Prima lettera di Giovanni cap2

                                Cap 2 

 

Figlioli miei, queste cose scrivo a voi affinché non pecchiate. E se qualcuno peccasse, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto; 2 ed egli è sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, non però solo per i nostri, ma anche per l’intero mondo. 3 E in questo conosciamo che abbiamo conosciuto lui, se i comandamenti suoi custodiamo.

4 chi dice : ho conosciuto lui, e i suoi comandamenti non è custodente, è bugiardo e in questi non è la verità. 5 Chi però custodisce la sua parola, veramente in questi l’amore di Dio è perfetto, in questo conosciamo che siamo in lui.

6 Colui che dice di rimanere in lui è tenuto come quello ha camminato così a camminare anche lui.

7 Amati, non vi scrivo un comandamento nuovo ma un comandamento vecchio che avevate dall’inizio; il comandamento vecchio è la parola che avete ascoltato. 8 Ancora un comandamento nuovo scrivo a voi, che è vero in lui ed in voi, poiché la tenebra passa e la luce vera già splende.

9 Chi dice di essere nella luce ed odia il suo fratello è nella tenebra fino ad ora. 10 Chi ama il suo fratello rimane nella luce e in lui non c’è ostacolo. 11 Chi invece odia il suo fratello è nella tenebra e nella tenebra cammina e non sa dove va, perché la tenebra ha accecato i suoi occhi. 12 Scrivo a voi, figlioli, poiché sono stati a voi rimessi i peccati a causa del suo nome. 13 Scrivo a voi padri, poiché avete conosciuto colui che è dall’inizio. Scrivo a voi, giovanetti, perché avete vinto il Maligno. 14 Scrissi a voi, bambini, perché avete conosciuto il Padre. Scrissi a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è dall’inizio. Scrissi a voi, giovanetti, perché forti siete e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno.

15 Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se qualcuno ama il mondo, non c’è in lui l’amore del Padre; 16 poiché ogni cosa che è nel mondo, la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non è dal Padre ma è dal mondo. 17 E il mondo passa e la sua concupiscenza, però colui che fa la volontà di Dio rimane per l’eternità.

18 Figlioli, è l’ultima ora, e come udiste che viene l’anticristo e ora molti anticristi sono comparsi, onde conosciamo che è l’ultima ora.19 Da noi uscirono ma non erano da noi: se infatti fossero stati da noi, sarebbero rimasti con noi; ma perché si manifestino che non sono tutti da noi. 20 E voi avete l’unzione dal santo e tutti sapete. 21 Non scrissi a voi perché non sapete la verità ma perché la sapete e perché ogni menzogna non è dalla verità.

22 Chi è il bugiardo se non colui che nega che Gesù è il messia? Questi è l’anticristo: colui che nega il Padre ed il Figlio. 23 Ognuno che  nega il Figlio neppure ha il padre, chi confessa il Figlio ha anche il Padre. 24 Voi ciò che udiste dall’inizio, in voi rimanga; se in voi rimane ciò che udiste dall’inizio, anche voi nel Figlio e nel Padre rimarrete. 25 E questa è la promessa che egli a noi promise, la vita eterna.

26 Queste cose scrissi a voi a proposito di quelli che vi ingannano. 27 E voi l’unzione che riceveste da lui, rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno insegni a voi, ma come la sua unzione vi insegna riguardo a tutte le cose e è veritiera e non è bugiarda, e come insegnò a voi, rimanete in lui.

28 E ora figlioli, rimanete in lui, affinchè qualora si manifesti abbiamo fiducia e non siamo svergognati da lui nel presentarsi di lui.

29 se sapete che è giusto, conoscete che ognuno che fa la giustizia è nato da lui.

 

 

 

1 Figlioli miei, queste cose scrivo a voi affinché non pecchiate. E se qualcuno peccasse, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto;

Intendimento di ognuno che ama Cristo è quello di non peccare, cioè di non fare nulla che non sia a Lui gradito.

Tuttavia se accade che qualcuno nonostante la fede e la sequela faccia dei peccati, noi abbiamo un avvocato difensore presso il Padre. Non un avvocato qualsiasi che ci difende alla stregua dell’uomo, un peccatore che difende un altro peccatore, ma un giusto, l’unicamente giusto presso il Padre.

Ogni volta che siamo trovati peccatori, il Figlio mette davanti al Padre la sua giustizia, ed in virtù di questa chiede ed intercede per noi.

2 ed egli è sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, non però solo per i nostri, ma anche per l’intero mondo.

Se i nostri peccati e quelli del mondo intero hanno bisogno di un sacrificio di espiazione è il Cristo che ha offerto per tutti un unico sacrificio propiziatorio, in virtù del quale il Padre si dimostra benevolo verso di noi.

3 E in questo conosciamo che abbiamo conosciuto lui, se i comandamenti suoi custodiamo.

Non c’è conoscenza del Padre che non passi attraverso quella del Figlio. E chi conosce il Figlio se non colui che custodisce i suoi comandamenti?

Comandamenti  del Cristo sono la sua Parola: una Parola che va accolta , osservata custodita nel cuore come Parola di Dio.

La Parola del Figlio non è altra da quella del Padre: è la sua ultima ed estrema manifestazione, data per la vita del mondo.

Nella custodia della Parola del Cristo come  Parola di Dio abbiamo la garanzia di una conoscenza fondata in verità e giustizia. Una conoscenza che può anche conoscere momenti di smarrimento e di non pienezza, qualche caduta nel peccato.

Chi custodisce i comandamenti del Figlio ha sempre aperta la via del ritorno al Padre, per il perdono che ci è concesso in virtù del suo Cristo.

I peccati, presi singolarmente, non sempre manifestano una stato di peccato, cioè  una vita senza obbedienza alla volontà di Dio: a volte sono un residuo della vita vecchia che ci trasciniamo dietro, e che è a noi lasciato perché non perdiamo la consapevolezza di ciò che ci appartiene in nostro.

È peccatore non semplicemente chi fa il peccato, ma chi cerca, vuole, ama il peccato.

