Prima lettera di Giovanni cap3

                                       Cap 3 

1 Guardate quale amore ha dato a noi il Padre, così che figli di Dio siamo chiamati, e siamo.

Per questo il mondo non conosce noi, poiché non ha conosciuto Lui.

2 Amati, ora siamo figli di Dio, e non apparve ancora cosa saremo.

Sappiamo che qualora sia manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com’è.

3 Ed ognuno che ha questa speranza in lui purifica se stesso, come quello è puro.

4 ognuno che fa il peccato fa anche la violazione della legge, e il peccato è la violazione della legge.

5 E sapete che quello si manifestò per togliere i peccati, e in lui non è peccato.

6 Ognuno che rimane in lui non pecca: ognuno che è peccante non ha visto lui né ha conosciuto lui.

7 Figlioli, nessuno inganni voi: è giusto chi fa la giustizia, come quello è giusto. 8 colui che fa il peccato è dal diavolo, poiché dall’inizio il diavolo pecca.

Per questo si manifestò il Figlio di Dio, per distruggere le opere del diavolo. 9 Ognuno che è nato da Dio non fa peccato, perché il seme di lui in lui rimane, e non può peccare, perché da Dio è nato. 10 In questo sono manifesti i figli di Dio e i figli del diavolo: ognuno che non fa la giustizia non è da Dio e il non amante il suo fratello.

11 Poiché questo è l’annuncio che udiste dall’inizio: che amiamo gli uni gli altri, 12 non come Caino che era dal maligno e scannò suo fratello. E a motivo di cosa scannò lui? Perché le sue opere erano malvagie, quelle del suo fratello giuste. 13 E non meravigliatevi, fratelli, se il mondo odia voi. 14 Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. 15 Ognuno che odia il suo fratello è omicida, e sapete che ogni omicida non ha vita eterna in sé rimanente. 16 In questo abbiamo conosciuto l’amore: quello per noi pose la sua anima; e noi dobbiamo porre per i fratelli le anime nostre . 17 Chi però avesse la ricchezza del mondo e vedesse il suo fratello avente bisogno e chiudesse le sue viscere da lui, come l’amore di Dio rimane in lui? 18 Figlioli, non amiamo con la parola né con la lingua ma in opera e verità. 19 E in questo conosceremo che siamo dalla verità, e dinanzi a lui persuaderemo il nostro cuore, 20 che se il cuore ci accusi, più grande è Dio del nostro e conosce tutte le cose. 21 Amati, se il cuore nostro non ci accusa abbiamo fiducia presso Dio 22 e qualunque cosa chiediamo riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo le cose gradite davanti a lui facciamo. 23 E questo è il suo comandamento, che crediamo al nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, come ha dato comandamento a noi. 24 E l’osservante i suoi comandamenti in lui rimane ed egli in lui; e in questo conosciamo che rimane in noi: dallo Spirito che ha dato noi.

 

 

1 Guardate quale amore ha dato a noi il Padre, così che figli di Dio siamo chiamati, e siamo.

Non c’è amore più grande di quello che un padre dà al proprio figlio, solo in virtù di questo amore si è chiamati figli .

Se consideriamo la paternità umana ci può anche essere l’eccezione e l’amore che un padre porta verso un figlio può essere trovato non vero. Chi ha un padre non vero, non è vero figlio. Ma per quel che riguarda noi che siamo detti santi, le cose stanno diversamente.

Non c’è amato dal Padre che è nei cieli, che non sia anche figlio, non solo di nome ma anche di fatto. Non alla stregua di ognuno che è figlio secondo la carne, ma al modo di Colui che è l’eterno Figlio di Dio.

Per questo il mondo non conosce noi, poiché non ha conosciuto Lui.

Perché il mondo non conosce noi come veri figli, perché non conosce Colui che unico è vero Padre?

2 Amati, ora siamo figli di Dio, e non apparve ancora cosa saremo.

Chi è figlio è detto anche amato, e chi è detto amato lo è solo in quanto figlio. Se già fin d’ora siamo amati e figli di Dio, non si è ancora manifestato cosa saremo, cioè la portata, la realtà di una figliolanza eterna.

Sappiamo che qualora sia manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com’è.

Quel che già da ora ci è dato sapere è che saremo simili a Lui. Non c’è vero figlio che non assomigli al Padre suo, non ci sono occhi eterni donati alla creatura se non perché possano vedere il volto del Creatore.

Una realtà spirituale chiede e vuole occhi spirituali. Fino ad ora parziale è il nostro vedere, perché parziale è il dono dello Spirito Santo.

Quando si intravede se pur non chiaramente Colui che unicamente è il Bello ed il Buono chi non è preso dalla speranza di una novità di vita?

3 Ed ognuno che ha questa speranza in lui purifica se stesso, come quello è puro.

Finchè si rimane in questa speranza il nostro cuore è fatto libero dall’aspettativa di qualcun altro o di qualcosa d’altro

Si entra in un cammino di purificazione del nostro spirito che vuol liberarsi ed è liberato da tutto ciò che non è esclusivamente Dio.

Se nessuna impurità c’è nello Spirito di Dio, nessuno spirito si può a Lui avvicinare se non quello che è puro come lui.

4 ognuno che fa il peccato fa anche la violazione della legge, e il peccato è la violazione della legge.

