Vangelo di Luca cap6
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- Categoria: Vangelo di Luca
- Pubblicato Lunedì, 01 Agosto 2011 17:00
- Scritto da Cristoforo
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Luca 6
Avvenne poi di sabato che passava lui attraverso le messi e i suoi discepoli strappavano e mangiavano le spighe avendole sfregate con le mani. 2 Allora alcuni dei farisei dissero: Perché fate ciò che non è permesso di sabato? 3 E rispondendo a loro Gesù disse: Non avete letto questa cosa, ciò che fece Davide quando ebbe fame lui e quelli che erano con lui, 4 come entrò nella casa di Dio ed avendo preso i pani di proposizione mangiò e ne diede a quelli con lui, che non è lecito mangiare se non i soli sacerdoti? 5 E Diceva loro: Il Figlio dell’uomo è Signore del sabato. 6 Avvenne poi in un altro sabato che entrò lui nella sinagoga e insegnò, e c’era un uomo là e la sua mano destra era secca. 7 Ora osservavano lui gli scribi e i farisei se guariva in sabato per trovare di che accusarlo. 8 Egli però conosceva i loro ragionamenti, disse allora all’uomo che aveva secca la destra: Alzati e mettiti in mezzo. Ed essendosi alzato si mise in mezzo. 9 Disse poi Gesù a loro: Domando a voi se è permesso di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla? 10 Ed avendo guardato intorno tutti loro disse a lui: Stendi la tua mano! Egli lo fece e fu ristabilita la sua mano. 11 Essi allora furono pieni di follia e discutevano gli uni con gli altri di cosa avrebbero fatto a Gesù. 12 Avvenne poi in quei giorni che uscì lui sul monte a pregare, ed era passante la notte nella preghiera a Dio. 13 E quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli, ed avendo scelto da loro dodici, che anche inviati chiamò: 14 Simone che anche chiamò Pietro, ed Andrea suo fratello, e Giacomo e Giovanni e Filippo e Bartolomeo 15 e Matteo e Tommaso e Giacomo di Alfeo e Simone chiamato Zelota 16 e Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore. 17 Ed essendo sceso con loro si pose su un luogo pianeggiante e c’era molta folla di suoi discepoli, e grande moltitudine di popolo da tutta la Giudea e Gerusalemme e del territorio marittimo di Tiro e Sidone, 18 che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie e i molestati da spiriti impuri erano risanati, 19 e tutta la folla cercava di toccarlo perché da lui usciva una potenza e sanava tutti. 20 Ed egli avendo levati i suoi occhi sui suoi discepoli diceva: Beati i poveri perché vostro è il regno di Dio; 21 beati quelli che hanno fame adesso perché sarete saziati; beati i piangenti adesso perché riderete; 22 beati siete quando gli uomini vi odiano e quando vi mettano al bando ed ingiuriano e respingono il vostro nome come cattivo a causa del figlio dell’uomo. 23 Rallegratevi in quel giorno e saltellate, ecco infatti la vostra ricompensa è grande in cielo. Allo stesso modo infatti i vostri padri facevano ai profeti. 24 Piuttosto guai a voi ricchi perché avete la vostra consolazione; 25 guai a voi, i sazi adesso, perché avrete fame, guai i ridenti adesso, perché farete lutto e piangerete, 26 guai quando di voi tutti gli uomini diranno bene: allo stesso modo infatti facevano i padri vostri ai falsi profeti. 27 Ma dico a voi a quelli che ascoltano, amate i vostri nemici, fate bene a quelli che vi odiano, 28 benedite quelli che vi maledicono, pregate per coloro che vi diffamano. 29 A colui che ti percuote sulla guancia porgi anche l’altra, e da colui che prende il tuo mantello non impedire di prendere anche la tunica, e da colui che toglie le tue cose non ridomandare 31 e come volete che gli uomini facciano a voi similmente fate a loro. 32 E se amate quelli che vi amano, quale grazia è per voi? Infatti anche i peccatori amano quelli che li amano. 33 E infatti se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, quale grazia è per voi? Anche i peccatori fanno la stessa cosa. 34 E se prestate a coloro dai quali sperate di ricevere, quale grazia è per voi? Anche i peccatori prestano ai peccatori per ricevere le uguali cose. 35 Piuttosto amate i vostri nemici e fate del bene e prestate niente sperando in contraccambio: e la vostra ricompensa sarà grande, e sarete figli dell’Altissimo perché egli buono è sugli ingrati ed i malvagi. 36 Siate misericordiosi come anche il Padre vostro è misericordioso.
37 E non giudicate e non sarete giudicati: e non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati, 38 date, e sarà dato a voi; una misura buona pigiata scossa traboccante daranno nel vostro grembo; infatti con quella misura con cui misurate sarà a voi misurato. 39 Disse poi a loro anche una parabola: Forse può un cieco guidare un cieco? Non cadranno entrambi dentro ad una buca? 40 Non c’è discepolo più del maestro; ma ogni discepolo essendosi perfezionato sarà come il suo maestro. 41 Perché poi guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, ma non noti la trave che è nel tuo occhio? 42 Come puoi dire al tuo fratello: Fratello, lascia che estragga la pagliuzza che è nel tuo occhio, non vedente egli la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita, estrai prima la trave dal tuo occhio, e allora vedrai bene la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello per estrarre. 43 Infatti non c’è albero buono facente frutto guasto, né ancora albero guasto facente frutto buono. 44 Infatti ciascun albero viene conosciuto dal proprio frutto. Infatti non dalle spine raccolgono fichi né da rovo vendemmiano uva. 45 L’uomo buono dal buon tesoro del cuore prende fuori la cosa buona, il malvagio dal malvagio tesoro porta fuori la cosa malvagia: infatti dall’abbondanza del cuore parla la sua bocca. 46 Perché poi mi chiamate: Signore, Signore, e non fate le cose che dico? 47 Ognuno che viene da me e ascolta le mie parole e le fa vi mostrerò a cosa è simile; 48 simile è ad un uomo che edifica una casa che scavò e rese profondo e pose il fondamento sulla roccia. Essendo poi avvenuto uno straripamento il fiume urtò contro quella casa, e non ebbe la forza di scuoterla perché essa era stata costruita bene. 49 Chi invece ha udito e non ha fatto è simile ad un uomo che ha edificato una casa sulla terra senza fondamento, a cui il fiume urtò contro e subito cadde e fu grande la rovina di quella casa.
