Lettera ai Romani cap4

                               Cap. 4    

 

“Cosa dunque diremo aver trovato Abramo, il nostro progenitore secondo la carne? 2 Se infatti Abramo da opere è stato giustificato, ha vanto, ma non presso Dio. 3 Cosa infatti dice la Scrittura? Credette ora Abramo a Dio e gli fu computato a giustizia. 4 Al lavorante poi il salario non è computato per dono, ma per debito. 5 Ma al non lavorante, ma credente in colui che giustifica l’empio, è computata la sua fede a giustizia; 6 come anche Davide proclama (dice) la beatitudine dell’uomo a cui Dio computa giustizia senza opere: 7 Beati coloro dei quali furono perdonate le iniquità e dei quali furono coperti i peccati. 8 Beato l’uomo del quale il Signore non computerà affatto il peccato. 9 Dunque questa beatitudine è per la circoncisione o anche per l’incirconcisione? Diciamo infatti: Fu computata ad Abramo la fede a giustizia. 10 Come dunque fu computata? Essendo nella circoncisione o nella incirconcisione? Non nella circoncisione ma nella incirconcisione!.

11 E  ricevette il segno della circoncisione come sigillo della giustizia della fede, quella nella incirconcisione, per essere lui padre di tutti i credenti attraverso l’incirconcisione, per essere computata anche a loro la giustizia. 12 e padre della circoncisione per quelli non solo dalla circoncisione, ma anche per i procedenti sulle orme della fede nell’incirconcisione del nostro padre Abramo.

13 Infatti non per mezzo della legge fu fatta la promessa ad Abramo o alla sua discendenza di essere lui l’erede del mondo, ma per mezzo della giustizia della fede. 14 Se infatti gli eredi sono dalla legge, è stata svuotata la fede e resa inoperante la promessa.

15 Infatti la legge produce l’ira; dove invece non c’è legge neppure c’è trasgressione. 16 Perciò questa cosa è dalla fede, affinché per grazia sia valida la promessa per tutta la discendenza, non a quella soltanto dalla legge, ma anche a quella che è dalla fede di Abramo, che è padre di tutti noi, 17 come è scritto:  Padre di molte genti ti ho posto, di fronte al  Dio al quale  credette, colui che fa vivere i morti e chiama le cose che non sono come quelle che sono.

18 Il quale contro speranza in speranza credette così da diventare lui padre di molte nazioni secondo quanto detto; Così sarà la tua discendenza 19 e, non essendo debole nella fede, considerò il suo corpo già morto, avendo circa cento anni, e lo stato di morte del grembo di Sara; 20 ma per la promessa di Dio non dubitò con l’incredulità, ma fu fortificato con la fede, avendo dato gloria a Dio 21 ed essendo convinto che ciò che ha promesso è anche capace di fare.

22 Per questo anche fu a lui computato a giustizia. 23 Ora non fu scritto soltanto per lui che fu computato a lui, 24 ma anche per noi, a cui sta per essere computato, ai credenti in colui che ha risuscitato Gesù, il nostro Signore, dai morti, 25 il quale fu consegnato a causa dei nostri peccati ed è resuscitato per la nostra giustificazione.

 

 

 

 

 

 

“Cosa dunque diremo aver trovato Abramo, il nostro progenitore secondo la carne? 2 Se infatti Abramo da opere è stato giustificato, ha vanto, ma non presso Dio. 3 Cosa infatti dice la Scrittura? Credette ora Abramo a Dio e gli fu computato a giustizia.

4 Al lavorante poi il salario non è computato per dono, ma per debito. 5 Ma al non lavorante, ma credente nel giustificante l’empio, è computata la sua fede a giustizia; 6 come anche Davide dice la beatitudine dell’uomo a cui Dio computa giustizia senza opere: 7 Beati coloro dei quali furono perdonate le iniquità e dei quali furono coperti i peccati. 8 Beato l’uomo del quale il Signore non computerà affatto il peccato.

Lungo tutto questo passo l’apostolo sembra voler dire che in qualche modo due siano le giustificazioni, delle quali una la chiama dalle opere, l’altra invece dalla fede.

E dice che quella che è dalle opere riceve certo gloria, ma in se stessa e non presso Dio; quella invece che è dalla fede dice che riceve gloria presso Dio, come è naturale presso colui che scruta i cuori degli uomini e conosce nel segreto chi è che crede e chi è che non crede.