Nessuno s’inganni dunque, chi fa il peccato fa anche violazione della legge che viene da Dio. Non s’illuda di avere il dono dello Spirito e un cuore puro in virtù dello stesso spirito chi rifiuta quella correzione e purificazione  che passa attraverso l’osservanza della Legge, comandata dal Signore.

Il peccato nella sua forma più immediatamente comprensibile all’uomo è la violazione del comando di Dio così come ci è dato attraverso la forma della Legge.

Se peccato è innanzitutto disobbedienza e non ascolto della Parola di Dio data nella forma del comandamento, peccati sono tutti quegli atti che sono frutto del primo peccato.

5 E sapete che quello si manifestò per togliere i peccati, e in lui non è peccato.

Colui che si è manifestato per togliere il peccato del mondo si è manifestato anche per togliere i peccati frutto dell’unico peccato. In Lui non vi è peccato, perché non ha conosciuto il peccato.

Gesù è l’eternamente obbediente alla volontà del Padre ed in quanto tale nessuna ombra di peccato può essere in Lui trovata.

6 Ognuno che rimane in lui non pecca: ognuno che è peccante non ha visto lui né ha conosciuto lui.

Chi rimane nel Figlio Salvatore non pecca, perché in Lui non c’è peccato alcuno. Chi è peccante cioè si trova in uno stato di peccato, non ha visto Lui né ha conosciuto Lui.

Il peccato dunque è semplicemente una forma e uno stato di non conoscenza, alla stregua della filosofia socratica? Niente affatto! Non c’è uomo che sia al di fuori o al di sopra di una conoscenza. Chi non conosce il Cristo Figlio di Dio, rimane ancorato ad un’altra conoscenza, che è quella dell’Antico Maligno, detto anche Diavolo.

Non esiste un incolpevole peccato, qualificabile come semplice ignoranza. Chi pecca non solo attesta di sé la non conoscenza del Figlio, ancor prima manifesta, ribadisce e riafferma in sé la conoscenza del Maligno.

7 Figlioli, nessuno inganni voi: è giusto chi fa la giustizia, come quello è giusto. 8 colui che fa il peccato è dal diavolo, poiché dall’inizio il diavolo pecca.

Figlioli, amati del Padre, nessuno vi inganni con dottrine false e perverse. È giusto chi fa la giustizia, cioè chi obbedisce a tutto ciò che è volontà di Colui che è Giustizia. Se Giustizia è il Padre, non è giusto se non chi opera secondo i comandamenti dello stesso Padre. E chi è mai l’unico eterno giusto se non L’eterno Figlio suo?

Chi fa il peccato viene dal Diavolo, si nutre e si accresce nella Sua conoscenza, nell’obbedienza ad una volontà che è nemica di Dio a Lui ribelle e a Lui ostile, fin dall’inizio.

A buon diritto chi non è detto figlio di Dio può essere detto Figlio del Maligno. Lo è di fatto e non solo di nome.

Per questo si manifestò il Figlio di Dio, per distruggere le opere del diavolo.

Nessuna opera del Maligno può essere distrutta se non in virtù del Figlio di Dio, a noi manifestato nella carne.

Cristo dunque non è venuto semplicemente per liberarci dai peccati, ma dalla schiavitù di Colui che è creatore del peccato e padre di tutti coloro che sono trovati nel peccato. Dobbiamo entrare in un nuovo regno che è quello di Dio ed in una figliolanza nuova che è adozione a figli dell’Altissimo a modo dell’eterno Figlio suo ed in virtù dello stesso Figlio suo.

9 Ognuno che è nato da Dio non fa peccato, perché il seme di lui in lui rimane, e non può peccare, perché da Dio è nato.

Affermazione forte, che non può essere messa in discussione.

Certamente è vera per Colui che è la Verità. Se vediamo le cose dal punto di vista dell’Assoluto, di ciò che Dio ha già operato in noi in virtù del Figlio, la nuova generazione in Cristo non dovrebbe portare macchia di peccato. Siamo creature nuove, perché fatte nuove dal Salvatore. Perché il seme di lui in lui rimane, e non può peccare, perché da Dio è nato. Se è una certezza che non può peccare chi è nato da Dio, non altrettanto certa  è la nostra nascita da Dio. Possiamo sempre metterla in discussione e fare marcia indietro. Tra la certezza fondata del dono di Dio e dell’opera del Figlio suo sta la misura della nostra fede e la perseveranza in essa.

Non sempre si rimane saldi nella nuova vita e non sempre il seme gettato dal Cristo nel nostro cuore può crescere e portare frutto.

Non possiamo e non dobbiamo mettere in discussione quello che Dio ha operato. È possibile che l’opera di Dio resti lettera morta oppure abbia un inadeguato ricettacolo nel nostro cuore, per nostra libera scelta.

L’opera della salvezza può incontrare un rifiuto oppure sortire frutti non in tutto conformi alla volontà del Salvatore.

La perfezione che Dio ha donato con il suo sacrificio deve fare i conti con il nostro libero assenso, che  dato una volta deve essere dato ogni volta. Se Dio non può smentire il suo dono e si fa garante della bontà del seme che viene da Lui, noi non possiamo farci garanti di una fede piena, costante e duratura.

Quando troviamo in noi germi di peccato, non dobbiamo mettere in discussione il seme che viene da Dio, ma una risposta inadeguata al suo dono.

