Vangelo di Luca cap10

                                         Luca 10

Poi dopo queste cose il Signore nominò altri settantadue e li inviò a due a due davanti al suo volto in ogni città e luogo in cui stava per venire.

2 Diceva poi a loro: Certo la messe è molta, ma gli operai pochi; pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe.

3 Andate! Ecco vi mando come agnelli in mezzo ai lupi.

4 Non portate borsa, né bisaccia, né sandali, e non salutate nessuno lungo la via. 

5 Poi in qualsiasi casa entriate, per prima cosa dite: Pace a questa casa;

6 e se là sia un figlio di pace la vostra pace si poserà su di lui; se invece non c’è su voi tornerà.

7 Rimanete poi in quella casa mangiando e bevendo le cose che sono da loro: degno è infatti l’operaio del suo salario. Non passate di casa in casa.

8 E in qualsiasi città entriate ed accolgano voi, mangiate le cose che sono poste innanzi a voi

9 e curate in essa i malati e dite a loro: E’ vicino a voi il regno di Dio.

10 Poi in qualsiasi città entriate e non vi accolgono, uscendo nelle piazze di essa dite:

11 Anche la polvere attaccata a noi ai piedi dalla vostra città scuotiamo a voi; tuttavia questa cosa sappiate: è vicino il regno di Dio.

12 Dico a voi: verso Sodoma in quel giorno ci sarà più tolleranza che verso quella città.

13 “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! Perché se in Tiro e Sidone fossero avvenuti i prodigi accaduti fra voi, da tempo in sacco e nella cenere seduti si sarebbero convertiti. 14  Tuttavia a Tiro e a Sidone nel giudizio sarà più sopportabile che a voi.

15 E tu, Cafarnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino all’Ade discenderai!

16 Chi ascolta voi ascolta me, e chi respinge voi respinge me; chi poi respinge me respinge colui che ha inviato me.

17 Ritornarono allora i settantadue con gioia dicendo: Anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome.

18 Disse poi a loro: Vedevo Satana cadente dal cielo come folgore.

19 Ecco ho dato a voi il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e su ogni potenza del nemico e nulla non vi danneggi affatto.

20 Tuttavia in questa cosa non rallegratevi che cioè gli spiriti si sottomettano a voi, rallegratevi invece che i vostri nomi sono scritti nei cieli.

21 In quell’ora Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: Rendo lode a te, Padre, Signore del cielo e della terra, perché nascondeste queste cose a sapienti e a intelligenti e le rivelasti a piccoli; sì, o Padre, perché così benevolenza fu davanti a te.

22 Tutte le cose a me furono date dal Padre mio e nessuno conosce chi è il Figlio se non il Padre, e chi è il Padre se non il Figlio e  chiunque al quale voglia il Figlio rivelarlo.

23 Ed essendosi rivolto ai discepoli in disparte disse: Beati gli occhi che vedono le cose che vedete.

24 Vi dico infatti che molti profeti e re vollero vedere le cose che voi vedete e non videro ed ascoltare le cose che ascoltate e non ascoltarono.

25 Ed ecco un tale, dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova dicendo: Maestro, cosa facendo erediterò la vita eterna?

26 Egli allora gli disse: Cosa è scritto nella Legge? Come leggi?

27 Egli allora rispondendo disse: Amerai il Signore, il tuo Dio con il tuo cuore intero e con la tua anima intera e con la tua forza intera e con la tua mente intera ed il prossimo tuo come te stesso.

28 Disse poi a lui: Rettamente hai risposto; fa’ questa cosa e vivrai.

29 Egli allora volendo giustificare se stesso disse a Gesù: E chi è il mio prossimo?

30 Rispondendo Gesù disse: Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e si imbatté in briganti, che anche avendolo spogliato ed avendo posto percosse se ne andarono lasciandolo mezzo morto.

31 Ora per caso un sacerdote scendeva in quella via ed avendolo visto passò dall’altra parte della strada.

32 Similmente poi anche un levita trovatosi presso il luogo essendo giunto ed avendo visto passò dall’altra parte.

33 Un Samaritano invece essendo in viaggio venne presso di lui ed avendolo visto si commosse

34 ed essendosi avvicinato fasciò le sue ferite versandovi su olio e vino, avendolo posto sul proprio giumento lo condusse in un albergo e si prese cura di lui.

35 E l’indomani avendo tirato fuori diede due denari all’albergatore e disse: Prenditi cura di lui e ciò che spendessi in più io te lo renderò nel mio ritorno.

36 Chi di questi tre ti sembra essere stato prossimo di chi si era imbattuto nei briganti?

37 Egli allora rispose: Quello che ha fatto con lui misericordia. Disse poi a lui Gesù: Va’, anche tu fa’ similmente.

38 Mentre essi andavano egli entrò in un villaggio; ora una donna di nome Marta lo accolse.

39 E questa aveva una sorella  chiamata Maria, che essendosi seduta presso i piedi del Signore ascoltava la sua parola.

40 Invece Marta era occupata per il molto servizio. Allora essendo venuta  disse: Signore non ti importa che mia sorella mi lasci sola a servire? Dille dunque che mi venga in aiuto.

41 Rispondendo allora il Signore le disse: Marta, Marta, ti preoccupi e ti agiti intorno a molte cose,

42 ma una sola è necessaria: Maria infatti ha scelto la parte buona che non le sarà tolta.

 

 

Poi dopo queste cose il Signore nominò altri settantadue e li inviò a due a due davanti al suo volto in ogni città e luogo in cui stava per venire.

Non si può incontrare il volto del Signore, se la sua venuta non è stata preparata dall’annuncio della chiesa. La Verità vuole i suoi testimoni, non solo per bocca del Cristo, ma prima ancora per bocca dei suoi apostoli. Cosa annunciano questi primi inviati di Gesù? Non la sua Parola, ma semplicemente la Parola che sta per venire, perché i cuori si preparino all’ascolto. E’ questo annuncio che fa di un ascolto occasionale un ascolto intenzionale, pieno di grazia e di benedizione dal cielo. Non si ascolta Gesù semplicemente perché parla, parla perché l’ascoltiamo.

Chi non è interessato può ben girare alla larga. Così l’annuncio della chiesa è salvaguardia dell’ascolto: tiene lontano dalla comunità dei chiamati coloro che non vogliono saperne di Cristo. La prima selezione tra figli della luce e figli delle tenebre viene fatta per bocca dell’uomo, purché sia mandato dal Cristo o da chi nella chiesa fa per Lui.

2 Diceva poi a loro: Certo la messe è molta, ma gli operai pochi; pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe.

Il discorso di Gesù fa un salto in avanti. I settantadue sono mandati semplicemente per annunciare la venuta del Salvatore. Il loro compito e la loro funzione sono per un tempo limitato. Allorché Cristo è venuto ed è stato gettato il seme della sua Parola, c’è bisogno di operai che raccolgano il frutto di questo seme, perché questo frutto a sua volta diventi  seme per altre vite. In questo modo è accresciuta la possibilità di generazione della Parola da Israele a tutte le genti.