E perciò è giusto che la giustificazione dalla fede riceva gloria presso Dio solo, il quale sa scoprire in ciò che è nascosto il sentimento della sua fede, mentre a chi si attende la giustificazione dalle opere può succedere che le sue opere siano approvate anche dagli uomini… Non credere però che se uno ha una tale fede da poter, giustificato da essa, ricevere gloria presso Dio, possa avere insieme con essa anche l’ingiustizia. Infatti la fede non può avere nulla in comune con l’incredulità né la giustizia una qualche comunione con l’iniquità, così come per la luce non può esserci associazione con le tenebre. Se infatti chi crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio e chi è nato da Dio non pecca, è chiaro che chi crede a Gesù Cristo non pecca: chè se pecca, è certo che non crede a lui. Pertanto vi è un indizio di vera fede quando non si commette peccato, come viceversa, quando si commette peccato, vi è un indizio di incredulità.

Perciò dunque anche in un altro passo della Scrittura viene detto di Abrahamo che fu giustificato dalle opere della fede: poiché è certo che chi crede veramente compie le opere della fede e della giustizia e di ogni bontà e diventa capace di entrambe le glorie, sia di quella che è presso Dio nel segreto sia anche di quella che è palese e non si trova solo presso Dio…Occorre dunque anche considerare in modo più profondo se è detto che la sua fede gli fu ascritta a giustizia per il solo fatto che egli credette che gli sarebbe stato dato un figlio e che da lui si sarebbe propagata una discendenza simile alla moltitudine delle stelle, oppure per questo ed anche per tutto ciò che già prima aveva creduto.

E infatti è impensabile che prescindendo dalla fede sia avvenuto che egli uscisse dalla sua terra e dal parentado di suo padre e giungesse nella terra che Dio gli aveva mostrato; o anche l’altro evento: quando, separatosi Lot da lui, il Signore gli dice:

“Osserva con i tuoi occhi e vedi dal luogo in cui stai a guardare verso settentrione e mezzogiorno, e a occidente e ad oriente, poiché tutta questa terra che tu vedi io la darò a te e alla tua discendenza in eterno”. Ma chi mai dirà che sia avvenuto prescindendo dalla fede anche quell’altro fatto: che Abrahamo, nel suo cammino verso Hebron, abitò presso il querceto di Mamre e lì edificò un altare al Signore? Come poi poteva non essere opera di fede anche quell’altro episodio: quando Melchisedech benedisse Abrahamo dicendo: “Benedetto Abrahamo dal Dio eccelso che ha creato il cielo e la terra, e benedetto il Dio eccelso che ha consegnato i suoi nemici nelle sue mani?”.

Da tutto ciò si deduce che in ciascuno di questi casi Abrahamo ebbe sì fede, però in modo parziale; invece nel passo dove è detto che la fede gli fu ascritta a giustizia tale fede è dichiarata perfetta…Dunque anche nel passo in questione, essendosi già verificati molti atti di fede da parte di Abrahamo in tutti quei singoli episodi che abbiamo prima parzialmente ricordato, sembra in questo passo che tutta la sua fede sia stata ora raccolta insieme e così ascritta a giustizia.

Ora appunto osserverai che, come della fede è detto che gli fu ascritta a giustizia, così anche delle altre virtù si può dire, per esempio, che a ciascuno si può ascrivere a giustizia la misericordia o la sapienza o la scienza o la mansuetudine e l’umiltà, o comunque che ad ogni credente si ascrive a giustizia la fede. Ma quando ritorno alle Scritture, trovo che non a tutti i credenti la fede viene ascritta a giustizia. Così, per esempio, viene detto dei figli di Israele che “credettero al Signore e al suo servo Mosè”, e tuttavia non si aggiunge quanto si trova scritto di Abrahamo, cioè che ad essi la fede fu ascritta a giustizia. Per questo ritengo che non avevano, come abbiamo insegnato nel caso di Abrahamo, una perfezione di fede raccolta in unità a partire dai molti atti di fede parziali e tale da meritare di essere ascritta a giustizia.

L’espressione poi: “Ora a chi compie un lavoro, la mercede non è imputata come grazia, ma come cosa dovuta, invece a chi crede in colui che giustifica l’empio la fede è ascritta a giustizia”, sembra quasi lasciare intendere che nella fede c’è la grazia di chi giustifica, mentre nelle opere la giustizia di chi retribuisce.