Chi custodisce la Parola del Cristo è da questi custodito. Se cade, il Cristo lo solleverà di nuovo, se è debole nel cammino, il Figlio di Dio darà vigore alle sue membra.

4 chi dice : ho conosciuto lui, e i suoi comandamenti non è custodente, è bugiardo e in questi non è la verità.

Non c’è conoscenza di Gesù Salvatore se non in una perenne e vigilante custodia della sua Parola.

Diversamente l’uomo se pur approvato dall’altro uomo, è trovato bugiardo davanti a Dio.

Non c’è in lui verità, perché la verità ha un volto ed un nome, che è quello del Figlio di Dio.

Cristiano è dunque solo ed esclusivamente chi custodisce la  Parola del Figlio. Ma cosa significa propriamente essere custodi della sua Parola?

Innanzitutto va detto che non si custodisce se non ciò che si è fatto proprio.

Non c’è custodia della Parola, senza conoscenza della Parola.

Chi non legge, medita, ascolta la Parola di Dio, non si vede proprio di quale dono sia custode, se non di una coscienza naturale che di per sé, benché fatta per accogliere il Figlio Salvatore, non garantisce la fede in Cristo Salvatore.

Credere, ascoltare, seguire i dettami della propria coscienza, non necessariamente vuol dire credere in Cristo.

Se nella nostra coscienza naturale c’è già tutto il Cristo con ogni pienezza di grazia, vano è il suo sacrificio, ed inutile la sua venuta sulla terra.

La Parola del Cristo dunque si colloca e va accolta su di un piano superiore rispetto a quello della pura coscienza naturale.

Non è la semplice custodia dei dettami della coscienza naturale garanzia di verità, ma è la custodia della Parola del Figlio che garantisce una coscienza conforme a verità.

5 Chi però custodisce la sua parola, veramente in questi l’amore di Dio è perfetto, in questo conosciamo che siamo in lui.

Chi custodisce i dettami della coscienza naturale, indubbiamente manifesta in questo un amore per Dio: ma è un amore imperfetto, cioè un amore che non ha ancora trovato la sua piena realizzazione e manifestazione.

Perfetto è ciò che ha trovato il suo compimento e completamento ultimo, imperfetto è ciò che si trova ancora in sospeso, avviato alla verità, ma non ancora trovato conforme alla verità.

Non c’è coscienza naturale che non debba essere rivisitata dal Cristo, da Lui scrutata, vagliata e giudicata, per essere trovata conforme alla volontà di Dio, quale si esprime attraverso la fede nel Cristo.

C’è anche una coscienza che ha la pretesa di custodire la Parola del Padre, ma poi rifiuta l’ultima e decisiva manifestazione di questa Parola che è quella del Figlio di Dio.

6 Colui che dice di rimanere in lui è tenuto come quello ha camminato così a camminare anche lui.

Non basta aver creduto in Cristo una volta per sempre, bisogna credere ogni giorno. Non c’è rinnovamento, crescita e cammino nella fede in Gesù, se non nella misura della custodia della sua Parola. Non c’è vera custodia della Parola se non nell’obbedienza alla Parola.

Come rimanere in Cristo? Camminando come Lui ha camminato, cioè in una custodia piena, totale, esclusiva della Parola ricevuta dal Padre.

Non c’è cammino del Figlio se non nell’obbedienza alla volontà del Padre.

Non obbedisce alla volontà del Padre, chi non ha sempre davanti ai suoi occhi, i comandi della sua Parola, chi non li conosce in maniera sempre viva, nuova ed attuale attraverso le vie di una vera custodia. Non comprende pienamente il dono che gli è dato in custodia, se non colui che lo va riconsiderando, rivalutando ogni giorno, ogni momento, attraverso quella ruminatio che è richiamo continuo della Parola alla mente, per comprendere meglio, perché più vera più piena, più conforme sia la nostra obbedienza.

Perché ogni preghiera di supplica ed ogni rendimento di grazie siano più accetti a Dio, perché in piena conformità con la sua Parola, in una sintonia perfetta del nostro cuore col suo cuore.

Questo e solo questo può definirsi vero rapporto d’amore.

Custodire nel proprio cuore la volontà di Dio, perché Dio possa fare nel nostro cuore la sua volontà. Un cuore creato ad immagine del Creatore, perché in Lui fondato, in Lui custodito, da Lui visitato in ogni momento.

7 Amati, dall’apostolo, ma ancor prima da Dio Padre, che ha voluto porre nei nostri cuori come  sigillo del suo amore, l’immagine del Figlio suo.

non vi scrivo un comandamento nuovo ma un comandamento vecchio che avevate dall’inizio; il comandamento vecchio è la parola che avete ascoltato.

Nessun comandamento nuovo ci è dato dall’apostolo Giovanni. Fin dall’inizio ci è stato comandato di custodire la Parola di Dio, quando ancora eravamo in Adamo. O più semplicemente nei tempi della Legge Antica.

8 Ancora un comandamento nuovo scrivo a voi, che è vero in lui ed in voi, poiché la tenebra passa e la luce vera già splende.

Il linguaggio di Giovanni è contradditorio ed ambiguo soltanto per chi non è entrato nella novità di vita portata dal Cristo.

Perché mai dice al versetto 7: Non vi scrivo un comandamento nuovo ma un comandamento vecchio ?

E poi al versetto 8 : Un comandamento nuovo scrivo a voi?

Perché già nella Parola dell’Antico Testamento è prefigurata, racchiusa, implicita, la Parola del Nuovo Testamento: ovvero la Parola dell’eterno figlio di Dio.

Vi è una sola Parola di Dio che si manifesta in modi ed in tempi diversi.

Ciò che si manifesta da ultimo è una novità rispetto a ciò che è manifestato dapprima, ma soltanto in rapporto all’adempimento di ogni finalità. Fine ultimo della Parola di Dio è la conoscenza dell’Amore di Dio: conoscenza che segue le vie dettate dalla Parola dell’Antico Testamento, che non trova la sua vera realizzazione se non in Cristo Gesù. In tutto ciò che Lui ha detto e fatto per noi.

