Vangelo di Giovanni Cap13

Commento al Vangelo di Giovanni

 

Cap. 13

 

Prima poi della festa di pasqua, sapendo Gesù che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi quelli nel mondo, li amò fino alla fine. 2 Ed essendoci la cena, avendo già il diavolo gettato nel cuore che Giuda di Simone Iscariota lo consegnasse,

3 sapendo che il Padre tutte le cose gli aveva dato nelle mani e che da Dio era uscito e presso Dio andava,

4 si alza dalla cena e depone le vesti e avendo preso un asciugamano cinse se stesso.

5 Poi mette acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugare con l’asciugamano con cui era cinto.

6 Viene dunque da Simon Pietro; dice a lui: Signore, tu lavi i miei piedi?

7 Rispose Gesù e gli disse: Ciò che io faccio tu adesso non sai, ma lo conoscerai dopo queste cose.

8 Gli dice Pietro: Non mi laverai affatto i piedi in eterno. Gli rispose Gesù: Se non ti lavo, non hai parte con me.

9 Gli dice Simone Pietro: Signore, non solo di me i piedi ma anche le mani e la testa.

10 Gli dice Gesù. Chi ha fatto il bagno non ha bisogno se non che i piedi siano lavati, ma è puro completamente; e voi puri siete, ma non tutti.

11 Conosceva infatti colui che chi stava per consegnarlo; per questo disse: Non tutti siete puri.

12 Quando dunque lavò i loro piedi riprese le sue  vesti e si adagiò di nuovo, disse a loro: Capite cosa vi ho fatto?

13 Voi mi chiamate il maestro ed il Signore e dite bene, infatti lo sono.

14 Se dunque io il Maestro ed il Signore ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni degli altri.

15 Infatti ho dato a voi esempio affinché come io ho fatto a voi anche voi facciate.

16 Amen amen vi dico: non c’è schiavo più grande del suo padrone né inviato più grande di colui che l’ha inviato.

17 Se capite queste cose, beati siete se le fate.

18 Non dico di tutti voi; io so quelli che ho eletto, ma affinché la scrittura si compia: colui che mangia il mio pane ha levato su di me il suo calcagno.

19 Da ora dico a voi prima che avvenga, affinché crediate quando sia avvenuto, che io sono.

20 Amen, amen vi dico: chi accoglie chi mando accoglie me, colui poi che accoglie me accoglie colui che mi ha inviato. 21 Queste cose avendo detto Gesù fu turbato nello spirito e testimoniò e disse: Amen amen dico a voi che uno di voi mi consegnerà.

22 Guardavano gli uni gli altri i discepoli domandandosi di chi parlava.

23 Era giacente uno dei suoi discepoli sul petto di Gesù, colui che Gesù amava.

24 Allora fa cenno a questo Simon Pietro di domandare chi sia colui di cui parla.

25 Essendosi inclinato allora quello così sul petto di Gesù gli dice: Signore, chi è?

26 Risponde Gesù: E’ quello a cui io intingerò il boccone e darò a lui. Avendo allora intinto il boccone lo prende e lo dà a Giuda di Simone Iscariota.

27 E dopo il boccone, allora entrò in quello satana. Dice dunque a lui Gesù: Ciò che fai fallo presto.

28 Ora nessuno dei giacenti comprese questo, per cosa dicesse a lui.

29 Alcuni infatti ritenevano, poiché Giuda aveva la borsa, che Gesù avesse detto a lui: Compra le cose di cui abbiamo bisogno per la festa, o affinché desse ai poveri.

30 Avendo preso allora il boccone quello uscì subito. Era notte.

31 Allora quando uscì, dice Gesù: Ora è stato glorificato il figlio dell’uomo e Dio è stato glorificato in lui.

32 Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio glorificherà lui in sé, e subito glorificherà lui.

