Lettera ai Romani cap9

                              Romani

                                 

                                  Cap.  9

 

1 Dico la verità in Cristo, non mentisco, testimoniando insieme a me la mia coscienza nello Spirito santo 2 che è per me  una grande tristezza ed un’incessante afflizione per il mio cuore.

3 Desidererei infatti essere io stesso anatèma dal Cristo a favore dei miei fratelli, dei miei parenti secondo la carne ,

4 i quali sono israeliti, dei quali è l’adozione a figli e la gloria e le alleanze e la legislazione ed il culto e le promesse, 5 di loro sono i padri e da essi è il Cristo, quello secondo la carne, che è sopra tutti Dio, benedetto per i secoli. Amen.

6 Ma non è tale che è caduta la parola di Dio.

Infatti non tutti quelli  da Israele questi sono Israele, 7 né  quelli che sono seme di Abramo tutti sono figli, ma in  Isacco sarà chiamata per te discendenza.

8 Cioè non i figli della carne sono figli di Dio, ma i figli della promessa sono considerati come discendenza.

9 Questa infatti è la parola della promessa: A questo tempo verrò e Sara avrà un figlio.

10 Non solo però, ma anche Rebecca da un solo letto avendo prole da Isacco, padre nostro.

11 Infatti non essendo ancora nati né avendo fatto qualcosa di bene o di male, affinché rimanesse il disegno di Dio secondo elezione, 12 non da opere, ma da colui che chiama fu detto a lei: Il maggiore sarà schiavo al minore, 13 come è scritto: Giacobbe ho amato, ma Esaù ho odiato.

14 Cosa dunque diremo?  C’è forse ingiustizia presso Dio? Non sia! 15 A Mosè infatti dice: Avrò compassione di chi ho compassione e avrò misericordia di chi ho misericordia.

16 Ora dunque non di colui che vuole né di colui che  corre ma di colui che usa misericordia, Dio.

17 Dice infatti la Scrittura al faraone: Per questo stesso ho suscitato te, per mostrare in te la mia potenza e affinché sia annunciato il mio nome in tutta la terra.

18 Così dunque a chi vuole usa misericordia, ma chi vuole indurisce.

19 Mi dirai dunque: Cosa ancora rimprovera? Infatti chi si è opposto al suo volere?

20 O uomo, piuttosto tu chi sei che replichi a Dio? Dirà forse l’oggetto plasmato al plasmatore: Perché mi hai fatto così?

21 O non ha potere il vasaio dalla stessa massa dell’argilla di fare l’un vaso per onore, l’altro per disonore?

22 Se poi volendo  Dio mostrare l’ira e far conoscere la sua potenza ha sopportato con molta pazienza vasi d’ira preparati per la perdizione,

23 per far conoscere la ricchezza della sua gloria su vasi di misericordia che aveva preparato prima per la gloria, 24 quali anche noi ha chiamato, non solo da Giudei ma anche da Gentili,

25 come anche in Osea dice: Chiamerò il non  popolo mio, popolo  mio e la non amata, amata

26 e sarà nel luogo dove fu detto a loro: Non popolo mio voi, là saranno chiamati figli del Dio vivente 27 Isaia poi grida a proposito d’Israele: Se anche il numero dei figli d’Israele fosse come la sabbia del mare, il resto sarà salvato.

28  Infatti compiendo ed abbreviando il Signore farà la Parola sulla terra.

29 E come ha predetto Isaia: Se il Signore Sabaoth non ci avesse lasciato un seme, come Sodoma saremmo diventati e come Gomorra saremmo stati resi simili.

30 Che dunque diremo? Che gentili, i non perseguenti giustizia, raggiunsero giustizia, ma quella giustizia da fede.

31 Israele invece perseguendo una legge di giustizia non giunse a legge.

32 A motivo di cosa? Perché non da fede, ma come da opere; inciamparono nella pietra di inciampo 33 come è scritto: Ecco, pongo in Sion una pietra di inciampo e una pietra di scandalo e il credente in essa non sarà svergognato.