Per questo è assolutamente necessario per la nostra salvezza, ascoltare la sua Parola e farci imitatori della sua vita, ascoltare come Lui ha ascoltato ed operare come Lui ha operato, in obbedienza alla volontà del Padre.

Se un nuovo comandamento è dato da Giovanni è vero soltanto in Cristo ed in coloro che hanno fede in Lui.

Le tenebre che avvolgevano l’umanità stanno passando e già risplende la luce portata dal Figlio.

Ma nessuna novità è conosciuta da chi non fa propria questa luce.

Altro è camminare verso la verità nelle tenebre, custodendo la Parola  nel buio. Altro è camminare nella verità, guidati, sorretti, confortati da Colui che è Luce. Custodendo con piena ragione e non senza sapere per quale ragione.

Vedendo i frutti dell’amore e non senza vedere alcun frutto d’amore.

Benchè il comando antico ci dica: “Amerai il prossimo tuo come stesso”, quando mai si è visto un simile amore”?

Ora ci è dato in Cristo l’adempimento di un amore ancora più grande, che non contraddice l’antico, ma che lo supera.

Un amore in virtù del quale possiamo chiamarci l’un l’altro fratelli, ma soltanto in Cristo e per Cristo, in virtù della fede nella sua morte e resurrezione.

è vero in lui ed in voi,

Non è vero amore fraterno se non quello fondato in Cristo, da lui generato nei nostri cuori, a Lui accetto e a Lui gradito.

Non c’è vero amore se non in coloro che sono stati da Lui vivificati e santificati, fatti vivi da morti, fatti diverso rispetti ad ogni uomo che segue semplicemente i dettami della coscienza naturale.

9 Chi dice di essere nella luce ed odia il suo fratello è nella tenebra fino ad ora.

Chi non fa esperienza di questa novità di vita, che è novità d’amore, non è nella luce, ma è ancora nella tenebra.

10 Chi ama il suo fratello rimane nella luce e in lui non c’è ostacolo.

Colui che ama il fratello dimostra con ciò non semplicemente di avere la luce ma di rimanere, cioè di dimorare nella luce. Non vi è più nulla che si interponga tra lui ed il Signore.

11 Chi invece odia il suo fratello è nella tenebra e nella tenebra cammina e non sa dove va, perché la tenebra ha accecato i suoi occhi.

Chi odia il suo fratello è nella tenebra del primitivo peccato ed ogni suo andare e camminare porta lontano dalla vera meta, perché la tenebra ha resi ciechi i suoi occhi.

Pur camminando va fuori strada, pur guardando non vede.

12 Scrivo a voi, figlioli, poiché sono stati a voi rimessi i peccati a causa del suo nome. 13 Scrivo a voi padri, poiché avete conosciuto colui che è dall’inizio. Scrivo a voi, giovanetti, perché avete vinto il Maligno. 14 Scrissi a voi, bambini, perché avete conosciuto il Padre. Scrissi a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è dall’inizio. Scrissi a voi, giovanetti, perché forti siete e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno.

Passi di non facile lettura.

Difficile trovare una logica ed un filo conduttore del discorso.

Una prima considerazione innanzitutto. Si tratta di due parti del tutto simili, come impostazione e struttura, che si distinguono soltanto per il tempo del verbo scrivere: prima si dice “Scrivo a voi”, poi “Scrissi a voi”.

Per il resto la successione data da figlioli, padri, giovanetti è identica, leggermente stemperata da  “bambini”, parallelo a “figlioli”.

È indubbio che non c’è alcun riferimento all’età anagrafica delle persone a cui ci si rivolge.

Una volta assodato e dato per scontato che in Cristo e per Cristo siamo tutti fratelli e che il vincolo che ci unisce a lui in lui, porta questo solo nome, in quanto Gesù è il primogenito dei molti, resta da considerare in quale modo e con quale titolo si può altrimenti qualificare il rapporto dei singoli con Gesù.

Non in maniera antitetica, ma complementare, facendo propri i titoli e le diverse età dell’amore.

Oltre all’amore fraterno c’è anche quello paterno e filiale, in mezzo ai due, a parte, sta l’amore della giovinezza, l’amore dell’età coniugale, che va cercando nell’altro o nell’altra il proprio sposo e la propria sposa.

L’amore di Cristo è ognuno di questi e tutti questi messi insieme.

È L’amore di un fratello primogenito, di un padre, di un figlio, dello sposo che cerca  la sua sposa, per riversare su di lei tutto il suo amore. Il volto sponsale dell’amore di Cristo è l’ultimo ad apparire e ad essere conosciuto, quello che in un certo senso è più nuovo e più definitivo: perché umanamente nessun amore fraterno può essere anche sponsale. Tutto questo è reso possibile in Cristo e per Cristo. In lui e per lui l’ amore fraterno è per grazia divina destinato a rivestire la pienezza di quello sponsale, in cui ogni uomo ed ogni donna sono chiamati a specchiarsi e ad identificarsi con l’unico eterno sposo.

Cerchiamo ora di comprendere questi diversi aspetti dell’amore.

Al primo posto l’amore figliale: è il primo da noi tutti conosciuto. E cosa desidera l’amore di un figlio se non di specchiarsi pienamente e liberamente nel volto del Padre? Che cosa offusca ed impedisce questo amore se non il peccato che è all’origine della vita?

12 Scrivo a voi, figlioli, poiché sono stati a voi rimessi i peccati a causa del suo nome.

È proprio in virtù di questo nome che i peccati dei figli di Dio, sono rimessi, cioè perdonati ed allontanati. Rimessi perché rimossi, di modo che ogni figlio possa tenere fisso  il proprio sguardo verso il volto del Padre con pienezza di gioia e di confidenza.

Scrissi a voi, bambini, perché avete conosciuto il Padre.

Non si vive e non si cresce come bambini se non nella gioia che viene da una conoscenza sempre più piena dell’amore di Colui che ci è Padre.