33 Figlioletti, ancora un poco sono con voi; mi cercherete, e come dissi ai Giudei: Dove io vado voi non potete venire, e a voi lo dico adesso.

34 Un comandamento nuovo vi do: che vi amiate gli uni gli altri, come ho amato voi che anche voi vi amiate gli uni gli altri.

35 In questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se abbiate amore gli uni per gli altri.

36 Gli dice Simon Pietro: Signore, dove vai? Gli rispose Gesù: Dove vado non puoi ora seguirmi ma mi seguirai più tardi.

37 Gli dice Pietro: Signore, perché non posso seguirti adesso? La mia vita per te metterò!

38 Risponde Gesù: La tua vita per me metterai? Amen amen ti dico: non canterà affatto il gallo fino a che mi rinneghi tre volte.

 

 

 

 

Prima poi della festa di pasqua, sapendo Gesù che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi quelli nel mondo, li amò fino alla fine.

Allorché sta per consumare la sua esistenza terrena, Gesù dà fondo a tutto il suo amore.

Non alla maniera umana, quando si rimane fedeli a ciò che è già stato dato, ma alla maniera di Dio, quando si dà non semplicemente ancora una volta, ma una volta ancora di più.

E non per l’ultimo addio, ma per passare ad un’altra vita e ad un rapporto pieno e definitivo senza limitazione alcuna. In questo senso l’amore di Dio è fino alla fine: perché finale. Vuol portarci alla vita eterna.

2 Ed essendoci la cena, avendo già il diavolo gettato nel cuore che Giuda di Simone Iscariota lo consegnasse,

Non c’è momento di intimità più grande di quando si siede insieme per la cena. Il giorno è ormai alle spalle, con tutti i suoi affanni: il cuore si prepara al riposo della notte in compagnia delle persone più care.

Niente di più amaro di una cena consumata in solitudine, preludio di una notte ancor più sola. Ma il momento più bello può anche diventare il momento più triste, allorché si decide di tradire chi siede alla stessa mensa.

Nel cuore di Giuda è già avvenuto il cambiamento. Satana è entrato di prepotenza, in maniera improvvisa e repentina, come una freccia. E quando c’è il Diavolo è già deciso che Gesù sia respinto e consegnato al nemico.

Non si coglie il mistero di un tradimento se non si comprende la dimensione del “cuore”. Tutta la salvezza ruota intorno ad esso.

Il cuore è la dimensione spirituale dell’uomo, l’io originario di Eden visitato dall’alito divino e per questo reso consapevole dell’amore del Creatore.

Liberamente rapportato al  fondamento ed al fine della propria vita, l’uomo in virtù di questa libertà può in ogni momento accogliere Gesù oppure rigettarlo.

Non ci può essere  al riguardo alcuna prescienza né umana né divina, e non è lecito parlare di predestinazione se non nel senso “paolino”, più volte da noi spiegato.

Giuda non tradisce per una fatale necessità o per un incomprensibile disegno divino. Nulla è noto e nulla è conosciuto se non dopo che il Diavolo è entrato nel suo cuore.

D’ora in poi sarà figlio della perdizione, non l’unico a dire il vero, ma semplicemente uno dei tanti.

Soltanto da questo momento si può parlare di un Giuda predestinato alla dannazione, quando ha già rinnegato Gesù e si è già messo nel novero dei dannati, pur essendo stato non semplicemente un chiamato, ma anche un eletto, per sua libera scelta.

E’ vero che il Vangelo mette in evidenza i segni premonitori, allorché è detto che era ladro, perché portava con sé la borsa coi denari.

Ma il peccato di per sé non è ancora la fine, può essere semplicemente l’inizio della fine.

Finchè si rimane attaccati a Gesù col cuore, ogni peccato sarà perdonato, ma quando il cuore passa dall’altra parte, è finita una schiavitù e ne comincia un’altra, non per la vita, ma per la morte.

Nessuno confidi nelle proprie opere: Satana può sfondare ogni giustizia che si innalzi come fortezza contro di lui. 