Ma io quando considero l’elevatezza del discorso per cui Paolo dice che a chi compie un lavoro si ricambia secondo il dovuto, a stento mi persuado che vi possa essere una qualche opera che richieda come dovuta una ricompensa da parte di Dio, dal momento che anche il fatto stesso che possiamo compiere qualcosa o pensare o parlare ci è possibile farlo per suo dono e benevolenza.

Quale sarà dunque il debito di colui dal quale abbiamo precedentemente ricevuto un prestito? E perciò occorre piuttosto vedere se per caso l’espressione: “Ora a colui che compie un lavoro, la mercede sarà ascritta come cosa dovuta”non debba essere interpretata nel senso di cosa dovuta per un’azione alquanto malvagia. Troverai infatti che spesso nei libri divini i peccati sono chiamati debiti, come il Signore stesso ci insegnò a dire nella preghiera: “ Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori” e di nuovo quando il Signore stesso dice: “Un padrone aveva due debitori: uno gli doveva  cinquecento denari e l’altro cinquanta” ed egli stesso interpretò che il discorso andava riferito ai peccati. Allora vedi se per caso anche nel nostro passo l’apostolo abbia interpretato nel senso che abbiamo prima detto la mercede dell’opera che viene ricambiata come cosa dovuta, parlando di coloro che operano così come Caino operò lavorando la terra e come in un altro passo si dice: “Allontanatevi da me, operatori di iniquità”: e a questi certo viene pagata la pena dovuta, per così dire, come mercede dell’iniquità.

E’ per questo che il medesimo apostolo in un altro passo dice: “Lo stipendio del peccato è la morte” e non ha aggiunto, esprimendosi nello stesso modo, “ lo stipendio della giustizia è invece la vita eterna”, ma dice: “Grazia di Dio è invece la vita eterna”, per indicare che lo stipendio, che senz’altro è simile al debito e alla mercede, è una retribuzione consistente nella pena e nella morte, e per riservare invece la vita eterna alla sola grazia.

In questo senso ritengo debba intendersi come riferito alle opere cattive anche quanto è scritto nel vangelo: “Con quella misura con cui avrete misurato, con la stessa sarà rimisurato a voi”. Non è stato Dio a stabilire la misura della sua grazia, poiché sta scritto: “Dio infatti non dà il suo Spirito a misura”. ( Origene )

 

 

Paolo ha già spiegato che la Legge non si può comprendere se non alla luce di quella Parola che è data prima e dopo di essa. Del dopo l’apostolo ha già parlato a lungo; ora vuol considerare il prima.

Se il dopo illumina una legge che è solo per Cristo ed in vista di Cristo, cerchiamo ora di riprendere il discorso della salvezza dalle sue origini.

Se l’epilogo non è chiaro ed accetto a tutti, chi oserebbe mettere in discussione le origini di Israele e quella  paternità che discende innanzitutto da Abramo?

Paolo vuol rendersi comprensibile a tutti, anche a quelli che fanno fatica ad abbandonare la centralità della Legge nell’economia della salvezza. Non comprendi come La Legge si deve interpretare alla luce del Cristo e non viceversa?

Ebbene ti dimostrerò che anche quanto viene prima, dall’inizio, non va inteso alla luce della Legge, viceversa getta una luce diversa sulla medesima legge. Se pensi che Abramo fu giustificato dalle opere, certamente riceve gloria, ma non presso Dio.

Vi è una gloria che l’uomo rende all’uomo, del tutto arbitraria, non conosciuta dal Signore ed estranea alla sua parola. Cosa dice infatti la Scrittura? “Abrahamo credette a Dio e gli fu ascritto a giustizia”. Abramo fu bensì giustificato, ma non per le opere della legge. Abramo non possedeva ancora la Legge mosaica, e già questo potrebbe giustificare una salvezza che procede per vie diverse.

La sua fede è in anticipo rispetto alla Legge e non è in funzione di questa: scavalca la Legge mosaica e si posa in Cristo, in Colui che è adempimento di ogni legge e della stessa Legge. Come non puoi comprendere il Cristo nell’ottica della sola Legge, neppure puoi comprendere Abramo nell’ottica della stessa Legge.