13 Scrivo a voi padri, poiché avete conosciuto colui che è dall’inizio.

Se un padre in genere conosce e vede il volto del figlio naturale, non altrettanto  può dire riguardo all’eterno Figlio.

Qual è l’origine e donde viene dall’inizio ogni paternità?

Non c’è vera paternità che si ponga all’inizio se non quella che ci è fatta conoscere dal’eterno Figlio di Dio, Cristo Gesù.

Chi ha visto Lui ha visto il Padre, chi conosce Lui ha conosciuto il Padre.

Scrivo a voi, giovanetti, perché avete vinto il Maligno.

Quale amore può appagare chi è giovane, nell’età dell’adolescenza ( adulescentes, - dice la versione latina ) se non quello sponsale o matrimoniale, come si voglia chiamare?

E quale amore che cerca il proprio sposo o la propria sposa, non trova contrasti ed impedimenti che costringono alla lotta contro uno spirito avverso che è quello portato dal Maligno?

È proprio in virtù dei lacci portati dal Maligno se ogni innamorato, uomo o  donna, non trova nell’altro o nell’altra una corrispondenza piena, definitiva, senza riserve. E anche quando tutto sembra fiorire in maniera così naturale e logicamente plausibile, ci sono gli ostacoli posti, dall’età, dall’aspetto fisico, dalla condizione sociale. E tutto questo è guerra e dolore e bisogna lottare contro l’autore di simile disastro: il Diavolo, nostra eterna rovina.

Nessuna garanzia di vittoria contro il Satana è a noi data e da noi trovata se non in virtù del Cristo.

Scrissi a voi, giovanetti, perché forti siete e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno.

La debolezza perdente dell’innamoramento giovanile trova la sua forza vincente in Gesù. Se noi siamo deboli lui ci fa forti, se noi perdiamo, lui vince in noi, per noi. E tutto questo è opera della Sua parola, allorchè rimane in noi.

Cerchiamo ora di comprendere perché le stesse cose  sono ripetute in parallelo da Giovanni e distinte solo da uno “scrivo”, rispetto  ad uno “scrissi”.

Evidentemente l’apostolo fa riferimento a qualche sua opera anteriore, una lettera o come pensiamo noi, il suo Vangelo.

Cosa vuol dire Giovanni? Quello che vi scrivo ora non è altro da quello che vi ho scritto. L’annuncio può avere una sua novità e diversità in relazione all’animo con cui viene accolto dai suoi destinatari. Lo possiamo accogliere in tempi e momenti diversi come figli, come padri, come giovani, come ognuno di tutti questi o come tutti questi insieme.

Se è trovata diversità nel nostro rapporto con la Parola, relativamente alla nostra ricezione, il senso della Parola è uno e solo uno: è sempre quello e non cambia. Vi è un solo Dio, una sola Parola rivelata, una sola Verità. Bisogna essere fedeli all’annuncio che è stato dato, senza nulla aggiungere e senza nulla togliere. È fatto una volta per sempre. Ogni riandare alla Parola altro non è che riaffermare e consolidare in noi quanto già ascoltato. Con un cuore nuovo e diverso, che non può fare nuova o diversa la Parola di Dio.

La maturità della fede non è data dall’andare oltre e fuori dall’annuncio ricevuto. Tutto è già stato detto, tutto è già stato operato per la nostra salvezza dal Cristo. Siamo già creature nuove in virtù della Parola.

Si riporta alla mente la Parola solo per rimanere in essa. Dimorando nell’ascolto della Parola si dimora in Dio, nell’obbedienza alla sua volontà, nel dono di tutto il nostro essere , per essere trasformati da conoscenza a conoscenza in figli di Dio. E tutto questo è operato in noi dall’eterno Figlio, che vuol renderci come lui per porci con lui accanto al Padre che sta nei cieli.

15 Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se qualcuno ama il mondo, non c’è in lui l’amore del Padre; 16 poiché ogni cosa che è nel mondo, la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non è dal Padre ma è dal mondo. 17 E il mondo passa e la sua concupiscenza, però colui che fa la volontà di Dio rimane per l’eternità.

Dopo aver affermato l’importanza dell’amore fraterno, come espressione del nostro essere in Cristo e per Cristo e nello stesso tempo come volontà di essere in Lui e per Lui, l’amore  innanzitutto come dono, poi come comando, nel senso del rimanere, del dimorare nel dono ricevuto, Giovanni cerca ora di dare un connotato diverso a questo amore.

L’amore vero viene solo da Dio, ha quindi un suo fondamento eterno, e non si esprime nel tempo delle creature, in rapporto alle creature se non dando lode al Signore, ringraziandolo per il dono ricevuto, confessando il proprio peccato, a tutti rendendo nota la misericordia di Dio e la venuta del Figlio di Dio, Suo portatore.

L’amore vero ha connotati unici ed esclusivi che lo distinguono da ogni altro amore che è trovato nel cuore dell’uomo.

Tra il dimorare nell’Amore e nel vivere senza amore, va collocata una presunzione d’amore che è falsità ed inganno del Maligno.

Un amore che non porta alla vita eterna, ma alla dannazione eterna; un amore che è già insediato nel nostro cuore, deviato riguardo al proprio fondamento, deviato rispetto al proprio fine. Non si manifesta e non si esaurisce nell’amore comandato da Dio. Amerai il Signore Dio tuo con tutto… e amerai il prossimo tuo come te stesso…

in una dimensione verticale che è adesione all’unico Dio, e in una dimensione orizzontale  che è adesione a coloro che sono trovati fratelli in virtù del prossimo a noi più prossimo, l’eterno Figlio di Dio, il primogenito dei molti.

Di fronte e contro l’amore del Padre a noi manifestato e donato dal Figlio, sta un altro amore ad esso contrapposto.

Si manifesta in noi con una potenza molto grande, che affonda le sue radici nella nostra stessa natura di figli di Adamo.

