Lettera ai Romani cap6

 

 

                                                Cap. 6

 

1 Cosa dunque diremo? Rimaniamo nel peccato, affinché la grazia abbondi? 2 Non sia! Noi che siamo morti al peccato, come ancora vivremo in esso?

3 O ignorate che, quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?4 Siamo stati dunque con sepolti con lui per mezzo del battesimo per la morte, affinché come Cristo risuscitò da morti per la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita.5 Se infatti siamo stati innestati a somiglianza della sua morte,  lo saremo anche della risurrezione. 6 Questo sapendo che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso, affinché fosse reso inoperante il corpo del peccato, perchè noi non serviamo più  al peccato. 7 Infatti colui che è morto è stato giustificato dal peccato.

8 Ora se siamo morti con Cristo, crediamo che anche convivremo con lui, 9 sapendo che Cristo risuscitato da morti non muore più: la morte non ha più potere di lui. 10  Infatti colui che  morì, morì al peccato una volta sola; ma colui che vive, vive per Dio. 11Così anche voi considerate voi stessi di essere morti davvero al peccato ma viventi per Dio in Cristo Gesù.

12 Non regni dunque il peccato nel vostro corpo mortale così da obbedire ai suoi desideri, 13né offrite le vostre membra come armi di ingiustizia al peccato, ma presentate voi stessi a Dio come da morti viventi e le vostre membra armi di giustizia a Dio. 14 Peccato infatti non avrà di voi potere: infatti non siete sotto legge, ma sotto grazia.

15 Cosa dunque? Pecchiamo, perché non siamo sotto la legge, ma sotto la grazia? Non sia! 16 Non sapete che a chi offrite voi stessi come schiavi per obbedienza, schiavi siete a chi obbedite, o del peccato per la morte, o dell’ obbedienza per la giustizia?

17 Ma grazie a Dio che eravate schiavi del peccato, ma obbediste poi dal cuore a quella regola di insegnamento a cui siete stati consegnati. 18 Essendo poi stati liberati dal peccato siete stati fatti schiavi della giustizia.

19 Parlo umanamente a causa della debolezza della vostra carne.

Infatti come  presentaste le vostre membra schiave all’impudicizia e alla iniquità per l’iniquità, così ora presentate le vostre membra schiave alla giustizia per la santificazione.

20 Quando infatti eravate schiavi del peccato, eravate liberi rispetto alla giustizia.

21 Dunque quale frutto avevate allora? Per quelle cose  adesso arrossite.

Infatti il fine di quelle è morte

22 Ma ora liberati dal peccato, fatti schiavi a Dio, avete il vostro frutto per santificazione, il fine poi è vita eterna.

23 Difatti lo stipendio del peccato è  morte; invece il dono di Dio è vita eterna in Cristo Gesù, il Signore nostro.

 

 

 

1 Cosa dunque diremo? Rimaniamo nel peccato, affinché la grazia abbondi? 2Non sia! Noi che siamo morti al peccato, come ancora vivremo in esso?

Paolo ha ampiamente dimostrato che non siamo oggetti passivi di peccato, nel senso che non portiamo semplicemente le conseguenze del peccato di un altro, ma quelle del nostro peccato. E questo è tanto più vero per il fatto che la colpa di Adamo non è semplicemente da noi perpetrata nel tempo, ma accresciuta nel tempo, da peccato in peccato, così come ben è reso manifesto dalla legge naturale e da quella mosaica. Se la colpa per il peccato è tutta nostra ed il merito della salvezza è tutto del Cristo, allora che senso ha l’impegno individuale? Come ci ha liberato dalla  convinzione falsa di un peccato  che entra nella nostra vita senza il nostro consenso e senza la nostra colpa, così Paolo vuol liberarci dalla convinzione di una salvezza che entra in noi per i soli meriti di Cristo, indipendentemente dalla nostra volontà e dal nostro impegno.  Rimaniamo nel peccato affinché la grazia abbondi?