Benché la salvezza sia opera esclusiva di Cristo, essa non diventa attuale se non per il concorso dei molti. Non che Gesù abbia bisogno dell’uomo, ma vuole e chiede il coinvolgimento dell’uomo. Non è indifferente al piano della salvezza la nostra disponibilità o meno a lavorare per la chiesa. Se Dio non può servirsi di noi, si servirà di altri e farà ugualmente quello che vuole fare. Ma è sottolineata la responsabilità di ogni fedele qualora non siano trovati operai da mandare nella messe. Se tutto dipende da Dio Padre, molto dipende anche da noi e dalla nostra preghiera. Non siamo chiamati ad essere semplici fruitori della grazia, ma anche ad essere messaggeri e dispensatori di grazia dal cielo.

Operaio è dunque ogni ministro della chiesa, che è mandato dal Padre non solo ad annunciare il Vangelo, ma anche a dispensare i doni divini che sono dati per la comunità degli eletti.

Perché la messe dia frutto deve essere curata ed alimentata. Curata dalle erbe infestanti, alimentata ogni giorno dalla Parola che l’ha generata, in un modo più pieno, esaustivo, nutriente - perché non cresca in maniera stentata, perché non abbia a patire sete alcuna, perché prometta ogni bene per il futuro. E per questo c’è bisogno di operai. Possono anche nuocere alla comunità, non possono mancare. Non può esserci discorso di salvezza per coloro che non si riconoscono in questa massa che è la messe e si pongono al di fuori ed al di sopra degli operai mandati dal Padre.

Non sei chiesa se vivi da estraneo ad essa e per essa. Potrai anche vivere da eremita, ma sempre ed ovunque porterai nel cuore, insieme a Cristo,  la sua chiesa.

3 Andate! Ecco vi mando come agnelli in mezzo ai lupi.

In questo modo ogni operaio deve andare: nella consapevolezza di essere mandato dal Padre, nella convinzione di essere fatto necessario per il piano della salvezza, nonostante tutto e nonostante tutti.

L’agnello differisce dal lupo quanto la mitezza dalla violenza, la semplicità dall’astuzia. L’agnello fa dono della propria vita, il lupo rapina e divora quella degli altri. L’agnello non possiede altra difesa se non quella che gli è data e creata dal suo pastore: non ha vita propria e nessuna sicurezza se non in colui che lo conduce al pascolo e gli offre un recinto. Il lupo al contrario sa gestire la vita in proprio, non ha bisogno di un padrone e di una guida, cerca e  crea da sé il proprio spazio vitale. 

Agnelli dunque e non lupi… sempre pronti al sacrificio della vita, obbedienti a Gesù, fatti piccoli come Lui. Sempre ed ovunque la chiesa vivrà nella consapevolezza di un annuncio fatto “in carità” ad un mondo ostile, guidato ed agito dal Maligno, pronto a divorare colui che è mandato dal Cristo.

4 Non portate borsa, né bisaccia, né sandali,

Chiunque si prepari ad andare fuori ed oltre il proprio spazio vitale, cerca di procurarsi ogni ben di Dio, per mettersi al riparo da ogni incognita ed incertezza. Nessuno abbandona le proprie sicurezze, se non quando se ne è create delle altre. Non così colui che è mandato da Cristo: non si è messaggeri di una nuova vita, se non in quanto ad essa affidati e da essa rapiti.

Nella borsa si mette il denaro che dà sicurezza, nella bisaccia le scorte e le provviste che danno tranquillità per il futuro, nei sandali la certezza di un cammino più agevole e più facile.

Chi è mandato da Cristo di nulla ha bisogno se non della fede in Colui che lo ha mandato: il Signore provvederà per i suoi sempre ed ovunque.

e non salutate nessuno lungo la via. 

I convenevoli umani, se pur consolidati dalla tradizione, sono un perditempo ed un intralcio all’opera del Signore. Quando si deve fare un annuncio di vitale importanza si va all’essenziale e si passa sopra ed oltre ciò che non è Verità rivelata.

Chi vuol avere rispetto per tutto e per tutti non troverà né il tempo né lo spazio per annunciare il Vangelo di Cristo. Quando nella mente e nel cuore c’è  un pensiero fisso, il resto perde ogni importanza. Possiamo anche scandalizzare gli uomini di questo mondo, ma siamo accetti e graditi al Signore.

5 Poi in qualsiasi casa entriate, per prima cosa dite: Pace a questa casa;

Prima cosa: la pace. Perché è quella che più importa e quella di cui innanzitutto abbiamo bisogno. E’ stata fatta la pace tra il cielo e la terra: di questo noi siamo testimoni e messaggeri.

6 e se là sia un figlio di pace la vostra pace si poserà su di lui;

Se per Dio è importante far pace con l’uomo, non è detto che l’uomo voglia far pace con Dio.

Figlio di pace è colui che attende e cerca un modo diverso di essere figlio di Dio: non nell’inimicizia antica, ma nella nuova amicizia portata da Cristo e suggellata dal suo sacrificio.

Se la pace è stata fatta da Cristo, il suo annuncio è fatto dalla chiesa per tutti coloro che la cercano.

se invece non c’è su voi tornerà.

Un bene prezioso non va lasciato nelle mani di chi non comprende e non ha interesse: deve tornare indietro, per essere donato ad altri. La pace che è annunciata dalla chiesa va accolta o rifiutata in blocco, così come è data. Non ci può essere confusione o compromesso alcuno fra un qualsiasi desiderio di pace e l’offerta che viene dal cielo. Pace innanzitutto tra Dio e l’uomo e pace anche tra l’uomo e l’uomo, ma come semplice corollario e conseguenza dell’unica  vera pace.

7 Rimanete poi in quella casa

La pace di cui gli apostoli sono portatori è una pace fondata e duratura: crea un legame ed un’amicizia fra coloro che l’accolgono e coloro che la portano. Si diventa un’unica famiglia, un cuor solo ed un’anima sola, perché l’amore di Dio sia testimoniato ed annunciato.

mangiando e bevendo le cose che sono da loro:

Tutto quello che possediamo è in funzione dell’opera del Signore e deve essere messo a disposizione di coloro che annunciano il Vangelo: ci sia generosità in chi offre, discrezione e  parsimonia in chi ne gode.

degno è infatti l’operaio del suo salario.

Chi lavora per la messe del Signore ha diritto di attingere alla stessa messe ciò che è indispensabile per il sostentamento.

Non passate di casa in casa.

Chi passa di casa in casa dà l’idea dell’accattone e del forestiero. Non così gli apostoli: rimangano come fratelli nella casa che li ha accolti ed annuncino il Vangelo soltanto dove c’è un reale interesse.