E’ un amore frutto di un inganno del Diavolo e di un deicidio operato dall’uomo allorchè era in Eden.

Ha le parvenze del Bene, in realtà è creato ed agito in noi dal principe delle tenebre, l’antico Maligno, ovvero il Satana.

È un amore inconsapevole del proprio fondamento e del proprio fine. E come potrebbe il Satana proporsi all’uomo come Dio, dal momento che nulla possiede di Dio?

Il maligno che ha preso possesso di tutti i cuori non può rivolgerli a se stesso, riesce tuttavia ad ingannarli mettendo la propria parola al posto di quella di Dio e distogliendo i cuori dal Creatore, rivolgendoli verso la creazione.

Una creazione che se pur fondata in Dio e da Lui fatta sussistere porta le conseguenze e le rotture create dal peccato.

Benchè destinato a perire il mondo appare all’uomo come l’unico bene per il quale la vita è degna di essere vissuta.

Finchè crede in questo mondo, si nutre di esso, cerca in esso ed è da esso appagato, l’uomo non può rivolgere il suo cuore in una direzione diversa cioè verso il Creatore. Chi non avverte la propria povertà di spirito, nella consapevolezza del proprio peccato e della vanità e della caducità delle cose di questo mondo, non può convertirsi, cioè fare un’inversione di marcia da ciò che è creato al Creatore del tutto.

L’amore per il mondo non solo ignora il Creatore, inteso come fondamento di ogni vita. Ignora altresì il fine della vita che è l’eterna conoscenza del Creatore, così com’è visto dagli occhi dello spirito e non semplicemente con gli occhi della carne.

Neppure conosce la fine di questa vita, che è la dannazione eterna. Vive nel timore della morte, come unica certezza data ai figli di Adamo, ma non conosce quello che è oltre la morte, ovvero la dannazione eterna. Può solo sperare che la morte non sia passaggio ad un’altra vita ma la caduta nel nulla di ogni vita. Una vita senza Creatore, appare dal nulla e finisce nel nulla. O uomo stolto, se credi che la morte è un nulla, perché la temi per tutta la vita?

Scriveva Gerolamo riguardo agli increduli “ Vivono come se non dovessero morire e muoiono come se non dovessero più vivere”.

15 Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se qualcuno ama il mondo, non c’è in lui l’amore del Padre;

Cosa vuol dire Giovanni. Quali reconditi significati dobbiamo scoprire? Nulla,

assolutamente nulla. Le cose che sono nel mondo sono semplicemente tutto ciò che il mondo ci offre in sé e per sé, indipendentemente dal loro creatore.

Se il mondo creato è dono di Dio, nessun dono si può identificare col donatore. Altro è amare il dono, altro è amare Colui che dona.

Peggio ancora. Nel mondo si è insediato il Maligno. Non c’è dono naturale che non debba quindi essere visto con gli occhi che sono dati dall’Alto nè cuore che non debba essere rivisitato dal suo Creatore.

Quale sottile inganno del Maligno la distinzione fra cose del mondo che appaiono buone, da quelle che appaiono cattive.

È giusto, e santo vivere per le cose buone, si devono rigettare le cose cattive…    ma si rimane sempre all’interno di questo mondo, non ci si innalza con ciò al Creatore. C’è l’idolatria delle cose che appaiono cattive e peggio ancora c’è l’idolatria delle cose che appaiono buone, a cominciare dal proprio cuore.

Non si esce in questo modo dall’inganno del Satana, semmai l’inganno è da noi aggravato e fatto nostro.

E quando il buono non coincide con ciò che appare bello? Ed il male non fa tutt’uno con ciò che appare brutto?

L’uomo farà sempre in modo che ciò che gli piace appaia anche buono, ciò che non gli piace sia di per sé male.

Nulla di più diabolico, di più insidioso, di più ingannevole dell’amore per le cose di questo mondo. Anche se appaiono belle e buone, non possono prendere nel nostro cuore il posto di Colui che unicamente è bello e buono.

L’approccio alle cose del mondo, fatto semplicemente nello spirito di una qualsiasi etica, è altro da quell’approccio che richiede innanzitutto la Luce portata dal suo Creatore.

L’amore appartiene al mondo dei viventi: è prerogativa esclusiva di Colui che Unico è vivente ed è dato in dono a quelli che vivono in Lui e per Lui. Non c’è alcuna verità in un amore rivolto alle cose. È l’esito infelice del solo e vero amore allorchè è distolto  dal Creatore.

Il monaco che si ritira dal mondo per amore di Cristo, non disprezza il mondo, semplicemente non lo ama: nella grandezza del dono ha trovato la grandezza del donatore.

16 poiché ogni cosa che è nel mondo, la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non è dal Padre ma è dal mondo.

Tutto ciò che nel mondo troviamo fuori di noi e tutto ciò che troviamo dentro di noi, ovvero la concupiscenza della carne,  la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non è dal Padre, ma dal mondo. Come si deve intendere?

Se il cuore dell’uomo e tutto ciò che viene da esso è macchiato dal peccato e nella sua immediatezza naturale non viene dal Padre, ma dal Maligno, si può dire altrettanto del mondo?

Il mondo indubbiamente attesta di per sé la realtà e l’esistenza di un Creatore, ma nulla ci dice di questo Creatore.

Il mondo è percorso da ambiguità, contraddizioni di ogni genere, sottoposto alla caducità ed alla fine. Del Dio o degli dei che entrano in questo mondo, come credevano gli antichi, si può pensare quello che si vuole, possono apparire buoni o malvagi.

In quanto trascorso, e segnato dal peccato dell’uomo il mondo non può dirsi buono di per sé e degno di essere amato.

La disinvoltura superficiale e cieca con cui molti affermano che la vita è bella, deve ogni giorno confrontarsi con la sofferenza di quelli che in questo mondo di bello non trovano proprio nulla.