 

 

 1 Verità dico in Cristo, non mentisco, testimoniando insieme a me la mia coscienza in Spirito santo 2 che è per me  una grande tristezza ed un’incessante afflizione per il mio cuore. 3 Desidererei infatti essere io stesso anatèma dal Cristo a favore dei miei fratelli, dei miei parenti secondo carne , 4 i quali sono israeliti, dei quali è l’adozione a figli e la gloria e le alleanze e la legislazione ed il culto e le promesse, 5 di loro sono i padri e da essi è il Cristo, quello secondo carne, che è sopra tutti Dio, benedetto per i secoli. Amen.

Quanto più un legame è forte tanto più ci espone alla sofferenza, soprattutto quando c’è di mezzo la vita. E’ un pungolo ed un dolore continuo vedere quelli della propria casa in pericolo di morte.

Anche se la consolazione in Cristo è grande, certo rimane la tristezza per i vecchi fratelli, per coloro che sono stati chiamati per primi, ma poi hanno abbandonato il Signore. Vorremmo averli con noi e vedere l’epilogo di quella vita che abbiamo iniziato insieme. L’amore vero comincia dalle persone che ci sono più vicine. E chi era più vicino a Paolo del popolo eletto? Come non ritornare col pensiero ai tempi antichi? Si può forse dimenticare i doni del Signore e tutto ciò che teneva a Lui uniti? Non un vincolo qualsiasi, ma l’adozione a figli e la gloria che ne viene. E poi l’Alleanza, la Legge, il culto e le promesse di un Salvatore, della casa d’Israele. Finchè saremo in questo mondo porteremo sofferenza nel cuore. Se le nostre ferite sono curate dal Signore, quelle che ci vengono dall’amore per i cari rimangono aperte. Tutto vorremmo dare e fare per la loro salvezza, ma siamo costretti ad assistere impotenti al precipitare della situazione. Anche in questo siamo fatti simili al Cristo.

È il Signore stesso che soffre nei nostri cuori, per i figli perduti, che non vogliono andare a Lui, pur essendo stati colmati di ogni bene.

6 Ma non è tale che è caduta la parola di Dio.

Se il popolo eletto è venuto meno alla parola di Dio, la parola di Dio non è venuta meno al popolo eletto. Perché nell’elezione divina fatta ad Israele è già adombrata un’adozione che non è data in virtù della carne, ma in virtù della fede.

Infatti non tutti quelli che da Israele questi sono Israele, 7 né  quelli che sono seme di Abramo tutti sono figli,

Per ereditare la promessa fatta ad Israele, non basta essere israeliti secondo la carne né si è figli di Dio, solo perché discendenti di Abramo. Fin dall’origine il popolo eletto è segnato da una divisione tra coloro che sono figli secondo lo spirito e quelli che sono figli secondo la carne.

Ma in  Isacco sarà chiamata per te discendenza. 8 Cioè non i figli della carne questi sono figli di Dio, ma i figli della promessa sono considerati come discendenza

La promessa non fu fatta a tutti, ma solo ai discendenti di Isacco. Nessuna promessa di salvezza si può fare a chi non invoca il Salvatore. Dio può ricolmare di doni ogni creatura, anche quelle che non lo amano, ma non può certo fare figli suoi, color che non lo vogliono come Padre. La storia di Israele, già fin dall’inizio, porta con sé questa divisione tra coloro che si trovano coinvolti nonostante loro nell’adozione a figli e coloro che lo sono a pieno titolo, per proprio consenso. Non si promette se non a chi chiede e  a chi desidera fortemente avere. Il Signore ha colmato Israele di ogni dono, e ne ha fatto un popolo unico, diverso da tutti gli altri. Ma tutto ciò che unisce Israele, già dall’inizio, porta in sé i germi nascosti di una divisione fra coloro che accolgono il Cristo e coloro che neppure lo cercano e lo desiderano. Un legame così forte fra i figli Israele, non poteva essere sciolto se non da Colui che l’aveva creato. Rimane il dolore per chi si è separato dal Padre e ha rifiutato il Salvatore.