1 Avvenne poi di sabato che passava lui attraverso le messi e i suoi discepoli strappavano e mangiavano le spighe avendole sfregate con le mani.
Grazia e benedizione attraversano la terra al passaggio del suo Signore. I campi si rinnovano a festa ed offrono i loro frutti ai figli degli uomini. E chi non è tentato di fare un assaggio di fronte a tanta abbondanza? E perché non gustare delle nuove messi che fanno corona al passaggio di Gesù?
Gli apostoli sono entrati nello spirito della festa e del cibo nuovo che è portato dal cielo e mettono le mani su una grazia così grande. Senza distogliere però il loro cuore da Gesù e senza interrompere il cammino, ma in maniera sobria e frugale, cogliendo ciò che è dato e come è dato.
Se tutto è fatto per noi, noi non coglieremo cosa alcuna se non per dare gloria al Signore, per trovare nuova forza per una sequela più piena e più fruttuosa.
Nulla di più scontato e di più approvato di un simile comportamento. Neppure meriterebbe di essere ricordato se non per la reazione assurda ed ingiustificata di coloro che rincorrono Gesù non per mettersi alla sua sequela, ma per scoraggiare ogni sequela.
2 Allora alcuni dei farisei dissero: Perché fate ciò che non è permesso di sabato?
Se il fatto di per sé non va rilevato, perché non dice nulla di nuovo e di significativo, la durezza di cuore dei farisei insinua nel giorno di festa uno spirito di polemica che Gesù non può ignorare e a cui deve dare prontamente una risposta, prima che la comunità degli eletti ne sia infestata e contaminata.
I farisei non potendo attaccare Cristo, cercano di fare il vuoto intorno a lui.
Quale soluzione migliore che togliergli tutti i discepoli evitando al contempo il confronto diretto?!
3 E rispondendo a loro Gesù disse:
Chi provoca i discepoli ed assume atteggiamenti stroncanti nei loro confronti deve vedersela con Gesù: Cristo stesso è loro difensore. Se il diavolo ha i suoi avvocati accusatori, noi abbiamo dalla nostra parte la stessa Parola di Dio che si è fatta carne.
Quale dunque il problema? I miei discepoli non fanno tutto ciò che è scritto nella Legge, dimostrando con ciò disprezzo per il Dio d’Israele? Se è messa sotto inchiesta l’osservanza della Parola, può dirsi altrettanto per la volontà di ascolto?
Prima ancora del fare viene l’ascoltare e bisogna innanzitutto considerare quale apertura d’orecchie nei confronti della Parola.
I farisei sono proprio così convinti di avere l’orecchio attento a tutto quanto è detto attraverso le Scritture? Un ascolto parziale e fazioso porta ad una lettura della Parola di Dio affrettata e superficiale. Ambiguità e contraddizioni apparenti non vengono risolte se non ignorando o trascurando una parola a favore di un’altra. In questo modo si scivola su di un piano di lettura falso ed ingannevole, in cui le contraddizioni non vengono mai risolte nella loro naturale sintesi.
Quando si vuole estromettere Cristo dalla lettura della Bibbia, quali ragioni possono e debbono prevalere? Volete attenervi a ciò che è scritto in maniera rigorosa, pensando che non c’è bisogno della luce e dell’intelligenza che viene dal cielo? Se tutto comprendete nello spirito della Legge ditemi come intendete quello che non è pienamente conforme a questo spirito?
Non avete letto questa cosa, ciò che fece Davide quando ebbe fame lui e quelli che erano con lui, 4 come entrò nella casa di Dio ed avendo preso i pani di proposizione mangiò e ne diede a quelli con lui, che non è lecito mangiare se non i soli sacerdoti?
Benché l’uomo non viva di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio è pienamente giustificato prendere cibo con rendimento di grazie. Vi è una fame spirituale e vi è una fame materiale: entrambe vanno soddisfatte. Ma secondo le categorie che sono proprie di ognuna di esse, senza confondere due piani di realtà molto diversi.
Se intendete l’osservanza della Legge in un senso puramente materiale, certamente Davide ha commesso un grave peccato perché non avrebbe dovuto mangiare ciò che è riservato ai soli sacerdoti. Se invece volete intendere in senso spirituale, quale profanazione ha mai compiuto allorché ha mangiato per calmare i morsi della fame? Perché non sapeva distinguere il materiale dallo spirituale, l’immagine dalla realtà o al contrario proprio perché intendeva ogni mangiare alla luce della libertà che è data ai figli di Dio?
Davide era talmente sicuro di essere nel giusto che non solo mangiò, ma addirittura ne diede a quelli che erano con lui, giustificando lui stesso il loro operare.
Se a Davide fu concesso un simile potere, quanto più il Figlio di Dio può giustificare ogni mangiare di quelli che sono con Lui!
Se è vero che l’uomo non è fatto per il cibo è altrettanto vero che il cibo è fatto per l’uomo. Nessuna rinuncia materiale adempie di per sé alla volontà di Dio se non all’occasione e nell’occasione creata dallo stesso Dio. Ma quando è la presenza stessa di Dio che giustifica, quale senso può avere il precetto della Legge? Chi ha dato il precetto è più del precetto stesso.
Vi è una libertà fondata e guidata da Dio che va oltre la pura osservanza della Legge. Non s’intende e non si comprende se non in Cristo e per Cristo. L’autore della Legge non solo riceve luce dalla medesima, ma la illumina con una intelligenza nuova e superiore. Se dunque Davide, già ai suoi tempi, intendeva ogni parola rivelata alla luce del Cristo che doveva venire, chi potrà mai giustificare la durezza del vostro cuore?
5 E diceva loro: Il Figlio dell’uomo è Signore del sabato.
Affermazione forte che ha il sapore della provocazione. Gesù non solo addebita ai farisei una lettura sbagliata e non illuminata della Parola, fa se stesso Signore.
Il Figlio dell’uomo è la chiave di interpretazione unica ed esclusiva della Legge, data e legata non ad un qualsiasi profeta , ma al Figlio stesso di Dio.
Colui che è Signore della Legge è Signore anche del sabato e di tutto ciò che viene dalla Legge.
Realtà difficile da comprendere e da accettare: non è detta una volta per tutte, ma è continuamente ripetuta dalla chiesa… a cominciare da Cristo. E diceva loro… Nonostante questo la lezione non è mai capita. Si può addirittura arrivare all’assurdo: sottomettere ai precetti della Legge Colui che è autore della Legge stessa.
