Lettera ai Romani cap15

                                  Cap. 15

1  Noi i forti dobbiamo portare le debolezze dei deboli e non piacere a noi stessi. 2 Ciascuno di noi piaccia al prossimo per il bene, per l’edificazione.

3 Ed infatti il Cristo non piacque a se stesso, ma come è scritto: Gli oltraggi degli oltraggianti te ricaddero su me.

4 Quante cose infatti furono scritte in precedenza, per nostra istruzione furono scritte, affinché per mezzo della pazienza e per mezzo della consolazione delle Scritture abbiamo la speranza.

5 Il Dio della pazienza e della consolazione dia a voi di pensare la stessa cosa gli uni degli altri secondo Cristo Gesù, 6 affinché  unanimemente con una sola bocca glorifichiate Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

7 Perciò accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo accolse voi per gloria di Dio.

8 Dico infatti che Cristo è diventato servo della circoncisione per verità di Dio, per confermare le promesse dei padri,

9 ma che le genti hanno glorificato Dio per misericordia, come è scritto: Per questo ti confesserò tra genti e al tuo nome salmeggerò.

10 E di nuovo dice: Esultate, genti, con il suo popolo

11 e di nuovo: Lodate, tutte le genti, il Signore, e: Lodino lui tutti i popoli.

12 E di nuovo Isaia dice: Vi sarà la radice di Iesse e colui che si alza per comandare alle genti, in lui le genti spereranno.

13 Il Dio della speranza vi riempia  di ogni gioia e pace nel credere, perché voi sovrabbondiate nella speranza per la potenza dello Spirito santo.

14 Sono persuaso poi, fratelli miei, io stesso riguardo voi che anche voi stessi siete pieni di bontà, riempiti di tutta la conoscenza, potendo anche ammonire gli uni gli altri.

15 Più audacemente ora vi ho scritto  in parte come facendo ricordare a voi per mezzo della grazia data a me da Dio

16 per essere io ministro di Cristo Gesù per le genti, esercitando il sacerdozio della buona notizia di Dio, affinché sia l’offerta delle genti ben accetta, santificata in Spirito santo.

17 Ho dunque il vanto in Cristo Gesù per le cose riguardo Dio.

18 Infatti non oserò dire qualcosa di quelle cose che non operò Cristo per mezzo di me per l’obbedienza delle genti con la parola e con l’opera, 19 in potenza di segni e di prodigi, in potenza di Spirito di Dio; così che io, da Gerusalemme e dintorni fino all’Illiria ho portato a termine la buona notizia di Cristo, 20 ma avendo così come motivo d’onore di annunciare la buona notizia non dove già era stato nominato Cristo, affinché non su altrui fondamento costruissi, 21 ma come è scritto: Quelli a cui non fu annunciato di lui vedranno, e quelli che non hanno ascoltato capiranno.

22 Anche per questo sono stato impedito ripetutamente di venire da voi.

23 Ora invece non avendo più spazio in queste regioni, ma avendo desiderio di venire da voi da molti anni, 24 qualora vada in Spagna. Spero infatti passando di vedervi e di essere accompagnato là da voi se di voi prima in parte mi sia saziato.

25 Ora invece vado a Gerusalemme servendo ai santi.

26 Hanno ritenuto bene infatti la Macedonia e l’Acaia che una certa comunione fosse fatta per i poveri dei santi che sono in Gerusalemme.

27  Hanno ritenuto bene infatti e debitori sono di loro; se infatti le genti furono partecipi dei loro beni spirituali, devono anche nei beni carnali servire a loro.

28 Questa cosa dunque avendo compiuta e avendo sigillato per loro questo frutto, partirò (passando) tra voi per la Spagna.

29 So poi che venendo presso voi nella pienezza della benedizione di Cristo verrò.

30 Vi esorto , fratelli, per il Signore nostro Gesù Cristo e per l’amore dello Spirito a combattere insieme a me nelle preghiere per me presso Dio, 31 affinché sia liberato dai non obbedienti nella Giudea e il mio servizio verso Gerusalemme sia ben accetto ai santi, 32 affinché in gioia essendo venuto presso di voi per volontà di Dio possa riposare insieme a voi.