9 Questa infatti è la parola della promessa: A questo tempo verrò e Sara avrà un figlio.

Qual è mai “questo tempo”, se non il tempo della nostra vita, quello in cui siamo visitati dal Signore per essere fatti figli, secondo la promessa? A chi è fatta la promessa del Salvatore, se non a coloro che invocano la salvezza? Certo tutti gli uomini vogliono essere salvati: da questo o quel male, da questa o da quella sofferenza. La promessa non è fatta se non a chi vuol essere fatto salvo dal Maligno per diventare figlio di Dio.

10 Non solo però, ma anche Rebecca da uno solo letto avendo prole da Isacco, padre nostro.

Una promessa reiterata nel tempo e portata avanti col tempo fa tutt’uno con una fede paziente nell’attesa e perseverante nella supplica. Ci è chiesto non solo di credere, ma di rimanere nella fede e di insistere in essa. La fede che dura nel tempo ha una sua profondità, e quella che viene esaudita  ha una sua pienezza. La promessa viene fatta solo a chi non è ancora venuto alla luce, e non certo a chi confida nelle proprie opere. Cosa distingue i figli della luce dai figli delle tenebre?

11 Infatti non essendo ancora nati né avendo fatto qualcosa di bene o di male, affinché rimanesse il disegno di Dio secondo elezione, 12 non da opere, ma da colui che chiama fu detto a lei: Il maggiore sarà schiavo al minore, 13 come è scritto: Giacobbe ho amato, ma Esaù ho odiato.

La chiamata è fatta quando ancora non siamo venuti alla luce del Figlio, quando all’uomo non si può ancora imputare alcun bene ed alcun male. Se nell’uomo per così dire naturale, quello che viene prima di Gesù, c’è del bene , non gli viene ascritto per la vita eterna. Nessun bene è per la vita eterna se non quello che passa per il Cristo ed è da Lui visitato e da lui confermato. Così pure, per quanto riguarda il male, nessun peccato ci sarà imputato se non quello contro lo Spirito Santo. Ogni peccato contro il Figlio dell’uomo sarà perdonato, ma non quello contro lo Spirito Santo. Prima di Gesù quindi le nostre opere non sono segno di elezione divina, né i nostri peccati sono segno di una riprovazione. La chiamata è fatta per tutti, per quello che siamo e facciamo, per la condizione in cui ci troviamo. Solo il Figlio è gradito al Padre e solo la sua opera è per la vita eterna. Intendi l’immagine di cui si serve Paolo. Dio chiama tutti gli uomini alla salvezza, indipendentemente da meriti e demeriti, solo per la sua misericordia: a tutti è dato gratuitamente senza preferenze alcune.

affinché rimanesse il disegno di Dio secondo elezione, 12 non da opere, ma da colui che chiama fu detto a lei: Il maggiore sarà schiavo al minore, 13 come è scritto: Giacobbe ho amato, ma Esaù ho odiato.

L’elezione a santi è fatta per un disegno eterno di Dio, che non tiene conto delle nostre opere, ma semplicemente della Sua promessa. Il Signore ci salva in virtù della sua chiamata, non in virtù di ciò che facciamo di bene. Comprendi dunque come non c’è in Dio ingiustizia alcuna, se non quella che appare agli occhi dell’uomo che non comprende la Parola.

Paolo parla della storia di Israele, nel contempo parla della storia di ognuno di noi. Perché in ognuno di noi il minore, cioè l’uomo interiormente più debole, quello che opera il bene, è destinato a soppiantare il maggiore, quello potente che fa il male. Ciò che è nato da Cristo vince ciò che è nato dal Maligno. Il maggiore servirà il minore. Ma bisogna essere consapevoli di tutto questo… e confessare la propria colpa e sentirsi piccoli. Non è chiamato se non chi è piccolo, ed è ripudiata la grandezza dei figli di questo mondo. Non c’è piccolezza che non venga esaltata ed innalzata in Gesù, non c’è grandezza in Satana, che non sia destinata al ripudio e ad essere gettata nella polvere.

 Il maggiore servirà il minore, come sta scritto: Ho amato Giacobbe, ho odiato invece Esaù.