6 Avvenne poi in un altro sabato che entrò lui nella sinagoga e insegnò, e c’era un uomo là e la sua mano destra era secca.
Solo la sinagoga è il luogo naturale d’incontro tra Gesù ed i figli d’Israele. Colui che viene dal cielo non è mandato innanzitutto a contendere nelle piazze con coloro che non hanno volontà di ascolto: è venuto per insegnare nella sua chiesa. E non a quelli che credono di essere nella pienezza della vita, ma a quelli che sono impossibilitati a fare la volontà di Dio. Sono questi gli unici veri uomini, considerati da Dio. La chiesa non è tale se non in quanto visitata da Cristo e non è visitata da Cristo se non quando in essa è trovato un vero uomo. Non è vero uomo se non colui che a tutta la comunità fa mostra di avere la mano destra secca: vero non in quanto sano, ma in quanto convenuto per essere fatto tale. Tutti gli altri, che non si riconoscono in questa impotenza, non fanno parte di quella umanità conosciuta da Cristo.
7 Ora osservavano lui gli scribi e i farisei se guariva in sabato per trovare di che accusarlo.
Prima sono stati “osservati” i discepoli, ora lo stesso Gesù, per l’unica e medesima ragione.
Sembra proprio che invano Gesù sia andato ripetendo che “Il Figlio dell’uomo è Signore del sabato”.
Quando il cuore è duro non solo non intende, ma si indurisce ancora di più.
8 Egli però conosceva i loro ragionamenti, disse allora all’uomo che aveva secca la destra: Alzati e mettiti in mezzo.
Il Figlio di Dio, che conosce i pensieri dell’uomo, non si lascia impressionare dall’ostilità che vede intorno a sè, ma allorché lo scontro si fa inevitabile lo provoca prima ancora che sia provocato. E nessun uomo che cerchi la salvezza può starne fuori. Al contrario è messo da Gesù in prima linea, davanti a tutti. Quando Gesù è preso in mezzo, in questo mezzo siamo chiamati anche noi : non come semplici spettatori, ma come protagonisti e destinatari della sua opera di salvezza.
Ed essendosi alzato si mise in mezzo.
E’ questo il primo segno di obbedienza al Signore: quando da lui chiamati al confronto col Salvatore davanti ad una comunità ostile, non ci lasciamo prendere dal timore dell’uomo, ma alzatici, cioè usciti dal nostro stato di persone senza volto e senza nome, ci esponiamo all’attenzione della chiesa, per conoscere quale potenza di risurrezione è in Cristo Gesù. Potrebbe anche far piacere un discorso di salvezza relegato nell’interiorità nascosta del singolo. Del confronto con la massa dei fedeli molti ne farebbero volentieri a meno: crea tensioni ed amarezze non facili da portare. Ma è un prezzo che si deve pagare, perché la salvezza a noi data è la salvezza offerta a tutta la comunità dei credenti. E’ fatta ed operata nella chiesa e vuole il confronto con essa.
9 Disse poi Gesù a loro: Domando a voi se è permesso di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?
Non c’è alcun divieto da parte di Dio riguardo all’operare di sabato, se non per la nostra salvezza. Quando dunque si fa di sabato qualcosa di buono ed ancor più si salva una vita, quale senso chiedersi se è permesso? Il divieto è fatto per l’uomo e non l’uomo per il divieto.
Ma forse la domanda che dobbiamo porci è un’altra. Ci interessa veramente un discorso di salvezza? Crediamo che abbiamo bisogno di un Salvatore?
10 Ed avendo guardato intorno tutti loro disse a lui: Stendi la tua mano!
Viene il momento in cui dobbiamo guardarci in faccia non solo tra credenti, ma ancor più con Gesù, che va scrutando ad uno ad uno i nostri cuori per vedere quale desiderio di essere fatti nuovi. Allorché ci è comandato di operare in novità di vita, dobbiamo cogliere il comando con prontezza ed ubbidire alla Parola che unica adempie al precetto. Finchè il precetto di Dio è gestito da noi secondo le nostre categorie e forze, rimarremo nell’impotenza assoluta, ma allorché il comando è vissuto come obbedienza alla parola che salva, allora avviene il miracolo.
Egli lo fece e fu ristabilita la sua mano.
E’ ritrovata la forza ad operare il bene, non per l’obbedienza ad un semplice comandamento di Dio, ma per obbedienza alla Parola che si è fatta carne. Ciò che il precetto mosaico di per sé non può fare è operato dalla Parola che ha il nome di Cristo. In Cristo dunque vi è il superamento della Legge ed il suo adempimento, non fine a se stesso, ma per la vita eterna.
11 Essi allora furono pieni di follia
Follia è non vedere l’opera del Cristo, follia non fare propria la vita che è donata gratuitamente, follia restare attaccati a convinzioni manifestamente sbagliate. Così è fatto l’uomo: non crede neanche quando può toccare con mano la vita nuova.
e discutevano gli uni con gli altri di cosa avrebbero fatto a Gesù.
Invece di riflettere su ciò che Gesù ha fatto per l’uomo, discutono cosa devono fare a Gesù.
Padroni di una vita che è morte non vogliono esserne estromessi, ma pensano di far fuori chi porta una possibilità diversa, se pur cade sotto gli occhi di tutti.
12 Avvenne poi in quei giorni che uscì lui sul monte a pregare, ed era passante la notte nella preghiera a Dio.
Quando gli uomini si perdono nei loro piani contro Cristo, al Figlio dell’uomo altro non resta che innalzare la preghiera al Padre che è nei cieli: sempre ed ovunque, ma non senza qualche preferenza. Vanno privilegiati i momenti in cui cessa ogni operare ed i luoghi più alti, solitamente non frequentati. Se la preghiera è un rimanere nell’amore del Padre è anche un uscire dalla vita quotidiana, da ciò che fanno tutti. Di notte, quando gli uomini dormono, Gesù leva al cielo l’inno di lode a Dio Padre. Così la preghiera del Figlio adempie e completa quella dell’uomo: in ogni momento tiene vivo il desiderio ed il pensiero della salvezza. Solleva ed innalza i nostri cuori da ogni bassezza e li porta sul monte della santità, dove si è più vicini a Dio e dove nulla e nessuno può disturbare un rapporto d’amore.