Nessuno disperi per i propri peccati: il Diavolo non può nulla contro il cuore che confida in Cristo ed in Lui riposa.

Nulla è perduto finchè il cuore è salvo. Quando il cuore non è più per Cristo, non ci sarà opera di giustizia che possa difenderti dagli assalti del Maligno.

3 sapendo che il Padre tutte le cose gli aveva dato nelle mani e che da Dio era uscito e presso Dio andava, 4 si alza dalla cena e depone le vesti e avendo preso un asciugamano cinse se stesso.

Nell’amore umano c’è sempre molta incoscienza. Si agisce come d’istinto, perché trascinati da qualcosa d’altro che non viene da noi: nell’amore divino al contrario c’è la piena consapevolezza del proprio operare.

Cristo sa quello che fa, per chi e per che cosa lo fa.

Pur essendo figlio di Dio, onnipotente come il Padre, spoglia se stesso deponendo la veste divina e si cinge della nostra povertà.

Il vero amore non è quello che vuole l’altro per sé, ma sé per l’altro. Per questo deve farsi piccolo e mettersi al servizio.

5 Poi mette acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugare con l’asciugamano con cui era cinto.

Non c’è servizio più umile: è riservato agli schiavi, alle persone che non contano.

Ma è anche il servizio più caro e più gradito: quello che fanno i grandi ai piccoli o si rendono l’un l’altro i membri di una stessa famiglia.

Semplice gesto servile nel primo caso: espressione di un amore autentico nell’altro.

6 Viene dunque da Simon Pietro; dice a lui: Signore, tu lavi i miei piedi?

Pietro disdegna il servizio, perché non lo ritiene adeguato alla dignità del Cristo o forse più semplicemente non crede ai propri occhi, di essere amato a tal punto da Gesù?

7 Rispose Gesù e gli disse: Ciò che io faccio tu adesso non sai, ma lo conoscerai dopo queste cose. 8 Gli dice Pietro: Non mi laverai affatto i piedi in eterno. Gli rispose Gesù: Se non ti lavo, non hai parte con me.

Molte volte si fa una finta resistenza alle manifestazioni estreme dell’amore. Si vuol far credere che non sono gradite, che è troppo, che non si pretende tanto dall’altro, ma sotto, sotto si è contenti e si lascia fare.

L’amore sta per entrare nel vivo: ci rapisce con sé in una nuova vita.

9 Gli dice Simone Pietro: Signore, non solo di me i piedi, ma anche le mani e la testa.

Epilogo scontato: la resistenza di Pietro non poteva finire diversamente, se non con queste parole.

Quando l’amore è accertato e si è dichiarato in maniera così aperta, può fare quello che vuole: sarà per un bene ancor più grande.

10 Gli dice Gesù. Chi ha fatto il bagno non ha bisogno se non che i piedi siano lavati, ma è puro completamente; e voi puri siete, ma non tutti.

Dopo il bagno purificatore che ci rende persone diverse, non resta che camminare in novità di vita.

Da ultimi devono essere lavati anche i piedi, perché ovunque andiamo e qualunque cosa facciamo sempre portiamo il buon profumo di Cristo.

Ci è chiesto di essere puri completamente, in pensieri , parole ed opere. Nessuno pensi di sfuggire agli occhi del Signore: non c’è dimensione dell’uomo che possa sottrarsi alla sua conoscenza, a cominciare dal cuore.

Non basta l’interevento del Cristo e l’azione dello Spirito santo per essere fatti puri: c’è bisogno del nostro consenso e della nostra intima adesione.

Qualsiasi dono di Dio è vanificato da una mancata risposta al suo amore. Giuda è passato come tutti gli altri apostoli nel lavacro spirituale fatto dal Cristo: eppure ne esce male, non per dare lode al Signore, ma per rinnegarlo.