Forse che Dio odia qualcuna delle sue creature? Dio non odia se non chi è degno di essere odiato: l’uomo che è nato dal Maligno, che è in ognuno di noi. L’elezione è fatta innanzitutto nel cuore del singolo, tra ciò che viene dalla carne e tra ciò che viene dallo spirito. Ora ciò che viene dallo Spirito, il minore, è all’inizio piccolo, schiacciato ed oppresso da ciò che viene dal Maligno, il maggiore. In virtù di Cristo il minore è destinato ad affermarsi sempre di più ed il maggiore a poco a poco gli cede il posto secondo la misura della fede. Cresce il minore, decresce il maggiore, fino alla completa inversione di rapporto tra i due. Quello che prima la faceva da padrone è messo da parte, quello che prima era messo da parte ora la fa da padrone. I versetti in questione vengono malamente interpretati da molti esegeti i quali vedono in tutto ciò una sorta di predestinazione , per alcuni alla vita eterna, per altri alla dannazione eterna, indipendentemente dalla loro volontà, per una imperscrutabile volontà divina. In realtà Paolo non ha alcun interesse a dimostrare una pretesa predestinazione di Esaù e Giacobbe, l’uno alla dannazione eterna, l’altro alla vita eterna. E quale interesse per questi due soli uomini se non nel senso di un’immagine e di un modello che è dato per l’intelligenza spirituale di tutti?

Vi è un progetto eterno di Dio,  per il quale tutti siamo predestinati alla salvezza in virtù della fede in Cristo: parimenti vi è un progetto eterno, per il quale tutti siamo predestinati alla dannazione eterna in virtù della fede in noi stessi. Nessuno è giustificato dalla proprie opere, ma dalle opere che Cristo fa in noi.

Chi ha fede in Cristo, non può averne in se stesso. Chi ha fede in se stesso non può averne in Cristo. Sono due realtà inconciliabili, destinate ad una separazione e ad un diverso giudizio, fin dall’eternità. Altro è collocare nell’eternità la preconoscenza di una salvezza che è solo in Cristo, altro è affermare una eterna preconoscenza divina del nome degli eletti e del nome dei dannati. E’ sbagliato e frutto di una lettura superficiale trarre come conclusione del discorso, che Esaù fu predestinato, indipendentemente dalla sua volontà, alla dannazione, l’altro alla vita eterna. Non bisogna confondere la verità con ciò che è preso come immagine della verità. La verità è eterna ed in quanto tale da sempre è conosciuta da Dio. Al contrario ciò che è preso come immagine  ed esempio di verità  è preso dal tempo e si determina col tempo. Esaù fu ripudiato perché trovato senza fede in Cristo, Giacobbe divenne l’eletto per la sua fede nel medesimo Cristo. Soltanto dal momento della libera elezione, cioè soltanto a partire dal tempo dell’uomo e del loro uomo, essi diventano figure di salvezza e di dannazione. Le cose potevano andare diversamente ed allora la parola di Dio, avrebbe dovuto servirsi di un’immagine e di un modello diverso. Fatto sta che la storia di Esaù e di Giacobbe ben si presta ad esprimere una determinata realtà spirituale.

Entrambi sono figli della medesima donna, fratelli gemelli concepiti e partoriti nello stesso tempo, in tutto simili in quanto all’origine carnale, ma manifestatisi poi diversi per quanto riguarda lo spirito.

L’immagine va intesa in senso diverso: Per quel che riguarda il singolo individuo essi rappresentano i due uomini diversi che sono in noi: quello che è secondo la carne e quello che è fatto secondo lo Spirito.

Per quel che riguarda la chiesa essi sono figura di una divisione che si crea inevitabilmente all’interno del popolo eletto, tra coloro che credono in una eredità data e garantita in virtù della carne, e quelli che credono in una eredità data e garantita in virtù dei meriti di Cristo. Paolo parla per tutti e a tutti.

I suoi interlocutori sono diversi: c’è chi è venuto alla fede e deve rimanere in essa, c’è chi crede nelle proprie opere e deve fare uno sforzo di conversione; c’è l’ebreo ed il pagano ed infine ci sono tutti.

Parole che giungono ad orecchi diversi hanno un suono ed un sapore diversi. 

Se a qualcuno possono far piacere, ad altri meno; per non parlare di chi le prende in odio. Il confronto si fa serrato, soprattutto con coloro che non vogliono credere.