17 E il mondo passa e la sua concupiscenza, però colui che fa la volontà di Dio rimane per l’eternità.

Il mondo quand’anche per assurdo fosse trovato sempre e da tutti bello, è destinato a perire. Nulla di più certo della nostra morte a questo mondo. E allora che senso ha porre il proprio amore in questo mondo? “Il mio cuore Signore è fatto per te, e non è felice finchè in te non riposa”. ( Agostino )

L’amore vero, quale è avvertito dal cuore, vuole,  cerca un fondamento vero ed eterno. Le cose create passano, non passa il loro Creatore, e neppure passa chi fa la Sua volontà.

Se passa tutto ciò che è fuori di noi, allo stesso modo passa tutto quello che è dentro di noi. E cosa è trovato nel cuore dell’uomo?

Concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita.

Con queste pochi termini Giovanni definisce tutta la realtà di peccato che è in noi.

Cosa dobbiamo intendere con la parola concupiscenza?Il concetto chiave è quello di ἐπιθυμία (epithumìa) ed indica semplicemente desiderio.                                                                                             L’uomo rivolto unicamente ed esclusivamente a Dio trova in Lui ogni appagamento e soddisfazione, al punto che nessun desiderio si può insinuare nella sua realtà creata. Non nello spirito perché è pago del possesso del Signore. E neppure nella sua carne e nella sua anima, in quanto sottomesse allo spirito e dallo spirito guidate ed illuminate.

Allorchè lo spirito dell’uomo si distacca dal Signore e non si alimenta più nel suo amore e  nella sua grazia vivificante, trascina in questo vuoto ed in questa mancanza anche le altre  dimensioni ad esso legate e subordinate. Nasce in questo modo sia nella carne sia nell’anima il desiderio di qualcosa che sia appagante e che possa supplire la mancanza di Dio. Il desiderio delle cose e delle creature, in quanto frutto del peccato, si manifesta in maniera disordinata e si fa sentire con una forza prepotente ed incontrollata. È espressione e manifestazione di una schiavitù al Maligno. Ogni concupiscenza è agita dal Diavolo e non trova altra spiegazione davanti a Dio, se non come espressione della nostra lontananza dal suo amore e di una disubbidienza a Colui che è amore.                           Il desiderio sfrenato porta il nome di concupiscenza ed è tanto più grande e forte quanto più si dà importanza e peso alla cosa o alla persona che si desidera.                                                                                          Innanzitutto vi è la concupiscenza della carne, cioè la volontà di soddisfazione del nostro corpo in quanto orientato e definito in senso sessuale, verso l’altro o verso l’altra.

La concupiscenza della carne porta con sé l’ incontinenza, ovvero una sessualità incapace di contenere se stessa nell’ambito di ciò che è giusto e gradito a Dio. Vi è poi la concupiscenza degli occhi cioè il desiderio di appagare la nostra carne attraverso tutto quello che entra in noi passando attraverso gli occhi. Se ogni concupiscenza è volta alla soddisfazione di ciò che è avvertito come piacere dal nostro corpo, quale la differenza tra concupiscenza degli carne e concupiscenza degli occhi?                            

La concupiscenza della carne è il desiderio di soddisfazione di ciò che dà piacere al nostro corpo, nella sua forma più immediata. Non ha necessariamente bisogno di ciò che procura piacere, cercherà in qualsiasi modo una propria soddisfazione.

Appartiene più propriamente alla sfera sessuale. L’uomo e la donna avvertono in qualsiasi caso questa concupiscenza. Può essere alimentata, accresciuta, da ciò che passa per i sensi a cominciare dagli occhi. Non ne ha necessariamente bisogno. La sessualità è strutturalmente sufficiente a se stessa. Cercherà e troverà una sua soddisfazione anche attraverso vie alienate ed alienanti. La concupiscenza degli occhi non indica  il piacere che è provato dagli occhi, ma ogni piacere che passa attraverso gli occhi.

Molte concupiscenze, la maggior parte e quelle più insidiose, passano attraverso gli occhi, ma poi in definitiva sono traslate  agli altri sensi e all’anima stessa. Vengono denominate con parole diverse: sensualità, golosità, ingordigia, lussuria, bramosie di ogni tipo, da quelle che soddisfano il palato ed il ventre, a quelle che soddisfano il tatto e l’olfatto. Potremmo anche chiederci perché Giovanni non parli di una concupiscenza dell’udito. Questa concupiscenza non è poi così assente, soprattutto ai nostri giorni. I giovani d’oggi vivono letteralmente storditi ed ubriacati da rumori che essi chiamano musica o canto.

Non esiste  una concupiscenza dell’udito che si possa dire frutto del peccato d’origine in un senso più profondo? Se il riferimento è semplicemente ai suoni musicali e al canto diremmo di sì, ma se intendiamo l’udito come il senso più propriamente legato all’ascolto della Parola, quella che dà gioia vera, soddisfazione piena, allora potremmo anche considerare del tutto ovvio il fatto che Giovanni non ne parli.

Nessuna concupiscenza dell’udito della Parola è trovata nell’uomo, se non quella dei suoni e delle vane curiosità mondane. Ma si tratta semplicemente di una forma deviata dell’ascolto. L’uomo non ha in sé alcun desiderio immediato e prepotente di ascoltare la Parola di Dio: tutto concupisce, non la Parola. Al contrario chiude le proprie orecchie, o come dice il Vangelo non ha orecchie di ascolto.

Di una concupiscenza dell’ascolto l’uomo può farne a meno: il Satana lo rende pago dell’ascolto della sua parola.

Meglio deviare l’ascolto verso  forme, come quelle del canto e della musica, più leggere, più facili, più immediatamente appaganti… per trovarsi poi col cuore vuoto ed angosciato, sempre bisognoso di una continua ricarica. Consideriamo ora la terza dimensione dell’uomo che è l’anima. Come indicare i desideri incontrollati di un’anima disubbidiente a Dio, lontana dal suo amore? Per dirla breve: come definire con una sola parola ogni concupiscenza dell’anima?

Giovanni parla di superbia della vita.

