Vangelo di Luca cap13

Commento al Vangelo di Luca

                                                       

Cap. 13 

Ora in quel tempo si presentarono alcuni annunciandogli riguardo ai Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello delle loro vittime.

2 E rispondendo disse a loro: Ritenete che quei Galilei furono peccatori più di tutti i Galilei , poiché hanno sofferto queste cose?

3 No, dico a voi, ma se non vi convertite tutti similmente perirete.

4 O quei dieci sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, ritenete che essi furono colpevoli più di tutti gli uomini che abitano Gerusalemme?

5 No, vi dico, ma se non vi convertite tutti perirete allo stesso modo.

6 Diceva poi questa parabola: Un tale aveva piantato un fico nella sua vigna, e venne cercando frutto in esso e non ne trovò.

7 Disse allora al vignaiolo: Ecco, sono tre anni in cui vengo cercando frutto in questo fico e non ne trovo. Taglialo dunque , per cosa rende inutile anche la terra?

8 Egli allora rispondendo gli dice: Padrone, lascialo anche quest’anno, finché scavi intorno ad esso e getti sterco,

9 e se fa frutto nell’anno che viene, bene; se invece no, lo taglierai.

10 Ora stava insegnando  in una delle sinagoghe di sabato. 11 Ed ecco una donna che aveva uno spirito d’infermità già da diciotto anni ed era ricurva e non poteva raddrizzarsi completamente.

12 Avendola ora visto Gesù la chiamò a sé e le disse: Donna, sei slegata dalla tua infermità.

13 E pose su di lei le mani; e subito si raddrizzò e glorificava Dio.

14 Rispondendo allora il capo della sinagoga, adirandosi perché Gesù aveva curato di sabato, diceva alla folla: sei giorni ci sono in cui bisogna operare: in essi dunque venendo siate curati e non in giorno di sabato.

15 Rispose poi a lui il Signore e disse: Ipocriti, ciascuno di voi non scioglie di sabato il suo bue o l’asino dalla mangiatoia e li conduce a bere?

16 Ora questa che è figlia di Abramo, che Satana teneva legata ecco da diciotto anni, non bisognava scioglierla da questo legame in giorno di sabato?

17 E dicendo lui queste cose tutti i suoi avversari si vergognavano e tutta la folla si rallegrava per tutte le cose gloriose avvenute da lui.

18 Diceva dunque: A cosa è simile il regno di Dio e a cosa lo paragonerò?

19 E’ simile ad un chicco di senape che un uomo avendo preso gettò nel suo giardino, e crebbe e divenne albero e gli uccelli del cielo posero la tenda fra i suoi rami.

20 E di nuovo disse: A cosa paragonerò il regno di Dio?

21 E’ simile a lievito che una donna avendo preso nascose in farina di tre staia fino a che sia lievitato tutto.

22 E passava per città e villaggi insegnando a cammino facendo verso Gerusalemme.

23 Disse ora qualcuno a lui: Signore, sono pochi quelli che sono salvati? Egli allora disse a loro:

24 Lottate per entrare per la porta stretta, perché molti, dico a voi, cercheranno di entrare e non avranno la forza. 25 Dal momento in cui si sarà alzato il padrone di casa e avrà chiuso la porta e allora comincerete stando fuori e a bussare alla porta dicendo: Signore, apri a noi! E rispondendo dirà a voi: Non conosco voi di dove siete.

26 Allora comincerete a dire: Mangiammo davanti a te e bevemmo ed insegnasti nelle nostre piazze.

27 E dirà dicendo a voi: Non so voi di dove siete; allontanatevi da me voi tutti operatori di ingiustizia.

28 Là sarà il pianto e lo stridore di denti, quando vedrete Abramo ed Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.

29 E verranno da oriente e occidente e da settentrione e meridione e giaceranno a mensa nel regno di Dio;

30 ed ecco sono gli ultimi che saranno primi e sono i primi che saranno ultimi.

31 Nella stessa ora si avvicinarono alcuni farisei dicendogli: Esci e vattene di qui, perché Erode vuole ucciderti.

32 E disse a loro: Andate e dite a quella volpe: Ecco scaccio demoni e compio guarigioni oggi e domani ed il terzo giorno sono alla fine.

33 Ma è a me necessario oggi e domani ed il giorno seguente andare, perché non è possibile ad un profeta morire fuori Gerusalemme.