Chi ascolta con durezza avrà una risposta altrettanto dura. E chi ribatte le proprie ragioni deve ascoltare quelle di Dio. Il discorso a poco a poco si chiude e mette da parte chi l’accoglie nella pace e nell’amore del Signore: si accende e diventa diatriba per chi fa resistenza e si ostina sulle proprie posizioni.

Per questi così continua Paolo.

14 Cosa dunque diremo?  C’è forse ingiustizia presso Dio? Non sia!

La tentazione di addebitare qualche ingiustizia all’operare divino può essere grande e può venire rinforzata da una lettura superficiale della parola di Dio. La Bibbia va letta e compresa nella sua totalità. Non si possono intendere singoli passi se non in rapporto a ciò che è scritto altrove. Il Signore non opera in maniera arbitraria né ama secondo il capriccio umano, che sceglie l’uno ed esclude l’altro. Dio fa bene tutte le cose, cioè secondo giustizia. Non c’è uomo che sia escluso dal suo amore e dalla sua redenzione, se non colui che si esclude da sé opponendo un netto rifiuto. C’è una misericordia che trova ove posare il suo spirito e con ciò diventa operante e vivificante e c’è una misericordia che rimane solo nella promessa, dal momento che l’uomo chiude la porta del proprio cuore. Per questo a chi vuol insinuare una qualche ingiustizia in Dio, Paolo risponde: Certo no!

15 A Mosè infatti dice: Avrò compassione di chi ho compassione e avrò misericordia di chi ho misericordia.

Parlando a Mosè Dio fa una promessa. Qualsiasi promessa è collocata in un futuro, lontano o vicino che sia: per questo è detto avrò misericordia. Ma qualsiasi misericordia futura di Dio è già in atto nel suo proposito: è attuale in Lui e per Lui. Il Signore avrà misericordia di colui del quale ha già misericordia. Questo il senso della promessa:  La promessa in quanto già data è già reale e già operante in tutti coloro che l’ accolgono. Se la promessa è già realtà per Dio e per tutti coloro che l’accolgono, tale non è per coloro che la rifiutano. La storia quindi può essere letta in maniera diversa, secondo punti di vista diversi. Ogni punto di vista tale non è se non in quanto è conseguente ad un modo di essere. Per Dio la promessa che è fatta al futuro è già al presente. “Avrò misericordia di chi ho misericordia. Ma in quanto alla sua manifestazione nell’uomo, non può” essere se non per il suo futuro 

E per coloro che rifiutano Cristo? Non c’è presente né futuro. Sono da Dio ignorati, proprio perché ignorano Dio.

16 Ora dunque non di colui che vuole né di colui che corre ma di colui che usa misericordia, Dio.

La salvezza  non dipende innanzitutto dalla volontà e dall’operare dell’uomo, ma dalla misericordia di Dio. Il Signore dopo il peccato di Adamo non aveva nessun obbligo verso di noi. Poteva chiudere la nostra storia con la riprovazione eterna. Nella sua infinita misericordia ha voluto un epilogo diverso.

La venuta del Cristo esalta e fa risaltare la misericordia divina di contro alla malvagità umana. Puoi ben volere la salvezza e molto darti da fare, ma non saresti salvo se Dio non avesse avuto pietà di te! Nulla puoi volere e intraprendere nella vita, se prima non prendi consapevolezza dell’amore di Dio. C’è anche l’uomo che alza con orgoglio il capo contro Dio e contro il suo Messia, e crede con ciò di contrastare la volontà divina e di essere l’artefice della propria ed altrui storia. Si inganna chi crede di impedire il piano divino: la sua disobbedienza verrà riassorbita nell’amore divino e diventerà strumento ed occasione di salvezza per gli eletti. Faraone ha dispiegato tutta la sua potenza contro Dio? Ebbene Dio si servirà della sua malvagità per mostrare la propria potenza e la sua impotenza. Credevi di intralciare il piano divino prendendo posizione contro di esso? Sarai strumento nelle mani di Dio, nonostante e contro la tua volontà. Il Signore si servirà della tua disobbedienza per far risaltare il suo amore. Sovrana nella storia è la volontà di Dio. Chi vuol rinnegarla rinnega solo se stesso. Il Signore ha una parola ed una risposta anche per coloro che non lo amano. 