11 Conosceva infatti colui che chi stava per consegnarlo; per questo disse: Non tutti siete puri.

Una volontà di tradimento non può certo sfuggire alla conoscenza del Signore. Quando non siamo più suoi, ed il cuore è passato ad un altro, Gesù non può che costatare ciò che ormai è un dato di fatto.

Niente a che vedere con la prescienza divina che investe ogni cosa. Il cuore è conosciuto così com’è ed è giudicato così come viene trovato.

12 Quando dunque lavò i loro piedi riprese le sue  vesti e si adagiò di nuovo, disse a loro:

Dopo un gesto d’amore così grande, Gesù riprende la sua veste di Signore. Si adagia di nuovo, ritorna cioè a sedere sul suo trono eterno. E come Dio continua a parlarci per ammonirci, confortarci ed istruirci.

Capite cosa vi ho fatto? 13 Voi mi chiamate il maestro ed il Signore e dite bene, infatti lo sono. 14 Se dunque io il Maestro ed il Signore ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni degli altri. 15 Infatti ho dato a voi esempio affinché come io ho fatto a voi anche voi facciate.

Prima si insegna con l’esempio, poi con la Parola. Se l’esempio è dato una volta soltanto, ai tempi dell’incarnazione del Verbo, la Parola rimane sempre con noi.

Ovunque c’è la mensa del Signore troverai la sua parola che ti istruisce ed illumina .

La Parola che procede dal Figlio, porta e riporta al Figlio stesso. Porta a Gesù perché fa nascere e fa crescere la fede nel suo nome, riporta allo stesso Gesù, perché in Lui trova il modello di ogni operare. Non un qualsiasi modello di santità è guida e luce della vita, ma soltanto quello che è dato dal Figlio ed in Lui trovato.

16 Amen amen vi dico: non c’è schiavo più grande del suo padrone né inviato più grande di colui che l’ha inviato.

Guai a coloro che nella santità inseguono una propria grandezza: non c’è grandezza se non in Dio Padre. Non c’è inviato del Signore che possa essere considerato al di sopra dello stesso Signore.

17 Se capite queste cose, beati siete se le fate.

Non basta comprendere quello che dice Gesù, bisogna metterlo in pratica. Nell’obbedienza è la vera beatitudine.

Qualsiasi fede che non ci faccia imitatori di Cristo è falsa ed ingannevole. Se vuoi un modello, altro modello non ti è dato ed altro modello non va ricercato.

18 Non dico di tutti voi; io so quelli che ho eletto,

Io so: la conoscenza del nome si colloca al presente. Chi conosce e chi è conosciuto vanno di pari passo.

Quelli che ho eletto: l’elezione è in un tempo passato, non si riferisce a questa o quella persona, quanto ad una scelta dell’amore divino che investe tutta l’umanità.

Ma non tutti accolgono l’elezione. Il nome di chi aderisce al piano di salvezza si rende noto nel tempo e col tempo.

Solo nel momento in atto Dio sa il nome di chi è stato eletto.

Il tempo di Dio deve pur confrontarsi con il tempo dell’uomo.

In quanto conosce i pensieri dei cuori, in ogni momento il Signore sa il nome degli eletti.

Anche Giuda un tempo fu nel numero degli eletti. Ora non più: per questo Gesù dice: non dico di tutti voi. Perché qualcuno lo ha già rinnegato.

Non una incomprensibile ed arbitraria scelta di Dio, collocata fuori del tempo, ma la libera volontà dell’uomo è la chiave di interpretazione di ciò che è profetizzato al suo riguardo.

ma affinché la scrittura si compia: colui che mangia il mio pane ha levato su di me il suo calcagno.

E’ necessario che la scrittura si compia: ma in quanto al tempo, ai modi, alle persone, tutto questo si viene determinando nella storia. Così e non altrimenti si è adempiuta la scrittura.