Una fede pienamente adeguata al dono del Salvatore esiste soltanto come reale possibilità offerta da Dio all’uomo. Di fatto rimane in noi la non perfezione  ed il limite imposto da una volontà altalenante che sarà senza macchia soltanto nel regno dei cieli. È volontà di Dio che non ci sia in noi peccato alcuno, e non manca la misura del dono. Ma chi può dire di se stesso di aver accolto e fatta propria una perfetta pienezza?

Tra l’essere perfetti come Dio e l’essere malvagi come il Maligno, ci sta anche l’uomo che è entrato in un cammino di salvezza, ma procede a stento e a ritroso ed ogni giorno, ogni momento deve chiedere a Dio perdono per il proprio peccato ed invocare il suo aiuto e la sua protezione.

Nulla di fatale e di assoluto nella nostra fede, dobbiamo sempre metterla in discussione e rimetterla nelle mani di Dio, perché si prenda cura di noi.

Certamente chi è nato da Dio non ama il peccato. Ma si fa il peccato anche non amandolo, per debolezza. Sia ringraziato Dio perché ci rimette le nostre colpe non soltanto prima di averci donato la salvezza, ma anche dopo e per sempre fino al tempo in cui saremo completamente trasformati ad immagine del Figlio suo.

Quando troviamo in noi il peccato non dobbiamo mettere in discussione l’opera di Dio, ma la nostra fede. Ci possono essere momenti di scoraggiamento di fronte all’evidenza del peccato; vanno superati confessando umilmente la propria colpa e chiedendo la forza per rialzarsi ed andare avanti.

9 Ognuno che è nato da Dio non fa peccato, perché il seme di lui in lui rimane, e non può peccare, perché da Dio è nato.

10 In questo sono manifesti i figli di Dio e i figli del diavolo: ognuno che non fa la giustizia non è da Dio e il non amante il suo fratello.

Giovanni procede imperterrito nella logica di un ragionamento che potrebbe trarre in errore.

Da un lato vi sono i figli di Dio che fanno la giustizia ed amano il fratello, dall’altro i figli del diavolo che non fanno la giustizia e non amano il fratello.

Perché una separazione così netta che non considera vie di mezzo?

Perché la nostra fede deve tendere alla perfezione e rifuggire da risposte timide e da posizioni non chiare nei confronti della salvezza operata dal Cristo. Non è una salvezza a metà e dobbiamo aderire ad essa con la totalità del nostro cuore, della nostra mente, delle nostre forze.

Chi non si pone nell’ottica di una totalità, almeno nel desiderio e nell’intenzione, è figlio del Maligno. Altro è peccare alla sequela di Cristo, altro è peccare alla sequela del Diavolo. Chi segue Cristo può confidare nel suo perdono, chi segue il Satana non ha alcuna speranza di salvezza.

Prima di continuare nella lettura ci sembra opportuno fare alcune considerazione.

I versetti della Scrittura che stiamo leggendo, a dispetto del rigore logico del discorso non sono affatto di facile comprensione.

Perché ciò che appare così logicamente chiaro e comprensibile non appare poi così chiaramente  verificabile nella nostra esperienza quotidiana.

La logica del tutto o niente, del taglio netto tra il prima o il dopo, di una diversità assoluta tra l’uomo vecchio nel Maligno e l’uomo nuovo nel Cristo non ci conforta più di tanto. Al contrario può essere motivo di scoraggiamento in chi non vede in sé i segni della nuova vita; ancor peggio per chi confidando in una fatalistica predestinazione non vuol vedere e confessare i propri peccati.

Per una intelligenza piena ed edificante della Parola, ancora una volta, come nei Vangeli, in Paolo, ora anche in Giovanni, dobbiamo cercare di entrare nello spirito di un linguaggio che fa largo uso del paradosso.

Non ci si esprime in modo paradossale se non per confutare e confondere chi  giustifica affermazioni e conclusioni sbagliate.

Non c’è via di mezzo tra fede e non fede, fra l’essere in Cristo e l’essere fuori di Cristo. O si è col Salvatore o si è contro il Salvatore.

E tutto questo è indubbiamente vero dal punto di vista dell’eterno Logos di Dio. Ma quando il discorso si cala nella complessità del nostro essere creato, allora c’è bisogno di un’analisi più ampia, più dettagliata e circostanziata. Perché se la verità è semplice, semplice l’uomo non è.

L’uomo è creatura complessa formata da molteplici dimensioni, all’origine in perfetta armonia l’una con l’altra, dopo il peccato dissociate l’una dall’altra. Ciò che è assolutamente vero per l’una lo è parzialmente per un’altra o addirittura del tutto irrilevante per un’altra ancora.

Dire che l’uomo è salvato e redento dal Cristo è dire tutto e dire niente, perché l’uomo non è unità semplice ma unità complessa formata da spirito, anima, corpo.

La salvezza in senso pieno e definitivo riguarda innanzitutto il nostro spirito, che possiamo anche chiamare io, quella vita immessa da noi in virtù dell’alito divino, che è comunicazione  immediata con Dio, partecipazione diretta al suo essere.

Diversamente l’anima è creata dal nulla ad immagine di Dio, ma indissolubilmente legata ad un corpo fatto con la terra e dalla terra.

La vita di Dio passa dallo spirito all’anima, dall’anima al corpo in un rapporto di  dipendenza che l’uomo per poco tempo ha potuto godere in maniera armonica.