34 Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi gli inviati a lei! Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la gallina la sua covata sotto le ali e non avete voluto. 35 Ecco, viene abbandonata a voi la vostra casa. Ora vi dico: non mi vedrete affatto finché verrà quando direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore.

 

 

 

 

 

Ora in quel tempo si presentarono alcuni annunciandogli riguardo ai Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello delle loro vittime.

Certi fatti suscitano orrore e fanno notizia, soprattutto quando c’è di mezzo il sangue.

Se tutti ne sono informati, Gesù non può fare eccezione, perché ci sono interrogativi a cui si deve dare una risposta. E chi meglio di un grande maestro può dire una parola di verità.? Non c’è neppure bisogno di fare domande esplicite, Gesù ha già capito dove si vuol arrivare. Perché nel mondo c’è tanta violenza e molti cadono in disgrazia? E’ un’ingiustizia o la giusta ricompensa per chi ha peccato?

2 E rispondendo disse a loro: Ritenete che quei Galilei furono peccatori più di tutti i Galilei , poiché hanno sofferto queste cose? 3 No, dico a voi, ma se non vi convertite tutti similmente perirete.

Cominciamo subito col mettere da parte come sbagliate certe convinzioni fin troppe diffuse. Pensate forse che quei Galilei fossero più peccatori di tutti gli altri Galilei, che sono stati risparmiati da un simile eccidio? Per niente. Però sappiate che se non fate penitenza farete la stessa fine. Perché tragica è in ogni caso la sorte dell’uomo che non fa penitenza dei suoi peccati e non si converte a Cristo Gesù. I fatti tristi che accadono a questo mondo sono un segno per tutti, fanno comprendere in anticipo quale sarà la sorte finale di chi non accoglie il Salvatore. Di per sé una morte in circostanze tragiche nulla comporta di diverso rispetto ad una qualsiasi altra morte per ragioni naturali. Semplicemente ci fa presente l’aspetto drammatico dell’esistenza e la possibilità per tutti e per ognuno di una morte eterna, non conforme alle aspettative di vita. Nessun uomo desidera morire: fatto sta che la morte arriva anche in maniera prematura e violenta. Cosa pensare allora? Che ognuno ha quello che si merita davanti a Dio o che, in ogni caso, triste è la sorte dell’uomo su questa terra? Che tu muoia prima o dopo, di morte naturale o violenta è cosa sicura che tutti faremo la stessa fine. Come uscire allora e come sfuggire dal cerchio tragico dell’esistenza umana? Coltivando l’illusione che si possa vivere meglio e qualche anno in più grazie ai meriti che altri non hanno? O invocando la misericordia divina, facendo penitenza per i propri peccati perché il Signore abbia pietà di noi e ci doni vita eterna?  Questo è il vero problema: non vivere qualche anno in più e star bene al mondo, ma sfuggire alla dannazione eterna.

4 O quei dieci sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, ritenete che essi furono colpevoli più di tutti gli uomini che abitano Gerusalemme? 5 No, vi dico, ma se non vi convertite tutti perirete allo stesso modo.

Non c’è esclusione di sorta: il discorso vale per tutti, anche per i Giudei: neanche loro sono immuni da certe sventure. I casi sono tanti. Si potrebbe ricordare quegli sventurati sui quali è rovinata la torre di Siloe. Non erano più peccatori degli altri abitanti di Gerusalemme; ma una stessa sorte accomunerà quelli che non si convertono. 

6 Diceva poi questa parabola: Un tale aveva piantato un fico nella sua vigna, e venne cercando frutto in esso e non ne trovò.

E’ la parabola dell’eterna pazienza divina che è tuttavia offerta all’uomo nel tempo e per un tempo.

Bisogna andare alle origini della vita, quando Dio creò l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché portasse frutti di vita eterna. Nessun frutto fu trovato in Adamo se non quello proibito che viene dalla conoscenza del bene e del male.

7 Disse allora al vignaiolo: Ecco, sono tre anni in cui vengo cercando frutto in questo fico e non ne trovo.

Vignaiolo è Cristo, perché in lui e per lui furono create tutte le cose e tutto sussiste in Lui.

Custode della vita e di ogni vita, nessuno può dare frutto senza di lui.