33  Il Dio della pace sia con tutti voi, amen.

 

 

1 Ma noi i forti dobbiamo portare le debolezze dei deboli e non piacere a noi stessi. 2 Ciascuno di noi piaccia al prossimo per il bene per l’edificazione.

Quelli che sono forti nella fede devono portare le debolezze di quelli che sono fiacchi.  Nessun peso nostro o altrui può essere sostenuto senza la grazia di Cristo. E la grazia è riversata sull’intero corpo di Cristo, che è la chiesa, per l’edificazione di tutte le membra. Il desiderio della nostra salvezza fa tutt’uno con il desiderio di Cristo che tutti gli uomini giungano a conversione. Non si può ignorare i fratelli e andare avanti da soli per la propria strada, trascurando coloro che si trovano nello stesso cammino. Il confronto con gli altri ed una vita di servizio agli altri ridimensionano il nostro io, ci rendono più piccoli, per le inevitabili incomprensioni e tensioni. Se è frenata la crescita incontrollata di un membro, è a tutto vantaggio del corpo che da esso trae nutrimento ed energie. Dobbiamo crescere nella chiesa e con la chiesa; con ciò è esclusa la possibilità si sottrarsi ad un confronto e ad una comunione. Dobbiamo entrare in uno spirito di servizio e con ciò siamo già parte dei forti ai quali innanzitutto è chiesto e non dovuto. Non è possibile una linea di demarcazione tra i forti ed i deboli. Noi tutti siamo questi e quelli, nella misura della fede: portiamo a Cristo e siamo portati allo stesso Cristo, sosteniamo i fratelli e ne siamo sostenuti. Guai a colui che è solo! Se cade nessuno lo rialza, e se corre troppo in fretta rischia di trovarsi fuori strada. Dobbiamo dunque piacere al prossimo, non nella carne, ma nello Spirito e per l’edificazione della chiesa. In Cristo e solo in Cristo è il modello del vero amore. A Lui guardiamo e da Lui lasciamoci istruire e condurre.

3 Ed infatti il Cristo non piacque a se stesso, ma come è scritto: Gli oltraggi degli oltraggianti te ricaddero su me.

Non riusciremo mai a comprendere il significato e la portata di un amore che opera in una dimensione orizzontale, senza prima comprenderne la sua natura verticale. Cristo non è innanzitutto colui che cerca di piacere agli uomini, ma colui che tutto fa per piacere al Padre. Perché è volontà del Padre che nessuno dei suoi figli perisca e nessun amore è possibile se non per chi entra in sintonia con questo amore. Certamente non si deve cercare il proprio piacere, ma quello altrui; tutto questo però nella misura della nostra obbedienza a Dio Padre, perché null’altro dobbiamo volere se non la sua Volontà e a nessuno dobbiamo compiacere se non nella misura in cui piace a Lui. Un amore al fratello troppo tenero e condiscendente può nascondere un cuore duro nei confronti del Padre. Non necessariamente il santo è messo al primo posto nella chiesa. Dopo che ha pagato per la mancanza di fede degli altri, può ritrovarsi in croce e all’ultimo posto, per mano degli stessi fratelli per cui ha lottato e sofferto. La storia della santità si ripete sempre allo stesso modo, a partire da Cristo. Nessuna novità e nessuna meraviglia  per chi  è istruito dalla parola di Dio.

4 Quante cose infatti furono scritte in precedenza, per nostra istruzione furono scritte, affinché per mezzo della pazienza e per mezzo della consolazione delle Scritture abbiamo la speranza.

Nel tempo della vita terrena dobbiamo portare pazienza con gli occhi rivolti a Cristo Gesù, per averne luce e calore. Perché la pazienza non è vera se non nella misura in cui è illuminata e non è perseverante se non nella misura in cui riceve calore ed energie dal Signore.