Se è vero che Cristo ci fa santi quanto più siamo peccatori, allora tanto vale rimanere nel peccato in vista di una liberazione che avverrà in noi nonostante noi. Se basta la confessione dei peccati per avere la salvezza, tanto vale riposare nel peccato ed aspettare. Ma c’è attesa ed attesa. C’è chi attende senza nulla fare e c’è chi attende in una operosità costante, ben sapendo che colui che tutto opera in noi nulla può operare senza di noi. Si può attendere il Signore lasciando la casa che è il nostro cuore completamente disadorna, nel più triste squallore; si può al contrario attendere il Signore cercando in qualche modo di darci una lavata e di rendere tutto più bello ed accogliente per lo sposo che deve venire. Non c’è sposa così attratta dall’amore dello sposo, che non cerchi in qualche modo di farsi più bella e più degna di essere amata. E’ questo il vero amore: non aspetta semplicemente l’Amato, cerca in qualche modo di prevenirlo e di andargli incontro.

2 Non sia! Noi che siamo morti al peccato, come ancora vivremo in esso?

Ciò che fa orrore allo sposo, fa orrore anche alla sposa. Il mio amato non vuole il peccato? Cercherò di liberarmene subito: senza affanno, perché ciò che non riesco a fare da sola farò con il suo aiuto, ma anche senza indugio, perché tanto desidero a Lui piacere.

Non c’è vera consapevolezza di peccato se non nella misura in cui vogliamo vedere il nostro peccato, così non c’è vera liberazione dal peccato se non nella misura in cui vogliamo essere liberati dal peccato. La volontà che vuole non è mai passiva ed inerte, ma si muove verso Colui che desidera, ed opera nella direzione di Colui che desidera. Si muove nell’ascolto della Parola,  opera nel mettere in pratica la Parola. Se tutto questo è vero per chi è in attesa delle nozze, quanto più per coloro che sono già sposi di Cristo!

3 O ignorate che, quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?4 Siamo stati dunque con sepolti con lui per mezzo del battesimo per la morte, affinché come Cristo risuscitò da morti per la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita. Paolo mette i suoi lettori davanti ad un dato di fatto assolutamente certo ed indiscutibile. Voi siete già stati battezzati in Cristo. Con ciò siete morti alla vita vecchia e siete  entrati nella vita nuova. Se dunque si cerca di operare il bene quando si è in attesa dello sposo, quanto più si vive santamente allorché ci siamo a lui uniti e gioiamo per la sua presenza e godiamo di ogni grazia! La santità viene meno e la fede si fa tiepida quando ci si dimentica dello sposo. Di quello che c’è stato fra i due, di quello che l’Altro ha fatto per noi. Non c’è vera fede che non sia un continuo ricordo di ciò che ci ha unito e ci unisce al Cristo.

 “Ignorate”… Si ignora quando non si sa e non si è fatta esperienza. Può essere che qualcuno si trovi battezzato per sbaglio, senza sapere perché. E allora bisogna riscoprire il senso della fede per rendere attuale e vivo il sacramento. Molto spesso si ignora perché  ci si arena in una fede morta, fino a dimenticare quello che il Signore ha operato in noi. Il richiamo della Parola di Dio al ricordo delle Sue meraviglie è costante e pressante, perché l’uomo dimentica facilmente e facilmente ritorna sui vecchi passi. Abbiamo imboccato la strada della novità e della diversità di vita. L’inizio di un cammino non è ancora la sua fine. Bisogna perseverare e non si persevera se non richiamando alla mente e riscoprendo ogni giorno il senso della nostra fede. Nessuno può farsi garante del proprio ricordo. E’ soltanto nella lettura assidua e quotidiana della Parola di Dio che il ricordo rimane vivo, perché fatto vivo in noi dal Signore. Coloro che abbandonano la lettura della Bibbia, ben presto perdono tutto, non solo la vita nuova, ma anche il ricordo.

5 Se infatti siamo stati innestati a somiglianza della sua morte,  lo saremo anche della risurrezione.6 Questo sapendo che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso, affinché fosse reso inoperante il corpo del peccato, perchè noi non serviamo più  al peccato. 7 Infatti colui che è morto è stato giustificato dal peccato.