Viene il tempo per l’uomo in cui non gli è dato semplicemente di godere il dono di Dio, ma gli è  chiesto di dare frutto per Dio. Quale la sorte dell’uomo che è trovato portatore di una vita sterile? Sarà sradicato dalla terra dei viventi e gettato tra i morti.

Taglialo dunque , per cosa rende inutile anche la terra?

 8 Egli allora rispondendo gli dice: Padrone, lascialo anche quest’anno, finché scavi intorno ad esso e getti sterco, 9 e se fa frutto nell’anno che viene, bene; se invece no, lo taglierai.

Se il Padre ed il Figlio sono una sola cosa, sembra però che la pazienza del Figlio vada oltre quella del Padre. In realtà non due pazienze diverse, ma un’unica pazienza, che in Gesù e per Gesù vuol concedere un altro tempo all’uomo. Benché in Eden siamo stati trovati  meritevoli di morte eterna, il Padre ed il Figlio, dopo aver considerato insieme il nostro stato di peccato, di comune accordo hanno deciso di concederci un altro tempo, che è quello dell’esistenza. Un tempo segnato innanzitutto dall’opera del Figlio, che fedele al mandato del Padre, tutto fa per la nostra salvezza, spendendo ogni propria forza e da ultimo la sua stessa vita, perché crescano in noi i frutti della fede.

Non vi sarà altra possibilità di riscatto e di redenzione. Se non ci convertiamo saremo tagliati dalla vita da quella stessa mano che ci ha creati.

La pazienza di Dio ha un fondamento eterno ed in eterno è stata suggellata da un patto tra il Padre ed il Figlio. Ma ciò che è pattuito da sempre non sarà per sempre. Nell’ora in cui si manifesta bisogna coglierla così come è data. Per rinascere con Cristo e per Cristo a vita nuova: diversamente è la morte eterna. Abbiamo già buttato via in Eden una grande opportunità, ce ne viene data un’altra, non ce ne sarà una terza.

10 Ora stava insegnando  in una delle sinagoghe di sabato. 11 Ed ecco una donna che aveva uno spirito d’infermità già da diciotto anni ed era ricurva e non poteva raddrizzarsi completamente.

Si va all’ascolto della Parola portando la propria infermità. E non c’è neppur bisogno di chiedere a Gesù la guarigione, perché i suoi occhi vedono subito in quali condizioni ci troviamo. Di questa donna non si dice semplicemente che era inferma, ma che aveva uno spirito d’infermità, ovvero lo spirito di una persona malata. Si può essere malati ed avere lo spirito di una persona sana e viceversa si può essere sani ed avere lo spirito di una persona malata. Sembra il caso di questa donna. Perché in definitiva non era fisicamente impotente ma riusciva a camminare, in maniera però goffa e storta. Una menomazione non grave in alcune persone può avere effetti disastrosi sullo spirito e portare ad uno stato di abbattimento spropositato.

In un simile stato il Signore può liberare dalla menomazione, oppure, come avviene più comunemente, dal complesso di menomazione.

Perché molte malattie di tipo psicofisico hanno un sottofondo spirituale. Sanati spiritualmente anche il corpo e la psiche ne escono rinnovati.

12 Avendola ora visto Gesù la chiamò a sé e le disse: Donna, sei slegata dalla tua infermità.

Allorché si risponde alla chiamata del Signore la sua parola ci rende liberi dalla malattia.

13 E pose su di lei le mani;

Non solo la Parola, ma anche i segni sacramentali operano efficacemente per la nostra salvezza.

e subito si raddrizzò e glorificava Dio.

Si raddrizzò perché sanata fisicamente o spiritualmente?

Quale sia propriamente questa malattia non è dato sapere. Certo è che qualsiasi operazione spirituale da parte di Cristo ha su di noi un benefico effetto: spirituale innanzitutto, con possibili risvolti anche sulla psiche e sul corpo.

Il discorso riguardo ai miracoli di Gesù è complesso. Si deve intendere il miracolo alla lettera come guarigione dalla malattia fisica o psichica? O non si deve piuttosto sottolineare il suo significato spirituale ed interpretare in immagine? Colui che è Signore della vita può intervenire su tutte le dimensioni della vita. Non è detto però che debba operare secondo le nostre aspettative carnali.