8 E in qualsiasi città entriate ed accolgano voi, mangiate le cose che sono poste innanzi a voi

Se degno è l’operaio del suo salario, deve anche accontentarsi di ciò che gli viene messo davanti, senza pretesa alcuna e senza nulla chiedere.

9 e curate in essa i malati e dite a loro: E’ vicino a voi il regno di Dio.

Quale cura migliore per i malati, dello Spirito donato dal cielo? Non per essere liberati dalla malattia, ma per portarla in maniera diversa. Non come coloro che si sentono abbandonati da Dio, ma come coloro che sono vicini al suo regno.

10 Poi in qualsiasi città entriate e non vi accolgono, uscendo nelle piazze di essa dite:

11 Anche la polvere attaccata a noi ai piedi dalla vostra città scuotiamo a voi; tuttavia questa cosa sappiate: è vicino il regno di Dio.

Il rifiuto del Vangelo è un fatto grave: non può essere taciuto o minimizzato. Va portato in piazza all’attenzione di tutti e disapprovato in maniera decisa. Apertamente si devono prendere le distanze anche a costo di irritare gli animi. Va lasciato però un seme di speranza. Se l’uomo non vuole il regno di Dio, sappia però che questo è vicino e che la porta della salvezza è aperta.

12 Dico a voi: verso Sodoma in quel giorno ci sarà più tolleranza che verso quella città.

Se il peccato di Sodoma è diventato proverbiale ed è passato alla storia, è ancor poco in confronto al rifiuto del Vangelo. Gli abitanti di Sodoma possono ancora sperare di essere recuperati dall’amore misericordioso di Dio, ma quale speranza per chi rifiuta la salvezza che viene dal cielo?  Dio tollera,   in vista del suo Salvatore, ma allorché il Salvatore è rifiutato, quale tolleranza può ancora essere giustificata e sperata?

13 “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! Perché se in Tiro e Sidone fossero avvenuti i prodigi accaduti fra voi, da tempo in sacco e nella cenere seduti si sarebbero convertiti. 14  Tuttavia a Tiro e a Sidone nel giudizio sarà più sopportabile che a voi.

Se la fortuna più grande è caduta sugli ultimi tempi, su di essi è fatto anche il giudizio più severo. Se oggi è rifiutato il dono di Dio, lo stesso dono rivisiterà gli uomini antichi, per pronunciare su di essi un giudizio di misericordia. Allorché Dio conosce, per Gesù ed in Gesù, la malvagità dell’uomo d’ oggi, può anche essere tentato di stravedere per quello di ieri. Quando i vicini rifiutano il Salvatore è lecito sperare in quelli più lontani. 

15 E tu, Cafarnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino all’Ade discenderai!

Gli uomini che hanno toccato con mano il Cristo Salvatore e l’hanno rifiutato, saranno sottoposti ad un severo giudizio. Non conosceranno la gloria di Dio, ma discenderanno fino all’Ade. Coloro che non accolgono il Figlio di Dio non vanno in salita, ma in discesa, fino alla totale rovina ed al punto più basso dell’esistenza.

16 Chi ascolta voi ascolta me, e chi respinge voi respinge me; chi poi respinge me respinge colui che ha inviato me.

Non c’è possibilità di salvezza per chi non ascolta Colui che è mandato dal cielo e neppure per chi non ascolta e respinge coloro che dallo stesso sono mandati.

Chi ascolta voi ascolta me… Si deve intendere con riferimento ai soli apostoli o a tutti coloro che sono mandati dalla chiesa? L’ascolto è dovuto non a tutti coloro che parlano nel nome di Cristo, ma  a coloro che sono da Lui accreditati per l’ascolto. In senso stretto si devono intendere gli apostoli di Gesù, unici testimoni e depositari di tutto quello che ha fatto e ha detto.  Non c’è parola della chiesa che non sia passibile di pentimento e di revisione critica, allorché si allontana dal proprio fondamento, che è l’annuncio del Vangelo così come è stato fatto dagli apostoli. E’ la Parola scritta che innanzitutto  ci dà garanzia di verità, così come è custodita dalla chiesa. E non c’è altro luogo di salvezza. Nella chiesa è il deposito di ogni grazia che viene dal cielo, ma vi sono pure i frutti seminati dal Maligno e dobbiamo discernere. Non è vera parola di Dio, se non quella che è vera eco dell’unica Parola, così come trasmessa dai dodici apostoli.

17 Ritornarono allora i settantadue con gioia dicendo: Anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome.

Mandati da Gesù si ritorna dallo stesso Gesù, per riferire ogni cosa e per essere da Lui verificati. Non per smentire, ma per confermare la Parola che ci è stata affidata.

Qual è la gioia più grande per chi annuncia la salvezza che è in Gesù Cristo? Vedere con i propri occhi e toccare con le proprie mani la vittoria operata dal Signore sul Maligno.

Allorché tutto si fa e tutto si dice nel nome di Gesù, i demoni sono vinti e sottomessi. Colui che ha sottomesso l’uomo è trovato sottomesso allo stesso uomo.

18 Disse poi a loro: Vedevo Satana cadente dal cielo come folgore.

Passo di non facile interpretazione. Nella folgore è una potenza di male e di perdizione, ma soltanto nel tempo e per il tempo che le è dato. Allorché dal cielo è fatta cadere sulla terra porta con sé ogni distruzione, ma anche la propria fine e la possibilità ultima di arrecare danno. Satana è caduto dal cielo sulla terra per la morte dell’uomo, ma sulla terra troverà anche la propria sconfitta e la propria fine. Non è dato all’uomo comprendere la storia del Maligno: va oltre lo spazio ed il  tempo della sua vita terrena. Quello che l’uomo non vede e non può vedere è ben conosciuto da Gesù, che  abbraccia con il proprio sguardo non solo l’origine del male e lo spazio in cui può operare, ma anche i modi ed i tempi della sua fine. Tutto visto e previsto da Dio: meraviglia l’uomo, non il Figlio dell’uomo.

19 Ecco ho dato a voi il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e su ogni potenza del nemico e nulla non vi danneggi affatto.

L’uomo ha un potere sul peccato, semplicemente perché gli è stato dato dal Figlio di Dio. Può finalmente mettere il male sotto i piedi, e  anche quando se lo trova sopra il  capo non gli arreca danno. Perché in Gesù e per Gesù tutto concorre al bene degli eletti: ciò che è fatto per il nostro male sarà da Cristo rivisitato per il nostro bene.

20 Tuttavia in questa cosa non rallegratevi che cioè gli spiriti si sottomettano a voi, rallegratevi invece che i vostri nomi sono scritti nei cieli.

Nessun rallegramento per la vittoria sul Maligno: non è opera nostra. Rallegriamoci piuttosto perché il cielo non si è dimenticato di noi e non vuol dimenticarci in eterno. Perché il nostro nome è stato scritto nei cieli? Perché è gradito al Padre, in virtù del sacrificio del Figlio. Se qualcuno vorrà cancellare il proprio nome dal novero degli eletti sarà soltanto per una propria scelta: in quanto a Dio, ha scelto per la nostra salvezza, in eterno. Già i nostri nomi sono registrati in cielo e nessuno sarà dimenticato dal Padre se non Colui che si dimenticherà del Figlio suo, Salvatore nostro.