La pazienza si alimenta attraverso la preghiera ed è consolidata e rafforzata dalla lettura della Parola di Dio. Molti cristiani non leggono la Bibbia e considerano il problema della sua conoscenza una pura questione culturale, non strettamente necessaria per la salvezza. Può essere che alcuni uomini o molti arrivino alla salvezza senza la Parola di Dio, ma quanta consolazione e quanta grazia viene buttata a mare! Quale atleta e lottatore nell’estrema fatica non ricorre ad ogni mezzo e ad ogni aiuto pur di uscirne vittorioso? E tu disprezzi l’aiuto che viene dal cielo e ogni suo refrigerio? O sei un presuntuoso o non hai ancora capito che la lotta è all’ultimo sangue. Se la nostra vita è in speranza, come puoi perseverare e pazientare senza la consolazione della parola divina?

5 Ma il Dio della pazienza e della consolazione dia a voi di pensare la stessa cosa gli uni degli altri secondo Cristo Gesù, 6 affinché  unanimemente con una sola bocca glorifichiate Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

Che cosa dobbiamo pensare gli uni degli altri secondo Cristo Gesù, se non che siamo una comunità di peccatori, fatti salvi dal sacrificio del Figlio? La vera comunione non nasce dalla presunzione di una giustizia a noi dovuta e di una diversità da noi acquistata, ma dalla consapevolezza di una colpa che tutti include e di una grazia che è semplicemente dono. Noi pensiamo bene dei fratelli non perché crediamo nella loro bontà, ma perché crediamo in Colui che ci fa buoni. Non ci può essere pensiero dell’uno verso l’altro se non secondo Gesù Cristo, cioè a prescindere da quello che il Signore ha fatto e fa in noi.

E’ la coscienza di peccato e la consapevolezza della grazia che dà fondamento e stabilità all’amore fraterno. E’ in questo spirito che si glorifica Dio unanimemente con una sola bocca, perché altro non c’è per cui si debba dar lode.

7 Perciò accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo accolse voi per gloria di Dio.

Non ci può essere pensiero di accoglienza per il fratello che non sia ancor prima pensiero per colui che ci ha guadagnati alla vita, da morti che eravamo. Non c’è vera fraternità se non per coloro che accolgono in Cristo il primogenito tra molti fratelli, Colui che è disceso dal cielo, per riportarci all’amore dell’unico Padre.

E’ la grande novità del cristianesimo: non c’è soltanto un solo padre, come non c’è che una sola madre; c’è anche un solo fratello. Non siamo accolti tra le braccia del Padre e della Madre, che è lo Spirito Santo, se non perché portati dal Fratello che è Cristo Gesù. Accogliendoci gli uni gli altri diamo lode a Dio, come anche il Figlio ci ha accolto per dar gloria al Padre. Chi non ha interesse per la gloria di Dio neppur comprende come si debba amare i fratelli. Ti chiedi perché non c’è nell’uomo spirito di accoglienza? Perché non c’è l’amore del Cristo e si cerca una gloria che non è quella del Padre. Chi vuol magnificare la gloria di Dio accoglie e lascia spazio, il più possibile, ad ogni bocca che accresce e fa bello l’inno di lode all’Eterno Signore.

8 Dico infatti che Cristo è diventato servo della circoncisione per verità di Dio, per confermare le promesse dei padri, 9 ma che genti hanno glorificato Dio per misericordia, come è scritto: Per questo ti confesserò tra genti e al tuo nome salmeggerò. 10 E di nuovo dice: Esultate, genti, con il suo popolo 11 e di nuovo: Lodate, tutte le genti, il Signore, e: Lodino lui tutti i popoli. 12 E di nuovo Isaia dice: Sarà la radice di Iesse e colui che si alza per comandare a genti, in lui genti spereranno.

Chi vuol far grande Dio Padre, accetta di far piccolo se stesso. Così anche Gesù, benché primogenito e senza peccato,  è diventato servo dei suoi fratelli, a cominciare da Israele. Vero è che nonostante le ripetute testimonianze del Padre e la manifestazione ultima del Figlio, non Israele, ma le genti hanno glorificato Dio “ per misericordia”. Perché hanno riconosciuto ed accolto in Cristo l’amore del Padre. In questo modo si sono adempiute le Scritture.