Come è importante ricordare ciò che il Signore ha operato in noi così è importante sapere quel che il Signore vuole in noi operare. Chi ha fatto esperienza della morte in Cristo, farà anche esperienza della resurrezione in Lui. Il discorso di Paolo non è di facile comprensione: sembra quasi ammettere la possibilità di una fede monca: fa esperienza della morte in Cristo, non fa esperienza della vita nuova in Cristo. Cerchiamo di comprendere. In ogni fede c’è colui che crede e colui o ciò che è creduto. La fede conosce quindi punti di vista diversi. Si può vedere con i nostri occhi, si può vedere con gli occhi di Dio. L’unico punto di vista vero è quello del Signore. Per Cristo la nostra morte e resurrezione sono già dati e fatti in quanto legati a ciò che Lui ha operato per noi. La nostra fede in Gesù, in quanto da lui agita e da lui operata dovrebbe portare con sé la certezza indiscutibile che tutto è già stato operato. Dal punto di vista della verità è del tutto inconcepibile una fede in atto che subisca una frenata e conosca un momento di arresto. Una volta entrati nel cammino della salvezza, dovremmo procedere fino alla fine, perché il terreno che abbiamo davanti è già stato sgombrato  dal Cristo. Ma non sempre la fede è vissuta con gli occhi del Cristo. Se allontaniamo lo sguardo dal Salvatore, s’insinua in noi il dubbio, la titubanza, la non volontà di andare avanti. Quello che poco fa era vero ora non ci sembra più tale. E si ritorna alla vita di un tempo e si perde la grazia di Dio. La nostra fede quindi deve sempre guardare al Cristo ed essere da lui rinnovata ogni giorno, perché vediamo con i suoi occhi e non con i nostri. E’ vero quello che Lui dice essere vero, non quello che noi crediamo essere vero. Se la nostra morte in Cristo è un dato ed un fatto, altrettanto lo è la nostra resurrezione in Lui. Se abbiamo già sperimentato che siamo morti con lui, faremo anche esperienza di risurrezione in Lui. Certamente non c’è esperienza di morte che non sia anche esperienza di resurrezione. Paolo si esprime nel linguaggio del paradosso per dimostrare l’assurdità di una fede incerta e malsicura che procede a stento per affermazione e smentite continue. E’ l’inganno del Satana che ci fa vedere il problema della salvezza come qualcosa che è tutto nostro: in realtà è tutto di Cristo e bisogna vederlo in Lui e per Lui, così come da Lui è veduto. Non siamo semplicemente morti in Cristo al peccato, siamo anche in Lui risuscitati a vita nuova. Se non hai ancora fatto esperienza, cosa aspetti? Colui che parla secondo verità non teme la tua verifica, ma  la desidera e la sollecita.

8 Ora se siamo morti con Cristo, crediamo che anche convivremo con lui, 9 sapendo che Cristo risuscitato da morti non muore più: la morte di lui non ha più potere. 10  Infatti colui che  morì, morì al peccato una volta sola; ma colui che vive, vive per Dio. 11 Così anche voi considerate voi stessi di essere morti davvero al peccato ma viventi per Dio in Cristo Gesù.

Nessun dubbio dunque e nessuna incertezza. Non si muore due volte. Colui che è morto e resuscitato non può morire un’altra volta. Nessuno è resuscitato da morte se non Colui che ha vinto la morte: la morte quindi non ha più alcun potere su di Lui. Se la morte appartiene al passato la Sua vita appartiene al presente. Gesù vive solo per Dio, e per Dio solo vuol vivere anche in noi.

12 Non regni dunque il peccato nel vostro corpo mortale così da obbedire ai suoi desideri, 13 né offrite le vostre membra come armi di ingiustizia al peccato, ma presentate voi stessi a Dio come da morti viventi e le vostre membra armi di giustizia a Dio. 14 Peccato infatti non avrà di voi potere: infatti non siete sotto legge, ma sotto grazia.

E’ la logica conclusione del discorso. Non potete e non dovete andare a Dio, come se nulla di nuovo fosse accaduto, ma nella consapevolezza di tutto ciò che ha fatto per voi, magnificando il suo nome ed esaltando la sua opera di salvezza. Non offriamo le nostre membra al peccato, ma a Colui che ci ha liberati da ogni peccato. Non viviamo più come ai tempi della Legge, ma prendiamo coscienza che è tempo di grazia e di resurrezione. Si fa esperienza di morte nel tempo e per un tempo, si sperimenta la resurrezione nell’eternità e per l’eternità. Il tempo della Legge ha avuto un inizio ed una fine. Il tempo della grazia un inizio che è senza fine.