Questa la nostra gioia, questa la nostra fede. La salvezza non è più una semplice promessa, ma già è stata accreditata in cielo, non all’uomo, ma ad ogni singolo uomo. Già è stato messo nero su bianco e non ci sarà alcuna rescissione da parte di Dio: affrettiamoci a mettere la nostra firma e a pronunciare un sì eterno.

21 In quell’ora Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: Rendo lode a te, Padre, Signore del cielo e della terra, perché nascondesti queste cose a sapienti e a intelligenti e le rivelasti a piccoli; sì, o Padre, perché così benevolenza fu davanti a te.

Non si esulta nello Spirito se non per rendere lode a Dio, Padre. E non per cose brutte, ma per cose belle. Cosa ha dunque fatto di bello il Padre? Ha nascosto queste cose a sapienti e a intelligenti e le ha rivelate a dei piccoli. E’ stata semplicemente una bella trovata? Una di quelle che suscita meraviglie, perché imprevista ed imprevedibile? Perché mette i primi all’ultimo posto; non si sa per quale bizzarra scelta dell’amore divino? O non si tratta di una giusta trovata: una di quelle che finalmente rendono giustizia e fanno giustizia all’uomo?

Non a quello che cerca se stesso e l’affermazione del proprio nome, ma a quello che cerca il Signore nella piccolezza e nell’umiliazione… non credendosi sapiente, ma facendosi stolto, non confidando nella propria intelligenza, ma fidandosi ed affidandosi a Gesù.

E’ l’apologia dei piccoli e degli stolti o l’esaltazione di coloro che tali si sono fatti per amore di Cristo? Il semplice ribaltamento dei valori creati dall’uomo o l’affermazione di un’altra scala di valori al cui vertice sta il Cristo, nel quale e per il quale tutto è visto in maniera diversa?

Se la gioia è solo per gli stolti che sono trovati a questo mondo, chi potrà condividere? La vera gioia è per ogni uomo che confida in Cristo e non nella propria sapienza o intelligenza. Benché dono di Dio devono essere visitate dal Cristo e rivestirsi di una nuova luce.

22 Tutte le cose a me furono date dal Padre mio e nessuno conosce chi è il Figlio se non il Padre, e chi è il Padre se non il Figlio e  chiunque al quale voglia il Figlio rivelarlo.

Vi è una diversità del Figlio dell’uomo rispetto ad ogni altro uomo che  si può comprendere soltanto allorché svelata dalla sua stessa Parola.

Se Dio è Padre di tutti gli uomini e tutti gli uomini sono figli suoi, non si può mettere lo stesso Figlio Cristo Gesù nell’unico calderone. L’uomo è figlio per adozione, Gesù per eterna generazione. Soltanto Cristo può chiamare Dio, Padre mio, perché Figlio Unigenito dell’Altissimo, unico ed esclusivo.

Tutte le cose a me furono date dal Padre mio

In Cristo e per Cristo fu fatta  ogni cosa ed il creato tutto è stato messo nella sue mani. Che tutte le cose vengano da Dio Padre, è risaputo in Israele. Che tutto sia stato dato ed affidato al Figlio: questa è una novità. Una novità che ha il sapore della provocazione per un popolo rigidamente monoteista, che a stento riesce a comprendere un Dio Padre di tutti gli uomini, ancor meno un Dio Padre dell’Unigenito Gesù. C’è un mistero nascosto nei secoli che a poco a poco si viene manifestando a partire da Israele.

e nessuno conosce chi è il Figlio se non il Padre, e chi è il Padre se non il Figlio e  chiunque al quale voglia il Figlio rivelarlo.

Non c’è vera conoscenza del Figlio se non presso il Padre e non c’è vera conoscenza del Padre se non presso il Figlio. Colui che è Verità è posto ad un livello superiore rispetto alla conoscenza dell’uomo. Soltanto la Verità conosce se stessa. Il Padre, com’è, nel Figlio ed il Figlio, com’è, nel Padre. Non si esce dal mistero di un Dio chiuso nella propria eterna perfezione, che non ha bisogno di conoscenza alcuna, in quanto si conosce pienamente in se stesso e da se stesso, se non per un atto del tutto gratuito del suo amore. E questo ha nome di rivelazione: non una semplice promessa ma una realtà che si può vedere e toccare in Cristo Gesù. Niente di più sensazionale e di più sbalorditivo, una notizia che deve fare il giro del mondo e suscitare ogni meraviglia ed interesse. Una novità per tutte le genti, ma anche un rompicapo per Israele, che deve vedere in maniera diversa il proprio rapporto con le Scritture. Perché la rivelazione non è una novità per il popolo eletto, ma una verità accolta e consacrata dalla tradizione. A Israele in maniera esclusiva Dio ha rivelato il proprio nome, ha donato la Legge, ha manifestato la potenza del suo braccio. Quanto basta per farne un popolo nuovo e diverso da tutti gli altri. Come può il Figlio rivendicare a se stesso e per se stesso ogni conoscenza di Dio? Non è vanificato con ciò il dono fatto ad Israele?

Così ragiona ogni ebreo che non intende la Parola ed ha il cuore indurito. Ad un certo punto il discorso può continuare soltanto per chi ha fede in Cristo Gesù e si è messo alla sua sequela e dà ascolto alle sue parole.

23 Ed essendosi rivolto ai discepoli in disparte disse:

Certe cose Gesù le dice soltanto ai suoi discepoli e neppure in pubblico, ma soltanto dopo averli presi in disparte.

Beati gli occhi che vedono le cose che vedete.

Solo i discepoli hanno visto quali meraviglie e non tutto Israele? Nessun prodigio Gesù ha operato di nascosto, ma tutto è stato fatto sotto la luce del sole, davanti al popolo. Perché dunque non tutti gli occhi sono detti beati? Perché molti non vogliono vedere quello che vedono e preferiscono le tenebre alla luce. Beati dunque gli apostoli perché tengono gli occhi aperti per accogliere la verità.

24 Vi dico infatti che molti profeti e re vollero vedere le cose che voi vedete e non videro ed ascoltare le cose che ascoltate e non ascoltarono.

Nessuna rottura col passato, ma l’adempimento pieno ed ultimo della promessa fatta nel passato. I santi dell’Antico Testamento sono vissuti nella speranza del Salvatore: ad essi non è stato dato di vedere ed ascoltare il Figlio di Dio sceso sulla terra nelle sembianze dell’uomo. Questa grazia ha toccato uomini degli ultimi tempi: rendano gloria a Dio, invece di indurirsi in una polemica sterile e dannosa.