Viceversa Cristo ed Abramo gettano sulla Legge una medesima luce e scoprono ed evidenziano una centralità diversa nell’economia della salvezza: quella della fede in Cristo Salvatore.

4 Al lavorante poi il salario non è computato per dono, ma per debito.

La salvezza non è qualcosa di dovuto all’uomo, in virtù delle sue opere, ma semplicemente un dono, una grazia. E la grazia non è affatto un qualcosa in più, rispetto alla vita, un privilegio che può esserci e non esserci. E’ l’unica porta aperta verso la salvezza.

Non è graziato se non chi ha già subito una condanna, e non è possibile alcun riscatto in virtù dei propri meriti, ma solo per la misericordia divina. Vuoi comprendere o uomo stolto ed insensato che seppure osservi la legge, non per questo diventi migliore?

Non puoi cambiare natura se non rinato in Cristo, da Lui rifatto e riplasmato.

5 Ma al non lavorante, ma credente nel giustificante l’empio, è computata la sua fede a giustizia; 6 come anche Davide dice la beatitudine dell’uomo a cui Dio computa giustizia senza opere: 7

Beati coloro dei quali furono perdonate le iniquità e dei quali furono coperti i peccati. 8 Beato l’uomo del quale il Signore non computerà affatto il peccato.

Se la Legge mette al centro l’uomo nel suo dover essere davanti a Dio, la fede mette al centro Dio nel suo voler essere rispetto all’uomo. La giustizia dell’uomo deve cedere il posto alla giustizia divina, l’operare dell’uomo è soppiantato da quello di Dio.

L’uomo che vuol diventare giusto è scavalcato e soppiantato dall’uomo che è fatto giusto dalla volontà divina.

La salvezza non viene dalle nostre opere, ma dalla nostra fede nell’opera di Cristo Gesù. Ciò che è opera del Cristo è merito e giustizia presso il Padre, è dono e grazia per l’uomo che ne è beneficato.

Non ti basta la testimonianza di Abramo? Vuoi anche quella dei profeti?

6 come anche Davide dice la beatitudine dell’uomo a cui Dio computa giustizia senza opere: 7 Beati coloro dei quali furono perdonate le iniquità e dei quali furono coperti i peccati. 8 Beato l’uomo del quale il Signore non computerà affatto il peccato.

Non c’è beatitudine se non nel perdono e per il perdono che ci è dato in Cristo Gesù. E’ tempo di gioia, perché tempo di grazia.

E quale condannato a morte non sarebbe felice allorché gli è spalancata la porta del carcere e gli è posta davanti la strada per una novità di vita?

La fede vede innanzitutto ciò che è nuovo, non si arrocca su posizioni di battaglia ormai superate.

Non ne abbiamo abbastanza della nostra disfatta? Vogliamo ancora combattere una guerra perduta? Meglio aprire la porta del  cuore a Colui che è più forte del  nemico.

E perché pagare a caro prezzo ciò che è dato gratuitamente? Accogli il Salvatore e gettati fra le sue braccia? Nulla puoi dargli in contraccambio che sia più gradito della fede e dell’inno di lode per la sua misericordia.

 9 Dunque questa beatitudine è per la circoncisione o anche per l’incirconcisione? Diciamo infatti: Fu computata ad Abramo la fede a giustizia. 10 Come dunque fu computata? Essendo nella circoncisione o nella non circoncisione? Non nella circoncisione ma nella in circoncisione!. 11 E ricevette il segno della                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        circoncisione sigillo della giustizia della fede, quella nella incirconcisione, per essere lui padre di tutti i credenti attraverso l’incirconcisione, per essere computata anche a loro la giustizia, 12 e padre della circoncisione per quelli non solo dalla circoncisione, ma anche per i procedenti sulle orme della fede nell’incirconcisione del nostro padre Abramo.

Dopo aver spiegato quale sia l’unica vera beatitudine, ovvero quella del perdono che ci è donato in Cristo, Paolo ritorna al problema della circoncisione. Perché tanta insistenza su ciò che è ancora legato alla legge?

Invero il precetto della circoncisione fu dato ad Israele ancor prima della Legge, a partire da Abramo. Giova quindi considerare il suo significato in sé e per sé.

La circoncisione, seppur sancita e fatta propria dalla Legge, non è in funzione della medesima, ma della fede in Cristo. E’ immagine e segno di una vita nuova, che seppur passa attraverso la via della Legge,  non si ferma ad essa, ma la scavalca per approdare alla fede in Cristo.