Con il peccato d’origine si crea una dissociazione fra le varie dimensioni , che non si trovano più in armonia l’una con l’altra, ma una divise l’una dall’altra. Ne abbiamo già parlato ampiamente altrove e non vogliamo ripetere.

Giova sottolineare però che soltanto lo spirito è di per sé fondante la creatura ed ogni creatura. Esistono creature come gli angeli in cui vi è una sola dimensione che è quella dello spirito. Lo spirito e solo lo spirito di per se  garantisce una creatura che può conoscere Dio così com’è realmente. Potremmo dire in spirito e verità.

L’anima ed il corpo materiale rappresentano un di più del dono di Dio, un allargamento del dono primitivo ed essenziale fatto agli angeli.

Il discorso della salvezza portata da Cristo si fa più complesso ed articolato, quando si passa dagli angeli, all’uomo.

Per gli angeli la salvezza investe unicamente lo spirito, per l’uomo, interessa spirito, anima e corpo.

Una salvezza di per sé semplice allorchè interessa la semplice dimensione spirituale, si fa complessa allorchè la vita dello spirito si fa comprensiva di quella dell’anima e del corpo.

La prima procede in tempi univoci ed in modi conformi, la seconda conosce tempi, modi , misure diversi.

Quando nella Scrittura si parla di salvezza innanzitutto si deve intendere la salvezza dello spirito. Non creato, né generato, più propriamente insufflato in virtù dell’alito di Dio, non può cadere nel nulla, ma di per sé è destinato a vita eterna o a morte eterna.

Vita eterna nel possesso pieno dello Spirito Santo, morte eterna nel proprio essere separato, distaccato, isolato, rigettato per sempre dall’unico eterno Spirito Santo. La vita eterna altro non è che un perenne vivere nell’unico Vivente, la morte eterna altro non è che un eterno morire fuori dal solo e medesimo Vivente.

Si entra nell’eternità innanzitutto perché spiritualmente salvati, ed è innanzitutto questo che importa e deve importare a Creatore e a creatura.

In quanto alla salvezza dell’anima e del corpo non procedono di pari passo; si tratta di una salvezza dapprima indotta e trainata.  È una salvezza al servizio di quella dello spirito, in funzione della sua priorità: in quanto tale ad essa subordinata e condizionata.

Non ci sarà salvezza dell’anima e del corpo in senso proprio, pieno e definitivo se non nella risurrezione dei morti. Soltanto in quel giorno la redenzione sarà  per la totalità dell’essere umano.

Una fede in Cristo Salvatore, che non sia anche fede nella risurrezione dei morti e nella restaurazione di cieli nuovi e terra nuovi, è monca.

Per quel che riguarda l’attualità della nostra salvezza dobbiamo innanzitutto guardare allo spirito e lui considerare.

In Paradiso non entreranno il nostro corpo e la nostra anima, ma entrerà soltanto il nostro spirito redento. In quanto alla nostra anima o psiche e al corpo materiale, scenderanno nella polvere, in attesa della risurrezione ultima.

Se pur legato all’anima e al corpo, lo spirito conosce categorie proprie non riducibili  a quelle del corpo, ma neppure a quelle dell’anima. Lo spirito viene prima e va oltre ciò che è   animale, se pur razionale ( intendi la dimensione psichica ).

Il rapporto tra lo spirito “creato” e quello Creatore è di per sé semplice. L’adesione dell’uno all’Altro si esprime nella forma di un’assoluta semplicità incomprensibile per l’anima e non riducibile alle sue categorie. Un sì o un no di portata eterna, di cui neppure possiamo intendere il modo secondo cui tale assenso o dissenso si attualizza. Soltanto nello spirito e per lo spirito si può parlare di libertà creata dell’uomo in senso assoluto rispetto al suo Creatore, a nulla condizionata e a nulla condizionante, ma sempre aperta fino al giorno del giudizio ultimo alla possibilità di un ripensamento e di un ravvedimento riguardo all’attualità del proprio essere in rapporto a Dio.

Parlare di predestinazione, di prescienza per quel che riguarda il nostro proprium  spirituale è sbagliato e biblicamente infondato. Nasce da una lettura superficiale e non illuminata della Parola di Dio, il cui senso è coperto da un velo. Se Dio non toglie questo velo, possiamo intendere quel che non si deve intendere.

Quando si passa dalla realtà assolutamente semplice dello spirito a quella più complessa ed articolata dell’anima e del corpo il discorso  diventa di difficile comprensione.

Non siamo d’accordo con Lutero quando sottolinea con forza l’assoluta semplicità della Parola di Dio. Semplice in sé e per sé nella sua dimensione spirituale, diventa complessa allorchè si deve rapportare alla complessità dell’uomo precipitato nel peccato.

Perché discorsi così di tal fatta? Non sono opera del tutto oziosa ed inutile?

Se tutto ti è chiaro nella Scrittura, buon per te: è una grazia del Signore.

Se ne avverti la complessità aiutami a comprendere questa complessità. Noi stiamo semplicemente cercando di dare spiegazioni logicamente chiare e coerenti.

Perché mai Giovanni scrive che chi è nato da Dio non pecca, non può peccare, mentre anche un solo peccato attesta di per sé che siamo figli del Maligno?