“Colui che mangia il mio pane ha levato su di me il suo calcagno”. L’operare di Giuda è collocato nell’ambito di una conoscenza progettuale molto generica al riguardo: sarà l’uomo a far sì che la profezia si realizzi in un modo piuttosto che nell’altro, riveli la responsabilità di questo o di quello.

Il Signore ha predisposto che la sua consegna al nemico, avvenga da parte di uno che mangia il suo pane.

E quale uomo non mangia il pane di Dio? Allorché Giuda rinnega Cristo nel proprio cuore fa sì che la profezia sia adempiuta, in lui e con lui.

19 Da ora dico a voi

Non poteva certo dirlo prima, ma soltanto da ora che Giuda è passato al Maligno

prima che avvenga… Se non può essere previsto chi sarà scelto dal cuore dell’uomo, allorché la scelta è fatta, non c’è azione contro Cristo che sfugga alla prescienza divina.

affinché crediate quando sia avvenuto, che io sono.

Ogni uomo che rifiuti l’amore di Dio, non esalta con ciò la potestà del Satana: al contrario diventa strumento se pur involontario dell’opera del Signore: non sminuisce la Sua gloria, ma l’accresce. Non rende vano il dono del cielo, ma fa sì che sia riversato più abbondante su chi rimane fedele.

Anche il rinnegamento di altri  può essere occasione di fede, quando dà a Gesù la possibilità di manifestare una superiore conoscenza, alla quale non sfugge nessun operare umano.

Anche in questo modo Gesù tiene viva la nostra fede, facendoci sapere anzitempo che non sempre quel che comincia bene finisce in gloria di Dio.

Il Diavolo sta in agguato, pronto a divorare le pecore che abbandonano il pastore.

Vediamo di non fare anche noi la fine di Giuda: predestinati alla salvezza, siamo parimenti predestinati alla dannazione.

Amen, amen vi dico: chi accoglie chi mando accoglie me, colui poi che accoglie me accoglie colui che mi ha inviato. 21 Queste cose avendo detto Gesù fu turbato nello spirito.

Quando è in atto un tradimento, lo spirito di Dio è turbato: parte di quanto donato se ne va in perdizione. E come può essere il Signore indifferente, allorché viene toccato così sul vivo?

L’immagine di un Dio imperturbabile ed indifferente alle sorti dell’uomo non ha nulla di evangelico.

e testimoniò e disse: Amen amen dico a voi che uno di voi mi consegnerà.

Si è testimoni di un fatto che  sta accadendo o è già accaduto. Come può Dio testimoniare riguardo al futuro se non in virtù della sua conoscenza dei cuori, come sono in atto?

Da un cuore conosciuto come nemico di Dio, non possono uscire se non azioni che sono contro Dio.  Gesù non è testimone di un tradimento che avverrà, ma di un tradimento che è già avvenuto. Manca soltanto il necessario epilogo finale, quello che sarà dato vedere anche all’uomo.

22 Guardavano gli uni gli altri i discepoli domandandosi di chi parlava.

Quando si manifesta la prescienza divina, si resta attoniti e smarriti e ci si chiede a chi toccherà la mala sorte.

Di fronte ad una conoscenza per noi incomprensibile, non resta che un confronto con gli altri uomini… per vedere se, caso mai, qualcuno ne capisca qualcosa.

Non interessa sapere la sorte degli altri, interessa innanzitutto sapere di noi.

23 Era giacente uno dei suoi discepoli sul petto di Gesù, colui che Gesù amava. 24 Allora fa cenno a questo Simon Pietro di domandare chi sia colui di cui parla.

Colui che giace sul petto di Gesù è quello che osa chiedere per primo, ma ha bisogno del conforto di Pietro, di chi ha più autorità nel gruppo. Quando la questione è così delicata ci vuole molta intimità col Signore per porre domande di tal fatta.