15 Cosa dunque? Pecchiamo, perché non siamo sotto legge, ma sotto grazia? Non sia!

Insiste l’Apostolo nel sottolineare la falsità di una fede che giustifica il peccato ed in esso si addormenta abusando del perdono. Se il perdono e la grazia del Signore sono senza fine, ciò non significa che senza fine debba essere anche il nostro peccato. Nessuno provochi l’ira del Signore approfittando della sua misericordia ed irridendo al suo amore. Non si risponde alla bontà di un padre perpetrando la disobbedienza ed ignorando la sua volontà, rincorrendo ciò che piace a noi e non ciò che è a lui gradito.

16 Non sapete che a chi offrite voi stessi come schiavi per obbedienza, schiavi siete a chi obbedite, o di peccato per morte, o di obbedienza per giustizia?

Paolo delinea ora in maniera chiara ed inequivocabile il senso della nostra libertà. E lo fa innanzitutto sottolineando come tutta la nostra vita sia una servitù, un servizio fatto ad un  padrone.

Qualsiasi schiavitù è l’opposto e la negazione di una qualsiasi libertà e ciò ha indotto molti ad intendere erroneamente le parole dell’Apostolo. Non si nega il libero arbitrio, semplicemente si approfondisce e si chiarisce il suo significato e la sua portata. Noi non siamo liberi innanzitutto di fare il bene ed il male, ma di scegliere tra il Bene ed il Male. Non c’è bene che non sia fondato in Colui che unico è Bene, è non c’è male che non sia fondato in Colui che è Male. Invano l’uomo cerca in se stesso il fondamento del bene e del male. Il conflitto etico è un terribile inganno a cui siamo indotti dalla conoscenza del bene e del male, dimentichi che la conoscenza del bene e del male, altro non è che conseguenza di una scelta negativa, fatta in Eden; non irrevocabile, ma certamente contro Dio e la sua volontà. In conseguenza di questa scelta noi diveniamo schiavi del Maligno a lui obbedienti e da lui agiti. Anche quando facciamo il bene non si può solo per questo dire che siamo nel Bene. Il bene che noi operiamo in Adamo altro non è che un residuo della grazia originale, qualcosa che Dio ci lascia come a lui rapito, perché possiamo intendere ed intraprendere un cammino di ritorno al Padre, così come altrove abbiamo ampiamente spiegato. In realtà nasciamo malvagi perché portiamo le conseguenze di una scelta già fatta in Eden. L’uomo è malvagio semplicemente perché fa il male, ovvero serve al Maligno. Ciò non significa che non possa volere il Bene, cioè servire Colui che è bene. La libertà dell’uomo si pone innanzitutto tra Colui che è fondamento del Bene e Colui che è fondamento del Male, tra Dio e Satana. Nessun bene è fondato nell’uomo se non quello che gli viene dato dal Signore, nessun male è fondato nell’uomo, se non quello che gli è dato dal Maligno. La libertà dell’uomo si colloca davanti a due regni: quello del Signore e quello del Maligno. Dobbiamo fare una scelta. O con l’uno o con l’altro. Ma non possiamo ignorare e scavalcare il fatto che una scelta già l’abbiamo fatta per Satana e contro Dio. Non si può quindi scegliere il Bene se prima non si rinnega il Male, non si può scegliere Cristo come nostro re, se prima non rinneghiamo il diavolo. Tutto questo è mirabilmente spiegato nel Vangelo allorché Gesù dice che non possiamo servire a due padroni. Perché la vita altro non è che una schiavitù a due padroni: a noi spetta di scegliere. Gesù, che è detto il forte, non può entrare nella casa, che è il nostro cuore, se prima non caccia via chi già la occupa abusivamente, con nostro grave danno. Non c’è problema di libertà che non sia innanzitutto questione di liberazione e di salvezza. In fatto di salvezza bisogna avere le idee chiare: nessuno può essere salvo se non è salvato dal Signore, nessuno può liberarsi da solo dalla schiavitù del Maligno. C’è bisogno dell’intervento di Gesù, perché un servo nulla può contro il suo padrone se non fa alleanza e non si fa aiutare da un altro padrone più forte del primo. La liberazione nasce quindi da questa alleanza e da questo patto tra un uomo schiavo, che non ne può più del vecchio padrone e Colui che si presenta come il Salvatore. Va da sé che non c’è liberazione dal Maligno se non quando la salvezza viene a noi offerta dal Cristo. Nessun uomo può raggiungere la vita eterna se non fatto salvo da Gesù, anche se in modi e tempi diversi ed inaccessibili alla nostra intelligenza. Ogni opera di salvezza porta con sé un piano ed una strategia. Un piano comporta tempi, modi, mezzi diversi. E tutto questo chiaramente è dettato da Colui che è il Liberatore, non da colui che deve essere liberato. Dal momento che da soli e con le nostre forze non riusciamo a liberarci dal Maligno è assurdo che diamo suggerimenti al Signore. Dobbiamo dargli fiducia in tutto e per tutto. Non c’è alcun cammino di salvezza senza fede. Aver fede significa innanzitutto credere nell’amore del Signore e credere nella sua potenza. E l’amore di Dio e la sua potenza si manifestano innanzitutto con la morte e la resurrezione del Figlio. Opera di amore l’una, opera di potenza l’altra. Non c’è amore più grande di chi dona la propria vita per l’altro. Non c’è potenza più grande di colui che resuscita da morte. Non ci è chiesta una fede assurda e temeraria. Colui che ci chiede di credere in Lui, innanzitutto ci fa vedere che è degno di essere creduto e che non è vana ed infondata la nostra fiducia. Nessuno che ha fede in un altro dubita e mette in discussione la sua parola. Perché Gesù ci salvi dobbiamo ascoltarlo e fare tutto ciò che la sua Parola ci dice. Se prima eravamo schiavi del Satana ed ascoltavamo la sua parola, ora dobbiamo convertirci ed ascoltare la Parola dell’Altro.