Quello che ci è dato e garantito è innanzi tutto la guarigione dello spirito, ovvero dal peccato e dal male. Essendo l’uomo unità di spirito, corpo ed anima, qualsiasi intervento su di una sola dimensione porta con sé conseguenze e risvolti sulle altre. Non si può però porre tutto sullo stesso piano: solo lo spirito è destinato alla vita.

”Mens sana in corpore sano”, dicevano gli antichi: e può ben essere vero. Ma la cultura che cresce al di fuori della rivelazione non conosce quella dimensione prioritaria ed eterna dell’uomo, che ha nome di spirito. Uno spirito sano non necessariamente deve essere associato ad un corpo e ad una mente sani. Il concetto di sanità è coniato dalle aspettative dell’uomo: in realtà non esiste la salute, ma semplicemente quello stato che è conseguente al peccato, che è dissociazione dell’uomo da Dio e dissociazione dell’uomo in se stesso nelle sue tre dimensioni ( spirito, corpo, anima ).

Non dobbiamo desiderare di essere in uno stato di salute, ( quale salute? ) quanto di salvezza, ossia di redenzione del nostro spirito, che solo è destinato a vita eterna. Cosa giova star bene di anima e di corpo, se siamo malati nello spirito? E’ questo l’inganno del Satana, che si riveste di angelo di luce cercando di far propria anche l’opera del Cristo. Chiedi al Signore di guarirti nello spirito!

In quanto al corpo ed all’anima, prendi quello che ti è dato!

Non sono un impedimento per la salvezza, ma possono diventare strumento di salvezza, allorché accettati nella volontà di Dio.

Cosa dire ancor di più a coloro che non accettano la propria malattia psichica o fisica?

E’ la miopia di uno spirito malato che non ti consente di vedere il Signore nella tua condizione umana. Chiedi la salvezza e ti sarà data: quella vera che è liberazione dalla schiavitù del Satana e non semplicemente lo star bene nell’anima e nel corpo. Vuoi star bene in ciò che è destinato a perire? Preoccupati dello spirito e del suo eterno destino. Ne avrai maggior guadagno.

14 Rispondendo allora il capo della sinagoga, adirandosi perché Gesù aveva curato di sabato,

A chi risponde il capo della sinagoga se non a Gesù. Nessuna domanda gli è stata posta, ma è adirato con il Cristo e vuole arrivare a colpirlo in ogni caso senza essere stato chiamato in causa.

diceva alla folla:

Non ha il coraggio di vedersela direttamente con Gesù, se la prende con la folla.

sei giorni ci sono in cui bisogna operare: in essi dunque venendo siate curati e non in giorno di sabato.

Quale colpa possa avere la folla è difficile dire. E’ forse peccato andare a Gesù in giorno di sabato per farsi curare? Pecca colui che guarisce e pecca chi lo mette in condizione di guarire. Se non è possibile fermare la follia del Cristo, si cerchi almeno di stargli alla larga e di fare il vuoto intorno a lui.

15 Rispose poi a lui il Signore e disse:

Se i farisei non hanno l’onestà di un confronto leale e sincero, non così Gesù.

Inutile nascondersi dietro le folle, meglio dire apertamente all’interessato quello che si pensa.

Quando si fa polemica si deve alla fine guardare in faccia l’ avversario.

Ipocriti,

Cristo risponde ad uno per rispondere a tutti. E’ la falsità di uno spirito che deve essere innanzitutto smascherata, non l’errore di questo o di quel fariseo.

ciascuno di voi non scioglie di sabato il suo bue o l’asino dalla mangiatoia e li conduce a bere?

Se è vero che di sabato nessun lavoro si deve compiere, non è altrettanto vero che si fa eccezione per l’alimentazione degli animali? Diversamente sarebbero perduti e la legge per la vita sarebbe trovata una legge per la morte.

16 Ora questa che è figlia di Abramo, che Satana teneva legata ecco da diciotto anni, non bisognava scioglierla da questo legame in giorno di sabato?

Se la legge consente di operare in giorno di sabato per la salute egli animali, perché il Figlio di Dio non può operare per la salute delle persone? Non per sciogliere da vincoli materiali ma per sciogliere dal vincolo col Satana. Un’operazione che per di più non ha nulla a che vedere con il lavoro materiale proibito dalla Legge.

17 E dicendo lui queste cose tutti i suoi avversari si vergognavano

Perché ravveduti e pentiti del proprio peccato o semplicemente perché svergognati dalla sapienza di Dio? 

e tutta la folla si rallegrava per tutte le cose gloriose avvenute da lui.