25 Ed ecco un tale, dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova dicendo:

Quando il discorso è tutto sul Cristo ed ha toccato il suo punto più alto, ecco salta fuori qualcuno che tira in ballo ancora una volta la Legge e le opere dell’uomo. E non in maniera casuale e da sprovveduto, ma con il preciso intento della provocazione, per ridimensionare la parola di Gesù e per riaffermare la Parola data in antico da Dio.

Maestro… parola falsamente rispettosa, in realtà piena di inganno. Gesù non si è proposto come semplice maestro in Israele, ma come il Salvatore d’Israele. Quando uno è fuori di senno, fosse pure un grande maestro, bisogna interromperlo e richiamarlo alla realtà. Certe teste calde, se pur incontrano il favore popolare, devono essere riportate coi piedi per terra… magari con le dovute maniere, usando ogni riguardo.

cosa facendo erediterò la vita eterna?

Bel modo di interrompere la parola di Cristo e quale intelligenza di un discorso. Se per Gesù vale innanzitutto conoscere l’opera del Figlio, questo tale riporta il discorso all’uomo ed alle sue reali possibilità di redimersi da se stesso. Non importa sapere cosa fa e cosa può fare Cristo per la nostra salvezza, importa sapere cosa noi dobbiamo fare per ereditare la vita eterna. Tutto il problema è ridotto al nostro fare, nessun dubbio riguardo alle reali possibilità di questo fare. E neppure la vita eterna è considerata come un dono gratuito, ma come qualcosa di dovuto per le nostre opere. Un’eredità pienamente meritata per i nostri meriti, qualcosa che Dio ci deve per il nostro impegno.

26 Egli allora gli disse: Cosa è scritto nella Legge? Come leggi?

27 Egli allora rispondendo disse: Amerai il Signore, il tuo Dio con il tuo cuore intero e con la tua anima intera e con la tua forza intera e con la tua mente intera ed il prossimo tuo come te stesso.

Chi pensa di saperla più lunga di Cristo, da Cristo è rimandato al proprio sapere, non sempre e non necessariamente per essere contraddetto: semplicemente perché sia verificato nella sua idoneità o meno ad acquisirci la salvezza. Se sei convinto che ti basta la Legge per salvarti, interroga la Legge ed essa ti dirà cosa devi fare. Se non sei ancora in grado di capire la necessità di un Salvatore, cerca almeno di avere un rapporto più vero e meno superficiale con la Parola di Dio. Ed alla fine considererai in maniera diversa il tuo rapporto con Cristo, quando l’osservanza della Legge avrà gettato una nuova luce sul tuo peccato. Nessun dubbio riguardo al fatto che si deve amare Dio con la totalità del proprio essere ed il prossimo come se stesso. Se un dubbio si può insinuare riguarda la capacità dell’uomo di osservare la Legge. Ma quando non c’è dubbio alcuno riguardo alle proprie possibilità e veramente si vuol fare ciò che è gradito a Dio, cos’altro può suggerire Cristo se non di andare avanti nella strada intrapresa?

28 Disse poi a lui: Rettamente hai risposto; fa’ questa cosa e vivrai.

Non sarà certamente Cristo a rinnegare la volontà di osservanza della Legge. Bisogna però fare sul serio ed arrivare alle estreme conseguenze ed alla consumazione di un rapporto.

29 Egli allora volendo giustificare se stesso disse a Gesù:

C’è una insistenza ed una violenza nei confronti di Gesù che tradisce un cuore non pienamente convinto del proprio rapporto con la Legge.  Per questo si cerca dal Cristo una conferma, che vada però in senso esattamente contrario rispetto al suo insegnamento: per strappare una smentita o un ripensamento riguardo ad un rifiuto così deciso della giustizia dell’uomo. Se Gesù vuole a tutti i costi convincere di peccato, bisogna a tutti i costi convincerlo che c’è anche chi è giusto e di null’altro ha bisogno se non di una luce in più riguardo alla propria giustizia.

La prima domanda è posta con il preciso intento di mettere alla prova Gesù. Ora che la prova è stata superata e Cristo è stato trovato in piena sintonia con lo spirito della Legge, il rapporto col maestro si pone in maniera diversa. Se riconosce giusta la Legge, deve pur riconoscere giusto colui che la osserva.  Ma come mettere con certezza se stessi nel novero di coloro che sono giusti secondo la Legge? E’ sufficiente la propria coscienza? O non c’è bisogno della rassicurazione di un altro, di un insegnamento che venga da un grande maestro, di un qualcosa in più rispetto a quello che già abbiamo nella nostra testa? A questo serve Cristo e questa deve essere la sua utilità per il popolo eletto! Non per mettere in crisi le coscienze, ma per rassicurarle riguardo alla propria giustizia.

In questo mondo ci sarà sempre qualcuno che vede bene Cristo, purchè si metta in riga e non vada fuori.

Ragionamenti di tal fatta portano sempre più lontano dal Cristo Salvatore ed a domande del tutto inopportune e fuori luogo.

E chi è il mio prossimo?

Avrebbe dovuto dire: Chi è il mio Dio. E Gesù avrebbe risposto: Son io che sto davanti a te. La Legge mette in evidenza la priorità dell’amore per Dio rispetto all’amore per l’uomo.  L’amore per il prossimo altro non è che  corollario dell’amore per Dio, sua derivazione e necessaria conseguenza: una realtà visibile e palpabile di una ovvietà indiscutibile, a differenza dell’altro, che è e rimane di natura nascosta e misteriosa. Che si debba amare Dio, è fuori discussione, ma come si possa amare Colui che non si vede e non si conosce, questo è il grande problema che attende una soluzione ed una risposta.

Ed ancora: chi è mai questo Dio che si deve amare con tutto il proprio essere? Questa è la vera domanda che la Legge vuole suscitare nell’uomo. Ma allorché  Dio si  fa carne e  viene ad abitare in mezzo all’uomo, ha ancora senso porsi domande riguardo al prossimo? Per chiedere chi è? Sono questi i dubbi e gli interrogativi suscitati in noi dalla lettura della Parola?

30 Rispondendo Gesù disse:

Benché sia notte fonda ed il buio più totale, Gesù non demorde e non abbandona chi si rivolge a Lui, anche se deve ricominciare dall’inizio e da lontano e prendere un discorso che va in senso contrario, per riportarlo sulla giusta strada, che è quella di Cristo Salvatore. Lontano fino a che punto? Fino all’Eden originario.

Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e si imbatté in briganti, che anche avendolo spogliato ed avendo posto percosse se ne andarono lasciandolo mezzo morto.

E’ la storia di una caduta e di un cammino verso il punto più basso dell’esistenza: da una dimensione essenziale ad una esistenziale, dalla città di Dio alla città dell’uomo, da una vita in obbedienza ad un’altra nella disobbedienza. Se Gerusalemme è la città posta più in alto,  Gerico è quella più in basso: se l’una porta verso il cielo, l’altra porta nel profondo della terra.