Per questo ti confesserò tra genti e al tuo nome salmeggerò. 10 E di nuovo dice: Esultate, genti, con il suo popolo 11 e di nuovo: Lodate, tutte le genti, il Signore, e: Lodino lui tutti i popoli. 12 E di nuovo Isaia dice: Sarà la radice di Iesse e colui che si alza per comandare a genti, in lui genti spereranno.

Niente di fatale e di ineluttabile, nessun destino o sorte prestabilita per Israele, ma semplice constatazione di un dato di fatto. Le cose potevano anche andare diversamente, ma ragionando col sen di poi e alla luce di ciò che è accaduto, in questo modo e non in altro si è adempiuta la Parola di Dio. Israele non ha rifiutato Cristo perché si adempissero le Scritture, più semplicemente le Scritture si sono adempiute col rifiuto di Israele. Ciò che Dio aveva messo in conto è diventata una triste realtà. Ciò che era semplicemente temibile, perché possibile, è accaduto. Nonostante i ripetuti appelli e richiami di Dio perché il testimone non passasse ad altri, così sono andate le cose. Non quello che si voleva in cielo, ma proprio quello che non si voleva. “Esultate genti con il suo popolo” e non “esulta o popolo suo con le genti”. Chi era in testa ora è in coda. Non per questo è perduto.

Ciò che non è avvenuto per Israele è avvenuto per i pagani; per questo Paolo a loro si rivolge e a loro dice:

13 Ora il Dio della speranza riempia voi di ogni gioia e pace nel credere, perché voi sovrabbondiate nella speranza per potenza di Spirito santo.

La fede in Cristo porta con sé ogni gioia ed ogni pace in questa vita ed ancora di più ci fa sovrabbondare di speranza per la vita eterna, in virtù della potenza dello Spirito Santo. Non basta sentirsi realizzati nell’esistenza terrena, bisogna essere tali anche per l’altra. Non c’è felicità vera, se non quella che prende le radici durante questa vita per allungare i suoi rami verso il cielo.

14 Sono persuaso poi, fratelli miei, io stesso riguardo voi che anche voi stessi siete pieni di bontà, riempiti di tutta la conoscenza, potendo anche ammonire gli uni gli altri.  

Non ogni gioia ed ogni pace sono benedetti, ma soltanto quelle che vengono dal bene e dall’operare per esso, allorché siamo riempiti di tutta la conoscenza di Cristo e per questo in grado di ammonire gli uni gli altri. Paolo non annuncia una vita monca ed in qualcosa manchevole. In Cristo c’è ogni pienezza, ma bisogna fargli spazio e lasciarlo in noi operare, perché ci riempia di ogni gioia e pace nel credere, perché sovrabbondiamo nella speranza… pieni di bontà, riempiti di tutta la conoscenza.

15 Più audacemente ora ho scritto a voi in parte come facendo ricordare a voi per mezzo della grazia, quella data a me da Dio 16 per essere io ministro di Cristo Gesù per le genti, esercitando il sacerdozio della buona notizia di Dio, affinché sia l’offerta delle genti ben accetta, santificata in Spirito santo.

Che nella lettera ai Romani vi sia alquanta audacia, Paolo ne è ben consapevole. Quando i cuori sono pronti e le menti aperte si può  osare tanto. In altri frangenti e con altre persone l’Apostolo non si sarebbe spinto così lontano. L’eccellenza del dono ha trovato in Roma il suo degno ricettacolo. A una grazia speciale si è aggiunta una speciale capacità di ascolto e di intendimento e Paolo ha potuto dar fondo a tutta quella sapienza che gli è venuta dal cielo. Passati i tempi dei grandi profeti di Israele è ora il momento di grazia per le genti. Non un apostolo qualsiasi annuncia il Vangelo ai Romani , ma colui che è stato chiamato e mandato a tale scopo da Cristo Gesù, affinché sia l’offerta delle genti ben accetta, santificata in Spirito santo.