Il protagonista primo della nostra salvezza è dunque Gesù. Questo non significa che noi nulla dobbiamo operare: dobbiamo operare nella direzione da lui voluta: fare quello che ci comanda e non altro. Immaginate un uomo che sta annegando perché non riesce a sostenere i flutti dell’acqua. Ecco che arriva un altro molto più forte in soccorso. Colui che è in pericolo di morte, deve accogliere il salvatore e collaborare,  ascoltando le sue richieste e non facendo nulla di propria iniziativa che possa intralciare il piano di soccorso. Non è detto che il salvataggio di chi si muove molto sia più facile: al contrario a volte intralcia ed impedisce l’opera del soccorritore. Ma il discorso di Paolo ci porta oltre, allorché la salvezza è un fatto compiuto. Siamo stati liberati dal vecchio padrone, ora dobbiamo servire il nuovo. Prima obbedivano al diavolo perché eravamo servi del peccato, ora obbediamo al Cristo perché siamo servi della giustizia. C’è una obbedienza che è morte, c’è un’obbedienza che è vita. Chi obbedisce al Satana è libero rispetto al Cristo, chi obbedisce al Cristo è libero rispetto al Satana. C’è dunque libertà e libertà in rapporto al padrone che abbiamo scelto. C’è una libertà originale e c’è una libertà originata. Per la prima siamo collocati tra il Bene ed il Male, tra Dio e Satana. Per la seconda, in quanto derivata dalla prima, ci troviamo liberi o rispetto al Signore o rispetto al Maligno. Se per la libertà originale dobbiamo fare una scelta, per quella derivata dobbiamo perseverare in una scelta. Si rimane liberi dal Satana soltanto nella misura in cui si persevera nell’obbedienza al Cristo, si rimane liberi del Cristo nella misura in cui si persevera nell’obbedienza  al Satana. Come si vede il concetto di libertà si può intendere in modo diverso. All’origine siamo liberi di scegliere il nostro padrone; fatta la scelta diventiamo suoi schiavi. Ma chi è schiavo rispetto ad un padrone è libero rispetto ad un altro. Vi è poi un altro modo di intendere la libertà: non rispetto al nostro padrone, ma rispetto a ciò che da lui ne viene. Schiavi di Cristo siamo liberati dal male: schiavi di Satana siamo liberati dal bene. In Cristo il male non ha più alcun potere su di noi: in Satana è il bene che non ha alcun potere su di noi. In questo senso dice Gesù: “Voi sarete liberi se vi libererà il Figlio dell’uomo”. E’ Cristo che ci fa liberi rispetto al peccato. Non c’è quindi libertà di fare il bene se non per chi è stato fatto libero dal Cristo rispetto al male. Non esiste una libertà dell’uomo, fondata nel proprio io, come autodeterminazione  per il bene ed il male. E’ la scelta del Bene e del Male che ci determina per l’uno o per l’altro. In conclusione siamo liberi di scegliere fra il Bene ed il Male, non c’è libertà rispetto all’operare il bene ed il male. Fa il bene chi ha scelto il Signore, fa il male chi ha scelto il Maligno. Chi si è fatto schiavo di Cristo può dirsi libero solo nel senso che è liberato dal Cristo dal potere del Maligno. Chi è schiavo del Satana può ugualmente dirsi libero nel senso che è fatto libero rispetto al potere del Signore. Tutti vogliono ed amano la libertà, ma quale? Ognuno sceglie la libertà che più gli piace e ne porta le conseguenze. C’è schiavitù e schiavitù, c’è libertà e libertà. Quando si parla di libertà bisogna specificare e chiarire che cosa si intende. La libertà va innanzitutto definita chiarendo rispetto a chi si pone, a che cosa si pone, quando si pone. Certe polemiche violente tra sostenitori del libero arbitrio e sostenitori del servo arbitrio hanno alla loro origine un malinteso o frainteso concetto di libertà. Prima di discutere di libertà bisogna spiegare  di quale libertà si vuol parlare. Certo il linguaggio umano è frutto per lo più di menti ottenebrate e porta con sé ogni ambiguità e contraddizione. Meglio usare il linguaggio della Scrittura; ma bisogna prima riflettere e meditare sulla Parola.