La folla che è formata da persone semplici ha un’intuizione più autentica della realtà. Anche se non comprende sa gioire per le cose belle e grandi operate da Gesù.

18 Diceva dunque: A cosa è simile il regno di Dio e a cosa lo paragonerò?

Difficile spiegare cos’è propriamente il regno di Dio, più facile dire a cosa è simile.

19 E’ simile ad un chicco di senape

All’origine dunque una piccola cosa, una realtà che è solo intravista, ma già possiede in sé una grandissima potenzialità di crescita e di sviluppo.

che un uomo avendo preso gettò nel suo giardino,

Il suo destino potrebbe essere di cadere a vuoto ed invano. Ma basta che un uomo ( Gesù ) lo tenga nella dovuta considerazione, lo afferri così come gli è offerto dal Padre e lo getti nel proprio giardino ( l’ultimo Eden )… ed ecco quale miracolo.

e crebbe e divenne albero e gli uccelli del cielo posero la tenda fra i suoi rami.

Non solo è destinato a crescere, ma anche a diventare grande. Non offre semplicemente alimento alla vita, ma protegge ogni vita che in lui si rifugia. Bisogna però mettere le ali e prendere il volo e cercare una dimora in cielo.

Il regno di Dio ha dunque una sua dimensione esteriore che nasce e s’accresce sulla terra ma con gli occhi verso le cose dell’alto.

20 E di nuovo disse: A cosa paragonerò il regno di Dio? 21 E’ simile a lievito che una donna avendo preso nascose in farina di tre staia fino a che sia lievitato tutto.

Il regno dei cieli ha pure una dimensione interiore non visibile con gli occhi della carne. E’ nascosto nel cuore dell’uomo e non si conosce se non per quello che opera.

E’ frutto di quello spirito donato dal Figlio che l’anima accoglie in sé perché col suo fermento cambi tutta la  vita. Perché tre staia? Perché l’uomo è unità di spirito, anima, corpo. Non c’è aspetto del nostro essere che non sia vivificato dallo Spirito Santo.

Alcune considerazioni.

Nella sua dimensione esteriore, ovvero nella sua manifestazione ed espressione storica, il regno dei cieli è nato dall’opera di una persona all’apparenza piccola. Gesù è uno dei tanti: non re, non principe o di nobili natali. Là dove è stato accolto il seme, che è la sua parola, è nata una comunità che radicata su questa terra aspira tuttavia alle cose dell’alto. Nutre ed accoglie in sé soltanto coloro che sono fatti per il cielo. Benché grande la chiesa si colloca agli occhi dell’uomo sullo stesso piano di tutte le grandezze di questo mondo, che sono tuttavia destinate a perire.

Più significativa l’immagine del regno dei cieli allorché considerata nella sua dimensione interiore. E’ quella che più le appartiene in proprio e che meglio la caratterizza nel suo essere in Dio e da Dio, secondo le parole dello stesso Gesù. “il regno di Dio è dentro di voi”.

In quanto realtà spirituale il regno dei cieli nasce e cresce soltanto nell’interiorità del singolo. Non ha importanza e grandezza se non per l’uomo che l’accoglie. Ma allorché accolto e nascosto in un cuore è in grado di cambiare la totalità della vita. Benché non interessi la totalità degli uomini è tuttavia l’unico che può cambiare la “totalità” dell’uomo.

 22 E passava per città e villaggi insegnando a cammino facendo verso Gerusalemme.

Se la meta di Gesù è Gerusalemme, non per questo il tempo del suo andare verso il sacrificio è speso invano. Ovunque passa il Cristo arriva la grazia della sua Parola. I cuori vanno preparati dall’ascolto.

23 Disse ora qualcuno a lui: Signore, sono pochi quelli che sono salvati?

Domanda che si pongono tutti coloro che ascoltano la parola di Gesù. Non è questo però che innanzi tutto ci deve interessare.

Egli allora disse a loro: 24 Lottate per entrare per la porta stretta, perché molti, dico a voi, cercheranno di entrare e non avranno la forza.