E’ un segno di appartenenza all’unico vero Dio, è sigillo impresso dal Padre nella nostra carne, figura ed immagine dell’unico vero sigillo che è quello impresso nel cuore dei credenti attraverso il battesimo in Cristo Gesù.

Vuoi una dimostrazione chiara ed inconfutabile che è soltanto figura, immagine della realtà?  Diciamo infatti: Fu computata ad Abramo la fede a giustizia. 10 Come dunque fu computata? Essendo nella circoncisione o nella non circoncisione? Non nella circoncisione ma nella incirconcisione!

Se dunque la fede fu ascritta ad Abramo a giustizia quando non era ancora circonciso, allora questo significa che la circoncisione non gli ha donato una vita nuova, semplicemente l’ha accompagnata, l’ha riconosciuta nel segno della carne.

Ma non vi è soltanto il segno nella carne, ancor prima e ancor più vi è il segno nello Spirito, quello che ci viene dato in Cristo, allorché siamo in Lui battezzati.

Come poteva Abramo essere battezzato in Colui che ancora non era venuto? Per questo ricevette la circoncisione come segno della vita nuova che aveva avuto dalla fede in Cristo venturo.

Come la sua fede è in anticipo rispetto alla venuta di Gesù, così la sua circoncisione è in anticipo rispetto al battesimo nello stesso Cristo Gesù. Non si può intendere la fede di Abramo se non in rapporto a Colui che doveva venire, non si può intendere la sua circoncisione se non in rapporto alla vita nuova che è in Cristo.

La circoncisione in Abramo ha un significato del tutto particolare, unico ed esclusivo: non crea la fede, semplicemente l’accompagna, non dona la salvezza, ma testimonia che è già avvenuta.

Per Israele la circoncisione è segno non della salvezza che è già avvenuta, ma della salvezza che verrà. E’ immagine , figura del battesimo, ma allorché viene il Cristo l’immagine cede il posto alla realtà. Israele porta in sé il segno della circoncisione diversamente da Abramo.

In Abramo la circoncisione testimonia la vita che è già venuta, in Israele annuncia la vita che verrà. La circoncisione è semplicemente messaggera di una nuova vita, ma allorché siamo nella nuova vita perde il suo originale significato e la sua primitiva valenza.

Se la circoncisione semplicemente annuncia la vita nuova, il battesimo la testimonia. Altro è annunciare ciò che deve venire altro è testimoniare ciò che è già venuto.

Soltanto in Abramo la circoncisione ha un duplice significato: da un lato testimonia ciò che in lui è già avvenuto tramite la fede, dall’altro annuncia la salvezza che verrà per tutto Israele.

Messaggero  in virtù della circoncisione di una salvezza che doveva ancora venire, testimone in virtù della fede di quella salvezza che aveva già ottenuto in Cristo Gesù. Abramo quindi fu circonciso, non per se stesso, ma semplicemente in vista della salvezza di tutto il suo popolo. La circoncisione che in lui non era necessaria, divenne necessaria per Israele ed in funzione di Israele.

11 E il segno ricevette della circoncisione sigillo della giustizia della fede, quella nella in circoncisione, per essere lui padre di tutti i credenti attraverso l’incirconcisione, per essere computata anche a loro la giustizia.

Abramo è padre di tutti i credenti, sia di quelli che vengono alla fede senza passare attraverso la circoncisione, sia di quelli che credono in Cristo dopo aver ricevuto la circoncisione.

12 e padre della circoncisione per quelli non solo dalla circoncisione, ma anche per i procedenti sulle orme della fede nell’incirconcisione del nostro padre Abramo.

Non basta evidentemente essere circoncisi: bisogna avere la fede. La fede dei circoncisi giustamente ha occhi anche per il passato.

E come potrebbe Dio biasimare? Ma non per un ritorno al passato, bensì per avere gli occhi di colui  che ha già visto nel passato. Per questo Abramo è padre di tutti gli eletti, perché per primo ha creduto in Cristo Salvatore. Qualsiasi altro riferimento ad Abramo è ingannevole e fuorviante.

13 Infatti non per mezzo della legge fu fatta la promessa ad Abramo o alla sua discendenza di essere lui l’erede del mondo, ma per mezzo della giustizia della fede.