La libertà a cui è dato scegliere per Dio o contro Dio appartiene alla dimensione dello spirito e non va confusa con la libertà dell’anima, che è conoscenza del bene e del male. La prima è realtà originale, la seconda realtà originata dal peccato di Adamo: l’una ha valore assoluto e in quanto absoluta, sciolta o dal Satana o dal Signore, può fare una scelta eterna;  l’altra ha un valore relativo, nel senso che è solo relativamente ad uno stato di peccato ed in quanto limitata da esso può soltanto scegliere tra ciò che consegue a questo stato: la conoscenza del bene e del male. Scelta relativa, ma anche limitata, in quanto si sceglie solo quel bene e quel male che si conosce in questa vita, senza necessario rimando al Bene che è Dio ed al Male che è il Satana. La libertà originata deve essere guidata dalla libertà originale, pena un giro vizioso su se stessa in virtù del quale non esce mai dal suo destino di morte. E’ soltanto in virtù di un diabolico inganno che la libertà originata prende il posto della libertà originale, quando lo spirito che è in noi dorme ed il suo posto è preso dall’anima.Una luce gettata dalla Parola di Dio sulla nostra anima, può bensì risvegliare e sollecitare il nostro spirito. E questo è il senso della Rivelazione e di una Parola scritta non solo per il singolo, ma per tutta la comunità. Nella Sacra Scrittura è tracciata la via e dettata la regola per rimettere le cose a posto… ma bisogna dar retta, come è richiesto dall’apostolo Paolo.

17 Ma grazie a Dio che eravate schiavi del peccato, ma obbediste poi dal cuore a quella regola di insegnamento a cui siete stati consegnati. 18 Essendo poi stati liberati dal peccato siete stati fatti schiavi della giustizia.

Dobbiamo rendere grazie a Dio, perché solo grazie a Lui siamo stati liberati dalla schiavitù del peccato. E tutto questo in virtù di un’obbedienza piena e senza riserve a quell’invito che ci è arrivato grazie all’annuncio del Vangelo. Liberati dal peccato siamo diventati servi della giustizia divina, così come spiegato.

19 Parlo umanamente a causa della debolezza della vostra carne.

Paolo si rende conto di quanto sia difficile parlare delle cose del cielo con il linguaggio che è della terra. Usa le parole più semplici e più accessibili alla ragione umana.

Infatti come  presentaste le vostre membra schiave all’impudicizia e alla iniquità per l’iniquità, così ora presentate le vostre membra schiave alla giustizia per santificazione.

Nessun uomo può tenere la vita per sé: deve fare i conti con il vecchio padrone, ma anche con il nuovo, che viene a reclamare ciò che gli appartiene. Chi si offre al maligno offre se stesso, anima, corpo e spirito, all’impurità e all’iniquità. Chi si offre al Cristo si offre alla giustizia ed alla santificazione. Si dice comunemente che un padrone vale l’altro e che non vale la pena cambiare. Ma qui tutto è diverso. Per sapere come stanno le cose bisogna solo sperimentare e non fa esperienza del nuovo chi è contento del vecchio. Guai ai primi di questo mondo, faranno più fatica a scegliere Cristo. Beati gli ultimi: sono più invogliati a cambiare.