Pochi o tanti che siano i salvati, una cosa è certa: siamo chiamati ad una lotta estrema e ad un impegno totale. La porta che conduce alla salvezza è stretta: in tanti non si entra e bisogna farsi largo a forza tra quelli che impediscono il passaggio. Una passaggio largo e facile all’origine è stato reso stretto dalla mancanza di fede dell’uomo. Si entra a malapena, non senza sforzo. Bisogna cogliere il momento opportuno, quando è possibile entrare. Attenti ai pentimenti e ripensamenti tardivi, viene il tempo in cui ogni sforzo sarà vano.

Se è questo il tempo della salvezza, non aspettatene un altro. La salvezza non è semplice questione di volontà vostra è anche un problema di potenza  donata da un altro. Chi e che cosa vi dice che all’ultimo momento troverete chissà quale forza per entrare di prepotenza, per il rotto della cuffia?

25 Dal momento in cui si sarà alzato il padrone di casa e avrà chiuso la porta

Concluso il tempo della salvezza, quando il Cristo avrà finito l’opera sua e si sarà alzato dalla nostra dimora terrena per tornare a sedere alla destra del Padre, allora è tempo di giudizio e di resa dei conti. La porta del Paradiso sarà chiusa per sempre.

e allora comincerete stando fuori e a bussare alla porta dicendo: Signore, apri a noi! E rispondendo dirà a voi: Non conosco voi di dove siete.

“Bussate e vi sarà aperto”, ma non quando il Signore non sarà più alla porta e sarà tornato dal Padre suo.

Signore, apri a noi! Perché mai dovrebbe dar ascolto a pentimenti tardivi, generati non dall’amore per Dio, ma dal timore della dannazione eterna? Il Signore farà lo sconosciuto.

E rispondendo dirà a voi: Non so donde voi siete.

Paradossale contrasto tra una preghiera che sembra esprimere una grande amicizia e confidenza e una risposta fredda e distaccata quale può essere data da uno sconosciuto alquanto seccato da tanta impertinenza, per nulla interessato ai fatti nostri. “Apri a noi”: così possono chiede i famigliari se trovano la porta di casa chiusa. Un rapporto diverso merita anche un trattamento diverso. A chi è di casa si può e si deve in ogni caso aprire.

Una risposta è data da Dio a tutti, ma quale sorpresa per chi non sarà trovata nel novero dei suoi figli? Peggio ancora: sarà trattato come un perfetto sconosciuto o addirittura un nemico da cui  si deve stare in guardia ed al quale non si deve aprire la porta.

Ciò che si dava per scontato, alla fine non risulta poi così scontato. Perché è un luogo comune pensare che siamo tutti figli di Dio e  fare gli amiconi con lui e vantare chissà quale confidenza. In realtà non si vive da figli, ma da perfetti sconosciuti e come tali saremo considerati.

Il discorso è tanto più duro in quanto evidentemente non si tratta da persone dichiaratamente lontane da Dio, ma di persone che vantano una confidenza filiale.

26 Allora comincerete a dire: Mangiammo davanti a te e bevemmo ed insegnasti nelle nostre piazze.

Non sono i pagani e neppure i peccatori a parlare così, ma gli eletti di Israele, coloro che ogni giorno siedono alla mensa del Signore e bevono dal suo stesso calice e sono da Lui istruiti nella Parola. Veri ebrei dunque e veri cristiani, che hanno tutte le carte in regola per essere trattati come figli da Dio.

27 E dirà dicendo a voi: Non so di dove voi siete; allontanatevi da me voi tutti operatori di ingiustizia.

Niente di più irritante di un grande amico che si comporta da perfetto sconosciuto nei momenti importanti della vita. Peggio ancora ed infinitamente più tragico se Gesù ci chiuderà in faccia la porta del Paradiso. Per quale ragione? Perché trovati operatori di ingiustizia.

Si possono dare tante spiegazioni, ma che senso può avere dire oltre ed ancora di più, quando non è  possibile rimedio alcuno ed i conti sono già fatti?

Quale dunque l’insegnamento che ci viene da queste parole? Dobbiamo vivere nell’attesa del giudizio finale o non dobbiamo piuttosto anticipare questo giudizio, lasciandoci vagliare e scrutare ogni giorno dal Signore, perché non si viva nell’inganno e nell’illusione di una santità che non c’è.

Se è fuori discussione la nostra consuetudine con le cose del Signore, quale domanda dobbiamo innanzitutto farci? Non si è veri amici di Dio se non si fa la sua volontà.