La parola superbia è formata da super, sopra, e bios vita ( questa è l’etimologia a noi più cara, anche se si tratta di una semplice ipotesi: riguardo all’etimologia vi sono pareri discordanti )

Sta ad indicare  il modo di sentire, di desiderare di una vita che si pone in una posizione superiore, in un’altezza che non gli compete.

Non nella bassezza che trova il proprio appagamento ed innalzamento nell’obbedienza alla volontà di Dio, ma in un’altezza che si pone al di sopra del legittimo piano che le compete in quanto creata. Nella volontà e nell’illusione di diventare come Dio, nella disobbedienza a Dio.

Orgoglio, vanità, presunzione, egoismo, ambizione, arroganza, alterigia altro non sono che espressioni di un’anima che è uscita dal posto che le è proprio ponendosi in un’altezza che appartiene solo a Dio.

18 Figlioli, è l’ultima ora,

Il tempo della venuta di Cristo Salvatore, si è ormai concluso. Con la morte in croce di Gesù, tutto è compiuto. L’ultima ora è semplicemente il tempo che  ci separa dall’incontro con il Cristo che siede nella gloria del cielo, per dimorare in eterno con Lui nella casa del Padre.

Possiamo parlare di ultima ora in senso storico, come il tempo che precede immediatamente la sua seconda venuta e possiamo considerare tale tempo semplicemente in rapporto alla vita di ogni cristiano.

Una volta che abbiamo conosciuto Cristo in virtù delle fede, nessuna novità è a noi prospettata in questa vita.

Dobbiamo semplicemente rimanere e perseverare nella grazia che ci è stata elargita dal cielo, rinnovando ogni giorno ogni momento la fede in Gesù Salvatore, così come Giovanni ha già ampiamente spiegato.

La mancanza di novità dal cielo, non significa che nella nostra realtà spirituale, tutto proceda in maniera pacifica e nulla abbiamo più da temere da parte del Maligno.

Se Cristo ha vinto in noi il peccato di Adamo, ora la lotta contro il Diavolo assume un volto chiaro e ben definito. Non è più semplicemente la lotta contro il peccato, ma contro Colui che ci ha spinto al peccato: l’Antico Maligno.   Ed il Maligno che ci ha perduti per opera del Cristo, non ci spingerà più semplicemente verso questo o quel peccato, ma contro l’autore ed il perfezionatore della nostra salvezza: Cristo Gesù.  Manifestatosi il Salvatore mandato dal cielo, allorchè la sua salvezza è in noi operante da Lui agita e da Lui garantita, il Diavolo si scaglia con tutta la sua rabbia contro il Cristo.    Non ha alcun potere sul Figlio, di Dio, non l’ha mai avuto e mai potrà averne. Gli è dato di rivolgere la sua ira contro coloro che in Cristo sono stati fatti creature nuove. E come vincere  una guerra già perduta se non insinuando nei cuori di coloro che credono ogni sorta di dubbio riguardo al loro Salvatore? Anticristo è ogni uomo che nega Cristo Salvatore, mandato dal Padre, eterno figlio di Dio.

Ogni dottrina, ogni insegnamento, ogni parola che sminuisce e svilisce la potenza divina di Gesù e la sua venuta dal cielo, è già solo per questo anticristo. Può anche rivestirsi di opere belle e buone, ma allorchè nega che Cristo sia Figlio di Dio, si manifesta come angelo del Satana.

e come udiste che viene l’anticristo e ora molti anticristi sono comparsi, onde conosciamo che è l’ultima ora.

Non è più tempo di diavoli muti.

Il Cristo che ha dato la Parola ai muti, ora deve smascherare nella sua chiesa ogni Parola che non sia in Lui e per Lui.

Non la parola vuota ed infondata di chi non sa e non conosce, ma la parola di coloro che sono stati da Lui vivificati e santificati.

Se pure per un tempo hanno avuto il nome di cristiani, ripescati dal Diavolo riversano ogni maledizione sul Cristo e cercano di sradicare ogni fede nel suo nome.

Lo spirito dell’anticristo non è semplicemente lo spirito del mondo, è lo spirito del Maligno che è riuscito a sfondare la chiesa in questo o quel cuore in questo o quel credente.

19 Da noi uscirono ma non erano da noi: se infatti fossero stati da noi, sarebbero rimasti con noi; ma perché si manifestino che non sono tutti da noi. L’anticristo prende chiaramente posizione contro la chiesa di Cristo, non contro una chiesa qualsiasi ma contro quella che è fondata sulla sua Parola, così come trasmessa dai dodici apostoli.  L’anticristo può anche vantare il nome di cristiano, ma allorchè dice e fa contro l’unico Cristo e l’unica chiesa manifesta con ciò il suo volto falso ed ingannevole.   L’anticristo non tollera di stare nella Chiesa, deve uscire da essa e porsi contro di essa. Se rimane è solo per seminare zizzania. Non va accolto, ma va smascherato e allontanato.   20 E voi avete l’unzione dal santo e tutti sapete.        Non ogni uomo che frequenta la chiesa può per ciò solo dirsi cristiano: occorre l’unzione che viene dall’unico santo e dall’unico giusto che è Gesù, Figlio di Dio. Non è santo chi non ha ricevuto l’unzione dall’unico santo: deve essere da Cristo vagliato, approvato, consacrato. E tutti sapete.  .                                   Tutti voi, che siete membra di Cristo, sapete bene che non basta portare il nome di cristiani per essere tali: bisogna essere approvati, benedetti, riconosciuti come propri dal Figlio di Dio. 21 Non scrissi a voi perché non sapete la verità ma perché la sapete e perché ogni menzogna non è dalla verità.                                                                         Bisogna dire le cose come stanno realmente, parlare in maniera chiara che non lascia spazio a dubbi o a equivoci.      Il significati della fede o non fede, della luce o della tenebra, della salvezza o della dannazione eterna, hanno come termine esclusivo di confronto la persona di Gesù. 22 Chi è il bugiardo se non colui che nega che Gesù è il messia?  Bugiardo nei confronti della verità, è ogni uomo che nega Gesù Salvatore mandato dal Padre. Questi è l’anticristo: colui che nega il Padre ed il Figlio. Colui che non riconosce in Cristo colui che è stato mandato dal cielo, nega con ciò Dio Padre e Dio Figlio. 23 Ognuno che  nega il Figlio neppure ha il Padre, chi confessa il Figlio ha anche il Padre. L’affermazione di Giovanni non è da poco e ci costringe a ripensare seriamente il senso del nostro essere cristiani.