20 Quando infatti eravate schiavi del peccato, eravate liberi rispetto alla giustizia.

Qualcuno forse rimpiange la libertà perduta. Chi è servo del peccato è libero nei confronti della giustizia divina: non deve obbedire a Cristo. Certamente gli uomini di questo mondo hanno cara una simile libertà, nella quale e per la quale fanno tutto ciò che vogliono. Ciò che ci appare facile e bello non necessariamente è per questo vero. La vera libertà si vede dai frutti che porta con sé.

21 Dunque quale frutto avevate allora? Per quelle cose  adesso arrossite.

Paolo ci risparmia un elenco dettagliato. Sappiamo come va a finire.

Infatti il fine di quelle è morte

Per fortuna è storia di ieri e non di oggi.

22 Ma ora liberati dal peccato, fatti schiavi a Dio, avete il vostro frutto per santificazione, il fine poi è vita eterna.

Chi è diventato servo di Cristo stia attento a non ricadere nella condizione di un tempo. Chi sceglie oggi  sceglie anche per il domani e per l’eternità.

23 Difatti lo stipendio del peccato è  morte;

Giustamente Paolo dice che la morte è stipendio del peccato. Stipendio è ciò che è dovuto per la propria opera. Chi opera il peccato merita la morte come stipendio.

Il dono di Dio invece è vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore

Chi opera il bene lo fa per grazia divina. La vita eterna quindi non può essere il suo stipendio, ciò che è a lui dovuto, ma soltanto ciò che è a lui donato. Vedi come Paolo non perde occasione per ripetere che il peccato ci appartiene in nostro. Altro che semplice eredità di Adamo! Non si parla di stipendio rispetto a ciò che si eredita da un altro, ma solo rispetto a ciò che è da noi operato.

E’ soltanto una malintesa concezione della libertà che ci porta a collocare il bene ed il male che noi operiamo su di un nostro piano. Solo il male è al nostro piano, il bene è ad un piano superiore, non umano , ma divino. Certamente la legge non porta chiarezza in tutto ciò. Mette in risalto la gravità della colpa ed accentua il peccato. E tutto questo è bene. Ma può anche creare una presunzione di giustizia falsa ed ingannevole. Per colpa nostra certamente: di per sé la legge è buona.

Per grazia di Dio con la venuta di Cristo tutto è più chiaro e non c’è più alcuna possibilità di errore e di inganno al riguardo. Che senso ha rimanere nella luce che ci viene dalla legge, quando ora ci è data una luce infinitamente più grande che nulla può offuscare? Non va disprezzato il dono di ieri, ma è superato dal dono di oggi. Chi ha un rapporto sponsale con la legge, potrebbe sentirsi in colpa di adulterio. Ma è Dio stesso che ci ha liberati dal vincolo con la legge. Certamente è in colpa chi abbandona la moglie di sua iniziativa e si unisce ad un’altra donna con o senza il consenso dell’uomo. Ma ora è Dio stesso che scioglie l’antico matrimonio e ci chiama ad uno nuovo col Cristo. Ma allora, mi dirai, perché Gesù afferma che non è venuto ad abolire la legge, ma ad adempierla. Altro è abolire la legge, altro è sciogliere dalla legge. La legge rimane in tutto il suo valore ed in tutta la sua importanza, è semplicemente attuata e sostituita dal Cristo. In questo senso dobbiamo intendere quanto segue. Paolo non dice che siamo liberi dalla legge, semplicemente perché la legge è morta rispetto a noi, al contrario siamo liberi dalla legge perché noi siamo morti rispetto a lei. Siamo passati ad un’altra vita che è il naturale epilogo della prima. La nostra prima sposa rimane tale per chi non è ancora rinato in Cristo. Non perde la sua importanza ed il suo valore, ma solo per chi è ancora in cammino verso il Salvatore. La legge è la nostra compagna di viaggio per arrivare alla metà. Ma è un altro lo sposo con cui entriamo nella vita eterna.

 

 

 

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