13 E quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli,
Veramente non si dà quiete e riposo il re d’Israele, ma sempre opera per il bene degli eletti. Nessuna nuova luce spunterà al mattino se non quella che è stata preparata dal Figlio durante le tenebre della tua vita. Se oggi ti chiama, sappi che da tempo veglia su di te e prega per te.
ed avendo scelto da loro dodici, che anche inviati chiamò:
Non noi abbiamo scelto Lui, ma Lui ha scelto noi. Sceglie chi si muove ed opera per primo. Nessuna proposta d’amore è salita dalla terra al cielo. Non c’è chiamata all’amore divino se non per iniziativa del Figlio. Quando ancora eravamo nelle tenebre il Figlio scrutava i nostri cuori ed insieme col Padre preparava per noi un nuovo regno. Ma non tutti i chiamati sono anche eletti e non tutti gli eletti sono anche inviati. Nella chiesa di Cristo vi sono alcuni uomini che dobbiamo tenere in onore come diversi, per il ruolo diverso che hanno svolto in mezzo agli altri: sono questi i dodici apostoli. Riguardo al fatto che nella chiesa ogni tempo abbia i suoi apostoli, questo può essere diversamente interpretato: è sicuro e certo invece che solo dodici chiamati furono detti da Gesù inviati. Qualsiasi apostolato trova il suo fondamento e la sua verifica soltanto in quello creato dallo stesso Cristo, nella persona dei dodici. Il loro nome è al di sopra di qualsiasi altro nome, come il loro vangelo è al di sopra di ogni altro vangelo. Se la chiesa è un edificio destinato a crescere, niente si può costruire di nuovo se non sopra l’unico fondamento gettato dai dodici.
14 Simone che anche chiamò Pietro, ed Andrea suo fratello, e Giacomo e Giovanni e Filippo e Bartolomeo 15 e Matteo e Tommaso e Giacomo di Alfeo e Simone chiamato Zelota 16 e Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.
L’ordine in cui sono menzionati non è casuale: si va da colui che Gesù scelse come capo della chiesa, per concludere con colui che finì estromesso, in quanto traditore del Cristo.
Per quanto riguarda i primi quattro sappiamo dal Vangelo che Gesù ebbe per loro una particolare predilezione. Nella chiesa hanno sempre avuto un posto d’onore, in quanto più vicini a Cristo.
17 Ed essendo sceso con loro si pose su un luogo pianeggiante
Lasciato un rapporto col Padre troppo alto per essere compreso dall’uomo, Gesù scende al livello più basso, dove tutti possono ascoltarlo. E non si pone da solo ma insieme con i suoi apostoli. La Parola di Gesù fin dall’inizio chiede e vuole dei testimoni fedeli e credibili. Sono essi la garanzia data a noi tutti di un vangelo conforme a quanto detto dal Cristo. Nessun altro vangelo è degno di essere creduto se non quello che ci è stato trasmesso dai dodici, unici testimoni accreditati dal Cristo a parlare in nome suo, conforme a quanto hanno visto ed udito. Chi succede al loro ministero non può essere posto sullo stesso piano, su di una linea di continuità, ma su di una linea sovrapposta che in tutto e per tutto deve ripercorre e riscoprire il segno già tracciato. Una distinzione tra l’annuncio degli apostoli e quello dei loro successori va pur fatta. “ Chi ascolta voi ascolta me”. E’ diversamente inteso.
Solo essi furono testimoni diretti; agli altri è chiesto semplicemente di custodire e riportare il loro vangelo. Non tutto ciò che è detto da Gesù agli apostoli è detto anche per chi prende il loro posto. La loro collocazione storica, la loro importanza, ed il loro ruolo per certi aspetti sono unici ed esclusivi.
Dell’autorità conferita agli apostoli ed in modo particolare a Pietro la chiesa ha fatto particolare abuso creando divisioni non ancora sanate e dissapori non ancora sopiti.
e c’era molta folla di suoi discepoli, e grande moltitudine di popolo da tutta la Giudea e Gerusalemme e del territorio marittimo di Tiro e Sidone, 18 che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie e i molestati da spiriti impuri erano risanati, 19 e tutta la folla cercava di toccarlo perché da lui usciva una potenza e sanava tutti.
Gli esordi della predicazione di Gesù non potevano essere più trionfali. Intorno a Lui si accalcano le masse: non solo molta folla di discepoli, ma anche una moltitudine di popolo convenuta da tutto Israele e dai territori circostanti.
Ma per quale ragione si va a Gesù in tanti?
Innanzitutto per ascoltarlo. E’ la ragione prima e più valida anche se c’è qualcuno che ascolta per pura curiosità. La conoscenza di Dio passa attraverso la sua Parola. L’ascolto della Parola crea un legame con Gesù: allorché a Lui legati e a Lui affidati ne sperimentiamo tutta la potenza di risurrezione a vita nuova.
In secondo luogo per essere guariti dalle malattie. E’ l’aspetto più controverso e discutibile del nostro andare a Cristo. Non è inteso rettamente se non da coloro che innanzitutto vengono a Gesù per fare la sua volontà. E non si deve pensare alle malattie fisiche: la vera malattia che deve essere guarita è quella del cuore. Gesù non è tenuto a liberarci dalla malattia fisica: fa parte dell’economia della vita, va portata nel suo amore, non eliminata. E neppure si deve confondere la malattia psichica con quella spirituale: sono due realtà diverse e diversamente considerate. La malattia psichica di per sé non è malattia spirituale: l’una può essere associata e convivere con l’altra, ma la guarigione dell’altra non comporta necessariamente la guarigione dell’una. E’ una povertà che va portata nell’amore del Signore, non rifiutata. Ma accade spesso che volentieri la malattia psichica venga confusa con quella spirituale, con la speranza non illuminata e non esaudita che ci sia tolta una croce che non piace.
i molestati da spiriti impuri erano risanati. Se di indemoniati si tratta, attenti a non identificarli con i malati mentali. E’ un grave errore ed un’offesa alla dignità di queste persone considerarle come possedute dal diavolo.
19 e tutta la folla cercava di toccarlo perché da lui usciva una potenza e sanava tutti.
Una simile fede di massa è trovata nel Vangelo come unica ed esclusiva: in seguito non sarà più così.
Ma perché questa folla cercava di toccarlo? Perché da lui usciva una potenza e sanava tutti.
Quel che colpisce ed importa in Gesù è la sua potenza che sana tutti. Non necessariamente dunque l’interesse riversato su Cristo è per la salvezza, più spesso per la guarigione dalla malattia fisica. Più che una grande manifestazione di grazia all’inizio abbiamo una manifestazione di potenza, necessaria perché la fama di Gesù si diffonda per tutto Israele.