Conditio sine qua non per una testimonianza di verità è la confessione aperta e a tutti resa palese che Cristo è l’eterno Figlio di Dio.

Non basta credere in un qualsiasi Dio, per essere veraci bisogna accogliere Cristo Gesù non come un uomo qualsiasi, forse il più grande, il più amabile, il più sapiente.

Neppure possiamo pensare a Lui come un profeta, non uno dei tanti, ma il più grande in assoluto.

Non si può parlare di fede in Dio se non per colui che accoglie Cristo, come l’eterno Figlio di Dio.

Qualsiasi autentica comunione tra gli uomini deve necessariamente passare per tutti e per ognuno attraverso il confronto con Gesù Cristo. Non semplicemente per quello che ha operato e fatto, ma innanzitutto per quello che ha detto di se stesso, allorchè si è dichiarato Figlio di Dio e Salvatore dell’umanità perduta.

Se c’è comunione autentica di cuori è solo nella professione dell’unica fede che salva, nel Dio Uno e Trino che si è manifestato in Israele.

Non si può parlare di amore fraterno se non  all’interno della comunità di coloro che hanno accolto Cristo come Figlio di Dio, di coloro che sono stati da lui salvati, fatti santi, resi creature nuove, unicamente in virtù della fede nel suo nome.

Se il titolo di Figlio di Dio spetta solo al Cristo, non si porta il nome di fratelli se non in un lui e per lui.

Mentre di tutti gli uomini si può dire che sono prossimo, soltanto di coloro che sono a noi uniti nel vincolo creato dal Figlio di Dio si può dire che sono fratelli.

In Cristo e per Cristo ci troviamo fratelli in virtù del primogenito dei molti, per quel rinnovamento di vita che è stato portato nei nostri cuori dal suo amore.

24 Voi ciò che udiste dall’inizio, in voi rimanga; se in voi rimane ciò che udiste dall’inizio, anche voi nel Figlio e nel Padre rimarrete.

Pressante è il comando di rimanere nell’integrità dell’annuncio, in ciò che abbiamo udito dall’inizio, in ciò che è uscito dalla bocca degli apostoli.

Non c’è fede in Gesù che non sia insidiata dal Maligno e che per opera sua non tenda a scivolare verso forme degeneri, in cui è compromessa ogni serietà ed autenticità.

Bisogna andare e riandare continuamente alla Parola così come è scritta e così come è custodita e tramandata dalla chiesa.

Per rimanere nel Padre e nel Figlio bisogna rimanere in un ascolto fondato nell’unica verità, non aperto ad altre verità.

Nulla si può e nulla si deve concedere allo spirito del mondo che è spirito del Diavolo anche quando si presenta in forme allettanti e concilianti. Va fatta salva la fede in Gesù Cristo unico Salvatore e unica via di salvezza.

Se è difficile entrare in una situazione di ascolto, ancor più difficile è rimanere in questo ascolto.

25 E questa è la promessa che egli a noi promise, la vita eterna.

Non si rimane nell’ascolto della Parola di Dio se non confortati dalla promessa del Cristo, promessa non di una vita qualsiasi, ma di vita eterna.

Qualsiasi aspettativa della vita che non sia il suo ingresso nell’eternità, nella redenzione fatta dal Cristo, è di per sé vana e fallace.

26 Queste cose scrissi a voi a proposito di quelli che vi ingannano.

Ingannano coloro che insegnano che Cristo non è l’eterno Figlio di Dio, ingannano coloro che annunciano una speranza che non è di vita eterna, ingannano coloro che mettono davanti a tutti una fraternità che non è soltanto in virtù della fede in Cristo.

Non è vero amore se non quello che porta il sigillo di Gesù Salvatore, in noi creato dallo Spirito Santo in virtù del sacrificio del Figlio di Dio.

E tutto questo nella chiesa ad opera del Maligno che si riveste di angelo di luce e cerca di distogliere menti e cuori dalla Verità.

27 E voi l’unzione che riceveste da lui, rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno insegni a voi, ma come la sua unzione vi insegna riguardo a tutte le cose e è veritiera e non è bugiarda, e come insegnò a voi, rimanete in lui.

In quanto a voi sappiate che la vostra unzione in Cristo, unzione di eletti  fatti santi da Dio non è destinata ad essere rimossa, ma garantisce di per sé un efficacia duratura ed indelebile.

Vi è una sola unzione di Verità ed è quella che ci viene dal Figlio di Dio. Di nessun altro insegnamento abbiamo bisogno se non di quello che è a noi dato dal cielo.

Non andiamo in cerca di un’altra Parola ma rimaniamo nell’ascolto dell’unica Parola che è verità.

28 E ora figlioli, rimanete in lui, affinché qualora si manifesti abbiamo fiducia e non siamo svergognati da lui nel presentarsi di lui.

Quale conclusione di un discorso per coloro che sono amati come figli in tenera età? Rimanete nel Cristo, non andate fuori dalla vera fede. Perché quando il Figlio di Dio si manifesterà nella sua gloria non vi accada di essere da Lui svergognati portati al suo cospetto, per essere da Lui giudicati.

29 se sapete che è giusto, conoscete che ognuno che fa la giustizia è nato da lui.

Se vi è in voi la vera sapienza che è quella che attribuisce al solo Cristo ogni giustizia, conoscete per rivelazione divina che ogni uomo che fa la giustizia è nato da Lui.

Non è giusto se non chi è stato giustificato dal Figlio di Dio, e non è fatto giusto se non chi è rinato in virtù della sua morte e resurrezione. 

 

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