La Legge, di cui la circoncisione è parte, annuncia il Cristo; non contiene in sé alcuna promessa di salvezza: semplicemente  prepara alla salvezza. Per questo grande è la sua utilità: ma diventa inutile quando prende il posto del Salvatore.

. 14 Se infatti gli eredi sono dalla legge, è stata svuotata la fede e resa inoperante la promessa.

Se la salvezza è data a coloro che si basano sulla Legge, allora la Legge è fine a se stessa. Vanifica la fede in Cristo, perché non ha bisogno di un Salvatore.

Come è resa inutile la fede, così è svuotata di valore la promessa. Come si può promettere quella salvezza che già è venuta, ed è già stata acquisita in virtù dei nostri meriti?

15 Infatti la legge produce l’ira; dove invece non c’è legge neppure c’è trasgressione.

La Legge annuncia la salvezza, ma non la porta in sé, provoca semplicemente l’ira divina, perché manifesta il peccato dell’uomo. Pensi di essere migliore solo perché ti è stata data la Legge? In virtù della Legge c’è solo una trasgressione più consapevole e più responsabile.

Se tutto si decidesse per la Legge ed in virtù della Legge, potremmo arrivare alla conclusione assurda e paradossale che sono da ritenersi migliori gli uomini che non hanno alcuna legge.

Perché la dove non c’è legge, non vi è neppure trasgressione, né possibilità alcuna da parte di Dio di giudizio e di condanna.  Paolo ha già dimostrato che tutti hanno una legge: è una semplice provocazione, ma logicamente fondata!

Mette quelli che si credono i primi all’ultimo posto e gli ultimi al primo posto.

16 Perciò questa cosa è dalla fede, affinché per grazia sia valida la promessa per tutta la discendenza, non a quella soltanto dalla legge, ma anche a quella che è dalla fede di Abramo, che è padre di tutti noi, 17 come è scritto:  Padre di molte genti ti ho posto, di fronte al Dio al quale credette, colui che fa vivere i morti e chiama le cose che non sono come quelle che sono.

18 Il quale contro speranza in speranza credette così da diventare lui padre di molte nazioni secondo quanto detto; Così sarà la tua discendenza 19 e, non essendo debole nella fede, considerò il suo corpo già morto, avendo circa cento anni, e lo stato di morte del grembo di Sara; 20 ma per la promessa di Dio non dubitò con l’incredulità, ma fu fortificato con la fede, avendo dato gloria a Dio 21 ed essendo convinto che ciò che ha promesso è anche capace di fare.

22 Per questo anche fu a lui computato a giustizia. 23 Ora non fu scritto soltanto per lui che fu computato a lui, 24 ma anche per noi, a cui sta per essere computato, ai credenti in colui che ha risuscitato Gesù, il nostro Signore, dai morti, 25 il quale fu consegnato a causa dei nostri peccati ed è resuscitato per la nostra giustificazione.

La promessa fu fatta per la fede ed è stabile, duratura, valida nel tempo non per le opere  dell’uomo, ma soltanto per la grazia divina. Dio promette non per i nostri meriti, ma per quelli del Figlio.

Una promessa che dipenda e sia in qualche modo condizionata dall’agire umano, non ha in sé alcuna garanzia di certezza, perché l’uomo non può farsi garante del proprio operare.

E’ Cristo che garantisce per l’uomo l’osservanza della Legge e non c’è salvezza se non attraverso la fede in Lui. La promessa che dipende dalla fede non è fatta solo ad Israele, in virtù della Legge, ma a tutte le genti. E’ riduttivo e fuorviante considerare Abramo  padre del solo Israele: è padre di tutti coloro che credono in quel Dio che fa vivere i morti, donando loro vita nuova.

E chiama le cose che non sono come quelle che sono. Tutto quel che proviene da Dio è frutto del suo amore. Anche ciò che appare insignificante ai nostri occhi: quanto più gli ultimi sono chiamati ad essere come i primi, e i non figli sono ritrovati come figli!

18 Il quale contro speranza in speranza credette così da diventare lui padre di molte nazioni secondo quanto detto; Così sarà la tua discendenza 19 e, non essendo debole nella fede, considerò il suo corpo già morto, avendo circa cento anni, e lo stato di morte del grembo di Sara; 20 ma per la promessa di Dio non dubitò con l’incredulità, ma fu fortificato con la fede, avendo dato gloria a Dio 21 ed essendo convinto che ciò che ha promesso è anche capace di fare. 22 Per questo anche fu a lui computato a giustizia.