Sono forse da poco affermazioni di tal genere? E chi può accontentarsi di una spiegazione semplice, quando di semplice non c’è assolutamente nulla? Noi pensiamo che il discorso di Giovanni e della Scrittura in genere non si possano intendere pienamente se non si pone la nostra dimensione spirituale in una posizione preminente e prevalente nel discorso della salvezza. Perchè la salvezza è innanzitutto nello spirito e per lo spirito.

Perché tutti i peccati saranno perdonati ma non quello contro lo spirito santo? E qual è il peccato contro lo spirito Santo, se non quello che lo spirito creato compie nei confronti dello Spirito Creatore?

Ha caratteristiche proprie e ben definite, non è soggetto a perdono da parte di Dio; non si può collocare sullo stesso piano dei peccati imputabili all’anima, di cui Gesù dice che saranno tutti perdonati.

A questo punto forse ci è dato comprendere qualcosa di più del discorso di Giovanni. Ci sono peccati che di per sé non comportano un giudizio di eterna condanna da parte di Dio, sono da Lui perdonati e non una sola volta e non in un solo tempo: basta l’umile confessione.

9 Ognuno che è nato da Dio non fa peccato, perché il seme di lui in lui rimane, e non può peccare, perché da Dio è nato.

Qual è questo peccato che non può fare chi è nato da Dio se non quello contro lo Spirito Santo?

Altro è fare peccati, altro è vivere in uno stato di peccato. Ci sono peccati  sortiti dalla nostra anima, che di per sé non necessariamente testimoniano la nostra estraneità all’amore di Dio e una condizione di creature non redente,  figlie del Diavolo.

Sono dovuti ad una debolezza, non ancora vinta e superata. Riassorbiti dall’amore divino, possono concorrere anch’essi alla nostra salvezza. Ad essi allude Davide: allorchè esclama: felice colpa! Perché non arriviamo all’intelligenza piena dell’amore di Dio, se non arriviamo alla consapevolezza piena del nostro peccato.

Distingui dunque tra peccato e peccato. Non tutti i peccati sono per la morte e non tutti i peccati attestano di per sé uno stato di morte. Ci sono anche quelli che attestano l’amore misericordioso del Salvatore.

Non possiamo giudicare lo spirito secondo le categorie dell’anima. Certo un’anima che fa il peccato può di per sé manifestare uno spirito in uno stato di peccato. Non sempre e non necessariamente le cose stanno così.  

Non intende e non può intendere se non lo Spirito di Dio che tutti giudica e che nessuno può giudicare.

A Lui affidiamoci, in Lui confidiamo, senza scoraggiarci per i peccati, ma neppure giustificandoli con leggerezza. Meglio l’umile confessione,  e la  supplica insistente perché Dio abbia pietà di noi. Ne avremo maggior guadagno per lo spirito.

In quanto all’anima non preoccupiamoci più di tanto delle ambiguità e delle contraddizioni che porta con sé.

Uno spirito sano può portare anche un’anima ed un corpo malati.

Un’anima ed un corpo che abbiano presunzione di salvezza e di salute non portano mai uno spirito fatto salvo dal Signore.

Dobbiamo considerare la nostra vita innanzitutto nella sua dimensione spirituale. E’ spiritualmente che dobbiamo essere risolti e spiritualmente dobbiamo valutare la soluzione finale della nostra vita.

Un semplice si , che ogni giorno, ogni momento dobbiamo ripetere e rivolgere al Cristo, nostro Salvatore. Il resto fa da corollario e da cornice. Un’attenzione, una preoccupazione ed un interesse eccessivi per la nostra anima e per il nostro corpo  ci portano fuori strada e ci dicono che non abbiamo in noi l’amore di Cristo Salvatore.

Eppure sembra proprio che tutto il nostro interesse e la nostra preoccupazione  siano per il corpo e per l’anima, intesa come psiche?

Cosa chiediamo nelle nostre preghiere? Innanzitutto un corpo sano ed una mente sana, così come recita il detto. Mens sana in corpore sano. E qual è la nostra reazione ed il nostro modo di sentire di fronte a persone malate e disabili, profondamente colpite nel corpo e nella psiche? Vediamo e troviamo in esse la dignità dei figli di Dio?  Se ci fermiamo a ciò che vediamo e a ciò che comprendiamo vien meno la fede in Cristo Salvatore, se entriamo nello spirito di una preghiera conforme alla volontà di Dio tutto è diverso.

Leggiamo in Luca 11 “Se voi essendo cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono”?

Cosa dobbiamo chiedere dunque secondo l’insegnamento di Gesù.

Non le cose buone che interessano il corpo e l’anima , ma quelle che interessano il nostro spirito.

Il dono dello Spirito santo e solo questo è garanzia di  vita eterna.

E non ci è dato Colui che è Spirito Santo per la guarigione del corpo e dell’anima, ma per la salute del nostro spirito.

E’ questa la salvezza che ci tocca qui ed ora, definitiva e risolutiva del nostro rapporto con Dio.

In quanto alla nostra carne e alla nostra anima, possono ancora portare i segni del peccato originale, Ciò che viene dalla morte è riassorbito e portato da Colui che porta la vita. .

Un corpo ed una psiche malati sono indubbiamente una croce, ma è una croce sorretta dal Cristo, confortata e fatta lieve dalla presenza dello Spirito Santo, Il consolatore come lo chiama Gesù.  C’è ancora bisogno di consolazione, perché è ancora tempo di lacrime e di sofferenza.