Meglio dunque rimanere saldamente ancorati alla realtà originaria in cui siamo stati posti dal Signore, senza nulla osare e nulla rischiare? Non è questa la vocazione dell’uomo. Adamo fin dall’inizio è chiamato ad un cammino di crescita, per diventare, da anima vivente, spirito vivificante.

E tutto questo in obbedienza alla Parola di Dio, che si pone luce sul cammino, fino al raggiungimento della vita eterna.

Nessuna maturità è raggiunta nel guscio: rotto l’involucro e venuti alla luce, bisogna andare con le proprie gambe, tenendo lo sguardo fisso all’autore ed al perfezionatore della nostra salvezza.

Se non c’è questa obbedienza e sottomissione al Cristo, l’andare dell’uomo non ha in sé alcuna garanzia di un felice approdo: invece di salire verso l’alto si precipita verso il basso.

Un cammino senza guida e senza luce è pieno di insidie. L’antico maligno scruta il momento opportuno per aprirsi un varco nel cuore della creatura e farsi suo padrone. Quando l’ascolto vien meno, ecco si è già in caduta libera, senza appoggio e protezione dall’alto, ed il Satana finalmente può sferrare i suoi attacchi. E non con la tattica del singolo, ma con la strategia del gruppo organizzato, mettendo sul campo intere legioni. Quale possibilità per l’uomo che ha abbandonato lo scudo e la protezione offerti dall’ascolto della Parola di Dio? Nessuna: soccomberà miseramente senza opporre resistenza, subendo ogni saccheggio ed ogni devastazione.

che anche avendolo spogliato ed avendo posto percosse se ne andarono lasciandolo mezzo morto.

Spogliato dei doni di Dio, il corpo dell’uomo subisce ogni sorta di violenza e di menomazione, non però fino alla morte eterna. Il satana è costretto ad abbandonare Adamo in fin di vita, senza poter sferrare l’affondo finale. E questo per misericordia di Dio che concede all’uomo un tempo di pentimento e di ravvedimento. Il Diavolo molla la stretta mortale, ma non perde di vista la sua vittima: non resta che attendere l’ultimo respiro.

Il tempo di questa agonia è il tempo della nostra esistenza terrena.

Nessun nome, nessun volto, se non quello sfigurato dal peccato, un corpo che se pur vive, porta in sé i segni della morte eterna.

Chi è dunque questo tale senza nome che scende da Gerusalemme a Gerico? Non un uomo qualsiasi, ma ogni uomo nato da Adamo.

Quale possibilità di riscatto e di recupero della vita? Nessuno. Così pensa il Maligno che già pregusta una eterna vittoria… Ma ha fatto male i conti e non ha tenuto in considerazione il Figlio di Dio ed un suo possibile intervento.

 31 Ora per caso un sacerdote scendeva in quella via ed avendolo visto passò dall’altra parte della strada.

Comincia così la storia della nostra esistenza. Una storia segnata dalla morte, in cui tuttavia si insinua ed è insinuata una volontà ed una possibilità di salvezza. Finchè non si arriva alla Legge, vuoi quella naturale , vuoi quella mosaica, nessuna speranza di essere rimessi in corsa per la vita. L’esistenza è agonia che precede la morte eterna: più o meno lunga, più o meno atroce, ma senza via d’uscita.

Soltanto con l’osservanza della Legge l’uomo può sperare di essere reintegrato in uno stato di grazia. E soltanto in Israele per la prima volta la voce della coscienza di ogni singolo uomo, diventa coscienza collettiva di un intero popolo, in virtù della Parola di Dio.

La Legge che è solo interiore vien fatta esteriore nella codificazione dei comandamenti di Dio, ciò che è invisibile diventa in qualche modo visibile nel culto, nel tempio, nel sacerdozio.

Ma non è ancora la salvezza e la liberazione del Maligno, per molti soltanto l’illusione di una diversità conquistata dall’uomo attraverso il proprio sacrificio e la propria buona volontà.

La legge è in funzione di Cristo, crea una maggiore consapevolezza di peccato, non toglie il peccato e non ci fa creature nuove. L’uomo che si impegna con tutte le forze per osservare i comandamenti di Dio, sperimenta il proprio fallimento e con ciò pone le premesse per la fede in Gesù Salvatore. L’osservanza della Legge dona dunque occhi migliori: ci consente di vedere le cose così come stanno realmente e di avere un approccio alla vita secondo verità e non secondo le false illusioni create ed alimentate in noi dal Satana. Un dono buono di per sé non crea una buona coscienza, se viene usato in maniera distorta. C’è anche chi, seguendo la via dell’osservanza del precetto divino, si crea una coscienza di giustizia falsa ed ingannevole.  La vera osservanza della Legge apre gli occhi verso la verità, quella falsa li chiude in maniera irreparabile. Chi si crede giusto non solo rifiuta il Cristo, ma ha una visione completamente distorta della propria ed altrui esistenza. Non vede le ambiguità e le contraddizioni di una natura compromessa dal peccato: al contrario vede la possibilità di costruire con le proprie forze una vita migliore. Nonostante lo spettacolo quotidiano della morte che viene dal peccato, il “giusto” continua a rincorrere se stesso, e ad alimentare il sogno di una esistenza diversa, dove, pur non vivendo di Dio, si vive per i valori ed i beni da Lui dati. Non importa considerare la povertà e le miserie di ogni genere che si incontrano ogni giorno sulla proprio cammino. E’ un’altra storia e soprattutto la storia di altri: non ci tocca e non può toccarci. Così si continua per la via di sempre, senza nulla imparare da ciò che cade sotto gli occhi.  Possiamo ben andare oltre, perché siamo dall’altra parte della strada. Possiamo continuare a credere nella ricchezza, nonostante l’altro che muore di fame, confidare nella salute, nonostante i molti ammalati, inseguire sogni di una vita creativa, nonostante la miseria a cui è condannata la maggior parte dell’umanità. E questo spirito è nelle religioni di tutti tempi. La religione aiuta l’uomo a creare una vita migliore, degna di essere vissuta. Messa da parte la speranza di una salvezza e di un riscatto che siano per la vita eterna, ci si accontenta di ogni bello e di ogni buono. Allorché si incrocia per caso un destino di morte nulla si osa per la salvezza, ma si tira avanti per la propria strada, contenti che la malasorte sia toccata ad un altro. Non importa quale sia la fine di un cammino in discesa, importa l’attimo presente e godere la vita in atto. Chi è mai questo sacerdote, che per caso vede l’uomo moribondo sul suo stesso cammino e tira avanti dall’altra parte della strada?

Un sacerdote d’Israele? Non necessariamente. Rappresenta la religiosità che vive al di fuori della rivelazione, fatta esperta della miseria dell’uomo, ma incapace di operare per la salvezza. Serve solo per “tirare avanti”, per dare la forza di sopravvivere allo spettacolo della miseria che è parata davanti agli occhi.