17 Dice infatti la Scrittura al faraone: Per questo stesso ho suscitato te, per mostrare in te la mia potenza e affinché sia annunciato il mio nome in tutta la terra.

Ogni uomo conoscerà la potenza di Dio, con o senza la propria volontà. Meglio conoscerla per la propria salvezza e non semplicemente per quella degli altri. Meglio essere strumenti in positivo e non in negativo. Chi crede di negare con la sua disobbedienza la volontà di Dio, non afferma la propria volontà, ma una volontà divina diversa, perché da lui fatta diversa. Non vuoi la salvezza che Dio vuole per te? Ebbene Dio afferma nei tuoi confronti una volontà diversa: non di salvezza, ma di dannazione.

18 Così dunque a chi vuole usa misericordia, ma chi vuole indurisce.

Non in modo arbitrario, ma in modo conseguente alla volontà umana. Dio usa misericordia a chi vuole la sua misericordia ed indurisce chi vuole indurire.

 19 Dirai a me dunque: Cosa dunque ancora rimprovera? Infatti chi si è opposto al suo volere.

 Niente di più difficile e di più lungo di un dialogo tra sordi. Chi è sordo nei confronti di Dio, trova un Dio sordo nei suoi confronti. Non vuoi ascoltare le ragioni di Dio? Dio non ascolta le tue ragioni e ti lascia senza risposta, nonostante la tua insistenza. Tu che osi contendere alla pari con Dio, cerca piuttosto di comprendere che sei su di un piano diverso, e che Lui è molto più in alto rispetto a te.

 20 O uomo, piuttosto tu chi sei che replichi a Dio? Dirà forse l’oggetto plasmato al plasmatore: Perché mi hai fatto così? 21 O non ha potere il vasaio dalla stessa massa dell’argilla fare l’un vaso per onore, l’altro per disonore?

 Invece di giudicare quello che fa Dio, lascia che Dio giudichi prima quello che fai tu. Ne avrai maggior guadagno. Il Creatore può fare quello che vuole delle sue creature e non deve rendere conto a nessuno, tanto meno a te. Fosse anche vero che Dio agisce in maniera arbitraria, tu nulla potresti fare contro la sua volontà. C’è chi non crede nell’amore di Dio e si manifesta contro. Cambia con ciò il corso della storia? Sono superate le ambiguità e le contraddizioni dell’esistenza umana? E’ tolta la divisione tra i figli della luce e i figli delle tenebre? Non vuoi comprendere che il problema non è quello di indagare e di mettere in discussione Dio e la sua volontà, ma quello di obbedire ad ogni sua volontà? Nella tua logica follia potresti anche arrivare alla conclusione che Dio è ingiusto. Il Signore non ti ascolterà più e non ti darà alcuna risposta. Finirai per stravolgere e capovolgere ogni verità. Tu sarai il giusto e Dio l’ingiusto. Tu il giudice ed il Signore l’imputato. Tu colui che opera con ogni rettitudine ed il Padre colui che agisce con ogni arbitrio. Se vuoi aver ragione ad ogni costo Dio ti abbandonerà ai tuoi ragionamenti vani. E finirà col darti ragione, solo per liberarsi della tua importunità e durezza di cuore.

Paolo fa proprio il linguaggio della provocazione, perché sia chiaro a tutti che chi provoca il Signore attirerà su di sé la sua ira. L’uomo terrà per sé le proprie ragioni e Dio terrà per sé la propria misericordia e ne farà l’uso che crede.

22 Se poi volendo  Dio mostrare l’ira e far conoscere la sua potenza ha sopportato con molta pazienza vasi d’ira preparati per perdizione