Come Paolo dobbiamo dire: “Sovrabbondo di gioia nelle mie tribolazioni”. Gioia non psichica, ma spirituale, che non può comprendere se non chi la possiede e la sperimenta in sé. Non ti scoraggiare e non ti abbattere tu che sei colpito nella carne e nella psiche.

Chiedi al Signore che mandi il Consolatore dal cielo. Lo spirito della verità che il mondo non vede e non conosce, ma che è in noi e dimora in noi.

Ti vedi brutto e malandato sia nel corpo e nella psiche?

Confida nella misericordia di Cristo Salvatore.

Non entreremo nella vita eterna con questo corpo e con questa anima, ma soltanto con lo spirito fatto pieno di Spirito Santo.

Uno spirito risorto a vita nuova nella sua assoluta semplicità, in questa semplicità per un tempo ed in un tempo vedrà la gloria di Dio come la vedono gli angeli.

Verrà il giorno della risurrezione anche per l’anima ed il corpo che si uniranno al loro spirito, perché tutta la creazione sia restaurata e riportata allo stato del primitivo splendore in modo perenne e definitivo, senza possibilità alcuna di caduta e di ritorno ad un passato infelice ed infausto.

Le tribolazioni del corpo e dell’anima sono un nulla rispetto alla gioia che  è data al nostro spirito, ma bisogna pur conoscere e possedere questa gioia. Diversamente siamo nell’inganno più completo e la nostra fede è vana ed infondata.

10 In questo sono manifesti i figli di Dio e i figli del diavolo: ognuno che non fa la giustizia non è da Dio e il non amante il suo fratello.

E’ questo un versetto chiave per una adeguata interpretazione della Lettera a Giovanni. Ci fa comprendere la struttura portante il semplice tessuto, che appare piuttosto ricco e sovrabbondante, così da spaziare il lungo ed in largo.

Perché mai tutto il discorso di Giovanni è incentrato sull’amore? Perché nell’amore è l’adempimento della legge di Dio.

L’amore che ci è chiesto e che ci rende accetti a Dio ha come due facce: una rivolta al Creatore, l’altra alle creature, unite in Cristo dal vincolo della fraternità.

Amerai il Signore Dio tuo… e amerai il prossimo come te stesso.

Nella prima parte della Lettera Giovanni ha parlato dell’amore verso Dio che è vero soltanto nel suo farsi obbediente alla  volontà del Creatore, così come si rende a noi manifesta attraverso i precetti a noi dati dal cielo.

Non si illuda di amare Dio chi non fa la volontà di Dio. Se pur crede di avere la fede, è una fede falsa non radicata nell’obbedienza alla sua Parola, ma nella disobbedienza. Resta ora da esaminare e da considerare l’amore verso il prossimo.

11 Poiché questo è l’annuncio che udiste dall’inizio: che amiamo gli uni gli altri, 12 non come Caino che era dal maligno e scannò suo fratello.

Il comando di Dio che è annunciato dagli Apostoli non è affatto una novità rispetto a quanto già detto al popolo eletto.

La novità riguarda piuttosto una pienezza ed una totalità che richiesta all’inizio solo verso Dio, ora in virtù di Cristo è richiesta anche per il prossimo. Innanzitutto colui che consideriamo prossimo, va visto in un senso più vero e più profondo con gli occhi ed il cuore donati dal Cristo. Non più semplicemente prossimo ma fratello.

All’inizio dell’esistenza appare fin troppo chiaro una fraternità in senso stretto e pieno. Con il crescere delle generazioni e con l’accrescersi del peccato, si perde consapevolezza di questa fraternità. Il fratello diventa prima parente, poi prossimo, per non dire che lo si trova estraneo alla propria vita e nemico.

La prima conseguenza del peccato d’origine?

Una dissociazione della propria vita non solo da Dio, ma anche da quella del fratello. Caino che non si riconosce più nell’amore del Signore, nessun amore conosce più per il fratello Abele.

Fattosi malvagio nei confronti del Creatore Caino, è trovato malvagio anche nei confronti del fratello.

E’ importante comprendere lo stretto legame tra il peccato contro Dio e quello contro l’uomo. Sono indissolubilmente legati l’uno all’altro, ma non si possono identificare l’uno con l’altro. Il peccato in senso proprio è innanzitutto contro Dio. Soltanto di conseguenza e di riflesso diventa peccato contro l’uomo.

E a motivo di cosa scannò lui? Perché le sue opere erano malvagie, quelle del suo fratello giuste.

Malvagie erano le sue opere perché ribelle a Dio il suo cuore.

In quanto figlio del Maligno e solo perché di esso schiavo, Caino scannò il fratello Abele. Il peccato contro l’uomo è inevitabile conseguenza del peccato contro Dio.

Non si pecca contro Dio, perché si pecca contro il fratello, viceversa si pecca contro il fratello perché già abbiamo peccato contro Dio.

Mentre la Legge di Dio dà importanza assoluta all’amore verso Dio, con la venuta di Gesù anche l’amore verso il fratello è riportato al suo primitivo significato.

Gesù parla di un comandamento nuovo: che vi amiate l’un l’altro come io vi ho amato. Nuovo non in senso assoluto, perché già la Legge ci comanda di amare il prossimo come noi stessi. Nuovo perché porta quest’amore alla sua espressione piena e definitiva.