La conversione dei Gentili non rappresenta un meno rispetto alla fede di Israele né a loro è annunciato un vangelo in veste minore e neppure si deve pensare che Dio parli a chi è meno solo dopo aver perso l’ascolto di chi è più. Al contrario la fede delle genti è il coronamento del Vangelo, ben accetta a Dio e santificata in Spirito Santo.

Al vanto di Israele subentra il vanto delle genti e di colui che è Apostolo delle genti.

17 Ho dunque il vanto in Cristo Gesù per le cose riguardo Dio.

Paolo, che altrove considera motivo di gloria la propria origine ebraica, che vorrebbe essere anatema per il suo popolo perché si converta a Cristo Gesù, alla fine riversa tutto il suo impegno e tutta la sua attenzione sui gentili.

18 Infatti non oserò dire qualcosa di quelle cose che non operò Cristo per mezzo di me per l’obbedienza delle genti

Niente altro vuol sapere e di nient’altro vuol parlare se non di ciò che Cristo ha operato per mezzo di lui per portare le genti all’obbedienza.

Non pensino i Romani di aver ricevuto da meno rispetto al popolo eletto. In virtù di Paolo anche a loro Cristo si è fatto conoscere con la parola e con l’opera, 19 in potenza di segni e di prodigi, in potenza di Spirito di Dio;

Dove non sono arrivati i dodici è arrivato un altro apostolo, per portare a termine l’annuncio del vangelo.

così che io, da Gerusalemme e dintorni fino all’Illiria ho portato a termine la buona notizia di Cristo,

E tutto questo certamente non a caso e non secondo l’arbitrio della volontà umana, ma in risposta ad una chiamata e ad un disegno di Dio, così come profetizzato dalla stessa Parola.

20  ma avendo così come motivo d’onore di annunciare la buona notizia non dove già era stato nominato Cristo, affinché non su altrui fondamento costruissi, 21 ma come è scritto: Quelli a cui non fu annunciato di lui vedranno, e quelli che non hanno ascoltato capiranno.

Il Vangelo di Paolo dunque nella sua indiscutibile peculiarità non è affatto il coronamento dell’annuncio apostolico, quasi la pennellata finale. Rivendica una propria diversità proprio perché annunciato ad altri rispetto ad Israele. In uomini e culture diverse non si può porre lo stesso fondamento che è Cristo Gesù, se non in maniera diversa. Nessun gentile potrà comprendere il vangelo di Cristo se non passando per le vie tracciate dall’Apostolo Paolo. E’ in Paolo la chiave per “vedere” e “capire”.

Finché ci sarà la fede sulla terra risuonerà alta nella chiesa la parola di Paolo come Parola di Dio.

Quale dunque la novità del vangelo di Paolo rispetto a quello degli apostoli? Non certo riguardo al contenuto, perché non c’è salvezza senza fede in Cristo. Il Vangelo di Paolo è altro non in quanto dice o chiede qualcosa di diverso, ma semplicemente in quanto annunciato a chi è  diverso, cioè a tutti coloro che non fanno parte del popolo eletto in senso stretto e per chi è diverso, per coloro la cui vita si colloca in uno spazio ed in un tempo che non sono quelli della rivelazione storicamente determinata e conosciuta. In Paolo la salvezza ha un significato ed una portata universali: la grazia del Cristo arriva ad ogni uomo che vuol fare la volontà di Dio: in tempi, culture, menti , spazi differenti  è sempre l’unico e medesimo Cristo che tutto opera per il bene di chi cerca l’obbedienza alla Verità. Se la salvezza riguarda l’intero universo umano, la chiesa stessa di necessità non può essere se non universale. Non si può identificare con questa o quella comunità, in questa o quella confessione. Tutte le sovrasta e tutte le abbraccia, in nome di una diversità che è data soltanto dalla volontà di obbedienza al Dio Creatore. Chiesa sono tutti gli uomini che hanno fatto, fanno, faranno la volontà di Dio. Capo della chiesa è l’unico e medesimo Salvatore, Gesù Cristo. Certamente è forte il contrasto con la mentalità tradizionale di Israele. Paolo ne è ben consapevole, e teme una rottura con la chiesa che è sorta in Gerusalemme. Ma la verità andava detta… tutta e a tutti. Qualcuno doveva pur mettere il dito sulla piaga, e non per propria iniziativa ma per volontà di Dio.