Che da Gesù esca una potenza è da tutti inteso, che sia data per tutti è parimenti compreso. Ma in chi ed in che cosa dobbiamo essere sanati: questo è tutto da chiarire.
Se le guarigioni all’inizio colgono tutti ed accolgono tutto, sono da Gesù poste le radici perché si cominci a fare chiarezza e si distingua la vera beatitudine da quella che tale non è.
Se l’uomo chiama beati tutti coloro che sono sollevati dai loro pesi, la Parola di Cristo sempre più va delineando l’unica vera felicità che è in Dio e per Dio.
Le folle che vanno a Gesù soltanto per essere liberate dalle malattie vengono via via abbandonate e tralasciate da Cristo. L’interesse di Gesù è sempre più rivolto solo ed esclusivamente a coloro che lo seguono per essere suoi discepoli.
Qualsiasi ripetizione e reiterazione nella chiesa di queste guarigioni di massa è falsa ed ingannevole: è fuori tempo e fuori luogo. E’ fuori tempo in quanto collocate da Gesù soltanto all’inizio della sua predicazione, quando non è ancora data la vera luce, ma c’è pur bisogno di una grande luce che tutti colga e coinvolga. E’ fuori luogo, in quanto non è questa la beatitudine della chiesa: semmai di coloro che si pongono ai margini di essa, vantando chissà quale novità e rinnovamento, a costo di apparire ridicoli e menti esaltate e deliranti.
Quale sia la beatitudine che dobbiamo cercare è detto nei versetti che seguono.
20 Ed egli avendo levati i suoi occhi sui suoi discepoli diceva:
Perché mai si dice che Gesù ha levato i suoi occhi sui suoi discepoli? Dove li ha tenuti fino a questo momento ? Sulle folle che vogliono essere sanate? Se le cose stanno così, perché questa brusca rottura ed inversione di marcia? Non c’è sguardo amoroso che non cerchi ove fissare i suoi occhi. All’inizio ci può essere qualche illusione riguardo alla fede delle masse, ma allorché un rapporto d’amore vuole la sua serietà e la sua verifica, Gesù si trova solo con i dodici.
Viene il momento in cui Gesù deve abbandonare i facili trionfalismi per parlare soltanto a coloro che hanno orecchi di ascolto: innanzitutto per fare chiarezza e perché si distingua la vera fede da quella che tale non è.
Beati i poveri perché vostro è il regno di Dio;
Le folle vengono a me per essere liberate dalla povertà della vita? Beati voi che siete poveri, perché vostro è il regno di Dio. Non c’è bene più prezioso e non c’è ricchezza più grande di ciò che viene dal cielo.
La povertà che tanto deploriamo non è un impedimento per l’accesso al regno di Dio, ma ne è la via più semplice, già tracciata da un Altro.
Che nessuno ami la povertà è fuori discussione e non potrebbe essere altrimenti. Beata non è detta la povertà, ma coloro che sono poveri. Perché dunque il povero è detto beato e chi è propriamente il povero? Povero è colui che manca di qualcosa o di più cose ed avverte questa privazione come una sofferenza insostenibile al punto che è spinto a cercare ciò che gli manca.
La povertà non è dunque semplicemente una condizione materiale che si possa definire in termini oggettivi, in maniera uguale per tutti. E’ innanzitutto una condizione dell’anima che si trova in stato di sofferenza per una mancanza. Ci può essere anche chi si accontenta di poco o di molto poco: in quanto sazio ed appagato da quello che ha, povero non è. Ci può essere anche chi non è contento del molto che già possiede e si sente vuoto: in quanto non pago di quello che ha, può essere detto povero.
Povero è dunque colui che non è contento delle cose che possiede in questo mondo ed è alla ricerca di altro. Dovremmo concludere allora che qualsiasi povero è già solo per questo beato, perché è spinto a cercare? Si può cercare anche in una maniera sbagliata e ciò che non sazia il cuore.
La povertà che è detta beata è quella che si mette in rapporto con il regno dei cieli, perché in esso e per esso troverà la propria felicità.
Il regno dei cieli non è dunque per tutti i poveri indistintamente, ma solo per coloro che riversano su di esso il vuoto del proprio cuore, perché sia colmato. C’è anche il povero che si muove in una direzione sbagliata e brama i beni di questo mondo e per essi si affanna. Non entrerà nel novero dei beati, anche se è nel novero dei poveri.
Gesù chiama beati tutti i poveri, perché a tutti i poveri offre la propria vita. Ma ciò che è semplicemente offerto a tutti non sempre è colto da tutti.
21 beati quelli che hanno fame adesso perché sarete saziati;
C’è una fame materiale e c’è una fame spirituale. Dio sazia l’una e l’altra, ma in tempi ed in modo diversi. La fame materiale chiede di essere saziata hic et nunc: è un problema di questo mondo e non può essere trasferita in un’altra vita. Inoltre non è di per sé segno di elezione e di distinzione: Dio fa sorgere il suo sole sopra i giusti e sopra gli ingiusti e a tutti gli uomini dona i frutti della campagna.
Per quale fame dunque si è detti beati? Per quella che abbiamo ora di Dio e del suo Spirito. Verrà il tempo in cui molti desidereranno vedere anche un solo giorno della gloria del Signore e non sarà loro concesso. Una fame tardiva in questo senso non porta con sé alcuna beatitudine, allorché siamo già sprofondati nella dannazione eterna. E’ questo il tempo in cui bisogna aver fame di Dio, quando il Figlio a tutti dà un assaggio del cibo che viene dal cielo ed in tutti suscita l’appetito per un alimento nuovo e diverso. Non sarà deluso il nostro desiderio di avere il Signore, ogni giorno con noi. Così si dona il Padre alla chiesa in virtù del Figlio: diventa come il nostro pane quotidiano.
beati i piangenti adesso perché riderete; 22
C’è un tempo per piangere e c’è un tempo per ridere: così la Sapienza nell’Antico Testamento. In quanto al tempo del ridere non sembra che Gesù lo trovi poi così attuale. Vi è una serietà dell’esistenza e del momento, allorché è inevitabile il confronto con il Salvatore, in cui bisogna mettere da parte una felicità falsa e superficiale e considerare la drammaticità del nostro essere davanti a Dio. C’è poco da stare allegri ed il riso è fuori luogo. Se non ci sono ragioni per ridere ce ne sono molte per piangere. Gesù ci chiama a piangere ora e subito per il nostro peccato. Non ci sarà riso in eterno se non per coloro che, chiamati oggi alla conversione, versano lacrime davanti al Signore per implorare il suo perdono. E’ questo il pianto che apre le porte alla beatitudine eterna. Ci può essere qualcuno che piange su questa terra per qualche altro male e chiede pace e consolazione dal cielo. Ma non sarà associato al coro ridente dei beati solo per questo. Ci vuole un cuore umile e contrito, consapevole delle proprie colpe. Piangete ora per i vostri peccati e riderete in eterno. Invidi il riso dei bontemponi e dei “fortunati”? Non durerà a lungo, ma sarà presto inghiottito dalla dannazione eterna… là dove è pianto e stridore di denti.