E’ riguardo a questa volontà e a questa obbedienza che si gioca il senso di un’amicizia.  Non basta sedere alla mensa del Signore ed ascoltare la sua Parola.

28 Là sarà il pianto e lo stridore di denti,

Poche parole per descrivere la pena ed il tormento dell’inferno. La fantasia popolare e la letteratura cristiana ci hanno ricamato sopra con abbondanza di immagini. Non per questo ne è risultata un’idea più chiara e più precisa. Meglio non andare oltre ciò che è scritto e cogliere la pregnanza di questa semplice espressione.

Innanzi tutto il pianto. Un pianto continuo, angosciante e monotono, nella sua forma più bassa e spenta, senza variazione di accento e grida alcuna, perché il gridare fa  parte della vita e allorché giunge alle orecchie di Dio può ancora diventare supplica. Niente di tutto questo, ma un’eterna silente angoscia. Appena chiusi fuori già è spento il tono della voce e non è più possibile gridare a Dio la propria disperazione.

“e allora comincerete stando fuori e a bussare alla porta dicendo: Signore, apri a noi!”

E’ ancora possibile fare violenza ad una porta, ma non a Dio. Nessuno sarà in grado di alzare la sua voce per invocare il nome del Signore. Eppure la parola non è spenta del tutto, ma rimane in eterno nella sua forma più bassa e più triste che è il pianto continuo e sommesso.

Dall’altra parte della porta  i cori festanti degli angeli e dei santi  alzano a Dio l’eterno inno di lode, con tutta la potenza del loro fiato, ovvero della parola donata. Nell’inferno pianto disperato, in Paradiso canto gioioso. Mi dirai che all’estremo opposto del pianto c’è il riso; ti risponderò che il riso appartiene ad una parola non ancora piena e matura. Nella sua forma ultima ed eterna la parola è canto di lode al  Signore. Cosa fa un uomo quando è contento? Ride e canta. Ma il canto, allorché espressione immediata del cuore, manifesta non solo una gioia più vera e più grande, ma una forma di espressione più compiuta. Il ridacchiare esprime una sentire immaturo e grossolano: il canto di lode esce dal più profondo del cuore. Allorché si fa coro intorno al Creatore esprime la comunione più vera e profonda. Il riso ha connotati positivi per l’espressione  gioiosa che crea nel volto, non per i suoni disarticolati ed impediti che esso produce. Nel regno dei cieli non si udrà alcun riso, ma si vedrà il sorriso impresso sul volto dei santi.

e lo stridore di denti,

Niente di diverso rispetto al pianto, semmai qualcosa in più per far comprendere meglio la condizione di uno spirito che insufflato nell’uomo dal più profondo di Dio, non può morire ed essere ridotto a nulla, ma semplicemente esprimere in eterno la propria agonia ed il proprio anelito a quella parola che è Cristo, nella quale e per la quale è stato creato. Sarà un continuo disperato sforzo per buttare fuori anche una sola parola. Non solo i dannati non conosceranno la Parola che è Cristo, ma saranno privati anche di quella parola che è sua immagine di cui avevano goduto nell’esistenza.

L’eterno tormento in definitiva è quello di non poter cadere in quel nulla che non appartiene all’uomo e di non potersi liberare di un essere ad immagine di Dio, escluso per sempre dal proprio fondamento e dal proprio fine.

Niente altro detto e nient’altro è opportuno dire.

quando vedrete Abramo ed Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.

I dannati potranno veramente vedere qualcosa o qualcuno del Paradiso? Non crediamo. Semplicemente si vuole esprimere la consapevolezza del proprio stato: di essere cioè creature di Dio escluse per sempre da una possibilità diversa che altri hanno saputo cogliere. I dannati non vedranno, ma sapranno che il loro stato di infelicità si accompagna ad uno stato di felicità stoltamente perduto per propria colpa. Questa consapevolezza non riguarda semplicemente il presente, ma anche il futuro.

29 E verranno da oriente e occidente e da settentrione e meridione e giaceranno a mensa nel regno di Dio;

Non solo altri giacciono alla mensa di Dio, ma altri ancora giaceranno e verranno da tutte le parti del mondo a testimonianza di un amore e di una salvezza che a tutti sono offerti. I dannati non sono stati tratti da un gruppo di uomini più sfortunati degli altri: sono stati semplicemente separati da una unica e medesima umanità, visitata in toto, nessuno escluso, dall’amore del Signore.