Piaga della chiesa è la presunzione di una salvezza esclusiva e non inclusiva di tutti gli altri. Chi non fa parte della nostra confessione, del nostro gruppo, piccolo o grande che sia non è nel novero degli eletti. Questa era la mentalità del popolo Israele, unico destinatario della salvezza. In realtà Israele è stato destinatario unico della Rivelazione; in quanto alla salvezza è data a tutti in virtù dell’unico Cristo.

Cose di altri tempi : dirà qualcuno. No, storia di tutti i tempi diciamo noi. Perché ancor oggi la chiesa, ogni chiesa, vive nella presunzione di essere l’unica autentica portatrice della salvezza, non in concorso ed in comunione con le altre chiese, ma soltanto in esclusione di esse. Ogni chiesa rivendica a sé un preteso e malinteso primato di Pietro, che porta a fratture e divisioni insanabile. Un discorso di Gesù che vuol essere a fondamento di ogni unità, diventa così il discorso fondante di ogni divisione. La mentalità di Israele non è affatto superata, ma sopravvive tristemente nelle varie chiese cristiane. Non solo: all’interno della stessa confessione, gravi contrasti contrappongono gruppo a gruppo, movimento a movimento, fratello a fratello. Quando l’uomo vede la chiesa con i propri occhi c’è poco da stare allegri. Tutto qui? Per grazia di Dio c’è ben altro. Al di sopra della chiesa da noi conosciuta, c’è la chiesa da Lui conosciuta. Al di sopra della chiesa  del  papa e dei vescovi c’è la chiesa di cui Cristo è unico Sommo Pontefice. Al di sopra della chiesa che ha in proprio culture, tempi, spazi diversi, c’è la chiesa che ha in proprio soltanto l’unico e medesimo Cristo. Chiesa invisibile e non conoscibile dall’uomo, ma unica dispensatrice di salvezza per ogni uomo. Chi non comincia a vedere la chiesa con gli occhi di Cristo, come l’Apostolo Paolo, vedrà soltanto cose tristi. Ma bisogna superare la miopia del proprio punto di vista e lo spirito di appartenenza. Ma allora mi dirai tu, non dobbiamo noi amare la chiesa in cui siamo stati battezzati e sentirci suoi membri vivi? Certamente! Non si ama la Chiesa se prima non si ama la propria chiesa. E’ come se un uomo rivendicasse a sé un amore universale in astratto e non amasse poi le persone con cui convive. L’amore parte da chi ci è prossimo. Nessuna chiesa ci è così prossima come  quella in cui ci troviamo a vivere. Ma dobbiamo stare alla larga da ogni fanatismo, animosità, chiusura mentale nei confronti di chi appare diverso. La diversità vera, quella che conta, è conosciuta soltanto da Dio: la diversità che vedono i nostri occhi è soltanto una maschera. Vogliamo con questo esaltare una sorta di spiritualità qualunquistica, che tutti mette sullo stesso piano e che fa di tutto uno stesso fascio? La verità non ha un suo modo peculiare di manifestarsi e di distinguersi da ciò che vero non è? L’affermazione è giusta e fondata. Ma dobbiamo liberare il problema dai suoi aspetti tradizionali, culturali, strutturali, vedere all’interno e non soltanto in superficie. La Verità si manifesta in una tradizione, crea una cultura, cerca conforto in una struttura, ma non si identifica con nessuna di esse. Cristo si muove ed opera sempre al di sopra di ciò che è frutto dell’uomo. Non c’è vera conversione se non per chi è sempre in uscita… ed in partenza per una via diversa, per chi non ignora ciò che è già conosciuto dall’uomo, ma  confida soltanto in ciò che è conosciuto da Dio. 