22 beati siete quando gli uomini vi odiano e quando vi mettano al bando ed ingiuriano e respingono il vostro nome come cattivo a causa del figlio dell’uomo.
A nessuno piace essere emarginato e diffamato dagli altri uomini: mette tristezza il pensiero di non essere amati e considerati. Ma quando tutto questo soffriamo a causa del figlio dell’uomo, chiuse le porte del mondo, si aprono per noi quelle del cielo.
23 Rallegratevi in quel giorno e saltellate, ecco infatti la vostra ricompensa è grande in cielo.
Il giorno in cui saremo in rottura con gli uomini a causa di Cristo ci troveremo in comunione con tutti i santi e i beati che danno gloria a Dio. Da loro avremo ben altra ricompensa per la perdita di ogni amicizia terrena, falsa ed ingannevole.
Allo stesso modo infatti i vostri padri facevano ai profeti.
Non meravigliatevi se siete respinti ed odiati dagli uomini di questo mondo. Nulla di nuovo, ma tutto già visto e conosciuto. Anche i vostri padri facevano altrettanto ai profeti.
24 Piuttosto guai a voi ricchi perché avete la vostra consolazione;
In quanto a voi che siete ricchi le cose si mettono veramente male. Avete già la vostra consolazione ed il vostro cuore è già appagato. Allorché tutto vi sarà tolto, nulla vi sarà dato.
Riponi la tua gioia in ciò che è destinato a perire? Quando dovrai restituire la vita, in chi ed in che cosa troverai consolazione?
25 guai a voi, i sazi adesso, perché avrete fame,
Sei sazio dei beni di questo mondo? Verrà il giorno in cui finiranno. Ed allora quale fame, se non dei beni eterni? Il tuo desiderio non avrà fine, perché non sarà appagato. E’ questo il tempo in cui è saziata ogni fame di Dio. Ogni altra fame del cielo, indotta dalla privazione di questa vita, non troverà alcun appagamento ed alcuna soddisfazione.
guai i ridenti adesso, perché farete lutto e piangerete,
Ridi perché ti senti beato e realizzato in questa esistenza? Farai lutto e piangerai nell’altra.
26 guai quando di voi tutti gli uomini diranno bene: allo stesso modo infatti facevano i padri vostri ai falsi profeti.
Nessuno si illuda nel suo rapporto con gli uomini. Se pur siete amati da qualcuno, dai molti sarete odiati. La stima che ci è tributata dal mondo non è lo specchio di quella che ci è riconosciuta in cielo. Può esserci qualche santo che in via eccezionale è tenuto da tutti in considerazione? Niente affatto. Al contrario, qualsiasi popolarità goduta dall’uomo è carattere distintivo non della sua appartenenza a Dio, ma al Maligno. E’ sempre stato così per tutti i profeti e così sarà per tutto il tempo di questo mondo.
27 Ma dico a voi a quelli che ascoltano,
Cosa giova contendere con chi non vuol sentire ragioni e perché il Signore dovrebbe fare tante discussioni? Ad un certo punto la sua Parola è solo per quelli che hanno volontà di ascolto.
amate i vostri nemici,
Per essere beati in Dio non basta essere rivolti ad un’altra vita, bisogna anche vivere diversamente questa vita: non semplicemente nell’ottica dell’amore che è chiesto dalla Legge, ma nella prospettiva dell’amore che è donato dal Cristo.
Che si debba amare il prossimo non è una novità portata da Gesù: è già nei comandamenti dell’Antico Patto. Ma Cristo va ben oltre. Non dobbiamo amare soltanto le persone che ci sono vicine, ma anche i nemici. Per un ebreo affermazioni di questo tipo rappresentano uno scandalo ed una rottura con l’insegnamento dei padri. Non ha forse comandato Dio ad Israele di sterminare tutti i suoi nemici? E non è finita qui…
fate bene a quelli che vi odiano, 28 benedite quelli che vi maledicono, pregate per coloro che vi diffamano.
Dobbiamo portare nel nostro cuore un sentimento d’amore ed un desiderio di bene per tutti coloro che ci vogliono male. Non semplicemente quando siamo fatti oggetto della violenza psicologica, ma anche di quella materiale.
29 A colui che ti percuote sulla guancia porgi anche l’altra, e da colui che prende il tuo mantello non impedire di prendere anche la tunica, e da colui che toglie le tue cose non ridomandare
La Legge non entra nel rapporto tra uomo ed uomo, per garantire tutti alla stessa maniera? Se mi è chiesto di rispettare l’altro, perché non posso chiedere di essere rispettato dall’altro? Quale tutela per la dignità della persona, per la sua incolumità fisica e per la proprietà privata? Non si precipita con ciò in un mondo senza regole e senza morale?
La forma della Legge deve cedere il posto a Colui che è suo adempimento.
La Legge aggiusta i rapporti tra uomo ed uomo soltanto in maniera apparente e superficiale. E’ un Altro colui che riporta gli uomini ad unità.
Se Israele si trova Uno in virtù dei comandamenti dati dal Signore, ben presto si troverà disperso tra tutte le genti. Se continua a vivere come popolo eletto da Dio, è soltanto in quanto testimone del fallimento del Patto Antico.
Il vero amore chiede di andare oltre lo spirito della Legge.
31 e come volete che gli uomini facciano a voi similmente fate a loro. 32 E se amate quelli che vi amano, quale grazia è per voi? Infatti anche i peccatori amano quelli che li amano. 33 E infatti se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, quale grazia è per voi? Anche i peccatori fanno la stessa cosa. 34 E se prestate a coloro dai quali sperate di ricevere, quale grazia è per voi? Anche i peccatori prestano ai peccatori per ricevere le uguali cose.
Finchè Israele rimane chiuso nell’osservanza della Legge, non si vede proprio in che cosa differisca dagli altri popoli. Alla fine nessuna diversità è trovata tra il popolo di Dio e gli altri uomini.