Non c’è ira di Dio se non provocata dal peccato dell’uomo, e non per tutti i peccatori ma soltanto per quelli che hanno superato ogni misura: vasi traboccanti d’ogni malizia, nei quali non c’è più posto per la misericordia divina. Dopo aver sopportato con molta pazienza, Dio si vede costretto suo malgrado a mandarli in perdizione. Perché sia mostrata l’ira della sua giustizia e tutti conoscano la sua potenza: potenza di salvezza per coloro che accolgono il suo Cristo, potenza di perdizione per coloro che lo rifiutano. Vedi che nulla di arbitrario vi è nell’ ira di Dio, ma soltanto la giusta ricompensa per chi lo ha provocato oltre ogni misura? Se è infinita la sua misericordia, e dura per mille generazioni, ogni generazione ha una sua fine. Cosa aspetti ad entrare nel suo amore? Quando è troppo tardi ? Certo Dio porta pazienza e tiene la porta aperta. Ma c’è anche chi non entra e viene meno il tempo della salvezza . E il vaso che doveva essere ricolmato dei doni di Dio è stato ricolmato della sua ira. Non c’è Padre che non sopporti e non tenga nascosto il più possibile le malefatte dei figli, ma non oltre un certo punto ed una certa misura. Alla fine deve scatenare la sua ira e rendere manifesta a tutti la sua giustizia. Non conosce l’ira del Padre se non Colui che l’ha provocata e non è mandato in perdizione se non colui che rifiuta la salvezza. E tutto questo alla fine è a vantaggio degli eletti. Perché l’amore destinato agli uni, si riversa su tutti gli altri. I doni di Dio non vanno perduti, ma riversati ancor più abbondantemente sugli eletti.

23 e per far conoscere la ricchezza della sua gloria su vasi di misericordia che aveva preparato prima per gloria, 24 quali anche noi ha chiamato, non solo da Giudei ma anche da Gentili, 25 come anche in Osea dice: Chiamerò il non  popolo mio, popolo  mio e la non amata, amata 26 e sarà nel luogo dove fu detto a loro: Non popolo mio voi, là saranno chiamati figli del Dio vivente.

Nell’amore di Dio c’è posto per tutti. Il Signore non rifiuta nessuno dei suoi: non solo, va a cercare anche gli altri. E chiama popolo suo chi non era popolo suo, e amata  la non amata, e ottenente misericordia quella che non ha ottenuto misericordia. Ogni creatura vedrà la salvezza del Signore e saremo chiamati tutti dei e figli dell’Altissimo.

Tutto questo ovviamente nel disegno e nella volontà di Dio. Se Dio vuole la salvezza di tutti non tutti vogliono la salvezza di Dio. La volontà di salvezza del Creatore si scontra a volte con una volontà diversa  della creatura. In questo caso la volontà di Dio ne esce negata e smentita. Ma solo in apparenza e solo per l’uomo. Perché l’iniziale volontà di salvezza diviene alla fine volontà di dannazione da parte di Dio. Non si muove foglia senza che Dio voglia. La perdizione dell’uomo non smentisce Dio che vuole tutti gli uomini salvi, ma afferma in Lui una volontà diversa, non di salvezza, ma di perdizione. Non vuoi la tua salvezza? Ebbene anche Dio non la vuole, e fa sua questa tua volontà, ed afferma una Sua volontà  di dannazione. Ma non è volontà eterna, ma volontà agita dall’uomo. Rifiutando la volontà di Dio, l’uomo non afferma la propria volontà, ma una volontà diversa di Dio. Sovrana nella storia è la volontà di Dio: niente e nessuno può smentirla. Così come è volontà di Dio che alcuni siano predestinati alla salvezza, è volontà di Dio che alcuni siano predestinati alla dannazione eterna. Rinnegando Dio l’uomo in realtà rinnega se stesso, affermando una sua volontà diversa da quella del Creatore, afferma una diversa volontà del Creatore. E’ questo il senso del discorso di Paolo. Niente e nessuno può smentire l’amore di Dio: non le apparenze di questa vita, né la certezza della riprovazione eterna.

27 Isaia poi grida a proposito d’Israele: Se anche il numero dei figli d’Israele fosse come la sabbia del mare, il resto sarà salvato.

 Che la salvezza non avvenga per una volontà di Dio ingiustificata ed arbitraria è dimostrato dalla stessa storia d’Israele. Infatti se tutto il popolo d’Israele è stato chiamato alla salvezza, solo pochi sono entrati in essa. Quella stessa parola che predestina alla salvezza l’umanità intera, alla fine conclude che soltanto un resto sarà salvato. Ora questo resto non è formato da una piccola schiera risparmiata, non si sa per quale ragione, dall’ira divina: un gruppo di fortunati e privilegiati. Il resto sono coloro che rimangono saldi attraverso la fede in quella promessa che è stata fatta dal Signore. E’ resto, chi resta, mentre la maggior parte degli uomini abbandonano la promessa di Dio e ritornano alla vita di sempre. Niente e nessuno sfugge alla giustizia divina così come confermato dalla parola di Dio.