32 Similmente poi anche un levita trovatosi presso il luogo essendo giunto ed avendo visto passò dall’altra parte.

Arriva poi un sacerdote diverso, voluto e creato dallo stesso Dio. Ma l’esito finale è sempre lo stesso. Questa volta l’incontro con un destino di morte non è per nulla casuale, ma è meta di un cammino segnato e voluto dal cielo. Il sacerdote d’Israele, istruito nella Legge, non s’imbatte per caso nello spettacolo della morte, ma arriva ad essa preparato dalla Parola, fatto sapiente riguardo alla vita. Qualcosa dovrebbe cambiare, ma è solo per chi guarda a Cristo. Se le cose stanno diversamente, se non c’è la speranza nel futuro Salvatore, la conclusione è sempre quella: si tira avanti per la propria strada, nell’illusione di una vita diversa e migliore.

Non c’è salvezza nelle religioni senza Cristo, neanche in Israele. E neppure si pone il problema: basta sopravvivere ed andare avanti col solito andazzo verso la morte eterna.

33 Un Samaritano invece essendo in viaggio venne presso di lui

Sul fallimento delle religioni di questo mondo e dello stesso popolo eletto viene costruita in cielo una salvezza diversa che segue altre vie da quelle dell’uomo. E’ lo stesso Figlio di Dio che si mette in viaggio per venire sulla terra e porre la sua dimora in mezzo ai mortali, per vedere e per essere visto più da vicino. Non per andare avanti per la propria strada, ma per riportare alla vita colui che è perduto. Non per ignorare il peccato, ma per portarlo su di sé, non come il primo tra gli uomini ma come l’ultimo, non come colui che appare un eletto, ma un reietto.

Chi è dunque questo Samaritano? Non uno qualunque degli ultimi, ma il primo in cielo, che si è fatto ultimo sulla terra per la nostra salvezza.

Finalmente la domanda dell’uomo della Legge trova la sua risposta. E porta luce là dove regnano le tenebre. Perché anche una domanda banale e fuori luogo può trovare in Cristo una risposta seria ed opportuna. Quando ci si lascia illuminare dal Cristo  salta fuori che non solo non conosciamo Colui che siede lontano nei cieli, ma neppure Colui che è venuto presso di noi sulla terra.

Se prossimo è ogni uomo che è a noi vicino, chi più di Cristo si è posto presso di noi?

Credi di saperla lunga in fatto di prossimo?  Neppure conosci chi è più prossimo a te.

E’ Gesù, figlio di Dio, il primogenito fra molti fratelli. E questa è una novità così che grande che dà fondamento anche alla domanda più ovvia e più banale.  Va detto a tutti e gridato ad ogni orecchio.

E’ questo il prossimo più prossimo di cui parla la Legge, perché soltanto in Lui e per Lui il precetto di Dio trova il suo adempimento. Vuoi sapere perché? Segui la parabola.

ed avendolo visto si commosse 34 ed essendosi avvicinato fasciò le sue ferite versandovi su olio e vino, avendolo posto sul proprio giumento lo condusse in un albergo e si prese cura di lui.

Sceso dal cielo alla terra in veste di Samaritano, il Figlio di Dio ha visto da vicino il nostro stato di morte. E non è rimasto indifferente alla sorte dei fratelli a Lui dati dal Padre, ma si è commosso  secondo il suo eterno amore. Ha fasciato le nostre ferite, versandovi sopra l’olio ed il vino che sono la Parola. In virtù della propria obbedienza al Padre ( giumento ), ha portato su di sé il nostro peccato e ci ha condotto nella sua chiesa, che è luogo di salvezza e si è preso cura di noi.

35 E l’indomani avendo tirato fuori diede due denari all’albergatore e disse:

Prima della sua dipartita da questo mondo, dopo aver tirato fuori se stesso dalla morte ed aver lasciato alla chiesa due beni preziosi, che sono l’Antico ed il Nuovo Testamento, ci ha messo nelle mani della comunità degli eletti. In essa troveremo un deposito di grazia e di beni donati dal Cristo per tutti coloro che accolgono il Salvatore.

Prenditi cura di lui e ciò che spendessi in più io te lo renderò nel mio ritorno.

Vocazione della chiesa è prendersi cura di tutti coloro che le sono affidati dal Cristo, spendendo con generosità i propri beni, nella consapevolezza che ogni operaio sarà largamente compensato da Gesù alla sua venuta. Intendi la prima venuta alla nostra morte, intendi la seconda venuta alla fine dei tempi.

36 Chi di questi tre ti sembra essere stato prossimo di chi si era imbattuto nei briganti?

Non si risponde ad una domanda ponendo un’altra domanda se non per correggere il tiro di chi ha interrogato, per portarlo ad una migliore luce. Se prossimo è ogni persona che ci è vicina,  giova chiederci innanzitutto quale prossimo meriti una particolare considerazione. Non per fare differenza tra uomo ed uomo, ma per comprendere quale differenza tra amore ed amore. Perché se non è scontato che la sappiamo lunga in fatto di prossimo, ancor meno comprendiamo in fatto di amore. In Gesù non troviamo semplicemente quale prossimo innanzitutto di debba amare, ma anche quale prossimo è capace di amare. Se non sappiamo chi amare, ancor meno sappiamo come amare. Secondo l’arbitrio ed il capriccio di un amore infondato o nella luce e nella grazia di un amore che ha trovato  il proprio fondamento? Non secondo l’amore da noi creato, ma secondo quello a noi manifestato. E’ Gesù il fondamento dell’amore: modello, guida e luce di ogni vero amore. Se non comprendi Gesù, neppur comprendi chi devi amare e come devi amare. Non l’osservanza della Legge naturale e neppure quella della Legge mosaica ci porta al vero amore, ma solo Cristo Gesù. Un amore diverso perché diversamente fondato, un amore potente perché capace di salvezza.

37 Egli allora rispose: Quello che ha fatto con lui misericordia.

Quello che l’uomo non può e non vuole dire di Gesù gli è strappato dalla bocca dallo stesso Figlio di Dio. Se prossimo è innanzitutto Gesù, perché fonte di ogni amore, va pure compreso quale sia il carattere distintivo del suo amore. Un amore in verità, in giustizia, in potenza, ma prima ancora in misericordia.

Adesso il quadro è completo ed è detto tutto quello che giova sapere per la salvezza. Vicino a noi si è posto un prossimo che ha nome Gesù; in Lui soltanto l’amore trova il proprio fondamento; è venuto dal cielo in terra per la salvezza dei fratelli, portando con sé ogni misericordia.

Disse poi a lui Gesù: Va’, anche tu fa’ similmente.

Dopo che hai conosciuto chi è il tuo prossimo, che soltanto in Cristo è il vero amore, fai anche tu come Lui: ama in obbedienza al Padre, per il bene di tutti i fratelli.