35 Piuttosto amate i vostri nemici e fate del bene e niente prestate sperando in contraccambio: e la vostra ricompensa sarà grande, e sarete figli dell’Altissimo perché egli è buono sugli ingrati ed i malvagi. 36 Siate misericordiosi come anche il Padre vostro è misericordioso.
A questo punto è chiesto un salto di qualità dell’amore: un salto che l’uomo non può compiere con le proprie forze, ma che è garantito soltanto dal dono del Cristo.
E’ giunto il tempo in cui ci è chiesto di fare chiarezza nel nostro cuore. Non possiamo più chiuderci nella presunzione di un amore falso ed ingannevole. Il vero modello dell’amore non è dato dall’uomo che vuol salire al cielo, ma dal solo uomo che è disceso dal cielo: il Figlio di Dio che ha nome di Cristo.
Se la Legge chiede un amore che è secondo tutte le forze dell’uomo, ora è chiesto un amore che è secondo la potenza di Dio.
Quando l’uomo crede di amare si inganna ed è lontano dal vero. Noi non amiamo le persone, ma i loro attributi e ciò che da essi può venirci di buono. E quando questi attributi vengono meno? Quando la vecchiaia porta via la grazia della giovinezza e la demenza uccide l’intelligenza e la vivacità del dire e del fare, allora quali sentimenti restano nel nostro cuore?
Quando l’amico ci volta le spalle e subiamo torti ed ingiustizie da parte dei nemici, quale capacità di sopportazione e di perdono? Se la nostra chiamata è quella di diventare figli dell’Altissimo, dobbiamo prendere consapevolezza che l’amore che viene dall’alto è diverso, perché diversamente fondato. L’uomo è malvagio e gli è chiesto di operare il bene, non perché diventi con ciò migliore, ma semplicemente perché si renda conto del proprio stato. Se fino ad ora abbiamo cercato l’amore nel nostro cuore, d’ora innanzi lo cercheremo in Dio e per Dio.
La Legge svela la malvagità dell’uomo, in Cristo e con Cristo è manifestata la bontà di Dio.
… sarete figli dell’Altissimo perché egli è buono sugli ingrati ed i malvagi. 36 Siate misericordiosi come anche il Padre vostro è misericordioso.
Allorché da semplici figli dell’uomo siamo chiamati a diventare figli dell’Altissimo dobbiamo prendere consapevolezza di una diversità che dobbiamo fare nostra in virtù dell’Unigenito, il primogenito di molti fratelli.
In che cosa propriamente differisce l’amore di Dio da quello terreno? Dio ama l’uomo semplicemente com’è, indipendentemente dai suoi attributi, noi amiamo non l’uomo, ma ciò che ci piace in esso.
Perché siamo fatti oggetto dell’amore divino? Perché trovati ingrati e malvagi. E’ questo il salto di qualità: da un amore che dà per avere ad un amore che tutto dona e nulla pretende.
Dio chiede troppo? Ma come diventare figli suoi se non si è prima fatti come Lui? Non mediante un processo di autopurificazione, ma semplicemente attraverso un lavacro spirituale che ci è stato preparato dal Cristo. Tutto è già dato e tutto è già pronto, per un rapporto diverso con il Creatore e con le sue creature.
37 E non giudicate e non sarete giudicati: e non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati,
L’amore vero non è soltanto quello che si vede dall’ operare, ma ha anche radici interiori che attingono al proprio fondamento, non visibili da occhio umano, ma ben conosciute da Dio. Si ama perché fatti oggetto d’amore e non perché trovati buoni, ma malvagi. In virtù di questa coscienza di peccato, rivestita dal perdono di Dio, è sradicato qualsiasi giudizio nei confronti del fratello. Perché davanti a Dio non siamo trovati migliori degli altri. Allorché giudichiamo cadiamo sotto lo stesso giudizio e vanifichiamo il perdono del Signore. E’ fatto vano con ciò ogni spirito di discernimento tra il bene ed il male? Ci è chiesto di giudicare ciò che è male, non colui che lo commette. Tra il male in sé e per sé e colui che lo compie si frappone il sacrificio del Cristo. Per tutti ed ognuno è sempre possibile uno strappo ed uno sradicamento dal Maligno. Se Dio vuol salvare, perché tu giudichi? E se sei stato strappato dal Maligno non pensi che puoi essere da lui ripreso? Sei nelle mani del Cristo, fa come Lui e quello che vuole Lui… per non essere abbandonato. Se va evitato il giudizio riguardo all’uomo, peggio ancora la condanna. Soltanto Dio può pronunciare sentenze di condanna eterna. Ma se Dio vuol salvare, perché tu vuoi condannare?
perdonate e sarete perdonati
Non ci sarà perdono per chi non ha fatto proprio il perdono che Cristo ha portato sulla terra.
38 date, e sarà dato a voi; una misura buona pigiata scossa traboccante daranno nel vostro grembo; infatti con quella misura con cui misurate sarà a voi misurato.
Il vero amore opera indistintamente per tutti, in quanto tutti conosce nella luce misericordiosa di Dio. Ha una manifestazione esteriore ed una dimensione interiore. Qual è l’altro carattere distintivo? La sua generosità. Non sopporta misura del dare, perché consapevole dell’abisso tra l’amore con cui si ama e l’amore con cui si è amati da Dio.
39 Disse poi a loro anche una parabola: Forse può un cieco guidare un cieco? Non cadranno entrambi dentro ad una buca?
Come comprendere ed accogliere un discorso così fuori del comune? C’è bisogno di luce; non della luce che l’uomo dà all’uomo. Un cieco non può guidare un altro cieco. C’è bisogno della luce che viene dal cielo ed ha nome di Gesù e di Cristo. Non basta comprendere l’importanza di avere un maestro ed una guida: bisogna scegliere quello giusto. Se non c’è di mezzo l’opera del Cristo, qualsiasi guida terrena ci condurrà alla catastrofe completa: perirà il discepolo insieme con il maestro.
40 Non c’è discepolo più del maestro; ma ogni discepolo essendosi perfezionato sarà come il suo maestro.
Finchè il rapporto discepolo maestro è considerato nella sua dimensione terrena, non c’è novità e progresso alcuno. I discepoli continueranno a percorrere la stessa strada, segnata dal maestro. Nel migliore dei casi saranno come lui, ma nulla più. Perché si possa parlare di novità e di progresso c’è bisogno di un maestro diverso, non semplicemente di una diversa sequela. E’ Cristo l’unico vero maestro che ci conduce alla vita eterna. Ma non si comprende la necessità di seguire Gesù se non si comprende il proprio stato di peccato.