E tutto questo non era prima possibile senza la grazia donata dal Cristo, in virtù del suo sacrificio sulla croce. Per questo aggiunge Giovanni

13 E non meravigliatevi, fratelli, se il mondo odia voi.

Nessuna meraviglia se il mondo ci odia. Non ci comprende e neppure lo può: perché non ha compreso il significato e l’importanza di un sacrificio e di un dono. Senza la fede in Cristo si rimane in uno stato di morte. Siamo morti nel nostro rapporto con Dio, ma anche nel nostro rapporto con i fratelli.

Chi non ama rimane nella morte.

Per avere la vita non basta dunque un qualsiasi amore verso Dio e verso il prossimo: dobbiamo avere quello  effuso nei nostri cuori,   dall’ultimo soffio  del Cristo, allorchè appeso in Croce morendo “rese lo Spirito”.

14 Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli.

Non si passa dalla morte alla vita amando i propri fratelli, ma allorchè si amano in verità i propri fratelli, abbiamo conferma che siamo passati dalla morte alla vita, per grazia divina.

L’amore verso il prossimo non verifica l’amore verso Dio, al contrario l’amore verso Dio verifica l’amore verso i fratelli.

L’amore verso i fratelli è trovato vero soltanto nella misura in cui è vero, giustificato, fondato il nostro amore verso Dio.

Quando è trovato in noi un amore vero verso i fratelli, abbiamo semplicemente la conferma che è nato in noi l’uomo nuovo e che siamo realmente passati alla morte alla vita, non solo a  parole , ma di fatto.

Verificato il nostro amore verso Dio in virtù della fede in Cristo dobbiamo anche verificare l’amore verso il prossimo alla luce della fede nello stesso Cristo.

15 Ognuno che odia il suo fratello è omicida, e sapete che ogni omicida non ha vita eterna in sé rimanente.

Una considerazione innanzitutto: la più semplice e la più indiscutibile.

Chi porta odio nel proprio cuore verso il fratello non possiede l’amore che in quanto tale dona all’altro la propria vita; al contrario sottrae la vita all’altro, per farla propria.

Come può avere in sé vita permanente e stabile in eterno, chi vuol rapinare quella dell’altro? Si fa rapina di ciò che non si possiede, oppure di ciò che si possiede in un tempo e per un tempo, soltanto in forma manchevole e deficitaria. Chi ha vita eterna non ha bisogno di farsi rapinatore della vita altrui.

16 In questo abbiamo conosciuto l’amore: e noi dobbiamo porre per i fratelli le anime nostre .

La conoscenza dell’amore che è stata resa possibile in virtù di Cristo ha connotati unici e ben definiti.

quello per noi pose la sua anima;

Cristo ha posto la sua anima per noi, nulla risparmiando e nulla tenendo per se stesso. Ciò che viene posto per un altro non è soggetto a revoca o ripensamento, neppure conosce misura e limite.

E’ posto nella sua totalità. In questo è portato a compimento il secondo precetto della Legge antiva. Amerai il prossimo come te stesso. Non si ama più il prossimo come se stesso, come l’altro a cui è dovuto un amore pari a quello che portiamo per il nostro io, ma si pone in lui e si rivolge a lui la totalità del nostro amore.

Saremmo tentati di dire con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze. Ma questo non è mai scritto nel Nuovo Testamento.

Va fatta salva una priorità ed una esclusività dell’amore verso il Creatore rispetto all’amore verso le creature.

Non siamo d’accordo con quelli che traducono al versetto 16: pose la sua vita per noi.

Tradurre la parola psichè  con vita è una forzatura ed un errore. Molto più correttamente la versione latina, traduce  anima. Sia la lingua greca sia quella latina hanno termini specifici per intendere e distinguere il concetto di anima da quello di vita. Se Giovanni avesse voluto intendere vita, avrebbe scritto “biov” e non “psuchèn”.

Il concetto di vita è più complesso e più articolato rispetto a quello di anima. La vita è onnicomprensiva di tutte le dimensioni dell’anima: c’è anche una vita come quella degli angeli e degli uomini dopo la morte che si riduce alla sola realtà spirituale.

Se ha senso perdere la propria anima, macchiata e rovinata dal peccato, è un controsenso perdere il proprio spirito che è struttura fondante e portante la vita, al punto che può stare da solo senza anima e senza corpo materiale.

Perché mai si dovrebbe perdere la vita quando è proprio per essa ed in virtù di essa che siamo stati creati da Dio?

Cristo ha sacrificato sulla croce e ha posto per noi la propria anima ed il proprio corpo materiale, in quanto allo spirito non poteva essere posto per la morte, perché nessuna morte ci può essere per Colui che è Vita.

Al contrario ponendo in sacrificio per noi la sua anima ha reso possibile il dono del suo Spirito e con ciò diventa anche in noi attuale e reale la pienezza dell’amore.

Leggiamo nel Vangelo dello stesso Giovanni al capitolo 15, 12-13

Questo è il comandamento mio: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Più grande di questo amore nessuno ha, che qualcuno ponga la sua anima per i suoi amici”.

Anche nel Vangelo a dispetto della traduzione è scritto anima e non vita. Perché Gesù non è venuto a sacrificare per noi la propria vita, ma per donarcela. Così pure a nessun uomo si può chiedere di perdere la vita, quando è fatto per la vita.