Ogni speranza ha un suo fondamento. Noi reputiamo infondata una speranza che va contro ogni logica evidenza. Si spera quando ci sono le premesse e i presupposti per sperare.

E’ considerato un temerario ed un folle l’uomo che spera in ciò che appare altamente improbabile o addirittura impossibile.

Come definire allora chi crede contro la speranza, se non uno sciocco ed un uomo senza intelletto? Persone di tal fatta certo non mancano e non è dovuta a loro alcuna stima. Eppure sono in grado di stupire e di attrarre a sé l’attenzione altrui. E’ giustificato l’interesse per una qualsiasi credenza solo per la sua eccezione e diversità? Che cosa distingue la fede di Abramo da quel fideismo così diffuso fra gli uomini, che si riveste di attributi santi e in certi casi addirittura cristiani?

La fede è come una medaglia a due facce: da un lato vi è chi crede, dall’altro ciò o Colui che è creduto. La fede è vera soltanto quando vi è una perfetta sintonia tra colui che crede e Colui che è creduto.

Chi crede fa proprio Colui che è creduto a Lui affidandosi e a Lui ubbidendo. Ma esiste anche la possibilità di una fede ingannevole… quando colui che crede non si lascia plasmare da colui che è creduto, ma al contrario crea da sé l’oggetto della propria fede, a propria immagine e somiglianza. Si tratta di una fede falsa, che vede Dio in funzione di se stessa e non se stessa in funzione di Dio.

Ed è soltanto la capacità di ascolto e di ubbidienza la linea di demarcazione tra la verità e la menzogna.

Abramo credette, non per un atto temerario o per una limitazione dell’intelletto, ma soltanto in virtù di quella capacità di ascolto della voce della coscienza, che non è data una volta per tutte, ma che è il frutto ed il risultato di una vita ubbidiente al proprio Creatore.

Perché Dio soltanto ad Abramo fece la promessa del Salvatore in modo così aperto, e palese seguendo le vie della parola e non semplicemente quelle della voce?

Perché nessuno mai credette nel suo Signore in modo così aperto e conclamato, contro tutto e contro tutti, così da meritare il titolo di padre di ogni credente.

Vi è una paternità carnale creata e voluta dall’uomo, vi è una paternità spirituale voluta e creata da Dio. Così Abramo divenne padre di una moltitudine di genti senza nulla operare, ma in tutto obbedendo. Riflettano i miseri e coloro che non possono operare per il prossimo.

Non sono esclusi da una paternità, ma ad essi soprattutto ed alla loro obbedienza è affidata l’intera umanità.

Una preghiera obbediente val più di mille opere disubbidienti. Il silenzio di chi crede è più potente di mille parole. Non si costruisce un mondo migliore per esso operando, ma ubbidendo al Figlio.

19 e, non essendo debole nella fede, considerò il suo corpo già morto, avendo circa cento anni, e lo stato di morte del grembo di Sara;

Non basta credere, bisogna perseverare nella fede. C’è anche chi comincia a credere, ma poi viene meno.

Certo chi è infermo non è ancora morto, ma si avvia verso la morte. Una fede inferma, cioè non ferma, non salda non può ottenere la salvezza, se non viene fatta salda dal Cristo.

Possiamo certamente dire che anche per Abramo la fede fu un dono di Dio, in quanto alla perseveranza vi è in Abramo qualcosa di singolare, non semplicemente donato, ma anche a lui dovuto e riconosciuto da Dio stesso. Non divenne infermo nella fede. Chi come lui?

Né considerò il suo corpo ormai morto, poiché aveva cento anni. Ciò che è impossibile all’uomo è possibile a Dio.

Se avesse guardato a se stesso non c’era ragione per sperare, ma proprio in quanto interamente rivolto a Dio, a Lui donato e a Lui obbediente Abramo credette. E non solo per se stesso.

Credette anche per Sara, vero padre , ma anche vero sposo. Non c’è salvezza che non operi nella chiesa e che non ci riporti alla necessità di una comunione con la chiesa.

Abramo benchè morto in una famiglia di morti, ebbe fede in Dio, e non solo per sé. Colui che tutto può operare in me, tutto può operare anche negli altri.