25 Essendosi inclinato allora quello così sul petto di Gesù, gli dice: Signore, chi è? 26 Risponde Gesù: E’ quello a cui io intingerò il boccone e darò a lui. Avendo allora intinto il boccone lo prende e lo dà a Giuda di Simone Iscariota. 27 E dopo il boccone, allora entrò in quello satana.

Se il tradimento è già deciso nel cuore di Giuda, perché diventi attuale manca solo il benestare di Gesù.

Quando l’uomo crede di lasciare il Signore, in realtà è semplicemente da lui lasciato. La volontà di ripudio, allorché si è manifestata ed ha già in vista un altro matrimonio, deve trovare il consenso del primo sposo.

Alla fine chi è ripudiato risulta colui che ripudia.

Dio riafferma in questo modo la sua sovranità sulla storia dell’uomo. La primitiva volontà di salvezza può diventare in Dio volontà di dannazione, quando l’uomo non vuole più saperne del suo Creatore.

Chi esce dalla casa del Signore non se ne va come uno che sbatte la porta, ma come uno che è buttato fuori.

Se Giuda ha già fatto la sua parte, adesso spetta a Gesù decidere il momento del vero e proprio distacco. E non dobbiamo pensare che Gesù non faccia resistenza e non tenti fino all’ultimo di trattenerci. Cosa significa questo  boccone che è offerto a Giuda dalle mani di Gesù se non la proposta di un ripensamento e di un ritorno all’amicizia di un tempo?

Anche quando non c’è possibilità di ritorno alcuno ed in cuor nostro abbiamo già deciso, rimane l’amore di Dio.

Giuda accoglie il boccone, è vero, ma semplicemente come l’ultimo, oltre il quale non ce ne sarà un altro.

allora entrò in quello satana. Da questo momento è completamente nelle mani di Satana, a tutti gli effetti: per volontà propria prima, per abbandono da parte di Dio, dopo.

Dice dunque a lui Gesù: Ciò che fai fallo presto. 28 Ora nessuno dei giacenti comprese questo, per cosa dicesse a lui.

Comando o invito che sia, è difficile comprenderne il senso. Se non compresero gli apostoli, non è che per noi tutto sia poi così chiaro. Perché Giuda deve far presto e tutto deve consumarsi senza indugio?

Perché la volontà di dannazione dell’Iscariota si incontra e si incrocia con la volontà di salvezza di Cristo.

Se Giuda ha fretta di andare in perdizione, Gesù ha fretta di portare la salvezza. Per ragioni diverse può essere che due volontà opposte e contrarie si trovino concordi, almeno nell’affrettare i tempi.

29 Alcuni infatti ritenevano, poiché Giuda aveva la borsa, che Gesù avesse detto a lui: Compra le cose di cui abbiamo bisogno per la festa, o affinché desse ai poveri.

La prescienza divina stupisce e pone molti interrogativi, che non trovano risposta nell’intelligenza umana.

Eppure gli apostoli hanno chiesto a Gesù in maniera chiara ed hanno avuto una risposta altrettanto chiara.

A conti fatti però neanche quelli che hanno parlato direttamente con  Gesù, hanno  compreso.

Più di tanto non ci è dato capire e possono saltare fuori discorsi che portano lontano. Ma non è poi una colpa non comprendere quello che non ci è dato comprendere. Ci basti la fede nella parola di Dio.

30 Avendo preso allora il boccone quello uscì subito. Era notte.

Allorché il divorzio è concesso, l’ultimo boccone con lo sposo di un tempo può ancora apparire piacevole.

Ma c’è fretta di andare verso una nuova vita.

Giuda corre fuori dalla casa del Signore per gettarsi tra le braccia del Satana… ma trova subito buio pesto.

Come inizio di una nuova vita, non è che le cose vadano poi così bene e tutto sia così bello. Chi va incontro a Cristo è precorso dalla luce, chi va incontro al satana precipita nella tenebra più profonda.