Questo il Vangelo di Paolo. Non vuole toglierci la fede, ma ciò che vi è di falso nella nostra fede. Non ci nega la speranza della vita eterna, ma associa la nostra speranza a quella di tutti gli uomini che cercano Dio. Non impone un amore indifferenziato, ci libera da un amore egoistico e settario.

Vogliamo sottolineare ancora una volta i caratteri distintivi di un cuore vero? Vero è il cuore che cerca la volontà di Dio e si fa ad essa obbediente. Vero è il cuore che riconosce il proprio peccato e la propria incapacità ad operare per il bene. Vero è il cuore che invoca la salvezza che viene dal cielo e confida soltanto in essa. Questa è la vera chiesa che è amata da Dio, per essa ed in virtù di essa noi amiamo ogni chiesa in cui si invoca il nome del Salvatore… a cominciare da casa nostra.

22 Perciò anche sono stato impedito ripetutamente di venire da voi. 23 Ora invece non avendo più spazio in queste regioni, ma avendo desiderio di venire da voi da molti anni, 24 qualora vada in Spagna. Spero infatti passando di vedervi e di essere accompagnato là da voi se di voi prima in parte mi sia saziato.

Il satana impedisce con tutte le sue forze che sia fatta la volontà di Dio; pone intralci all’annuncio del Vangelo, ma deve cedere di fronte alla fede tenace ed insistente dell’apostolo. Chi confida nel Signore vede aprirsi varchi inaspettati. Alla fine trova soddisfazione il desiderio di Paolo di conoscere il volto dei fratelli di Roma. Non c’è bisogno di forzature o di colpi di testa:  il Padre concede ogni cosa a suo tempo, purché sia conforme al suo Spirito.  Prima di essere saziati dal volto del Padre potremo saziarci del volto dei fratelli, anche se nella chiesa grandi “bellezze” non ci sono. L’amore di Dio fa bella anche la faccia più brutta.

25 Ora invece vado a Gerusalemme servendo ai santi. 26 Hanno ritenuto bene infatti la Macedonia e l’Acaia che una certa comunione fosse fatta per i poveri dei santi che sono in Gerusalemme. 27  Hanno ritenuto bene infatti e debitori sono di loro; se infatti le genti furono partecipi dei loro beni spirituali, devono anche nei beni carnali servire a loro. 28 Questa cosa dunque avendo compiuta e avendo sigillato per loro questo frutto, partirò passando tra voi per la Spagna.

L’apostolo delle genti non ha certo dimenticato il proprio popolo e ciò che è dovuto ad Israele. Al suo sentimento d’amore verso i cristiani che sono in Gerusalemme si associa quello dei Greci. Perché ogni redento è debitore verso Israele e la chiesa tutta deve gratitudine agli ebrei per i beni spirituali che dal popolo eletto sono stati riversati su tutte le genti. Benché Paolo  si senta ormai proiettato verso la sua chiamata di apostolo delle genti, nulla potrà fare e dire se non dopo aver sigillato con i frutti della misericordia divina il suo vincolo con Israele.

29 So poi che, venendo presso voi, nella pienezza della benedizione di Cristo verrò. 30 Esorto ora voi, fratelli, per il Signore nostro Gesù Cristo e per l’amore dello Spirito a combattere insieme a me nelle preghiere per me presso Dio, 31 affinchè sia liberato dai non obbedienti nella Giudea e il mio servizio quello verso Gerusalemme sia ben accetto ai santi, 32 affinchè in gioia essendo venuto presso di voi per volontà di Dio possa riposare insieme a voi. 33 Poi il Dio della pace sia con tutti voi, amen.

Paolo vuol congedarsi dai Giudei nella pace del Signore, ma deve affrontare l’ostilità di chi non è obbediente al vangelo di Cristo. Non solo: teme che il suo servizio verso i santi di Gerusalemme non sia a tutti accetto. Desidera far visita ai Romani, non solo con la gioia di chi vede volti nuovi, ma anche con la gioia di chi ha lasciato in pace volti vecchi. Solo in questo modo ci sarà per lui vero riposo a Roma.

 

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