Cristo non va solo accolto ed amato, va anche imitato. Solo così il comandamento dell’amore trova il suo adempimento vero e definitivo. Non c’è amore verso il Padre e verso il prossimo se non in Cristo e per Cristo.

38 Mentre essi andavano egli entrò in un villaggio;

Mentre gli apostoli vanno ad annunciare, Gesù entra in un villaggio, non per smentire coloro che sono inviati in suo nome o per una sorta di iniziativa indipendente o parallela al loro operare, ma adempiendo nella propria persona ciò che è annunciato nella persona di altri. Gesù può entrare dove vuole: non per questo è sminuito e reso superfluo l’annuncio dei suoi discepoli.

ora una donna di nome Marta lo accolse.

Non basta l’entrare di Gesù: deve anche essere accolto. Se Gesù bussa a tutte le porte, sono pochi coloro che l’accolgono nella propria casa. Ed il loro nome è degno di essere ricordato, perché entra di diritto nella storia della salvezza.

39 E questa aveva una sorella  chiamata Maria, che essendosi seduta presso i piedi del Signore ascoltava la sua parola.

La fede vera ha un effetto trascinante su quelli che ci stanno vicino. Marta ha una sorella di nome Maria, che, sedutasi ai piedi di Gesù , si trova ed è trovata presa dalla Sua parola. In una maniera ed in una misura che va oltre ogni logico buon senso e ciò che è richiesto dall’occasione. Perché qualsiasi accoglienza richiede il servizio, prima ancora dell’ascolto.

40 Invece Marta era occupata per il molto servizio.

Marta in apparenza interpreta meglio il proprio ruolo: quando qualcuno entra nella nostra casa, dobbiamo metterci al suo servizio. Non è semplicemente una questione di tradizione e di consuetudine, è anche nella logica dell’amore vero.

Allora essendo venuta  disse: Signore non ti importa che mia sorella mi lasci sola a servire?

Marta dovrebbe parlare a Maria ed invece si rivolge direttamente a Gesù. Perchè non ha autorità presso la sorella? Non così dobbiamo intendere. E’ la sua stessa fede che chiede una verifica da Gesù, proprio nel momento in cui si confronta con quella della sorella.

Dille dunque che mi venga in aiuto.

Spetta a Cristo richiamare al vero servizio e dire una parola chiara al proposito. Marta è convinta che Maria meriti un richiamo da parte del Signore, ma si guarda bene da un intervento diretto, dettato dal proprio sentire. Così la fede che non vuole ferire il fratello, tutto rimette al giudizio di Cristo. Certi confronti non si possono evitare, ma si devono mettere nella mani di Gesù.

Di Marta e della sua presunta mancanza di luce molto si parla: poco si comprende della sua fede piena di amore e di premura, non solo verso Dio, ma anche verso la propria sorella.

41 Rispondendo allora il Signore le disse: Marta, Marta, ti preoccupi e ti agiti intorno a molte cose,

42 ma una sola è necessaria: Maria infatti ha scelto la parte buona che non le sarà tolta.

Una domanda fatta con amore trova una risposta altrettanto amorosa. Un servizio non confortato dall’ascolto della Parola fiacca lo spirito e porta con sé preoccupazioni ed ansie. E’ poi così importante ed indispensabile fare tante cose, spendendo tempo ed energie per catturare un amore? Siamo ancora alla conquista di Cristo, perché non ancora da Lui conquistati ? La fede viene dall’ascolto e l’ascolto dalla Parola. Quando si è già entrati nello spirito della fede non è prioritario il fare, ma l’ascoltare. Il nostro impegno e la nostra dedizione a Gesù ci attirano la sua simpatia, ma quando i suoi occhi sono già caduti su di noi ed Egli è già entrato nella nostra casa, meglio pendere dalla sua bocca e godere della sua Parola… Per trovare in essa il vero Dio ed il cibo che sazia la nostra vita. Se tu vuoi dare a Dio, sappi che Dio vuol dare a te. Il cibo materiale entra dalla bocca, quello spirituale dalle orecchie. Il primo si ottiene con il nostro operare, l’altro ci è dato per il nostro ascoltare. Maria infatti ha scelto la parte buona che non le sarà tolta.

Parte buona è quella che dà la vita eterna, l’altra, se pur non si deve gettare, ha un sapore diverso che non sazia il nostro cuore. La preghiera e la lettura della Parola di Dio possono apparire anche un perditempo ed essere vissuti con senso di colpa. Ma è Gesù stesso che ci invita a cercare ciò che è innanzitutto necessario per la salvezza. Tante ansie, stress e preoccupazioni, non sono volute dal Signore: ce li creiamo noi stessi per il troppo operare. E’ gradito a Dio il cuore che innanzitutto riposa nell’ascolto della sua Parola. Certi stacchi ed interruzioni del lavoro sono salutari e benedetti dal Signore. Se stiamo a guardare tutto quello che c’è da fare, il tempo per l’ascolto della Parola non si trova mai. Il disordine che è trovato in una casa non disturba Gesù: lo disturba un cuore distratto dall’ascolto. 

Maria ha ben interpretato il suo ruolo di donna conquistata dall’amore di Gesù:  gode di ogni parola che esce dalla bocca dell’amato. In certi momenti il resto conta ben poco e neppure si vede e neppure si comprende.

E allora che ne è  di Marta, del suo operare amoroso, della sua fede che cerca la concretezza dell’agire e vive come una colpa ogni abbandono del cuore all’ascolto della Parola? Non è riprovata da Gesù: semplicemente è illuminata da una luce nuova, che vuole l’ascolto al primo posto.

Alcuni traduttori maldestri al posto di “la parte buona” mettono “la parte migliore”, come se Gesù volesse fare il confronto fra due interpretazioni diverse della vita nella fede, di cui l’una ( la contemplativa ) appare migliore dell’altra ( l’attiva ).

Non esistono due modi diversi di intendere la fede. Una sola è la vera fede: quella che nasce e si alimenta nell’ascolto della Parola di Dio. La necessità dell’ascolto non dispensa dalla necessità dell’operare. Più semplicemente l’ascolto dà un fondamento all’operare. Non è gradito un qualsiasi operare, ma soltanto quello che nasce, è voluto ed è guidato dall’ascolto.

Non c’è una regola che valga per tutti: ognuno di noi deve comprendere in ogni momento della giornata qual è la volontà di Dio. Non ha senso pregare quando ci è chiesto di lavorare e neppure di lavorare, quando si deve pregare. Quel che vale per l’uno in un certo tempo della giornata, non necessariamente vale per un altro. E’ il richiamo di Dio quello che conta e che deve essere accolto, non gli schemi creati dalla nostra intelligenza. Uno stesso tempo è interpretato da Marta e Maria in maniera diversa. Soltanto Maria ha colto pienamente nel segno: Marta, nel momento in cui vuol richiamare, è richiamata. Non come colei che è senza fede, ma come colei che deve salvaguardare la propria fede, nell’ascolto della Parola.

 

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