31 Allora quando uscì, dice Gesù: Ora è stato glorificato il figlio dell’uomo e Dio è stato glorificato in lui.

Nessun abbandono può sminuire la gloria di Gesù.

Se è coperto d’ignominia da parte dell’uomo, è rivestito di gloria da parte del Padre. Il momento dell’umiliazione è anche il momento dell’esaltazione.

Quando c’è aria di tradimento nei confronti del  Figlio, il Padre gioca d’anticipo: glorifica il Figlio prima ancora che sia messo in croce.

E non con la gloria di questo mondo che sarà ridotta al nulla, ma con quella gloria di cui è circondato in cielo. Gloria al Figlio dunque, ma anche gloria al Padre che lo ha inviato.

32 Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio glorificherà lui in sé,

Nel sacrificio di Gesù è glorificato l’amore di Dio Padre, davanti a tutte le sue creature.

Ma vi è anche una gloria chiusa in sé che dal Padre rifulge nel Figlio nell’obbedienza dell’uno all’altro.

Quando il Figlio fa la volontà del Padre si accresce la gloria divina, in Dio e per Dio, nelle creature e per le creature.

e subito glorificherà lui. Non come la gloria umana che ha bisogno di tempo e di riconoscimento.

33 Figlioletti, ancora un poco sono con voi; mi cercherete, e come dissi ai Giudei: Dove io vado voi non potete venire, e a voi lo dico adesso.

Momento di glorificazione in cielo, ma anche in terra; finalmente siamo diventati figli di Dio.

“Figlioletti”: parola nuova sulla bocca di Gesù. E’ tempo ormai di un rapporto d’amore diverso e di uno stato diverso.

Nessun servo può diventare erede dei beni eterni, se prima non è riconosciuto figlio di Dio. E tutto questo è opera del Cristo e del suo sacrificio.

Se tutto è anticipato e già deciso in cielo, è venuta l’ora in questo mondo.

Gesù sarà sottratto ai suoi per un po’ di tempo.

Anche se lo cercheranno non lo troveranno, perché non potranno seguirlo. Non c’è salvezza se non in Lui e per Lui: non resta che attendere l’adempimento di ogni promessa.

Il Signore ci lascia per un po’ di tempo, ma non con il cuore sospeso: rimane il conforto della sua parola.

34 Un comandamento nuovo vi do: che vi amiate gli uni gli altri, come ho amato voi che anche voi vi amiate gli uni gli altri.

Diventati figli di Dio siamo diventati fratelli; e tutto questo in virtù di Cristo, il primogenito del Padre, il nostro fratello maggiore.

Allorché la vita conosce un salto di qualità è chiesto anche un modo diverso di amare, un comandamento nuovo come lo chiama Gesù.

che vi amiate gli uni gli altri… Fin qui nessuna novità, ma la conferma di quanto è scritto nella Legge: Amerai il prossimo tuo come te stesso.

Prossimo è colui che ci è vicino, le persone che ci sono più care, i famigliari. Ci è chiesto di amarle come noi stessi: la misura dell’amore dunque è data da noi ed è conforme alle nostre possibilità.

Come ognuno di noi ama se stesso con tutte le proprie forze, parimenti deve amare chi gli sta vicino. Quale dunque la novità portata dal Cristo? E’ possibile andare oltre un amore così totale? , come ho amato voi che anche voi vi amiate gli uni gli altri.

Il modo e la misura dell’amore non sono più secondo l’uomo che è in Adamo, ma sono date dall’uomo nuovo che è in Cristo.

Non più dunque la totalità del nostro amore, ma la totalità dell’amore divino.

E tutto questo è opera di Cristo. Il Figlio di Dio non solo ci ha amato con un amore diverso, ma ci ha anche dato la grazia di amare in modo diverso.

Allorché la grazia è data, è dato anche il precetto, perché non è più possibile un ritorno al passato. Il passato è in funzione del Cristo presente: allorché viene il Figlio di Dio, la Legge va letta ed interpretata in maniera diversa, alla luce di una pienezza che non è più semplicemente promessa, ma adempiuta.