E’ vero che in virtù della Legge abbiamo coscienza di peccato. Ma è una coscienza fatta da Dio, a noi attaccata ed appiccicata, facilmente rimovibile e manovrabile a nostro uso e consumo.
E’ frutto di una necessaria violenza operata dal Signore nei nostri confronti, in virtù della quale prendiamo atto del male che c’è nel mondo. In quanto agita da Dio e da Lui data indipendentemente dalla nostra volontà, seppure non può essere misconosciuta, è messa in discussione e alla fine riversata sugli altri. Il peccato è una verità ed un dato di fatto inconfutabili, ma appartiene al prossimo. In quanto a noi cerchiamo sempre di tirarci fuori, creandoci l’illusione della diversità. Che cosa giustifica questa nostra diversità? Una capacità di giudizio, che scruta tutto e tutti, risparmiando soltanto se stessi. La persone che più giudicano il peccato degli altri sono proprio quelle che meno vedono il proprio. Chi ha vera coscienza di peccato, pensa innanzitutto a giudicare e a migliorare se stesso. Non ha interesse per i peccati altrui e tanto meno vuol fare da maestro.
Come definire allora la consapevolezza di peccato che viene dalla Legge, vuoi quella naturale, vuoi quella data da Mosè? Non propriamente coscienza di peccato, ma conoscenza critica del peccato, associata cioè al giudizio. Data perché ci lasciamo giudicare, la usiamo per giudicare. Siamo ancora nell’ordine naturale delle cose, di quella conoscenza del bene e del male frutto del peccato d’origine, semplicemente confermata e rafforzata dalla Legge, non sostituita e fatta un’altra. Perché solo in Cristo e non nella Legge c’è vera coscienza di peccato? Perché in Gesù è perdonata e fatta salva, nell’altra è giudicata e condannata.
In quest’ottica vanno compresi i versetti che seguono, come esaltazione di Colui che non solo è venuto per farci vedere i nostri peccati, ma anche per toglierli.
41 Perché poi guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, ma non noti la trave che è nel tuo occhio?
E’ un dato di fatto che non può essere messo in discussione. Per quel che riguarda gli altri scopriamo e mettiamo in evidenza anche le più piccole mancanze; per quanto riguarda noi non notiamo neppure le trasgressioni più gravi.
42 Come puoi dire al tuo fratello: Fratello, lascia che estragga la pagliuzza che è nel tuo occhio, non vedente egli la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita, estrai prima la trave dal tuo occhio, e allora vedrai bene la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello per estrarre.
Buona e giusta la correzione fraterna. Ma come possiamo riprendere il peccato dell’altro, quando questi vede in noi un peccato ancora più grande? Prima di far pulizia nella vita degli altri dobbiamo pensare alla nostra, che è radicalmente malvagia. Il peccato non è un accidente o un semplice incidente della nostra esistenza: è strutturale al nostro essere e richiede un cambiamento ed un rinnovamento totali.
43 Infatti non c’è albero buono facente frutto guasto, né ancora albero guasto facente frutto buono.
Se fossimo buoni non faremmo opere cattive, come si dà per scontato che nessun albero cattivo possa fare frutto buono.
44 Infatti ciascun albero viene conosciuto dal proprio frutto.
Possiamo pure avere la convinzione di essere buoni, ma quello che pensiamo di noi stessi non ha valore. Sono i frutti che svelano il nostro vero essere. Non importa come ciascuno conosce se stesso: importa come è conosciuto.
Infatti non dalle spine raccolgono fichi né da rovo vendemmiano uva.
Da un albero sterile e bastardo non si raccolgono fichi né si vendemmia uva.
45 L’uomo buono dal buon tesoro del cuore prende fuori la cosa buona, il malvagio dal malvagio tesoro porta fuori la cosa malvagia: infatti dall’abbondanza del cuore parla la sua bocca.
Bisogna andare al cuore dell’uomo per comprendere la sua vera natura. Chi è rinnovato in esso dallo Spirito, tira fuori ciò che gli viene da Dio.
Il malvagio, che è schiavo del Satana, tira fuori ciò che gli viene dal Maligno.
L’uomo si riconosce dalle sue opere, ma anche dalle sue parole. Perché la parola esprime quello che viene dal profondo. Dal profondo si dà lode a Dio , dal profondo si maledice il suo nome.
Intenda chi ha orecchi di ascolto. Non c’è profondità del cuore umano che non venga in superficie e non sveli il suo fondamento: o si dà lode a Dio o si dà lode al Maligno. Un atteggiamento, per così dire neutro di fronte a Dio e al Diavolo, non esiste e non può esistere. Qualsiasi uomo è costretto a dichiararsi per il Signore o contro il Signore.
46 Perché poi mi chiamate: Signore, Signore, e non fate le cose che dico?
Esiste un’altra possibilità che non si deve trascurare ed ignorare. C’è anche chi a parole si manifesta con Dio e per Dio, ma poi non fa la sua volontà. Viene il tempo in cui ogni atteggiamento equivoco e non chiaro è verificato dal Signore stesso.
47 Ognuno che viene da me e ascolta le mie parole e le fa vi mostrerò a cosa è simile; 48 simile è ad un uomo che edifica una casa che scavò e rese profondo e pose il fondamento sulla roccia. Essendo poi avvenuto uno straripamento il fiume urtò contro quella casa, e non ebbe la forza di scuoterla perché essa era stata costruita bene.
Venite a me ed ascoltate le mie parole e le mettete in pratica? Non avete nulla da temere: vi siete messi dalla parte sicura. La vostra casa poggia su di un solida costruzione che niente e nessuno può sradicare. Il Diavolo potrà ben inasprire i suoi assalti ma non potrà demolire chi è edificato in Cristo e per Cristo.
49 Chi invece ha udito e non ha fatto è simile ad un uomo che ha edificato una casa sulla terra senza fondamento, a cui il fiume urtò contro e subito cadde e fu grande la rovina di quella casa.
Misero l’uomo che ha udito la Parola, ma non l’ha messa in pratica. Subito al primo assalto il Maligno ha avuto la meglio e ha demolito quella casa. Chi edifica la propria vita su di un fondamento superficiale, senza scavare in profondità fino ad attingere al Logos di Dio, non reggerà ai colpi del Maligno: perirà di eterna rovina.