Non solo Israele dunque, ma ogni carne ha veduto e vedrà la salvezza del Cristo. Quale tristezza e quale dolore per chi non ha colto un dono così grande che ha percorso, percorre, percorrerà tutti i confini della terra: ieri, oggi, domani.

30 ed ecco sono gli ultimi che saranno primi e sono i primi che saranno ultimi.

Se rimane ancora qualche dubbio riguardo ad una tragedia così grande, diciamola proprio tutta.

Non è neanche questione di meriti personali, di chi è stato più bravo e di chi meno bravo. Perché al primo posto in cielo sono trovati proprio gli ultimi su questa terra e viceversa. E’ soltanto una questione di fede e di una incredibile offerta d’amore fatta gratuitamente da Dio e rigettata stoltamente dall’uomo.

31 Nella stessa ora si avvicinarono alcuni farisei dicendogli: Esci e vattene di qui, perché Erode vuole ucciderti.

Interessamento per la vita di Gesù assai strano e di dubbia sincerità . Perché i farisei non vogliono la vita, ma la morte di Cristo e se la cosa fosse vera quale migliore alleato di Erode? Ma ogni pretesto ed ogni stratagemma possono essere utili per allontanare Gesù e per metterlo fuori causa.

32 E disse a loro: Andate e dite a quella volpe: Ecco scaccio demoni e compio guarigioni oggi e domani ed il terzo giorno sono alla fine.

Se le cose stanno così, andate pure a dire a quel furbastro che non ho affatto intenzione di rinunciare alla mia opera, ma andrò avanti fino al suo compimento.

Se Erode ha la fama di essere una volpe, i farisei non lo sono di meno. Gesù vuol rendere ai farisei la gentile cortesia usata nei suoi confronti. Non si illudano di fermare il Cristo. non ci riusciranno neanche con le più grosse bugie. Cristo smetterà dall’operare soltanto quando sarà alla fine… Il terzo giorno per significare un tempo da lui stabilito e non dall’uomo.

Il Figlio di Dio ha potere di operare per tutto il tempo che vuole e di finire il suo operato il giorno in cui vuole, Erode o non Erode. Non l’uomo è padrone del tempo di Dio, ma Dio è padrone del tempo di ogni uomo.

33 Ma è a me necessario oggi e domani ed il giorno seguente andare, perché non è possibile ad un profeta morire fuori Gerusalemme.

Una necessità incombe sull’operare di Gesù, determinata non da qualcuno o da qualcosa, ma soltanto dalla volontà di Dio. Cristo continuerà ad andare nel suo cammino fino a Gerusalemme, perché in Gerusalemme deve morire.

In Gerusalemme e per Gerusalemme si devono realizzare innanzi tutto le profezie.

34 Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi gli inviati a lei!

L’ultimo accorato richiamo alla città di Dio è fatto per bocca del Figlio. Perché ormai è diventata una consuetudine per Israele uccidere i profeti e prendere a pietre in faccia tutti coloro che le sono inviati dal Signore.

Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la gallina la sua covata sotto le ali

Non è la storia di questi tempi, è storia di tutti i tempi:  Dio non ha mai cessato di operare in Gesù e per Gesù per il suo popolo. Per attirare a sé i cuori lontani e perché tutti possano trovare riparo e conforto sotto le sue ali.

e non avete voluto.

E’ l’unica vera tragedia dell’uomo: nonostante tanti doni, tanta pressione e tanto operare da parte di Dio il cuore di Israele rimane chiuso ad ogni aiuto che viene dal cielo.

Il Signore può operare finché vuole, ma poi trova un netto rifiuto.

35 Ecco, viene abbandonata a voi la vostra casa.

Arrivati ad un certo punto cosa può fare Dio?  Vi abbandona a voi stessi. Arrangiatevi e vedetevela da soli con la vostra vita. Il Figlio torna nella sua dimora celeste.

Ora vi dico: non mi vedrete affatto finché verrà quando direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore.

Sono finiti i tempi di una facile salvezza a portata di mano e sotto gli occhi di tutti, adesso dovete darvi una mossa e cercare il Signore. Non è ancora tutto perduto. Perché ancora potrete vedere il volto del Signore, ma soltanto se darete gloria a colui che viene nel suo nome.

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