La parola prossimo si riveste di significati nuovi. Prossimo non è solo l’amico che ci sta vicino, ma anche il nemico che ci sta lontano: anche lui deve essere amato.

Cade con ciò l’esclusività dell’amore divino e tutto il genere umano è riassorbito in un amore unico ed indifferenziato?

Niente affatto! L’amore vero appartiene soltanto al Dio di Israele e non si può amare se non in Lui e per Lui.

Ma ora la rivelazione fa un grosso balzo in avanti. Dopo la manifestazione di un amore paterno, in Cristo ci è manifestato il volto fraterno dell’amore.

L’amore allarga i suoi tentacoli, fino ad abbracciare anche i nemici. Si dilata in larghezza, ma cresce anche in profondità.

Se da un lato include gli stessi nemici, dall’altro chiede una pienezza diversa nei confronti di chi ci è amico.

Il prossimo che ci è fratello non va semplicemente amato come amiamo noi stessi, ma come è amato da Cristo.

L’oggetto dell’amore rimane sempre quello, cambia il suo fondamento ed il suo fine.

Non basta il nostro amore: ci vuole quello di Gesù. Non basta un amore chiuso nel tempo della nostra vita, bisogna amare nell’eternità e per l’eternità.

Il salto non è da poco e segna il passaggio da ciò che è soggetto al limite ed alla misura a ciò che conosce soltanto il limite posto da Dio.

Dobbiamo amare con un amore divino; e tutto questo non è possibile se non entriamo nel mistero della morte e della resurrezione di Gesù.

Ciò che un tempo non era possibile ora è chiesto in virtù del Cristo: chiesto perché dato. Non è semplicemente un comando: è un invito perché prendiamo coscienza di un fatto. Non ci è chiesto semplicemente di amare come Gesù, ma come Gesù ci ha amato. L’amore di Dio non è più una semplice ipotesi o una possibilità del nostro pensiero, è realtà sperimentata e resa manifesta ai suoi discepoli.

L’amore umano, benché comandato, si è risolto in un totale fallimento. L’amore divino, allorché comandato, è già stato adempiuto dal Cristo.

Non resta che guardare a Lui e dimorare nel suo cuore. Con le nostre forze non siamo riusciti a dare il meno, con la grazia di Cristo daremo il più.

35 In questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se abbiate amore gli uni per gli altri.

E’ questa la carta vincente di Cristo e la nuova carta d’identità per noi… se ci amiamo gli uni gli altri di un amore fraterno, puro e sincero, inossidabile all’usura del tempo, perché fondato nello Spirito Santo e non nei capricci del nostro cuore.

36 Gli dice Simon Pietro: Signore, dove vai? Gli rispose Gesù: Dove vado non puoi ora seguirmi ma mi seguirai più tardi. 37 Gli dice Pietro: Signore, perché non posso seguirti adesso? La mia vita per te metterò!

Anche l’amore umano ha un suo delirio d’onnipotenza, ma è infondato e deve aspettare i tempi della grazia.

Vorrebbe andare lontano come Gesù e seguirlo ovunque Lui vada, ma è segnato dal limite ed è smentito dal Cristo.

37 Gli dice Pietro: Signore, perché non posso seguirti adesso? La mia vita per te metterò!

Proposito autentico ed intenzione sincera: non c’è dubbio! Ma bisogna fare i conti con la realtà e con la debolezza della carne.

38 Risponde Gesù: La tua vita per me metterai? Amen amen ti dico: non canterà affatto il gallo fino a che mi rinneghi tre volte.

Brusco richiamo a camminare coi piedi per terra. L’uomo non è in grado di sacrificare la propria vita per Cristo: lo rinnega non una sola volta, ma ogni volta, finchè non è redento dal suo sangue.

 

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