La vita che si deve perdere è unicamente quella che è data dalla carne e dal sangue. Carne, come materia, sangue, come psiche, ovvero come principio vitale che è indissolubilmente legato alla stessa materia.

Ciò che è principio vitale non è ancora Vita in senso proprio ed assoluto: c’è vita e vita, c’è la vita della pianta e dell’animale, c’è quella dell’uomo nato da Adamo, c’è quella dell’uomo nato da Cristo.

E’ scritto in Marco 8, 35

“Chiunque infatti vuole salvare la sua anima la perderà; chiunque invece perderà la sua anima a causa di me e del vangelo la salverà. Cosa infatti giova all’uomo guadagnare il mondo intero e patire danno la sua anima? Cosa infatti darebbe un uomo in cambio della sua anima?”.

Matteo 10,39

“L’avente trovato la sua anima la perderà, e l’avente perduto la sua anima a causa di me la troverà”.

Luca 17,33

“Chiunque cercherà di risparmiare la sua anima la perderà, chiunque invece la perderà conserverà essa in vita”.

Gv 12,25

“L’amante la sua anima la perde, e chi odia la sua anima in questo mondo custodirà essa per la vita eterna”.

17 Chi però avesse la ricchezza del mondo e vedesse il suo fratello avente bisogno e chiudesse le sue viscere da lui, come l’amore di Dio rimane in lui?

Continua Giovanni nella sua argomentazione per smascherare e sbugiardare un amore verso il prossimo più preteso che reale.

18 Figlioli, non amiamo con la parola né con la lingua ma in opera e verità.

L’amore verso il prossimo in noi portato ed in noi agito dal Cristo è un amore che si può vedere e si può toccare. Non si riduce alle parole. L’amore vero è “in opera “, cioè si manifesta come attuale e non virtuale. E’ altresì in Verità, perché non c’è vero amore se non quello che è figlio della Verità, partorito in noi e per noi da Colui che è Verità; Cristo Figlio di Dio. 

 

19 E in questo conosceremo che siamo dalla verità, e dinanzi a lui persuaderemo il nostro cuore, 20 che se il cuore ci accusi, più grande è Dio del nostro cuore e conosce tutte le cose.

Come persuaderemo il nostro cuore che siamo nella verità? Facendo la volontà di Dio. In una donazione totale di noi stessi al Signore e al prossimo.

Perché il cuore può accusarci? Perché a volte siamo tentati di mettere in discussione l’autenticità della nostra fede. Quello che è visto dai nostri occhi e vagliato con la nostra intelligenza può sembrare insufficiente ed inadeguato rispetto alla totalità ed alla perfezione richieste dal comando di Dio. Un cuore che si sente sotto accusa deve mettersi davanti al Signore e chiedere la sua consolazione e la sua luce.

Perché quello che noi avvertiamo nel nostro cuore non sempre corrisponde a verità. Soltanto il Signore conosce come stanno realmente le accuse. Se Satana accusa, Cristo giustifica.

Nessuno troverà pace nel proprio cuore se non in un abbandono continuo e fiducioso nell’amore del Signore. E’ necessario uno spirito di preghiera perenne, per non essere travolti dagli attacchi del Maligno che insidia l’opera del Cristo e vuol mettere in discussione i doni che ci sono stati dati dal cielo.

21 Amati, se il cuore  non  accusa abbiamo fiducia presso Dio 22 e qualunque cosa chiediamo riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo le cose gradite davanti a lui.

Consapevoli di essere amati dal Signore, rimossa ogni accusa nel nostro cuore in virtù dello stesso Cristo, abbiamo fiducia in Dio.

Qualunque cosa a Lui chiediamo da Lui riceviamo perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo le cose conformi alla sua volontà.

Non si ottiene da Dio semplicemente perché si prega, si ottiene perché il nostro cuore non è diviso tra l’obbedienza al Maligno e l’obbedienza al Cristo. 

 

23 E questo è il suo comandamento, che crediamo al nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, come ha dato comandamento a noi.

E  qual è il comandamento del Padre che porta a compimento ogni comandamento riguardo al suo nome? Che abbiamo fede nel Cristo Gesù, perché amiamo Dio Padre come è amato dall’unigenito Figlio suo. È La fede in Cristo la garanzia di un amore vero e fondato verso Dio. Ed è la fede nello stesso Cristo la garanzia di un amore verso i fratelli approvato dal Padre.

La fede nel Salvatore rende pienamente attuale e reale  in noi ciò che è chiesto dal primo e più grande comandamento. Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente. Non solo, in virtù della stessa fede si porta in noi a compimento l’amore verso il prossimo, così come Lui ci ha comandato.

24 E l’osservante i suoi comandamenti in lui rimane ed egli in lui; e in questo conosciamo che rimane in noi: dallo Spirito che ha dato noi.

Chi rimane nell’osservanza dei  comandamenti di Dio in Lui rimane e Dio in lui. Chi è la conferma ultima e definitiva del nostro rimanere in Dio? Lo Spirito Santo che ci ha dato. Incerta e soggetta ad attacchi dal Maligno può essere la nostra coscienza riguardo alla salvezza che è già data: ha bisogno di essere confermata e confortata dal Cristo.

Ma se non basta la nostra coscienza e non basta neppure il Cristo, ancora di più ci è stato donato lo Spirito Santo: garanzia ultima, definitiva e indiscutibile della vita nuova operata in noi dalla fede in Cristo.  

 

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