28  Infatti compiendo ed abbreviando il Signore farà la Parola sulla terra.

 Se la parola comincia con una promessa di salvezza che è per tutti, la stessa parola conclude con l’affermazione della giustizia di Dio. Alla fine il Signore tirerà le somme e farà i conti e darà a ciascuno quel che gli spetta.

29 E come ha predetto Isaia: Se il Signore Sabaoth non ci avesse lasciato un seme, come Sodoma saremmo diventati e come Gomorra saremmo stati resi simili.

In un’esistenza che è morte, degna di dannazione eterna, il Signore lascia un seme di vita. E’ Cristo il seme della nuova vita. E’ una garanzia per ogni uomo, ma non tutti lo lasciano crescere nel proprio cuore. C’è chi lo soffoca prima ancora che metta radice. Non nascerà in noi senza di noi. Non è affatto una questione di elezione o predilezione divina. Israele deve cominciare a vedere la storia con occhi nuovi. La sua chiamata alla salvezza, se poteva sembrare esclusiva, ora è manifestata dalla Parola come inclusiva dell’umanità intera. I doni di Dio vanno letti alla luce dell’Evento. Non giova ad Israele dormire sugli allori nella presunzione di una diversità voluta e garantita da Dio in virtù dall’osservanza della legge. Gli ultimi stanno scavalcando i primi , e senza passare necessariamente per la vecchia strada, ma percorrendo il nuovo tracciato segnato da Cristo.

30 Che dunque diremo? Che gentili, i non perseguenti giustizia, raggiunsero giustizia, ma quella giustizia da fede.

  Intendi rettamente: non consegue giustizia se non chi la cerca e la vuole e si dà da fare per essa. Non la nostra giustizia, falsa ed ingannevole, ma quella di Dio. Ad essa non si arriva se non attraverso la fede in Cristo. I gentili che non cercavano la propria giustizia, ma quella di  Dio, l’ hanno conseguita in virtù della fede.

31 Israele invece perseguendo una legge di giustizia non giunse a legge.

 Israele cercava una legge che affermasse la giustizia dell’uomo ed ha inteso malamente il dono di Dio e ne ha fatto cattivo uso. Si è servito della Legge di Dio per soddisfare le proprie aspettative e non per diventare conforme all’aspettativa del Signore. Così ha reso vano il dono della legge, e tutto è andato per il verso storto. La legge data da Dio per creare una coscienza di peccato, profanata da volontà perverse ha creato una coscienza di giustizia. E il dono è diventato inutile ed è finito nelle mani del diavolo. Ed Israele non ha raggiunto la giustizia divina, ma ha riempito il proprio cuore di ingiustizia. Non solo: neppure ha ottenuto la vera Legge di Dio, quella che è scritta nei cuori dei singoli, voce della coscienza, che è presenza di Cristo e del suo Spirito. Non giunse alla Legge che è Cristo, pur avendo avuto come guida la Legge di Mosè.

 32 A motivo di cosa? Perché non da fede, ma come da opere; inciamparono nella pietra di inciampo 33 come è scritto: Ecco, pongo in Sion una pietra di inciampo e una pietra di scandalo e il credente in essa non sarà svergognato.

 Non c’è inganno e falsità che alla fine non sia svelato. Cercando non la giustizia di Dio che viene dalla fede in Cristo, ma cercando di affermare la propria in virtù delle opere, Israele ha trovato una pietra d’inciampo. Non di quelle che si incontrano per caso sul proprio cammino e che si possono facilmente rimuovere, ma una pietra messa da Dio stesso, salda come rupe, con la quale si deve pur fare i conti. Israele ha risolto il problema a modo suo, e la caduta  è stata rovinosa e molti sono periti. Ma gloria, onore, vittoria per coloro che hanno creduto in questa pietra di salvezza.

 

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