? 33 Gli risposero i Giudei: Non ti lapidiamo per una buona opera, ma per una bestemmia, e perché tu che sei uomo, fai te stesso Dio.

Nonostante la grandezza e la bontà delle sue opere, Gesù sta sullo stomaco a molti. E’ incomprensibile ed inaccettabile che un uomo si faccia Dio. Anche se tutto dice che questa è la verità, non può essere una simile verità. Il mondo di Dio ed il mondo dell’uomo per forza di cose devono essere separati ed incompatibili fra di loro.

34 Rispose a loro Gesù. Non è scritto nella vostra Legge: Io ho detto: siete dèi?

Se non credete alle mie parole e mi considerate un diavolo, credete almeno alla vostra Legge. Non sta scritto in Essa che siete tutti chiamati da Dio a diventare come Lui?
35 Se disse dèi quelli per i quali fu la parola di Dio, e non può essere annullata la Scrittura, 36 colui che il Padre ha santificato e ha mandato nel mondo voi dite: bestemmia! Perché ho detto: Sono figlio di Dio?

Se coloro che appartengono a questo mondo sono chiamati dèi dalla Scrittura,  perché considerate una bestemmia la mia parola, se vi dico che sono Figlio di Dio? Se siete dèi, voi peccatori, quanto più Colui che il Padre ha santificato e mandato nel mondo!

37 Se non faccio le opere del Padre mio non , non credetemi, 38 se però le faccio, anche se a me non credete, credete alle opere affinché conosciate e sappiate che il Padre è in me e io nel Padre.

Se quello che vi dico ha dell’incredibile, e non potete comprendere, considerate almeno le opere che faccio. Colui che fa le opere di Dio viene da Dio; se io faccio le opere del Padre sono mandato dal Padre. Credete almeno a quello che è un dato ed un fatto, a ciò che cade sotto i vostri occhi, affinché conosciate e sappiate che il Padre è in me e io nel Padre. Non c’è sapere o sapienza che non sia frutto di conoscenza e non c’è conoscenza se non per colui che crede.

39 Cercavano allora di prenderlo di nuovo, e uscì dalla loro mano.

Non c’è uomo più stolto di colui che vuol afferrare la verità con le proprie forze, non per essere da lei giudicato, ma per giudicarla. Quando crede di averla tra le mani e di tenerla ferma, ecco gli è già sfuggita di mano.

40 E andò di nuovo al di là del Giordano nel luogo dove era Giovanni in precedenza a immergere e rimase là.

Il Signore fugge lontano dagli uomini che presumono di se stessi e confidano nella propria giustizia. Se l’annuncio è anche per costoro, preferisce rimanere nei luoghi di penitenza e di conversione; dove non si fa polemica, ma si confessano i propri peccati e si chiede di essere lavati dalle proprie sozzure.

41 E molti vennero da lui e dicevano: Giovanni non ha fatto alcun segno, ma tutte  le cose che Giovanni disse di questo erano veritiere. 42 E molti credettero in lui là.

Qui non c’è smania né pretesa di miracoli, ma l’ascolto umile ed obbediente della parola di Dio. Per coloro che ascoltano la Parola, Gesù è l’adempimento della Parola. Se la vera profezia ( Giovanni ) porta a Gesù, non è  vera profezia se non quella che in Lui trova la sua conferma.

42 E molti credettero in lui là.

Perché credettero? Perché ascoltarono la Parola: sic et simpliciter . Chi cerca altro, non vuole la verità.

 

 

 

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