E anche questo è segno distintivo della fede, quando non si crede semplicemente in ciò che è possibile in noi, ma anche in ciò che è possibile in tutti.  

Una fede personale, può nascondere una fiducia dell’uomo nell’uomo, ma allorché crede che Dio può operare anche nell’altro, manifesta il proprio fondamento e il suo essere in Lui e per Lui. Se è difficile credere che possa generare un uomo vecchio, è ancora più difficile credere che  possa generare una donna vecchia.

Ma quando  gli occhi  sono rivolti solo a Dio tutto è diverso: la vita è restituita al suo Signore, perché ne faccia quello che vuole. Quale il merito di Abramo?

Di aver scavalcato le categorie del pensiero, in una sorta di credo quia absurdum? Ma la vita è piena di uomini che credono in assurdità di ogni genere e che solo per questo si vantano di aver superato ogni regola ed ogni limite imposti dalla coscienza e dalla legge. La fede di Abramo non si può comprendere se non in una  volontà e in un desiderio di salvezza che diventa speranza e perseverante attesa di un Salvatore.

La vita non si risolve in una sorta di intuizione intellettuale, che coglie in pieno il proprio bersaglio, con un semplice colpo di testa. E’ innanzitutto presa di coscienza del proprio essere, ravvedimento riguardo ad esso, pentimento e ritorno alla fonte della vita.

E’ impegno totale di tutte le nostre facoltà e risorse. Non è la lotta di un giorno, né una battaglia vinta una volta per sempre, ma un perenne ricominciare da capo per essere ritrovati in Dio, come voluti da Dio. E’ fede provata e riprovata, fino alla richiesta di quello che abbiamo di più caro.

20 ma per la promessa di Dio non dubitò con l’incredulità, ma fu fortificato con la fede, avendo dato gloria a Dio 21 ed essendo convinto che ciò che ha promesso è anche capace di fare. 22 Per questo anche fu a lui computato a giustizia.

Non solo Abramo non dubitò della promessa di Dio, ma fu perseverante nella speranza, rafforzando la propria fede, tanto più quanto più appariva lontano ogni adempimento.

Chi ama veramente sa vivere di promesse, anche se alla fine rimane gabbato e deluso. Ma non sarà deluso chi confida nel Signore.  Chi persevera nella promessa di Colui che ama, ne uscirà ancor più riamato. Abramo non vide adempiuta la promessa, ma dando lode a Dio sperimentò ogni tenerezza ed ogni pienezza del suo amore , perché in esso fondato e rinsaldato attraverso la fede.

Colui che provvede oggi per il nostro bene, provvederà anche domani. Fra le braccia del Padre siamo già salvi; e siamo felici anche se il cammino non è ancora finito, e ci attendono mille insidie e mille pericoli: a tutto penserà e a tutto provvederà il Signore. Hai  trovato l’amato del tuo cuore?

Non lasciarlo andare, ma tienilo ben stretto a te : ti condurrà in una terra meravigliosa, dove scorrono latte e miele. Non c’è cammino troppo lungo e troppo faticoso quando si è in buona compagnia.

Mentre si parla d’amore… ecco il viaggio è già finito e si apre la stanza nuziale e ci accolgono gli angeli nell’eterno convito.

23 Ora non fu scritto soltanto per lui che fu computato a lui, 24 ma anche per noi, a cui sta per essere computato, ai credenti in colui che ha risuscitato Gesù, il nostro Signore, dai morti, 25 il quale fu consegnato a causa dei nostri peccati ed è resuscitato per la nostra giustificazione.

L’eccezione diventa la regola e un modello per tutti. Eccezionale fu la fede di Abramo perché proiettata in un  futuro che è speranza.

Ma ora la promessa è già adempiuta. Gesù Cristo è stato consegnato per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione. Altro è credere in una promessa, altro è fare proprio l’adempimento di una promessa. Quella fede che in Abramo viveva soltanto in virtù dell’amore verso il Padre, ora si alimenta della giustificazione che ci ha ottenuto il Figlio. Tutto è ormai compiuto ed i segni della salvezza sono ben visibili… nella chiesa dei santi. Non c’è altro Salvatore all’infuori del Cristo, non c’è altro cammino se non nella fede della Sua resurrezione.

 

 

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